Conflitto d’interessi, la legge attesa da venti anni e le norme blande di Meloni - la Repubblica

Conflitto d’interessi, la legge chimera dopo venti anni può ancora attendere: la destra allarga le maglie

Franco Frattini e Silvio Berlusconi in una foto del 2004
Franco Frattini e Silvio Berlusconi in una foto del 2004 

La verità, vi prego. Una rubrica settimanale per orientarsi tra grandi bugie e piccole omissioni

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Ricordate? Il conflitto d’interessi. La grande ombra di Silvio Berlusconi, l’eterna incompiuta dei governi del centrosinistra, la giovane incompiuta dei Cinque stelle. La legge in vigore è del luglio 2004, firmata da Franco Frattini, secondo governo Berlusconi. Già allora era considerata blanda. “La cambieremo, il problema continua a essere irrisolto”, prometteva da segretario dei Ds Piero Fassino. Sono passati venti anni. La Frattini continua a regolare i potenziali conflitti dei membri del governo, per i parlamentari manca ancora una legge.

Ora se ne riparla. Perché Giuseppe Conte, rispolverando una vecchia priorità dei suoi cinquestelle, cimelio delle prime battaglie contro la politica e obiettivo mancato negli anni di governo, ha presentato una proposta di legge alla Camera, severissima, per “tenere alta la questione morale” ed evitare “di tornare a veder tirare le monetine ai politici”.

Risultato? La maggioranza l’ha riscritta da cima a fondo, ammorbidita molto. Anzi, ha delegato il governo a riscriverla, con maglie molto larghe. Tempo di realizzazione: due anni, che partiranno da quando – tra due mesi, un anno? – il Parlamento approverà la delega. Se tutto va bene – e il pessimismo è legittimo – una legge si potrebbe vedere prima delle prossime elezioni politiche.

Operazione annacquamento: dal 2% al 50% di azioni

E dunque, si dirà, non è neanche il caso di attardarsi in disamine del testo, embrione di legge, punto di partenza di un percorso lunghissimo. Ma la maggioranza in commissione ha approvato il ddl, che entro fine mese approderà nell’aula della Camera per il primo via libera. E allora a prendere sul serio il centrodestra, quando dice di voler non soltanto sopprimere la proposta di Conte, ma cogliere l’occasione per riformare davvero la Frattini (“Vogliamo utilizzare il tempo necessario per scrivere una legge equilibrata, non punitiva, scevra da pregiudizi”, assicura il deputato di FI Paolo Emilio Russo, relatore del testo), qualche dettaglio merita menzione, come indizio di quel che potrebbe essere.

La maggioranza delega infatti Giorgia Meloni e il suo governo a disciplinare i casi di conflitto di interessi per il premier, i ministri, i membri del governo e delle Autorità indipendenti, ma anche per presidenti e assessori regionali. Non include i leader di partito (lo chiedeva la Lega), né i coniugi e parenti dei membri del governo (così voleva il M5S).

Ma è soprattutto una percentuale a saltare agli occhi, la misura della distanza tra la proposta della destra e quella di Conte. L’ex premier proponeva infatti l’incompatibilità degli incarichi di governo con la proprietà o la disponibilità di partecipazioni superiori al 2% di un’impresa titolare di concessioni dallo Stato o in regime di monopolio o con interessi in particolari campi, dall’editoria alla difesa. E applicava quella incompatibilità al ministro o al sottosegretario ma anche al coniuge e i parenti entro il secondo grado. Che fa la destra? Stabilisce che l’incompatibilità scatti solo per il titolare della carica, solo per partecipazioni superiori al 50% e solo per le società in concessione dallo Stato, o titolari di diritti esclusivi o che operino in regime di monopolio. Dal 2% al 50%, due visioni del mondo.

La norma Renzi e la lacuna sui parlamentari

Conte proponeva anche di vietare non solo a chi ha cariche di governo ma anche ai parlamentari di percepire fondi da Stati esteri: la norma Renzi, è stata ribattezzata, per i rapporti del senatore di Italia viva con l’Arabia Saudita. E così lui, Renzi, ha rilanciato prendendo di mira il suocero di Conte, imprenditore e proprietario di un noto albergo nel centro di Roma: “Aggiungiamo una riga per chiedere trasparenza anche per mogli, compagne, suoceri e suocere”. E così via, a colpi di proposte che non vedranno la luce.

A una lacuna, però, nessuno sembra voler mettere mano: i conflitti d’interesse di deputati e senatori. Gli altri Paesi d’Europa impongono regole varie ai loro parlamentari, dal divieto di accettazione di regali oltre una certa entità, fino a incompatibilità con determinate partecipazioni azionarie. L’Italia, nulla. Un’inchiesta di Repubblica a inizio anno contava cento potenziali conflitti. Nelle proposte di legge in discussione, neanche una riga.

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