Lega, esplode il caso Vannacci: la sua candidatura spacca il Carroccio - La Stampa

VENEZIA. Serviva la candidatura di Vannacci a ridestare fuochi in verità mai spenti, in una Lega a caccia di identità. Il generale che si riconosce nei valori di patria e nazione. Il generale che, a chi gli chiede se anche l’autonomia sia un ideale a cui si riferisce, risponde: «Questo lo dice lei». E che pure è stato scelto dal segretario Salvini, come volto della Lega alle elezioni europee. E ci voleva proprio la sua candidatura per rianimare un moto di protesta, che negli ultimi tempi si era assestato su toni meno barricadieri, vista l’importanza del momento: il rush finale per l’autonomia.

E però la candidatura del generale capovolge i paradigmi della Lega storica, facendo inferocire i leghisti della prima ora. Una protesta che ha come epicentro il Veneto, e non è una novità, ma che si espande a macchia d'olio nel Nord Italia, perché quello di Roberto Vannacci è tutto tranne che un nome espressione del territorio. «Un capolista della Lega che non sa nemmeno cosa sia l’autonomia non si può sentire. Non mi rappresenta» sbotta allora l’assessore veneto allo Sviluppo economico Roberto Marcato, «Se sarà la guida a livello nazionale, chiederò una riflessione nel partito. Se lo sarà nella mia circoscrizione, da fondatore della Liga Veneta, non lo accetto». E come lui il collega alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin: «Vannacci non c'entra nulla con la Lega in cui sono entrato più di 30 anni fa. Fatico a capire questa scelta». E poi Federico Caner, assessore all’Agricoltura: «Non è un valore aggiunto per la Lega e a Nord Est non ci porterà voti». Mentre l'ex segretario della Lega lombarda Paolo Grimaldi commenta, sarcastico: «Candidiamo chiunque per raccattare tre voti, ma senza alcun progetto politico: dall'onorevole Patriciello, che ha sostenuto Ursula von der Leyen per 5 anni, a Vannacci. Speriamo di candidare anche qualcuno della Lega». E il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, opta per un eloquente, ma elegante: «Io sono molto contento dei tre candidati proposti dal Fvg, e sono possibili solo tre preferenze». Come dire: non c'è posto per Vannacci. Duro Paolo Grimoldi, ex deputato leghista ed ex segretario della Lega Lombarda: «Viene confermato che candidiamo chiunque a prescindere, che è un cartello elettorale e non una forza politica con dei programmi, delle idee e delle proposte. Candidiamo tutto e il contrario di tutto per raccattare tre voti». Mentre il vicepresidente del Senato, il leghista Gian Marco Centinaio, ha affermato che «per fortuna ci sono le preferenze e, di conseguenza, si può votare uno come si possono votare tanti altri. E ce ne sono tanti altri validi nel mio partito».

Tra i pochi ad accogliere il generale nel partito è allora Andrea Crippa, il vice di Salvini, che replica alle parole polemiche di Guido Corsetto: «Visto che anche lui ha tanto seguito nelle forze armate e in Leonardo, si candidi pure lui». E poi il senatore Claudio Borghi: «Vannacci? Mi sembra un ottimo inizio».

Ma intanto lo sconforto permea un partito che è già impegnato sul fronte di Forza Italia, costretto a respingere le continue incursioni di Antonio Tajani, scettico sull’autonomia, e Flavio Tosi, divertito nel provocare Zaia. Per non parlare del fronte di Fratelli d’Italia, all’arrembaggio alla conquista di una terra, il Veneto, che tra poco più di un anno potrebbe dismettere i panni della roccaforte leghista. «E allora, dopo candidature così, è pure inutile mettersi ad analizzare i motivi per cui la gente non va più a votare. Le persone non si presentano più alle urne perché non riconoscono più il nostro odore» annota uno sconfortato Marcato.

I motivi del “no” leghista a Vannacci compongono un elenco lungo. Prima di tutto, non è uomo del Carroccio, e nemmeno si tessererà al partito per candidarsi, ma si presenterà come indipendente, federato alla Lega. «E io il mio voto preferisco darlo a una persona che ha il dna della Lega» dice l’assessore Caner. Poi, non è uomo espressione del territorio. E infine ci sono le idee. «Io sono entrato nella Lega perché era un serbatoio di contraddizioni, c’era spazio per chiunque, e poi si faceva sintesi - dice Marcato - Ma ci sono dei totem che non si possono toccare. Il primo è l’autonomia, intesa come riforma federalista del Paese: un leghista non può non essere autonomista, federalista, legato al territorio». Poi ci sono i diritti civili, in un partito che, almeno in Veneto, sta facendo di tutto per affrancarsi dall'immagine della "prima" Lega. Infine, l’antifascismo. «Io sono antifascista» ribadisce Fedriga, definendosi anche «anticomunista». E invece Salvini ha annunciato la candidatura del generale proprio il 25 aprile, festa della Liberazione e festa di San Marco. La stagione delle tante “Leghe” è ancora aperta. —

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