(PDF) L'artiglieria da campagna francese in guerra 1792-1815 | Luca Stefano Cristini - Academia.edu
L’AUTORE Enrico Acerbi nasce a Valdagno (Vicenza) il 13.8.1952; laureato in medicina, esperto in tossicologia, ha lavorato nell’ospedale locale, ora in pensione. Partner del Museo della Guerra di Rovereto, membro dell’Associazione Napoleonica d’Italia e storiografo della Grande Guerra. Enrico Acerbi ha sviluppato la passione per la ricerca storica sin dagli anni ‘90. Per cinque anni ha collaborato con il Center for Great War Studies di Asiago. Ha anche collaborato con la Comunità Montana di Arsiero come insegnante presso l’università popolare (corsi di formazione storica sulla prima guerra mondiale) e con la Comunità montana di Agno-Chiampo (ricostruzione delle fortificazioni fatte durante la Grande Guerra). Partner del Museo della guerra di Rovereto e membro fondatore del Gruppo di ricerca storica sulla Grande Guerra di Valdagno, attualmente impegnato nello studio della storia napoleonica in Veneto e in Italia. Illustratore grafico di articoli sulla storia napoleonica. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni storiche per varie case editrici e vari titoli anche per Soldiershop! NOTE EDITORIALI Nessuna delle immagini e del testo pubblicati nel nostro libro può essere riprodotto in qualsiasi formato senza l’autorizzazione scritta espressa di soldiershop.com quando non indicato come contrassegnato con licenza Creative Commons 3.0 o 4.0. Soldiershop ha eseguito ogni ragionevole sforzo per individuare o contattare eventuali titolari dei diritti e applicare correttamente i termini e le condizioni per il contenuto. Nel caso in cui qualsiasi contenuto viola i tuoi diritti o i diritti di terzi, puoi contattarci a: info@ soldiershop.com. LICENSES COMMONS This book may utilize part of material marked with license creative commons 3.0 or 4.0 (CC BY 4.0), (CC BY-ND 4.0), (CC BY-SA 4.0) or (CC0 1.0). We give appropriate attribution credit and indicate if change were made in the acknowledgements field. Our Museum books utilize only fonts licensed under the SIL Open Font License or other free use license. L’artiglieria da campagna francese in guerra 1792 -1815 Di Enrico Acerbi, testo e tavole a colori. ISBN code: 978-88-93279031 Prima Edizione Novembre 2022 Code.: SWU-NAP-029 Cover & Art Design: Luca S. Cristini LUCA CRISTINI EDITORE- Via Orio 35-4 24050 Zanica (BG) ITALY. L’ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA FRANCESE IN GUERRA 1792 - 1815 ENRICO ACERBI BOOKS TO COLLECT “Qualcuno potrebbe dire di me che qui io ho solo fatto un mazzo di fiori stranieri, avendo fornito di mio solo il filo per legarli” Montaigne (T. II, L. III, Cap. XII) ▲ Ritratto di Jean-Baptiste Vaquette de Gribeauval (Jean Démosthène Dugourc). Introduzione A lla vigilia della Rivoluzione, l’artiglieria era ancora considerata soltanto come un “utile accessorio”, secondo i canoni del pensatore militare Guibert. Ma, nei primi anni ’90, rapidamente si guadagnò, in battaglia, i suoi gradi di nobiltà, diventando un corpo, o meglio un’arma autonoma, che sarà protagonista di tutte le campagne, che si svolgeranno dal 1792 al 1815. Scopriamo insieme le caratteristiche dei pezzi usati, l’organizzazione e il suo uso tattico, l’arma che ebbe l’onore di avere Napoleone tra i suoi ranghi. Prima della Rivoluzione (1789-1790) moriva forse il maggior riformatore dell’artiglieria francese, il Primo Ispettore Generale Jean-Baptiste de Gribeauval, il 5 maggio 1789. Lasciava un Corpo Reale d’Artiglieria così organizzato: 7 reggimenti permanenti: La Fère, Metz, Besançon, Grenoble, Strasbourg, Auxonne, Toul, des Colonies. Il Corpo possedeva un totale di: 98 compagnie cannonieri - 28 compagnie bombardieri - 14 compagnie zappatori - 7 compagnie minatori e 9 compagnie operai. In totale: 11085 uomini, 784 pezzi e 224 tra obici e mortai. Inoltre c’erano 7 reggimenti della riserva: l’artiglieria “provinciale” era associata, geograficamente e per organica, a ciascun reggimento permanente. Era una riserva di ulteriori 9940 uomini. Il 30 Settembre 1789, questi sette reggimenti furono sbandati, come tutte le truppe provinciali. Sette Scuole reggimentali abilitavano ciascuna 6 Cadetti all’anno. Il corpo dell’artiglieria aveva sempre fatto parte della fanteria ed aveva tenuto, nell’ambito dei reggimenti di quell’arma, il numero 51, con il nome di Fusiliers du roi, dal 1671 al 1693, il numero 46 dal 1693 al 1775, il numero 53 dal 1775 al 1776, ed il numero 64 dal 1776 al 1790. Dopo lo sdoppiamento dei vecchi (e meno-vecchi) reggimenti di fanteria, conservando sin dal 1693 il titolo di Royal-Artillerie, fu mantenuto al suo rango nella fanteria per Decreto dell’Assemblea Nazionale del 2 dicembre 1790; lo scioglimento del reggimento del Re lo fece salire al rango 63°. E fu solamente nel 1790 che l’artiglieria divenne ufficialmente un’arma autonoma. L’articolo XIV del decreto 23 settembre 1790 così recitava: “La fanteria francese formerà un’arma, la fanteria straniera e svizzera, ciascuna la sua arma, le truppe a cavallo, indistintamente, formeranno un’arma, l’artiglieria ed il genio due armi differenti.” STORIA ED EVOLUZIONE CRONOLOGICA DELL’ARTIGLIERIA “NAPOLEONICA” FRANCESE 1790 Nel 1790 l’artiglieria non figurava più sulle tabelle dei reggimenti di fanteria. Comprendeva allora: a) 7 reggimenti detti di Cannonieri b) 6 compagnie minatori c) 10 compagnie lavoratori dette di Operai d) 8 compagnie di cannonieri Invalidi In più c’erano parecchie compagnie di cannonieri per l’artiglieria costiera detti “guardacoste”. Il Decreto 11 dicembre sull’organizzazione dell’artiglieria in vigore dal 15 dello stesso mese. Questo Decreto del 1790 fissava la composizione delle truppe del corpo a 7 reggimenti Cannonieri, 6 compagnie Minatori ed 1 compagnia Operai, senza contare le 8 compagnie di cannonieri invalidi e le compagnie di cannonieri guardacoste distribuite lungo le frontiere marittime. Reggimento d’artiglieria Stato Maggiore Colonnello 4 Ten. Colonnelli 1 Quartiermastro Tesoriere 2 Aiutanti-Maggiori 1 cappellano e 1 maggiore Chirurgo 4 Aiutanti 1 Tamburo Maggiore, 1 Caporale Tamburo e 8 Musicanti 3 mastri Operai (sarto, armaiolo e calzolaio) Battaglioni 2 Compagnie 10 2 divisioni di 5 compagnie Compagnia in Pace 4 Ufficiali (2 Capitani e 2 Tenenti), 55 sottufficiali e soldati Compagnie Minatori riunite a Verdun con ciascuna 4 Ufficiali e 63 uomini di truppa Compagnie Operai stessa composizione dei cannonieri 5 L’Assemblea nazionale accordava, quindi, sul piede di pace 8663 cannonieri, minatori e operai, all’artiglieria a piedi. In tempo di guerra l’effettivo delle compagnie doveva raggiungere i 100 uomini, per un totale di effettivi di 15600 uomini. Le 140 compagnie cannonieri potevano, così, servire 846 bocche da fuoco. Da notare che la riforma stava facendo scomparire le compagnie Zappatori e Bombardieri. L’Assemblea Nazionale le aveva trasformate entrambe in compagnie cannonieri (per i bombardieri era solo una perdita di nomenclatura). La trasformazione degli zappatori fu più complicata. Molti si sono chiesti il perché l’Assemblea Nazionale avesse abolito gli Zappatori; di fatto la Francia fece quattro campagne di guerra senza zappatori. A dire il vero, nell’Assemblea si era discusso a lungo in merito ad una possibile riunione tra artiglieria e genio; non si era arrivati a nessuna decisione però. L’artiglieria, a ragione, reclamava un aumento degli effettivi, mentre l’Assemblea esitava, temendo l’aumento delle spese. Si arrivò, come si dice, ad un compromesso: l’artiglieria ebbe i suoi aumenti a danno degli zappatori. L’Assemblea ben sapeva che la Francia era un paese essenzialmente agricolo e che, quindi, l’esercito avrebbe comunque avuto manovalanza in grado di usare il piccone ed il badile (non era forse vero che, fin dai tempi di Enrico IV, era stata la fanteria a prendersi carico dei lavori campali?) Il ministro in carica, Duportail, ufficiale del genio, non fece una piega. Per quattro anni, quindi, vennero a mancare gli zappatori e la barca fu raddrizzata nel 1794 con la creazione degli Zappatori del genio. Il corpo di Artiglieria era supervisionato da 9 “ispettori generali” (4 tenenti-generali, 5 marescialli di campo), ma nessuno aveva più il grado di Primo Ispettore, appartenuto a Gribeauval, e nessuno lo guadagnerà. Lo stesso Decreto del 2 dicembre 1790 generava un Regolamento che, l’anno dopo, sopprimeva il Primo Ispettore Generale, con i comandanti delle Scuole promossi a comandanti d’artiglieria (il Decreto portò anche a 10 il numero dei Marescialli di campo) – il numero delle Direzioni d’Artiglieria fu ridotto da 22 a 20; il titolo ed il grado di Maggiore scomparvero; i cinque chefs-de-brigade furono sostituiti da 4 Tenenti Colonnelli, nei cinque reggimenti, uno ogni mezzo battaglione. 1791 Il 1° gennaio 1791, i reggimenti d’artiglieria cessarono di portare il nome delle scuole d’artiglieria e di scambiarsi il numero tra loro in base all’anzianità del proprio colonnello. Ottennero un numero che ricordava la loro anzianità riferita all’organizzazione del 1720, da 1° a 7°. Portavano quel numero sui bottoni, eliminando il vecchio numero corrispondente al rango che avevano all’interno della fanteria (abbandonava il suo rango d’anzianità di Corpo reale, tra i reggimenti di fanteria 62° e 63°). Le compagnie Minatori presero il numero di rango in base alla data della loro creazione, da 1 a 6. Le compagnie Operai, invece, furono numerate a sorteggio; e fu formata anche una 10ª compagnia. Dal 1 aprile l’artiglieria di terra si formava su 7 reggimenti di cannonieri, con il n° d’anzianità: il reggimento di La Fère ricevette il n. 1; Metz 2 ; Besançon 3 ; Grenoble 4 ; Strasbourg 5 ; Auxonne 6 ; e Toul 7; 6 le compagnie Minatori e 10 compagnie Operai. Dal 1° giugno il corpo d’artiglieria con comprese più, almeno ufficialmente, nei suoi ranghi, sia gli Zappatori, sia i Bombardieri (le compagnie minatori saranno in seguito trasferite al genio, quando nel 1793 si normeranno le compagnie di quell’arma). Gli effettivi dei reggimenti rimasero quelli dell’anno precedente, ma ogni compagnia fu formata in due Sezioni e queste, a loro volta, in due Squadre. Rimase l’organizzazione delle 10 compagnie di battaglione in due Divisioni di 5 compagnie ciascuna. La forza teorica del reggimento era di 90 ufficiali e 1117 uomini. I minatori ebbero compagnie di due Sezioni di 4 squadre ciascuna e 68 minatori per compagnia. Gli Operai ebbero la stessa organizzazione ma solo 59 uomini in tutto. Il 10 settembre le truppe d’artiglieria furono portate sul piede di guerra, il giorno 20 la compagnia cannonieri era portata a 79 uomini ed il reggimento a 1607 effettivi; si prefigurava un effettivo di 13.115 tra ufficiali e soldati (meno di quanto previsto e la cosa allarmò non poco gli ambienti politici). 115 ufficiali, tra l’altro, erano adibiti al comando delle fortezze Il 28 settembre si riformava la nuova Scuola per Allievi Ufficiali, a Châlons-sur-Marne, con 42 allievi; era stata soppressa nel 1772. Lo stesso Regolamento del 28 settembre aumentava ogni compagnia di 20 uomini, portandola a 75 effettivi, con i reggimenti che arrivavano a 1500 cannonieri. Dal punto di vista tecnico, con una Decisione del 25 marzo, si prescrisse la fusione a freddo dei “grani1” di tutti i foconi dei cannoni e per le forature dei mortai. Fu anche discussa la creazione di 2 compagnie d’artiglieria a cavallo (l’anno dopo saranno 9 e presto saranno portate a 30 – vedere 1794 et 1795). 1 Il grain o Grain-de-lumière. (Grano del focone) era un cilindro a vite di rame, con un foro lungo il suo asse da un capo, e un dado dall’altro ca-po. Fu una invenzione italiana di Broccardi, che sostituiva la vecchia massa di focone. 6 Da 1791 a 1792 Ci fu un cambio del modello di sciabola per fanteria ed adozione di un modello di sciabola per artiglieria a cavallo. All’inizio del 1792, l’artiglieria, come abbiamo visto, possedeva 7 reggimenti a due battaglioni su 20 compagnie; 14 erano compagnie di cannonieri, 4 erano di bombardieri, 2 erano di zappatori, che saranno perse nel 1793. Ogni compagnia formava una Divisione di 8 pezzi e, poi, subito portata a 6 pezzi (4 cannoni e 2 obici2). Questa Divisione era diversa da quella del battaglione (5 compagnie o mezzo battaglione) ed in pratica coincideva con quella che in futuro sarà chiamata Batteria3. Ogni brigata di fanteria così riceveva una compagnia di cannoni da 4, laddove due pezzi erano aggregati a ciascun battaglione ed erano definiti “pezzi da battaglia” o meglio noti come “cannoni di battaglione”; in pratica quasi la metà di tutta l’artiglieria a disposizione. I pezzi rimanenti andavano a formare “l’artiglieria di posizione”, in origine 4 raggruppamenti, dei quali i primi 3 erano assegnati al centro ed alle due ali dell’armata, e l’ultimo era detto Riserva generale. Più tardi, nel 1795-1796, quando Bonaparte organizzerà Divisioni comprendenti elementi delle tre armi, per rendere le armate più flessibili, l’artiglieria “da posizione” corrispondente ai primi tre gruppi, diverrà l’artiglieria divisionale. La Riserva generale sarà mantenuta, in attesa degli ordini del Capo per entrare in battaglia al momento desiderato. Questa Riserva si accresceva, durante le campagne, grazie ai pezzi catturati al nemico. Quanto al primo impiego tattico dell’artiglieria, l’insieme dava il dato di circa 2 pezzi per 1000 uomini ma, con l’aumentare delle armate e dell’importanza tattica dei cannoni, si arriverà a 4 pezzi x 1000 uomini (cifra che, per altro, era già stata proposta da Gribeauval stesso)4. Per capire il motivo del rapido incremento dell’artiglieria e dello sforzo industriale che lo supportava bisogna ricordare come avvenne il fenomeno della Levée en Masse, che molti ancora confondono con la Coscrizione obbligatoria. A primavera del 1791, l’Assemblea Nazionale, sotto la pressione degli avvenimenti e dell’opinione pubblica, decretò la seguente composizione del nuovo esercito francese: 1) Armata Attiva: 150000 uomini, reclutati per arruolamento 2) Armata di 2a Linea: 100000 uomini (ausiliari), reclutati per arruolamento 3) Guardia Nazionale, semi volontaria, da incorporare in guerra nell’armata attiva. Questa organizzazione, in effetti, fallì in partenza, senza avere alcuna applicazione; di fronte all’imminenza di una guerra, l’Assemblea Nazionale prese la decisione di mettere in attività – oggi diremmo “mobilitare” - una parte della Guardia nazionale. L’appello, tuttavia, non aveva carattere obbligatorio e si rivolgeva ai cittadini di buona volontà. I contingenti richiesti si elevarono successivamente, nel corso dei mesi di luglio e agosto 1791, da 26000 a 90000, poi a 101000. Tale fu l’origine dei battaglioni di volontari, di cui si fece troppa leggenda. I battaglioni così reclutati, 169, derivarono dai migliori elementi de la Guardia Nazionale; la loro formazione, tuttavia, generava vivaci malcontenti. La leva della Guardia Nazionale non era ancora finita, che, l’Assemblea decretò, nella primavera del 1792, una nuova leva di 45 e poi ancora altri 42 nuovi battaglioni. I volontari però non si presentarono. Per quel motivo e per rispondere all’ingresso delle truppe austriache e prussiane oltre il Reno, l’Assemblea Nazionale fu invitata (oggi diremmo a furor di popolo) a dichiarare che la “Patria era a rischio” (la Patrie en danger). In realtà, a Parigi, ancora si riteneva che le varie segnalazioni giunte dalla periferia fossero soltanto voci allarmistiche. “Convinta che sia sua mansione riservarsi il diritto di dichiarare il pericolo, (l’Assemblea) ne rimanda il momento e rammenta tranquillità nell’animo dei bravi cittadini. Nel caso la formula che sarà usata è Cittadini, la patria è in pericolo!” Per non essere presi alla sprovvista, comunque, fu emanato un Decreto, del 7 luglio 1792, che “allertava” tutti i cittadini in grado di portare le armi, e prescriveva alle Guardie Nazionali, cantone per cantone, l’obbligo di designare quelli chiamati all’armata attiva, fino a soddisfare gli effettivi previsti. In modo abbastanza grottesco, le persone designate in quel modo continuarono a chiamarsi “volontari”. In accordo con la “Levée en Masse” dichiarata l’anno successivo, l’espressione “la Patrie en danger” entrarono a far parte dell’idea crescente di “guerra del popolo”, sviluppatasi durante la Rivoluzione, dove l’ideologia “non solo mobilitava la forza lavoro degli eserciti regolari, ma ispirava anche i cittadini comuni a lottare per difendere sé stessi.” Di seguito, il testo dell’appello, disperato, della Convenzione nel 1793 (Decreto, detto della Levée en Masse, del 29 luglio 1793): «Da questo momento, fino a quando i nemici non saranno cacciati dal territorio della Repubblica, TUTTI i Francesi 2 Alla fine però gli obici, più adatti alla guerra d’assedio, saranno sempre 1/3 delle bocche da fuoco totali. 3 Ad aumentare la confusione arriveranno la divisione di fanteria, grande unità formata da varie brigate e la divisione di cavalleria, unità fatta di due squadroni, usata in particolare dall’esercito austriaco. 4 Paloque, Jules: Artillerie de campagne, pag. 32. 7 sono in stato di requisizione permanente per il servizio delle armate. I giovani andranno a combattere; gli uomini sposati forgeranno le loro armi e trasporteranno le sussistenze; le donne faranno tende, vestiti ed uniformi e serviranno negli ospedali; i bambini taglieranno la vecchia biancheria in pezza (per servire da bendaggi), gli anziani si faranno portare nelle piazze pubbliche per eccitare il coraggio dei guerrieri, predicare l’odio contro i re e l’unità della Repubblica. I palazzi nazionali saranno convertiti in caserme, le piazze pubbliche in officine d’armi, il suolo delle cave sarà setacciato per poter estrarre il salnitro (salpêtre – uno dei componenti della polvere per fucili). Le armi da guerra saranno date esclusivamente a coloro i quali marceranno contro il nemico, il servizio interno si farà usando armi da caccia ed armi bianche. I cavalli da sella sono requisiti per completare il corpo della cavalleria; i cavalli da tiro, eccetto quelli impiegati in agricoltura, porteranno l’artiglieria ed i viveri”. Nonostante queste procedure d’emergenza, all’inizio del 1793, gli effettivi totali dell’esercito (esercito di linea e volontari) superava appena i 200000 uomini. 1792 L’anno 1792 vide molti cambiamenti importanti e strutturali nell’artiglieria, alcuni che sarebbero durati più di un secolo. Il Decreto 18 Marzo 1792, seguito dalla Legge 18 Marzo 1792 creava compagnie cannonieri che servivano con la Guardia Nazionale. Furono senza dubbio i precursori della poco fortunata “artiglieria reggimentale”. Ogni battaglione della Guardia Nazionale ebbe in dotazione due pezzi assieme ad una compagnia di cannonieri della Guardia Nazionale. Non era una compagnia indipendente, ma era comandata da uno “chef-de-bataillon” della Guardia Nazionale stessa. Le città che formavano la Guardia Nazionale avevano anche l’obbligo di provvedere le armi, le uniformi e le munizioni per quelle truppe. Il 1° aprile 1792 fu pubblicato il primo Regolamento sul Servizio d’artiglieria in campagna. In realtà regolava il servizio d’artiglieria nelle Scuole, negli Arsenali, le Piazze d’armi, gli Assedi e le Campagne. Questo documento completava le Istruzioni emanate nel 1786 (sulla Manovra delle bocche da fuoco). In Germania del Nord fu fatto un esame degli affusti e delle vetture usate dagli Inglesi per tutti i loro equipaggi d’artiglieria da campagna. Il Decreto 17 aprile 1792 seguito dalla Legge 29 aprile creava le compagnie a cavallo, come vedremo a parte. Il Decreto 25 maggio 1792 (Legge 30 maggio) propose una leva straordinaria di 12 uomini per ogni battaglione di fanteria, allo scopo di completare i quadri dell’artiglieria che mancavano di 3000 effettivi. Si pensava che molti soldati di fanteria, soprattutto i veterani che avevano combattuto oltre oceano o sulle navi, fossero abbastanza addestrati all’uso dei cannoni. Il 27 agosto seguente, il reggimento d’artiglieria delle Colonie e le 3 compagnie Operai, aggregate ad esso, fu riunito all’artiglieria di terra con il numero 8. Ora l’artiglieria contava su 8 reggimenti di cannonieri a piedi, 12 compagnie Operai, 6 compagnie Minatori e 9 compagnie di cannonieri a cavallo, di nuova formazione, portando la forza totale a 13000 effettivi. Il 25 aprile, intanto, l’organizzazione dell’armata fece in modo che l’artiglieria fornisse il personale ed i materiali necessari alla Linea di battaglia ed il 29 ottobre, si assegnarono, ad ogni battaglione di Volontari, 2 pezzi serviti da cannonieri, anch’essi volontari, organizzati da ciascuno di quei battaglioni. La nascita dell’artiglieria a cavallo (o trainata – attelée) La comparsa dell’artiglieria a cavallo fu la vera rivoluzione delle istituzioni militari francesi; soffiò via le vecchie idee, realizzando qualcosa che pareva impossibile. Fu la totale emancipazione dell’artiglieria dalla fanteria, senza più la necessità di ricorrere alle formalità ed ai regolamenti della stessa fanteria. Divenne un’arma indipendente e libera. Si sa che Federico il Grande aveva organizzato batterie a cavallo durante la Guerra dei Sette anni. Le aveva formate nel 1758, testate nel 1759 sul campo di battaglia di Landshut, ed impiegate con successo, per la prima volta, nel 1762, a Reichembach. Gli ufficiali francesi non avevano dimenticato quella “artiglieria volante” e facevano pressioni per un’immediata adozione delle batterie ippotrainato; così anche i loro colleghi russi e spagnoli. La realizzazione di tale idea fu assegnata al generale La Fayette, in modo tale che non potesse esimersi da realizzarla. L’amico di Washington era stato invitato, nel 1785, ad assistere alle manovre militari in Slesia, ed era tornato a Versailles entusiasta di quell’artiglieria “volante”. Non c’é bisogno di dire che fece subito proseliti tra i giovani ufficiali, che la Rivoluzione e l’Emigrazione aveva proiettato improvvisamente al comando dei Corpi. Un Decreto dell’Assemblea del 28 settembre 1791 raccomandava quell’idea al Ministro della guerra, e, l’11 gennaio 1792, Narbonne proponeva l’immediata creazione di 2 compagnie. Il generale François Marie d’Aboville, membro del Comitato militare, ebbe una parte importante in quella decisione. Il Decreto 17 aprile 1792 seguito dalla Legge 29 aprile diedero il via all’operazione. Le due compagnie furono, così, create a Metz dal generale Mathieu-Dumas, per essere assegnate: la 1a compagnia (Capitano Chanteclair) all’armata 8 di Luckner, la seconda compagnia (Capitano Barrois) all’armata di La Fayette; erano armate da pezzi da 4 libbre e obici da 20 libbre. Compagnia artiglieria volante Stato Maggiore (1792) Truppa 81 uomini un capitano comandante, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente di seconda, 1 sergente maggiore, 3 sergenti, 1 caporale furiere, 3 caporali, 3 appuntati, 3 artificieri, 3 trombettieri a cavallo (tutti e 21 a cavallo) 30 primi cannonieri e 30 secondi cannonieri, un maresciallo maniscalco, (questi sei ultimi servivano a piedi) 1 sellaio, 1 ciabattino per stivali, 2 carpentieri, 2 fabbri (75 a cavallo) Dopo l’autorizzazione ministeriale, Mathieu-Dumas, aveva costituito, quindi, una compagnia di 100 uomini, tutti cavalieri volontari, 50 che venivano da un reggimento di “chasseurs à cheval” e 50 che venivano dall’artiglieria. Dopo sei settimane d’addestramento, la compagnia fu testata in una grande manovra, con il generale che annotava: “Sono stupefatto dalla prontezza e precisione dei movimenti … fui anche altrettanto soddisfatto nel ricevere l’approvazione degli ufficiali d’artiglieria, che più di altri avevano dubitato del successo del progetto, in particolare del colonnello Sénarmont.” Allo stesso tempo, a Strasburgo, era stato formato un altro distaccamento, con i serventi trasportati sui cassoni, addestrato dal generale de Manson (il vecchio collaboratore di Gribeauval) con l’aiuto del tenente de Sorbier5. Così scriveva il comandante la sotto-divisione di Metz, Mathieu-Dumas, nelle sue memorie: “Ce la voglio mettere tutta per riuscire, pur sapendo che incontrerò grossi ostacoli, anche da parte proprio degli ufficiali d’artiglieria. I vantaggi dell’artiglieria leggera sono anche troppo evidenti, troppo ben testati dall’esperienza dell’artiglieria prussiana, per poterli contestare, ma vorrei realizzarla in un modo diverso.” La “volante” si chiamava così perché tutta la compagnia si muoveva velocemente. Con il metodo prussiano, sviluppato nel corso della guerra dei Sette Anni, tutti gli artiglieri avevano una propria montatura, ma questo aveva cisti elevati. Il metodo austriaco, invece, finalizzato nel decennio del 1770, trasportava la maggior parte degli artiglieri a cavalcioni sugli affusti e sui cassoni. Quest’ultimi avevano un coperchio arrotondato e allungato che fungeva da sedile; era anche detto scherzosamente “à la Wurst” o Wurtz (da Wurstel, la salsiccia tedesca). Anche se l’insieme qui era più mobile di una batteria a piedi, i tre-quattrocento chili supplementari sugli affusti e sui cassoni, facevano sì che, una tale batteria, fosse ben lontana dal raggiungere la velocità di spostamento di una “vera” artiglieria a cavallo. Al tempo, gli artiglieri austriaci si dimostravano ben più veloci in azione; saltavano giù dagli affusti e si attivavano immediatamente, mentre i loro omologhi prussiani dovevano prendere tempo per mettere al riparo i loro cavalli, ritirandoli dalla linea del fronte. Un terzo tipo di artiglieria mobile, messo a punto dagli hannoveriani, intorno al 1790, stava a metà strada tra le due soluzioni: due artiglieri prendevano posto sull’affusto, altri due sull’avantreno, mentre il resto era montato. In Francia la soluzione “Wurst” era stata proposta da Gribeauval nel 1784 e subito scartata. La soluzione del 1762 di Vrégille, sostenuta dal teorico Cavaliere du Teil nella sua celebre opera del 1778, faceva salire i cannonieri anche sui cavalli di tiro, accoppiati. Il generale Mathieu-Dumas preferì usare la soluzione prussiana antica: ognuno aveva un suo cavallo ed era molto libero nei movimenti. In Francia, però, le prime batterie di artiglieria a cavallo andarono in guerra “à la Wurst”, a causa della penuria di cavalli. Va anche precisato che, almeno nei primi anni, molti cannonieri erano del tutto incapaci di cavalcare. Per un certo periodo furono abitualmente distinte le batterie leggere, “Lègéres” che montavano “à la Wurst”, da quelle “volanti” con gli artiglieri montati individualmente a cavallo. Il nome di artiglieria Leggera per indicare quella a cavallo resisterà sino al periodo del Consolato, quando divenne ufficialmente “artiglieria a cavallo”. Si stava assistendo ad una vera e propria rivoluzione tattica, con i cannoni che potevano seguire la cavalleria, in valle ed in montagna anche. Lo preciserà Napoleone: “… mettere l’artiglieria nella possibilità di seguire, sempre, la cavalleria è un grande cambiamento. Ora, con i corpi di cavalleria e le batterie a cavallo, ci si può portare alle spalle del nemico”. Ad un certo punto le compagnie ebbero tutti i cannonieri con cavallo proprio. Invece di usare pezzi da 3 libbre, avevano pezzi da 4 libbre ed obici da 24. Quei cannonieri a cavallo, all’inizio erano solo mediocri scudieri, ma con uno spirito indiavolato, che avevano trasmesso anche ai carrettieri privati. Inutile dire che il loro impiego fu entusiasmante e che l’idea era corretta. Giudicati soddisfacenti i risultati dell’esperimento, i due distaccamenti6 diverranno le compagnie, chieste da Narbonne. 5 É il futuro generale Sorbier che succederà a Lariboisière come Primo Ispettore Generale dell’artiglieria alla fine dell’Impero. 6 In quei primi distaccamenti si utilizzarono i gradi della cavalleria: si poteva essere “maréchal des logis” o brigadiere, come diven- 9 Un nuovo Decreto del 17 aprile 1792 portava subito il numero delle compagnie a 9. Fu un decreto votato d’urgenza ed il suo articolo XIV era così concepito: “Il presente decreto sarà portato – in giornata – al cospetto del Re per la firma.” A pensarci bene, messa così, avrebbe dovuto allarmare Luigi XIV. Seguiva la normativa del 29 aprile che prescriveva la formazione di 9 compagnie di “cannonieri a cavallo”. “Per formare le nove compagnie di cannonieri a cavallo e per metterle in grado di prestare servizio, il Ministro della guerra sceglierà, all’interno dei sette reggimenti del corpo d’artiglieria, gli ufficiali di grado diverso ed i sergenti. Il resto sarà preso dai cannonieri minori di 40 anni d’età, e tra i secondi cannonieri aventi almeno 18 mesi di servizio. I nove caporali Furieri e i 18 trombettieri saranno presi dalla cavalleria.” 9 compagnie furono distribuite tra i 7 reggimenti: due ciascuno per i primi reggimenti ed una sola per gli ultimi cinque. Dopo i bombardamenti di Valmy e la battaglia di Jemmapes, il numero delle compagnie a cavallo sarà portato a 30. Un Decreto dei 21 febbraio 1793 le portava a 20; uno dell’11 maggio a 22 ed infine uno del 3 giugno a 30. Il loro numero poi crebbe a 40, fino a raggiungere le 90, negli anni di guerra. Con la crescita si verificò un’ovvia penuria di cavalli da sella, per cui non era raro vedere i serventi trasportati in tutti i modi consentiti dalla pratica: sui cassoni, sui cavalli da tiro e su cavalli propri. Ad un certo punto tutti i generali reclamavano proprie batterie a cavallo. I quadri cadetti più moderni e dinamici cercavano di entrare nelle batterie a cavallo, giudicate parte di un’arma dotta “arme savante”; ad esempio Paul-Louis Courier, che comandò una di quelle unità, qualche anno più tardi commentava: “Meglio 100 volte comandare una compagnia d’artiglieria leggera nella Grande Armée che essere un generale come Mossel, una guarda magazzino di munizioni di fanteria”. Il generale Kilmaine, della cavalleria, che assumeva l’interim del comando dell’armata del Nord (tra Custine e Houchard), chiese alcune compagnie di artiglieria a cavallo per compensare la sua mancanza di cavalleria. Soleva dire che una di quelle compagnie equivaleva a due reggimenti di cavalleria. Il buon Sorbier, che abbiamo incontrato al tempo dell’esperimento prototipo, fece pazzie al comando di una compagnia nel 1793. Ad Arlon vide truppe francesi in difficoltà e narrò che: “Si mise alla testa dell’artiglieria che comandava e si lanciò con i suoi cannonieri a cavallo, i pezzi, i cassoni ed altre vetture, contro un quadrato di 500 granatieri ungheresi, senza alcuna paura. Tutto fu distrutto, sfasciato e passato a fil di sciabola …” Non sappiamo se veramente accadde tutto così o se il racconto era un’esagerazione; tuttavia ciò attestava che le tattiche in battaglia spesso erano coraggiose improvvisazioni. Il 26 dicembre 1793, a Geisberg, ad esempio, una compagnia d’artiglieria “leggera”, “caricata dalla cavalleria austriaca lasciò ai pezzi, caricati a mitraglia, lo stretto numero dei serventi utile a far fuoco. Tutto il resto della compagnia caricò all’arma bianca, dopo che il fuoco dei cannoni avevano disordinato l’attacco.” Questo nuovo tipo d’artiglieria, in cui la maggior parte dei capitani fecero esperienza sul campo, dissipò ogni dubbio sull’importanza del cannone sul campo di battaglia. Il personale dell’arma d’artiglieria era salito da 13000 fino a 20000 cannonieri e la maniera di valutare una battaglia era radicalmente cambiata; la vittoria, ora, era nelle gambe della fanteria e nella mobilità dell’artiglieria. Ma il resto d’Europa ancora non la pensava così. L’aggregazione delle compagnie a cavallo, all’artiglieria a piedi, nel tempo evidenziò notevoli problemi logistici (soprattutto per la manutenzione degli animali) e di amministrazione. Così nel 1794 si decise di riunire le 90 compagnie a cavallo esistenti (c’era l’intenzione di portarle a 100) in 9 reggimenti detti di “artiglieria leggera” su 10 compagnie di 84 uomini. Questa Artiglieria leggera formava un’arma a parte. Dal 1795, però, si evidenziarono gli inconvenienti di quella separazione tra artiglieria leggera ed artiglieria a piedi, soprattutto per la formazione dei quadri. Lacombe Saint-Michel che, come esperto d’artiglieria della Convenzione, aveva appoggiato la rapida evoluzione dell’artiglieria a cavallo ottenne di riaggregare l’artiglieria leggera all’artiglieria a piedi7, riprendendosi il nome di artiglieria a cavallo. Tanti furono i personaggi celebri che combatterono nei ranghi dell’artiglieria a cavallo: Eblé, Marmont, Duroc, Foy ... ecc. Napoleone a Sant’Elena dirà a Gourgaud: «Quella da sola ha cambiato il volto della guerra. Voglio dire che mettere artiglieria addirittura a inseguire la cavalleria è un grande mutamento. Possiamo ora avere Corpi di cavalleria e batterie a cavallo, che si portano dietro l’armata nemica. Dopo tutto cosa importa la spesa necessaria a formare un reggimento d’artiglieria a cavallo se paragonata ai vantaggi che offre quest’arma? ... 20000 cavalli e 120 pezzi d’artiglieria leggera equivalgono a 60000 uomini di fanteria con 120 pezzi.” Dopo l’esplosione numerica del 1794, tuttavia, ci fu una pausa di riflessione. La mancanza di cavalli costrinse a ridurre le compagnie d’artiglieria a cavallo da 90 (1794) a 48 (1795) e tale numero rimarrà immutato fino al 1815. tare “chef d’escadron” nel reggimento d’artiglieria a cavallo in attesa di essere inquadrati con tutta l’artiglieria. Il personale di queste compagnie fu fornito parte dall’artiglieria a piedi, parte dalla cavalleria, come era stato fatto da Mathieu-Dumas. 7 Legge 7 maggio o 18 floreale anno III. 10 1793 Si provò, per la terza volta, ad introdurre le cosiddette “piastre, dette identiche” (uguali in tutti i tipi d’arma da fuoco … e in tutti i modelli di cannoni8) abbandonate nel 1732 e riadottate nel 1785. Proseguivano, intanto, gli esperimenti tecnici: a La Fère, in agosto 1793, si provarono proiettili incendiari sotto la supervisione di Choderlos de Laclos. Fu il 23 ottobre 1793 (o 2 brumaio an II), sotto il ministero Bouchotte, qualche giorno prima dell’avvento di Carnot al Comitato di Salute Pubblica, che le 6 compagnie Minatori dovettero lasciare l’artiglieria per passare al genio. La separazione divenne effettiva il 15 dicembre, quando un altro Decreto ordinava la creazione di 12 battaglioni zappatori. Iniziava così lo sviluppo delle truppe poste al comando di Ingegneri (il genio). La Convenzione nazionale decise anche di formare un 9° reggimento di artiglieria a piedi, con una storia particolare. Dopo la battaglia di Neerwinden e l’evacuazione di Bruxelles, la Convenzione decise di assorbire le truppe del comitato militare belga, all’interno dell’armata francese. Così il “Comitato militare dei Belgi e Liegesi uniti” aveva organizzato, dopo la dichiarazione di guerra dell’aprile 1792, unità di volontari belgi ed, in particolare, tre piccoli battaglioni d’artiglieria che andarono a costituire il nucleo del 9° reggimento d’artiglieria9. Il 21 febbraio 1793 si era, anche, voluto tornare all’impiego dei pezzi reggimentali di fanteria e si decise che una compagnia d’artiglieria a piedi sarebbe stata assegnata a ciascuna demi-brigade di fanteria, servendo 6 pezzi da 4 libbre, ovvero due per battaglione. Questa misura entrava nel progetto generale di amalgama tra i battaglioni dei reggimenti di fanteria ed i battaglioni di volontari, un progetto che doveva portare alla formazione di ben 198 compagnie d’artiglieria (per 198 demi-brigade di fanteria) , che avrebbero maneggiato 1228 pezzi da 4. Il progetto era ambizioso ma poco pratico. Ancora oggi è difficile calcolare quale fu il reale aumento che accompagnò la crescita delle unità di volontari. I volontari, poco istruiti, indisciplinati, malvisti dagli artiglieri ordinari, furono i maggiori responsabili di quel fallimento. L’organizzazione fu tenuta fino al 1796 per ragioni politiche, ma già l’anno precedenti i pezzi “di battaglione” erano stati ridotti da 2 ad 1. Molto di quel personale fu inviato alle batterie costiere. Per un periodo esistette anche il Corpo Franco “corps francs d’artillerie” di Parigi, che si segnalava soprattutto per il fervore rivoluzionario; diede molti elementi alle compagnie a cavallo. Tutto quello che si riuscì ad organizzare, nei Dipartimenti, a parte l’artiglieria regolare, fu soppresso definitivamente il 5 piovoso an VI (25 gennaio 1798), con l’eccezione dell Armée d’Orient. L’estensione dell’arma di artiglieria mise in evidenza il problema della carenza di ufficiali “tecnici”. Il problema degli Ufficiali Il nuovo regime ereditava, quindi, un’artiglieria di alta qualità, istruita grazie a Vallière, equipaggiata grazie a Gribeauval. Quest’ultimo, morto alla vigilia della Rivoluzione, aveva lasciato validi collaboratori: Gomer e Rostaing, che fecero parte del comitato militare creato il 3 ottobre 1789 dall’Assemblea nazionale, Manson, Bellegarde. Lasciò anche discepoli: d’Aboville, l’artigliere di Rochambeau in America, il cavaliere del Teil e il suo maggiore, il barone del Teil che ebbe il giovane Bonaparte sotto i suoi ordini ad Auxonne, Lespinasse, che sarà l’artigliere di Bonaparte durante la campagna del 1796, e tanti altri; Lacombe Saint-Michel, che sarà l’esperto della Convenzione in materia di artiglieria, La Martinière, che comanderà la scuola di applicazione a Metz, Endigass, d’Uturbie, Pernéty, Dujard, La Martinière, ecc. Quell’artiglieria era considerata, dai non francesi, come la prima d’Europa. Il suo impiego era stato studiato più che altrove. Ma in Francia non era ancora un’arma, un corpo a pieno titolo; all’inizio contava sempre come un reggimento di fanteria, quello numero 64, a causa della data della sua creazione. Essa subì, naturalmente, i contraccolpi della bufera delle ribellioni. Troppi dei suoi ufficiali scomparvero, o morirono sul patibolo come il barone del Teil, o emigrarono come Manson e Bellegarde, oppure lasciarono semplicemente il servizio come d’Agoult, il primo commissario della nuova Scuola Allievi di Châlons. Per fortuna l’emigrazione interessò solo un terzo degli ufficiali d’artiglieria o del genio, mentre nella fanteria e nella cavalleria la proporzione era molto superiore. Ciò si spiegava con l’origine sociale della grande maggioranza degli ufficiali d’artiglieria, provenienti dalla piccola nobiltà o dalla borghesia: i de Teil, Gribeauval, d’Aboville, Sénarmont, Marmont, Duroc, Pernéty, Sorbier, Songis, Lacombe Michel, Bonaparte, ecc. Ciò si spiegava, forse, anche perché gli ufficiali interagivano di più con il loro personale, rispetto ad altri ambiti. La coesione di squadra, comprendente ufficiali, sottufficiali e soldati intorno agli stessi materiali, la possibilità di carriera o ascesa dei sottufficiali al grado 8 La piastra di un’arma da fuoco è un insieme meccanico che assicura la percussione. Nei cannoni erano una parte integrante del pezzo. Ne esi-stevano numerose, troppe, varianti ; da qui la necessità di uniformarle. 9 In seguito i reggimenti saranno ridotti ad 8 per potere appoggiarsi alle Scuole d’artiglieria. Curiosamente il 9° reggimento tornerà sul campo al tempo dell’annessione dell’Olanda (che era anche Belgio) nel 1810. 