GIOVANNA d'Aragona, regina di Napoli in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

GIOVANNA d'Aragona, regina di Napoli

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GIOVANNA d'Aragona, regina di Napoli

Piero Doria

Nacque nella penisola iberica, probabilmente a metà del XV secolo, da Giovanni II, re d'Aragona e Navarra, e dalla regina Giovanna Enríquez.

G. entrò nella scena politica napoletana quando suo cugino, il re di Napoli Ferdinando I (Ferrante), figlio di Alfonso V d'Aragona, rimasto vedovo (1465) di Isabella di Chiaramonte, la chiese in sposa al re d'Aragona nel 1475.

Nella situazione di conflitto con gli Angioini - sempre incombente nonostante la vittoria a Troia (18 ag. 1462) - e con la continua minaccia delle insurrezioni baronali, il matrimonio poteva allontanare dal Regno di Ferdinando le pretese del ramo spagnolo della famiglia. Le trattative proseguirono con la stipula dei capitoli nuziali in Tudela di Navarra il 5 ott. 1476 e, quindi, con la ratifica a Napoli il 25 novembre.

In base all'accordo, Giovanni II assegnava alla figlia, che rinunziava ai diritti sul Regno del padre, una dote di 100.000 fiorini d'oro, mentre Ferdinando concedeva alla futura consorte molte città del Regno, tra le quali Sorrento, Teano, Isernia, Teramo, Sulmona, Francavilla Fontana, Nocera, per una rendita annuale complessiva di 20.000 ducati.

Il duca di Calabria Alfonso, figlio di Ferdinando e Isabella di Chiaramonte, l'11 giugno 1477 salpò da Napoli con il suo seguito di nobili, diretto in Spagna per prelevare la futura regina, che ricopriva la carica di luogotenente generale di Catalogna. Sbarcato a Barcellona il 25 giugno, e risolte con Giovanni II alcune questioni legate alla dote, Alfonso ripartì con G. per Napoli.

Nella capitale giunsero, dopo un breve scalo a Gaeta (6 settembre), l'11 sett. 1477. G. fu ricevuta e accolta dal cardinale legato Rodrigo Borgia (il futuro papa Alessandro VI), inviato a Napoli da Innocenzo VIII per l'incoronazione della nuova regina. Le nozze furono celebrate il 14 sett. 1477 nel duomo e la funzione fu officiata dal Borgia, assistito da quaranta vescovi; l'incoronazione della regina avveniva il 18 settembre nella chiesa dell'Incoronata.

Il 20 apr. 1479, G. diede alla luce una bambina, l'unica sua figlia, alla quale fu imposto il suo stesso nome.

Subito G. mostrò una spiccata attitudine verso le questioni politiche. Nel 1481, infatti, in seguito allo sbarco dei Turchi a Otranto (1480), Ferdinando I, impegnato nella difesa delle coste, la nominava luogotenente generale del Regno, con il compito di reperire fondi per la guerra contro gli invasori in sostegno del duca di Calabria, Alfonso. Quindi, nell'agosto del 1485, prima che scoppiasse la congiura baronale capeggiata dal filoangioino Antonello Sanseverino, G. si recò in Abruzzo per riscuotere le rendite o, molto più probabilmente, per assicurare la fedeltà della popolazione al re, data la situazione di rivolta, sostenuta da papa Innocenzo VIII e soprattutto dal cardinale Giuliano Della Rovere, il futuro Giulio II.

Alcuni anni dopo - repressa la congiura - G. tornò nuovamente in Abruzzo; il 29 giugno 1493, accompagnata dalla figlia e da un folto seguito, giunse all'Aquila, dove fu accolta con grandi manifestazioni d'affetto popolare. Nel corso della sua residenza, che si prolungò fino al 9 luglio, G. visitò gran parte dei monasteri e delle chiese aquilane.

Il 25 genn. 1494 moriva a Napoli il re Ferdinando I. Da questo momento G. firmò ogni suo atto con l'espressione "la triste reyna"; a causa del lutto non partecipò neppure all'incoronazione di Alfonso II (8 maggio 1494). Alfonso mantenne la regina nella carica di luogotenente generale del Regno.

Nel frattempo Carlo VIII si preparava a conquistare il Regno di Napoli. Il 23 genn. 1495 Alfonso, nel tentativo estremo di salvare la monarchia, abdicava in favore del figlio, Ferdinando II (Ferrandino), e partiva da Napoli per Messina, non prima, comunque, di avere raccomandato al suo successore di tenere nella giusta considerazione, anche negli affari di governo, il parere della regina madre e, soprattutto, di mantenerle tutte le concessioni.

