Sinner: «Mi piace capire la testa di un altro sportivo, ogni tanto mi sento con Tomba, Valentino Rossi» - ilNapolista
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Sinner: «Mi piace capire la testa di un altro sportivo, ogni tanto mi sento con Tomba, Valentino Rossi»

A Sportweek: «Non mi spaventano le responsabilità, la solitudine fa parte del tennis. Il segreto del mio team? Il rispetto dei ruoli e la compatibilità»

Sinner: «Mi piace capire la testa di un altro sportivo, ogni tanto mi sento con Tomba, Valentino Rossi»
Italy's Jannik Sinner concentrates before a point against Denmark's Holger Rune during their Monte Carlo ATP Masters Series Tournament quarter final tennis match on the Rainier III court at the Monte Carlo Country Club in Monaco on April 12, 2024. (Photo by Valery HACHE / AFP)

Jannik Sinner intervistato da Sportweek. Il numero due del tennis ha parlato delle sue passioni, del rapporto con i soldi e di come sia felice di essere un esempio per i più piccoli. I prossimi appuntamenti dell’italiano saranno gli Internazionali che partiranno l’8 maggio, e poi testa al Roland Garros che insieme all’Olimpiade di Parigi costituiscono tre grandi obiettivi per i prossimi mesi.

Sinner: «I bambini non scontano i tornei vinti, se gli piaci è perché riesci a trasmettergli qualcosa»

L’Italia è pazza di te, i circoli hanno la coda di persone che vogliono iscriversi. Che effetto fa?

«Mentirei se dicessi che sono indifferente a tutto questo. Mi fa piacere, un enorme piacere. Perché, se posso aiutare tutto il movimento a crescere allora sto facendo qualcosa di buono, che va oltre al vincere trofei».

I bambini ormai lo imitano:

«Piacere ai bambini, il fatto che mi vedano come un esempio, come un piccolo idolo da imitare mi fa contento. I bambini non stanno a contare quanti tornei hai vinto, se gli piaci è perché riesci a trasmettergli qualcosa. Io stesso ho avuto degli idoli da bambino ed essere in qualche modo preso ad esempio è un premio».

Ma anche una responsabilità…

«Non mi spaventano le responsabilità. Ho iniziato a prendermele quando sono andato via di casa a 13 anni».

La mancanza della famiglia si fa sentire:

«La solitudine fa parte del tennis. È uno sport in cui vai in campo da solo e devi trovare soluzioni ai problemi che si presentano in campo»

Il rapporto di Sinner col denaro?

«Un rapporto sano. Fin da ragazzino ho imparato a rispettarlo, i miei genitori e mio fratello lavorano. Non ho fatto spese pazze, con i primi soldi guadagnati mi ero comprato un’incordatrice per la racchetta, dopo lo Slam mi sono regalato una macchina».

Dietro ogni campione c’è un grande team. Il segreto di quello di Sinner?

«Il rispetto dei ruoli e la compatibilità dei caratteri. Siamo tutti persone molto semplici. Darren Cahill è un coach che ha allenato numeri uno e campioni ed è una persona molto umile, che ci ha anche insegnato a fare il barbecue. Con Simone Vagnozzi lavoriamo sodo, ci confrontiamo, ma mi trovo molto bene anche con lui».

E ancora:

«Cahill ha un ruolo più legato alla gestione della stagione, mentre con Simone faccio il lavoro quotidiano. A volte però mi piace fare un torneo con solo uno dei due. A Rotterdam c’era solo Vagno, a Miami e Indian Wells sono andato con Cahill. È importante ogni tanto cambiare prospettiva».

Sinner è un tipo curioso:

«Sì, abbastanza. Mi piace capire come funzionano le cose. Mi piace capire come lavora la testa di un altro sportivo, ogni tanto mi sento con Tomba, Valentino Rossi, Giorgio Chiellini. E poi a Miami è stato bello e interessante incontrare Spalletti e i ragazzi della Nazionale. Penso che tutti noi possiamo imparare qualcosa dal prossimo».

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