11 di ufficiale, la frequentazione delle stesse scuole reggimentali, da parte di alcuni ufficiali inferiori e soldati, fianco a fianco con i giovani ufficiali ne erano le probabili ragioni. Un’arma “savante”, saggia, che presumeva studi e conoscenze tecnici (non certo il punto forte della nobiltà) che potè testimoniare come gli ufficiali rimanessero, abbastanza numerosi, nei quadri. Del resto all’inizio del Terrore gli ex nobili o “ci devant nobles”, che servivano nell’artiglieria e nel genio, erano stati tutti, saggiamente, autorizzati a continuare a servire, regola che non era in vigore nelle altre armi. La ragione, forse, non risiedeva in un’ipotetica fedeltà, degli ufficiali di quest’arma dotta, nei confronti del nuovo regime, ma era la necessità che faceva virtù: non ci si poteva improvvisare ufficiali in queste armi, dove al seguito dei reggimenti c’erano professori di matematica. Inoltre, la qualità eccezionale di molti sottufficiali in servizio permise di colmare, senza troppe difficoltà, le assenze e i commiati. Poiché la truppa, ben istruita e disciplinata, di solito non ebbe alcuna deriva peggiorativa, l’artiglieria rimase efficiente. Gouvion Saint-Cyr, giudicando lo stato dell’esercito nel 1792, all’inizio delle ostilità, stimava le unità di artiglieria “troppo deboli per le necessità del momento, ma con un’istruzione perfetta, e animate dal migliore spirito... Quest’arma, non essendo stata disorganizzata come le altre, dall’effetto dell’emigrazione, aveva conservato quell’istruzione che l’aveva fatta primeggiare, a lungo, su tutte le altre potenze”. E Napoleone diceva a Sant’Elena: “Nelle prime campagne della Rivoluzione, il meglio che la Francia ha sempre avuto è l’artiglieria.” Ai tempi della Monarchia, nei periodi più critici, i sottufficiali erano stati spesso impiegati come ufficiali inferiori tanto da guadagnare l’appellativo di “Ufficiali di fortuna”. L’arrivo del tempo di pace provocava la messa in congedo di molti ufficiali in servizio attivo. I posti vacanti erano molto pochi, in quanto l’avanzamento di carriera in pace aveva tempi lunghi, ed erano riservati ai cadetti delle famiglie nobili; inesistente la meritocrazia. Luigi XIV aveva lasciato, tuttavia, una porta aperta per i soldati di valore e per il merito. Quella porta era la compagnia di granatieri, i cui soldati lanciavano granate a mano, ovvero esercitavano un mestiere meccanico che li rendeva molto affini ad una specie di artiglieri. Nei reggimenti di fanteria, i posti di sottotenente, luogotenente e capitano dei granatieri erano, quasi esclusivamente, riservati agli “ufficiali di fortuna”; questo uso si era mantenuto nel tempo. Dopo la guerra dei Sette Anni si fece di più, e si accordò regolarmente ai sottufficiali una parte dei posti vacanti nel grado di sottotenente. In artiglieria, dove, da sempre, si ammettevano i cannonieri ordinari e straordinari, al grado d’ufficiale - più tardi anche gli ufficiali inferiori (sottufficiali) dell’artiglieria Reale, la materia fu normata così. L’impiego dei Tenenti in Seconda era devoluto: un quarto agli ufficiali inferiori e tre quarti agli allievi delle Scuole. Gli ufficiali inferiori o sottufficiali erano designati ad uno scrutinio dove una giuria composta da ufficiali superiori e dai capitani dei reggimenti giudicavano, in piena consapevolezza, quale sottufficiale fosse degno di portare le spalline. Il metodo, molto pratico e logico, fu poi mantenuto dai vari poteri della Rivoluzione che si succedettero fino al Consolato, almeno nell’artiglieria. Solo sotto la Repubblica la metà dei posti vacanti era assegnata per anzianità, metà ai sottufficiali e metà ai Cadetti delle Scuole. La prassi cadde in disuso sotto l’Impero a causa dell’impossibilità di formare il Jury, data la dispersione delle compagnie dello stesso reggimento, in fronti diversi e lontani. Di seguito si riporta un verbale (procès-verbal) che spiega come funzionavano le cose nel 1793, al tempo dei due assedi di Lione e Tolone: “Oggi, primo settembre, 1793, anno secondo della Repubblica francese, una e indivisibile, i Cittadini ufficiali del 4° reggimento d’artiglieria sottoelencati sono stati convocati in via straordinaria presso il cittadino Ladonchamp, comandante l’artiglieria a Grenoble, in virtù della lettera del cittadino Dupin, aggregato al Ministero della guerra, in data del 13 agosto, per procedere alla nomina di venti posti di tenente in seconda, creati per ciascun reggimento d’artiglieria grazie al Decreto della Convenzione nazionale del 22 luglio, 1793. I primi dieci posti sono stati assegnati ai dieci sottufficiali più anziani … di seguito si è proceduto alla nomina di dieci ufficiali scelti, ed i sottoelencati ufficiali sono stati invitati a scrivere il proprio scrutinio particolare ed a depositarlo sulla scrivania, poi si è proceduto a rivelare i suddetti scrutini, con il cittadino Bigueur, aiutante-maggiore, facente funzioni di Segretario, ed il cittadino capitano Gaudenard, come scrutatore. Al primo turno di scrutinio è risultato che il cittadino Diutroz, sergente-maggiore della compagnia di Buonaparté (sic), avendo riunito la maggioranza assoluta dei suffragi, è stato proclamato tenente in seconda; al secondo turno di scrutinio nessuno ha raggiunto la maggioranza dei suffragi e si è proceduto ad un terzo scrutinio; al terzo turno di scrutinio, il cittadino François, sergente della compagnia di Dulieu, ha avuto la maggioranza dei suffragi ed è stato proclamato Tenente in Seconda … ecc. Grenoble, giorno, mese ed anno qui sotto. Firmato : Mercier, Jeannot, Eugel, Gaudenard, Ququ, Beaumàretz, La Catonne, Charles Ladonchamp, il Segretario Bigueur.” Le compagnie assenti avevano inviato le loro liste di preferenza annotate. Quella di Bonaparte, che aveva avuto la 12 prima scelta, era tra quelle. Si trovava infatti a Tolone. Il verbale era poi indirizzato al Ministro, che lo approvava o disapprovava, e che spediva i brevetti. Gassendi non sembrava molto convinto di quel sistema di reclutamento: “gli ufficiali, usciti dalla classe dei sottufficiali, restavano luogotenenti ed erano contenti e onorati del loro posto perché se la passavano bene ... Ma infine, tutti i vantaggi che si traggono e che si trarranno … compenseranno tutti gli errori commessi dagli ufficiali d’artiglieria senza istruzione, che hanno riempito i posti vacanti? Si dice che, questi errori, non hanno impedito i nostri successi. Questa obiezione non può essere fatta da un uomo pensante, perché si può rispondere che questi successi sarebbero stati più rapidi, più decisivi con gli ufficiali istruiti e avrebbe portato meno vittime; … I capitani sono gli ufficiali essenziali dell’armata.”10 1794 In febbraio, si organizzarono 9 reggimenti con tutte le compagnie a cavallo esistenti. – per l’assedio di Maastricht si formò un equipaggio d’artiglieria con 174 bocche da fuoco. A Meudon nacque una manifattura di obici e di proiettili incendiari che dovevano essere gettati da un Aerostato: ne conseguiva una logica creazione, sempre a Meudon, di una Scuola Aerostieri che per altro fu chiusa l’anno dopo. Infine ancora a Meudon, si realizzarono proiettili a cintura metallica, per diminuire l’attrito dell’aria; tuttavia quel tentativo non ebbe alcuna applicazione pratica. Si stava avvicinando il momento di una radicale riforma di tutte le armi; l’idea finale fu quella di mescolare (amalgamare) i vecchi soldati ex monarchici, con i battaglioni di volontari, riunendoli in mezze-brigate (demi-brigade) in un processo che sarà chiamato “embrigadement”. Il problema più importante che si poneva era che esisteva una differenza fondamentale tra i soldati di linea, legati al servizio per tutta la durata di una guerra, ed i volontari repubblicani, legati al servizio per la durata di una sola campagna. A quel tempo tutto ciò che non apparteneva più al vecchio esercito del Re, era chiamato “Volontario”. Non senza violenti atti di collera, che avevano generato la necessità di una legge apposita (legge speciale 29 agosto 1793) la giubba bianca dei vecchi reggimenti, artiglieria inclusa, fu sostituita con la giubba blu delle Guardie Nazionali, adottata in tutta l’armata. I gradi di tenente colonnello, colonnello, maresciallo di campo, tenente generale e generale d’armata furono aboliti; rimpiazzati da chef-de-bataillon o d’escadron, chef-de-brigade, generale brigadiere, generale di divisione, generale in Capo11. L’amalgama delle truppe divenne rapidamente totale confusione (Dubois-Crancé, in un rapporto fatto all’Assemblea nazionale, ebbe a definirlo un “caos infetto”). Bisognava subito fermare la pericolosa deriva dell’esercito, che minacciava la sicurezza del paese. Così, il 19 nevoso anno II (8 gennaio 1794) un Decreto della Convenzione ordinava l’immediato passaggio ad un totale “embrigadement”. Durante quella presa di posizione, l’artiglieria fu tenuta, debitamente, in disparte. La legge definitiva sullo “embrigadement” dell’8 gennaio 1794 lasciava le compagnie di cannonieri volontari alle demi-brigade, fatte eccezione per la fanteria leggera, che non doveva avere cannoni al seguito. Come già accennato non vi fu alcuna amalgama tra artiglieria di linea e volontari. Questi comprendevano le compagnie aggregate alle demi-brigade e alcune compagnie distaccate; entrambe, per legge, del tutto uguali alle compagnie dei reggimenti d’artiglieria. Una differenza però c’era: le prime, di fatto, aiutavano, in certe circostanze, i servizi generali di artiglieria, se pur a titolo eccezionale; le seconde offrivano distaccamenti ai parchi, alle piazzeforti ed era necessario fossero richieste. Essendo parti integranti della fanteria, le compagnie aggregate partecipavano necessariamente alle variazioni di quell’arma, mentre le compagnie distaccate erano unità speciali di artiglieria, destinate a sparire qualora non più necessarie ai loro scopi. 1795 (28 marzo o 8 germinale an 3) Si fece una prova, a Tolone, dei mortai “bilboquets” (mortai a suola, secondo d’Ayala, invenzione del gen. La Martillière nel 1797 – che avevano un tiro senza botto per cui erano usati per testare le polveri); saranno testati anche a Strasburgo, in giugno dell’anno successivo. Furono anche prodotti esperimenti sugli effetti dei fumogeni nelle casematte. In luglio si sperimentò, a Strasburgo, il lancio di colpi per obici, con cannoni da 24, che avevano una lunghezza di dodici e quattordici calibri. Presso l’armata d’Italia, al tempo sulle Alpi, si perfezionava l’artiglieria da montagna sotto la guida di Faultrier: “Ai pezzi da 3 piemontesi, così leggeri da poter essere portati a dorso 10 In Roquerol, Gabriel, L’Artillerie au Début des Guerres de la Révolution, pag. 256. 11 Era stata una legge del 21-26 febbraio 1793 a creare la Divisione di fanteria , la grande unità tattica che Bonaparte riformerà in maniera creativa tre anni dopo. 13 di mulo, ma di calibro scarso e inutili in molte occasioni, si aggiunsero, grazie all’esperienza della campagna di Corsica del 1769, affusti da traino e leve di sostegno, che avrebbero dovuto servire a portare i cannoni da 4. Quei trasporti furono adattati ai pezzi da 8, da 12 ed agli obici da 6 pollici. In tal modo si ebbe un treno d’artiglieria di 24 pezzi in grado di seguire l’armata in tutte le sue operazioni in montagna.” (Montholon). L’evento importante, tuttavia, fu la legge del 18 floreale anno III – (7 maggio 1795) – promulgata in un momento di tregua bellica, fu la prima riorganizzazione generale a partire dall’inizio delle guerre patriottiche. L’arma di artiglieria fu dotata di Generali, truppe, direzioni, Scuole ed altri istituti. 20 generali avevano in carico truppe ed armamenti. Otto avevano il grado di generale di divisione, probabilmente per poter assumere l’incarico di comandante dell’artiglieria di un’armata. Dodici erano generali di brigata, otto dei quali erano direttori delle Scuole. L’ottava Scuola, mancante, fu creata a Tolosa e la Scuola Allievi portata a 50 sottotenenti. Facevano parte del sistema Ispettivo e della Direzione dei servizi e materiali 29 chefs-de-brigade, (27 direttori, 1 comandante la Scuola Allievi Ufficiali o Accademia, 1 impiegato al Comitato centrale); erano i 33 chefs de bataillon, 144 i capitani aggregati ai reggimenti. Così, poi, si fissava la composizione delle truppe d’artiglieria: 8 reggimenti d’artiglieria a piedi, 8 reggimenti d’artiglieria a cavallo, 12 compagnie Operai ed un battaglione pontieri (i celebri Pontonniers). Quella legge dell’anno III cadeva proprio nel momento in cui la vecchia fanteria, disorganizzata, finiva, interamente, per fondersi con i battaglioni di Volontari nazionali, per dare origine ad una nuova fanteria. Il corpo d’artiglieria rimasto, tra queste rovine, l’unico sopravvissuto dei vecchi reggimenti, in mezzo ai quali aveva marciato fino a quel momento, prese, logicamente e senza contestazioni, la testa della nuova fanteria e quindi dell’esercito, grazie al suo diritto di anzianità e in virtù della costanza delle sue istituzioni. I 62 reggimenti che lo precedevano scomparvero, rimanendo lui il primo. Reggimento d’artiglieria 1795 totale 122 ufficiali 1760 uomini Compagnie Stato Maggiore 20 14 ufficiali (1 chef-de-brigade, 6 chef-de-bataillon, 1 quartier mastro tesoriere, 2 aiutanti maggiori, 4 aiutanti) e 13 soldati (1 tamburo maggiore, 1 caporale tamburo, 8 musicanti di cui un Capo, 1 mastro sarto, 1 mastro armaiolo, 1 mastro calzolaio) Compagnia = 1 Capitano comandante, 1 Capitano in seconda, 1 tenente di prima e due tenenti di seconda, 1 sergente maggiore, 5 sergenti, 1 caporale furiere, 5 caporali, 25 primi cannonieri, 40 secondi cannonieri e un tamburo. (88 tra sottufficiali e cannonieri) Reggimento artiglieria a cavallo totale 34 ufficiali e 432 uomini Stato Maggiore 6 ufficiali (1 chef-de-brigade, 2 chef-de-bataillon poi 1 comandante di squadrone, 1 quartier mastro tesoriere, 1 aiutante maggiore, 1 aiutante sottufficiale) 5 soldati (1 brigadiere trombettiere, 1 artista* veterinario, 1 sellaio, 1 ciabattino per stivali, 1 sarto). 6 Compagnia = 1 Capitano, 1 Tenente di prima, 2 tenenti di seconda (sottotenenti), 1 maresciallo capo d’alloggio, 4 marescialli, 1 brigadiere furiere, 4 brigadieri, 3 trombettieri, 30 cannonieri di prima classe, 30 cannonieri di seconda). 73 uomini. I cannonieri di 2ª erano 36 nel 1794. 4 carpentieri e 4 fabbri ferrai non erano montati Compagnia Operai = 5 ufficiali e 83 tra sottufficiali e soldati * Anche se il termine “artiste” era spesso un sinonimo di artificiere ed anche se è stato spesso tradotto come artigiano, in realtà significava solo un professionista in una specifica arte. Il battaglione pontieri, creato soprattutto per la costruzione e manutenzione dei ponti sul Reno, era così organizzato: Pontonniers (battaglione) 8 compagnie Stato Maggiore (Chef-de-bataillon, 1 Quartiermastro-tesoriere, 1 aiutante, 2 Mastri Operai Compagnia = 1 Capitano, 1 tenente, 72 sottufficiali e pontieri Il nome «Pontonniers » non era nuovo nell’armata. Derivata da Pontone (battello in rame) che risaliva all’Ordinanza del 7 maggio del 1758, che aveva organizzato le Legioni leggere (légions légères) su piccole formazioni in grado di essere autosufficienti, a ciascuna delle quali era aggregata una compagnia di operai “pionieri-pontieri” (pionniers-pon14 tonniers). Nelle armate erano distribuiti 2 pezzi da 4 libbre per battaglione; la Riserva, fatta con pezzi detti “del Parco”, doveva essere più o meno omogenea per ogni armata: due quinti di pezzi da 12 libbre, due quinti di pezzi da 6 libbre ed un quinto di pezzi da 412. Ad ogni 100 pezzi campali si aggiungeva una divisione di 4 obici da 6 pollici; ad ogni 200300 pezzi si aggiungevano 2 divisioni di 4 obici da 6 pollici; per attacchi di sorpresa si usavano i cannoni da 16 libbre. In guerra si doveva formare anche un “Battaglione Volontari” di 500 cannonieri, presso ogni scuola, dai ranghi delle quali si estraevano sia i cannonieri a piedi, sia quelli a cavallo. Erano rimpiazzi destinati a completare le armate. Inutile dire che, secondo un rapporto di due anni dopo, del generale Dulauloy, queste reclute improvvisate saranno ritenute di nessuna utilità e quindi congedate. La riorganizzazione dell’artiglieria, se paragonata a quella del 1790-91, non mostrava alcuna variazione significativa, nuovi corpi a parte, e continuava la tradizione del sistema Gribeauval. Questo allontanava l’artiglieria dal caos e dal disordine che aveva “travolto” il resto dell’esercito. Ciononostante accadde anche qualche caso singolare. Il generale Miaczinski, di sua propria iniziativa, reclutò, sulla frontiera del Belgio, 2 compagnie cannonieri a cavallo dandole alla guida dei capitani Jailliot e Raindre padre. Aveva inviato, in effetti, una lettera al Ministro Bouchotte lamentandosi di non aver ricevuto cavalli e aveva generato una risposta piccata del Ministro stesso. Per i servizi prestati sul campo, tuttavia, la Convenzione decretò di mantenere quelle due compagnie a cavallo “che si sono volontariamente formate nel mese di settembre passato ed hanno combattuto con l’armata del Belgio”. (Decreto dell’11-13 maggio 1793)13. La difesa delle Piazzeforti era affidata per due quinti ai 16 libbre, per due quinti ai 12 libbre a canna lunga, per un decimo a pezzi da 8 libbre e per un decimo a pezzi da 4 libbre (nonché ad obici da 8 pollici); avevano in dotazione 1000 colpi se di prima linea, 500 se di seconda. Negli assedi regnava il cannone da 24 libbre, assieme a quelli da 16 ed agli obici da 8 pollici. Avere equipaggi d’assedio assemblati vicino alle tre importanti frontiere, le Fiandre, la Mosella o il Reno e l’Italia, serviva sia a rimpiazzare i pezzi usurati sia a fornirli di rinforzo. Così furono sparsi, nelle piazzeforti ritenute più convenienti, 150-100 pezzi da 24, che sostituivano parte dei cannoni da 16 previsti per la difesa delle piazze. Erano montati in modo da poter servire in entrambi i casi, su affusti da piazza ma con un affusto d’assedio di ricambio. Inoltre quella legge affidava l’ispezione e le direzioni dei servizi a 226 ufficiali di stanza negli arsenali e nelle fortezze: 8 generali di divisione, 12 generali di brigata, 29 chefs-de-brigade (colonnelli), 33 chefs-de-bataillon (maggiori) e 144 capitani. In totale l’arma d’artiglieria raggiunse, in teoria, una forza di 41410 uomini. Per la difesa costiera in caso d’attacco, allo scopo di reagire prontamente, c’era un equipaggio di 30 pezzi in Normandia, 30 in Saintonge, 50 in Provenza. I mortai da 10 pollici a lunga gittata erano destinati ad attaccare le rive opposte di grandi fiumi: ma ce n’erano appena 2 per piazzaforte. Una legge del 3 brumaio anno IV - 26 ottobre 1795 diede luogo alla formazione di 7 demi-brigade d’artiglieria da Marina, truppe che erano di scarsa utilità nella loro specialità. L’artiglieria da Marina, messa in campo per divisioni di Granatieri, partecipò, come fanteria, alle campagne dell’anno VIII e dell’anno IX in Italia. Fu anche decretata una Leva di 14000 cannonieri volontari per la difesa costiera. Dal 1795 al 1796 Fu cambiato dei modelli di sciabole per cavalleria di linea e dragoni. La tavola seguente si riferisce al vecchio sistema Gribeauval, che Gassendi, nella sua opera Aide-mémoire A L’usage Des Officiers D’artillerie De France, Attachés Au Service De Terre, lasciò invariata nella seconda edizione del 1798. Art.da campagna divisione 12 libbre divisione 8 libbre obici divisione 4 libbre mezza divisione da 4 sez ione da 4 ¼ divisione Pezzi 8 8 4 8 4 2 Cassoni da cartuccia 24 16 12 8 4 2 Cartucce da fanteria -- -- -- 4 2 1 Cavalli (12 tiro a 6) (altri tiro a 4) 152 104 72 88 40 20 12 La differenza tra una divisione da 4 libbre aggregata ai battaglioni di fanteria e quella da 4 del Parco consisteva solamente nella presenza del cassone di munizioni da fanteria (cartucce) che la prima aveva, l’altra no. 13 Roquerol, Gabriel, op. cit. pag. 103. 15 Caricamento in colpi dei cassoni o cofani d’affusto Palle o Obici* 1224 1112 588 944 472 236 Grande cartuccia** 288 160 52 208 104 52 192 96 48 640 1344 672 336 piccola cartuccia 192 320 TOTALI 1704 1592 * La palla da obice era cava, trasportata vuota ed era riempita di esplosivo al momento della battaglia. Anche le palle erano collegate alle cariche esplosive dette gargousse (scartoccio, sacchetto, un cilindro cavo di carta o di pergamena, destinato a contenere il carico di polvere di un pezzo; quando era di lana pettinata, lo si chiamava sacchetto e quando era unito alla palla, si chiamava quell’insieme, “cartuccia a palla”: era del calibro del pezzo.) Per alcuni pezzi (esempio i 16 libbre) non era possibile usare “cartucce a palla” e si doveva operare separando la carica dal proietto, come avveniva un secolo prima. ** La Cartouche nell’artiglieria francese qui corrisponde all’inglese “Cannister” (mitraglia) era un contenitore di latta pieno di pallette di ferro, unito alla carica esplosiva da un tassello di legno (sabot, lett. tacco, zoccoletto o zocchetto, un pezzo di legno cilindrico il quale aveva una base piena e l’altra concava, per adattare il proietto perché avanzasse senza vento nella canna della bocca da fuoco. Le “cartouches à mitraille” così preparate erano dette “ensabotté”, che i Piemontesi traducevano in “inzocchettare” ovvero calzare al tacco, zoccolo. Il altri casi la carica era direttamente adesa al fondo barattolo dando ai colpi il nomi di “encartouché”. Questi sistemi permettevano di risparmiare due tempi durante la carica. I 41 proiettili della grande cartuccia, erano disposti in 6 strati, di 6 pallette intorno e 1 nel mezzo. Ma a volte si eliminava la palla centra-le. I 112 proiettili della piccola cartuccia dei pezzi da 12 e 8 erano disposti in 8 strati di 10 pallette tipo 2 attorno, 14 pallette tipo n. 3 in mezzo; i 63 proiettili della piccola cartuccia del pezzo da 4, erano disposti in 8 strati di 7 pallette intorno e uno nel mezzo. 1796 Il 29 dicembre si decise di mettere i “grani” ai mortai. (Vedi 1791 grani del focone a freddo). Durante la campagna d’Italia, l’artiglieria subiva un’evoluzione non dettata da Decreti o Leggi, ma dagli ordini di un Generale alle prime armi: Bonaparte. Di sua iniziativa egli soppresse i pezzi di battaglione ripartendoli nelle sue sei Divisioni, a ciascuna delle quali aveva aggregato uno o due reggimenti di cavalleria (sebbene a ranghi ridotti). Ogni divisione della sua armata, separando i cannoni ed i cassoni munizioni di fanteria, le forge e qualche carretta, aveva formato un piccolo Parco d’artiglieria (sul modello dei Parchi maggiori). Ogni divisione, così era diventata un piccolo corpo d’armata composto dalle tre armi. Le divisioni avevano così acquisito un’indipendenza di manovra che spiegata la rapidità dei movimenti, in presenza del nemico, che, non possedendo la stessa velocità di manovra, si indeboliva, mal ripartendo le sue forze. “Non vidi ma mai nulla di più imponente del fronte dell’Armata d’Italia, con gli Austriaci di fronte, il 18 fruttidoro anno V, senza nessun cannone in linea, come io chiedo di fare oggi alle nostre truppe; ma, avendo alla sinistra dodici pezzi d’artiglieria a piedi, sulle alture davanti a Castiglione, e alla loro destra, che si estendeva al piano, venti pezzi d’artiglieria leggera. L’armata, sostenuta dalle due batterie laterali, avanzò in silenzio e senza tirare un colpo di fucile. Tutti fuggirono davanti a quella linea di battaglia compatta.”14 Quando più divisioni combattevano insieme, al comando del Comandante in Capo, un generale, comandante l’artiglieria, riuniva tutte le bocche da fuoco a disposizione (che non erano esplicitamente assegnate alle divisioni). È vero che quella campagna fu vinta grazie ad una serie di piccoli scontri, senza una memorabile grande battaglia, ma questo era stato voluto da Bonaparte, che non disponeva di grandi mezzi in campagna. In qualche modo aveva anticipato il modo di combattere tedesco di qualche decina d’anni dopo, che consisteva nell’estendere molto il fronte dell’Armata e fu definito come “Sistema di Cordone”, senza, per altro, avere grossi sviluppi futuri. La divisione d’artiglieria, ideata da Gribeauval15, aveva subito, con l’esperienza, una modifica in diminuzione. Già l’organizzazione dell’artiglieria a cavallo aveva evidenziato che una sola compagnia non era in grado di servire otto pezzi, senza che l’organizzazione diventasse troppo ingombrante e senza che le truppe, e i materiali, diventassero un impedimento alla mobilità sul campo di battaglia. La divisione (batteria) d’artiglieria a cavallo era stata ridotta a sei pezzi, con il concorso di buoni traini ed esperti conduttori. L’esempio fu spesso seguito anche dall’artiglieria a piedi, che iniziò a manovrare con divisioni (batterie) di sei pezzi, come l’arma a cavallo, il tutto per praticità di servizio. 14 Favé, Ildefonse, Études sur le passé et l’avenir de l’artillerie, Histoire des progrès de l’artillerie, vol. 4, Paris : J. Dumaine, 1862 pagg. 183, 184. 15 Gribeauval aveva formato divisioni (batterie) da 8 pezzi, ciascuna servita da una compagnia d’artiglieria, sempre la stessa, e provvista dei ma-teriali necessario per gestire un giorno di battaglia, sfruttando un piccolo Parco (munizioni e officine) e addestrata a seguire le truppe formatesi in corpo provvisori (colonne volanti) o distaccamenti. 16 La batteria, in apparenza meno forte, divenne ancor più facile da gestire nell’artiglieria a piedi. Se la batteria da 8 di Gribeauval era costretta, ogni giorno, a tornare al suo piccolo Parco per rifornimenti e riparazioni, quella da 6 pezzi poteva resistere di più in posizione. Napoleone l’aveva intuito. Fino alla fine delle guerre rivoluzionarie non fu mai normato l’effettivo numero delle bocche da fuoco delle divisioni, per cui, non era raro trovare, in qualche fronte, anche batterie ad otto pezzi. Malgrado le imperfezioni che tutti notavano negli obici francesi, questi pezzi furono sempre più impiegati in proporzione ai cannoni. Una compagnia d’artiglieria a cavallo, assegnata ad una divisione di fanteria, serviva spesso quattro cannoni da 8 e due obici da 6 pollici16. La compagnia s’artiglieria a piedi aveva, abitualmente, lo stesso tipo di pezzi, talvolta aveva due pezzi da 12 assieme a due pezzi da 8 o da 4 e due obici. Fu così che l’obice, pezzo che Gribeauval aveva destinato ad essere raramente distribuito in campagna (una sola divisione obici per armata), era, gradualmente, arrivato a formare un terzo delle bocche da fuoco francesi. 1797 La decisione ministeriale del 6 novembre o 16 brumaio anno VI regolava il rango in battaglia delle seguenti armi: artiglieria, zappatori (genio), fanteria e cavalleria. Il ministro Schérer, che aveva fissato l’ordine citato, fu accusato di partigianeria, essendo un ex ufficiale d’artiglieria; tuttavia non c’è nessun argomento che comprovi che quella delibera fosse stata redatta per un capriccio. In realtà, come già visto, tutto era arrivato, di diritto, dopo l’abolizione dei vecchi 62 reggimenti di fanteria, che avevano lanciato al primo posto nel rango il 63°, ovvero l’artiglieria. Fosse stato davvero un favoritismo, re Luigi XVIII non avrebbe mai confermato, il 20 gennaio 1815, la legittimità del titolo, al primo posto nel rango, dell’arma che aveva generato il “malefico” Bonaparte. Il 5 piovoso di quell’anno VI era stata anche deliberata la completa soppressione degli inutili cannonieri volontari, creati il 29 ottobre 1792. Dato che la cavalleria non aveva ancora proprie divisioni, come la fanteria, ed era di dimensioni ancora embrionali, va sottolineato che molte compagnie a cavallo erano assegnate alle divisioni di vanteria, proprio come le sorelle “a piedi”. I cannoni di tre tipi, il 12, l’8 ed il 417 si alternavano nelle compagnie, spesso seguendo le simpatie del generale in capo. A fine secolo, tuttavia, il cannone da 4 aveva fatto il suo tempo perché ritenuto insufficiente, soprattutto per la scarsa portata. Il generale Lespinasse, nel suo saggio citato, infatti, così si rivolgeva al futuro Primo Console: “Un’osservazione ancora più essenziale da fare è che nella nostra artiglieria ci sono troppi calibri diversi. Vorrei, come del resto era la Vostra opinione durante i nostri consulti in Italia, cittadino generale, che avessimo, nei nostri parchi, solo pezzi da 6 libbre e obici da 6 pollici e 6 linee (6,5 pollici … i futuri obici da 7).”18 Da Verona, quartier generale, intanto, Bonaparte, inviava una lettera, allo stesso generale Lespinasse, comandante l’artiglieria dell’Armée d’ Italie, il 5 piovoso anno V ( 24 gennaio 1797), che riordinava i pezzi dell’armata, poco prima delle resa della fortezza di Mantova. Tra le varie disposizioni (in cui si fa cenno a inconsueti pezzi da 11 e pezzi da 5) troviamo la prima organizzazione per il combattimento in montagna: “… La divisione del generale Rey porterà con sè una divisione d’artiglieria da montagna; l’altra divisione d’artiglieria da montagna rimarrà al parco. Una divisione d’artiglieria da montagna sarà composta da: 3 pezzi da 3 libbre portatili, 2 pezzi da 5 libbre a traino, un obice. Sarà servita da 55 55 muli da soma e 18 muli da traino e sarà divisa in 3 sottodivisioni; la 1a con 3 pezzi da 3, 15 muli da soma, una forgia e 6 multi da tiro, comandata da un brigadiere, la 2a subdivisione avrà due pezzi da 5, 14 muli da soma, 12 muli da tiro e sarà comandata da un conducente in seconda; la 3a avrà l’obice con 20 muli da soma e 6 muli da tiro, comandata da un brigadiere ed uno stalliere. La divisione dell’equipaggiamento da montagna sarà servita da: i 3 pezzi da 3 da 24 uomini di una compagnia di volontari di una demi-brigade della divisione. I 2 pezzi da 5 da 10 soldati di una compagnia dell’artiglieria di linea e da 22 uomini della stessa compagnia di cannonieri volontari; l’obice sarà servito da 6 soldati dell’artiglieria di linea e da 10 uomini di una 2a compagnia di artiglieri volontari … Bonaparte.” Come vedremo in seguito i pezzi da 3 libbre da montagna erano cannoni tipicamente austriaci e piemontesi (proprio a questi ultimi erano stati requisiti in discreta 16 Il calibro dell’obice da 6 pollici era 162 mm. 17 Molti testi indicano i numeri 4, 8 e 12 come calibri. In realtà erano le libbre riferite ad un 4°, 8°, 12° del peso della palla. Il calibro dei pezzi ed il calibro della palla in realtà erano: 4 libbre (84 mm), 8 libbre (106 mm), 12 libbre (121,2 mm) … poi arriverà il 6 libbre (95,9 mm). 18 Una linea (2,2551 mm) era 12 punti (un punto = 0,1870 mm). Un pollice (2,7070 cm) era 12 linee. Una libbra (poid de marc) era 489,506 g. 17 quantità), mentre sui pezzi da 5 (e quelli da 11) non ho trovato informazioni, anche se sono diffusamente citati nella Corrispondenza di Napoleone19. L’unica illazione possibile è che fossero le misure delle libbre austriache traslate in francesi. Il comandante dell’artiglieria dell’armata d’Italia, Lespinasse, nel suo saggio dedicato al Primo console, conferma questa tesi: “Ma presto la vostra armata fece progressi così rapidi che facemmo guerra ai nostri nemici, solo usando le stesse loro armi; allora le nostre divisioni di artiglieria a piedi avevano due pezzi da 11, due da 5 e due obici da 5 pollici e 6 linee; e quelle a cavallo, quattro pezzi da 5 e due obici da 5 pollici e 6 linee. Cito questi dettagli per far notare che le vostre formazioni d’artiglieria avevano sempre un rapporto costante, poiché sono i calibri dei pezzi che stabiliscono questi rapporti.”20 Più avanti ne valutava anche l’inconsistenza tattica: “Dovremo ben guardarci da adoperare ancora i pezzi da 5 e quelli da 3 libbre, austriaci; quelli da 5 per i motivi che ha citato Dupuget nelle sue memorie, note a tutti gli artiglieri, e quelli da 3 a causa della quasi nullità dei loro effetti”21. L’ipotesi più plausibile, dunque, è che si trattasse del modo francese di definire, in libbre, i pezzi austriaci catturati dopo le battaglie di Rivoli e La Favorita, per evitare confusioni tra denominazioni uguali ma calibri diversi. Lo si può intuire con l’aiuto di queste tabelle che elencano i pezzi maggiormente coinvolti nella Campagna d’Italia 1796-1797. Calibri 3 pdr Francia M 1765 4 pdr 6 pdr 8 pdr 12 pdr 86 mm - 106 121 Francia M1803 Piemonte M1786 Austria M1753 95,8 76 (detto da 4) 75,5 96,5 (detto da 8) 95,7 119,5 Austria M1764 Austria M1780 122 (detto da 16) 119,5 75,5 Si noti i calibri inferiori dei cannoni austriaci rispetto ai calibri francesi ed il calibro del 6 pdr francese, più tardivo (anno XI), quasi uguale a quello austriaco. peso della palla 3 pdr Francia M 1765 4 pdr 6 pdr 8 pdr 12 pdr 1800 - 4000 6100 Francia M1803 3000 Piemonte M1786 Austria M1753 1000 1370 g Austria M1764 Austria M1780 6100 3000 2750 6000 5500 5500 1370 g La Libbra francese ufficiale = 489,5 g (ma diverrà 500 g); Libbra viennese = 561 g (anche se calcolata sul peso delle palle sembra qui corrispondere più a 458 g) (il peso di un colpo da 5 libbre = 2447,5 / 2500 – quello di un 11 libbre = 5384,5 / 5500) sono molto simili ai pesi delle palle austriache da 6 pfund (2750) e da 12 pfund (5500). L’artiglieria della Guardia Consolare nasceva nell’Armée d’Italie. Il 30 maggio 1797, Bonaparte formava una sezione di 30 cannonieri serventi due pezzi trainati, il cui personale era stato tratto dalle compagnie di Guide di Scorta, tanto che furono soprannominate “guide cannonieri”. Nel 1797 iniziava anche la battaglia per l’eliminazione di tutte le compagnie di cannonieri volontari. Un progetto di riorganizzazione del 30 germinale anno V (19 aprile 1797), indirizzato al Comitato centrale dell’artiglieria chiedeva la soppressione di tutte le compagnie di cannonieri volontari sia nell’armata, sia nelle piazzeforti; i loro ufficiali dovevano essere licenziati. Così riprendeva voce l’accanito nemico degli artiglieri volontari, il generale Dulauloy, che scriveva queste parole il 1 pratile anno V (20 maggio 1797):” Bisogna scioglierle in 24 ore. La loro esistenza è talmente inutile, tanto quanto è stato degenerante averle create. La totale ignoranza di queste compagnie e la pessima condotta di quasi la 19 Correspondance de Napoléon 1er, tome 2, Paris, Plon & Dumaine 1859, pag. 270. 20 Lespinasse, Augustine, Essai sur l’organisation de l’arme de l’artillerie, (pag. 10). 21 Lespinasse op. cit. (pag. 128). Il conte Edmé Jean Antoine du Puget d’Orval o Dupuget d’Orval fu un generale d’artiglieria rivoluzionario, autore di un celebre trattato Essai sur l’usage de l’artillerie dans la guerre de campagne et dans celle de sièges, par un officier du corps, del 1771, nonché sostenitore del’uso dei pezzi da 4 libbre per le campagne militari. 18 totalità di loro, devono addirittura far respingere l’idea di inglobarle nei reggimenti d’artiglieria, dove il reclutamento non ha mai smesso di essere caotico. All’artiglieria servono persone adatte a lavori pesanti, non dei facinorosi ed ammutinati. All’arma servono uomini in grado di istruire, non uomini che pretendono di sapere tutto e non sanno nulla. Di fatto i cannonieri volontari non sono serviti alle armate: sono estranei al mestiere d’artigliere, come lo sono a quello del fante.” A quell’epoca gli effettivi dell’arma d’artiglieria, che, se calcolati sulle percentuali della legge 18 fiorile anno III non sarebbero dovuti essere più di 30000, avevano raggiunto la cifra di 41407 effettivi: di cui 20527 dell’artiglieria regolare (veterani esclusi, di cui non si conosceva la cifra esatta) e 20880 dell’artiglieria dei volontari. 1798 Come detto fu nel gennaio 1798 che fu sciolta l’artiglieria reggimentale (quella aggregata alle demi-brigade). Il generale Augustine Lespinasse, in un suo saggio del 1800, così ne aveva evidenziato i limiti: “L’artiglieria divisionale che marcia con le Divisioni saranno distaccate dal comando al momento degli scontri, per esser messe in postazione nei luoghi stabiliti dal Comandante in Capo; quei pezzi non saranno mai impiegati in linea di battaglia, sul fronte delle truppe o nei loro intervalli, come si faceva al tempo dei pezzi da battaglione. Era riconosciuto da tutti che quei pezzi non producevano che mediocri effetti, se paragonati a quelli delle batterie di posizione; oltretutto intralciavano le manovre dell’armata. Le truppe in manovra erano impacciate dai cannoni, quando non si potevano muovere o quando si muovevano e rompevano la linea, anche perché il terreno non era omogeneo. Se l’artiglieria non si fosse potuta muovere alla stessa velocità di tutta la linea, ciò avrebbe obbligato le truppe, che desideravano usare i pezzi, a rallentare … Una linea di fanteria libera dai cannoni sul suo fronte, cui bastavano buone batterie da posizione per sostenere la sua battaglia, conservava meglio il suo ordine di battaglia.”22 All’abolizione dei pezzi di battaglione, fecero eccezione le unità presenti in Egitto con Bonaparte che mantennero la vecchia organizzazione. Il Direttorio esecutivo adottò una soluzione intermedia il 5 piovoso anno VI (24 gennaio 1798) con una Delibera che sopprimeva tutte le compagnie volontarie, qualsiasi fosse la loro mansione (difesa costiera, demi-brigade e servizio alle piazzeforti) consentendo una parziale incorporazione dei cannonieri nei reggimenti d’artiglieria. Gli ufficiali delle compagnie aggregate alle demi-brigade potevano mantenere il grado, mentre quelli delle compagnie distaccate erano mandati a casa. Tuttavia una successiva disposizione benevola permise anche a questi ultimi di rientrare in qualità di soprannumerari, mantenendo il grado che avevano al momento della dismissione. Con questo colpo di spugna scomparivano, definitivamente, i cannonieri volontari (e i cannoni di battaglione) dopo un’esistenza durata sei anni. Bonaparte portava avanti il progetto della Guardia Consolare anche nell’Armée d’Orient, dotandola di una mezza compagnia di 65 uomini che servivano tre pezzi leggeri. La sezione si distinse durante la battaglia d’Aboukir in agosto. L’artiglieria a piedi imbarcata per l’Egitto totalizzava 910 uomini, rinforzati da 444 cannonieri provenienti dalle demi-brigade di fanteria, 289 operai d’artiglieria e 59 pontonieri. Il personale di artiglieria apparteneva alla 3ª e 11ª compagnia del 1° reggimento, ed alle compagnie del 4° reggimento (nn.7, 11, 12, 13, 14, 15, 16) ed alla 18ª compagnia del 6° regg, Gli operai erano le compagnie 11 e 12, rafforzate dalle compagnie di Lione, dei Pirenei e dagli artigiani della 1ª e 3ª brigata, nonché della Marina. Intanto, in Francia, in febbraio e marzo, i generali d’Aboville, Gassendi, Fabre, ecc., provarono a Meudon alcuni tipi di palle incendiarie che sembravano andare molto meglio di tutte quelle proposte in precedenza. Una legge del 23 fruttidoro anno VII - 9 settembre 1798 cercò di mettere ordine tra le armate, riconoscendo soltanto 8 reggimenti d’artiglieria a piedi e 8 a cavallo, mettendo in paga solo 15104 cannonieri a piedi e 3728 cannonieri a cavallo (come si vede la proporzione stabilita tra le due specialità era circa di 4:1). L’evoluzione sarà verso una maggiore mobilità dell’artiglieria a piedi ed una minore importanza dell’artiglieria a cavallo. 1799 Una legge datata 9 settembre 1799 gettò le basi dettagliate dell’organizzazione finale dell’artiglieria delle Guerre Rivoluzionarie. In totale l’arma ora assommava a: uno staff specializzato di 226 ufficiali, otto reggimenti a piedi con 15104 uomini, otto reggimenti a cavallo con 3728 uomini, 12 compagnie lavoratori con 1044 uomini, 32 brigate di Operai artigiani (“artistes”) specializzati con 1920 uomini, due battaglioni pontieri con 1198 uomini, la Scuola Allievi di Chalons con 136 uomini, otto scuole collegate a ciscun reggimento con 3944 uomini, 561 impiegati vari; in totale 27861 uomini. 22 Favé, Ildefonse, op. cit., pag. 183. 19 Lo staff specializzato aveva otto generali di divisione, dei quali 5 erano con le armate in battaglia, 12 generali di brigata, 10 dei quali sul campo di battaglia, 29 chefs-de-brigade, 33 chefs-de-bataillon, 144 capitani. Il 16 gennaio o 27 ventoso anno VII, era anche uscita l’Istruzione sulla prova e la conservazione delle polveri. Unità d’artiglieria al 1799 Reggimento d’artiglieria a piedi Compagnie totale 1888 uomini 1 Chef-de-brigade, 6 Chefs-de-Bataillon, 1 Quartiermastro, 2 aiutanti maggiori, 1 ufficiale di Sanità (medico), 4 aiutanti sottufficiali, 1 tamburo maggiore, 1 caporale tamburo, 8 musicanti, 1 sarto, 1 calzolaio, 1 armaiolo. Totale = 28 uomini Regg. d’artiglieria a cavallo 20 (ogni compagnia = 93 uomini) 1 Capitano di 1a classe, 1 capitano di 2a classe, un tenente di prima, 2 tenenti in seconda, 1 sergente maggiore, 1 furiere, 1 tamburo, 5 sergenti, 5 caporali, 35 cannonieri di 1a classe, 40 cannonieri di 2a classe. * 14 compagnie a piedi erano con l’Armée d’Orient ** Legge 20 settembre 1799 aggiunge alla compagnia: 1 tenente in 2a, 1 sergente, 1 caporale, 15 cannonieri di cui 7 di 1a classe. totale 466 uomini 1 Chef-de-Brigade, 1 Chef-d’Escadron, 1 Quartiermastro, 1 Aiutante maggiore, 1 Aiutante Sottufficiale, 1 Brigadiere trombettiere, 1 “artiste” veterinario, 1 sellaio (fabbricante), 1 fabbricante di stivali, 1 sarto. Totale 10 uomini 6 (ogni compagnia = 76 uomini) 1 Capitano di 1a o 2a Classe, 1 tenente di 1a Classe, 2 tenenti di 2a classe, 1 chef, 1 furiere, 4 marescialli d’alloggio (marechaux des logis), 4 brigadieri, 2 trombettieri, 30 cannonieri di 1a classe, 30 cannonieri di 2a classe. * 4 compagnie d’artiglieria a cavallo erano all’Armée d’Orient. Compagnia operai 4 ufficiali e 83 uomini inclusi 30 apprendisti e 40 operai * 1 compagnia era all’Armée d’Orient Brigate Operai artigiani (artistes) 32 (totale = 1920 uomini) Brigata totale 60 uomini Battaglioni Pontonieri 2 8 compagnie per battaglione staff 7 uomini, 599 pontonieri Scuole Compagnia (74 uomini) = 1 Capitano di 1a o 2a classe, 1 tenente di 1a o 2a classe, 1 sergente maggiore, 2 sergenti, 1 caporale furiere, 4 caporali, 7 operai, 1 tamburino, 56 pontonieri Accademia Accademia di Chalons 8 Scuole d’artiglieria 3 Comandanti di Stato maggiore particolare, 6 professori, 50 cadetti, 1 sergente e 80 cannonieri Scuole d’artiglieria: 2 professori, 1 “repetiteur” o insegnante giovane, 1 sergente maggiore e 489 cannonieri di 2a classe Altre unità 561 Impiegati amministrazione, arsenali, maestri artigiani veterani ecc. Compagnie di veterani 13 totale = 676 uomini Compagnia = 52 uomini (inclusi 4 ufficiali e 39 cannonieri) Compagnie Volontari Costieri 130 (totale 9100 uomini) Compagnia = 70 uomini (inclusi 3 ufficiali e 55 cannonieri) Dopo il Colpo di Stato del 18 brumaio anno VIII (9 novembre 1799), Bonaparte riuniva le due Guardie in una sola, ufficialmente detta ora “Guardia Consolare” (Garde des consuls) con Ordinanza del 7 frimaio anno VIII (28 novembre 1799), fondendo la Guardia del Corpo legislativo con la Guardia del Direttorio. Il nuovo corpo doveva essere dotato di artiglieria propria. 20 21 22 1800 Con il mutare del clima politico si iniziò a intravvedere i cambiamenti che la fine del periodo rivoluzionario recava. Il Decreto 3 gennaio 1800 istituiva il Treno d’artiglieria. Fino ad allora il traino dei cannoni era stato appaltato a compagnie private (com’era d’uso in quasi tutti i paesi europei). Bonaparte era uno dei tanti generali cui non piaceva affatto quel sistema privatizzato, che spesso mostrava rendimenti molto scarsi. Il treno si sistemò su 5 battaglioni, ognuno dotato di 5 compagnie e comandato da un Capitano: un battaglione d’élite supportava l’artiglieria a cavallo, un battaglione era in carico del Parco (carrette e munizioni), un battaglione serviva le fortezze, un battaglione supportava l’artiglieria a piedi e l’ultimo serviva da deposito e formazione dei quadri. La compagnia del battaglione d’élite aveva 80 uomini (sottufficiali inclusi) al comando di un Maresciallo Capo d’Alloggio, 2 marescialli d’alloggio e 4 brigadieri. Le compagnie dei battaglioni normali avevano 60 uomini. Lo stesso Decreto (3 gennaio o 13 nevoso anno VIII) era creata una compagnia d’artiglieria a cavallo per la Guardia Consolare. Due giorni dopo (5 gennaio o 15 nevoso) un Proclama annunciava il ritorno dell’ufficio di Ispettore Generale con la nomina di d’Aboville alla carica. In maggio anche l’artiglieria passava il Gran San Bernardo con il Primo Console; un equipaggio di cannoni da 8 e da 4 con obici da 6 pollici, in trasferimento da Auxonne fino a Marengo, dove combattè la battaglia del 14 giugno. “Con le nuove costruzioni di equipaggi d’artiglieria, fatte dopo il 1765, l’artiglieria francese poteva tentare con successo i passaggi più difficili. In primo luogo gli affusti da campagna, soprattutto quello del pezzo da 4, per mezzo del tiro con le prolunghe, attraversava i burroni, i fossati e marciava sul nemico, con le munizioni nelle Cassette, mentre con le pale e il piccone, sempre portati accanto ai Cassoni, praticavamo rampe per il passaggio di quei Cassoni e di altre vetture ... Facemmo una bellissima figura nell’anno VIII, al passaggio del Gran San Bernardo. Il primo console voleva, per prontamente riconquistare l’ltalia, piombare all’improvviso sugli austriaci, e arrivare addosso a loro attraverso tutti gli sbocchi delle Alpi; l’artiglieria poteva, passare per la maggior parte, più o meno a fatica; ma si pensava generalmente che il Gran San Bernardo fosse davvero un ostacolo insormontabile. Questo passo era stato mal esplorato; era esiziale per il successo dell’operazione il fatto che non vi fosse stata ricognizione, né lavori di pionieri; ma il Primo console sapeva tutto quello che poteva d’artiglieria; volle che vi passassimo; si mise in cammino e attraversò il Gran San Bernardo nei primi giorni del Pratile. Il generale di artiglieria M** (Marmont?) prescrisse la marcia da tenersi durante l’operazione ; lo chef de Brigade A. fu incaricato dell’esecuzione, supplendo grazie alla sua reattività e la sua intelligenza agli scarsi mezzi a disposizione. … 4 o 500 montanari del luogo, distribuiti in compagnie lavoratori servirono a fare quel trasporto; talvolta si usarono le demi-brigade. Era sbagliato che i soldati ripugnassero di portare i cannoni, che erano armi loro tanto quanto i moschetti, e quel trasporto non li sminuiva affatto. L’artiglieria fu smontata al villaggio di Saint-Pierre; i ferri, le munizioni furono stipate dentro casse costruite a Villeneuve e a Orsières, e portate a dorso di mulo. I corpi dei cassoni furono vuotati e separati dai coperchi, e furono trainati da 20 uomini, i coperchi da 8 … Le bocche da fuoco furono incastonate dentro tronchi d’abete scavati, e tirate a braccio d’uomo. Non avevamo pezzi da 12 libbre. Si pagavano 900 franchi per i pezzi da 4 con il loro cassoni, e 1200 franchi per le altre bocche da fuoco. L’artiglieria fu riassemblata oltre il San Bernardo, al villaggio d’Estrouble, e di là discese la Val d’Aosta, passò il Po sotto Pavia, per trionfare a Marengo. E fu rimontando quei pezzi che ci rendemmo conto degli inconvenienti causati da costruzioni approssimative o sbagliate, che erano state tollerate durante la rivoluzione, fatta eccezione dei cinque arsenali originali, causa la fretta e le circostanze, ma durata troppo a lungo e senza necessità.”23 Per Ordinanza del 3 gennaio 1800, il nuovo corpo della Guardia ora era di 2089 soldati, di cui 585 a cavallo, 1188 granatieri (2 battaglioni su 6 compagnie), 99 chasseurs (una compagnia), una compagnia d’artiglieria a cavallo (110 cannonieri) e uno Stato maggiore di 88 uomini per la fanteria, 19 per la cavalleria. Gli artiglieri furono ancora una volta reclutati tra le Guide. La compagnia d’artiglieria a cavallo si distinguerà a Montebello (9 giugno 1800) e a Marengo (14 giugno). L’8 settembre 1800, la Guardia fu nuovamente riformata passando a 3650 uomini, ma la sua dotazione d’artiglieria rimase uguale. Il 13 novembre ed il 9 dicembre - 22 brumaio e 18 frimaio anno IX) usciva il Réglement sur les manufactures d’armes, ovvero le norme per le fabbriche d’armi. 23 Gassendi, Jean-Jacques Basilien, Aide-mémoire A L’usage Des Officiers D’artillerie De France, Attachés Au Service De Terre, Paris, Magimel, 1801, terza edizione pag. 271-272. 