Prima che il re di Francia giungesse a Napoli, Ferdinando II, G. e la figlia Giovanna abbandonavano la capitale per la Sicilia. Giunto a Napoli Carlo VIII, la città chiese che fosse riconosciuto e sottoscritto il "placet regiae maiestati" in favore di G., come avvenne. Dopo aver concesso Martina e Francavilla Fontana a P. Briçonnet, il re di Francia sostituì la seconda, quando seppe che era terra della regina, con Francavilla al Mare, in Abruzzo.

In realtà, una volta partito da Napoli il re, alcuni funzionari francesi avevano concentrato le loro attenzioni sui possedimenti di G., divenuti, nel frattempo, di Regio Demanio. Tuttavia, il ritorno a Napoli del re Ferdinando II, il 7 luglio 1495, sotto l'egida delle truppe spagnole, scongiurò definitivamente il pericolo.

G. e la figlia Giovanna, imbarcatesi a Messina su una nave veneziana, poterono rientrare nella capitale il 13 ott. 1495 e, cavalcando a dorso di mulo, furono accolte nelle vie di Napoli dal popolo festante. Il 17 febbr. 1496, come luogotenente generale del Regno e alla testa di truppe popolari, G. riconquistò Castel dell'Ovo, sconfiggendo i Francesi. Quindi, l'8 aprile ricevette il marchese di Mantova, Francesco II Gonzaga, giunto in aiuto con un esercito veneziano e, infine, il 7 agosto, si recò a Somma, dove stazionava Ferdinando II, al quale portò quattrocento fanti di rinforzo, per battere le ultime sacche di resistenza francese. Nel frattempo G. aveva organizzato le nozze tra la figlia sedicenne e il re, ottenendo dal pontefice la debita dispensa. G. cedette alla futura sposa numerose sue terre. Il matrimonio fu celebrato il 28 febbr. 1496.

Probabilmente ammalato di malaria, il 7 ottobre Ferdinando II moriva all'età di ventinove anni. Come sua madre, anche la giovane regina, da questo momento, firmò ogni suo atto con il titolo di "triste reyna". Si era intanto aperta la lotta per la successione. G., con l'appoggio del popolo, tentò in tutti i modi di imporre sua figlia o suo fratello, il re d'Aragona Ferdinando il Cattolico. Contro di lei, però, si coalizzarono i baroni, che temevano la sua possibile reggenza e preferirono acclamare re il principe Federico, fratello di Alfonso II. I rapporti di G. con il nuovo monarca furono, almeno inizialmente, piuttosto freddi, contrariamente a quanto era avvenuto in precedenza con Alfonso II e con Ferdinando II. Al momento della nomina, infatti, G. si dimise dalla carica di luogotenente generale del Regno ed espresse il desiderio, dopo aver rinunciato alle residenze napoletane, di ritirarsi ad Aversa. Federico dovette, allora, esercitare la sua influenza presso il cardinale legato e, soprattutto, verso Giorgio Castriota (Scanderbeg), fedeli alla regina, perché questa abbandonasse il suo proposito. A incrinare ulteriormente i rapporti tra i due intervenne la ritrattazione della promessa di Ferdinando II a G. sul possesso delle città di Sorrento, Massa e Vico. Solo in seguito Federico si decise a cedere quelle terre, ma unicamente per evitarne il passaggio alla figlia di Giovanna. Federico, infatti, temeva un matrimonio della giovane regina con un pretendente straniero.

La regina madre e la figlia si recarono dapprima a Poggioreale e, subito dopo, a San Sebastiano, alle falde del Vesuvio. Rientrate a Napoli, G. decise, nel novembre del 1496, di accettare la luogotenenza generale del Regno. Federico si avvalse fin da subito della sua collaborazione durante l'assedio di Gaeta contro i Francesi e quando a Napoli ci fu il rischio di una nuova pestilenza. Intanto G. e la figlia si ammalarono di terzana, ma ciò non impedì al sovrano di continuare a chiedere consigli a G., soprattutto sui rapporti con Roma.

Fin dall'inizio erano emersi i contrasti tra Isabella Del Balzo, consorte di Federico, e Giovanna. In seguito a ciò Isabella si era trattenuta a Lecce e non aveva fatto il suo ingresso a Napoli; G., invece, era rimasta a Sorrento. Quando, il 10 ag. 1497, Federico fu incoronato re a Capua, e non a Napoli, alla manifestazione non parteciparono né Isabella, che doveva essere incoronata con il marito, né Giovanna.

