
GIULIO ROMANO
L'appellativo "Giulio Romano" si afferma dopo il trasferimento a Mantova per ricordare la città d'oprigine.
Entrato giovanissimo nella bottega romana di Raffaello, Giulio collabora ad opere del maestro, che gli affida
il ritratto di Giovanna d'Aragona e un ruolo importante nell'impresa delle Logge Vaticane.
Già negli anni romani, egli rivela una grande abilità grafica, raccogliendo inoltre, il lascito raffaellesco in
campo architettonico.Dopo la morte del maestro, nel 1520, Giulio completa il frammento tuttora esistente
di Villa Madama e realizza, insieme a Gian Francesco Penni, la Sala di Costantino in vaticano: egli si qualifica
così come il più brillante erede della maniera raffaellesca.Agli anni romani risalgono molti quadri fra i quali
la Pala Fugger a Santa Maria dell'Anima, la Lapidazione di Santo Stefano.Con la mediazione di baldassarre
Castiglione, Giulio si trasferisce nel 1524 presso la corte mantovana dei Gonzaga, ottenendo ben presto il
monopolio sulle imprese architettoniche e decorative. Realizza il Palazzo del Te (1525-1535), dirigendone i
cicli di affreschi e stucchi; ristruttura e decora l'appartamento di Troia a Palazzo Ducale, dove progetta anche
il Padiglione della Rustica.
Nominato nel 1526 prefetto delle fabbriche gonzaghesche e superiori delle strade di Mantova, trascura i
quadri da cavalletto, dedicandosi prevalentemente alla regia di una vasta bottega capace di tradurre
rapidamente in stucchi e dipinti i suoi disegni.Dopo la morte del duca Federico II (1540), Giulio lavora per il
reggente Cardinale Ercole Gonzaga. Fra gli anni trenta e quaranta, è attivo nella chiesa di San benedetto in
Polirone, nella ristrutturazione del Duomo di Mantova, in quella della propria casa, mentre dà vita ad una
serie di disegni per arazzi, dipinti, argenterie, monumenti, apparati, scenografie.La sua arte è apprezzata
anche al di là delle Alpi: nel 1537 viene iniziato, su suo progetto, il palazza italiano di Landshut, per Ludovico
X di Baviera; i riflessi evidenti della maniera giuliesca si riconoscono a Fontainebleau, con la mediazione di
Francesco Primiticcio e sebastiano Serlio.
Da Elena Guazzi, sposata nel 1529, Giulio ha i figli Virginia, Criseide e Raffaello che vende all'antiquario
Jacopo Strada i disegni del padre.
SALA DEI GIGANTI
L’ambiente, eseguito in via definitiva tra il 1532 e il 1535, narra la vicenda della Caduta dei Giganti, tratta
dalle Metamorfosi di Ovidio. La camera è la più famosa e spettacolare del palazzo, sia per il dinamismo e la
potenza espressiva delle enormi e tumultuose immagini, sia per l’audace ideazione pittorica, volta a negare i
limiti architettonici dell’ambiente, in maniera tale che la pittura non abbia altri vincoli spaziali se non quelli
generati dalla realtà dipinta. Giulio Romano infatti interviene per celare gli stacchi tra i piani orizzontale e
verticale: smussa gli angoli tra le pareti, gli angoli tra le pareti e la volta e realizza un pavimento, oggi
perduto, costituito da un mosaico di ciottoli di fiume che prosegue, dipinto, alla base delle pareti. Con
questo stupefacente artificio unitario e illusionistico, l’artista intende catapultare lo spettatore nel vivo
dell’evento in atto, per produrre in lui stupore e sensazione di straniamento.La scena è fissata nel momento
in cui dal cielo si scatena la vendetta divina nei confronti degli sciagurati giganti che, dalla piana greca di
Flegra, tentano il vano assalto all’Olimpo, sovrapponendo al massiccio dell’Ossa il monte Pelio. Giove,
rappresentato sulla volta con in pugno i fulmini, abbandonato il trono, scende sulle nuvole sottostanti,
chiama a sé l’assemblea degli immortali e, assistito da Giunone, punisce i ribelli: alcuni dei giganti vengono
travolti dal precipitare della montagna, altri sono investiti da impetuosi corsi d’acqua, altri ancora vengono
abbattutti dal crollo di un edificio. La scena, in origine, era resa ancora più drammatica dal bagliore delle
fiamme prodotte da un camino realizzato sulla parete tra le finestre. Il pavimento, ideato da Paolo Pozzo,
risale al secondo Settecento.