Dal Salone del Mobile alla Biennale: il cantiere degli eventi sovrapposti - la Repubblica

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Dal Salone del Mobile alla Biennale: il cantiere degli eventi sovrapposti

Milano, 20 marzo: via Paolo Sarpi si prepara alla Milano Design Week
Milano, 20 marzo: via Paolo Sarpi si prepara alla Milano Design Week (ansa)
Uno sguardo d’insieme e una comunicazione più efficace fra istituzioni, centri culturali, e anche fra grandi città, eviterebbero occorrenze auto-sabotanti
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Forse è troppo scomodare Italo Calvino, che viene scomodato già abbastanza, per questioni di calendario. E tuttavia, in un libro proverbiale — e amato, non a caso, da architetti, urbanisti, designer — lo scrittore immaginava una città “invisibile” in forma di smisurato cantiere. Il visitatore, affascinato dalla frenetica attività degli operai, si ritrova sulle labbra la seguente domanda: qual è il progetto? Qual è il disegno del vostro costruire? Gli operai, indaffarati, gli fanno capire che non c’è tempo per rispondere. Te lo diremo quando scende la notte. Nel buio, il visitatore ripete la domanda. “Ecco il progetto”, dicono gli operai indicando il cantiere.

L’Italia dell’offerta culturale è un cantiere più vitale e fruttuoso di quanto voglia la vulgata catastrofista. Su vari piani e in varie articolazioni il cantiere è imponente e perfino attrattivo. Ma non è raro ritrovarsi sulle labbra la stessa domanda del visitatore della città invisibile: qual è il disegno? Dov’è il progetto?

Nello specifico, una infelice sovrapposizione tra due grandi eventi che coinvolgono zone d’interesse contigue — Salone del Mobile di Milano e apertura della Biennale a Venezia — ha fatto interrogare diversi osservatori: «Stessa settimana, stessa autostrada, stessa linea del Frecciarossa», ha scritto per tempo l’editore di Flash Art Cristiano Seganfreddo, osservando come la coincidenza della Milano Design Week e dell’inaugurazione della Biennale metta in oggettiva difficoltà gli addetti ai lavori e crei un cortocircuito anche mediatico che non giova a nessuno. Seganfreddo parla di anarchia o inconsapevolezza istituzionale.

Se da un lato è vero che le cinquantadue settimane di un anno sono tutto sommato strette e programmare in un domino impeccabile i grandi eventi non è facile, è altrettanto vero che uno sguardo d’insieme e una comunicazione più efficace fra istituzioni, centri culturali, e anche fra grandi città, eviterebbero occorrenze auto-sabotanti.

O che almeno vengono percepite come tali dagli osservatori internazionali, che non si capacitano di come due degli eventi italiani più rilevanti possano pestarsi i piedi, o fuor di metafora rubarsi ospiti, sponsor, titoli di giornale.

Professionisti, artisti, collezionisti, investitori italiani e stranieri dovrebbero pretendersi ubiqui; e per quanto la durata della Biennale (aperta fino a novembre) offra al visitatore “puro” un arco temporale molto ampio, resta il tema di una rivalità urbana e mediatica indotta da un calendario sventurato.

D’altra parte, design e arte contemporanea sono parenti prossimi: e un’installazione “poetica” di David Lynch, che potrebbe stare alla Biennale, è invece esplorabile al Salone del Mobile.

Nell’eterno Paese delle faide shakespeariane, una certa inclinazione al complesso autarchico dei campanili resiste; e in assoluto è innegabile che il vantaggio di un “concerto” fra eventi e realtà culturali è sottovalutato, quando non completamente ignorato.

Si potrebbe evocare una vasta sequenza di esempi di scarsa attenzione e lungimiranza strategica; e in qualche caso disperarsi di fronte alle occasioni perdute evitando di “fare rete”.

Anche nel comparto editoriale, segmento significativo dell’industria culturale, si invoca da anni un coordinamento fra eventi: una rete dei festival, se tradotta dal piano delle intenzioni a quello dei fatti, non renderebbe più armonica, economica, solida tanto l’identità dei singoli quanto l’offerta complessiva?

La verità è che pestarsi i piedi, anche solo per distrazione, viene più facile. Il cantiere lavora freneticamente, il progetto può aspettare.

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