Con tutta probabilità l'assenza delle regine era dovuta - oltre che a ragioni di sicurezza, per la diffusione della peste -, alla volontà di evitare l'insorgere di questioni di precedenza. Alcuni giorni dopo l'investitura, il 14 agosto, Federico, con un grande seguito, si recò a Sorrento per incontrare G. e lo stesso fece quindici giorni più tardi.

Il senso di questi frequenti atti di stima da parte del sovrano va ricercato meno nel desiderio di avvalersi della esperienza di governo della regina madre che nel tentativo di convincere G., il cui ascendente sul popolo napoletano era forte, ad accettare la presenza di Isabella nella capitale. Questi tentativi dettero finalmente il risultato desiderato e la consorte di Federico poté, il 15 ottobre, fare il suo ingresso a Napoli con il consenso di Giovanna.

Qualche tempo dopo Federico, partito in guerra contro il principe di Salerno, Antonello Sanseverino, forse come atto di gratitudine nominò ancora una volta G., e non Isabella, luogotenente generale del Regno. Durante il conflitto egli tenne una quotidiana corrispondenza con G., informandola dell'andamento della guerra e chiedendole gli aiuti necessari.

Vinti i nemici interni ed esiliato il principe di Salerno, un nuovo pericolo esterno, proveniente ancora una volta dalla Francia, minacciava il trono del re di Napoli. Luigi XII, infatti, succeduto a Carlo VIII, riprese il fallito progetto del suo predecessore di conquistare il Ducato di Milano e il Regno di Napoli.

Ottenuto l'appoggio del papa, di Venezia e degli Svizzeri, il re di Francia era pronto a intraprendere la spedizione contro il Milanese. D'altra parte Ferdinando d'Aragona, contrario a Federico fin dal primo momento, almeno apparentemente non aveva mostrato alcuna preoccupazione per le sorti del re di Napoli.

G., intuito il pericolo, cercò di combinare un nuovo matrimonio tra la figlia e Ferdinando, duca di Calabria, primogenito di Federico ed erede al trono. In tal modo sperava di convincere il fratello a mutare atteggiamento e, di conseguenza, evitare una probabile alleanza franco-spagnola. Tuttavia, al progetto di G. si oppose inspiegabilmente proprio Federico, che per far fallire il tentativo sollevò una serie di questioni, quali la dote e l'inopportunità di un matrimonio tra congiunti. Di fronte alle reticenze del monarca napoletano G. e Ferdinando mostrarono vivo disappunto.

Nel frattempo, due gravi lutti colpirono il re d'Aragona e la consorte Isabella di Castiglia: le morti improvvise e premature del principe ereditario di Castiglia e della figlia regina di Portogallo. Risale, dunque, alla seconda metà del 1498 l'intenzione di G. di recarsi in Spagna per consolare e confortare di persona il fratello e la cognata per le perdite subite, come lei stessa scrisse, il 16 sett. 1498, al conte di Marigliano, Alberico Carafa.

Conosciuta l'intenzione di G., Federico manifestò apertamente il suo malcontento per il viaggio che questa intendeva intraprendere.

Con tutta probabilità si dovette a questo atteggiamento del re se G. decise, per ottenere il naviglio necessario, di rivolgersi al papa, al grande ammiraglio del Regno Bernardo Villamari, all'ambasciatore spagnolo a Roma e, infine, a Ludovico il Moro - ottenendo da quest'ultimo due navi genovesi -, ma non a Federico. Per affrontare il viaggio G. dovette, inoltre, cedere alcuni possedimenti pagando anche la tassa per il regio assenso, imporre - a causa dell'insufficienza delle sue rendite e di quelle della figlia - ai suoi domini un donativo eccezionale, chiedere prestiti e impegnare parte dei suoi gioielli. Superate le numerose difficoltà G., accompagnata dal cardinale Luigi d'Aragona e da un folto seguito, poté finalmente salpare da Napoli il 7 sett. 1499. Giunta a Barcellona, G. proseguì verso Guadix, dove incontrò il fratello Ferdinando il Cattolico. I due si diressero, quindi, a Granada sostandovi per tutto il mese di ottobre e fino alla prima metà di novembre. La conquista del Milanese da parte di Luigi XII e la morte di Ludovico il Moro (1500) dovettero apparire a Federico premonitrici di una imminente fine.