23 Dal 1800 al 1801 (Anno IX) Fu perfezionato il glorioso moschetto detto modello 1777, corretto e ricalibrato a 7 linee e 9 punti (1,73 cm). Furono apportate migliorie a tutte le sciabole con adozione di modelli più adatti alle diverse specialità. 1801 La formazione e l’organizzazione dei battaglioni del Treno d’artiglieria, creati il 3 febbraio del 1800, fu regolato dall’Ordinanza del 4 agosto ovvero 16 termidoro anno IX). I carrettieri trasformati in soldati del Treno ora erano organizzati in battaglioni di 5 compagnie, tra cui ce n’era una d’élite, in genere assegnata all’artiglieria a cavallo. Ciascun battaglione del Treno aveva 1 capitano, 1 tenente ed 1 quartiermastro. Sia il battaglione, sia gli ufficiali erano subordinati ai comandi d’artiglieria (i battaglioni del Treno di una stessa armata erano subordinati ad un chef-de-brigade Ispettore d’artiglieria). Questo tipo di organizzazione lasciava ai comandi di artiglieria le decisioni sui traini e trasporti, un sistema molto efficace e, a detta di molti, assai semplice e logico; sarà complicato con la creazione degli ufficiali del Treno, ma molto dopo Waterloo (1829). Il 10 ottobre o 18 vendemmiaio anno X, due regimenti di artiglieria a cavallo venivano sciolti, nello stesso giorno in cui era firmata la pace di Amiens. L’artiglieria si riorganizzava su: 8 Reggimenti d’artiglieria a piedi a 20 compagnie 6 Reggimenti d’artiglieria a cavallo a 6 compagnie 2 battaglioni pontieri a 8 compagnie 15 compagnie Operai 8 battaglioni del Treno 1 compagnia a cavallo della Guardia Consolare 13 compagnie di cannonieri veterani 130 compagnie di guardacoste 1 Stato maggiore 8 Generali di divisione con un Primo Ispettore Generale 12 Generali di brigata 33 Chefs de brigade Direttori 37 Chefs de bataillon Vice Direttori Il numero degli allievi ufficiali fu innalzato a 70 e il totale delle scuole saliva ad 11, aggiungendo quella di Torino, di Besançon e Valence. Gli effettivi d’artiglieria sul piede di guerra erano 29197 (20838 in tempo di pace). L’artiglieria aveva soppresso i pezzi da battaglione, senza rinunciare a sporadici impieghi su decisione del comandante. Si era arrivati a pensare ad un rapporto di 3 pezzi x 1000 uomini (¾ dell’artiglieria a piedi ed ¼ dell’artiglieria a cavallo). Secondo Gassendi questo rapporto era quello voluto dallo stesso Primo Console, Bonaparte, intuibile dall’ordinamento conferito agli 8 battaglioni del Treno, dove 3 compagnie dovevano servire l’artiglieria a piedi ed una sola l’artiglieria a cavallo; una quinta invece era assegnata ai parchi ed alle fortezze. Ma Bonaparte non aveva mai parlato di una proporzione di 3 pezzi ogni 1000 uomini, anzi le dotazioni erano sempre state inferiori, per tenere una Riserva idonea alla difesa del territorio francese, se necessaria. Si sarebbe accontentato, secondo molti, di assegnare 1 pezzo ogni 1000 uomini, arrivando a 2 o 3 solo in caso di necessità, durante una campagna. Per l’artiglieria a cavallo ora si tendeva a creare divisioni di 6 pezzi (4 pezzi da 8 e 2 obici); il numero degli obici era aumentato notevolmente ed i pezzi da 4 libbre erano stati quasi tutti abbandonati, anche se molti consideravano quel pezzo adatto contro uomini e carri. Ad una grossa armata si assegnavano queste dotazioni: un ottavo di pezzi da 12, quattro ottavi da 8, un ottavo da 4 e tre ottavi di obici, a volte aumentando i pezzi da 4 a scapito di quelli da 8. Era ritenuto prudente tenere almeno sei pezzi da 16 nei Parchi da campagna, nei castelli, nelle piccole fortezze, trovate lungo la marcia. Le piazzeforti dovevano essere difese da una metà di pezzi da 16 e 24, una metà di altri calibri in parti uguali; inoltre andavano aggiunti altri 12 pezzi da campagna (metà cannoni. mortai, obici e petriere; metà mortai di grosso calibro – un quarto di obici ed un quarto di petriere). Più o meno le stesse dotazioni potevano diventare equipaggiamenti d’assedio. Per la difesa costiera ci si avvaleva di batterie fisse, in punti strategici, e di batterie mobili oppure di divisioni da campagna leggere, 24 in modo da portarsi rapidamente al luogo minacciato. Il 10 ottobre 1801 (18 vendemmiaio anno X) fu firmata la pace di Amiens. L’artiglieria tornava in pace con i seguenti effettivi: Personale di artiglieria per un’armata di 50.000 uomini* Stato Maggiore d’Armata 1 generale di divisione, comandante in Capo l’artiglieria 3 generali di brigata 5 Chefs-de-brigade di cui un comandante del Parco (il Direttore Generale di artiglieria o Gran Direttore) ed un Capo di Stato maggiore 5 Chefs-de-bataillon 8 Capitani di terza classe 1 Guardia-generale con 3 Guardie di seconda di cui una Guardia pagatore 1 Conducente-generale e 45 Conducenti ordinari 1 Capo operai veterani e 4 Operai veterani 1 Maestro artificiere di prima classe e 2 artificieri di seconda classe Truppe 1 Reggimento d’artiglieria a piedi 1 Reggimento d’artiglieria a cavallo 2 compagnie Operai 3 compagnie Pontonieri (con eventuali equipaggi da ponti, pontoni o battelli) 6 battaglioni del Treno con i loro Stati maggiori con un equipaggio d’assedio … (ulteriori aggiunti) Stato Maggiore Truppe 1 generale di divisione, o di brigata, dipendente dal Generale capo di campagna 1 Chef-de-brigade Direttore del parco (dipendente del Direttore Generale) 2 Chefs-de-bataillon 4 Capitani di terza classe 1 Guardia di prima classe 2 Guardie di seconda 1 Conducente-principale 1 conducente ordinario per 100 cavalli 1 Capo operaio veterano e 4 operai veterani 1 Maestro artificiere e 2 artificieri di seconda classe 1 Reggimento per 150 bocche da fuoco 2 compagnie Operai con un equipaggio da montagna Stato Maggiore Truppe 1 Chef-de-bataillon Sotto Direttore 3 Capitani di terza classe 2 Guardie di seconda o 1 Guardia di seconda ed 1 Guardia di terza 1 conducente ordinario per 100 cavalli o per compagnia del battaglione del Treno o per divisione da sei pezzi 2 operai veterani 1 compagnia con 6 bocche da fuoco 2 compagnie del batt. del Treno per una divisione da 6 pezzi (una di muli da soma, una di muli da traino) con un equipaggio da ponte Stato Maggiore 1 Chef-de-brigade Direttore (dipendente del Gran Direttore) o uno Chef-de-bataillon 2 Chefs-de bataillon 6 Capitani di terza classe (se vi sono due equipaggi da ponte diversi: pontoni e battelli) 2 Guardie di prima classe 2 Guardie di seconda o terza classe 2 conducenti principali 1 conducente ordinario per 100 cavalli o per compagnia del battaglione del Treno 4 operai veterani * Gassendi, Jean-Jacques Basilien, op. cit. vol. I pag. 372. Truppe 1 compagnia d’operai-pontieri per ogni equipaggio da ponte di 36-40 pontoni o per equipaggio da ponte di 60 barche 1 compagnia del batt. del Treno ogni 9 pontoni Il 26 dicembre o 5 nevoso anno X si mise fine all’annosa questione delle piastre identiche. Una Commissione composta da Baillet, Lenoir e Descotils, autori di saggi tecnici e proponenti leghe per la fabbricazione dei pezzi, riconobbe l’impossibilità di arrivare a piastre identiche per tutte le armi da fuoco, nonostante esperimenti che duravano dal 1793. Si parlò molto dei razzi incendiari Congrève, impiegati dagli Inglesi, ma ben noti da anni per il loro impiego nelle Indie, come attestavano trattati risalenti addirittura al 1630 e stampati a Rouen. 25 Composizione di una Divisione di cannoni da 12, 8, 4 o di obici (1800-1801) (su 8 pezzi o 4 obici – vecchia suddivisione) Divisione da 12 libbre 8 libbre 4 libbre Obici pezzi 8 (4) 8 (4) 8 (4) 4 (2) cassoni munizioni per pezzo 24 16 8 12 cartucce da fanteria (200 per soldato) ? ? ? ? cavalli 158 110 78 78 Le Divisioni ad 8 pezzi esigevano un numero eccessivo di truppa e cavalli; quelle di Artiglieria a cavallo erano già a 6 pezzi; si riteneva una batteria di 6 pezzi sufficiente, più semplice da manovrare, più comoda da gestire, meno intriganti; così era già stato fatto presso le armate della Sambre e della Mosa, dei Pirenei e d’Italia. Una compagnia era sufficiente a gestirle sul campo. Composizione di una Divisione di cannoni da 12, 8, 4 o di obici (1801) (su 6 pezzi o 6 obici – futura suddivisione) Divisione da 12 libbre 8 libbre 4 libbre Obici pezzi 6 6 6 6 cassoni munizioni per pezzo 18 12 6 18 traini a 6 cavalli a 4 cavalli a 4 cavalli a 4 cavalli cavalli 120 84 60 108 Composizione di una Divisione a cavallo (1801) Composizione 12 libbre 8 libbre 4 libbre Obici pezzi - 4 - 2 cassoni munizioni per pezzo - 8 - 6 cavalli per i cassoni - 48 - 36 cavalli - 24 - 12 Stato maggiore del Corpo di artiglieria nel 1802 Generali di Divisione Auguste Frédéric Louis Viesse de Marmont nato a Châtillon-sur-Seine, 20 luglio 1774 Primo Ispettore* Generale Jean Baptiste Eblé Saint-Jean-Rohrbach, 21 dicembre 1758 Jean Philippe Raymond Dorsner nato a Strasburgo il 23 gennaio 1750 Jean-Pierre Lacombe-Saint-Michel Saint-Michel-de-Vax 5 marzo 1751 François Antoine Joseph Nicolas Macors Benfeld (Basso-Reno) 7 dicembre 1744 Jean-Barthélemot Sorbier Parigi 17 novembre 1762 Antoine-François Andréossy Castelnaudary 6 marzo 1761 Nicolas Marie Songis des Courbons (Songis) Troyes (Aube) 23 aprile 1761 André Joseph Lemaire Charles François Dulauloy comte de Randon Generali di Brigata Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos Nicolas-Grégoire Aulmont de Verrières** * Il posto di Primo Ispettore Generale d’artiglieria che era stato soppresso dal regolamento del 1 aprile 1791, fu ristabilito per Ordinanza consolare il 15 nevoso anno VIII. ** Comandava l’assedio di Milano nel 1796 facendola capitolare il 29 giugno. 26 Philippe Joseph Victoire de Senneville Jacques Marie Charles de Drouas de Boussey (Drouas) Jean-Baptiste Auguste Reynaud de Savournin Charles Nicolas d’Hennezel de Valleroy (Dhennezel) Jean Nicolas Seroux de Fay (Seroux) Antoine Salva*** François Claude Joachim Faultrier de l’Orme (Faultrier) Jean Jacques Basilien Gassendi 52 Chefs-de-Brigade tra cui il famoso Senarmont, comandante l’artiglieria della Grande Armée a Eylau e Friedland, Foy comandante la 9a div. a Waterloo ed Allix teorico dell’artiglieria. 101 Chefs-de-bataillon Reggimenti d’artiglieria a piedi a 20 compagnie Stato maggiore Un chef-de-brigade, 6 chefs-de-bataillon, un quartiermastro, 2 aiutanti maggiori, un Ufficiale di sanità, 4 aiutanti sottufficiali, un tamburo-maggiore, un caporale tamburo, un capo artificiere, 8 musicanti tra cui un Capo, un mastro sarto, un mastro calzolaio, un mastro armiere per un totale di 29 in tempo di pace. In guerra si aggiungevano altri 2 ufficiali di sanità per un totale di 31 Compagnia Un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente in seconda, un sergente maggiore, 4 sergenti, un furiere, 4 caporali, 4 artificieri, 12 cannonieri di prima classe, 36 di seconda classe tra cui 2 falegnami, 2 fabbri e 2 tamburi, per un totale di 68 uomini sul piede di pace e 100 uomini sul piede di guerra, grazie ad un aumento di 12 cannonieri di prima classe e di 20 di seconda classe. Battaglione piemontese Era stato ammesso per un Ordinanza consolare dell’8 fruttidoro anno IX e poi incorporato nel 1° reggimento d’artiglieria a piedi Reggimenti d’artiglieria a Cavallo**** a 6 compagnie Stato maggiore Un chef-de-brigade, 2 chefs-d’escadron, un quartiermastro, un aiutante maggiore, un ufficiale di sanità, 2 aiutanti sottufficiali, un brigadiere trombettiere, un artista veterinario, un mastro sarto, un armiere, un ciabattino per stivali, un sellaio, per un totale di 14 in tempo di pace – stessa cifra in tempo di guerra. Compagnia a cavallo Un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente in seconda, un maresciallo d’alloggio capo, 4 marescialli d’alloggio, un furiere, 4 brigadieri, 4 artificieri, 12 cannonieri di prima classe, 36 cannonieri di seconda classe, 2 trombettieri per un totale di 68 in tempo di pace e 100 in guerra 2 Battaglioni Pontonieri Stato Maggiore 8 compagnie Un chef-de-bataillon, un quartier-mastro, un aiutante maggiore, un ufficiale di sanità, un aiutante sottufficiale, un sergente maggiore (mastro carpentiere), un caporale tamburo, un mastro sarto, un mastro calzolaio, un armiere: in tolate 10 persone in piede di pace: stessa cifra in caso di guerra Compagnia Un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente in prima, un tenente in seconda, un sergente maggiore, 4 sergenti, un furiere, 4 caporali, 4 mastri-operai (ovvero un fabbro, un calafato, un carrozziere, un lattoniere o calderaio), 48 pontonieri di cui 24 battellieri e 24 operai, un tamburo, per un totale di 68 in pede di pace e 100 in piede di guerra. *** Morirà nel 1806 a Sessa Aurunca in Italia dopo essere stato Ispettore generale. **** I reggimenti di artiglieria a cavallo n.7 e n.8 erano stati sciolti ed il personale versato negli altri sei. Al tempo della firma della pace (18 vendemmiaio) c’erano 38 battaglioni del treno che furono ridotti ad 8 battaglioni ognuno di 6 compagnie. 8 Battaglioni del Treno 4 agosto (16 termidoro) 1801 6 compagnie Stato Maggiore Un capitano comandante, un tenente aiutante maggiore, un quartiermastro sottotenente, un aiutante sottufficiale, un artista veterinario, un mastro trombettiere, un capo forgia, un mastro sellaio, un mastro sarto, un mastro ciabattino per stivali, in totale 10 in tempo di pace, come in tempo di guerra. Un ufficiale di Sanità si aggiungerà più tardi. 27 Compagnia Un tenente, un sottotenente, un maresciallo d’alloggio capo, 4 marescialli d’alloggio, un furiere, 5 brigadieri, 2 marescialli maniscalchi, 2 sellieri, 59 soldati e 2 trombettieri per un totale di 78 in pace e 100 in tempo di guerra. Le compagnie di operai erano state portate a 15, compresa una compagnia operai piemontese, ammessa all’armata per Ordinanza dell’8 fruttidoro anno IX. Compagnia Operai Compagnia 15 compagnie Un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente di seconda, un sergente maggiore, 4 sergenti, un furiere, 4 caporali, 4 mastri armieri, 8 primi operai, 16 secondi operai, 24 apprendisti ed un tamburino; in totale 67 in pace e 100 in guerra. Compagnia Cannonieri veterani Compagnia 13 compagnie Un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente di seconda, un sergente maggiore, 2 sergenti, un furiere, 4 caporali, 39 veterani ed un tamburino; in totale 52. Per decisione Consolare del 27 pratile anno X, le 130 compagnie guarda coste erano state sciolte e incorporate tra le truppe repubblicane. Da quelle compagnie si formarono, inoltre, quattro battaglioni, detti Guardacoste, desinati al servizio di fanteria nelle colonie. L’artiglieria della Guardia Consolare ebbe una sua personale organizzazione: uno Stato maggiore generale, uno Stato maggiore del corpo, due compagnie d’artiglieria a cavallo, un parco d’artiglieria, una squadra operai ed un treno d’artiglieria autonomo. Il Decreto 8 marzo 1802 risistemava ancora una volta la Guardia. Il suo Stato maggiore perse un generale di divisione ed il generale di brigata comandante in seconda. Furono rimpiazzati da 4 generali subordinati al generale Mortier, che andava ad assumere il comando dell’artiglieria della Guardia Consolare. La norma autorizzava la costituzione di uno squadrone di due compagnie. Il 25 agosto 1802 fu costituita la seconda compagnia, grazie all’incorporazione di numerose Guide cannonieri, reduci dell’armata d’Oriente. L’artiglieria ebbe un aumento degli effettivi: lo Stato maggiore era di 15 persone, 90 uomini servivano l’artiglieria con l’aiuto di una ventina di operai. Il parco ed il treno erano composti da un centinaio d’uomini. Gli effettivi del treno saranno incrementati nel 1803 di circa 290 uomini. Come si vede dallo schema qui sotto, nell’anno XII (da settembre 1803 a settembre 1804), l’artiglieria della Guardia Consolare sarà al comando del generale di brigata Nicolas Marie Songis des Courbons. Lo squadrone di artiglieria a cavallo sarà guidato dal colonnello (chef-d’escadron) Joseph Christophe Couin. Guardia Consolare Stato maggiore generale Stato maggiore del Corpo Prima compagnia: Doguereau capitano comandante Chauveau 2° capitano Eichborn 1° tenente Lafont 2° tenente Seconda compagnia: Digeon capitano comandante Dubuard dit Marin 2° capitano Berthier 1° tenente Couin Gabriel 2° tenente Parco della Guardia Cuny Garde d’artillerie Mouin condicente d’artiglieria Treno Devarenne capitano Faudoy e Leblanc tenenti Gen. di divisione Songis Aide-de-Camp Doguereau capitano Berge capitano Lefebvre Chef-d’escadron Couin Aiutante maggiore cap. Greiner Quartiermastro Robert 1° tenente istruttore Sandras 2° tenente portabandiera Sauvage 2° tenente aiutante Boisselier ufficiale medico Therin insegnante di matematica Thirion una compagnia del Treno dal 1803 saranno due e poi quattro Il numero delle Direzioni d’artiglieria fu portato a 31, comprese le colonie; furono anche decretate 5 nuove direzioni d’artiglieria, 4 nella repubblica italiana ed una all’isola d’Elba. Le scuole d’artiglieria erano 11 e nelle piazzeforti; sei di loro erano dirette da generali di brigata, le altre 5 da chefs-de-brigade. La Scuola Allievi di Châlons era comandata da uno chef-de-bataillon vice direttore, che aveva un capitano di prima classe come subordinato (come detto gli allievi erano ora 70). 28 Forza del corpo d’artiglieria dopo la pace di Amiens ufficiali sottufficiali e soldati 8 reggimenti a piedi 728 11984 6 reggimenti a cavallo 180 2352 2 battaglioni pontonieri 72 1020 8 battaglioni del treno 120 3696 15 compagnie operai 60 945 TOTALE 1160 19997 Sedi dei regg. d’artiglieria Reggimento comandante nel 1802 1802 Riassumendo: il 16 giugno c’erano stati il licenziamento delle compagnie cannonieri guardacoste, alcune riorganizzate in 4 battaglioni per le colonie. Il 16 settembre (29 fruttidoro anno X) il generale Marmont diveniva Primo Ispettore generale dell’artiglieria, al posto del generale d’Aboville, nominato senatore della repubblica. Questo ex aiutante di campo di Bonaparte aveva solo ventotto anni. Ambizioso e ardente, si scontrò rapidamente con Berthier, Ministro della guerra, che gli ricordava le parole d’ordine delle sue funzioni: “sorveglianza, ispezione, progetto”. Marmont, tuttavia, non riteneva l’artiglieria una strada giusta per arrivare alla “grande gloria” che sognava. Così chiederà (ed otterrà) nel 1804, il posto di Colonnello-generale degli Chasseurs. Il posto di Primo Ispettore fu assunto da Songis, dopo il quale Napoleone nominò successivamente Lariboisière, Éblé e Sorbier (Marmont diverrà Colonnello-generale degli Chasseurs il 1° febbraio 1805, e, in seguito, Maresciallo di Francia e Duca di Ragusa. Il 4 ottobre (o 12 vendemmiaio anno XI) la scuola allievi ufficiali di Châlons sarà chiusa e riunita a Metz con quella del Genio, con il nuovo nome di Ecole d’application de l’artillerie et du génie. La nuova istituzione fu accolta con molto entusiasmo grazie al comune programma didattico. L’anno di pace vide anche un ulteriore cambiamento dei modelli delle sciabole ed (il 12 ottobre o 20 vendemmiaio anno XI) ci furono adattamenti agli Stati maggiori del Treno e dei cannonieri veterani. In pratica l’organizzazione della nuova repubblica italiana e la spedizione a Santo Domingo resero necessaria la creazione di un nono generale di divisione, aumentando lo Stato maggiore di 12 chefs-de-brigade e di 5 chefs-de-bataillon. Il sistema dell’anno XI Il citato Marmont, già comandante l’artiglieria dell’Armata d’Italia nel 1800, passò due mesi a Parigi quando Masséna aveva preso il comando d’armata e tornò quando Brune ne ricevette il comando. Ricominciò allora a rinforzare la sua artiglieria con materiale straniero, principalmente con cannoni piemontesi fabbricati all’arsenale di Torino. Dalla fine del giugno 1800 aveva incaricato lo chef-de-brigade Allix di “preparare un equipaggio di sessanta cannoni da 6 e quaranta obici secondo un nuovo modello”. Allo stesso tempo bisognava colare i pezzi e costruire i loro affusti e i loro cassoni. Rientrato in Francia, Marmont presentò una memoria in cui, forte dei suoi saggi, raccomandava alcune semplificazioni del sistema Gribeauval. Oltre alle modifiche nella costruzione delle vetture (diminuzione del numero di modelli di ruote, per esempio), propose l’adozione di un obice da 146 mm (5 pollici e 5 linee). Soprattutto però perorava la sostituzione del nuovo calibro da 6, ai due vecchi cannoni da 4 e 8, considerandolo potente quasi quanto l’8 libbre e mobile quasi quanto il 4. A seguito di quella relazione, un’Ordinanza Consolare (8 nevoso anno X - 29 dicembre 1801) creò una commissione incaricata di preparare le basi di un nuovo sistema di artiglieria, da sottoporre ad una sperimentazione. Presieduta da d’Aboville, designato come, ancora, Primo ispettore generale, questa commissione comprendeva artiglieri di qualità: La Martillière, Marmont, Andréossy, Éblé, Songis, Faultrier, Gassendi. Alcuni di questi membri, ma non tutti, facevano parte anche del Comitato Centrale d’artiglieria. La commissione propose un nuovo sistema che comprendeva: - un cannone da 24 corto, - due cannoni da 12, un modello corto, l’altro lungo, - due cannoni da 6, uno corto, l’altro lungo, - un cannone di 3 di montagna, - un obice da 5 pollici e 7 linee (148 mm calibro come i 24 libbre)24 24 “L’armée d’Italie, aveva avuto l’occasione di usare l’obice di 5 pollici e 6 linee austriaco e lo aveva trovato preferibile a quello francese” Favé, Il-defonse, op. cit., pag. 187. 29 - un mortaio da 24. Artiglieria campale: il 4 libbre, un tempo cannone da battaglione restituito al reggimento di artiglieria, aveva troppo poca portata ed effetto, e l’8 libbre, era troppo pesante per le divisioni di fanteria, nonché troppo difficile da rifornire di un numero sufficiente di colpi. Entrambi dovevano essere sostituiti con un cannone di 6 libbre, utilizzato, per altro, dalla maggior parte delle altre nazioni. Il pezzo da 6 francese doveva, inoltre, avere un calibro un po’ più grande di quello dei cannoni stranieri di 6, in modo da poter utilizzare le loro munizioni, senza possibile reciprocità. Il calibro 12 era mantenuto per la Riserva di artiglieria. L’obice di Gribeauval, troppo corto e troppo leggero, mancava di precisione e di portata, tendendo a rompere l’affusto. Sarebbe stato allungato, adottando un calibro di 24 libbre, così da poter mutuare le munizioni con i cannoni da 24 d’assedio e da piazzaforte. Il tiro a palle cave, anche con i cannoni, sembrava, infatti, diventare possibile a causa dei progressi della metallurgia, che offriva granate più resistenti, grazie anche all’imbragatura di quest’ultime, che impediva di rollare nell’anima della canna. L’artiglieria da campo avrebbe avuto, quindi solo due cannoni, il 6 e il 12, di 17 calibri di lunghezza e un obice di 24 lungo 5 calibri. Artiglieria da montagna: doveva avere due cannoni (uno da 3 libbre ed uno da 6 corto) ed un obice da 24 leggero. Tutti i pezzi dovevano essere scomponibili e trasportabili a dorso di mulo. I due ultimi calibri erano analoghi a quelli dell’artiglieria campale, mentre il cannone da 3 libbre era più corto e più leggero dell’omologo pezzo piemontese, che già era risultato soddisfacente. Due degli affusti da montagna avrebbero avuto la mobilità di traini adatti al passaggio sui sentieri, mentre l’affusto da 3 libbre sarebbe stato portato a dorso di mulo assieme a tutte le case di munizioni. Senza parlare delle proposte dedicate all’artiglieria d’assedio, vetture, cassoni e munizioni, le soluzioni proposte dalla Commissione erano davvero innovative. Gli undici modelli di pezzi campali di Gribeauval dovevano essere ridotti a tre, per diminuire la pletora dei ricambi da commissionare. Innovazioni numerose e radicali cambiamenti, per i quali la Commissione dell’anno X raccomandava di subordinare l’adozione all’esperienza, ma dove le idee arrivavano direttamente da Bonaparte, ed erano ottime. Favé avrebbe commentato: “Era un programma che poteva essere un buon punto di partenza per una sperimentazione e fu trasformato in una decisione definitiva.”25 Dopo più di 50 sedute spossanti non tutte le proposte furono ben accette a tutti i membri della Commissione. Gassendi era francamente contrario, e diceva: “Non si è semplificato né perfezionato nulla, ma al contrario si è reinventato male.” Eblé, Songis e Andréossy non sembravano molto favorevoli. Si rimproverava il costo elevato dell’operazione, calcolando che si disponeva ancora di 2.700 cannoni da 4 e da 8, con 3 milioni di palle. Però il Primo Console era favorevole e questo bastava. A Sant’Elena racconterà di aver voluto sostituire i pezzi da 6 a quelli da 4 e da 8 perché “l’esperienza gli aveva dimostrato che i generali di divisione di fanteria facevano uso indistintamente dei pezzi da 4 o da 8, senza badare all’effetto che volevano produrre”. Quanto alla sostituzione dell’obice da 6 pollici con quello da 5 pollici e 6 linee, lo approvava a causa del peso delle munizioni (la cartuccia del secondo pesava solo 2/3 di quella del primo) e il fatto che “L’obice da 5 pollici a 6 linee si trovava ad avere lo stesso calibro dei pezzi da 24 libbre, che erano così comuni nei nostri equipaggi e nelle nostre piazzeforti”. Dichiarava che queste modifiche al sistema Gribeauval erano già “passate nella sua mente ... [Gribeauval] Aveva riformato molto, aveva semplificato molto... ma bisognava ancora semplificare, uniformare, ridurre fino ad arrivare al sistema più semplice”. Grazie a quel potente patrocinio, fu deciso che le proposte della commissione sarebbero state sottoposte a sperimentazione. A Strasburgo si fecero alcuni esperimenti per determinare le lunghezze delle bocche da fuoco previste; si fecero delle prove su alcuni affusti e si cominciò a iniziare la fabbricazione. Ma gli oppositori di questo sistema non avevano intenzione di cedere. Essi si sentirono più liberi di manifestare, quando Marmont, propugnatore e sostenitore, il più determinato, del nuovo sistema, lasciò nel 1804 il posto di Primo Ispettore Generale d’artiglieria. Da allora, e durante tutto il periodo imperiale, il sistema dell’anno XI fu sempre messo in discussione. Alla fine del 1808 una Circolare indicava che, fino a nuovo ordine, non sarebbe stato più colato alcun pezzo da 6 libbre, modello anno XI “visto che ne esiste già un numero abbastanza considerevole per gli equipaggi di campagna”. L’eccesso in cannoni da 6 libbre proveniva, in parte, dalle numerose catture di guerra delle campagne precedenti; questo tipo di materiale era molto diffuso nelle artiglierie straniere. Un rapporto del gennaio 1809 indicava, all’Imperatore, che del nuovo sistema restavano solo i cannoni da 6, il cannone da 3 da montagna e l’obice da 5 pollici e 6 linee. Il 16 gennaio 1810 fu creata una Commissione per valutare una soluzione definitiva. Presieduta da Songis, al tempo Primo Ispettore Generale, comprendeva i generali Andréossy, 25 Favé, Ildefonse, op. cit. vol. 5, pag. 48. 30 Lariboisière, Ruty e d’Aboville (uno dei figli di quello di Valmy). Essa espresse un parere sfavorevole a tale sistema. Alla fine, di tutto il sistema dell’anno XI, furono costruiti solo il cannone da 6 e l’obice da 5 pollici e 6 linee. Il 6 libbre soppiantò i pezzi da 8 e da 4 nell’armata. Secondo Gourgaud, allora Aiutante di campo dell’Imperatore, la Grande Armée partì per la campagna di Russia con più di 260 pezzi da 6, una trentina da 4 e nessun cannone da 8. Poi va considerato che quasi tutti i cannoni da 6 libbre furono persi durante le campagne del 1812 e 1813. Il generale Ruty scrisse, nel dicembre 1814, che c’erano più pezzi e proiettili da 4 e da 8 che da 6. “Non c’è da stupirsi” scriveva il generale Challéat nella sua Histoire technique del’artillerie de terre en France, “che il sistema dell’anno XI, d’altronde portato a termine solo in parte, fosse scomparso nel 1815 senza lasciare tracce”. Il sistema dell’anno XI fu eseguito solo parzialmente, e scomparve senza lasciare tracce. nonostante fosse stato concepito e approvato da generali, guidati da una cospicua istruzione ed una lunga esperienza di guerra, anche se fu decretato grazie all’approvazione e, si può dire, alla collaborazione di un uomo di guerra incomparabile, lui stesso ufficiale di artiglieria. “Queste circostanze non esimono la storia dall’esame delle cause che fecero fallire il sistema dell’anno XI. In artiglieria, come in guerra, lo studio attento di una grande battuta d’arresto è tanto istruttivo quanto la ricerca delle cause di importanti successi.”26 1803 (altri eventi) Il 17 gennaio (o 27 nevoso anno XI) esce il Regolamento per le forge, le fucine dove si facevano le canne con le colate metalliche. Si creò il Servizio dei controllori ed, ovviamente, anche i controllori. Il 23 marzo (2 germinale anno XI) fu emanata l’Ordinanza sull’avanzamento di carriera in artiglieria. Un’Ordinanza del 30 aprile rese il titolo di Colonnello agli chefs-de-brigade e ridusse a 5 il numero di chefs-de-bataillon nei reggimenti a piedi, ricreando anche il grado di Maggiore, che ebbe le attribuzioni di un tenente-colonnello. Il 30 aprile (1° fiorile anno XI) si dispose un aumento del numero delle compagnie degli 8 reggimenti a piedi (2 compagnie in più per ciascuno) e dei 6 a cavallo (una compagnia in più per ciascuno), per garantire il servizio delle colonie. Queste 17 nuove compagnie cannonieri furono così distribuite: 8 compagnie a Santo Domingo, 5 alla Martinica, la Guadalupa, Santa-Lucia, Tobago e alla Cayenna, 3 all’îles de France e la Réunion, nelle Indie e in Senegal. La compagnia a cavallo, destinata all’impiego dove fosse necessaria, fu assegnata a Santo Domingo Il 2 maggio (12 fiorile anno XI) arrivava la già citata Ordinanza che cambiava il vecchio sistema Gribeauval e lo rimpiazzava con quanto stabilito dalla Commissione consolare (rimpiazzo dei pezzi da 8 e da 4 con quelli da 6 libbre). Nonostante i detrattori i motivi della scelta erano evidenti: i nuovi calibri erano più strutturati e più forti, rispetto ai vecchi (in più la Francia aveva catturato enormi quantità di munizioni da 6 libbre austriache, bavaresi, olandesi, russe, svedesi e prussiane. L’11 maggio (21 fiorile anno XI) furono create nuove compagnie di cannonieri veterani che si andarono ad aggiungere alle 14 esistenti. Due di queste, che erano in Piemonte, erano state organizzate inizialmente a Nizza e a Saint-Tropez, le numero 15 e 16 ; e le altre due furono create in virtù di un’Ordinanza del 3 termidoro anno XI , con i numeri 17 e 18. Il ritorno dello stato di guerra contro l’Inghilterra, in virtù della rottura del trattato d’Amiens, rese necessario nuovamente difendere le coste. Il 28 maggio (8 pratile anno XI) furono reintrodotte 100 compagnie di cannonieri guardacoste, più altre 28 compagnie di cannonieri sedentari per le coste (considerate come Guardia Nazionale)27, e altre 4 compagnie cannonieri veterani. Le Direzioni d’artiglieria costiera ripartirono le 100 compagnie in questa maniera: 1 a Bruges, 2 a Lille, 4 a Saint Omer, 8 a Hâvre, 12 a Cherbourg, 18 a Brest, 14 a Nantes, 15 a la Rochelle, 1 a Baionne, 3 a Montpellier, 2 a Perpignan, 19 a Tolone, 3 in Corsica28. Il 28 giugno cambiava anche l’organizzazione dello Stato maggiore ed il 22 luglio (3 termidoro anno XI) era pubblicato un Regolamento sul servizio d’artiglieria presso le scuole. I pontonieri cambiarono le vecchie barche in rame con nuovi battelli di legno. Il 15 fiorile si ricostituiva l’artiglieria da Marina su 4 reggimenti. Ci fu anche una completa riorganizzazione per gli Impiegati in artiglieria (4 pratile e 4 messidoro). Il 21 settembre (4° giorno complementare dell’anno XI) si creava una compagnia di armaioli che doveva seguire l’armata di terra (originariamente doveva essere formata da 72 uomini, ufficiali compresi, ma dal 9 vendemmiaio anno XIII gli effettivi furono portati a 99). Gli esperimenti fatti a Douay e a Strasburgo, con i nuovi materiali, 26 Favé, Ildefonse, op. cit. vol. 5, pag. 45. 27 5 furono inviate a Belle-Isle, 1 a Ouessant, 2 all’isola di Groix, 2 all’isola di Bréhat, 1 all’isola di Baz, 1 alle Sette-Isole, 2 all’isola Dieu, 2 all’isola di Noirmoutier, 4 all’isola di Ré, 4 all’isola Oléron, 4 all’isola d’Elba. 28 Ogni compagnia cannonieri guardacoste aveva: due ufficiali (1 capitano, 1 tenente), un sergente maggiore guarda magazzino principale, 4 sergenti, 6 caporali, 8 appuntati, 96 cannonieri, 2 tamburi – totale 121. 31 dissero che le migliori gittate erano raggiunte dai pezzi da campagna lunghi, con anima di 18 calibri (in pratica però le anime dei pezzi non andarono oltre i 17,2 calibri). Pezzi dell’anno XI calibro diametro palla lunghezza canna peso palla M1803 12 lb 121,3 mm 120 mm 16,8 calibri 6,1 kg 2 kg M1803 6 lb 95,9 mm 94 mm 16,6 cal. 3 kg 1,1 kg M1803 obice 7 lb 151,5 mm 149 mm 5 calibri 6,6 kg 1,1 kg M1808 6 lb 95,9 mm 94 mm 17,2 calibri 3 kg 1 kg M1808 obice 24 lb (5,9 poll) 148 mm 146,1 7 calibri 6,1 kg 1 kg peso cartuccia Pezzi modificati nel 1808 1804 Come detto il 1° febbraio (11 piovoso anno XII) un Decreto promosse il generale Songis a Primo Ispettore d’artiglieria, al posto del dimissionario Marmont. Il 18 maggio (28 fiorile, data dell’incoronazione di Bonaparte a Napoleone I29) quel titolo di Primo Ispettore lo farà diventare Grande Ufficiale dell’Impero. Il 18 maggio 1804 la Guardia consolare prese il nome di “Guardia imperiale”, anche qui nel giorno dell’incoronazione. Napoleone andrà ad occuparsene personalmente, facendone il corpo d’armata d’élite della Grande Armée. Per Decreto del 29 luglio 1804, lo squadrone d’artiglieria a cavallo della Guardia consolare fu integrato nella Guardia imperiale. Quel 29 luglio, l’artiglieria della Guardia aumentava, portata a 2 compagnie a cavallo e a 4 compagnie del Treno, più una sezione di Operai. La nuova Guardia Imperiale comprendeva 216 cannonieri e 461 soldati del Treno. La prima artiglieria della Guardia Imperiale Stato maggiore = 22 Compagnie a cavallo = 97 2 compagnie a cavallo Colonnello, 2 Chefs d’escadron (ognuno al comando di una compagnia), 1 quartiermastro, 1 aiutante maggiore, 2 sotto aiutanti maggiori, tenenti o sottotenenti ( di cui uno assegnato al Treno) – 1 tenente istruttore – 1 porta stendardo, 2 ufficiali di sanità, 1 professore di matematica, 1 aiutante sottufficiale per il Treno, 1 artista veterinario, 1 aiuto artista veterinario, 1 brigadiere trombettiere, un ufficiale postale (vaguemestre) con il grado di maresciallo d’alloggio, 5 mastri artigiani (sarto, sarto per biancheria, ciabattino per stivali, sellaio, armaiolo e “speroniere”) 1 capitano chef-d’escadron (di Stato maggiore), tre ufficiali (1 capitano in seconda, 1 tenente di prima ed 1 tenente in seconda), 1 maresciallo d’alloggio capo, 6 marescialli d’alloggio, 1 furiere, 6 brigadieri, 4 artificieri di cui uno per ambo le compagnie, 54 cannonieri di prima classe, 38 cannonieri di seconda classe (con due sarti), 3 trombettieri, 1 maresciallo maniscalco. Impiegati = 9 Compagnia Operai della Guardia= 19 1 Guardia d’artiglieria, 4 sotto guardie, 4 conducenti Capitano in seconda, 1 sergente, 1 caporale, 4 operai di prima classe, 6 operai di seconda classe, 6 apprendisti Treno della Guardia 4 compagnie = 1 capitano Compagnia del Treno = 115 1 tenente o sottotenente, 1 maresciallo d’alloggio capo, 4 marescialli d’alloggio, 1 furiere, 4 brigadieri, 26 soldati di prima classe, 72 soldati di seconda classe, 2 calzolai, 2 trombettieri, 2 marescialli maniscalchi. Il 1° ed il 31 ottobre due Decreti normarono il personale. Il Decreto del primo ottobre (9 vendemmiaio anno XIII) aumentava il numero dei generali di brigata a 15. Nove di loro dovevano essere assegnati nelle piazzeforti, alla direzione delle scuole di Douai, La Fère, Metz, Strasburgo, Auxonne, Grenoble, Rennes, Tolosa e Torino, più tardi trasferita da Alessandria. 29 Nel 1802 Napoleone, monarca ancora senza corona, era stato nominato Console a vita. Infine il Senato, con un atto poi sancito da un nuovo plebiscito, il 18 maggio 1804 proclamò Napoleone imperatore dei Francesi. Sarà incoronato il 2 dicembre 1804, nella Cattedrale di Notre-Dame. 32 In seguito ai cambiamenti indicati, la forza del corpo ammontava, alla fine del 1804, a 26526 uomini in pace, che sarebbero diventati 35865 in caso di guerra; il numero non comprendeva 14 compagnie di cannonieri veterani e 128 compagnie di cannonieri guarda-coste (in totale circa 52739 uomini - Treno incluso; e 43400 sul piede di pace). L’artiglieria ebbe il titolo di Corpo imperiale. Il 13 novembre (22 brumaio anno XIII) furono fatte aggiunte al Regolamento del 13 novembre 1800 riguardante le manifatture delle armi. L’artiglieria da Marina e Trafalgar Il 21 ottobre 1805 la Royal Navy affrontò una flotta combinata franco-spagnola nelle acque dell’Atlantico al largo della costa sud-occidentale della Spagna, appena a ovest di Capo Trafalgar, vicino a Los Caños de Meca (Cadice). La flotta britannica colse la vittoria navale più decisiva della guerra. Ventisette vascelli da guerra britannici, sotto il comando dell’ammiraglio Horatio Nelson a bordo della HMS Victory, sconfissero trentatré navi da guerra franco-spagnole, agli ordini dell’ammiraglio francese Pierre Charles Silvestre de Villeneuve. La flotta franco-spagnola perse ventidue navi, senza che una sola nave britannica andasse perduta. In quella decisiva sconfitta non ci furono solamente i meriti dell’Ammiraglio Nelson, ma anche demeriti della Marina repubblicana e dei suoi “scarsi” artiglieri. Per capirne il motivo è necessario partire dagli inizi della Rivoluzione. Nel 1792, la Marina aveva 4 reggimenti di fanteria ed uno di artiglieria composto da uno Stato maggiore generale (un generale ispettore ed una ventina di ufficiali) più i due reggimenti formati per creare il Corps royal des colonies (che diverrà l’8° reggimento cannonieri) e il Corpo Reale dei cannonieri da Marina (Corps royal des canonniers matelots). Gli artiglieri prestavano servizio ai forti ed alle batterie, avendo completa autorità su tutta l’artiglieria dei porti. Al tempo dell’assedio di Tolone, nel 1793, l’artiglieria della marina, bloccata dentro la città, si unì alla popolazione, contro la Convenzione nazionale. Questa allora abolì, nel 1794, i reggimenti cannonieri di Marina, credendo che quelle guarnigioni rappresentassero un pericolo permanente in città poco sicure come Tolone e Brest (l’8° reggimento cannonieri passava all’armata di terra). I cannonieri furono dichiarati “non civici” (più o meno incivili, non cittadini) e rimpiazzati da Volontari nazionali, ignoranti ed indisciplinati. È semplice collegare il fatto all’inferiorità navale della Francia nei confronti dell’Inghilterra, o almeno ad una delle più importanti ragioni, malgrado la buona qualità dei vascelli. Per reagire all’emergenza, fu costituito, a fine 1795, un Corpo d’artiglieria della Marina ma la sua organizzazione fu complicata, i loro migliori elementi furono presi per far parte della spedizione in Egitto, dalla quale pochi ritornarono, nonostante, ad Aboukir la magior parte fosse a terra a fare provviste. Nel 1802, Bonaparte stabilì che il Politecnico (École polytechnique) dovesse fornire all’artiglieria da Marina idonei ufficiali, che avevano seguito corsi annuali presso l’École d’application di Metz, assieme ai loro colleghi dell’artiglieria di terra; poi avrebbe trascorso un anno a Brest per “imparare il servizio in mare”. Sfortunatamente prima che quel decreto del 1802 andasse in applicazione ci fu Trafalgar (il progetto fu operativo solo dal 1807). In ogni caso la traccia era stata disegnata e, nel 1804, i cannonieri della Marina divennero Corps impérial de l’artillerie de la marine. Dopo Trafalgar, la flotta francese non eseguì più uscite in mare in formazione. Pertanto, a causa della crisi del personale nella Grande Armée, parecchi ufficiali del corpo furono distaccati ai reggimenti di fanti da Marina, che combattevano a terra. Infine, in febbraio 1813, i 4 reggimenti d’artiglieria della Marina passarono alle operazioni militari, combattendo come fanteria in quasi tutte le battaglie, fino alla difesa di Parigi. Dei 17000 artiglieri della Marina, andati a combattere oltre il Reno, rimarranno solo 650 effettivi al 5 maggio 1814. In quell’anno, alla prima Restaurazione monarchica, il Corps royal de l’artillerie de la Marine richiamò tutti i suoi elementi distaccati. Il Re li ringraziò con queste parole di circostanza: “Abbiamo osservato, con soddisfazione, che questo Corpo, sia pur distratto dal suo servizio originario, si è saputo distinguere in tutte le occasioni per il suo coraggio e per la sua disciplina …” ▲ Cannone da 12 della Repubblica - sistema Gribevaul. 