Mostro di Firenze, in un libro i delitti raccontati dalla parte delle vittime: “I miei genitori conoscevano due dei giovani uccisi” - la Repubblica

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Mostro di Firenze, in un libro i delitti raccontati dalla parte delle vittime: “I miei genitori conoscevano due dei giovani uccisi”

Mostro di Firenze, in un libro i delitti raccontati dalla parte delle vittime: “I miei genitori conoscevano due dei giovani uccisi”
Eugenio Nocciolini e Edoardo Orlandi pubblicano “Nessuno” dopo un podcast molto ascoltato sui misteri irrisolti dei duplici omicidi. Il 26 marzo la presentazione a Giunti Odeon
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Quando era piccolo e in televisione passavano le immagini del processo Pacciani, uno dei suoi giochi preferiti era fare “i’ mostro” con i compagni di classe, nel giardino della scuola, a Comeana, a pochi passi dai luoghi dove venne uccisa la prima coppia. «Ce lo immaginavamo un omino lamentoso, come i vecchietti del paese, come tanti nonni, o come Benigni nel suo film» ricorda Edoardo Orlandi, classe 1988 (cioè tre anni dopo l’ultimo delitto) che l’aria nera dei delitti l’ha sempre respirata da vicino: «I miei genitori conoscevano Stefano Baldi e Susanna Cambi, ammazzati nel 1981. Ho pensato spesso al fatto che due persone con cui erano stati in vacanza, con cui avevano condiviso pranzi e cene, fossero finite tra le mani dell’assassino». Quell’ossessione, poi, si è trasforma in una laurea in giurisprudenza e in un master in criminologia; intanto Eugenio Nocciolini, coetaneo, suo compagno di classe al liceo, da sempre appassionato di teatro e oggi drammaturgo, sognava uno spettacolo sulle vicende che hanno insanguinato le colline fiorentine. Nel 2018, l’anno in cui il caso dell’ex legionario Giampiero Vigilanti riattizza la curiosità dei media, è in Versilia. In una sera d’estate come tante, con i suoi amici parla di quelle brutte storie, e la tentazione si fa più forte; «so che anche Edoardo è in Versilia e, davanti a un fritto, gli propongo l’idea dello spettacolo. Tu sei pazzo, mi dice». Per forza, taglia corto Orlandi, «l’attenzione intorno al mostro è ancora così morbosa che ci vuole poco a cadere nella baracconata». Però alla fine ci provano. Nel 2019 nasce Nessuno, messo in cantina dopo poche repliche causa Covid; per non buttare via tutto il materiale accumulato, i due lavorano ad un podcast dallo stesso titolo. E lì arriva il successo. Ora, Nessuno è anche un romanzo edito da Giunti, che Nocciolini e Orlandi presenteranno il 26 marzo alle 18.30 da Giunti Odeon.

La costante dei tre progetti è il titolo e il punto di vista. Ovvero non la ricerca di un colpevole, che spetta agli inquirenti, ma dare voce alle vittime, «dare dignità a tutti quei ragazzi morti senza un motivo, in notti in cui venire uccisi valeva per loro come per chiunque altro, facendo qualcosa che tutti abbiamo fatto — spiega Orlandi — Eugenio ha messo la sua umanità, io la conoscenza professionale degli eventi, che è diventata la struttura dell’aspetto emotivo». Solo che in questa storia il concetto di vittima è esteso: «Non ci sono solo le coppie. Sono vittime anche i loro parenti, gli amici, le ragazze e i ragazzi obbligati a non appartarsi la notte modificando la loro vita, i genitori che vivevano nel terrore di non vedere tornare a casa i loro figli — risponde Orlandi — E, ancora, le persone etichettate come il mostro ma che non lo erano, quelle che si sono uccise perché somiglianti agli identikit, i processati che si sono rivelati innocenti e hanno avuto la vita segnata. Ma anche la società fiorentina, travolta da un serial killer che colpiva i giovani nel loro intimo. Questa è una vicenda non solo criminale, ma sociale e culturale».

Alla fine la realtà dei fatti non ha intralciato troppo la narrazione di Nessuno: «I punti certi di tutta la storia sono pochi — spiega Nocciolini — e noi abbiamo parlato dei ragazzi uccisi sentendoli il più vicino possibile. Mentre scrivevo, ho ascoltato i cantautori di quegli anni, gli stessi che presumibilmente loro amavano. Mi sono immaginato quei giovani al bar a bere con gli amici, come noi. La potenza della storia dà al libro una libertà non del tutto vincolata ai fatti giudiziari, che però abbiamo rispettato. Abbiamo sentito una forte responsabilità, pensando ad esempio a tutti coloro che conoscevano le vittime e che sono ancora vivi». E non manca una lettura della società: «Attraverso Horst Meyer e Jens Uwe Rusch abbiamo raccontato la difficoltà di esprimere la propria sessualità nonostante Firenze negli anni Ottanta fosse considerata la capitale europea dell’omosessualità. Mi sento in pace con me stesso — riflette Nocciolini — perché il massimo che potevamo fare l’abbiamo fatto: restituire una voce a chi è stato ucciso, e fare sì che qualcuno vi si riconoscesse. Il successo del podcast lo ha confermato».

Oggi, il mostro ci insegue ancora. Si scrivono libri, si fanno fiction, documentari, blog. Non solo è indelebile nella memoria di tutti, ma è anche oggetto di uno strano feticismo. «Perché è un cold case a metà. C’è una verità giudiziaria parziale che non accontenta nessuno, ci sono contraddizioni, strade non seguite, coincidenze, rimandi, tranelli che rendono questa storia migliore di qualunque sceneggiatura hollywoodiana — concludono Nocciolini e Orlandi, ora al lavoro su Feroce, un podcast dedicato a Pasolini — C’è soprattutto un tessuto così malato da permettere all’assassino di nascondersi. Tutti questi elementi storti ma avvincenti rischiano di distogliere l’attenzione dalla morte di 16 persone. Noi abbiamo raccontato quello che fino ad oggi era stato lasciato da parte».

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