Per evitare il pericolo francese egli infatti cercò in tutti i modi di stringere a sé le sorti di G., avanzando lui, questa volta, la proposta di un matrimonio tra il figlio Ferrante e la giovane Giovanna. Nonostante l'estremo tentativo, Ferdinando il Cattolico e Luigi XII siglarono, l'11 nov. 1500, il trattato di Granada che stabiliva la divisione del Regno di Napoli tra Francesi e Spagnoli. Quale fu in questa circostanza il ruolo di G. è difficile dire; è certo, però, che nella capitale partenopea e, soprattutto, negli ambienti vicini alla corte, G. era vista come una, se non addirittura la principale, dei responsabili della caduta del sovrano. Federico, arresosi a Luigi XII nel 1501, morì in esilio, nella città francese di Tours, il 9 nov. 1504.

Sconfitto Federico e, di conseguenza, venute meno le ragioni dell'alleanza tra Spagnoli e Francesi, i due eserciti continuarono a combattersi ancora per qualche anno, fino a quando i primi ebbero la meglio sui secondi. Solo nel 1504, dunque, con il trattato di Lione, fu siglata la pace. Ai Francesi toccò il Milanese e agli Spagnoli il dominio sul Napoletano.

Nell'ottobre del 1506, dopo circa sette anni di assenza, G. e la figlia Giovanna, potevano finalmente rientrare a Napoli con il re Ferdinando il cattolico. Nominata dal fratello, nel 1507, luogotenente generale del Regno fino all'arrivo del nuovo viceré, Ramón de Cardona, G. non si allontanò più, se non per brevi periodi, dalla capitale, dove morì, dopo una breve malattia, il 7 genn. 1517.

La figlia Giovanna visse all'ombra della forte personalità della regina madre e fu testimone, ma non protagonista, degli avvenimenti che caratterizzarono in quegli anni il Regno. Dopo il 1506 di lei si sa ben poco: con tutta probabilità si dedicò all'amministrazione dei propri possedimenti. L'unica notizia di un certo rilievo riguarda il tentativo operato nel 1510 dallo zio Ferdinando I il Cattolico di unire Giovanna in matrimonio con Carlo III di Savoia. A questo proposito venne anche imposta nel Regno una tassa per il donativo. Tuttavia le nozze, prossime alla celebrazione, per motivi ignoti non ebbero luogo.

Giovanna non sopravvisse a lungo alla madre. Infatti, mentre si apprestava a intraprendere un viaggio in Puglia, venne colpita da una grave malattia che la condusse a morte, il 25 ag. 1518, a Napoli. Il suo corpo, rivestito del saio francescano, venne sepolto nella chiesa di S. Domenico Maggiore.

Fonti e Bibl.: E. Nunziante, Un divorzio ai tempi di Leone X, da XL lettere inedite di Jacopo Sannazaro, Roma 1887, pp. 31 ss.; B. Croce, La corte delle tristi regine a Napoli, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XIX (1894), pp. 354-375; V. Moscardi, La venuta della regina G. I d'Aragona nell'Aquila degli Abruzzi, in Boll. della Società di storia patria A.L. Antinori negli Abruzzi, VII (1895), pp. 78-86; M. Schipa, Il popolo di Napoli dal 1495 al 1522, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXXIV (1909), pp. 297 ss.; L. Volpicella, Federico d'Aragona e la fine del Regno di Napoli nel 1501, Napoli 1908, pp. 14, 17 ss.; Regis Ferdinandi I instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 253-257; A. Scandone, Le tristi reyne di Napoli Giovanna III e Giovanna IV, in Arch. stor. per le provincie napoletane, n.s., XIV (1929), pp. 114-155; XV (1929), pp. 151-189; T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, I, Milano 1952, ad ind.; G. D'Agostino, Il Mezzogiorno aragonese (Napoli dal 1458 al 1503), in Storia di Napoli, IV, 1, Cava de' Tirreni 1974, pp. 253 s., 291; M. Batllori, La familia Borja. Obra completa, IV, València 1994, pp. 110, 116, 190, 196, 207 s., 214; Id., De l'humanisme i del renaixement. Obra completa, V, València 1995, pp. 241, 252, 316; G. Benzoni, Federico d'Aragona, in Diz. biogr. degli Italiani, XLV, Roma 1995, p. 675; G. Brunelli, Ferdinando II d'Aragona, ibid., XLVI, ibid. 1996, p. 189.

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