33 Riepilogo dell’arma d’artiglieria prima della campagna del 1805 Organico di Pace Organico di Guerra 110 110 8 reggimenti a piedi 1589 x regg. tot. 12712 2230 x regg. tot. 17840 6 reggimenti a cavallo 5 a 422 u. 1 a 522 u. tot. 2632 5 a 614 u. 1 a 714 u. tot. 3782 Artiglieria della Guardia Imperiale Stato maggiore compreso 216 216 2 battaglioni Pontonieri* 546 tot. 1092 810 tot. 1620 15 compagnie Operai 67 tot. 1005 100 tot. 1500 Stato Maggiore compresi 24 ufficiali generali Sezione operai della Guardia Imperiale 19 19 18 compagnie cannonieri veterani di 77 u. 1386 1386 1 compagnia armieri 99 99 Scuola d’applicazione 91 91 Esaminatore Allievi 1 1 Scuole reggimentali 33 33 Impiegati 398 398 Impiegati della Guardia 9 9 TOTALE 19803 27106 * Le sedi dei due battaglioni pontonieri erano Pavia (II) e Boulogne (I). TRENO e COSTE Organico di Pace Organico di Guerra 6 battaglioni del Treno 478 tot. 7648 604 tot. 9684 Treno della Guardia Imperiale -- 461 15488 15488 43400 52739 100 compagnie Guardacoste a 121 uomini (12100) 28 compagnie cannonieri sedentari (3388) TOTALE SERVIZI 1805 Il 4 luglio si formava la XVI compagnia Operai. Il 20 settembre furono creati due nuovi battaglioni del Treno resi necessari dalla nuova guerra iniziata a fine agosto. Il 23 ottobre (1 brumaio anno XIV) fu distribuito il Regolamento e Istruzioni sulla contabilità dell’artiglieria (Réglement et instruction sur la comptabilité de l’artillerie). Il primo novembre furono create due nuove compagnie d’armaioli e fu formato un 11° battaglione del Treno. La proporzione dei materiali impiegati in campagna sarà ora di 2 pezzi per 1000 uomini (diverrà 3 x 1000 solo nel 1812). Nel 1805, lo squadrone d’artiglieria della Guardia, comandato dal colonnello Couin, con le sue 2 compagnie, partecipò ad Austerlitz. La sua dotazione era di 6 pezzi da 8, 4 pezzi da 4 e 2 obici, in tutto 12 pezzi di tipo Gribeauval. Ad Austerlitz appoggiò la carica della cavalleria della Guardia con i pezzi divisi in due batterie. Passata Austerlitz, ciascuna compagnia ricevette ulteriori 4 pezzi da 8 e 2 obici, arrivando alla stessa dotazione dell’artiglieria a cavallo di linea; dotazione che arrivò a 24 pezzi. In sostegno avevano, il parco d’artiglieria della Guardia era guidato dal capitano 34 Pommereuil ed il battaglione del treno, 4 compagnie, al comando del capitano Devarennes. La confusione generata dall’introduzione del sistema anno XI culminerà con la decisione di Napoleone di sospendere la produzione dei nuovi modelli; una pausa di riflessione. Generali di divisione d’Artiglieria 1805 Nicolas Marie Songis des Courbons (Songis) Troyes (Aube) 23 aprile 1761 1° Ispettore Generale Jean Baptiste Eblé Saint-Jean-Rohrbach, 21 dicembre 1758 Jean Philippe Raymond Dorsner nato a Strasburgo il 23 gennaio 1750 Jean-Pierre Lacombe-Saint-Michel Saint-Michel-de-Vax 5 marzo 1751 François Antoine Joseph Nicolas Macors Benfeld (Basso-Reno) 7 dicembre 1744 Jean-Barthélemot Sorbier Parigi 17 novembre 1762 Antoine-François Andréossy Castelnaudary 6 marzo 1761 Charles François Dulauloy comte de Randon Laon 9 dicembre 1761 François Claude Joachim Faultrier de l’Orme (Faultrier) Metz 15 agosto 1760 Jacques Jean Alexandre Bernard Law de Lauriston Pondichéry 1º febbraio 1768 Guardia Édouard Adolphe Casimir Joseph Mortier Maresciallo Imperiale dal 1804 – c.te Stato maggiore artiglieria della Guardia Colonel Joseph-Christophe Couin comandante CdE Louis Dougereau CdE Armand-Joseph-Henri Digeon comandanti di compagnia Generali di brigata d’Artiglieria 1805 Jean Nicolas Seroux de Fay (Seroux) Nicolas-Grégoire Aulmont de Verrières André Joseph Lemaire Jean Jacques Basilien Gassendi Scuola di Auxerre Antoine Salva Scuola di Tolosa Jacques Marie Charles de Drouas de Boussey (Drouas) Louis-François Foucher de Careil (Foucher) Scuola di Metz Louis Joseph Auguste Gabriel Saint-Laurent Scuola di La Fère Antoine Alexandre Hanicque Scuola di Grenoble Jean Ambroise Baston de Lariboisière* Scuola di Strasburgo Louis Tirlet Scuola di Douai Thomas Mignot de Lamartinière Albert Louis Valentin Taviel Joseph Marie Pernety 59 i colonnelli 14 i Maggiori 114 Chefs-de-bataillon * Fu il comandante d’artiglieria che ruppe il ghiaccio dello stagno del Satschan ad Austerlitz e che piazzò i cannoni a Borodino. Morirà in dicembre 1812 a Königsberg dopo l’infausta ritirata di Russia. 1806 (10 marzo) Fu organizzata una IV compagnia armieri. Il 15 aprile un Decreto portava l’artiglieria della Guardia a 6 compagnie formando un reggimento a cavallo (artiglieria leggera). Lo squadrone diventava il reggimento d’artiglieria a cavallo del Guardia. Aveva ora 3 squadroni: 1° e 2° squadrone veterani (chefs d’escadron Greinier e Chauveau) e un 3° squadrone di reclute o Veliti (chef d’escadron Boulart); ogni squadrone ebbe 2 compagnie ed i pezzi erano 24: 12 da 8, 8 da 4 e 4 obici da 6 pollici, tutti del sistema Gribeauval. Sempre in quell’aprile del 1806, Napoleone incaricò ufficialmente il generale Gassendi di rimettere ordine in quel caos di artiglieria appartenente a due sistemi. Il 1° e 2° squadrone totalizzavano 24 pezzi: 12 da 8, 8 da 4 e 4 obici da 6, ancora del sistema Gribeauval. Si noti come, nel 1806, in piena campagna bellica, il sistema dell’anno XI era ancora all’orizzonte. Lo squadrone dei Veliti era di 35 tipo artiglieria a piedi con una compagnia equipaggiata con pezzi da 12 ed un’altra con pezzi da 8. Quello squadrone divenne operativo nella primavera del 1807, subito dopo la battaglia di Eylau. A quel momento il reggimento aveva in tutto 36 pezzi. Ogni squadrone contava su 120 cannonieri (da cui un totale di 360 effettivi nel reggimento). In seguito gli effettivi aumenteranno e le compagnie saranno portate a 80 uomini ciascuna. Il reggimento della Guardia partecipò alla campagna invernale (1806-1807) con i due squadroni, 1° e 2° che furono in campo a Jena (14 ottobre 1806) ed Eylau (8 febbraio 1807). A priori, le compagnie sembravano essere dotate, in campagna, di 4 pezzi da 8 e due obici da 6. Il 15 dicembre usciva il Regolamento per l’amministrazione degli arsenali. L’artiglieria di Corpo d’armata L’artiglieria di ogni corpo d’armata era comandata da un generale di divisione o di brigata appartenente all’arma, assistito, nel primo caso, da tre aide-de-camp (aiutanti campali), nel secondo caso, da uno solo. Lo stato maggiore dell’artiglieria aveva come capo un colonnello, compreso un colonnello o un maggiore, Direttore del parco, due o tre capitani aggiunti e un ispettore del treno d’artiglieria. Il colonnello capo di stato maggiore era incaricato della sicurezza generale dell’artiglieria, della trasmissione degli ordini del generale, comandante l’artiglieria, della redazione delle istruzioni necessarie per assicurarne l’esecuzione; ha anche nelle sue attribuzioni la corrispondenza con il comandante d’artiglieria della Grande Armée, con il Maresciallo comandante il corpo d’armata, e la preparazione delle situazioni del personale e del materiale dell’artiglieria del corpo d’armata. Il colonnello direttore del parco aveva il compito di comandare il parco del corpo d’armata, di mantenere, riparare e sostituire il materiale d’artiglieria, secondo le necessità. Questo ufficiale era il vero contabile dell’artiglieria del corpo d’armata, in materiali e in denaro; chiedeva i fondi necessari ai lavori dell’arma; riceveva le ordinanze di credito e ne regolava l’impiego; inviava al Ministro, dopo averli fatti firmare dal generale comandante l’artiglieria, tutti i documenti che giustificavano la sua contabilità: distinte generali, inventari generali, stati delle rimesse e dei consumi. Aveva sotto i suoi ordini due o tre vicecapitani, una Guardia principale (grado del Treno), un conduttore principale, due conduttori ordinari e un capo artificiere. L’ispettore del treno era uno chef-de-bataillon o un capitano; era responsabile della sorveglianza della ferratura, dei finimenti e del cibo dei cavalli del treno d’artiglieria, della tenuta degli uomini del treno, della contabilità che li riguardava, delle finiture, dei marescialli, di tutto ciò che riguardava la gestione dei cavalli e dei finimenti. In campagna, quando l’artiglieria di un corpo d’armata era carente di cavalli, il generale comandante rivolgeva una richiesta al generale comandante in Capo dell’artiglieria della Grande Armée. Se il direttore generale dei parchi disponeva di animali provenienti da acquisti o requisizioni, ne dava un certo numero al corpo d’armata, che ne necessitava; ma, nella maggior parte dei casi, il Maresciallo, comandante il corpo d’armata, era autorizzato a procurarsi da sé i cavalli necessari, il più delle volte per requisizione. Era l’ispettore del treno del corpo d’armata che era incaricato di questo compito importante, spiacevole e delicato ... “Sono stato nominato ispettore del treno d’artiglieria del nostro corpo d’armata .... È un lavoro di fiducia in cui gli uomini d’oggi farebbero ciò che si chiamano affari, e diventerebbero sensali di cavalli alle spalle del Governo30”. L’organizzazione dell’artiglieria, così come era stata stabilita prima della campagna del 1805, attribuiva a ciascun corpo d’armata dodici bocche da fuoco per ogni divisione di fanteria; tutti i pezzi erano dotati di un approvvigionamento e mezzo; un approvvigionamento comprendeva, oltre al contenuto delle cassette dei pezzi, un cassone per cannone da 4, due cassoni per l’8 libbre, tre cassoni per il 12 e per l’obice da 6 pollici. Queste munizioni si ripartivano così: un approvvigionamento marciava con i pezzi, un mezzo- approvvigionamento era al parco del corpo d’armata. Situazione dei materiali d’artiglieria della Grande Armée al 7 vendemmiaio anno XIV31 un approvvigionamento e mezzo rappresentava: - per singolo pezzo bocche da fuoco con il pezzo al Parco cannone da 12 libbre 225 colpi 108 colpi cannone da 8 libbre 199 92 cannone da 4 libbre 168 75 Obice da 6 pollici 160 78 30 Thiébault, Paul-Charles-François, Manuel Général du Service des États-Majors Généraux et Divisionnaires dans les Armées, Magimel, Paris 1813, pag. 366. 31 Lechartier, Georges, Les services de l’arrière à la Grande Armée en 1806-1807, pag. 65. 36 A queste munizioni, infine, si dovevano aggiungere quelle presso il Grande Parco d’Armata, che comprendeva poco più di mezzo-approvvigionamento per ogni bocca di fuoco. Dal punto di vista dei calibri, ogni artiglieria divisionale consisteva di due pezzi da 12, sei pezzi da 8, due da 4 e due obici da 6 pollici. Alla fine di luglio 1806, quando Songis ricevette l’ordine di completare l’artiglieria dei corpi d’armata stazionari in Germania, queste furono le stesse proporzioni in cifre, che assunse come base del suo lavoro. La composizione del parco, di un corpo d’armata a tre divisioni, fu calcolata in ragione di undici affusti di ricambio, nove cassoni da 12, diciotto cassoni da 8, tre cassoni da 4, nove cassoni per obici, più tre cassoni di parco, sessanta cassoni di munizioni di fanteria e tre forge; nel caso di un corpo d’armata a due divisioni, queste cifre erano ridotte di un terzo. In linea di principio, il parco dei corpi d’armata non comportava dunque bocche da fuoco: Napoleone, che si era creato un’imponente riserva di artiglieria d’armata, nella Guardia e nella divisione Oudinot, non aveva previsto, per i corpi d’armata, la costituzione di una riserva d’artiglieria di corpo. In pratica, i Marescialli distribuivano l’artiglieria alle divisioni, come volevano. Alcuni davano grossi numeri d’artiglierie divisionali e non lasciavano nulla, o quasi nulla, in termini di bocche da fuoco, nel parco dei corpi d’armata. “Il materiale dell’artiglieria di ogni corpo d’armata può spesso, secondo la volontà del generale in capo, essere suddiviso in tre divisioni di dieci pezzi, per le tre divisioni di fanteria, e una di sei bocche di fuoco per la cavalleria. Questa organizzazione richiede cinque compagnie di artiglieria a piedi e una compagnia di artiglieria a cavallo, una compagnia e mezza per divisione di fanteria, mezza – compagnia per il parco, e una compagnia di artiglieria a cavallo per la cavalleria.” (lettera di Songis a Napoleone, Vienna, 22 dicembre 180532). Dal gennaio 1807, il V corpo di Lannes riceverà dodici pezzi supplementari: li darà tutti alle due divisioni, che disporranno, così, ciascuna di diciotto pezzi; nel mese di aprile dello stesso anno, la I divisione avrà diciotto pezzi, la II 20 pezzi, il parco avrà ancora solo ricambi e munizioni. Il I corpo avrà dodici pezzi alla divisione Dupont, dieci in ciascuna delle divisioni Rivaud e Drouet, e solo una piccola riserva di sei pezzi nel parco. Il IV corpo avrà da 12 a 14 pezzi per divisione, sei pezzi con la cavalleria leggera; a volte anche alcuni pezzi distaccati con la fanteria leggera, ma solo quattro pezzi al parco. Altri Marescialli tenderanno, invece, ad imitare, l’Imperatore formandosi una Riserva d’artiglieria. Davout, ad esempio, il 1° ottobre 1806, darà otto pezzi a ciascuna divisione e dodici pezzi al parco; questa volta era un insieme decisamente importante che giustificava, al III corpo, il termine Parco di Riserva. Anche Ney diede otto pezzi ad ogni divisione e tenne da parte dodici pezzi chiamandoli Riserva d’artiglieria. Augereau destinò due pezzi da 8 libbre ed un obice alla sua cavalleria leggera, otto pezzi a ciascuna divisione e nove pezzi al Parco (Riserva). In giugno 1807 rinforzò la sua cavalleria con altre tre bocche da fuoco, riducendo le divisioni di fanteria a sei pezzi ed aggiungendo un pezzo al Parco (in tutto ora 10). La Grande Armée era stata colpita poi da una particolare situazione: la carenza di munizioni d’artiglieria, alla fine della campagna di Austerlitz. A Vienna, alla fine di dicembre 1805, il parco della Grande Armée aveva pochissime munizioni francesi. Per questo motivo si dovettero cambiare, nei corpi d’armata, molti pezzi francesi con analoghi pezzi austriaci, per i quali le munizioni abbondavano. Questo consentì di ripartire i rimanenti proiettili francesi tra i pezzi rimasti in servizio. Qualcuno, però, tentò di fare il “colpo gobbo”. Il Maresciallo Soult, adducendo una diretta autorizzazione di Napoleone, concessagli verbalmente a Schoenbrünn, si appropriò di tutte le bocche da fuoco che aveva catturato, portando la sua artiglieria divisionale a quattordici pezzi, diede sei pezzi alla sua brigata di cavalleria leggera, e conservò quattro cannoni per il parco, in modo che, nel luglio 1806, il suo corpo d’armata possedeva ben 52 pezzi ai suoi ordini; ovviamente pretese di ricevere una quantità di munizioni in proporzione. Il generale Songis montò su tutte le furie. Lui non disponeva di un numero di cavalli per trainare una simile quantità di cassoni, quindi protestò vivacemente, presso lo Stato maggiore generale, contro l’inatteso aumento dell’artiglieria del maresciallo Soult. Fece anche osservare che, se ogni comandante di corpo d’armata avesse voluto aumentare, anche solo della metà, il numero dei suoi cannoni e il suo approvvigionamento di munizioni, il Gran Parco d’artiglieria d’Armata sarebbe andato in rovina. Il Maresciallo Soult scrisse lettere su lettere per salvaguardare i suoi “cannoni austriaci”, ma lo Stato maggiore cercò un compromesso; così il corpo di Soult entrò in campagna “solo” con 48 cannoni, con buona pace di Songis. Le vittorie di Jena e di Auerstaedt, cui seguì un inseguimento energico, fecero cadere una grande quantità di materiale prussiano nelle mani dei vari corpi della Grande Armée. Non c’era, quindi, da stupirsi, che i ruolini delle situazioni mostrassero un continuo aumento dell’artiglieria dei corpi d’armata. Le divisioni del corpo del maresciallo Lannes, 32 Ad esempio, fu il maresciallo Lannes ad applicare rigorosamente le disposizioni dell’organizzazione dell’anno XIV, cioè dodici pezzi per ogni divisione e nessun pezzo al parco. Lechartier, Georges, op. cit. pag. 66-67. 37 partite con dodici pezzi, ne possedevano diciotto il 16 gennaio 1807, cifra che non sembra essere mai stata superata in nessun’altra divisione. Questi rinforzi di materiale erano dovuti all’iniziativa dei Marescialli; anche Napoleone, dal 7 novembre, pensò di aumentare di sei pezzi da 3 libbre, la dotazione di diversi corpi d’armata. Songis non fu favorevole a questo progetto, e le situazioni dei mesi successivi, per quanto riguarda quel piccolo calibro, non testimoniarono che l’idea avesse avuto un seguito. In ogni caso, il confronto dei materiali dei vari corpi, alle date del 1º novembre 1806 e del 1º maggio 1807, fece emergere, per quattro di essi, un aumento di poco più di un terzo dei pezzi. Riguardo il personale d’artiglieria, i corpi della Grande Armée comprendevano, in gennaio 1806, una compagnia d’artiglieria a cavallo per corpo ed una compagnia e mezza d’artiglieria a piedi per divisione. Questa proporzione fu leggermente aumentata nel corso dell’anno, soprattutto nell’artiglieria leggera (sinonimo di artiglieria a cavallo), e al momento dell’entrata in Sassonia, molti dei corpi a tre divisioni ebbero sette compagnie, due delle quali erano di artiglieria leggera; i corpi a due divisioni avevano quattro o cinque compagnie di artiglieria, di cui una o due di artiglieria leggera. Quanto alla ripartizione di queste unità tra divisioni e parco, ogni divisione di fanteria ricevette una compagnia e mezza a piedi, o una compagnia a piedi e mezza a cavallo. Alcuni corpi particolarmente ricchi, ad esempio il I, ebbero una compagnia a piedi e una a cavallo per divisione. A queste unità si aggiunsero poi, in ogni divisione, un distaccamento del treno d’artiglieria, forte di due ufficiali e circa centocinquanta conducenti, spesso appartenenti a compagnie di battaglioni diversi, e infine una mezza compagnia di operai d’artiglieria. Le compagnie di artiglieria leggera non avevano un numero fisso di pezzi e per giunta di calibri diversi, a seconda della missione a cui li destinava il Maresciallo comandante del corpo d’armata. Al IV corpo, la 4ª compagnia del 5º reggimento di artiglieria leggera, che era collegata alla brigata di cavalleria, serviva sei pezzi, ma questa cifra era un’eccezione, perché il corpo del maresciallo Soult era insolitamente ricco di bocche da fuoco; al VII corpo, la compagnia di artiglieria leggera del capitano Chopin, che marciava spesso con la cavalleria del corpo d’armata, serviva quattro pezzi da 8 e un obice da 6 pollici. Un distaccamento di una cinquantina di uomini del treno serviva quei pezzi ed era assegnato in modo permanente alla compagnia di artiglieria leggera, che non lasciava mai. Le compagnie a piedi servivano il più delle volte una divisione (batteria33) di sei pezzi, talvolta di sette o di otto; anche se le divisioni da otto bocche di fuoco richiedevano un numero troppo elevato di uomini e di cavalli e si maneggiavano con difficoltà, Furono gradualmente abbandonate a favore di quelle da sei, alle quali bastava una compagnia per la loro gestione. Secondo le istruzioni di Napoleone, le divisioni di bocche da fuoco si componevano abitualmente di calibri diversi, a volte di due, a volte di tre. Le compagnie di artiglieria leggera non servivano mai pezzi da 12 libbre. Il più delle volte, il gruppo di cannoni, assegnati all’artiglieria a piedi, marciava in colonna, scortata dai cannonieri, dagli operai e dai pontonieri, quando la divisione ne era dotata. Per quanto riguarda il parco del corpo d’armata, esso costituiva una riserva di personale nonché di munizioni e di materiali. Oltre al forte distaccamento del Treno, necessario per gestire e guidare 150 vetture, il personale del parco comprendeva una compagnia di artiglieria a piedi, a volte due, una trentina di operai, pontonieri; in tutto da 500 a 600 uomini. Il parco del genio marciava spesso assieme al parco d’artiglieria, e gli zappatori davano un aiuto extra, utile a scortare il convoglio. Il generale Songis riteneva indispensabile avere in ogni corpo d’armata almeno 100 cannonieri per il servizio del parco; secondo lui, questa cifra bastava appena per i lavori, le riparazioni, la guardia, la scorta, per andare a prendere le munizioni al Gran Parco e raccogliere i pezzi catturati al nemico. 1807 L’8 febbraio, il generale Sénarmont si distinse alla battaglia di Preussisch-Eylau, in luglio ci sarà un’altra grande prestazione a Friedland. Il 21 luglio, a Magonza, fu fondata la 12a Scuola d’artiglieria. Il 3 novembre fu formato un 12° battaglione del Treno. L’organizzazione dell’artiglieria, prima di Friedland (14 giugno 1807) faceva chiaramente vedere che il nuovo cannone da 6 libbre dell’anno XI (settembre 1802 - settembre 1803) non aveva assolutamente rimpiazzato del tutto i vecchi pezzi di tipo Gribeauval da 8 e da 4. Dallo schema si vede come le batterie al tempo avevano una composizione variabile. La produzione dei nuovi pezzi, che avevano avuto una “pausa di riflessione” e si era arrestata riprenderà solo nel 1810. 33 Compagnia o batteria = uomini. Divisione o batteria (mezza divisione = sezione) = pezzi. La batteria era una divisione di pezzi servita da una compagnia. Non confondere con la divisione di fanteria o di cavalleria. 38 Artiglieria nel 1807 (dotazioni al 3 di maggio34) Corpo 3 lb 4 lb 6 lb 8 lb 12 lb obice obice 5l 6pa 4l 6pb obice 6” organizzazione Guardia 10 12 6 8 6 compagnie munizioni 2344 2548 1857 1709 (2 x divisione) 1ª compagnia 6 2ª compagnia 6 3ª compagnia 6 4ª compagnia 1ª divisione 2ª divisione 6 5ª compagnia 4 6ª compagnia 6 2 a 3ª divisione = 5 linee 6 punti; b = 4 linee 6 punti Div. Oudinot 6 6 3 munizioni 1770 1672 737 6 3 2ª comp. 1° a piedi 4ª cp. 3° a cavallo 6 I Corpo 22 III Corpo 7 IV Corpo V Corpo 4 VI Corpo 4 2 23 6 7 23 10 8 4 10 16 9 10 3 8 6 12 4 4 4 4 10 2 16 2 6 5 5 4 VII Corpo VIII Corpo 2 24 IX Corpo X Corpo 32 4 30 9 Riserva 3 18 Italiani 8 Polacchi Parco 10 2 2 8 4 L’artiglieria della Guardia, che alle origini era una semplice compagnia a cavallo per la Guardia Consolare, aveva, ora, una diversa organizzazione rispetto a quella di linea. A differenza delle armi di fanteria e cavalleria, i cannoni erano assegnati in permanenza alle compagnie della Guardia. Talora, dopo Austerlitz, ad ogni compagnia erano stati assegnati 8 pezzi da 8 libbre e 2 obici (come per l’artiglieria a cavallo di linea ed ad Austerlitz avevano avuto una batteria di 4 pezzi da 8, 2 pezzi da 4 libbre e 2 obici). Va segnalato che, nel 1807, ad Eylau e Friedland la Guardia aveva solo quattro compagnie che servivano 24 pezzi; significava che i Veliti si erano fusi con i veterani. Significava anche che, dopo il 15 aprile 1806, quando il reggimento artiglieria a cavallo della Guardia era stato portato a tre squadroni (ognuno a due compagnie), uno dei tre squadroni era stato trasformato in artiglieria a piedi: una compagnia armata con 12 libbre, l’altra con pezzi da 8. 34 In Lechartier, Georges, op. cit. tabelle. 39 1808 In gennaio Gassendi consegnava le sue conclusioni all’Imperatore. Il generale proponeva di abbandonare il sistema anno XI e di tornare al Gribeauval, mantenendo solo la produzione dei cannoni da 6 libbre e dell’obice leggero. Da quell’anno i “vecchi” pezzi Gribeauval andranno a sparare, soprattutto, nella penisola iberica, mentre i nuovi modelli continueranno a seguire la Grande Armée. Il 12 aprile vi furono modifiche ai cambiamenti apportati il 15 aprile 1806, all’artiglieria della Guardia. (13 luglio) vi fu un aumento delle compagnie pontonieri. (11 agosto) fu decisa la creazione di 5 nuove compagnie di cannonieri guardacoste sedentari. (22 agosto) Il Treno si dotò di un 13° battaglione. L’Ordinanza d’Artiglieria dell’anno XI aveva prescritto di fondere Mortai da 5 pollici, 7 linee e 2 punti (24 libbre) capaci di tirare bombe esplosive. Napoleone nel 1808 prescrisse di far fondere Mortai da 6 pollici (capaci di tirare bombe d’obice da 6 pollici), però molto leggeri, da usare al posto dei piccoli Mortai, comuni nell’armata olandese, detti Coëhorn, e che si erano dimostrati molto efficaci. Fu anche variato il pezzo da 6 libbre da campagna, aumentando la lunghezza della canna. Per evitare di rubare alla linea le unità d’artiglieria per rafforzare la Guardia, Napoleone decise la creazione del 1° reggimento d’artiglieria a piedi della Guardia. In quell’occasione, il 3° squadrone dei Veliti fu ritirato dal reggimento a cavallo, per diventare il nucleo del 1° reggimento d’artiglieria a piedi della Guardia. Il reggimento a cavallo fu ridotto a due squadroni con quattro compagnie. Questo nuovo reggimento di artiglieria a piedi fu essenzialmente dotato di pezzi da 12 libbre. Il Decreto 12 aprile 1808 stabiliva che il 1° reggimento d’artiglieria a piedi della Guardia imperiale avesse 6 compagnie; di conseguenza fu formato anche un 2° battaglione del treno. Quattro compagnie d’artiglieria a piedi della Guardia (con le quattro a cavallo) erano in Spagna, fino a quando si inizierà a prendere atto dell’ostilità austriaca. Il 15 dicembre 1808, Antoine Drouot fu designato dall’Imperatore per il comando di questo nuovo reggimento d’artiglieria a piedi della Guardia. Boulart, che comandava allora lo squadrone dei Veliti dell’artiglieria a cavallo della Guardia, ci raccontò un’interessante annotazione: “Per capire le difficoltà di questa marcia (da Madrid a Burgos nell’agosto 1808), bisogna sapere che, sotto il sole cocente dell’arida Castiglia, non c’era ruota del materiale dell’artiglieria che non avesse sperimentato, più o meno spesso, un guasto nei suoi assemblaggi ... Questa circostanza ci fece apprezzare la superiorità delle ruote dell’artiglieria spagnola, che erano cerchiate, mentre le nostre erano a bande ... Era dunque quel calore disseccante e non lo stato dei sentieri, la causa principale delle continue e costanti rotture dei materiali.”35 1809 L’anno vide la reintroduzione dei cannonieri e dei pezzi reggimentali. Il 9 giugno l’artiglieria della Guardia ebbe 3 nuove compagnie. (6 luglio) Si combatté la grande e decisiva battaglia di Wagram, dove Gassendi afferma furono sparati 82000 colpi di cannoni. Le compagnie guardacoste n. 111 e 112 si aggiunsero alle precedenti. Il Decreto del 16 marzo 1809 creava una compagnia di Deposito (addestramento) per ciascun corpo dell’arma. Nel 1809, il reggimento di artiglieria a cavallo della Guardia partecipava alla grande battaglia di Wagram (5-6 luglio 1809). Durante la battaglia il reggimento (sempre composto da 4 compagnie a cavallo) fu dotato, finalmente, dei pezzi tipo anno XI, ovvero 24 pezzi di cui 16 (18)36 cannoni da 6 libbre ed 8 (6) obici da 24 libbre. Le quattro batterie a cavallo della Guardia, comandate dal colonnello d’Aboville e dagli chefs-d’escadron Greinier e Chauveau, furono assegnate all’appoggio della cavalleria della Guardia. Sarà proprio a Wagram che, per la prima volta, le dieci compagnie d’artiglieria della Guardia saranno riunite a formare il nucleo della famosa Grand Batterie dei “cento cannoni”, che preparerà l’avanzata della celebre “colonna Macdonald”. Le 6 compagnie a piedi servono, ciascuna, 6 pezzi del sistema anno XI (4 cannoni da 6 libbre e 2 obici per le compagnie n. 1, 2, 5 e 6, 6 cannoni da 12 libbre per la 3ª e la 4ª compagnia). Il 9 giugno 1809 Napoleone decretò la costituzione di 3 nuove compagnie di artiglieria a piedi della Guardia, reclutate come Coscritti, destinate a formare il nuovo reggimento di fanteria dei Coscritti della Guardia, ma l’invasione inglese a Walcheren ne ritardò la tempistica. L’arma d’artiglieria prima della campagna del 1809 35 Boulart, Jean-François, Mémoires militaires du général B.on Boulart sur les guerres de la république et de l’empire (1776-1842), la Librairie Il-lustrée, Paris 1892, pag. 150. 36 Secondo diversa fonte. Diégo Mané, Les régiments d’artillerie de la Garde impériale sous le Premier Empire (1804-1815), Lione dicembre 2014 e Saint-Laurent maggio 2020. Su http://www.planete-napoleon.com . 40 41 42 Stato Maggiore (Gen. di Div. Songis, 1° Ispettore) Organici n° Primo Ispettore Generale G.Uff. Imperiale 1 Generali di divisione, Ispettori generali 14 Generali di brigata, di cui 6 Ispettori generali e 9 comandanti di Scuola 16 Colonnelli Direttori 46 Chefs-de-battalion vice Direttori 51 Capitani in 2ª distaccati ai reggimenti 272 Capitani a vita a residenza fissa 20 Tenenti a vita a residenza fissa 20 Guardia 1° battaglione artiglieria a piedi 2° battaglione artiglieria a piedi Chef-de-bataillon Boulard Chef-de-bataillon Marin 3 cp 3 cp 1° squadrone Guardia 2° squadrone Guardia Chef-d’Escadron Greiner Chef-d’Escadron Chauveau 2 cp 2 cp Pontonieri Operai 1 Battaglioni del Treno 1 e 1 bis 2 Reggimenti artiglieria a piedi 1° reggimento a piedi 2° reggimento a piedi 3° reggimento a piedi 4° reggimento a piedi 5° reggimento a piedi 6° reggimento a piedi 7° reggimento a piedi 8° reggimento a piedi 8 Deposito a Strasburgo (col. Valée) Deposito a Verona (col. Doguereau) Deposito a Tolosa (col. Bouchu) Deposito a Alessandria (col. Desvaux) Deposito a Metz (col. Tugny) Deposito a Rennes (col. de Camas) Deposito a Magonza (col. Pelletier) Deposito a Boulogne (col. Aubry) Reggimenti a cavallo 6 1° reggimento a cavallo 2° reggimento a cavallo 3° reggimento a cavallo 4° reggimento a cavallo 5° reggimento a cavallo 6° reggimento a cavallo Deposito a Verona (col. Baltus) Deposito a Valence (col. Nourry) Deposito a Strasburgo (col. ?) Deposito a Verona (col. Faure de Giers) Deposito a Besançon (col. Berge) Deposito a Metz (col. Charbonnel) Battaglioni Pontonieri 2 1° battaglione 2° battaglione Deposito a Verona (Dessalles) Deposito a Strasburgo (Chapuis) Compagnie operai d’artiglieria 16 Compagnie armieri 4 Battaglioni del Treno 26 compagnie cannonieri guardacoste 111 c. cannonieri guardacoste sedentari 28 compagnie cannonieri veterani 18 Generali di divisione d’Artiglieria 1809 Nicolas Marie Songis des Courbons (Songis) 1° Ispettore Generale Jean Ambroise Baston de Lariboissière Colonnello del’’artiglieria della Guardia 43 Jean Baptiste Eblé Ministro della Guerra in Vestfalia Louis-François Foucher de Careil (Foucher) In Spagna con Lannes Jean-Pierre Lacombe-Saint-Michel in Spagna Antoine Alexandre Hanicque Armée d’Allemagne Jean-Barthélemot Sorbier Rimpiazza Lariboisière nella Guardia Antoine-François Andréossy Ambasciatore a Vienna Charles François Dulauloy In Olanda a Walcheren Jean Nicolas Seroux de Fay (Seroux) con Bernadotte ad Anversa Jacques Jean Alexandre Bernard Law de Lauriston Aide de camp Imperiale Jean Jacques Basilien Gassendi Consigliere di Stato Capo divisione artiglieria Ministero della Guerra Louis Joseph Auguste Gabriel Saint-Laurent Armée du Nord Bernadotte Joseph Marie Pernety al IV corpo di Masséna Alexandre-Antoine Hureau de Sénarmont in Spagna Guardia Jean Ambroise Baston de Lariboissière colonnello di Stato magg. Antoine Drouot maggiore artiglieria a piedi Augustin-Marie d’Aboville maggiore artiglie ria a cavallo Il Ritorno dell’artiglieria reggimentale L’artiglieria dipendente dalla fanteria, reggimentale o cannoni di battaglione, scomparsa dalle demi-brigade della Repubblica nel 1798, rinasceva il 24 maggio 1809, quando Napoleone ordinò di assegnare due pezzi austriaci da 3 libbre e due cassoni a ciascun reggimento del corpo d’armata del maresciallo Davout, nonché al 5° reggimento di fanteria leggera e al 19° reggimento di fanteria di linea. Il 25 maggio, ogni reggimento del corpo d’armata del maresciallo Masséna e le demi-brigade del generale Oudinot ricevettero anch’essi due pezzi. Due giorni dopo, questa decisione fu ulteriormente estesa al corpo del viceré d’Italia e a quello del generale Marmont. Anche il maresciallo Bernadotte fece armare di cannoni leggeri i reggimenti della sua divisione francese, agli ordini del generale Dupas. Il 9 giugno, un Decreto riorganizzerà meglio quelle nuova artiglieria reggimentale. I reggimenti di fanteria interessati alla riforma furono, di fatto i seguenti numeri: Fanteria di linea: 2, 3, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 17, 18, 19, 21, 23, 24, 25, 27, 29, 30, 33, 35, 37, 42, 46, 48, 52, 53, 56, 57, 60, 61, 62, 65, 72, 79, 81, 85, 92, 93, 94, 95, 102, 105, 106, 108, 111 e 112. Fanteria leggera: 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 18, 22, 23 e 24. “Il II Corpo d’armata si accampò sulla riva destra del Danubio, tra l’isola di Lobau e Vienna. Mentre si fortificava l’isola con grande attività, ebbi la commissione di organizzare l’artiglieria reggimentale. C’erano ancora, nei nostri reggimenti di fanteria, ex soldati, inizialmente impiegati nell’artiglieria campale, di fronte a Boulogne: li feci uscire dalle loro compagnie. Questa artiglieria di reggimento era organizzata, per ogni reggimento di fanteria di linea o di fanteria leggera, di due pezzi da quattro o da sei, serviti da una squadra formata da 31 uomini, vale a dire: 24 cannonieri, un tenente comandante, un sottotenente, due sergenti, due caporali e un tamburo. Fu dato loro il soldo dell’artiglieria a piedi e furono fatti iniziare i loro esercizi e lo studio delle piccole manovre, fino al primo luglio, quando il II corpo, di cui eravamo ancora parte, rientrò all’isola di Lobau, ma, questa volta, con alla testa il generale Oudinot: e, il 3 luglio, fu passato in rassegna, alla destra dell’isola, dall’Imperatore.”37 Fu così che i Francesi, per qualche periodo, combatterono con cannoni dagli affusti giallo ocra invece di verde scuro. Già, perché ogni nazione colorava gli affusti di cannoni in maniera diversa. Artiglierie europee colori 37 Séruzier, B.on Mémoires militaires du Bon Séruzier, pag. 157. 44 affusto cassone a metallo b Assia Darmstadt blu medio nero Baden verde scuro nero Nazione a affusto cassone metallo Austria ocra nero Baviera grigio blu nero Nazione Berg nocciola ferro lucido Braunschweig celeste nero Danimarca rosso ottone Francia verde scuro nero Gran Bretagna grigio blu nero Italia grigio med. nero Napoli (rep.) celeste nero Olanda arancio ferro luc. Polonia verde scuro ferro luc. Portogallo legno nat. ferro nat. Prussia blu medio nero Russia verde ferro luc. Sassonia grigio scuro ottone Svezia verde blu nero Spagna (Borboni) rosso nero Vestfalia verde affusto, ruote, cassoni e parti del traino b Tutte le parti metalliche del pezzo a parte la canna in bronzo. nero La disparità dei pezzi di artiglieria recuperati causò molte difficoltà. Infatti, accanto ai cannoni presi agli austriaci, in numero insufficiente, si trovarono pezzi prussiani o piemontesi, che bisognava ridipingere e per le quali mancavano i ricambi. Per far fronte all’approvvigionamento di munizioni, si attivò la produzione manifatturiera. C’era anche la necessità di reperire i cavalli necessari al traino di quei materiali. Infine, essendo l’artiglieria considerata da sempre un’arma “sapiente”, si dovettero formare ex fanti e ufficiali al complesso servizio dei cannoni. Per questo motivo, solo pochi reggimenti di fanteria furono in grado di mettere in linea la loro artiglieria nella battaglia di Wagram, che avvenne il 5 e il 6 luglio. In seguito, il nuovo sistema fu messo in pausa “di riflessione” e le compagnie furono sciolte, ad eccezione di quelle dei reggimenti stazionati in Germania o nelle Province Illiriche. Dopo la battaglia di Znaim, il capitano Desboeufs, allora sottotenente dell’81° reggimento di fanteria di linea, fu incaricato, dal suo colonnello, di formare la compagnia di artiglieria reggimentale con l’aiuto di un tenente. “Il colonnello aveva ricevuto l’ordine di formare una compagnia d’artiglieria reggimentale, fatta di 64 tra cannonieri e soldati del Treno, comandata da un tenente e da un sottotenente, e mi assegnò a quest’ultimo ruolo, incaricandomi di collaborare con il tenente all’organizzazione e all’istruzione di quella nuova compagnia. Avevamo ricevuto due pezzi da 4 libbre, cassoni e vetture. Ed eccomi a cavallo, con le pistole all’arcione, la sciabola sul fianco, per fare eseguire la manovra del cannone, secondo le istruzioni dell’artiglieria leggera”, diceva38. Da quel momento l’unità raggiunse le Province Illiriche – ovvero l’ex Croazia militare austriaca- ed il suo memoriale narrava, con grande dettaglio, le peripezie nella circolazione delle sue vetture su strade fangose e disseminate di burroni e ostacoli vari. La sua artiglieria servì in spedizioni di frontiera contro i turchi, che praticavano razzie. Richiamato in Spagna, nel 1810, e avendo lasciato i suoi pezzi in Germania, l’81° reggimento di fanteria di linea ricostituì la sua compagnia con materiale prelevato nel sud-ovest. L’11 febbraio 1811 l’artiglieria reggimentale fu riattivata nei reggimenti del Corpo di Osservazione dell’Elba. Le unità interessate ricevettero quattro cannoni. Quella misura fu poi estesa a tutta la Grande Armée, che si preparava ad entrare in Russia. Di fatto, ogni reggimento ricevette due pezzi, accompagnati da una forgia e da cassoni. La compagnia di artiglieria di fanteria, fu divisa in tre squadre (per due pezzi) o cinque squadre (per quattro pezzi). La prima o le prime due servivano i pezzi, le altre si occupavano del trasporto. La compagnia era posta sotto il comando di un capitano, un tenente e un sottotenente, se cinque squadre, e un tenente e un sottotenente, se tre squadre. Un sergente guidava ogni squadra. Gli ufficiali erano a cavallo e la compagnia aveva un tamburo. La squadra che serviva i pezzi era composta di cannonieri e di operai e quella che assicurava il trasporto dei cannoni, di conducenti. Ogni pezzo o vettura erano trainati da quattro cavalli, con l’imbracatura da traino tipica dell’artiglieria francese. Questa artiglieria reggimentale scomparve quasi completamente, dispersa nelle steppe russe. Alla fine del 1812, il 3° e il 4° battaglione, di alcuni reggimenti, posizionati in seconda linea rispetto alle forze in ritirata dalla Russia, furono comunque invitati a formare anche loro una compagnia di artiglieria. Alcune combatterono l’anno successivo. 1810 38 Desbœufs, Marc, Souvenirs du capitaine Desboeufs : les étapes d’un soldat de l’Empire (1800-1815), pubblicate dalla Société d’histoire contem-poraine da M. Charles Desboeufs, nipote, Picard, Paris 1901, pag. 126-127. 45 In quell’anno fu nominata una Commissione (16 gennaio), composta dai generali Songis, Andréossy, Lariboisière, Ruty e d’Aboville, per proporre le varianti, ritenute necessarie, al sistema dell’anno XI. L’11 aprile tutto il materiale d’artiglieria assegnato ai reggimenti di fanteria nel 1819, fu soppresso. Il 18 e 20 agosto tutta l’artiglieria olandese fu riunita con quella francese; il suo reggimento a piedi prese il n.9 e lo squadrone del Treno il n. 14. La riunione dell’Olanda alla Francia portava, quindi, il numero dei reggimenti a piedi a nove, quello dei reggimenti a cavallo a sette (anche se il settimo sarà sciolto poco dopo), le compagnie operai divennero 1839, quelle degli armieri, cinque, e, come detto, gli squadroni del Treno, 14. I Decreti 18 agosto e 21 settembre 1810 fissarono i numeri citati, cui si aggiunsero le compagnie di cannonieri veterani, portate a 1940 e le Direzioni, ora 43. Il l5 e 19 settembre furono costituite altre 9 nuove compagnie di cannonieri Guardacoste41. Il 26 ottobre moriva tragicamente, davanti a Cadice, durante l’assedio, il celebre tenente generale Sénarmont, colpito da un obice che uccideva anche il colonnello Degennes ed il capitano Pinondelle (il cuore del generale sarà tumulato nel Panthéon nel giugno 1811). All’assedio di Cadice erano stati usati alcuni prototipi di obici, proposti nel 1805 dal colonnello de Villantroys. Intanto il 21 e 26 dicembre si crearono nuove Direzioni d’artiglieria insieme alle compagnie cannonieri guardacoste n. 138, 139 e 140. Il 27 dicembre moriva il conte Songis, 1° Ispettore generale d’artiglieria e Grande Ufficiale dell’Impero. 1811 Il 29 gennaio vi fu una riforma nell’organizzazione del treno ed il 20 febbraio il conte Lariboisière fu nominato Primo Ispettore generale d’artiglieria, in sostituzione di Songis. Il 30 aprile si decise di aumentare il numero degli ufficiali superiori creando: un Direttore generale delle fonderie, con funzioni analoghe al Direttore generale delle forge, per il controllo di manifatture esistenti già dal 1780. Il Decreto 4 maggio 1811 rinominava l’artiglieria a piedi dei Coscritti della Guardia come “artiglieria della Nouvelle-Garde (nuova Guardia)”, ma di lì a poco prenderà il definitivo nome di “artiglieria della Giovane Guardia”. Ogni sua compagnia doveva servire 8 pezzi che, dal dicembre del 1809 in Spagna, erano stati dei 4 libbre Gribeauval, cambiati a Bayonne con pezzi da 6 libbre nuovi di zecca. Il 4 maggio anche il Treno dell’artiglieria della Guardia ebbe una riforma organizzativa. Il 18 maggio sorgeva una nuova, ennesima, compagnia di cannonieri guardacoste. Il 14 luglio il Treno d’artiglieria assume la seguente formazione. 1811 risistemazione del Treno in vista della campagna del 1812 17 battaglioni Con 781 ufficiali e soldati 10 battaglioni 1007 ufficiali e soldati (in piede di guerra) Il 20 vendemmiaio anno XI il numero dei battaglioni del Treno era stato fissato a 8 arrivando, successivamente, a 10 (Decreto del 3° complementare anno XIII) e poi a 11 (Decreto dei 12 brumaio anno XIV). Man mano che le guerre proseguivano il numero era destinato ad aumentare, a 12 per un’Ordinanza del 3 novembre 1807, a 13 per Decreto del 2 agosto 1808, e, infine, a 14 per Decreto del 18 agosto 1810. Questi battaglioni potevano raddoppiare di numero in caso di guerra: il che accadde regolarmente fatta eccezione per il n. 14 che rimase singolo (vedi tabella). Tutto quanto era impiegato nelle armate, riguardo quei battaglioni, era al comando di uno chef d’escadron, e poteva ricevere compagnie sovrannumero; ma dal 1813, tutti i battaglioni messi “sul piede di guerra” ebbero la medesima organizzazione. Il 21 settembre fu creata la V compagnia armieri42 ed una nuova compagnia per il 1° battaglione pontonieri. Il 12 novembre furono create due nuove compagnie cannonieri guardacoste ed, un mese dopo, l’artiglieria a piedi della Guardia ebbe una compagnia in più. 1812 39 Come già detto l’organizzazione del 20 vendemmiaio anno XI aveva portato le compagnie operai a 15; un Decreto del 15 messidoro anno XIII ne aggiunse una 16ª; l’ultimo Decreto del 18 agosto 1810, fece formare due nuove compagnie, arrivando ad un totale di 18; infine sarà il Decreto del 10 marzo 1813, a creare la 19ª, che era interamente fatta di Spagnoli. 40 L’organizzazione del 20 vendemmiaio anno XI aveva portato il numero delle compagnie di cannonieri veterani da 13 a 14; alle 14 si aggiunsero altre 5 nuove compagnie di cannonieri veterani ovvero: 2 il 21 fiorile anno XI, altre 2 il 3 termidoro dello stesso anno ed infine una con il n° 19, a causa dell’annessione olandese. 41 Abbiamo già detto che la nuova guerra contro l’Inghilterra aveva generato ben 100 compagnie di cannonieri guardacoste ; il numero poi salì a 125 e poi a 145; oltre a quelle, l’11 pratile anno XI, erano state create altre 33 compagnie cannonieri guardacoste dette “sedentarie” perché, per lo più, destinate al servizio nelle isole. 