«Sono stato giudicato per i tatuaggi o per i capelli biondi. Ragazzi, io ho tre passioni: il calcio, i videogiochi e i tatuaggi che mi sono fatto fin sopra la testa – scrisse Gianluca Scamacca in una lettera a Cronache di Spogliatoio –, non fumo, non mi drogo e so di avere delle qualità nascoste. Penso che mi manchi solo stare nel posto giusto al momento giusto. Chi mi prende fa un affare». Dietro al chiaro intento autopromozionale di un calciatore che in ventiquattro anni aveva già cambiato undici squadre e tre procuratori (Paolo Paloni, Alessandro Lucci di World Soccer Agency e ora Jonathan Barnett di Stellar Football Group), non c’era solo la voglia di lasciare il West Ham, dopo 8 gol in 27 partite e un feeling forse mai sbocciato con gli Hammers che ne avevano storpiato il cognome, “Scammaca”, in un video di presentazione poi cancellato. C’era probabilmente, da parte di Scamacca, la voglia di riabilitare una carriera che sembrava in una fase indecifrabile. Sempre l’estate scorsa, poi, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport rinnovava l’appello: «Sono in Sardegna, ma vedo più la palestra e il campo da calcio rispetto al mare e la spiaggia. Se stessi bene, sono convinto che venti gol li segnerei».

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Se, mercoledì 24 aprile, a Bergamo, l’Atalanta ha ribaltato l’1-0 dell’andata con la Fiorentina e raggiunto la Juventus in finale di Coppa Italia, è merito di un’eccezionale prestazione di Gianluca Scamacca. Scamacca ha avviato l’azione che portava l’Atalanta in vantaggio (8’) al primo tiro in porta: il quattordicesimo gol stagionale di Koopmeiners. Scamacca ha segnato il 2-0 con un gran destro sotto il sette (13’, poi annullato per un fallo). Scamacca ha provocato l’espulsione di Milenković (53’), che aveva commesso fallo su di lui, al limite dell’area di rigore. Con la Fiorentina in dieci uomini – che però aveva pareggiato col gol di testa di Martinez Quarta, per ironia della sorte un difensore, entrato al posto di Belotti a occupare il posto di Milenković –, Scamacca ha segnato (75’) una stupenda mezza rovesciata, un’acrobazia perfetta per coordinazione ed esecuzione, festeggiata mimando un consulto al Var, su torre di De Ketelaere da cross di Ruggeri. Scamacca ha poi servito l’assist (94’) a Lookman per il 3-1, inizialmente annullato per fuorigioco e poi convalidato, e sempre Scamacca ha iniziato l’azione del gol del definitivo 4-1 di Pasalić (98’). Insomma, one man show.

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Jonathan Moscrop

Da quella promessa di venti gol stagionali in potenza, Gianluca Scamacca si è trasferito all’Atalanta per 25 milioni di euro più bonus. «Ho scelto il posto giusto da cui ripartire», dirà. Ha avuto ragione. La sua carriera era iniziata alle case popolari di Fidene, periferia nord di Roma, dove crebbe un po’ come fece il suo idolo Zlatan Ibrahimović a Rosengård, il ghetto di Malmö. Lo spiegò Scamacca stesso a Sportweek: «Mio padre guidava un carro attrezzi, mia mamma era parrucchiera ma aveva perso il lavoro. A volte, andavo a scuola pensando “stasera che ce mangiamo?». Le somiglianze non passano solo per le origini, la personalità dentro e fuori dal campo o l’handle di Instagram (@iamscamacca e @iamzlatanibrahimovic). Gianluca Scamacca – che a quindici anni aveva giocato sia per la Lazio che per la Roma (dell’altro suo idolo, Francesco Totti) e che a sedici anni lasciava l’Italia, senza neanche aver debuttato in Primavera, per trasferirsi in Olanda al PSV (di cui è il primo italiano della storia) che aveva offerto a lui settantamila euro annui più un alloggio e a sua madre un lavoro – già allora non segnava gol banali. Vedasi la splendida rovesciata nella finale di Coppa d’Olanda Under 17 del 2015.

A questo punto, però, qualcosa si era incrinato. Dopo i due prestiti infruttuosi a Cremonese e PEC Zwolle, nel gennaio 2017 il PSV Eindhoven cedette definitivamente Gianluca Scamacca al Sassuolo che a sua volta lo mandò in prestito, ma stavolta con successo: tredici gol in Serie B nel 2019/20 con l’Ascoli e otto in Serie A nel 2020/21 col Genoa, più quattro reti con ciascuno dei due club in Coppa Italia. Quando Scamacca è rientrato al Sassuolo nell’estate 2021, gli è bastata una stagione sola – con sedici gol in Serie A – per spiccare il volo, al West Ham, e tornare in Italia. L’Atalanta aveva da poco ceduto Højlund e, dove tutti vedevano un corpo di 195 cm pieno di tatuaggi, di cui il primo a tredici anni e tra i quali spicca un leone piumato sul collo – «Rimasi attratto da quel modo di colorarsi la pelle dopo aver visto che un amico di mia sorella ne era pieno», raccontava a Nss Mag –, Gasperini vide qualcosa: «Mi ha detto che ho qualità nascoste che però lui vede», dirà Scamacca. Effettivamente, Gasperini lo ha punzecchiato lo scorso 27 febbraio, alla vigilia della gara contro l’Inter («Lavora molto, ma non è ancora un campione») e persino dopo la doppietta di Scamacca ad Anfield Road contro il Liverpool, lo scorso 11 aprile: «Spesso, va a momenti». Finora, però, Scamacca ha segnato quindici gol – 9 in Serie A, uno alla Fiorentina in Coppa Italia e 5 in Europa League – e, in attesa dell’Europeo in cui potrebbe essere il centravanti titolare dell’Italia, si sta avvicinando ai venti che aveva promesso.

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Matteo Albanese

Classe 1997, genovese e genoano (pure non in quest'ordine), ha studiato a Savona spaziando tra il giornalismo e la SEO. Ha scritto e scrive tra gli altri per La Gazzetta dello Sport, Rivista Undici, PianetaGenoa1893.net e Cronache di Spogliatoio. Nel 2018 ha pubblicato 'Narrami, o Dellas', un libro sulla Grecia vincitrice dell'Europeo di calcio 2004. Fin qui solo calcio, ma c'è altro: playlist di musica elettronica, biografie, una genuina ossessione per l'IKEA e le storie scandinave.