42 La compagnia d’armieri, nata dall’Ordinanza del 4° giorno complementare anno XI, fu affiancata da altre 2 il 10 brumaio anno XIV; la I com-pagnia fu duplicata il 10 marzo 1806, portando il numero 4; una V compagnia fu attivata nel 1811, in settembre e, infine, una VI compagnia, il 15 novembre 1813, con il numero 5 bis. 46 Il 18 gennaio la Guardia sarà arricchita da una compagnia di cannonieri veterani. L’arma sarà portata dai 60837 uomini sul piede di pace fino a 88496, tra ufficiali e soldati, sul piede di guerra. La struttura dell’artiglieria della Guardia era rimasta la stessa del 1809. Per la campagna del 1812 in Russia le compagnie della Giovane Guardia furono richiamate dalla Spagna, riprendendo i pezzi da 4 libbre come dotazione. Il 12 dicembre 1811 era stata creata anche la IV compagnia della Giovane Guardia, con la stessa dotazione delle altre, che ora tornava ad essere di 8 pezzi da 4 libbre. Le compagnie della Vecchia Guardia servivano, ciascuna, 8 pezzi (6 cannoni da 12 libbre e 2 obici a lunga gittata per le compagnie n. 5 e 6, 6 cannoni da 6 libbre e 2 obici “ordinari” per le restanti quattro compagnie, tutti pezzi del sistema anno XI). Il reggimento farà tutta la campagna di Russia dove scomparirà quasi interamente; tutte le compagnie della Giovane Guardia non riportarono alcun pezzo, mentre le ultime cinque della Guardia a piedi e di tutta l’armata furono abbandonate fuori Vilna, il 7 dicembre 1812, ai piedi del Monte Ponary, che non potevano risalire perché ghiacciato, dopo che Drouot in persona aveva esaurito tutte le munizioni scaricandole contro i Cosacchi, prima di ritirarsi per ultimo. Il 29 febbraio nasceva l’ennesima compagnia cannonieri guardacoste e nei giorni 10, 14, 15 e 20 marzo si formavano una 19a compagnia Operai e si operarono cambi nei ranghi delle 18 precedenti come anche nelle 5 compagnie armieri; e poi ancora nuove Direzioni e altre due compagnie cannonieri guardacoste. A Siviglia, furono fusi alcuni Obici da 10 pollici (1 linea e 6 punti) che avevano una gittata superiore ai 5 km, da essere usati per l’assedio di Cadice, del modello del colonnello de Villantroys. Il 24 giugno la Grande Armée passava il Niemen con 1132 bocche da fuoco, comprensive di quelle assegnati ai reggimenti, in via straordinaria solo per quella campagna. Il 6 settembre alla battaglia di Borodino o della Moskowa si sparò quasi quanto a Wagram. In seguito agli strapazzi dell’infausta campagna in Russia, il 21 dicembre, moriva a Königsberg il generale conte Lariboisière, 1° Ispettore dell’arma. Grande Armée - 1° agosto 1812 – tipi di batterie francesi in Russia Corpo/Div unità 3 4 lib. Guardia dello Stato maggiore batt. Neuchâtel Guardia 1° Chasseur a Pied - 1 sez. leggera Guardia 2-3 lb a 4ª compagnia cannonieri Coscritti (84) 8-3 lb 1ª comp. a piedi Vecchia Guardia (95) 3ª comp. a piedi della Giovane Guardia (101) obici 6 2 6 2 4 2 8–4 lb 1ª comp. a cavallo della Giovane Guardia (81) a 12 libbre 2 1ª comp. a cavallo Vecchia Guardia (107 u.) I Corpo 6 libbre queste compagnie erano distaccamenti della 1ª e 2ª compagnia cannonieri Coscritti della Guardia brigata d’Alton compagnia leggera 4-3 lb sezione leggera regg. Baden 2-3 lb Riserva Corpo 3ª comp. del 1° regg. a piedi (116) 6 2 Riserva Corpo 11ª comp. del 9° regg. a piedi (99) 6 2 9ª comp. del 7° regg. a piedi (112) – art. IV div. 6 2 2ª comp del 5° a cavallo (98) – art. IV div. 4 2 1813 Dopo l’infelice campagna di Russia il commento del generale Susane43, sconsolato ma speranzoso, era: “Le campagne di Russia e di Sassonia, con la distruzione dei veterani, con il riempimento dei vuoti dei quadri con mobilitati, determinarono nuove esagerazioni nei numeri dell’artiglieria, arrivando ad elevare il numero del personale ... Ci si potrebbe chiedere quanto valesse questa artiglieria, necessariamente composta da coscritti come il resto dell’esercito. Ho solo una risposta a questa domanda imbarazzante. L’Imperatore sapeva che i cannonieri, qualunque fosse il motivo di questo fenomeno morale, istintivo, derivato da pregiudizi, punti d’onore o educazione, non lasciava mai il suo pezzo, vi moriva 43 Susane, Louis Général, Histoire de l’Artillerie Française, pag.231. 47 accanto, o era catturato con la bocca da fuoco. È sempre stato e, spero, sarà sempre così.” Il 2 gennaio, Napoleone ordinava la ricostituzione di due nuove compagnie a cavallo della Guardia. Il Decreto 8 aprile 1813, disporrà la creazione di un terzo squadrone. Il reggimento d’artiglieria a cavallo della Guardia, da allora, avrà 6 compagnie a cavallo ciascuna con 6 pezzi. L’organizzazione resterà così fino alla campagna del 1814, quando sarà aggiunta una VII compagnia a cavallo di artiglieria della Guardia, presa dalla compagnia della “Giovane Guardia” di Giuseppe Bonaparte, rientrato in Francia dopo la ritirata dalla Spagna. Il 2 gennaio, Napoleone, ricostituiva quattro nuove compagnie d’artiglieria a piedi della Guardia, ancor prima di aver appreso notizie sicure sulle perdite. Le quattro compagnie ebbero, una sei pezzi da 12 e 2 obici, tre sei pezzi da 6 e 2 obici. Il Decreto del 23 gennaio poi ufficialmente ricostituiva tutta l’artiglieria della Guardia. Un altro Decreto del 13 marzo 1813, per la prima volta, distinse tre reggimenti differenti per l’artiglieria della Guardia: l’artiglieria a cavallo, l’artiglieria a piedi della Vecchia Guardia e quella a piedi della Giovane Guardia. Lo stesso decreto creava un 4° battaglione del Treno. Un Decreto dell’8 aprile 1813 stabiliva la costituzione di quell’artiglieria in 20 batterie a piedi (6 della Vecchia Guardia di cui quattro da 12 libbre e 14 della Giovane Guardia) ognuno con 8 pezzi, più sei compagnie a cavallo di 6 pezzi ciascuna, per un totale di 196 pezzi; per la maggior parte furono in campo a Lutzen, Bautzen, Dresda, Lipsia ed Hanau, ed erano ancora nei ranghi al momento dell’abdicazione, nel 1814. Dopo il disastro della Russia, l’Imperatore avrebbe desiderato poter mettere in linea 1400 pezzi; quasi 5 pezzi per 1000 uomini, per i 300000 combattenti, che poté riunire nella primavera del 1813. A Lipsia, dopo le perdite subite a Lutzen, Bautzen, Kulm e Dresda, l’artiglieria francese lottò con 600 cannoni, per due giorni, contro le 900 bocche di fuoco dell’Europa coalizzata. Nel 1813, comunque, ogni reggimento d’artiglieria a piedi, regolare, ebbe 4 compagnie in più (Decreto del 21 gennaio), cui seguiva il Decreto del 1° agosto che aumentava i 9 reggimenti a piedi di altre 2 compagnie e di 1 per i reggimenti a cavallo con i numeri: 1, 2, 3 e 5. Lo stesso decreto portò a formare il Terzo battaglione Pontonieri su 6 compagnie44. Il 2 gennaio il generale Eblé fu nomitato Primo Ispettore Generale d’artiglieria al posto del conte Lariboisière, ma, in realtà. era morto il 31 dicembre 1812. Per questo motivo, il 29 marzo, immaginando si fossero assicurati sul suo stato di salute, il 1° Ispettore Generale dell’arma sarà il conte Sorbier, che sostituirà il defunto Eblé. La campagna di Lipsia fu affrontata con un equipaggio di 1062 bocche da fuoco, divise per 143 batterie. Il 30 ottobre si combattè la battaglia di Hanau, dove l’artiglieria al comando del tenente generale Drouot, riusciva ad aprire il passo alle truppe a piedi. Il capitano Yallier, propose di installare piccoli edifici armati di obici per difendere Corfù e le isole Ioniche. 1814 Il totale dell’artiglieria francese contava ora 328 compagnie (batterie): 252 a piedi (9 reggimenti), 48 a cavallo (6 reggimenti), 28 della Guardia Imperiale (6 a piedi, 6 a cavallo per la Vecchia Guardia, 15 a piedi e 1 a cavallo per la Giovane Guardia). Dopo questi incrementi la forza dell’arma al 30 marzo 1814 era di 103313 uomini sul piede di guerra. Ogni compagnia possedeva 6 o 8 pezzi, secondo il calibro (moltissimi pezzi da 6 libbre erano stati perduti tra il 1812 ed il 1813). Compagnia cannonieri a cavallo della Guardia Organico di Pace Organico di Guerra Stato Maggiore – un capitano di prima, un capitano in seconda, un tenente di prima, un tenente di seconda, 1 maresciallo capo d’alloggio, 4 marescialli d’alloggio di cui due a cavallo, 1 furiere, 4 brigadieri di cui due a cavallo, 4 artificieri a piedi, 12 primi cannonieri di cui 6 a cavallo, 36 secondi cannonieri di cui 18 a cavallo, due trombettieri 68 120 Dopo l’abdicazione dell’Imperatore l’artiglieria della Guardia fu sciolta con Ordinanza del 12 maggio 1814 di Luigi XVIII ed il suo personale ripartito tra le unità d’artiglieria mantenute dal monarca. Il corpo era ridotto a 14350 uomini (compresi gli ufficiali e lo Stato maggiore) vale a dire: 44 Un Decreto del 18 aprile 1813 aveva portato il Primo battaglione Pontonieri da 10 a 14 compagnie. Un Decreto del 18 novembre porterà il Secondo battaglione Pontonieri da 6 compagnie ad 8. 48 8 reggimenti a piedi 4 reggimenti a cavallo 1814 Corpo Reale d’artiglieria il battaglione Pontonieri 12 compagnie Operai (titolo risalente al 15 aprile 1693) 4 squadroni del Treno Il 27 agosto un’Ordinanza Reale accordava a tutti gli Ufficiali di artiglieria un congedo in un grado immediatamente superiore a quello che avevano, purché lo avessero esercitato per almeno 10 anni45. 1815 Il 20 gennaio fu fissato di nuovo il rango dell’artiglieria rispetto alle altre armi. Il 30 gennaio un’Ordinanza Reale aboliva il pezzo da 6 libbre e prescriveva il ritorno al materiale del sistema Gribeauval. Il 30 aprile si riorganizzava l’artiglieria costiera con 50 compagnie cannonieri guardacoste e 10 compagnie di cannonieri sedentari. La prima Ordinanza reale di riordino riguardante anche l’artiglieria fu quella del 12 maggio 1814. Il 16 luglio, dopo Waterloo, un’altra Ordinanza Reale stabiliva il licenziamento e la riorganizzazione delle truppe d’artiglieria (come da tabella). Il 21 luglio un’altra Ordinanza sopprimeva il rango di 1° Ispettore Generale, che aveva raggiunto il generale Sorbier, congedato e pensionato. Stato maggiore delle piazzeforti e dei materiali 8 reggimenti a piedi 4 reggimenti a cavallo Ordinanza Reale del 16 luglio 1815 il battaglione Pontonieri gli squadroni del Treno erano 4 e saranno 8 in settembre 12 compagnie Operai 8 squadroni del Treno 1 compagnia artificieri TOTALE = 11280 uomini Tornando ai Cento Giorni, invece, l’artiglieria fu risistemata come la fanteria e la cavalleria. L’Ordinanza Reale del 12 maggio 1814, la cui esecuzione era lungi dall’essere completata, fu considerata nulla. Ogni corpo ed ogni soldato riprese il suo rango e il suo posto, tranne, naturalmente, i militari stranieri, per la maggior parte tornati a casa. Al tempo dei Cento Giorni, l’artiglieria della Guardia, sciolta dal Re, fu ricostituita da Napoleone, ma solo a 4 compagnie a cavallo e 6 a piedi della Vecchia Guardia. Ogni compagnia a cavallo ebbe 4 pezzi da 6 libbre e due obici. Il reggimento sarà a Waterloo il 18 giugno. Quattro compagnie a piedi della Vecchia Guardia, questa volta avranno 6 cannoni da 12 libbre e 2 obici (le n. 2, 3, 5 e 6), mentre due (1 e 4) avranno 6 cannoni da 6 libbre e 2 obici. Il 7 novembre 1815, l’artiglieria della Guardia Imperiale fu sciolta di nuovo. la maggioranza dei suoi uomini passò all’artiglieria della Guardia Reale, organizzata in quel periodo. Il 22 settembre, intanto, un’Ordinanza stabiliva la formazione dello Stato maggiore del Corpo reale d’artiglieria, allora con 350 ufficiali e 480 impiegati. Il 10 ottobre, il tenente generale visconte di Pernety, capo divisione d’artiglieria al Ministero della guerra e presidente del comitato degli ispettori generali dell’arma, riorganizzava, definitivamente, l’artiglieria, in qualità di decano per anzianità di grado (rimarrà al Ministero reale della guerra fino al 28 aprile 1817). Il 3 novembre furono create compagnie di artiglieria da assegnare alle Legioni di fanteria. Davout e la riorganizzazione dell’artiglieria per la campagna del 1815 Nonostante quanto si creda, durante i Cento Giorni, sotto il Ministero Davout, non vi fu un “problema cannoni”, poiché i depositi avevano già 13947 canne. La principale difficoltà risiedeva nell’approvvigionamento degli affusti e dei pezzi di ricambio, ma le officine furono adeguate alla sfida. In data 15 maggio, un rapporto del Direttore Generale del Parco d’artiglieria rimarcava che l’armata possedeva 67 batterie operative con dotazione totale di 484 pezzi, ma sottolineava la mancanza di 600000 proiettili; soprattutto perché adesso abbondavano i pezzi da 8 e 4 libbre ed i 45 Il Re, legislatore, volle, con quell’ordinanza, “risarcire” il personale d’artiglieria per la lentezza degli avanzamenti di carriera. Basti pensare che l’arma aveva ancora Colonnelli d’anzianità 1811 e 1812, mentre in fanteria l’anzianità dei pari grado era del 1813. Marion Claude, Chronologie des Machines de Guerre et de l’Artillerie, depuis Charlemagne, jusqu’à Charles X, pag. 37. 49 proiettili stoccati erano soprattutto da 6. Davout non lo considerò un problema urgente, rilevando, in un documento, che l’Armée du Nord beneficiava di una riserva di 77800 proiettili, che sarebbero stati portati con 100 cassoni. Per le necessità della campagna che si stava preparando in Belgio, Napoleone e Davout, li consideravano ampiamente sufficienti. Quanto alla cartucce, in due mesi ne furono fabbricate più di 12 milioni. Ovviamente accadde anche qualche atto di sabotaggio. A Lilla, per esempio, fu fatto rapporto sul fatto che erano state distribuite ai soldati false cartucce da fucile riempite a vuoto. Pur se esageratamente evidenziato da alcuni autori, il caso rimase isolato, senza alcun impatto sullo svolgimento delle operazioni. Quando entreranno in campagna, i soldati, disporranno di 50 cartucce nelle loro giberne e di altre 50 nelle casse del parco. In tutto, l’Armata del Nord portò con sé 5.500.000 proiettili. Così, nonostante gli ovvi e numerosi problemi incontrati dalla produzione, l’armata, il 15 giugno 1815, dispose di tutti i suoi armamenti. Tuttavia, non c’erano più riserve disponibili. Quindi sarebbe diventato necessario rifornirsi a scapito dei vinti. Ordine di battaglia dell’artiglieria a Waterloo Armée du Nord – Comando dell’artiglieria: général de division Charles-Étienne-François Ruty 1° Corpo di fanteria : comando général de division Jean-Baptiste Drouet, Conte d›Erlon comandante l’artiglieria: général de brigade Victor Abel Dessalles ; comando del genio: général de brigade Gerbe. Effettivi dell’artiglieria e del genio : 1548 uomini ; Artiglieria di Riserva : 11ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Lenoir, con 8 pezzi da 12 libbre 1ª divisione di fanteria: général de division Allix de Vaux (assente, non arrivò a tempo), sostituito dal generale di brigata Quiot du Passage. 20ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Hamelin, con 8 pezzi. 2ª divisione di fanteria: général de division François-Xavier Donzelot. 10ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Cantin, con 8 pezzi. 3ª divisione di fanteria: général de division Pierre Louis Binet de Marcognet. 19ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Emon, con 8 pezzi. 4ª divisione di fanteria: général de division François Durutte. 9ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Bourgeois, con 8 pezzi. 1ª divisione di cavalleria: général de division Charles Claude Jacquinot. 2ª compagnia del 1° regg. a cavallo, capitano Bourgeois, con 8 pezzi 2° Corpo di fanteria : comando général de division Honoré Charles Reille. comandante l’artiglieria: général de brigade Jean-Baptiste Pelletier. comando del genio: général de brigade Louis-Auguste Camus de Richemont Effettivi artiglieria e genio : 1861 uomini Artiglieria di Riserva : 7ª compagnia del 2° regg. a piedi, capitano Gayat, con 8 pezzi da 12 libbre 5ª divisione di fanteria: général de division Gilbert Bachelu. 18ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Deshaulles, con 8 pezzi. 6ª divisione di fanteria: général de division Jérôme Bonaparte e dal gén. de division Armand Charles Guilleminot. 2ª compagnia del 2° regg. a piedi, capitano Meunier, con 8 pezzi. 7ª divisione di fanteria: général de division Jean-Baptiste Girard (distaccata). 9ª divisione di fanteria: général de division Maximilien Sébastien Foy. 1ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Tacon, con 8 pezzi 2ª divisione di cavalleria: général de division Hippolyte-Marie-Guillaume de Rosnyvinen, Comte de Piré. 2ª compagnia del 4° regg. a cavallo, capitano Gronnier, con 6 pezzi 3° Corpo di fanteria : comando général de division Vandamme comando dell’artiglieria : général de brigade Louis Doguereau. comando del genio : général de brigade Pierre-Michel Nempde-Dupoyet Effettivi dell’artiglieria e genio : 1292 uomini di cui 3 compagnie del genio artiglieria di riserva : 1ª compagnia del 2° regg. a piedi, capitano Charlet, con 8 pezzi da 12 libbre 8ª divisione di fanteria: général de division Étienne Nicolas Lefol. 7ª compagnia del 6° regg. a piedi, capitano Chauveau, con 8 pezzi. 10ª divisione di fanteria: général de division Pierre Joseph Habert. 18ª compagnia del 2° regg. a piedi, capitano Guerin, con 8 pezzi. 11ª divisione di fanteria: général de division Pierre Berthezène. 17ª compagnia del 2° regg. a piedi, capitano Lecorbeiller, con 8 pezzi 3ª divisione di cavalleria: général de division Jean-Simon Domon 4ª compagnia del 2° regg. a cavallo, capitano Durnont, con 6 pezzi 50 4° Corpo di fanteria: comando général de division Etienne-Maurice Gérard comando artiglieria : général de brigade Basile Guy Marie Victor Baltus de Pouilly. comando genio : général de brigade Éléonor-Zoa Dufriche de Valazé. Effettivi d’artiglieria e genio: 1 567 hommes (4 compagnie del genio) Artiglieria di Riserva: 5ª compagnia del 5° regg. a piedi, capitano Charlet, con 8 pezzi da 12 libbre 12ª divisione di fanteria : général de division Marc-Nicolas-Louis Pécheux. 2ª compagnia del 5° regg. a piedi, capitano Fenouillat, con 8 pezzi. 13ª divisione di fanteria : général de division Louis Joseph Vichery. 1ª compagnia del 5° regg. a piedi, capitano Saint-Cyr, con 8 pezzi. 14ª divisione di fanteria: général de brigade Étienne Hulot. 3ª compagnia del 5° regg. a piedi, capitano Billon, con 8 pezzi. 6ª divisione di cavalleria : général de division Antoine Maurin. 3ª compagnia del 3° regg. a cavallo, capitano Tortel, con 6 pezzi 5° Corpo di fanteria comando: Lieutenant général Rapp (sul Reno) 6° Corpo di fanteria comando : Lieutenant général Comte de Lobau comando artiglieria: général de brigade Henri Marie Lenoury. comando del genio: général de brigade Bonaventure Hippolyte Sabatier. Effettivi d’artiglieria e genio: 1247 uomini Artiglieria di riserva di Novry : 4ª compagnia dell’8° regg. a piedi, capitano Chaudon, con 8 pezzi da 12 libbre 19ª divisione di fanteria : général de division François Martin Valentin Simmer. 1ª compagnia dell’8° regg. a piedi, capitano Parisot, con 8 pezzi. 20ª divisione di fanteria : général de division Jean-Baptiste Jeanin. 2ª compagnia dell’8° regg. a piedi, capitano Paquet, con 8 pezzi. 21e divisione di fanteria : général de division François-Antoine Teste. 3ª compagnia dell’8° regg. a piedi, capitano Duverry, con 8 pezzi. 1° Corpo di cavalleria comando: général de division Claude-Pierre Pajol Effettivi d’artiglieria, genio e treno : 329 uomini 4ª divisione di cavalleria: général de division Pierre Benoit Soult. 1ª compagnia del 1° regg. a cavallo, capitano Cothereaux, con 6 pezzi. 5e divisione di cavalleria: général de division Jacques-Gervais Subervie 3ª compagnia del 1° regg. a cavallo, capitano Duchemin, con 6 pezzi 2° Corpo di cavalleria comando: général de division Isidore Exelmans Effettivi d’artiglieria, treno: 295 uomini 9ª divisione di cavalleria : général de division Jean-Baptiste Strolz. 4ª compagnia del 1° regg. a cavallo, capitano Gudet, con 6 pezzi. 10ª divisione di cavalleria : général de division Louis Pierre Aimé Chastel. 4ª compagnia del 4° regg. a cavallo, capitano Bernard, con 6 pezzi 3° Corpo di cavalleria comando: général de division François Étienne Kellermann Effettivi di artiglieria e treno : 350 uomini 11ª divisione di cavalleria: général de division Samuel Lhéritier de Chézelles. 3ª compagnia del 2° regg. a cavallo, capitano Marcillac, con 6 pezzi. 12ª divisione di cavalleria: général de division Nicolas François Roussel d’Hurbal. 2ª compagnia del 2° regg. a cavallo, capitano Lebau, con 6 pezzi. 4° Corpo di cavalleria comando: général de division Édouard Jean Baptiste Milhaud Effettivi d’artiglieria, treno : 350 uomini 13ª divisione di cavalleria: général de division Pierre Watier Comte de Saint-Alphonse. 5ª compagnia del 1° regg. a cavallo, capitano Duchet, con 6 pezzi. 14ª divisione di cavalleria : général de division Jacques-Antoine-Adrien Delort. 4ª compagnia del 3° regg. a cavallo, capitano Legay, con 6 pezzi Guardia Imperiale comando : maréchal Adolphe Mortier, rimpiazzato da général de division Antoine Drouot comando artiglieria: général de division Jean-Jacques Desvaux de Saint-Maurice. comando parco artiglieria: général de division Gabriel Neigre. comando genio : François Nicolas Benoît Haxo. reggimento artiglieria a piedi della Guardia: général de brigade Henri Dominique Lallemand reggimento artiglieria a cavallo della Guardia : colonel-major Jean-Baptiste Duchand de Sancey. Effettivi artiglieria, genio, marina ecc.: 4063 uomini 51 Artiglieria di Riserva della Guardia. Comando général de division Jean-Jacques Desvaux de Saint-Maurice Adjoint: général de brigade Marie Cotten de Saint-Yvi Effettivi: 1090 hommes per 38 pezzi 5ª compagnia regg. artiglieria a piedi della Guardia, capitano Marion, con 8 pezzi da 12 libbre. 2ª compagnia regg. artiglieria a piedi della Guardia, capitano Radet, con 8 pezzi da 12 libbre. 3ª compagnia regg. artiglieria a piedi della Guardia, capitano Tessier, con 8 pezzi da 12 libbre. 6ª compagnia regg. artiglieria a piedi della Guardia, capitano Gaubert, con 8 pezzi da 12 libbre. Batteria ausiliaria montata : 6 pezzi per 171 uomini Corpo dei Granatieri a piedi della Vecchia Guardia: comando (col. in prima) général de division Louis Friant 1ª compagnia regg. a piedi della Guardia, capitano Resigny, con 8 pezzi (6 da 6 libbre e 2 obici) 6ª compagnia ausiliaria d’artiglieria a piedi, capitano Autric, con 8 pezzi Corpo degli chasseurs a piedi della Vecchia Guardia: com. (col. in prima) gén. de div. Charles Antoine Morand 4ª compagnia regg. a piedi della Guardia, capitano Jacques, con 8 pezzi (6 da 6 libbre e 2 obici) ? compagnia ausiliaria d’artiglieria a piedi, capitano Autric, con 8 pezzi Giovane Guardia : comando général de division Philibert Guillaume Duhesme Divisione della Giovane Guardia: général de division Pierre Barrois. 7ª compagnia ausiliaria d’artiglieria a piedi, capitano Cre’Aach, con 8 pezzi. 8ª compagnia ausiliaria d’artiglieria a piedi, capitano Charbonier, con 8 pezzi. Divisione di cavalleria leggera della Guardia: général de division Charles Lefebvre-Desnouettes. 1ª compagnia del regg. artiglieria a cavallo della Guardia, capitano Favier, con 6 pezzi (4 da 6 libbre e 2 obici) 2ª compagnia del regg. artiglieria a cavallo della Guardia, capitano Nasse, con 6 pezzi (4 da 6 libbre e 2 obici) Divisione di cavalleria pesante della Guardia: général de division Claude Étienne Guyot 3ª compagnia del regg. artiglieria a cavallo della Guardia, capitano Branville, con 6 pezzi (4 da 6 libbre e 2 obici) 4ª compagnia del regg. artiglieria a cavallo della Guardia, capitano Barbarin, con 6 pezzi(4 da 6 libbre e 2 obici) Tutta l’artiglieria a piedi della Vecchia Guardia lotterà a Waterloo, e lascerà sul campo di battaglia la maggior parte dei suoi pezzi, perdendoli tutti o quasi (4 o forse 12 pezzi dell’artiglieria a cavallo, raggiungeranno Laon46 il 23 giugno, nessuno dei pezzi d’armata pare) soprattutto a causa dell’ingorgo al ponte sul Dyle a Genappe, che fu parimenti fatale a quasi tutto il materiale rotabile dell’esercito così bloccato. Dei 262 pezzi dell’Ordine di Battaglia francese a Waterloo, 203 caddero in mano agli Alleati, la maggior parte a Genappe. Un primo rapporto di Wellington parlò di 151 pezzi, ma i prussiani avevano un proprio “bottino” di circa 70 pezzi, alcuni dei quali sembrava fossero contati due volte, e la relativa “disputa” durò diversi mesi dopo la battaglia. I pezzi divisionali dichiarati catturati furono 74 (57 cannoni da 6 libbre e 17 obici da 24 libbre - o 6 pollici). Altri 11 pezzi (non descritti) saranno ritrovati in seguito sul campo di battaglia. Il 18 giugno i Prussiani affermarono di aver ritrovato 28 pezzi, poi ulteriori 42 cannoni, il 19 giugno, senza dare nessuna indicazione dei relativi calibri. A conti fatti, in seguito, i francesi dichiararono di aver riportato solo 12 pezzi, da Waterloo (su 262), e gli Alleati dissero di averne catturato, sembra, 203. Mancherebbero, quindi, 47 pezzi all’appello, forse rimasti discretamente nascosti, nel conteggio di Laon, o presi, dall’uno o dall’altro dei vincitori, senza che ciò venisse segnalato da nessuna parte. Tutti i pezzi bloccati, davanti al ponte sul fiume Dyle, furono perduti. Uomini e cavalli, che li avevano trainati, fino a quel momento, riuscirono a salvarsi, attraversando il fiume, tagliando le funi dei traini. Durante la ritirata, la piazzaforte di La Fère poté rifornire, al passaggio, decine di pezzi e il resto dei cannonieri sopravvissuti fu diretto su Parigi, per riorganizzarsi. Così si concludeva un’epoca gloriosa, nel peggiore dei modi, come commentava il generale Susane: “I vecchi reggimenti di artiglieria non furono più fortunati di quelli di fanteria o di cavalleria di fronte alla collera realista ... Licenziati per Ordinanza del 31 agosto 1815, gli ufficiali, sottufficiali e cannonieri di Ligny e di Waterloo, - e tra questi c’erano anche quelli che datavano da Jemmapes, Marengo e Austerlitz -, formati in distaccamenti, dopo aver deposto le loro armi nelle mani dei prefetti, si dovevano recare, diceva l’Ordinanza, nei loro rispettivi dipartimenti; e vi si recarono sotto l’occhio vigile della polizia, quelli del Nord e dell’Est esposti, inoltre, allo scherno pesante degli inglesi e dei tedeschi, insediatisi nei loro villaggi da padroni. Spettacolo penoso e grottesco, di cui il contadino conserverà il ricordo con la sua solita tenacia! Il contadino non capirà mai perché suo nonno fu così umiliato, dopo aver obbedito ai suoi capi e aver combattuto coraggiosamente i prussiani e gli inglesi. Si esigeva che il soldato soffrisse nel suo corpo; a ciò si rassegnava di buona grazia, ma soffrire nella sua anima, mai.” 46 L’Ordine di battaglia redatto colà menzionava 8 pezzi di l’artiglieria a piedi, di cui 7 pesanti, e il Parco 2 di cui 1 pesante. An-che se non riportate da Lallemand, il generale comandante l’artiglieria a piedi della Guardia, nel suo rapporto, questi 8 pezzi pesanti furono testimoniati dai “Wellington’s Dispatches” che indicavano, tra i trofei inglesi 48 pezzi pesanti francesi catturati (35 cannoni da 12 libbre e 13 obici da 6 pollici) ... su 72 in linea a Waterloo. Se, dei restanti 24 in linea, solo 8 erano riusciti a salvarsi, rimanevano 16 pezzi di destino incerto. 52 Organizzazione e tattica L ’artiglieria differiva, essenzialmente, dalle altre armi in quanto operava esclusivamente grazie all’impiego del suo materiale; così ogni organizzazione dell’artiglieria campale era necessariamente basata sul concetto di un gruppo razionale e permanente di personale e di materiale, cioè di un’unità tattica. L’idea di un simile unità tattica cozzava contro la confusione, del sistema bellico, adottato generalmente durante il XVII e parte del XVIII secolo, che teneva insieme materiali d’assedio e di campagna. Non poté emergere e imporsi finché le bocche da fuoco destinate ad un esercito, senza distinzione di calibri e di destinazione, formarono, sotto la denominazione di parchi, masse di materiale compatte, non manovrabili, equivalenti degli Arsenali. D’altra parte le truppe d’artiglieria, facendo parte della fanteria, avevano adottato (e per troppo tempo mantenuto) un’organizzazione copiata da quell’arma, senza cercare di applicare il ruolo speciale per il quale erano state create. Le armate, fino alla Rivoluzione, erano suddivise, in vista della battaglia, in frazioni dette ali, centro e Riserva, e temporaneamente poste sotto il comando di generali appositamente designati. Ciascuna di queste frazioni era dotata di una forza di artiglieria variabile a seconda delle circostanze. In altre parole, le grandi unità tattiche non esistevano ancora e la loro apparizione avrebbe logicamente coinciso con quella dell’unità tattica di artiglieria47. La responsabilità della distribuzione dei cannoni alla fanteria, o della creazione dell’artiglieria campale, andava a Gustavo Adolfo di Svezia. Aver inventato l’artiglieria reggimentale ed aver vinto così tante battaglie, diffuse la pratica, fatalmente, in tutta Europa; fatalmente perché mettere i pezzi tra le linee di fanteria non sempre dava risultati incoraggianti. I pezzi, talora detti “di battaglione” erano serviti da soldati di artiglieria, in alcune Nazioni, o da soldati di fanteria addestrati in altre. In ambedue i casi gli effetti erano pessimi; nel primo caso perché risucchiava in battaglia una gran parte del personale d’artiglieria (più idoneo agli assedi), nel secondo perché metteva dei materiali costosi ed importanti in mani non addestrate. Se Gustavo Adolfo fu ritenuto il promotore dei primi materiali d’artiglieria da campagna, il vero inventore di questa fu senz’altro Federico II, che pur conservò l’artiglieria reggimentale. Nel 1742, tuttavia, separava l’artiglieria d’assedio dall’artiglieria di campagna e sostituì al vecchio sistema dei “parchi” con un’organizzazione a “batterie”, o piuttosto a “divisioni”; perché, a quell’epoca, la parola batteria si applicava soltanto ad una postazione o ad un gruppo di pezzi da fuoco in posizione e l’espressione “divisione” serviva a designare il materiale di campagna, servito da una determinata frazione di personale. Federico il Grande, tuttavia, non amava l’artiglieria, perché per lui ostacolava il movimento delle altre truppe. Fu probabilmente per questo motivo che si sforzò di accrescere e sviluppare l’istruzione di un corpo autonomo e che modificò la sua organizzazione per renderlo più mobile e più adatto a svolgere il suo ruolo in campagna. Bisogna aggiungere, poi, che l’organizzazione dell’artiglieria prussiana mise anni ad essere perfezionata; così le “divisioni”, non restavano permanentemente con le brigate ed i pezzi erano riuniti e formavano un parco. Una compagnia di artiglieria serviva in campagna due “divisioni”, o una “divisione” e un parco; questa organizzazione si estendeva fino all’artiglieria leggera stessa. Era però una disposizione molto sregolata, che rimase in vigore nell’artiglieria prussiana durante le prime guerre dell’Impero e fu modificata solo dopo la campagna del 1806; le compagnie furono allora composte in modo da servire una sola “divisione”, sull’esempio di quanto accadeva in Francia. In Francia fu sempre Gribeauval ad introdurre i concetti d’organizzazione dell’artiglieria campale, quelli applicati in Prussia da Federico II. Propose che la compagnia di cannonieri fosse assegnata ad una sola “divisione” di materiali e solo a quella, e che ciascun membro della compagnia fosse assegnato ad un preciso pezzo e solo a quello. La compagnia era divisa in quattro squadre, organizzate per servire divisioni di 8 pezzi, “abbastanza forti per poter bombardare, ma non così forti da rallentare le marce”48 (le squadre diverranno in seguito le sezioni d’artiglieria). 47 Unità tattiche. - La brigata (di fanteria, di cavalleria o di dragoni), creata da Gustavo Adolfo di Svezia, fu introdotta in Francia da Turenne. Nel secolo successivo, si fece strada l’idea d’indivisionamento. Nella ritirata di Praga, del 1742, il Maresciallo de Belle-Isle, sulla base di un’idea del cavaliere di Folard, si diceva, avesse diviso la sua armata in 5 gruppi, ai quali era assegnato un certo numero di cannoni; questo fu il primo tentativo di divisione, intesa come grande unità tattica, anche se molti attribuiscono la formazione delle divisioni alla Rivoluzione francese. La legione, sostenuta dal Maresciallo de Saxe, poteva essere considerata una forma di divisione ante-litteram. Federico II impiegò gruppi di truppe che costituivano vere divisioni o brigate miste. Tuttavia Ia Divisione del 1788 rispondeva ad un’organizzazione territoriale e ad uno scopo di istruzione e preparazione alla guerra, molto più che alla formazione di una grande unità tattica. 48 Roquerol, Gabriel, op. cit. pag 111. 53 Per non sconcertare troppo i militari più conservatori, la Rivoluzione, conservò, all’inizio, la sua artiglieria reggimentale, tuttavia con un compagnia appositamente dedicata a servire i 4 pezzi del reggimento (allora di due battaglioni), ovvero gli 8 pezzi per brigata di fanteria, con i cannoni che erano assegnati 2 ad ogni battaglione per formare la linea di battaglia. All’Ordinanza reale del 3 ottobre 1774, seguirà, il 1° aprile 1792, la pubblicazione del «Regolamento di Servizio per l’Artiglieria da Campagna”. Quel regolamento, apparso alla vigilia della guerra, conteneva in embrioni tutti i futuri sviluppi dell’artiglieria francese; se si lascia perdere le disposizioni sui carrettieri civili e sull’artiglieria reggimentale, si troverà il vero nucleo del corpo francese d’artiglieria. L’unica differenza notevole, ai primordi, era che i cannoni, finita la battaglia, ritornavano al Parco, mentre in futuro resteranno con le unità cui erano assegnati. Alla fine del 1791, con l’ingresso in armata dei Volontari, anche cannonieri, la confusione aumentò. I battaglioni erano sparsi tra le armate senza logiche militari, l’aumento dei Volontari e delle truppe leggere (Franc Tireurs) rendeva problematico servire tutti di bocche da fuoco. La Divisione di fanteria e l’artiglieria Al tempo della “Patrie en Danger“ ogni comandante in Capo doveva arrangiare alla meglio i propri battaglioni, in numeri variabili. Questi raggruppamenti di battaglioni assegnati ai generali presero i nomi più bizzarri disponibili (colomme volanti, colonne mobili, avanguardie, fiancheggiatori, prima linea, seconda linea, corpo principale, riserva, retroguardia ecc.). Dall’autunno del 1792 in molte situazioni iniziò a comparire la parola Divisione, ma con un senso letterale di partizione o di frazione d’armata, senza indicare un numero fisso di brigate o di battaglioni. La legge riformatrice del 21, 23, 26 febbraio 1793, passata alla storia con il nome di chi l’aveva proposta, Dubois-Cranté, propose di riunire le brigate in divisioni (sempre di fanteria); purtroppo la legge non potè essere applicata che l’anno successivo, quando, l’amalgama delle truppe di fanteria, mise ordine nell’armata francese. Fino ad allora i raggruppamenti di truppa continuarono ad essere più o meno estemporanei. L’artiglieria reggimentale ebbe il segnale della fine quando si videro molte formazioni sbarazzarsene senza farsi molti problemi, ancor prima che se ne normasse l’abolizione definitiva. “Posso citare due armate presso le quali non è mai stato fatto uso (di artiglieria reggimentale)” diceva l’Espinasse “quella dei Pirenei e quella d’Italia. Lo testimoniano i due generali di quelle armate.”49 Fu quello che fece Bonaparte all’Armée d’Italie nel 1796, ovvero destinare i cannonieri volontari ad ausiliari dell’artiglieria di linea. Aggiunse una compagnia cannonieri di demi-brigade a ciascuna compagnia di linea per ottenere un servizio di “divisione d’artiglieria a piedi” oppure assegnò i cannonieri volontari al servizio dei parchi. Riassumendo, il sistema di dotare i reggimenti di 4 pezzi (2 per battaglione) era già stato spontaneamente abbandonato nel 1792, anche se il fatto compiuto sarà normato più tardi50. Di fatto l’artiglieria reggimentale avrà un revival dopo il 1809 e molti “antichi” artiglieri ne rimpiansero sempre il mancato utilizzo. “Quantunque si sopprima il cannone di demi-brigade o di battaglione, i pezzi distaccati alle divisioni potranno, a volte, manovrare con i reggimenti.”51 La composizione della divisione di fanteria era stata, quindi, normata con la legge 21, 23-26 febbraio 1793; doveva includere due brigate di fanteria ognuna fatta di due demi-brigade e tutti gli organi necessari al comando ed all’amministrazione. Nasceva la Grande Unità tattica ma la sua costituzione era ancora imperfetta: mancava di cavalleria e l’artiglieria era ancora reggimentale. Per tre anni si procedette a tentoni, nell’intento di cercare la migliore combinazione di artiglieria e fanteria. L’unica regola empirica seguita in generale, era che l’artiglieria leggera (a cavallo) era quasi sempre destinata alle avanguardie ed alle divisioni, mentre l’artiglieria a piedi era nella Riserva. Fu solo negli anni 1795-1796 che la divisione di fanteria iniziò ad avere una composizione uniforme, un raggruppamento di tutte e tre le armi, fanteria, cavalleria ed artiglieria. Nasceva così l’artiglieria della divisione o divisionale. Nel 1795 le divisioni dell’Armée du Rhin et Moselle avevano quasi sempre cinque brigate, un reggimento di cavalleria e artiglieria in quantità variabile. Nel 1796 Bonaparte, oltre a lamentarsi della mancanza di pezzi e soprattutto di artiglieria a cavallo, diede alle sue divisioni aliquote variabili di cannoni, non soltanto da una divisione all’altra, ma anche nella stessa divisione nel corso di operazioni diverse. Le sue lettere (Ordini) indicavano quali e quanti pezzi (anche 49 Lespinasse, Augustine, op. cit., pag. 30. 50 L’articolo 51 della legge 18 fiorile anno III che aveva ridotto i pezzi assegnati a ciascun battaglione ad 1 solo ed a 30 il numero di cannonieri volontari di ciascun battaglione era stato abrogato dall’Ordinanza del Comitato di Salute Pubblica del 10 brumaio anno IV (2 novembre 1795) che sopprimeva i 30 cannonieri e, successivamente dall’Ordinanza del Direttorio esecutivo del 5 piovoso anno VI (24 gennaio 1798) che soppresse tutte le compagnie d’artiglieri volontari. Ma il Regolamento 1 aprile 1792, che distingueva l’artiglieria da campagna in cannoni da reggimento ed in cannoni di riserva rimaneva comunque in vigore. 51 Gassendi, Jean-Jacques Basilien, Aide-mémoire A L’usage Des Officiers D’artillerie De France, Attachés Au Ser-vice De Terre, Paris, Magimel, (quinta edizione 1819 due vol.) pag 1146. 54 quelli presi al nemico) dovevano marciare ed indicavano anche le risorse del parco. Il disordine causato da questo sistema estemporaneo finì per irritare persino il generale in Capo. Fu così che a fine 1796 la Divisione ebbe cinque brigate, di cui una leggera, un reggimento di cavalleria e 12 pezzi, che formavano due “divisioni” (batterie) di 6 pezzi, una a piedi ed una a cavallo. La cavalleria di riserva manteneva i suoi sei pezzi d’artiglieria leggera. Più tardi, nel 1797, le divisioni furono ridotte a tre brigate di fanteria e la cavalleria riunita in due divisioni. Nel 1799 Bonaparte in Egitto fece distribuire alle divisioni anche i pezzi della Riserva. Le divisioni fanteria dell’armata del Reno (1800) avevano 3-5 demi-brigade, un reggimento di cavalleria ed al massimo una dozzina di pezzi; le divisioni erano raggruppate a 2 o 3 in modo da formare corpi di 20-30000 uomini; in quello stesso anno le divisioni in Italia avevano 3 demi-brigade, qualche squadrone di cavalleria e 8 pezzi. La “divisione” dei pezzi (batteria) che Gribeauval raccomandava dello stesso calibro, per quasi tutto il periodo delle guerre della Rivoluzione rimase ad 8 pezzi; però non sempre stessi calibri, con l’introduzione degli obici campali. Naturalmente il generale Lespinasse, comandante dell’Armée d’Italie nel 1796, nel suo saggio affermava fossero preferibili le batterie da 6 pezzi, per la loro maneggevolezza, come già erano quelle dell’artiglieria leggere o a cavallo (4 cannoni da 8 libbre e due obici. Il periodo imperiale non fu testimone di nessuna grande innovazione tecnica a parte la messa in opera della riforma dell’anno XI. Le “divisioni” rimasero a 6 o ad 8 pezzi, adesso dotate anche di cannoni da 6 libbre, il calibro più diffuso in Europa; le batterie pesanti da 12 libbre andarono a formare le “divisioni” di riserva. La manovra e il tiro É abbastanza facile intuire che, fino alla creazione dei battaglioni del Treno, non era possibile creare regolamenti ed istruzioni per la manovra delle compagnie di artiglieria. Fino a metà XVIII secolo non si parlava nemmeno di artiglieria da campagna; difettava l’organizzazione del personale, i pezzi erano esageratamente pesanti, i materiali erano spesso in avaria. La messa in posizione di una batteria presupponeva far scendere i pezzi dalle vetture, montarli sugli affusti, scaricare le palle, preparare le cariche ecc. Pensare anche di muoverla, una volta montata, era veramente ardito. Chi trasportava i pezzi, essendo civili o addirittura ditte appaltatrici, si teneva, per contratto, molto lontano dalla linea di fuoco, riparando cavalli e vetture da possibili attacchi. Questo costringeva i cannonieri a montare i pezzi ad una certa distanza da dove avrebbero dovuto sparare. Non è difficile immaginare le difficoltà di tale utilizzo. Per questo motivo, almeno fino al 1800, molti comandanti d’artiglieria non disdegnavano i pezzi da battaglione; almeno quelli erano spostati a mano dai soldati. I diversi regolamenti sull’artiglieria, ed in particolare quello del 1° aprile 1792 sul Servizio di artiglieria da campagna, contenevano solo indicazioni generiche sulle manovre da far eseguire alle vetture di traino o al traino a braccia. L’organizzazione delle “divisioni” o batterie, nell’accezione moderna, era affidata a squadre comandate da un sergente e sotto la direzione di un ufficiale. La mansione di capo pezzo era affidata a un caporale o a un appuntato52. Nel posizionare la batteria ogni pezzo era schierato ad intervalli di almeno 8 metri, l’uno dal successivo, e tutte le cassette sugli affusti erano spostate sull’avantreno, in modo che fossero almeno 15 m dietro i cannoni. I cassoni dovevano essere lontano dai pezzi in modo tale da non arrecare mai disturbo ai movimenti. Erano, uno per pezzo, collocati da 10 a 20 m dietro gli avantreni. I traini, con il resto della “divisione”, erano posizionati all’indietro, a portata di cannone, e coperti, il più possibile, dal fuoco nemico, in modo da non ostacolare i movimenti della fanteria. La direzione della disposizione arretrata spettava al conduttore dei carrettieri, per le divisioni di cannoni del parco, e al caporale Furiere per le divisioni di pezzi da reggimento, assistiti, l’uno e l’altro, dagli artiglieri. La sorveglianza da esercitare sui carrettieri, per impedire loro di fuggire, richiedeva misure precauzionali rigorose. “Si prenderanno 30 uomini, per custodire i cavalli, gli avantreni e ancor più i carrettieri... Il brigadiere raccomanderà seriamente all’ufficiale che comanda i 30 uomini, di cui abbiamo appena parlato, che ne risponda fino a uccidere chi volesse scappare. Sarà utile dissuaderli con sentinelle.”53 Agli inizi, nelle guerre della Rivoluzione, con pezzi ad anima liscia e di scarsa gittata, con l’uso diffuso della tecnica della “palla a rimbalzo” (Ricochet) e, soprattutto, con l’uso estensivo del tiro a mitraglia, porre regole metodiche e tabelle al tiro era perfettamente inutile e persino nocivo. Ogni sezione o squadra faceva fuoco indipendentemente. 52 Era un grado che ritroviamo anche nel nostro esercito italiano. Nel Regno di Sardegna fino al 1854 la denominazione del grado era sottocaporale. 53 Le Blond, Guillaume, L’artillerie raisonnée, etc., pag.479. 55 Il capo squadra dava gli ordini, l’alzo del tiro e valutava gli effetti in modo da correggere i tiri successivi. La buona esecuzione dei colpi dipendeva solamente dall’abilità individuale dei puntatori. Alle Scuole d’artiglieria si dava un’estrema importanza a questa specializzazione. Lo stesso Napoleone, nel 1803, espresse la sua intenzione di creare un grande concorso annuale a La Fère, cui avrebbero partecipato i migliori puntatori dei reggimenti. Non deve stupire se all’epoca fosse più importante il puntatore del capitano della compagnia di cannonieri54. Un attrezzo utile in manovra era la prolunga: una corda di oltre 14 metri di lunghezza e quasi 3 centimetri di diametro. Questa corda era fissata all’avantreno ed aveva due asole, una fissata all’avantreno, l’altra a 2,5 m da quest’ultimo. Una volta fatti i nodi e le giunture, la prolunga misurava 7,7 metri. Fissata alla parte posteriore dell’affusto, essa poteva essere lasciata libera per allontanare l’avantreno dal pezzo, oppure la si accorciava, fino alla prima asola (posizione “prolunga accorciata”) o la si raddoppiava fino all’avantreno (“prolunga doppia”). Questa tecnica permetteva un rapido ripiegamento del pezzo o facilitava il movimento in percorsi accidentati, dato che in guerra il numero dei serventi diventava sempre più scarso ed il maneggio finiva per essere fatto direttamente dagli artiglieri. “Anche l’artiglieria doveva passare quel piccolo fiumiciattolo (la Sieg a Mühlheim nel 1796), una cosa per nulla facile, dato che il suo letto era come quello di un canale. Cercammo il punto più favorevole; mettemmo i nostri pezzi ”alla prolunga” e superammo tutti gli ostacoli. Durante il passaggio, curiosamente, persi la mia sciabola: un cannoniere chiamato Tétrelle, che aveva paura dell’acqua, era veramente convinto che sarebbe morto; si mise a gridare aiuto ed io tornai per aiutarlo nel passaggio; lui si aggrappò al mio cinturone, finì per romperlo e così, una volta fuori dall’acqua con Tétrelle, mi accorsi di non avere più né cinturone, né la mia sciabola …”55 In generale è possibile concludere che, nella manovra dei pezzi, prevalesse soprattutto il maneggio della bocca da fuoco, piuttosto che le evoluzioni tattiche dei traini o come disporre i pezzi in protezione, al centro dei quadrati. Il progresso delle batterie a cavallo e la creazione di un Treno militare, rivoluzionarono i vecchi sistemi. Nel periodo imperiale le bocche da fuoco furono riunite in batterie con un numero variabile di pezzi, in genere sei od otto; più agili delle batterie russe a 12 pezzi ad esempio. Le batterie trainate da 4 o 6 cavalli si spostavano in colonna, una dietro l’altra e si disponevano in linea di battaglia con il primo pezzo che faceva da riferimento a destra ed i successivi che scalavano sulla sinistra. Una volta messi i pezzi in batteria, cavalli e traini si ritiravano a distanza di sicurezza. I cassoni, in genere, tre o quattro per pezzo portavano le munizioni (altri cassoni di riserva erano nel parco d’artiglieria). Napoleone indicava con puntiglio che: “un cannone doveva avere con sé 300 colpi da tirare, oltre a quelli in cassetta; era il consumo previsto per due battaglie campali.” I cannoni più voluminosi e con le palle più pesanti, come i 12 libbre, avevano bisogno, ovviamente, di un maggior numero di cassoni al seguito. Con l’avvento del Treno aumentò la necessità di cavalli da tiro. Il numero dei cavalli in traino dipendeva dal peso totale del pezzo. Un cavallo poteva tirare 700 kg al passo, circa meno della metà al trotto. Se si voleva preservare gli animali si doveva usare un cavallo ogni 250-300 kg da tirare, in artiglieria da campagna. Per trainare un 12 libbre al trotto, quindi, era necessario un traino a sei cavalli e, salvo casi particolari come il superamento di pendii ripidi o il passaggio in terreno paludoso, il limite massimo dei cavalli da traino rimase sempre sei. Durante le guerre imperiali, quindi, per ottenere una batteria operativa, era necessario dotare le bocche di fuoco, di materiale ausiliario, di una compagnia di artiglieri per servire i pezzi e una del treno per spostare l’insieme. Quando i cannonieri marciavano al fianco dei pezzi, l’artiglieria si diceva “a piedi”. Abbiamo già visto come si spostavano le compagnie a cavallo. Linee di battaglia Cessata l’epoca dell’artiglieria reggimentale, le batterie disponevano i pezzi in una linea detta “di battaglia”, secondo gli ordini del comandante al compagnia. Nell linea i pezzi erano distanziati da quindici a venti passi (un passo = 0,75 m quindi da 11 a 15 metri), più che nell’epoca rivoluzionaria. Il fronte di una batteria era di centocinquanta passi (113 m) per una batteria classica da sei a otto pezzi. Questo fronte corrispondeva, grosso modo, a quello di un battaglione di fanteria in linea (su tre file). L’ obice o la coppia di obici, normalmente presenti con i cannoni, erano schierati 54 L’Austria aveva avuto i migliori puntatori, fino dalla guerra dei Sette Anni, grazie all’estrema attenzione nell’istruzione dei quadri e dei puntatori secondo il metodo che i francesi chiamavano “del colonnello Ravichio de Peretsdorf ” (il vecchio che si chiamava solo Joseph e non Maurice, grande saggista di artiglieria del XIX secolo), stilato quando lui faceva il capitano artiglierie nell’esercito di Maria Teresa. 55 Bricard Louis Joseph, Journal du Canonnier Bricard, 1792-1802, pubblicato dai nipoti Alfred e Jules Bricard, De la Grave, Paris 1891, pag. 188. 56 sull’ala sinistra della linea; nelle batterie russe, gli unicorni, cannoni-obici zaristi, erano ripartiti su entrambe le ali dei cannoni. La distanza tra i pezzi si poteva ridurre alla bisogna, e questo dipendeva dal terreno, tuttavia, così facendo, la batteria offriva un bersaglio più fitto al fuoco avversario e la manovra d’aggancio-sgancio dei pezzi diventava più difficile. Gli avantreni ed i cassoni, come detto, erano schierati su due linee successive, dietro i pezzi, al riparo dai colpi. In caso di esplosione accidentale di un cassone, i pezzi e gli altri veicoli non dovevano essere colpiti. Con una profondità di centocinquanta-duecento metri, una batteria schierata presentava, quindi, un notevole “ingombro”, soprattutto le batterie da 12 che avevano tre cassoni che accompagnavano ogni pezzo. Per i tiri, la gittata dei pezzi al giorno d’oggi è ampiamente sopravvalutata, e le gittate massime, effettive e pratiche sono allegramente confuse. In effetti, il problema principale per gli artiglieri era la visibilità, poiché i colpi si tiravano, normalmente, a vista diretta, obici esclusi. Ora, non appena una batteria apriva il fuoco, sprigionava un’importante nube di fumo grigiastro che la circondava immediatamente. Solo il primo colpo poteva essere veramente aggiustato, i successivi si eseguivano più a tatto o esperienza. In breve, salvo circostanze eccezionali, ad esempio per guadagnare tempo rallentando il movimento di truppe nemiche, gli ufficiali ritenevano che, sparare a un bersaglio distante un chilometro, fosse solo uno spreco di munizioni. Nella maggior parte dei casi, la superiore gittata del 12 libbre non serviva a nulla; era però utile se si doveva distruggere edifici o ponti. Peggio ancora, la cadenza di tiro di quei pezzi era lenta (un colpo al minuto), quando un 6 libbre sparava almeno due volte più velocemente, perché aveva munizioni più leggere e un rinculo più debole, il che permetteva di rimettere il pezzo in posizione più rapidamente. A distanze identiche, la precisione inferiore di un pezzo medio, rispetto ad uno pesante, era compensata da una cadenza di fuoco superiore; inoltre, una palla da 6 faceva tanti danni quanto uno di 12, rimbalzando contro bersagli allo scoperto. Insomma, come diceva Jomini: “ ... in battaglia, il cannone da 6 o da 8 faceva lo stesso effetto di quello da 12, e tuttavia c’era una grande differenza nella mobilità e gli inconvenienti di quei calibri pesanti”. a) La “massa d’artiglieria”. Napoleone fu sempre fautore del principio della superiorità d’artiglieria in battaglia. Anche per questo motivo, dopo il 1809, era tornato a “provare” sul campo l’obsoleta artiglieria reggimentale. In altre parole, e più esplicitamente, Napoleone giustificava una scelta tattica, sull’so dell’artiglieria, dicendo che: “Una volta iniziata la mischia, chi ha l’abilità di far arrivare improvvisamente, e all’insaputa del nemico, una massa improvvisa di artiglieria contro i punti nevralgici, è sicuro di prevalere. Ecco qual è il grande segreto e la grande tattica”. Anche in tempi più antichi si diceva che “il cannone, se considerato per il suo effetto individuale e puntato verso un bersaglio isolato che non presenta una superficie estesa, è una macchina poco temibile.” Federico il Grande, stanco degli errori perpetuati, da campagna in campagna, e completamente contrario a disseminare i pezzi a piccoli scaglioni, negli intervalli tra le linee di fanteria, aveva creato Brigate di 10-30 bocche da fuoco che assegnava poi alle sue frazioni: centro ed ali. A Burkersdorf aveva formato, anche, una Gran Batteria di 45 obici. Così, fin dalle prime battaglie della Rivoluzione, nonostante tentativi falliti ed errori inverosimili, imputabili all’ignoranza delle giovani truppe, l’impiego dell’artiglieria in grosse batterie tendeva a diventare sistematico. A Valmy, Tempelhof, dalla parte prussiana, diresse il fuoco di 64 pezzi; Senarmont e d’Aboville, dalla parte francese montarono una batteria di 24 pezzi vicino al Mulino. A Castiglione l’artiglieria dell’armata francese formò solo due batterie. “Non ho mai visto nulla”, raccontava il generale Lespinasse, “di più imponente del fronte dell’armata d’Italia, che respinse gli austriaci di fronte, il 18 fruttidoro anno V, senza cannoni tra le linee, come si richiede che le nostre truppe facciano sempre, A sinistra aveva 12 pezzi d’artiglieria a piedi, sulle alture di fronte a Castiglione, e a destra, estesa verso la pianura, una batteria di 20 pezzi d’artiglieria leggera. L’armata, sostenuta da queste due batterie laterali, avanzava in silenzio, senza rompere la sua linea, senza sparare un solo colpo di fucile, facendo fuggire tutto quanto si trovasse davanti a lei.”56 L’impiego della massa d’artiglieria non era, quindi, una novità assoluta, ma fu portata allo “stato dell’arte” da Napoleone, che riunì il numero dei pezzi con le veloci cadenze di fuoco. Questo principio, che si potrebbe ridurre al termine “Gran Batteria” sarà messo in pratica a Wagram, a Friedland, a Borodino, dove furono impiegate batterie da 70 a 100 pezzi (anche se poi, a conti fatti, erano qualcosa di meno). L’effetto di concentrazione del fuoco era certo e decisivo e l’Imperatore poteva ricordare ancora che: “Si combatte a colpi di cannone come a pugni, e in battaglia come in assedio, l’arte ora consiste nel far convergere un gran numero di fuoco sullo stesso punto”. In offensiva, le bocche da fuoco, riunite in grandi batterie, costituivano un mezzo molto efficace per preparare i movimenti del grosso del corpo di battaglia e per sostenerlo, nella sua manovra. Anche la creazione delle compagnie di Riserva avevano lontana origine nelle brigate d’artiglieria prussiane di Federico II. 56 Roquerol, Gabriel, op. cit. pag. 223. 57 b) la mobilità. La riunione dell’artiglieria in grandi batterie era correlata alla sua mobilità. Per mobilità non si deve intendere, qui, la possibilità di evoluzioni brillanti, ma l’idoneità alle lunghe marce rapide per permettere le grandi concentrazioni di artiglieria. La mancanza di mobilità fu il maggiore (o unico) ostacolo allo sviluppo tattico dell’artiglieria campale. Macchiavelli soleva dire: “l’artiglieria deve fare una sola scarica prima d’addivenire alle mani …” ammettendone, così, l’impossibilità di muovere quei pesanti marchingegni. L’arma stessa, ed i suoi comandanti, non avevano in test alcun concetto di mobilità, se non nell’avanzare e portarsi sul nemico. Una volta schierata la batteria, non era prevista la possibilità di ritirarsi. “Dovrete”, diceva Gassendi, “abbandonare il cannone solo quando il nemico entra nelle vostre batterie. Le ultime scariche saranno le più letali; forse ciò segnerà la vostra sorte, ma sicuramente sarà la vostra gloria”.57 Già nel 1793, d’Urtubie consigliava di costituire, dietro il centro della prima linea, una riserva di artiglieria già pronta al traino e capace di portarsi, con prontezza, a rafforzare meglio la posizione dell’attacco58. Non è certamente esagerato vedere, in queste ultime raccomandazioni un po’ vaghe, il punto di partenza dell’impiego futuro delle batterie a cavallo. c) la collaborazione o solidarietà tra le tre armi. Abituata ad essere considerata come una «palla al piede» l’arma d’artiglieria tendeva ad isolarsi, “faceva parte di se stessa” diceva qualche storico. A fine ‘700 le cose erano diverse. Si aveva la percezione che l’artiglieria non fosse più considerata un’arma a parte; ma era trattata come ausiliaria della fanteria. Il periodo della Rivoluzione ed il sistema Gribeauval fecero meglio apprezzare le doti dei cannonieri, ma l’evoluzione avvenne nel periodo imperiale. Un’altra importante evoluzione, forse suggerita dallo stesso Napoleone (che ora possedeva una cavalleria meglio strutturata) riguardò la cooperazione artiglieria-cavalleria; l’Imperatore la privilegiava per lo scopo di aprire brecce decisive in un punto del fronte nemico. Ad Austerlitz, i 24 pezzi di artiglieria leggera della Guardia e le batterie del IV Corpo combinarono i loro sforzi con quelli della divisione dei Dragoni di Boyer. L’artiglieria devastava gli avversari in ritirata, la cavalleria impediva la loro riorganizzazione. La difesa delle batteria era affidata alla compagnia cannonieri, spesso aiutata dalla fanteria, tatticamente accogliendo i pezzi in quadrati oppure fisicamente spingendo i pezzi che dovevano ritirarsi. Durante il movimento, i pezzi di artiglieria, trainati da cavalli, si avvalevano della cavalleria con compiti di copertura59. Non risulta, da nessuna testimonianza, una presunta collaborazione tra artiglieria e cavalleria in attacco, né fu mai possibile un intervento coordinato delle tre branche armate in un singolo attacco, nello stesso momento. Gassendi ribadiva cosa doveva o non doveva fare l’ufficiale d’artiglieria, badare ai propri cannonieri ed obbedire agli ordini dell’artiglieria d’armata: “Bisogna sapere l’effetto che si vuole produrre, conoscere le truppe che si devono assecondare ... , comandare senza ostacolare le truppe; non avventurarsi oltre la protezione dei propri subordinati, a meno che non si sia sicuri di produrre un effetto decisivo. Il generale d’armata e il comandante d’artiglieria devono agire di concerto.”60 La “lotta” o i duelli d’artiglieria Gli artiglieri di quel tempo, come quelli che li avevano preceduti, erano spesso tentati di ingaggiare “lotte” tra batterie, veri e propri tornei medievali, agendo per proprio conto, come se le altre armi non esistessero, dedicandosi esclusivamente a quelle assurde, lunghe e inefficaci battaglie di controbatteria, come potevano offrire i cannoni di allora. Erno del tutto inefficaci, perché la limitatezza delle gittate, da un lato, la larghezza del fronte nemico, dall’altro, mettevano i cannoni nella condizione di avere concentrazioni di fuoco impraticabili. Si agiva, infatti, per proprio conto secondo una perpendicolare, ma le truppe amiche si potevano aiutare soltanto sfruttando linee oblique: dato che la perpendicolare era già ai limiti della portata efficace, i tiri obliqui la superavano. In tali condizioni, senza efficacia nell’azione, senza aiutare le truppe amiche, una batteria di pezzi non poteva produrre grandi risultati contro un’altra, nemica, e i “duelli di artiglieria” che iniziavano, non potevano che durare all’infinito senza portare risultati decisivi. Va detto che, unanimemente, tutti i teorici condannavano questa tendenza, a perdere tempo e materiali in questo tipo di lotta, chiaramente considerando l’artiglieria una semplice ausiliaria delle altre armi, incaricata di liberare da tutto 57 Gassendi, Jean-Jacques Basilien, op. cit. (ed. 1819) pag 1149. 58 D’Urtubie de Rogicourt, Théodore-Bernard-Simon, Manuel de l’artilleur contenant tous les objets dont la connoissance est nécessaire aux officiers et sous-officiers de l’artillerie suivant l’approbation de M. Gribeauval, 3ª ed., Magimel, Paris, 1793, pag. 264. 59 Ein Kavallerieoffizier: “Aufstellung einer zur Deckung von Geschütz kommandirten Kavallerie”, in ‘Militair-Wochenblatt’ 2. Jahrgang, 61. Stück (Berlin 1817) pp. 272-274. 60 Gassendi, Jean-Jacques Basilien, op. cit. (ed. 1819) p. 1148-1419. 58 quanto si opponeva alle loro manovre o ai tiri della fanteria. “Quando si ha davanti a sé solo cannoni”, diceva Camus-Destouches nel 1720, “bisogna sì sparare alle batterie nemiche, ma perché si deve supporre che le truppe siano dietro, e su quelle andranno a finire le palle, dopo il loro primo rimbalzo. Ma quando si vedevano truppe nemiche in posizione per fare una manovra vantaggiosa, non bisognava fare attenzione alle batteria opposte, essendo disposti a subire qualche danno, per il bene generale dell’azione, e sparare a quelle truppe.”61 Napoleone stesso detestava l’artiglieria che faceva fuoco di controbatteria. L’Imperatore reagì duramente contro: “le abitudini inveterate dei cannonieri che, per una propulsione naturale di sopravvivenza, ma mal indirizzato, s’ostinavano a perseguire, contro l’artiglieria avversaria, bombardamenti prolungati da lontano.” “Il principale destino dell’artiglieria” - diceva Jomini – “ è di devastare le truppe nemiche e non di rispondere alle loro batterie”. Consideriamo che l’artiglieria avanzava, d’altronde, fino alla gittata delle palle da cannone, cioè a 500 - 700 metri dalla linea nemica; gli obici avanzavano ancora di più, cioè a 500 e anche ▲ Assedio di Gaeta 1806 - pag. 426 Ilari, Crociani, Paolet400 metri. Se si pensa che le pallottole dei fucili d’allora erano ti, Le Due Sici-lie nelle Guerre Napoleoniche (1805-1815), mortali, anche se non precise, fino a quelle distanze, si capi- SME Roma, 2008 sce come l’artigliere non avrebbe mai dovuto esitare a scegliere una, tra le due opzioni; la prima era il provare a far danni relativi alle batterie avversarie, l’altra bombardare, con la massima efficacia, l’obiettivo più vicino, il più minaccioso, il più pericoloso, che era la fanteria nemica. Ci saranno stati, dunque, ben pochi duelli di artiglieria propriamente detti nelle guerre napoleoniche e, più in generale, ce ne saranno pochi per tutto il tempo delle anime lisce. Così non esisteva alcun manuale d’addestramento che prevedesse un fuoco di controbatteria, se non diretto contro le batterie di cannoni entro le mura di una città assediata. Questo non significa che non accadesse mai e, forse, la pratica era più diffusa di quanto si possa pensare ed avveniva per improvvisazione o per ordine diretto del comandante di compagnia. Se il fuoco di controbatteria doveva accadere, era preferibile usare i calibri più piccoli disponibili in quanto avevano una più elevata cadenza di fuoco. Le batterie nemiche erano attaccate dalla batteria amica, un pezzo alla volta, e quando questo era fuori uso, si passava al pezzo successivo. Purtroppo un efficace tiro di controbatteria consumava un sacco di munizioni. Poteva accadere che, se non c’erano obiettivi di fanteria disponibili, allora si creavano bersagli di opportunità, compresa l’artiglieria nemica. I russi non adottarono mai questa pratica, fino a dopo il 1807, quando furono pesantemente sconfitti dai francesi. L’artiglieria britannica lo faceva molto di rado. Anzi proprio i britannici facevano eccezione, perché i loro shrapnel si rivelavano formidabili nel ruolo di controbatteria. In effetti, l’artiglieria nemica, sotto il fuoco dei proiettili, non aveva nulla per rispondere a quella minaccia: doveva subire o ritirarsi. I francesi non fecero quasi mai controbatteria, anche perché concentrando il fuoco con le Grandi Batterie, l’obiettivo tattico era diverso. Anche la celebre battaglia a cannonate di Valmy vide l’artiglieria francese cessare immediatamente di sparare sull’artiglieria prussiana, e, senza rispondere al fuoco dei cannoni nemici, dirigere il suo fuoco contro la fanteria, quando quest’ultima cercò di avanzare. Proprio questo sistema a Grand Batteries fece, invece, cambiare parere all’artiglieria russa, dopo Friedland, lasciando la libertà di prendere iniziative estemporanee. Alemono così s’intuisce da alcune testimonianze. Racconta il generale Ermolov Aleksei62: (alla battaglia di Eylau) “Ho aperto il fuoco e ho dato fuoco a questo villaggio, cacciando la fanteria nemica che molestava i miei cannoni. Poi ho diretto il mio fuoco contro le batterie nemiche e ho tenuto la mia posizione per due ore.” A Wolfsdorf nel 1807: “La nostra artiglieria fu sotto bombardamento per tutto il giorno e se i nostri ussari non avessero catturato alcuni cavalli francesi, per sostituire i nostri animali uccisi, avrei perso alcuni pezzi.” Nei pressi di Mohrungen nel 1807: “Muovendo a marce forzate, l’avanguardia arrivò su quel campo di battaglia giusto per trovare Yurkovskii pressato duramente dal nemico e ripiegando in un piccolo villaggio, la cui strada principale era bombardata dall’artiglieria nemica. Immediatamente portai la mia compagnia di artiglieria a cavallo 61 Paloque, Jules: Artillerie de campagne, pag.40. 62 Yermolov, Aleksiei Petrovich, Alexey Yermolov’s Memoirs, Tbilisi, 2011 pagg. 74-80-88. 59 e, sfruttando il vantaggio della mia posizione elevata, feci ritirare i cannoni nemici, coprendo la ritirata della nostra cavalleria.” Anche il generale Radozhitski accenna alla controbatteria nelle sue memorie63: “I mie due pezzi furono schierati contro tre cannoni nemici. Mirai entrambi i miei cannoni contro un singolo cannone nemico e lo danneggiai al primo colpo.” … “Notando che i Francesi mantenevano un fuoco, costante e preciso, contro i miei pezzi ed avevano già ucciso un altro cannoniere, li feci spostare 10 passi in avanti.” … “Ma ahimè rimasi attonito per le condizioni della nostra artiglieria sul lato destro della strada! Diversi pezzi erano sparsi in giro, danneggiati o rovesciati, cannonieri e cavalli morti giacevano tra loro. Avendo formato una batteria centrale, la nostra compagnia fu devastata dalle palle di cannone nemiche provenienti da tre lati.” Come già detto, i francesi ammettevano la necessità del fuoco di controbatteria, durante gli assedi: “Masséna e Giuseppe decisero di eliminare la spina di Gaeta e, arrivato ormai il grosso delle artiglierie, la notte del 5-6 giugno, ripresero i lavori del Genio per la costruzione delle batterie di bombardamento, di controbatteria e di breccia.”64 Osservazioni sulle gittate, la velocità dei tiri e gli effetti dei colpi Malgrado velocità iniziali superiori a 400 m, la gittata efficace di un cannone da 4 libbre (e di un obice da 6 pollici) non andava oltre 500-600 m; i cannoni da 8 avevano un certa efficacia, i cannoni da 12 una buona efficacia tra 800 e 900 m. Le portate efficaci del tiro a mitraglia erano, in generale, inferiori di 200 m rispetto al tiro a palla, aggirandosi tra 400 e 700 m. Tutte le batterie piazzate sulle ali di un’armata e capaci di prendere il nemico d’infilata, utilizzavano sempre le portate massime, variabili tra 1 km e 1600 m. La velocità di tiro a palla dei pezzi raramente oltrepassava un colpo al minuto per pezzo, nei cannoni pesanti, mentre arrivava a 3 colpi ogni due minuti nei cannoni da 4, dove il servizio era più semplice. La mitraglia esigeva un puntamento molto approssimativo, rapido, e poteva variare tra 2 colpi e 5 colpi al minuto. La palla aveva una traiettoria tesa, spaccava il suolo, rimbalzava eseguendo una serie di successive parabole, alla fine semplicemente rotolava per terra fino a fermarsi. La natura del terreno o la sua pendenza condizionavano la distanza d’arresto del colpo. In terreno paludoso, sabbioso, in contro pendio, coperto di siepi, traversato da fossi, argini, o dove c’erano coltivazioni o vegetazione resistente, l’arresto della palla poteva capitare molto vicino al punto di primo impatto, se non nello stesso punto d’impatto. L’effetto era proprio l’impatto ed era massimo al primo punto d’arrivo; da qui la necessità di un puntamento accurato. La palla colpiva tutta una fila in profondità, vale a dire, sovente, 3 soldati, dato che le formazioni del periodo si disponevano quasi sempre in tre ranghi; se il tiro era d’infilata, tuttavia, si colpiva un numero più considerevole d’uomini. Una palla da 12 libbre poteva traversare un muro poco spesso a distanze di 6-700 m. Non va sottovalutato l’effetto morale che aveva il colpo a palla, considerato il forte sibilo nell’aria che incuteva terrore. Il colpo più temibile, tuttavia, era la mitraglia (boite à balles in francese e canister in inglese). Impiegato a distanze brevi entrava in scena nelle fasi finali dell’avvicinamento delle linee contrapposte. Non era possibile descrivere la devastazione causata da una rossa di pallette, esplose ad altezza d’uomo. Il tiro non agiva solo sulla prima linea e su un solo punto di essa. La mitraglia colpiva sia in ampiezza, sia in profondità e non era assolutamente dipendente dal tipo di terreno. Gli obici, in qualche modo, mettevano insieme i vantaggi del tiro a palla e di quello a mitraglia. Agiva sia come una palla che rimbalzava e rotolava e, alla fine, con l’esplosione della carica interna spargeva attorno 30-40 schegge. Il numero di schegge potrebbe sembrare esiziale, ma in realtà il loro raggio d’azione letale non superava i 20 m. Si diceva che l’obice aveva il vantaggio di avere un tiro più curvo, ma non era in grado di disordinare una linea nemica. La sua esplosione creava un vuoto, prontamente riempito dai soldati che serravano i ranghi. In realtà molte testimonianze attestavano che gli scoppi delle granate degli obici, scatenavano il panico, alla sola vista delle scintille che uscivano dalla palla. La curvature delle sue traiettorie lo rendeva utile a battere i cosiddetti “angoli morti”, dietro ostacoli e ripari. Aveva anche un notevole potere incendiario, soprattutto nei villaggi dove i tetti di paglia prendevano rapidamente fuoco65. Molti comandanti d’artiglieria, al tempo, avrebbero preferito sostituire le palle normali con quelle da obice. 63 Radozhitsky, Ilya Timofeevich, Pokbodnie zapiski artilerista s 1812 po 1816 g. pag. 40-41. 64 Ilari v., Crociani P., Boeri G., Le Due Sicilie nelle guerre napoleoniche (1806-1815), pag. 411. 65 I francesi ricorrevano anche ad un tiro particolare con gli obici detto “tir a fer rouge” ottenuto rendendo incandescente la palla. Era un tiro che Napoleone raccomandava alle batterie costiere perché efficace ad incendiare le navi. La palla era riscaldata sopra una griglia fino a quando non diventava rosso ciliegia. Per sparare, il cannone doveva avere la carica dentro una gargousse (un cartoccio, anche due una dentro l’altra), non di carta, ma di cartone o pergamena) per impedire che la palla incandescente facesse esplodere la polvere. Inoltre, il cannoniere aggiungeva un tappo di fieno secco, e un tappo di fieno imbevuto per 12-15 minuti in acqua, per evitare l’immediata deflagrazione. Con l’aiuto di un cucchiaio la “palla rossa” era fatta scivolare nella canna, ed un 60 61 62 Il tiro con i cannoni della Rivoluzione Esperimenti espletati nel 1795 in Prussia mostrarono che ci volevano dai tre ai cinque minuti per tirare 10 salve a mitraglia (Canister) compreso il tempo di mirare, il che faceva 2 o 3 al minuto circa (lcp / 24 sec.) con un cannone da 6 pdr. Senza mirare, il cannone da 6 poteva sparare 5 salve al minuto ed il pezzo da 12 pdr due salve al minuto. Colpi a segno con bersaglio di 36 m x 1.84 m – esperimento di Strasburgo 1764 Pezzo da 600 m 700 m 800 m 8 pdr 300-400 m 30 % 23 % 13 % 12 pdr (41 pallette) 35 % 27 % 19 % 4 pdr 21 % 12 pdr (112 pallette) 36 % 500 m 33 % 18 % Colpi a segno con bersaglio di 60 m x 1.80 m – esperimento di Prussia 1795 Pezzo da 220 m 6 pdr tiro lungo - lento 6 pdr leggero tiro rapido 12 pdr a tiro lento 25 % 438 m 584 m 657 m 730 m 28 % 34 % 23 % 15 % 30 % 20 % 13 % 9% 34 % 37 % 26 % 28 % Da quanto sopra possiamo dedurre che, alla distanza di 400-600 m, in condizioni di campagna, un massimo di 10 proiettili colpiva una zona larga 60 m, su una scarica di 41 proiettili, quindi una prima linea di un battaglione. È impossibile essere certi dell’effetto delle palle, che avrebbero potuto raggiungere le linee successive, quelle con traiettorie troppo imprevedibili. È tuttavia probabile che non fosse superiore a quello della moschetteria. Efficacia della mitraglia La nostra batteria di sei pezzi da 8 affrontava un battaglione che caricava in colonna d’attacco (di divisione, a metà distanza). La fronte dell’attaccante era di 40 m. Da 600m a 50 m, l’attaccante impiegava 5 min e 30” per attraversare la distanza. La batteria poteva sparare, (mantenendo la calma) impiegando il tempo per mirare, 66 colpi. Ciò consentiva di colpire la parte anteriore del battaglione a un minimo di sette proiettili, sparando cartucce-mitraglia (Canister) da 41 pallette e tirando ben 462 proiettili. Ma questo risultato andava interpretato. Innanzitutto tutti i proiettili, sul bersaglio, non erano letali e si vide che, come minimo, a queste distanze, solo una buona metà feriva efficacemente. Restavano ancora almeno 230 uomini atti al combattimento (senza contare gli immancabili doppioni colpiti). In secondo luogo, a breve distanza, la dispersione era inferiore al fronte dell’attaccante, ma i doppioni si moltiplicano. Se si metteva in linea il nostro battaglione di prova, invece di sette proiettili, avremmo avuto 10 proiettili, che colpivano, per singolo pezzo, poiché il fronte ora diventava di 160 m. Ma la profondità era più ridotta. La batteria controllava 124 m (i pezzi erano distanti 8 m, il raggio di fuoco anteriore era di 40 m da canna a canna), ovvero un potenziale bersaglio di 744 uomini. Tuttavia, le perdite per salva erano 30 soldati di fanteria, se si considerava che solo la metà dei proiettili erano pericolosi. Avere solo tre file della linea non riduceva i danni dovuti a numerose scariche. Le perdite del battaglione in linea erano leggermente maggiori di quelle della colonna (nel rapporto di tre a due); esattamente il contrario di quello che ci si sarebbe aspettato. Possiamo supporre che entro una certa distanza il cono di dispersione diventasse inferiore a 40 m. In questo caso, il battaglione in colonna finiva per subire le stesse perdite, di quello in linea. Conservando la stessa relazione di distanza di dispersione, individuata dalla commissione prussiana, questa distanza doveva essere prossima a 350 m. Inoltre, più la colonna si avvicinava, più i cannoni, posizionati all’esterno della batteria, potevano inquadrare l’attaccante. Quindi a brevi distanze la colonna probabilmente subiva più perdite della linea. La dottrina affermava che, gli artiglieri, quando il bersaglio s’avvicinava, rimpiazzano le cartucce “piccole” da 41 pallette, con quelle “grosse” da 112 pallette, secondo il principio che più pallette si sparavano, più il tiro era efficace. Durante le guerre napoleoniche, tuttavia, la cartuccia “piccola” evolverà verso un contenuto misto di 80 pallette n.2 (51 g) e 32 n.3 (27 g). Dopo i 400 m si vide che erano realmente efficaci solo le pallette n.2, anche se la loro dispersione era più ampia, il che metteva a segno una quantità di 12 proiettili, pur tenendo conto della loro letalità inferiore rispetto alle pallette n.1 utilizzate nelle cartucce da 41 palle. secondo tappo di fieno umido la intasava. Non appena il calore entrava in contatto con il fieno umido, partita un sibilo, che era il segnale di far fuoco, per il cannoniere. 63 A meno di 400 m le 32 pallette da 27 g iniziavano ad essere efficaci (in rapporto di una su 2 da 51 g) . La mitraglia di una batteria di campagna, quindi, era meno efficace della moschetteria di un battaglione in linea, a corta portata. In entrambi i casi, il nostro battaglione d’attacco era crudelmente martirizzato prima dello scontro corpo a corpo (con perdite di 350 uomini da fucileria e 230 da mitraglia). Se si voleva dare credito agli artiglieri, il tiro a palla di cannone, con o senza rimbalzi (Ricochet), non era più efficace oltre i 1000 m, e, se il tiro a mitraglia si dimostrava ancora utile a 800 m, non ci sarebbe più stato alcun interesse per tirare a palla; tuttavia esso costituiva il munizionamento principale delle batterie da campo. Vedremo, invece, che poteva essere formidabile a tutte le distanze. La palla di cannone era un singolo proiettile lanciato dal cannone. La ragione stessa della sua efficacia poteva essere il suo peso, e quindi la forte energia che sviluppava all’impatto. Ma aveva anche il vantaggio di poter essere utilizzata a distanze maggiori, rispetto al colpo a mitraglia o al moschetto. Ciò induceva nuove difficoltà, il dover mirare a grande distanza e l’aumento dei termini di dispersione. Ma i cannonieri potevano sfruttare il fuoco di rimbalzo, in alcuni casi, per migliorarne l’efficacia. Piobert dava, nella sua opera66, numerose referenze sulla penetrazione delle palle, secondo i calibri, il peso della carica, la distanza ed il tipo di bersaglio. Purtroppo non indicava l’origine dei suoi dati. Si poteva ritenere che, secondo lui, una palla di cannone poteva attraversare, in profondità, uno spessore 46 volte maggiore in uomini rispetto a legname. Vale a dire che una palla, tirata con una carica di un terzo di peso, poteva rovesciare una fila di 46 soldati a 200 m e 23 a 800 m. Precisava anche di considerare il numero dei cavalli sempre la metà di quello degli uomini. Per la palla da 8 pdr, sempre a un terzo di carica, i fanti colpiti erano 38 a 200 m e 16 a 800 m. Profondità letale della palla in uomini colpiti tipo 100 m 200 m 300 m 400 m 500 m 600 m 800 m 1000 m 12 libbre 50 u. 46 41 37 34 30 23 17 8 libbre 42 38 34 30 26 23 16 12 Se, come per il fucile, era difficile stimare l’efficacia, il cannone presentava comunque notevoli vantaggi a questo punto. Era una piattaforma di tiro stabile. Era dotato di un sistema di regolazione del rialzo che permetteva di aggiustare l’alzo (vite o cuneo a seconda delle nazioni). D’altra parte, le distanze utili erano maggiori. Ciò poneva una nuova difficoltà: il vedere chiaramente l’obiettivo. Il tiro dipendeva dall’acuità visiva del puntatore. A 1.200 m si poteva distinguere la cavalleria dalla fanteria; a 900 m si vedevano individui in linea; a 600 m la testa era una pallina; a 450 m si differenziavano il viso, il tronco, le braccia in movimento, la divisa; a 200 m i dettagli erano sufficientemente chiari per poter individuare gli ufficiali. Hugues ci diceva che: a 450 m una linea di fanteria, era davvero piccola! A 800 m, un uomo era visto come qualcosa alto 20 cm a 100 m. Scharnhorst spiegava che, nelle giornate limpide, era possibile vedere il punto di impatto della palla fino a 900 m; Decker arrivava a 1.500 m. Secondo Rouquerol l’allenamento consentiva di puntare a distanze molto maggiori. I pareri erano abbastanza dissimili. C’erano due modi per sparare a palle e fare il massimo danno all’avversario. Si poteva puntare a piena forza mentre si mirava il bersaglio, preferibilmente con un tiro il più orizzontale possibile, che consentiva di aumentare la zona in cui la palla risultava efficace. Oppure si tirava cercando i rimbalzi (Ricochet) che avessero lo stesso effetto, moltiplicato, di un colpo radente. Zona letale della palla in funzione della distanza PORTATA 0-370 460 m 500 m 600 m 700 m 800 m 1000 m 1200 1400 1600 zona letale 370 m 100 m 85 m 70 m 55 m 40 m 30 m 20 m 15 m 13 m Confronto delle gittate utili dei vari pezzi in funzione della distanza portata passi 0-370 500 600 700 800 1000 1400 1600 1800 2250 gittata in metri 0-282 381 457 533 610 762 1067 1219 1372 1715 66 Piobert, Guillaume, Traité D’artillerie: Théorique Et Pratique, Gauthier-Villars, Imprimeur-Libraire, 1869. 64 AUSTRIA 3 pdr MAX 6 pdr MAX 12 pdr leggero MAX 12 pdr MAX 7 pdr obice MAX FRANCIA portata passi 0-370 500 gittata in metri 0-282 381 4 pdr 8 pdr leg. 600 700 800 1000 1400 1600 1800 2250 457 533 610 762 1067 1219 1372 1715 MAX MAX 8 pdr pes. MAX 12 pdr leg MAX 12 pdr MAX obice 6 p. MAX obice 8 p. MAX ▲ Piano e profilo di affusto ed avantreno del pezzo da battaglia anno XII. Dall’enciclopedia di Diderot (collezione privata) 65 Il terrificante rombo dei pezzi pesanti Il cannone da 12 libbre aveva una grande utilità tattica qualora si dovesse distruggere ponti o fortificazioni di campagna, ecc. In questo caso, la potenza di penetrazione dei suoi colpi era senza eguali, rispetto a quella dell’artiglieria comune: una ridotta, ad esempio, poteva resistere, indefinitamente, all’impatto delle palle da 6 libbre, mentre si disgregava, colpo dopo colpo, di fronte alle palle da 12. Inoltre, l’effetto dell’artiglieria pesante era soprattutto psicologico. La sua deflagrazione era terrificante, soprattutto in un’epoca in cui le “aggressioni sonore” erano estremamente rare. Ora, il sordo rombare di un 12 libbre era caratteristico e scoraggiava le truppe, più facilmente dei botti del pezzo da 6 libbre. Gli stessi veterani di Wellington scoprirono con ansia, i 12 libbre dell’Imperatore a Waterloo. Di fronte ad un fuoco tambureggiante, che fosse efficace o meno, i soldati erano completamente disarmati e avevano l’impressione di andare al macello. Napoleone sottolineava, d’altronde che “una buona fanteria è senza dubbio il nervo dell’esercito, ma se avesse da combattere a lungo contro un’artiglieria molto superiore, si demoralizzerebbe e sarebbe distrutta”. Le palle erano sparate, orizzontalmente, ad altezza d’uomo, per falciare il massimo dei soldati, come fossero birilli. Nella misura del possibile, le truppe nemiche dovevano essere prese d’infilata, come indicava Jomini: “Se il nemico avanza in linee schierate, le batterie devono cercare di incrociare il loro fuoco in linee (traiettorie) oblique, per prendere quelle linee di battaglia in diagonale; quelle che potranno posizionarsi sui fianchi, e battere le linee avanzanti, nel senso della loro lunghezza, avranno un effetto decisivo”. I bersagli “ammassati” - colonne serrate, quadrati, ecc. – erano molto vulnerabili ai colpi d’artiglieria. In qualche frangente, prendevano il sopravvento le granate da obice, con la loro traiettoria curva, che sorvolavano il terreno, eliminandone la sua importanza. Chiaramente se la palla atterrava in una zona fangosa o affondava in un terreno sabbioso, il suo detonatore poteva spegnersi o esplodere in maniera inefficace. Gli obici potevano anche raggiungere le truppe schierate in protezione, su un contro pendio, al riparo dalle palle, o in un villaggio. Da qui nasceva l’importanza di avere batterie “miste”, comprendenti cannoni e obici. La loro versatilità consentiva di adattarsi a qualsiasi situazione tattica. Va anche aggiunto che il tiro, anche curvo, sopra le truppe amiche era eccezionale, perché pericoloso per i propri soldati. 66 Materiali I n genere le canne dei pezzi erano fuse in colate di bronzo67, nonostante questa lega avesse maggiore densità rispetto al ferro. In effetti il ferro era più fragile del bronzo, il che costringeva a fare le pareti di una canna di ferro ben più spesse di quelle di bronzo, a calibro uguale, per poter resistere ad una medesima quantità di polvere. Oltre al problema dell’ossidazione (ruggine) il pezzo in ferro risultava molto più pesante di quello in bronzo. All’inizio delle guerre della Rivoluzione, quindi, tutti i pezzi dell’artiglieria di terra erano in bronzo. La ghisa (fonte de fer), metallo più economico e meno soggetto all’usura del bronzo, era riservata ai pezzi della marina o costieri; per questo servizio, l’aumento del peso delle parti e la minore resistenza del metallo avevano effettivamente pochi inconvenienti a causa della diversa organizzazione delle batterie e la debolezza delle cariche utilizzate. Le «bocche a fuoco» si ripartivano in tre tipi: i cannoni, gli obici e i mortai. I cannoni - i pezzi più numerosi - avevano una lunghezza media di dodici calibri, cioè la lunghezza della canna era pari a dodici volte il diametro della palla. All’opposto, i mortai erano molto corti: avevano solo due o quattro calibri di lunghezza. Tra i due stavano gli obici. I cannoni e gli obici poggiavano su affusti mobili con due ruote, che permettevano di spostarli sui campi di battaglia, mentre i mortai erano montati su piattaforme fisse. I colpi dei mortai erano sempre curvi, a parabola, e ciò permetteva di colpire bersagli protetti, entro fortificazioni. I cannoni eseguivano solo tiri tesi, con un’elevazione massima di pochi gradi. Gli obici erano, invece, più versatili e potevano essere impiegati in tutti e due i modi. Sistema Gribeauval Pezzo peso palla calibro lunghezza peso cannone 12 libbre 6 kg 121,3 mm 229 cm 880 kg 8 libbre 4 106,1 200 580 4 libbre 2 84 157 290 obice da 6 pollici 11 165,7 76 330 cannone per truppe leggere 0,5 52.9 115 130 cannone da 4 lb detto alla Svedese 2 84 162 325 I cannoni erano classificati secondo il peso in libbre della palla che loro tiravano. L’artiglieria campale era costituita da cannoni che andavano da 3 (leggeri) a 12 libbre (pesanti), progettati quindi per lanciare palle piene, in ghisa, di 1,5 fino a 6 kg circa. I pezzi di calibro più elevato, troppo pesanti, non erano abbastanza mobili e quindi erano riservati alle piazzeforti o all’artiglieria d’assedio (in compagnia dei mortai). Per l’artiglieria da campo, la quantità di polvere utilizzata per sparare una palla era circa un terzo del peso del proiettile. Questo volume era un buon compromesso per ottenere una portata sufficiente, senza causare l’usura prematura della canna. Secondo Sènarmont la durata media di una bocca da fuoco, per l’artiglieria di terra, era di circa 800 colpi per i cannoni, quella dei mortai a lunga gittata di 150 (a media 250). Pertanto si doveva cercare d’evitare di tirare a cariche potenti per evitare l’usura prematura del pezzo. Molti Ispettori d’artiglieria si lamentavano, nei primi anni della Rivoluzione, della pessima fabbricazione della polvere per le cariche. Gribeauval aveva esteso a quasi tutti i pezzi il caricamento a cartucce o gargousse68. Gli involucri erano in stoffa per i pezzi da campagna, in carta pesante per i pezzi d’assedio o da fortezza. Per il tiro a palla, la quantità di polvere era aumentata di ¼ (si pensi che per un tiro a breccia, durante un assedio, il peso della polvere poteva oltrepassare la metà di quello del proiettile. 67 Il bronzo è una lega composta da rame (cuivre in francese) e stagno (fer blanc). 68 La cosiddetta gargousse era nota sin dal XVII secolo ma era stata impiegata la prima volta da Diego Ufano (1615) che avendo necessità di una maggiore celerità di tiro fece adottare questi involucri. Fu il maresciallo de Saxe il primo ad usarli con i cannoni di tipo “alla svedese”. 67 ▲ Profili di affusto ed avantreno di calibro 8 e obice da 6 (collezione privata) 68 Pezzo tiro a palla mitraglia cannoni SI SI obici SI mortai SI tiro a granata cava Bombe- maniglie SI SI Il diametro delle palle di cannone era inferiore a quello dell’anima della canna del pezzo; la differenza era detta “vento” (lasco). Più grande era il lasco tra palla e canna, più nel tiro la palla tendeva a sbattere sulle pareti perdendo velocità e deteriorando la canna stessa. Per i cannoni di calibro inferiore (da 16 libbre in giù) le palle erano “ensabotés” ovvero appoggiate ad un “sabot” uno zoccolo di legno cilindrico, che aveva una faccia concava per accogliere la palla, usati in Francia solo da 1772. Questi pezzi di legno avevano anche il compito di diminuire gli sbattimenti dovuti al lasco. All’altra parte dello zoccolo era collegata la gargousse. L’insieme veniva detto cartuccia a palla ed era comodo da stipare nei cassoni, garantendo soprattutto una maggior cadenza di tiro, perché evitava i movimenti di caricamento polvere e caricamento palla, separati. Nei calibri superiori a 16 libbre si usavano ancora le “boulets roulants “ (palle libere o rotolanti) che non erano “ensabotés”. Le scatole a pallette (boiles à balles) erano quelle che comunemente si definivano mitraglia (anche se la mitraglia aveva un significato un po’ diverso, come asseriva, protestando Gassendi; la mitraglia aveva dentro di tutto, ferri, chiodi, sassi ecc.). Questi barattoli cilindrici, di latta, contenevano un numero variabile di proiettili di piombo, chiamati “biscayen”. Se avevano più di 100 pallette di ferro erano dette “cartucce grosse”, se ne avevano una quarantina erano dette “cartucce piccole”; l’uso di una piuttosto dell’altra dipendeva dalla distanza del bersaglio, con le grosse preferibili a distanze non ravvicinate. Il loro involucro si sfaldava all’uscita della canna e le pallette formavano un cono di proiezione formidabile. L’effetto era devastante, ma limitato a gittate ridotte, unico inconveniente di questo tipo di munizioni, (poche centinaia di metri al massimo). Solo il pezzo da 4 libbre aveva la carica unita al barattolo ed era detta cartuccia a palle (plurale); per i pezzi di maggior calibro non si poteva usare barattoli adesi alla carica perché l’oggetto che ne derivava diventava troppo lungo per essere agevolmente maneggiato. Il proiettile lanciato da obici e mortai69 era una granata (obus), vuota, poi riempita di polvere da sparo. Al momento dello sparo della granata, un rudimentale detonatore a miccia s’innescava automaticamente e causava [‘esplosione della granata, normalmente dopo aver raggiunto il suo bersaglio. L’onda d’urto dello scoppio e le schegge, proiettate entro un raggio di venti-trenta metri, a seconda delle dimensioni del proiettile, erano temibili. Attenzione, poiché non c’era un percussore ad innescare lo scoppio della granata, durante l’impatto, la palla esplosiva poteva, se la miccia era mal regolata, esplodere prematuramente o, al contrario, lasciare il tempo, ad un coraggioso, di disinnescare la granata. A differenza dei cannoni, gli obici erano, generalmente, classificati in base al diametro dei Il sistema Gribeauval permetteva soprattutto di avere un’artiglieria campale molto mobile con cannoni più leggeri, che potevano essere trainati da cavalli, come da uomini grazie ad una prolunga, una corda che permetteva di manovrare i pezzi di artiglieria a mano, in particolare sotto al fuoco nemico, quando i cavalli erano al riparo. La prolunga permetteva anche di sparare lasciando il cannone agganciato ai cavalli: ciò permetteva di non deteriorare l’avantreno e di ritirarsi rapidamente, se c’era questa necessità. Le principali migliorie del sistema Gribeauval, rispetto al sistema Vallière, in vigore dal 1732, riguardavano, direttamente o indirettamente, la mobilità dei pezzi. Ad esempio, riportando Il “vento della palla” ad una sola linea (2,25 mm), la dose di polvere contenuta nelle gargousse poteva essere ridotta. Fu, quindi, possibile anche ridurre il peso della canna, poiché il carico di polvere utilizzato era inferiore. Dopo molteplici prove, Gribeauval dedusse che la quantità di bronzo necessaria per fondere un cannone era, circa, centocinquanta volte il peso della palla: una canna da 8 libbre pesava circa 1200 libbre, cioè più o meno 600 kg, con un miglioramento nel peso del 40 % rispetto al sistema precedente. Furono anche alleggeriti gli affusti, curandone la geometria, in modo che le forze esercitate dal rinculo, durante un colpo, fossero ripartite meglio. Per quanto riguarda i raggi delle ruote, erano stati resi ricurvi, per migliorare la loro resistenza allo spostamento d’aria. 69 Non confondere il termine francese obusier (obice = una specie di mortaio un po’ più lungo degli altri, che si montava su un affusto da campagna, con la differenza, che la soletta era mobile, e, togliendola, permetteva un alzo di 45 gradi) da obus (granata d’obice = una bomba senza manici; il suo scopo era quello di colpire come un palla, rimbalzando, e poi scoppiare come le bombe. 69 proiettili che lanciavano, piuttosto che in funzione del loro peso. Si parlava ad esempio di obici da 6 pollici, cioè di un calibro di circa 162 mm (il pollice “francese” era più lungo del suo omologo inglese). Non avendo più i Granatieri della Guerra dei Sette Anni, che le tiravano a mano, esistevano ancora alcuni di granata, detti “da bastione” (de rempart), di peso variabile dai 4 agli 8 kg, che venivano innescate e fatte rotolare dai bastioni assediati. Qualche granata da 1 kg (4 libbre) era ancora tirata a mano. Tutti i proiettili cavi (bombe, granate e granate) avevano detonatori di legno o canna70; se il fuoco era direttamente comunicato al detonatore con l’accensione della carica, il tiro era detto “ad un fuoco” (fino al 1747 era “ a due fuochi” ovvero bisognava accendere separatamente detonatore e carica). Il fuoco era appiccato alla carica, per mezzo di una fiamma e attraverso una specie di stoppino, costituito da un detonatore fatto di un innesco (piccola canna di palude riempita di polvere detonante)71. Le granate erano introdotte nella canna, dopo aver caricato la polvere72. Nonostante la riforma di Louvois, alla fine del regno di Luigi XIV, l’artiglieria francese era composta da materiali molto diversi tra loro. Per ogni calibro erano in funzione tre tipi di pezzi (lunghi, medi e corti), sia in bronzo, sia in ghisa. A questa pletora andavano ad aggiungersi norme che differivano a seconda delle fonderie. A questi pezzi si aggiungevano mortai, obici di tutti i tipi e pezzi leggeri detti “alla svedese”. Ne derivava una confusione enorme che si perdeva nell’uso delle polveri, dei proiettili e dei trasporti. La prima riforma fu quella di Monsieur de Vallière (1667 - 1759) che riguardò sia l’organizzazione delle unità (creazione del Corpo Reale dell’artiglieria), sia l’istruzione e i materiali. Tentò di ostacolare il numero troppo elevato di calibri e lo ridusse a cinque per i cannoni (24, 16, 12, 8 e 4 libbre), tre per i mortai (12,10 e 8 pollici) e uno per gli obici (8 pollici). Tra i cannoni, eliminò i pezzi lunghi (colubrine) e rifiutò i pezzi corti ritenuti inaffidabili. In generale, questo sistema si limitò solamente a semplificare e uniformare i materiali esistenti. Anche questa uniformazione rimaneva, tuttavia, poco incisiva. Sotto l’Impero, l’insieme dei pezzi e dei proiettili, nonché il materiale annesso - affusti, avantreni, cassoni, fucine, furgoni, ecc. -, erano standardizzati a formare un “sistema”. Così, l’artiglieria francese di tutto il periodo seguì soprattutto la traccia “systeme Gribeauval”. A partire dal 1764, questo ufficiale di artiglieria promosse numerosi studi sulla modernizzazione dell’artiglieria francese, ispirandosi all’eccellente “sistema Liechtenstein”, in vigore in Austria dal 1753 al 1859. Jean-Baptiste Vaquette de Gribeauval aveva anche prestato servizio nell’artiglieria austriaca, durante la guerra dei Sette Anni, avendo la possibilità di valutare de visu la qualità dell’artiglieria imperiale austriaca. In pratica, Ovviamente, il sistema Gribeauval non era perfetto. I pezzi da da 4, 8 o 12 libbre non lo erano. Il 4 libbre era troppo leggero e mancava di potenza. Al contrario, l’8 libbre era troppo pesante e poco maneggevole, così come lo erano le sue munizioni. Se questo non aveva causato gravi problemi durante la guerra dei Sette Anni, ora, con una guerra più moderna, prevalevano le necessità di cambiamenti di posizione più frequenti ed un uso offensivo dei pezzi, durante le battaglie. In effetti, il calibro intermedio - il 6 libbre-, ampiamente utilizzato dalle altre potenze europee sembrava essere un buon compromesso, mobile quasi come il 4 e potente quasi come l’8. Un altro vantaggio del 6 libbre era che richiedeva, come il 4, affusti ad una sola posizione per la canna, mentre gli affusti dell’8 e del 12 libbre ne avevano due; la prima (la più avanzata) per il tiro, l’altra (la più arretrata) per gli spostamenti. Non appena il pezzo si muoveva di qualche chilometro, i serventi spostavano, con la forza delle braccia, la canna in posizione posteriore, il che ripartiva meglio il carico sulle le ruote dell’affusto e sull’avantreno. Per coronare il tutto, come detto (e come dirà più tardi Napoleone) “i generali di fanteria (poco a conoscenza delle sottigliezze dell’artiglieria) facevano uso indistintamente di pezzi da 4 o da 8, senza ben sapere che effetto volessero produrre”. Un solo tipo di bocca da fuoco avrebbe loro facilitato il compito e semplificato la logistica, sostituendo due tipi di munizioni, da 4 e 8, con una sola da 6. 70 Lo scopo dei detonatori era quello di dar fuoco alla polvere da sparo di cui la bomba era riempita, per farla esplodere nei bersagli in cui era tirata. Questi detonatori si realizzavano con legno di tiglio, salice, frassino, o altri legni ben asciutti e ben sani: dovevano contenere una composizione di polvere che bruciava lentamente. 71 Generalmente per stoppini, nell’artiglieria dell’epoca, s’intendevano piccoli aggeggi infiammabili che servivano a dar fuoco al carico di polvere dei pezzi. In realtà erano fatti da due parti distinte, una, il vero stoppino, l’altra il detonatore. Lo stoppino propriamente detto era dunque una piccola miccia preconfezionata, fatta di grana di cotone e senza nodi, che era intrecciata con cinque fili. I detonatori o inneschi erano del tutto analoghi a quelli delle gramate, fatti piccole canne che crescevano sulle rive degli stagni o in altri luoghi paludosi: avevano un diametro di 3-4 linee (6,75-9 mm) ed una lunghezza di 2-3 pollici (5,4-8 cm). 72 Per caricare la polvere negli obici si usava la Lanterna, una pala semicilindrica che versava la polvere sul fondo dell’anima (canna). 70 tutti gli arsenali del Regno ricevettero, a partire dal 1777 documenti tecnici, tavole di costruzione, che spiegavano i piani per i differenti materiali impiegati, con l’obbligo di costruire seguendo minuziosamente le schede fornite; cosa che era dettagliatamente esaminata da Ispettori, aiutati da modelli di controllo, affinché le istruzioni fossero seguite con attenzione. Il sistema di Gribeauval in parole semplici Con Choiseul, nel 1762, Gribeauval fu incaricato della riforma dell’artiglieria francese. La ripartirono in funzione dell’impiego tattico dei pezzi secondo quattro categorie: artiglieria di campagna, d’assedio, di piazzaforte (fortezza) e da costa. Il materiale da campo, più leggero e più solido, comprendeva tre calibri: 12, 8 e 4. L’artiglieria da assedio e da piazzaforte comprendeva pezzi da 12, 16 e 24 libbre, oltre a un obice da otto pollici e un mortaio da dieci pollici. Il sistema, grazie a tecniche di fabbricazione più evolute, permetteva di ridurre il cosiddetto “vento” (quello che da noi si dice lasco) della palla e di utilizzare meglio i carichi di polvere, mentre una rigorosa standardizzazione delle lavorazioni permetteva una certa intercambiabilità degli elementi. L’ingombrante lunghezza dei traini fu ridotta dall’adozione di un timone. La cadenza di tiro fu notevolmente accelerata, consentendo il caricamento dei pezzi con l’aiuto di cartucce preconfezionate: cartucce ensabotés alle gargousse, o cartucce a pallette, anche queste stipate in un cilindro. Infine, ogni affusto ebbe una cassetta delle munizioni, posizionata sulla parte in legno, in modo da disporre immediatamente delle munizioni, senza dover ogni volta, frequentare il cassone. Alla caduta di Choiseul, tuttavia, nel 1770, si ritornò al sistema Vallière e solo nel 1789 le idee di Gribeauval ebbero prevalenza. La Francia possiederà, da allora, materiali che risponderanno ottimamente alle esigenze di un lunghissimo periodo di guerra, dove i pezzi avrebbero dovuto durare fino al 1825. L’artiglieria della Rivoluzione, e poi dell’Impero, grazie all’utilizzo dei materiali del sistema Gribeauval, fecero rapidi progressi sul piano tattico della manovra. Durante l’Impero, le guerre videro un uso intensivo dell’artiglieria, senza per altro apportare alcuna evoluzione notevole, né nell’organizzazione, né per i materiali. Ci fu solo una riforma, più o meno completata nell’artiglieria. Il sistema dell’Anno XI (1803), basato comunque sul sistema Gribeauval, che consistette essenzialmente nella sostituzione dei pezzi da 4 e da 8, con un pezzo da 6 libbre e l’adozione di un obice da 5 pollici e 6 linee. I diversi tipi di proiettili avevano usi dissimili: le palle di cannone piene, che potevano raggiungere 800-900 m con un cannone da 12 libbre (distanza detta efficace, a dire il vero le palle del 12 potevano arrivare fino a 1600 m) falciavano tutto quanto incontravano, in modo diretto o grazie ai rimbalzi. Buoni artiglieri potevano anche adattare l’angolo di tiro, per aumentare il numero dei rimbalzi e quindi aumentare i danni nei ranghi nemici: con un pezzo che tirava in orizzontale la palla poteva arrivare a soli 300 m, ma rimbalzare fino a 1.680 m. Era il tipo di proiettile più comunemente usato. Per avere un’idea della penetrazione delle palle, bisogna sapere che, una palla da 12, a 500 m perforava, teoricamente, un mucchio di terra spesso 2 m o un muro in mattoni di 40 cm di spessore. Le palle esplosive, tipiche degli obici, erano tirate ed esplodevano quando lo stoppino si consumava. Per utilizzare questo tipo di proiettili, gli artiglieri dovevano calcolare il tempo che la palla avrebbe impiegato per percorrere la distanza tra il cannone e il suo bersaglio, e adattare di conseguenza la dimensione della miccia. Se lo stoppino era troppo corto, la palla esplodeva in aria, se era troppo lunga la palla esplodeva in ritardo e qualche temerario poteva anche strapparlo. Le palle arroventate (rosse) del “tir a fer rouge”, erano palle piene, riscaldate su griglie, che avevano un effetto incendiario. Le palle a catena non appartenevano all’arsenale Gribeauval; erano soprattutto destinate all’artiglieria costiera o navale, dato che servivano soprattutto a distruggere le velature dei vascelli. Delle scatole a pallette di ferro o ghisa si è già parlato. Per approfondire gli effetti dei diversi tiri in battaglia vedere il capitolo dedicato. Il sistema detto dell’anno XI (1803) A partire dal 1800, fu messo in cantiere un nuovo sistema per l’artiglieria, sotto la spinta di Marmont e con il pieno appoggio di Bonaparte. I lavori di una Commissione culminarono nel sistema dell’anno XI, promulgato il 12 fiorile dell’anno XI (2 maggio 1803). Come previsto, il pezzo da 6 libbre sostituiva il 4 e l’8. Il numero delle ruote, diverse per ogni tipo di materiale di trasporto, di ricambio e di riparazione, fu ridotto a tre tipi soltanto (contro più di una 71 ventina del sistema Gribeauval). I nuovi cannoni, da 6 e da 12, per l’artiglieria campale, erano più leggeri (centotrenta volte il peso della palla). Quanto fu introdotto il nuovo pezzo da 6 libbre, Gassendi, ed altri, lamentarono che il colpo, sparato dal cannone da 6 libbre, fosse troppo leggero; così fu pensata, e messa produzione, una nuova canna da 18 calibri (1775 mm). In tal modo, però, si finì per creare una versione leggera del Gribeauval da 8 libbre. Furono ugualmente modificati affusti e cassoni. Ad esempio, nel sistema Gribeauval, la cassetta, contenente alcune munizioni immediatamente disponibili, erano portata sull’affusto. Quando il pezzo era messo in batteria, questa cassetta doveva essere spostata dai serventi a cinque metri del pezzo, perché dava noia e poteva rovesciare il contenuto nel rinculo. Nel sistema dell’anno XI, la cassetta, anche di maggiore capacità, fu, invece, messa sull’avantreno. Non furono mai costruite nuove vetture ed affusti per il Gribeauval da 4 libbre che, in realtà, continuava ad essere usato, in Spagna, con il 8 libbre. I pezzi da 12 libbre erano troppo pesanti, ed esaurivano le squadre di cavalli, già malnutrite dal foraggio scarso della campagna della penisola iberiche. Questo portò a battaglie più statiche, dove l’8 libbre era il pezzo ideale, in quanto poteva essere utilizzato sia per l’artiglieria a piedi che a cavallo. Infatti, l’artiglieria a cavallo da guardia rimase con una batteria pesante armata di 8 libbre. Purtroppo, il sistema era stato progettato in fretta ed i test erano stati un po’ frettolosi. I pezzi ed i loro affusti si rivelarono più fragili di quelle del vecchio sistema. Le cassette, disposte sulle avantreni, erano, in realtà, anche pericolose: i serventi potevano restare storpiati dai colpi di zoccolo dei cavalli della vettura, spaventati dal rumore dei combattimenti. Inoltre, non c’era alcuna compatibilità tra i due sistemi, vecchio e nuovo: le canne dell’uno non potevano essere installate sugli affusti dell’altro e viceversa. Così, l’armata francese rimase con, ancora, numerosi pezzi da 4 e 8 e di enormi scorte di munizioni per questi due calibri. Era utopico il voler ristrutturare tutto l’insieme, favorendo l’avvento dei nuovi pezzi da 6 libbre, il costo sarebbe stato esorbitante. Il momento politico, poi, non era propizio a tali spese, profilandosi la ripresa delle ostilità con l’Inghilterra. In breve, il 6 libbre si giustappose ai 4 e 8 libbre, più di quanto non provasse a sostituirli; tutto questo andava contro uno dei principi stabiliti da Marmont: “... ogni volta che i due calibri potevano servire allo stesso scopo, uno era di troppo ...”. Napoleone non poteva certo lasciare l’arma “saggia” in quello stato. Nel novembre 1805 fece sospendere la fabbricazione dei nuovi pezzi. Questo non generò più di tanto scalpore, dato che molti 6 libbre nemici erano stati o saranno catturati durante le campagne vittoriose del 1805 e 1806. Nell’aprile 1806 chiese al generale Gassendi di rimettere ordine nel caos dell’artiglieria. Nel gennaio 1808, quest’ultimo, con calma, fece pervenire le sue conclusioni all’Imperatore, proponendo l’abbandono della maggior parte del sistema anno XI, per tornare al sistema Gribeauval. I pezzi sarebbero stati nuovamente “appesantiti” a centocinquanta volte il peso della palla, le cassette tornavano sugli affusti. Rimase solo la produzione di due pezzi del sistema anno XI: il 6 libbre, che andava a sostituire, gradualmente, i pezzi catturati “stranieri”, e il nuovo obice “medio” da 5 pollici e 6 linee (circa 148 mm), complemento dell’obice “pesante” (6 pollici) del sistema Gribeauval. Per semplificare l’approvvigionamento delle munizioni, i pezzi da 4 e da 8 furono assegnati al servizio nella penisola iberica, quelli da 6 e da 12 rimasero alla Grande Armée. Il vecchio 6 libbre, primo modello, rappresentò quasi la metà di tutti i cannoni d’armata nella campagna del 1807, con i 4 libbre e 8 libbre Gribeauval ancora in uso, insieme a 3 libbre, probabilmente di preda bellica. Nel 1812 si diressero tutti a Mosca con l’Imperatore, assieme anche a qualche residuo pezzo da 4 libbre, rimasto alle batterie aggregate alla Guardia o in alcune compagnie di artiglieria reggimentale. Dopo la Russia, l’armata intera aveva bisogno di riequipaggiarsi, utilizzando anche nuovi pezzi, variati (qualcuno lo definì sistema 1809/10), utilizzando 12 libbre, 6 libbre, obici da 6 pollici e obici da 5 pollici e 6 linee. L’Armée d’Allemagne in aprile 1813 ebbe 144 pezzi da 12 libbre, 646 pezzi da 6 libbre, 44 obici da 6 pollici e 246 nuovi obici da 5 pollici e 6 linee, serviti da un totale di 4050 cassoni. La Restaurazione Nel 1814, i cannoni Gribeauval furono presi dagli arsenali e inviati agli eserciti in campo, per una questione di economia nazionale. Con l’abdicazione di Napoleone nel 1814, il generale Ruty, presidente del Comitato di Artiglieria, effettuò altri test sul 6 libbre, al fine di riprovarne l’efficacia. La sua costruzione fu, di nuovo, interrotta fino a quando il comitato pubblicò il suo rapporto. Si disse che il pezzo aveva imperfezioni, e, così, fu abbandonato. In realtà, più ragionevolmente, il Comitato monarchico e il nuovo comandante di artiglieria in Capo avevano obiezioni ideologiche, trattandosi di una riforma bonapartista, contro quello che era stato, essenzialmente, un sistema di artiglieria monarchico. L’Ordinanza Reale del 30 gennaio 1815, che restaurava il sistema Gribeauval, dichiarò di fatto la volontà di tornare al sistema di artiglieria francese di prima 1789. 72 Il Comitato era fatto da ufficiali poco esperti d’artiglieria, poiché pochissimi erano stati addestrati nell’arma. Il Sistema dell’anno XI fu considerato un’eresia, dagli Ultra Realisti, anche se aveva migliorato il corpo d’artiglieria francese. Bassti citare un semplice esempio: il numero dei tipi di ruote era stato ridotto da 23 a 6, il che consentiva maggiori maneggevolezza ed intercambiabilità. Secondo alcuni l’abolizione del nuovo sistema era stata decisa anche perché era difficile far correre paralleli, entrambi i sistemi, dovendo ricorrere ad ulteriori modifiche del Gribeauval. Era più semplice mantenere il vecchio Gribeauval e ripristinare l’armonia nel Comando superiore dell’artiglieria. Per la campagna dei Cento Giorni, Napoleone non andò per il sottile, usando tutte le armi su cui poté mettere le mani. L’artiglieria da montagna Al momento della conquista della Corsica, nel 1768, in montagna era stata impiegata pochissima artiglieria; era stato fatto uso soltanto di alcuni pezzi antichi alla Rostaing, o si erano usati affusti per il trasporto dei pezzi da 4. Si era rimasti all’artiglieria da campagna, senza cercare di perfezionare le attrezzature, che dovevano essere improvvisate, e senza cercare di organizzare una fattura razionale e definitiva. Di fatto in Francia non si era deciso nulla su questo particolare materiale, prima delle guerre del 1792, ma la situazione politica nei confronti degli Stati confinanti ne faceva presagire il bisogno73. Per un po’ di tempo si pensò che la comune artiglieria potesse dare buona prova di sé in tutti gli ambienti, cosa che implicava l’inutilità di ricorrere a materiali da montagna. Il pensiero mutò improvvisamente nel 1792 quando fu necessario riorganizzare l’artiglieria dell’Armée d’Italie, che avrebbe dovuto combattere sulle Alpi Marittime. Partendo da quel principio erroneo, furono impiegati i pezzi da campagna: (4, 8, 12 libbre, obici da 6 pollici, persino il mortaio da 8 pollici). Mancavano le informazioni necessarie ad adottare gli adattamenti necessari a quel particolare tipo d’impiego; gli operai facevano resistenza e gli ufficiali d’artiglieria lo stesso. Tutto era ordinato e fatto in fretta o sotto 73 Gassendi, Jean-Jacques Basilien, Aide-mémoire A L’usage Des Officiers D’artillerie De France, Attachés Au Service De Terre, Paris, Magimel, (seconda edizione 1798 2 voll - pag. 312 ▲ Piano di tre canne con calibro diverso di pezzi da campagna. Dall’enciclopedia di Diderot (collezione privata) 73 ▲ Profilo di affusto da 24 da assedio. Dall’enciclopedia di Diderot (collezione privata) ▼ Profilo di Cassone d’artiglieria sistema Gribevaul. Dall’enciclopedia di Diderot (collezione privata) 74 la pressione degli eventi. Operando così. a tentoni, non si potevano ottenere buoni risultati. Al contrario l’armata piemontese possedeva un’artiglieria da montagna, perfettamente organizzata e trasportata a dorso di mulo. Ovviamente quei pezzi, catturati al nemico, costituirono il primo nucleo della branca francese. In seguito alle citate circostanze il pezzi da montagna impiegati dall’armata d’Italia furono: a) pezzi da 3 libbre piemontesi – con due diversi affusti “a rotelle” e “a capretta” pesante circa 60 kg. b) pezzi da 4 libbre montati su affusto trainato anch’esso su rotelle e con catene per usare il traino dei cavalli. c) pezzi da 8 e 12 libbre su affusto tipo porte-corps – troppo pesanti per essere trainati, avevano un ▲ Cassone d’artiglieria sistema Gribevaul. Wikipedia affusto a ruote alte con un avantreno a rotelle. d) obici da 6 pollici su affusti trainati « a capretta” – pezzo più corto del 4 libbre, quindi con una cattiva ripartizione del peso, che tendeva a sfiancare l’affusto. e) mortai da 8 pollici con affusto in legno per il tiro e un affusto basculante per il trasporto – ancora più proibitivi per il peso sull’affusto di trasporto. f) fucili di bastione – erano schioppi su cavalletti, armi antiche, che davano una buona resa. Era opportuno averli di calibro unico e con cavalletti rinforzati. Le munizioni erano portate in casse o barili con gli animali da soma ; inoltre esisteva una piccola forgia da montagna portata a dorso di mulo, nonché traini per i pezzi e i rifornimenti. I pezzi da 3 erano stati catturati ai piemontesi: ce n’erano di molte forme, pesanti, meno pesanti, infine leggeri (di questi ultimi si fece uso). Essi pesavano circa 160 libbre (130 kg) ed erano più corti di un piede (meno di 27 cm) rispetto al pezzo da 4 leggero. Non avevano grano di focone (Vedi nota 1), né anse74. Fino alla presa di Saorgio, l’armata d’Italia ebbe solo 9 di questi pezzi leggeri, e in seguito non ne ebbe mai più di 18 (fino al 1795). Chi li aveva maneggiati diceva che, non avendo sparato così a lungo (non avendo osato spingerne nemmeno uno fino al limite), non aveva potuto accertare se questi pezzi, molto leggeri, rispetto al loro calibro, avessero anche una lunga durata. Per poterli usare a lungo si diceva fosse necessario dotarli di anse e del grano di focone, poiché la loro “luce”75 era un difetto costante. I pezzi da 4 sembravano essere a loro agio con gli affusti da traino, anche se la ferramenta sotto l’affusto si usurava rapidamente, come anchei frontali delle entretoises76 e le roulettes77. Bisognava però stare attenti! 1) a tenere l’affusto durante le discese grazie a prolunghe di contenimento. 2) a mettere una leva curva nell’anima della canna per guidare l’affusto sia nei tornanti, sia nei sentieri sinuosi e difficili. I pezzi da 8 e da 12, com’era prevedibile, diedero pessime prove di manovrabilità e non se ne fece alcun uso. L’obice da 6 pollici era su un affusto trainato “a capretta”78. L’obice era molto utile in montagna, pesava poco meno di un pezzo da 4 libbre, era capace di battere bersagli riparati, ma, per contro, il gran numero di muli che serviva a portare i suoi colpi lo rendevano un impaccio. Il mortaio da 8 pollici ebbe pochi estimatori e scarso uso, nonostante un peso accettabile. Fino al 1798 e dopo tre campagne in montagna ancora non si era arrivati ad un’idea finale standard per il tipo di affusto da usare con il mortaio, per cui si andava sempre a tentativi. 74 Le “Anses” erano i Manichetti, in Piemonte dette maniche, ovvero maniglie secondo il col Grassi. 75 La lumière (luce) era il canale che collegava il fondo dell’anima (la canna) alla superficie esterna, di un pezzo, per portare il fuoco alla carica di polvere. 76 Entretoise o Calastrello (anche traversa o chiave). Ciascuna delle traverse, generalmente di legno, che nei vecchi cannoni collegavano rigida-mente tra loro le due cosce dell’affusto. 77 Roulettes o ruotini. Ferramenta del sotto affusto che permettevano al pezzo di girare a destra o sinistra. 78 La Chevrette, capretta o scaletta era una piccola macchina per sollevare pesi, fatta da due travi verticali piantate su un tavolone, forati da vari buchi, entro i quali passava una grossa chiavarda di ferro. 75 Comandanti d’artiglieria francesi Augustin de Lespinasse (1737 – 1816) Fu la figura di riferimento durante le guerre della Rivoluzione, lui che veniva dalle esperienze della guerra dei Sette anni. Coma maggiore (poi chef-de-brigade) fu assegnato nel 1791 all’Armée du Rhine. Ebbe il comando dell’artiglieria d’armata nelle forze dei Pirenei occidentali difendendo con tenacia il Campo dei Sanculotti, nel febbraio 1794. Ebbe allora il grado di generale di divisione, ma il Mistero della Guerra ne bloccò la carriera. Così, Lespinasse, fu trasferito all’Armata d’Italia del giovane Bonaparte nel 1796. Guidò l’artiglieria (sotto gli ordini di Bonaparte) a Castiglione, Rovereto, Arcole e Mantova. Da quell’esperienza trasse il suo Essai sur l’organisation de l’arme de l’artillerie, ricco di molteplici spunti per il progresso dell’arma. Napoleone lo nominò Grand Ufficiale della Legione d’Onore nel 1804 e nel 18108 divenne Conte dell’Impero. Finì la sua vita come monarchico e Pari di Francia. Morto a Parigi nel 1816 fu sepolto nel cimitero di Père Lachaise 10ª Divisione, 2ª Linea. Auguste Frédéric Louis Viesse de Marmont (1774-1852) Nel 1793, durante l’assedio di Tolone, si legò al generale Bonaparte e grazie alla sua scia conobbe un’ascesa folgorante: colonnello nel 1796, generale di brigata nel 1798, generale di divisione nel 1800 e generale in capo dell’esercito d’Olanda nel 1804. Quando, dopo Wagram, Macdonald, Oudinot e Marmont furono fatti marescialli, nei bivacchi si cantava: la Francia ha nominato Macdonald, l’armata ha nominato Oudinot, l’amicizia ha nominato Marmont. Viesse de Marmont è stato l’unico maresciallo dell’Impero che ha davvero seguito l’artiglieria. Marmont stesso, non voleva rimanere troppo legato all’artiglieria, ma certo a farlo diventare Duca di Ragusa e poi Maresciallo fu l’amicizia che Napoleone portava per il suo vecchio aiutante di campo; era un uomo di Bonaparte ed ovviamente nel 1814 lo abbandonò. Marmont partecipò ai preparativi del colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) radunando un certo numero di ufficiali di artiglieria, portandoli alla causa di Bonaparte. Durante il colpo di Stato di SaintCloud, Marmont fu nominato consigliere di Stato alla sezione della guerra. A questo titolo partecipò alle riforme del treno d’artiglieria, fu incaricato di valutare la riforma dell’anno XI, ma, stanco delle continue diatribe, lasciò l’incarico d’Ispettore generale. Militarmente seguì l’artiglieria durante la seconda campagna d’Italia, organizzando il passaggio attraverso il passo del Gran San Bernardo. Marmont fu fatto generale di divisione e tornò a Parigi, insieme a Bonaparte, ma, due mesi dopo, tornò a comandare ancora l’artiglieria dell’armata d’Italia, agli ordini del generale Brune. Dopo la dichiarazione di guerra all’Inghilterra, nel 1803, Marmont fu incaricato dei preparativi per l’artiglieria dell’armata di Boulogne destinata ad invadere l’Inghilterra. Nel marzo 1804, Marmont lasciò il suo incarico d’artiglieria definitivamente per diventare generale in capo dell’ex esercito olandese, al campo di Zeist, vicino a Utrecht. Vicino a questo campo fece costruire dai suoi soldati una piramide commemorativa, detta il “Marmontberg”. Fu poi inviato alla testa di un esercito francese in Dalmazia nel 1806, di cui fu nominato governatore generale, prima 76 di essere fatto duca di Ragusa nel 1808. Nel 1809 partecipò alla campagna d’Austria e la sua vittoria di Znaim gli valse la nomina a Maresciallo d’Impero e poi governatore generale delle Province illiriche. “Sono stato tradito da Marmont che potevo dire essere mio figlio, il mio ragazzo, la mia creazione; lui al quale affidai i miei destini mandandolo a Parigi, nel momento stesso in cui consumava il suo tradimento e la mia rovina.” disse amaramente Napoleone, citato da Las Cases, nel Memoriale di Sant’Elena. Jacques Alexandre Law de Lauriston (1768-1828) Law de Lauriston, nipote del famoso finanziere, fu l’unico, a parte Marmont, artigliere a comandare un corpo d’armata sotto l’Impero. Condiscepolo di Bonaparte alla Scuola militare di Parigi, divenne suo aiutante di campo, comandò l’artiglieria della Guardia nel 1808 e un corpo d’armata nel 1813. Sotto la Restaurazione fu elevato alla dignità di maresciallo di Francia e divenne ministro della guerra. Dopo un’iniziale carriera militare brillante ll 5 aprile 1796 diede le dimissioni e lasciò l’esercito, ma Bonaparte, una volta divenuto Primo Console (9 novembre 1799), lo richiamò in servizio e ne fece uno dei propri aiutanti di campo: dopo Marengo Lauriston ricevette l’ordine di sciogliere le compagnie del 1º Reggimento artiglieria, che si erano ammutinate nell’estate 1801, per riformarle. Nel 1808 fu creato conte dell’Impero e seguì l’Imperatore a Madrid, dove contribuì alla presa della città. Di ritorno in Germania nel 1809, passò all’Armata d’Italia. Ebbe parte attiva nelle battaglie di Raab e di Wagram, dove comandò l’artiglieria della Guardia. Il 5 febbraio 1811 Napoleone lo nominò ambasciatore in Russia, presso la corte dello Zar a San Pietroburgo. Fu Lauriston a trasmettere allo Zar Alessandro I la richiesta di occupazione dei porti di Riga e Tallinn, e di esclusione dei vascelli britannici dal mar Baltico. Un anno più tardi, durante la campagna di Russia, fu nuovamente aiutante di campo di Napoleone. Comandò l’avanguardia durante la successiva ritirata e mostrò in tale circostanza discreto talento. Arrivato a Magdeburgo, prese il V corpo della Grande Armée, alla testa del quale prese parte alle battaglie di Lützen e di Bautzen. Alla testa dei corpi d’armata V e poi XI Lauriston sconfisse i prussiani in più occasioni. A Lipsia fu dato per morto. Condotto prigioniero a Berlino, rientrò in Francia dopo gli avvenimenti del 1814 e fu nominato aiutante di campo del conte d’Artois. Géraud Christophe Michel Duroc (1772-1813) Michel Duroc (du Roc), figlio di un capitano di dragoni, era compagno di Marmont alla Scuola di Châlons. La lasciò per emigrare, ma tornò dopo tre mesi. Comandò un reggimento di artiglieria leggera nel 1800 e, preso come aiutante di campo da Bonaparte, non lo lasciò più. Alla creazione dell’Impero divenne gran maresciallo del Palazzo e fu ucciso da una palla di mitraglia vicino a Lipsia nel 1813; fu molto rimpianto da Napoleone. Fu aiutante di campo del generale Lespinasse, e poi del generale in capo Napoleone Bonaparte. Si distinse in Italia, soprattutto al passaggio dell’Isonzo, dove fu ferito gravemente nel 1797. “Duroc aveva vive passioni, tenere e segrete, che non si accordavano molto con la sua freddezza esteriore. Duroc fu puro ed eticamente a posto, faceva tutto disinteressatamente senza badare a ricevere ed era estremamente generoso nel donare.” (Napoleone Bonaparte) 77 Gregorius-Maximilien-Sébastien Foy (1773-1825) Studiò nella scuola militare di Châlons e poi La Fère e divenne sottotenente di artiglieria nel 1792. Fu presente alle battaglie di Valmy e Jemappes e nel 1793 ottenne una compagnia. Nel 1800. Moreau lo giudicava “eccellente ufficiale d’artiglieria”. Servì a lungo nell’artiglieria a cavallo comandandone un reggimento, branca di cui era estremamente appassionato. Nel 1803, divenne colonnello del 5º reggimento di artiglieria a cavallo, ma rifiutò, per motivi politici, la nomina di aiutante di campo, a seguito dell’abiura alla Repubblica fatta da Napoleone. La sua carriera fu probabilmente rallentata dal carattere ribelle che lo portò ad essere, sotto la Restaurazione, uno dei leader dell’opposizione repubblicana e bonapartista. In ogni caso fece parte della Grande Armée a Ulm nel 1805, in Friuli nel 1805, fino a che, dopo vari incarichi marginali si ritrovò parte dell’armata del Portogallo con Jean-Andoche Junot, dove faceva l’Ispettore alle fortezze. Gravemente ferito nella battaglia di Vimeiro e rimpatriato grazie alla Convenzione di Cintra, fece la convalescenza in Francia. Tornò in Spagna, ormai non più nell’arma d’artiglieria, nel novembre 1808, promosso generale di brigata, combattendo, con una brigata di fanteria, al comando del maresciallo Nicolas Soult a La Coruña. In Spagna e Portogallo visse ogni sorta d’avventura, ferito altre due volte, imprigionato a Porto, inviato in una pericolosa missione d’Intelligence che lo costrinse ad attraversare il paese in rivolta. Per questi meriti ebbe il grado di generale di divisione di fanteria nel 1811. Nel 1812 e nel 1813 visse la ritirata dalla penisola iberica e combatté a Tolosa e nella battaglia dei Pirenei nel luglio 1813. A Orthez (27 febbraio 1814) fu abbandonato e dato come morto sul campo. Prima di questo periodo era stato nominato conte dell’impero e comandante della Legione d’Onore. Nel marzo del 1815 era Ispettore generale della 14ª divisione militare, ma al ritorno di Napoleone, Foy fu messo a capo di una divisione di fanteria, combattendo a Quatre Bras e Waterloo, alla fine delle quali ricevette la sua quindicesima ferita. Divenne celebre per essere l’autore di Histoire de la guerre de la Péninsule sous Napoléon, opera in quattro volumi che terminò prima di morire. Jean-Barthélemot Sorbier (1762–1827) Entrò come allievo del corpo reale d’artiglieria il 1º settembre 1782, luogotenente il 1º settembre 1783, e capitano il 1º aprile 1791, prestò servizio nell’armata del Centro, poi della Mosella. Nella battaglia di Arlon del 9 giugno 1793, manovrò con grande abilità. Fu ferito in questo caso da un biscayen al braccio; la Convenzione, informata della sua condotta, lo raccomandò al ministro della guerra Bouchotte. Il 22 marzo 1795 passò all’armata Sambre-et-Meuse. Si trovò al primo passaggio del Reno, e fu incaricato dell’armamento della piazza e del campo trincerato di Düsseldorf. Prese poi il comando dell’artiglieria dell’ala sinistra dell’armata, alla battaglia di Altenkirchen il 4 giugno 1796, dove si fece particolarmente notare. A Ukerath, conquistò una posizione importante alla testa di due battaglioni di granatieri che il generale Kléber aveva posto sotto i suoi ordini. Il 18 aprile 1797 contribuì vigorosamente al successo ottenuto nella battaglia di Neuwied, e fu promosso generale di brigata “provvisorio” dal generale Hoche, sul campo di battaglia. Fu confermato nel suo grado il 19 giugno 1797. Passò poi all’armata d’Inghilterra il 12 gennaio 1798, poi all’armata di Magonza, e fu nominato comandante dell’artiglieria d’armata in quella d’Osservazione del Reno il 18 marzo 1799. 78 Elevato al grado di generale di divisione il 6 gennaio 1800, fu chiamato a Digione per prendere il comando dell’artiglieria della seconda armata di riserva, diventata poi armata dei Grigioni, il generale Sorbier fece quella campagna e tornò in Francia dopo la pace. Passò in seguito all’armata delle Coste dell’Oceano, ed ebbe sotto i suoi ordini l’artiglieria del campo di Bruges. Comandò tre “divisioni” di artiglieria leggera nella battaglia di Austerlitz. Passò poi all’Armata d’Italia e alla Grande Armata, dove migliorò la sua reputazione. Napoleone lo creò conte dell’Impero il 19 marzo 1808. Nel 1811 assunse il comando dell’artiglieria della Guardia Imperiale e l’anno successivo si distinse nelle battaglie di Smolensk del 16 e 17 agosto e alla Moskowa il 7 settembre. L’11 marzo 1813 fu nominato comandante dell’artiglieria della Grande Armée, battendosi a Wachau e Lipsia. Nel 1814 partecipò alla campagna di Francia (1814), in particolare alla battaglia di Montereau il 18 febbraio e alla battaglia di Parigi (1814) il 30 marzo. Jean Baptiste Eblé (1759-1812) Éblé, che Foy riteneva “probabilmente il miglior ufficiale d’artiglieria d’Europa”, era nato nel 1758 da un padre lui stesso artigliere. Arruolato a quindici anni nel reggimento di Auxonne, divenne sottufficiale e poi ufficiale. Distaccato per quattro anni al servizio del re di Napoli, tornò in Francia nel 1791. Nel 1792 fu assegnato a una delle compagnie di artiglieria a cavallo appena create. Comandante dell’artiglieria di una divisione dell’Armata del Nord, prese parte alla battaglia di Hondschoote (1793). Generale di brigata e poi di divisione, poi ispettore generale dell’artiglieria nel 1794, fu l’artigliere di Pichegru per la conquista dei Paesi Bassi, poi quello di Moreau per l’armata Rhin-et-Moselle per l’attraversamento del Reno (1796). Nel 1797 fu incaricato della creazione delle compagnie di pontoni di nuova formazione. Messo a disposizione di Championnet per la spedizione di Napoli, mise a ferro e fuoco la capitale del sud con tutta l’artiglieria d’armata; riprese poi il comando dell’artiglieria dell’armata del Reno sotto Moreau e partecipò nel 1800 alle vittorie di Hochstaedt e di Hohenlinden. Éblé si distinse soprattutto nell’arte di gettare ponti e fu quasi sempre incaricato della conduzione degli equipaggi da ponte. Nel 1803 comandò l’artiglieria dell’esercito batavo sotto Victor, poi sotto Marmont, e nel 1804 passò ad Hannover sotto gli ordini di Mortier. A Austerlitz comandò l’artiglieria del corpo di Bernadotte. Nel 1808 divenne ministro della guerra del regno di Vestfalia, creato per Girolamo Bonaparte. Nel 1810 comandò, in Portogallo, l’artiglieria di Massena e si distinse nell’assedio di Ciudad-Rodrigo. Richiamato in Francia nel 1812, fu nominato comandante degli equipaggi di ponte della Grande Armata in Russia. È in quell’incarico che il suo nome rimarrà nella memoria. Durante il passaggio della Beresina, con i resti della Grande Armata in ritirata, il 26 novembre 1812, a causa di un freddo terribile (-26° C), riuscì a costruire due ponti di barche sul fiume, non esitando a buttarsi in acqua per dare l›esempio ai suoi uomini. I suoi sforzi permisero il passaggio di oltre 50000 uomini, tutto ciò che restava della forza d›invasione. Il 29 diede fuoco ai ponti che aveva appena costruito per impedire ai russi di usarli. Nominato comandante in capo dell’artiglieria della Grande Armée in sostituzione di Jean-Ambroise Baston de Lariboisière, morto il 21 dicembre 1812, Éblé occupò quell’incarico solo per tredici giorni. Ignorando ancora la sua morte, Napoleone lo nominò primo ispettore generale dell’artiglieria il 3 gennaio 1813. Morì di sfinimento nello stesso mese, a Königsberg, senza mai aver appreso che Napoleone lo aveva designato a succedere a Lariboisière, come primo ispettore generale dell’artiglieria. 79 Jean Ambroise Baston de Lariboisière (1759-1812) Baston de Lariboisière, nacque a Fougères nel 1759 e si arruolò nel reggimento di La Fère a 21 anni, nel 1780. Tenente in seconda nel 1781, fu, di grado in grado, capo di brigata nel 1796. Nel 1796 entrò a far parte del Comitato centrale dell’artiglieria, di cui era il membro più giovane. Direttore generale d’artiglieria dell’armata del Reno agli ordini di Eblé, combatté a Hohenlinden. Generale di brigata, comandò nel 1805, l’artiglieria del corpo di Soult, quella che, dall’alto della spianata del Pratzen, tormentò il nemico, inseguendolo con le palle di cannone, fino al limite della portata, nemico che si stava ritirando. Murat, troppo impegnato nella battaglia, curiosamente non potè intraprendere l’inseguimento con la cavalleria. Partecipò poi alla campagna di Jena (1806). A Eylau (1807) comandò l’artiglieria del corpo di Victor. In tutte le sue battaglie applicava sempre un suo schema, quello che lui definiva: “L’essenziale... è che tutta la mia artiglieria possa muoversi a mano, senza il ricorso cavalli e alle vetture, che si possa, in un breve istante, raccogliere venti o trenta pezzi per battere lo stesso obiettivo.” In effetti, all’epoca, sembrava essere l’unico modo per ottenere una concentrazione di fuoco, base di un’efficace manovra. Generale di divisione e comandante dell’artiglieria della Guardia, prestò servizio in Spagna e poi tornò per prendere parte alla campagna d’Austria del 1809. Fu Primo ispettore generale d’artiglieria, alla morte di Songis, e unico confidente di Napoleone per la preparazione dell’artiglieria della Grande Armata, di cui prese il comando durante la campagna di Russia. Al ritorno da questa campagna, morì di stenti, a Köenigsberg, il 21 dicembre 1812. Alexandre-Antoine Hureau de Sénarmont (1769-1810) Hureau de Sénarmont nacque nel 1769 a Strasburgo, da un padre, che era stato artigliere di Bussy, nelle Indie, e il secondo di d’Aboville a Valmy. Entrò alla Scuola di artiglieria di Metz nel 1784. Luogotenente nel 1785, assegnato nel 1791 ad una compagnia di operai come capitano, ottenne il comando dell’equipaggio di ponte dell’armata delle Ardenne, si distinse e fu citato all’Ordine d’armata. Chef-de-bataillon nel 1794, servì nell’armata Sambre-et-Meuse. Capo di stato maggiore di Marmont all’artiglieria dell’Armata di Riserva, nel 1800, partecipò all’attraversamento delle Alpi. È lui che passò la notte con il primo pezzo sotto i fuochi illuminanti del forte di Bard. Promosso colonnello dopo Marengo, fu assegnato alla direzione di Douai, poi comandò il 6º reggimento di artiglieria a piedi, prima di diventare Capo di stato maggiore d’artiglieria dell’Armata del campo di Boulogne. Ad Austerlitz occupò, con 18 pezzi, l’altura del Santon, che bloccava la strada attraverso la quale l’avanguardia russa di Bagration arrivava da Olmütz. Là ebbe un ruolo fondamentale. Fu generale di brigata nel 1806, nonostante l’osservazione che l’Imperatore gli aveva fatto, l’anno precedente: “Siete molto giovane” al che lui rispose: “Sire, ho la vostra età.” Comandò l’artiglieria del VII corpo d’armata a Jena, poi fu ad Eylau, dove la sua azione fu molto apprezzata. Prese, poi, in carico l’artiglieria del I corpo e svolse un ruolo fondamentale a Friedland. In Spagna fu impegnato al passo di Somosierra, in una lotta ineguale con l’artiglieria spagnola, più numerosa e ben trincerata; fu salvato da ben più gravi conseguenze dalla celebre carica dei lancieri polacchi. Nominato generale di divisione nel 1808, divenne comandante in Capo dell’artiglieria delle armate di Spagna. A Talavera (28 luglio 1809) fu, soprattutto l’artiglieria, comandata da Sénarmont, che mise fuori combattimento 7-8000 anglo-spagnoli. Nella battaglia di Ocaña manovrò con le sue compagnie a cavallo, sconfisse l’artiglieria nemica e contribuì in modo decisivo alla vittoria. All’inizio di 80 ottobre, eseguì una visita d’ispezione nella Baia di Cadice, dove già esistevano 49 posizioni fortificate armate con 250 bocche di fuoco, di tutti i calibri, protagonisti di un assedio. Sénarmont, insieme al generale d’Aboville, a capo dell’artiglieria francese, visitò uno di quei forti, un ridotto denominato “Villate” ancora incompiuto, situato a metà strada tra Chiclana e Sancti Petri, dove intendeva provare un cannone da 24 libbre, che puntava sull’allora Isola di León. Appena fu sparata una granata da obice, gli spagnoli risposero dalla batteria chiamata “Los Angeles”. Sénarmont, morì sul colpo. Il colonnello Degennes, pochi minuti dopo. Il capitano Pinondelle, che dirigeva quel ridotto “Villate”, il giorno dopo. I tre si erano posizionati, uno dietro l’altro, sul parapetto anteriore ancora in costruzione. Non avevano previsto la potenza e la gittata di quel colpo mortale che li trapassò uno dopo l’altro. Era il 26 ottobre 1810. Sénarmont aveva 41 anni. Le spoglie di Sénarmont, Degennes e Pinondelle furono trasferite dal ridotto “Villatte” al villaggio di Chiclana de la Frontera, per ricevere gli onori dovuti al loro grado e la sepoltura, secondo il rito cattolico. Il cuore del generale fu separato dal corpo e imbalsamato da Antonio Laurent Apollinaire Fée, allora giovane ufficiale di Farmacia, di stanza a Chiclana de la Frontera. Seguì un corteo funebre che testimoni spagnoli descrissero come il più grande mai stato a Chiclana, con davanti il Maresciallo Victor, con una veglia nella casa-palazzo del Conte de las Torres. Il corteo si recò a San Telmo, dove ebbe luogo la cerimonia religiosa, e di nuovo partì per l’eremo di Sant’Anna. L’esercito imperiale fu in lutto per un mese e, da allora, il forte che s’erge sulla collina è stato chiamato, “Sénarmont”. “Stava prendendosi tutto” scrisse Foy, “ e fu la perdita più grande che il corpo imperiale d’artiglieria potesse avere in quel momento.” Nicolas-Marie Songis des Courbons (1761-1810) Entrò come allievo del corpo d’artiglieria Reale il 1º agosto 1779. Tenente in seconda al 4º reggimento di artiglieria il 18 luglio 1780, fu nominato capitano il 3 giugno 1787. Fece le campagne della Rivoluzione francese con l’Armata del Nord. Quando Dumouriez passò al nemico, Songis, che comandava l’artiglieria di Saint-Amand dotata di 80 pezzi di grosso calibro, si affrettò a guidare lui stesso tutta l’artiglieria fino a Valenciennes. Nominato chef-de-bataillon provvisorio il 28 dicembre 1793, entrò, poi da titolare, nell’8º reggimento di artiglieria a piedi, il 20 maggio 1795. Impiegato nell’armata d’Italia, fece intravvedere talento e conoscenze, che guadagnarono la particolare attenzione del generale in Capo Bonaparte. Si fece luce nella battaglia di Salò, il 31 luglio 1796, di Lonato il 3 e 4 agosto successivo, di Castiglione il 5 agosto. Perciò divenne chef-de-brigade del 1º reggimento di artiglieria a cavallo il 15 agosto 1796, poi confermato, nel suo grado, il 14 settembre 1796. Il 9 gennaio 1798 assunse le funzioni di Capo di stato maggiore dell’artiglieria dell’armata d’Inghilterra a Douai, e il 23 giugno 1798 comandò il parco d’artiglieria dell’armata d’Oriente. Nel 1799 diresse l’artiglieria in vari combattimenti, che i francesi dovettero sostenere, durante la spedizione in Siria. Si trovò alla presa di Jaffa, dal 3 al 7 marzo 1799, e si segnalò a San Giovanni d’Acri, dal 20 marzo al 21 maggio 1799. Il coraggio e l’intelligenza che mostrò in quell’occasione gli valsero il grado di generale di brigata, il 18 maggio 1799. Assunse quindi il comando dell’artiglieria, e divvene anche un dotto teorico dell’arma. Il generale in Capo Menou gli testimoniò, più volte, la sua soddisfazione per lo zelo ed il talento con cui dirigeva i cannoni. Elevato al grado di generale di divisione, il 6 gennaio 1800, si mise in luce durante l’assedio di Alessandria, dal 17 agosto al 2 settembre 1801. Rientrato in Francia, con l’armata, prese il comando dell’artiglieria della Guardia consolare, il 20 novembre 1801 e divenne Primo ispettore generale d’artiglieria, il 1º febbraio 1805. Comandava al tempo tutta l’artiglieria degli accampamenti, riuniti, delle coste dell’Oceano nel 1805, poi nella Grande Armée il 30 agosto 1805. Il 15 marzo 1809 comandò l’artiglieria dell’armata di Germania e fu creato conte dell’Impero il 1º aprile 1809. La sua salute era ormai agli sgoccioli e Napoleone gli permise di ritornare in Francia il 15 giugno 1809. 81 Antoine Drouot (1774-1847) Drouot, dopo un brillante esame davanti a Laplace nel 1793, diventò tenente nel 1º reggimento di artiglieria a piedi. Il suo avanzamento fu lento, per l’epoca, a causa, probabilmente, dei suoi incarichi nelle piazzeforti, alle manifatture militari o nelle Antille, mentre altri combattevano ad Austerlitz. Nel 1806 ottenne finalmente un posto “combattente”. Partì per la Spagna agli ordini di Lariboisière e fu abbastanza in gamba da passare alla Guardia, come comandante dell’artiglieria a piedi. Da quel momento il suo destino fu sempre legato a quello della Guardia e a Napoleone. A Wagram, il celebre anedoto, quando Napoleone chiese: “Dov’è Drouot? Andiamo, i pezzi della Guardia! Bisogna a tutti i costi sostenere la colonna ...” Pur se ferito al piede, Drouot mantenne il comando fino alla fine della battaglia. Fu nominato colonnello della Guardia e poi sarà generale di brigata nel 1810. Durante la ritirata dalla Russia, il suo carisma gli valse il soprannome di “saggio della Grande Armata”. Fu lui a tirare gli ultimi colpi della campagna, a Vilna il 10 dicembre 1812: gli restavano solo cinque pezzi, anche se avrebbe sacrificato tutti i propri cavalli pur di trainare i cannoni. L’Imperatore lo prese con sé, come aiutante di campo, ma gli diede spesso il comando dell’artiglieria. A Lützen, verificando che i primi pezzi, messi in batteria, non avevano l’efficacia che si aspettava, Napoleone prese Drouot per un orecchio (era il “vizietto” dell’Imperatore) e lo scosse vivacemente; tuttavia non rispose nulla quando Drouot, con un tono pacato, lo sfidò a posizionare meglio i pezzi. Generale di divisione a settembre, Drouot forzò, il 30 ottobre, il passaggio di Hanau con 50 bocche da fuoco e due battaglioni della Vecchia Guardia; e l’Imperatore gli disse: “Bene! famoso cannoniere, avete fatto un buon lavoro oggi!” Ebbe lo stesso ruolo alla campagna di Francia. Lacordaire, nel suo elogio funebre, dirà: “La Francia fu stupita di apprendere, nel rumore delle campagne del 1813 e 1814, che possedeva, da tempo, il primo ufficiale d’artiglieria d’Europa.” Fedele a Napoleone, Drouot lo seguì all’isola d’Elba, di cui fu governatore. Non potendo dissuaderlo dal tornare in Francia, lo seguì. Dopo Waterloo, riportò la Guardia nei dintorni di Bourges, in ordine e disciplina. Ne lasciò il comando solo per costituirsi prigioniero, avendo dichiarato, a qualcuno che gli consigliava di fuggire,: “Non potrei potrei dormire su un cuscino da emigrato.” Fu assolto e si ritirò a Nancy, rifiutando ogni onore reale e vi morì nel 1847, senza mai, forse, aver saputo che Napoleone aveva detto, a Sant’Elena: “Non c’erano, credo, al mondo due uomini simili a Murat per la cavalleria e Drouot per l’artiglieria.” Augustin Marie d’Aboville (1776–1843) Figlio d’arte, ovvero figlio del generale e teorico d’artiglieria, François-Marie d’Aboville (1730-1817) e fratello minore del generale Augustin Gabriel d’Aboville, anche lui comandante d’artiglieria. Allievo sottotenente alla scuola di artiglieria di La Fère. Dopo la campagna del 1792 fino all’anno II, ottenne il grado di capitano nell’armata d’Italia. Sospeso dall’incarico all’armata della Mosella in quanto nobile, il 6 ottobre 1793, sarà reintegrato il 25 novembre 1794, prestando servizio nell’armata del Reno e della Mosella, poi in quella d’Italia dall’anno VI all’anno IX (1799). Chef-de-bataillon, il 2 ottobre 1802, divenne maggiore del 2º reggimento di artiglieria a cavallo, il 23 maggio 1803. Fece anche parte di una spedizione alla Martinica agli ordini di Law de Lauriston, comandando al ritorno la batteria di trentasei pezzi del Bucentaure nel combattimento che la squadra francese ingaggiò con quella dell’ammiraglio britannico Calder. Rientrato in Francia nel mese di giugno, ricevette l’ordine di aggregarsi alla Grande Armée, dove ricevette successivamente il grado di colonnello e la Legion d’onore, nel 1807, per aver salvato, sulle rive della Passarge, il parco di artiglieria del 6º Corpo d’armata, quando stava per essere preso da una banda di cosacchi. Nominato maggiore d’artiglieria a cavallo della Guardia imperiale, il 13 settembre 1808, si fece particolarmente notare nella battaglia di Wagram, alla testa di una compagnia di 30 pezzi ed ebbe il braccio destro amputato da una palla. L’Imperatore lo nominò generale di brigata il 9 luglio 1809 e gli affidò il comando della scuola di artiglieria di La Fère, con il titolo di barone dell’Impero. 82 83 84 I comandanti della Guardia Il colonnello Couin comandò lo squadrone di artiglieria a cavallo della Guardia nel 1804 e 1805. Il 9 marzo 1806, Joseph Christophe Couin fu promosso generale di brigata e prese il comando dell’artiglieria della Guardia. Il 3 gennaio 1807 divenne colonnello in seconda. Jean Ambroise Baston de Lariboisière, invece, fatto generale di divisione lo stesso giorno dall’Imperatore, lo sostituiva al comando dell’artiglieria della Guardia. Couin passò il 15 dicembre 1807 all’artiglieria di linea in seguito alla soppressione del grado di colonnello in seconda. Louis Doguereau fu nominato maggiore alla creazione del reggimento di artiglieria a cavallo nell’aprile 1806, al posto del colonnello Couin. Di quel tempo ci raccontano i ricordi di Jean-François Boulart “Lo stato maggiore dell’artiglieria della Guardia era circondato da un lusso prodigioso, si potrebbe anche dire ridicolo e composto come segue: Il tenente generale La Riboisière, comandante in capo. Le sue alte qualità sono abbastanza note, tanto da non doverne parlare. Il generale Couin, comandante in seconda, un soldato brontolone, dal linguaggio banale, dal fisico comune, dal viso sfigurato da una depressione del naso, che equivaleva quasi all’assenza di quell’organo; ma, per rendere omaggio alla verità, uomo eccellente, molto serio, semplice e lungi dall’avere le pretese di molti dei suoi successori di quell’epoca; e questo era un merito. Il colonnello-maggiore Doguereau aveva il grado di maggiore. Era un giovane uomo dall’aria fiera, dal tono tagliente, asciutto, impetuoso, che, però, qualche volta, avrebbe voluto avere modi esteriori meno spigolosi, che comunque tradivano sempre il desiderio di comando. Aveva l’abitudine di servirsi di personale. Il colonnello maggiore Digeon aveva la direzione del materiale. Ottimo compagno, superiore in capacità al suo collega e molto più amato di lui. Lo Chef-d’Escadron Chauveau era un ufficiale ordinario, bilioso, irascibile, dalle battute sardoniche, del quale mi sono sempre chiesto come fosse stato ammesso nella Guardia. Lo Chef-d’Escadron Greinier era soprannominato il “bel Greinier”. Era infatti un bell’uomo, che vestiva elegantemente, molto contento della sua persona, spesso annoiato e quasi sempre lui noioso, facilmente suscettibile, ma un compagno molto generoso e molto premuroso. Tra i capitani c’erano alcuni uomini di spirito, gli altri erano veri e propri comuni soldati. I luogotenenti erano quasi tutti ex sottufficiali, ma senza altri meriti. I due medici, Therrin e Souchotte, entrambi ufficiali di Sanità del corpo, erano uomini meritevoli. Soprattutto il primo, allegro, molto gentile, una grande risorsa per la società ...”. Inoltre, Boulart denunciava una pratica comune, vigente fino all’arrivo di La Riboisière. In mezzo al lusso degli abiti e delle attrezzature, e del materiale necessario, le somme di denaro, inghiottite, non andavano certo disperse: “Bisogna sapere che l’amministrazione dell’artiglieria della Guardia era stata sfruttata fino a quel momento come una fattoria [vacche da mungere] ed era noto che, in questi affari, ciascuno dei “contadini” si era costituito un bel gruzzolo di fortuna. Solo non si potevano citare cifre, i misteri dell’amministrazione erano impenetrabili.”79 Il 13 settembre 1808 Augustin Marie d’Aboville divenne maggiore dell’artiglieria a cavallo della Guardia. Si fece notare nella battaglia di Wagram, dove il suo braccio destro fu portato via da una palla. Come ricompensa, da invalido, fu promosso generale di brigata il 9 luglio 1809, nominato barone dell’Impero e comandante della scuola di artiglieria di La Fère. Sei giorni dopo, il 15 luglio 1809, Jean-Jacques Desvaux de Saint-Maurice fu nominato maggiore del reggimento. Durante i Cento giorni, si unì all’Imperatore e fu nominato comandante dell’artiglieria della Guardia Imperiale l’11 aprile 1815. Il 18 giugno 1815, nella battaglia di Waterloo, fu tagliato letteralmente in due da una palla. Era a capo di una batteria di artiglieria che l’Imperatore aveva appena visitato. Charles-Pierre-Lubin Griois divenne maggiore del reggimento, il 6 novembre 1813, grado che occupò fino allo scioglimento dell’artiglieria della Guardia il 12 maggio 1814. Durante i Cento giorni, Jean-Baptiste Duchand de Sancey fu nominato colonnello generale del reggimento di artiglieria a cavallo e Jean-Jacques Desvaux de Saint-Maurice fu alla testa di tutta l’artiglieria della Guardia. Altri ufficiali dell’artiglieria della Guardia furono: Henri Dominique Lallemand che comandò l’artiglieria a piedi; anche Marie Constant Fidèle Henri d’Hautpoul, fu ufficiale dell’artiglieria a cavallo della Guardia imperiale. L’unità aveva un proprio chirurgo nella persona del maggiore Therrin, citato da Boulart, che ebbe la Legion d’onore il 9 luglio 1809. L’unità ebbe perdite significative dal 1804 al 1815 con: - ufficiali uccisi: 11; - ufficiali mortalmente feriti: 3; - ufficiali feriti, 27. 79 Boulart Jean François, op. cit. pag. 161-162. 85 Le battaglie dell’artiglieria da campagna R icordiamo brevemente le proprietà essenziali dell’armamento in uso nel periodo rivoluzionario, poiché queste esercitarono, com’è noto, un’influenza preponderante sulla tattica: a) Fucile in uso nell’esercito francese: modello 1777, lunghezza 1,53 m; peso medio 4,6 Kg, calibro, 17,4 mm; peso della baionetta 300 grammi, proiettile 27 grammi. Si poteva raggiungere un uomo isolato fino a 400 metri, a 200 metri si sparava nel gruppo, a 300 metri si poteva mancare una casa. La cartuccia di carta era molto sensibile all’umidità, la pioggia causava molti errori. b) Fucile austriaco, modello 1775. Le sue proprietà erano analoghe a quelle del fucile francese. e) Materiale d’artiglieria francese del modello Gribeauval. La portata pratica estrema del tiro a palla era di 900-1000 metri per il 12 e l’8 libbre, 800-900 metri per il 4 libbre; quella del tiro a mitraglia era di 500 metri per la piccola cartuccia del 4 libbre, 800 metri per la grande cartuccia del 12 libbre. La portata ottimale della palla era di 500 metri: una granata generava da 25 a 50 schegge, pericolose in un raggio di 20 metri. Valmy 1792 A Valmy, l’artiglieria era comandata dal Cavaliere d’Aboville, tenente generale, aiutati dal cittadino Senarmont, il “padre”.80 Sorpreso dall’arrivo delle truppe prussiane, Kellermann, per guadagnare il tempo necessario allo schieramento della sua armata, aveva rafforzato la sua avanguardia con due compagnie di artiglieria a cavallo. Questa artiglieria aveva aperto il fuoco, fin dall’alba, contro l’avanguardia prussiana. Quelle due compagnie, con il loro fuoco terribilmente intenso, costrinsero la guardia prussiana a sospendere la marcia. Per la battaglia, che fu solo un bombardamento, Kellermann formò, con la sua artiglieria numericamente inferiore a quella prussiana, due batterie da 15-20 cannoni, poste: una vicino al mulino di Saint-Saulve a Valmy, l’altra su un cocuzzolo a nord, il monte Yvron. Mantenne, ancora, sull’altopiano di Valmy, una riserva abbastanza forte, alla quale si aggiunsero le due compagnie a cavallo che avevano combattuto con l’avanguardia. Quelle massa concentrata sull’altopiano era un magnifico obiettivo per l’artiglieria prussiana. Essa cercò soprattutto di far tacere le batterie francesi, il cui fuoco causava molte perdite alla sua fanteria. Ebbe una salve felice, che fece saltare in aria diversi cassoni. “Quel giorno fu onorevole per l’esercito francese; il nemico ebbe perdite considerevoli in uomini e cavalli; anche i francesi persero molta gente. Due cassoni pieni di munizioni, infiammati da una granata esplosiva d’obice nemico, causarono un’esplosione che fece parecchi morti e feriti …”81 Ci furono una decina di minuti di sbandamento, ma le due compagnie a cavallo, in riserva, furono portate avanti in prima linea dal duca di Chartres (il futuro Luigi Filippo) e, aprendo il fuoco, ristabilirono la situazione. Quindi, con sorpresa dei prussiani, che avevano creduto disorganizzata l’artiglieria francese, il bombardamento reciproco riprese. Una batteria di 24 cannoni, presa dalla riserva, arrivò a sostituire le unità provate, precedentemente. Il fuoco riprese con ancora più intensità di prima, fino a quando Brunswick, per ragioni mai chiarite, decise di ritirarsi. L’artiglieria aveva svolto un ruolo fondamentale in quel giorno. Secondo il generale Dumouriez avrebbe sparato 20000 colpi di cannone e con il suo fuoco aveva fermato la fanteria nemica, considerata tra le migliori d’Europa. Con il suo esempio aveva dato fiducia alle stesse truppe della sua armata. Aveva diritto a prendersi tutta la gloria di Valmy, e si poteva affermare che d’Aboville era stato il vero vincitore. L’uso delle batterie a cavallo era stato eccellente, prima a sostegno dell’avanguardia per ritardare il nemico, poi per il tempestivo ripiegamento. Per la maggior parte dell’artiglieria, tuttavia, ci fu piuttosto un “duello di cannoni”, una giustapposizione dei pezzi, invece della concentrazione del fuoco contro le manovre. “La giornata si è sviluppata in un bombardamento di 12 ore, da posizioni molto vicine, e che ci è costato la perdita di molta brava gente. Si dice che i nemici abbiano avuto enormi perdite. tutta la cavalleria e l’artiglieria ... Non posso rendere bastevole giustizia al valore 80 François-Marie d’Aboville, 1° conte d’Aboville, nato a Brest nel 1730, fu un generale e politico francese, padre di Augustin Gabriel d’Aboville e Augustin Marie d’Aboville come lui, generali d’artiglieria durante la Rivoluzione e l’Impero. Alexandre-François Hureau de Senarmont, nato nel 1732 a Chartres, figlio di Claude Alexandre Hureau, scudiero reale e signore di Senarmont (Chartres 1684) capitano di fanteria al reggimento di Ouroy, ferito da un moschetto a Malplaquet nel 1709 e ucciso da una palla di cannone nel 1735 vicino a Spira. Alexandre-François Hureau de Senarmont fu poi il generale francese padre del più celebre Alexandre-Antoine Hureau de Senarmont, eroe di Friedland. 81 Bricard Louis Joseph, op. cit., pag. 10. 86 e allo zelo, dagli Ufficiali generali, superiori e particolari, fino alla condotta delle truppe. Li ho visti perdere interi ranghi, per l’esplosione di tre cassoni incendiati da una granata d’obice, senza battere ciglio, né disallineare la loro linea ... Le mia perdite si aggirano intorno ai 250 uomini, tra uccisi e feriti. Il Generale Capo dell’Esercito di Centro. Firmato Kellermann”.82 Jemmapes 1792 A Jemmapes (6 novembre 1792) non vi fu neppure una prova di concentrazione di fuoco. Lì Dumouriez disponeva di circa 100 pezzi, quasi il doppio di quelli del suo avversario austriaco. Ne disperse 36 (un terzo da 16 libbre, un terzo da 12 libbre e un terzo di obici) in batterie “sparse” su tutto il fronte, come disse lui stesso; e, anche se ogni ridotta austriaca era presa sotto il tiro incrociato di due batterie, si trattava di batterie da soli due pezzi, schierate così dal colonnello La Bayette (voleva che ogni ridotta nemica fosse battuta sul fianco da due batterie di due pezzi). Il generale Belliard, che serviva alla battaglia di Jemappes, come aiutante di Stato maggiore dell’avanguardia, annotò sulle sue Mémoires (tomo I, pagina 86): “I nostri cannoni e anche due pezzi da 16, che erano sulla destra dell’avanguardia, non producevano alcun effetto: le nostre palle sprofondavano nelle trincee, mentre quelle del nemico arrivavano e uccidevano di tutto.”83 Dumouriez fece anche avanzare sei pezzi da 12 libbre per battere il mulino di Bossu e, siccome gli austriaci là avevano solo calibri inferiori di media portata, ebbero a soffrire molto il tiro di quella batteria improvvisata. Quando la fanteria si portò all’attacco, solo una piccola parte dell’artiglieria poté seguirla (3ª e 6ª compagnie d’artiglieria leggera o a cavallo dette, da chi le guidava, compagnia Hanique e compagnia Barrois), a causa dello stato paludoso del terreno, e la vittoria fu ottenuta con l’arma bianca grazie alla superiorità numerica dei francesi. L’artiglieria era stata usata nel peggior modo possibile, con buona pace del giudizio in controtendenza dello stesso Dumouriez. Gli stessi austriaci non sembrarono vantare migliori prestazioni. Del resto a quel tempo era tutto un po’ improvvisato, un po’ si chiedeva, un po’ si requisiva. Il generale Valence segnalava la sua carenza di cannoni, artiglieri e cavalli, chiedendo almeno otto pezzi da 8, quattro da 12 e quattro obici, con traino e serventi. Dumouriez rispose (da Valenciennes, 28 ottobre): “ ... Mi occuperò subito di farvi trovare quattro pezzi da 16, quattro da 12, quattro obici con i loro equipaggi, e dei cavalli per i vostri quattro mortai. Non mi chiedete, però, se avete bisogno di bombe, di quali dimensioni sono i vostri mortai, o se siete a posto a questo riguardo. Quanto ai cannonieri e agli ufficiali per formare il vostro parco, dovete, mio caro amico, requisirli dalle guarnigioni di Givet e Philippeville.”84 Neerwinden 1793 “Il 18, all’alba, tutta l’armata prese posizioni su alture; verso le otto attaccammo il nemico in tutti i punti, nella piana di Roncon. Non avevamo mai visto una simile moltitudine d’uomini schierati a battaglia, come quel giorno. La nostra armata, divisa in due colonne, si spiegò in tre linee; l’artiglieria leggera, appoggiata dalla cavalleria, si portò in avanti per battere il nemico, che manteneva le sue posizioni …”85 Fu una delle poche battaglie vinte dagli austriaci. Le truppe francesi, piuttosto indisciplinate, mal equipaggiate, mal addestrate ed in lieve inferiorità numerica ebbero la peggio, anche a causa di un risoluto delle truppe del conte vallone Clerfayt. “tre pezzi di artiglieria leggera, posti al centro, furono la causa di gravi perdite, perché il nemico, superiore in artiglieria, dirigeva molte pezzi contro i nostri tre. Un rin82 Kellermann, François-Étienne-Christophe, Relation de ce qui s’est passé le 20 septembre 1792 entre l’armée commandée par M. le duc de Brunswick, et celle du Centre, J.B. Collignon, Metz, 1792. 83 La Jonquière, Clément de, La bataille de Jemmapes, Chapelot, Paris, 1902, pag. 86. 84 La Jonquière, Clément op. cit., pag. 79-80. 85 Bricard Louis Joseph, op. cit., pag. 39. 87 forzo d’artiglieria arrivò da entrambi i lati, e il bombardamento fece una devastazione terribile; ogni palla al primo balzo toglieva una fila alla prima linea, e, con il rimbalzo, andava a scuotere la seconda ... Il disordine cominciava a diffondersi tra le nostre fila, il che avrebbe dato vita libera alla cavalleria nemica, che avrebbe forzato la linea e massacrato i nostri fanti. Fortunatamente diversi pezzi da dodici, anche con obici, si misero in batteria davanti alla fanteria scossa, e, con un fuoco a mitraglia sostenuto, costrinsero la cavalleria nemica a retrocedere … Un attimo dopo, una seconda palla venne, dritta, verso di me. Ebbi abbastanza fortuna da vederlo arrivare sei tese davanti, il che mi diede il tempo di piegare le reni in avanti, e quindi di evitare la morte, perché come feci quel movimento, la palla passò vicino alla cintura, rompendo la custodia della mia sciabola e il pomello della mia pistola. Del giubbotto ne fece un gilet. Il colpo fu così terribile che all’inizio mi parve di essere ferito; le mie cosce erano talmente intorpidite, che, per un minuto, vacillai sulle gambe. I miei compagni, che avevano visto la palla, furono ancor più sorpresi di me; tutti mi dissero: - Credi, eravamo sicuri che fossi stato tagliato in due. ”86 Wattignies 1793 A Wattignies, dopo il fallimento degli attacchi del 15 ottobre 1793, non sostenuti dall’artiglieria, lasciata troppo indietro, Jourdan ordinò uno schieramento notturno a partire dalle due del mattino. Fu eseguito in silenzio e favorito dalla nebbia. Jourdan spartì i suoi cannoni, davanti ai battaglioni, allo scopo di aprirsi la strada. Quell’artiglieria fermò, con i suoi colpi a mitraglia, un contrattacco della cavalleria austriaca; ma non ebbe altro effetto, perché non fu utilizzata come elemento di manovra. Gli austriaci invece ingaggiarono il famigerato “duello d’artiglieria”. Bellegarde, avvertito, alle sue posizioni, dell’attacco dei repubblicani, fece immediatamente occupare gli avamposti sulla posizione principale. La sua artiglieria apriva il fuoco, verso le 9 del mattino, contro quella dei francesi, venutasi a porre alla fattoria di Rombise e sul Replat de la Folie, tra la Malmaison e il torrente di Tarsy. Questo duello di artiglieria durò fino alle 4 del pomeriggio circa. L’eroico attacco di Jourdan fu arrestato dalla mitraglia austriaca. Questo fallimento si spiegava facilmente, poiché quell’attacco della fanteria non era stato preparato da artiglieria di posizione; questa, molto pesante e non ancora così mobile da poter seguire la fanteria, non aveva lasciato la sua posizione dei Trois-Pavés, quando le fanterie cozzarono in mischia. Dalla loro posizione dei Trois-Pavés, era impossibile dirigere un fuoco efficace su Dourlers e Mont-Dourlers87. Per quanto riguardò la povera compagnia d’artiglieria leggera, che Jourdan tentò di mettere in batteria sulla cresta “B”, si trovò in mezzo sia ai colpi della fanteria, sia alla mitraglia dell’artiglieria austriaca, tanto che molto rapidamente ebbe enormi perdite, in uomini e cavalli, fatto segnalato dallo stesso Jourdan nelle sue Memorie. Kaiserslautern 1793 A Kaiserslautern (novembre 1793) Hoche schierò una batteria di 22 cannoni su un cocuzzolo, il Mayenberg, che dominava la riva occidentale della Lauter. La batteria permise di battere l’obiettivo che Hoche si era prefisso; ma, venuto a sapere che la sua artiglieria avrebbe potuto esaurire le munizioni (ne erano state sprecate molte nelle scaramucce che avevano preceduto quel momento), dovette rassegnarsi a dare l’ordine della ritirata. Il modo in cui intese usare la sua artiglieria, sfruttando il terreno e concentrando il fuoco in modo già abbastanza notevole, segnava un netto progresso rispetto a ciò che aveva fatto Jourdan, a Wattignies, un mese prima. L’attacco abortito di Hoche consente di dare uno sguardo su come effettivamente avveniva una ritirata in quel tempo. La fanteria era incaricata di proteggere la marcia retrograda dei pezzi, ma spesso questi erano abbandonati per le difficoltà collegato al traino. Così accadevano anche curiosi scambi di corvée: “Dato che quella giornata era stata ancora svantaggiosa, Hoche decise di combattere una nuova battaglia il 30. Ma, alle quattro del mattino, venne a sapere che mancavano le munizioni d’artiglieria; così ordinò la cessazione del combattimento e l’armata della Mosella ripassò la Lauter. Solo il generale Ambert, con 5 battaglioni, rimase fino alla sera del 1º dicembre, sulle alture situate di fronte a Sembach e Kalzweiter, per coprire la marcia dell’artiglieria e degli equipaggi. Nella giornata del 30 novembre, il sottotenente Lidor, del 19° battaglione volontari di Parigi, prese il comando di diversi pezzi di cannone, che trovò quasi abbandonati e ne radunò gli artiglieri. Il suo piano difensivo facilitò la ritirata di diversi battaglioni. In quell’occasione fu colpito da tre fucilate.”88 86 Bricard Louis Joseph, op. cit., pag. 40-41. 87 Dupuis, Victor (Commandant), La campagne de 1793 à l’armée du Nord et des Ardennes, vol.2 - D’Hondtschoote à Wattignies, R. Chapelot e Cie, Paris, 1906-1909, pag. 167. 88 Chassin, Charles-Louis, Hennet, Léon, Les volontaires nationaux pendant la Révolution. Historique militaire et états de services du 19e bataillon de Paris, dit du Pont-Neuf, III vol., Paris, 1899-1906. Pag. 13. 88 Fleurus 1794 Ancora Jourdan, l’anno successivo a Fleurus (26 giugno 1794), dove attendeva, in posizione difensiva, gli austriaci del Coburgo, ripartì la sua artiglieria tra le divisioni. Contribuì, certamente, a fermare l’attacco nemico, abbastanza facilmente a sinistra, dove l’artiglieria della divisione Kléber (che aveva sostituito Fromentin al comando), sfasciò sei pezzi austriaci. Interessante il commento di Jourdan: “La nebbia era così fitta che la 19ª compagnia di artiglieria leggera fu caricata dalla cavalleria senza che potesse riconoscere il suo nemico. Gli ussari di Wurmser e Bercheny stavano portando via i loro pezzi, quando i cannonieri salirono a cavallo e insieme a due squadroni del 1º reggimento di Chasseurs, si lanciarono contro il nemico, sganciarono i pezzi e li riportarono indietro dopo aver fatto una carneficina spaventosa. È in questa carica che il maresciallo generale Debelle fu ferito.”89 Sull’ala destra le difficoltà furono più sensibili. La divisione Marceau, sottoposta al fuoco dei 27 cannoni, della colonna austriaca di Beaulieu, dovette ritirarsi. Beaulieu girò, allora, il suo attacco contro la divisione Lefebvre, alla sinistra di Marceau; ma Lefebvre, riunendo la sua artiglieria e quella di Marceau, formò una batteria di 12 pezzi che, sparando a mezzo tiro di fucile, costrinse l’avversario a ritirarsi. Così Marceau giustificò a Jourdan la rotta della sua divisione: ”… ti basti sapere che alla destra della linea della divisione delle Ardenne, il mulino di Baulet e le ridotte, che difendevano Lambusart, sono stati difesi, per otto ore, con un accanimento pari a quello, messoci dall’attaccante e che, soltanto dopo aver avuto gran parte dell’artiglieria distrutta o fuori servizio, la divisione delle Ardenne ha dovuto cedere a una forza così superiore. Non è stato possibile eseguire la ritirata in ordine, poiché il nemico, con una carica di 3000 uomini di cavalleria, ha creato una breccia che mi è stato impossibile difendere.”90 Anche se l’attacco alleato aveva indebolito gravemente la linea francese, il settore centrale Campinaire - Lambusart rappresentò il loro più forte mezzo di difesa a causa del considerevole numero di fortificazioni campali. Al centro, l’azione si ridusse a un “duello d’artiglieria” in cui l’artiglieria francese, meglio protetta perché installata nelle ridotte, ebbe il vantaggio. Non ci fu, tuttavia, alcuna tattica di concentrazione del fuoco, tutt’al più una giustapposizione di una trentina di pezzi, presso la più importante delle ridotte. Così scriveva Lefebvre a Jourdan, mentre il villaggio di Fleurus era in preda alle fiamme: “… mentre gli eventi continuavano, la battaglia s’animava al centro e sulla sinistra della divisione. Il nemico portava tutte le sue forze al punto che, per parecchie ore, si poteva affermare che il fuoco, che là si era scatenato, pareva un vulcano che stesse per uscire dalla terra ad inghiottire tutto. I battaglioni, che stavano dentro le ridotte, facevano, simultaneamente, un fuoco tremendo con i pezzi. Alle 6 di sera, quando la nuvola di fumo fu un po’ dissipata, cammino che il nemico si stava ritirando; era, purtroppo, troppo lontano per inseguirlo con successo; d’altra parte l’artiglieria era quasi tutta inservibile, i battaglioni sfiancati dalla fatica ed i cavalli non erano in condizione di correre.”91 Loano 1795. L’appoggio delle cannoniere Mentre il centro dell’esercito austro-sardo doveva essere impegnato dall’attacco francese, Augereau avrebbe attaccato con successo la sua ala sinistra, fino ad arrivare a Loano e fino alle alture occupate dalle truppe di Argenteau. Il movimento di avvicinamento fu fatto di notte. “Augereau schierò la brigata Banel in un piccolo bosco di ulivi di fronte a Tuirano (Toirano); la brigata Victor, era sulla strada che portava da Borghetto a Tuirano, di fronte al mammellone detto il Grande Castellaro; avrebbe sostenuto, se necessario, l’aiutante generale Rusca che, incaricato di attaccare il Piccolo e il Grande Castellaro, si trovava più avanti e lungo il torrente, alla testa di 1700 uomini di truppa leggera: la brigata Dommartin era allineata alla sinistra di Victor e copriva la coda della sua colonna. Le divisioni Laharpe e Charlet, sotto Masséna, si erano riunite ai piedi del Sambucco (Sambuco), pronte a lanciarsi sul centro del nemico; alla nostra sinistra, Sérurier si apprestava ad attaccare i campi piemontesi di San-Bernardo e della Pianetta.”92 Tra Borghetto e Pietra, in mare e lungo la spiaggia, si erano concentrate un brick e nove scialuppe cannoniere francesi, agli ordine del tenente di vascello Girard,; la flottiglia inviata da Kellermann aveva battelli armati di pezzi di grosso calibro. Alle sei di mattina, due razzi, lanciati dalla ridotta di Santo Spirito, illuminarono per un attimo le tenebre per poi svanire. Era il segnale d’inizio per il bombardamento. Non appena le cannoniere cominciarono a sparare con la loro artiglieria, gli austriaci, schierati vicino al mare, furono presi tra due linee di fuoco: i cannoni delle ridotte e quelli che erano in mare. I francesi divisero le truppe d’assalto in quattro colonne che dovevano avanzare una die89 Dupuis, Victor (Commandant), Les opérations militaires sur la Sambre en 1794, Bataille de Fleurus, Chapelot, Paris, 1907, pag. 564. 90 Dupuis, Victor, op. cit., pag. 586. 91 Ibidem pag. 585. 92 Victor-François Perrin, Mémoires de Claude-Victor Perrin (Victor), Duc de Bellune, tomo I, redatte dal figlio primogenito, Victor-François Perrin, Paris 1847, pag. 351-352. 89 tro la precedente. Le fila furono chiuse dalla brigata di riserva di Dommartin. Il compito delle squadre d’assalto era quello di prendere sul fianco la linea austriaca fortificata, in direzioni di Toirano e in parte di attaccare frontalmente la linea avversaria. A Loano tutti gli attacchi furono portati a passo di corsa, sotto il fuoco delle batterie nemiche. È opinione comune che l’artiglieria francese fosse rimasta nelle postazioni difensive, dato che era talmente poco mobile da non poter seguire l’attacco delle fanterie su sentieri ripidi e difficili. Qualche “canon de bataillon” tuttavia fu faticosamente portato avanti. Masséna, arrivato con il fiatone, alle tre di notte, davanti al monte San Pantaleone ed alla ridotta spagnola, sui colli che sovrastavano la costa, così riferiva: “La poca gente che ero riuscito a portare con me non mi permetteva di tentare un attacco diretto; le truppe camminavano lentamente, vista la loro estrema stanchezza. Io feci avanzare alcuni pezzi d’artiglieria; quando furono piazzati, bombardammo la ridotta spagnola e le trincee; ma la notte ebbe il sopravvento, e io rimandai, con mio grande rammarico, l’attacco alla mattina seguente.”93 La campagna d’Italia 1796 Nella sua folgorante campagna d’Italia, nel 1796, Bonaparte maneggiò l’artiglieria con maggior maestria. Il merito era, in parte notevole, del comandante della sua artiglieria, Lespinasse. Era un vecchio ufficiale dell’esercito reale che aveva debuttato sotto le armi, come moschettiere, in Germania nel 1759 e servito in artiglieria dal 1763. Tenente di prima, era stato giudicato da Gribeauval “molto adatto per l’istruzione degli ufficiali di questo corpo”. Bonaparte lo aveva chiamato a questo comando d’artiglieria per sostituirvi Dujard, che trovava logoro. Disponeva di poca artiglieria (meno di un pezzo e mezzo per 1000 uomini). Mancava particolarmente d’artiglieria a cavallo, pur continuando a chiederla al Direttorio. Organizzò la sua artiglieria a piedi in “divisioni” armate di sei bocche da fuoco di calibri diversi (a differenza della “divisione” di Gribeauval che era dotata di materiale omogeneo), per dare ai generali la scelta delle armi più adatte alle loro operazioni e alla natura del terreno. Ciascuna di queste “divisioni d’artiglieria a piedi”, con due pezzi da 12 libbre, due da 4 e due obici da 6 pollici, era assegnata ad una delle divisioni d’armata, per le quali cercarono di sforzarsi di renderle pari negli effettivi; variavano, infatti, da uno a tre volte. Le prime compagnie di artiglieria a cavallo che l’Armée d’Italie ricevette, rimasero, per ordine di Bonaparte, come riserva a sua disposizione. Quando ne ebbe un numero sufficiente, costituì anche “divisioni d’artiglieria a cavallo” dotate, in linea di principio, di quattro pezzi da 8 libbre e di due obici da 6 pollici. La maggior parte delle divisioni d’armata ricevettero allora una di queste “divisioni d’artiglieria a cavallo”. Il resto rimase alla riserva di cavalleria. Bonaparte e Lespinasse erano troppo pragmatici per non adattare l’organizzazione della loro artiglieria ad ogni singolo caso. Per ottenere la superiorità di fuoco là dove esigeva la manovra, Bonaparte non esitò a ritirare, da una divisione, l’artiglieria assegnata, scrivendo, anche, che: “i generali di divisione non dovevano contravvenire alle disposizioni del generale d’artiglieria”. La sua preoccupazione di concentrare il fuoco d’artiglieria, secondo il bersaglio delle sue manovre, si rivelò in particolare durante i combattimenti di Lodi (10 maggio) e di Castiglione (5 agosto). A Lodi i pezzi furono messi in batteria man mano che arrivavano al ponte sull’Adda per controbilanciare le batterie austriache poste sull’altra riva. Fu così approntata una trentina di pezzi. Il loro tiro costrinse l’artiglieria austriaca a ritirarsi, il che permise l’attacco della fanteria francese. “Le mura di Lodi, molto alte, non erano terrazzate dalla parte vicina all’Adda, non c’era modo di servirsene per sparare agli austriaci; ma, essendo le truppe francesi molto esaltate, se ne potevano sperare i più grandi prodigi. Le costanti ritirate del nemico, le sue continue battute d’arresto, non davano una grande idea della sua determinazione a difendersi; così fu deciso che si doveva tentare il passaggio a viva forza di quel ponte, lungo almeno ottanta tese. Fu piazzata tutta l’artiglieria, che poteva contenere lo slargo che precedeva l’imbocco del ponte, e un vivo bombardamento tenne occupato il nemico. A circa 500 tese da là c’era un guado praticabile dalla cavalleria, risalendo il fiume, e il generale Beaumont, comandante della cavalleria dell’armata, dopo la morte del generale Stengel, fu inviato in quel punto, passando con circa duemila cavalli, mentre la fanteria in colonna, alla testa della quale si erano posti molti generali e ufficiali di stato maggiore, si precipitava sul ponte. Lo traversammo di corsa, sotto il fuoco del nemico. Gli austriaci, intimiditi da quell’atto di vigore, si demoralizzarono e si allontanarono in fretta, abbandonando quasi tutta l’artiglieria in batteria.”94 A Castiglione l’artiglieria fu divisa in due batterie, senza alcun “cannone di battaglione” tra i ranghi della fanteria. Marmont comandò una di queste batterie, che comprendeva 19 pezzi di artiglieria a cavallo. L’artiglieria nemica aveva 93 Koch, Frédéric, Mémoires de Masséna : rédigés d’après les documents qu’il a laissés et sur ceux du dépôt de la guerre et du dépôt des fortifications, vol.1 (di 7) Paulin et Lechevalier, Paris, 1848-1850, pag. 306. 94 Marmont Wiesse de, Auguste-Frédéric-Louis, Mémoires du maréchal Marmont, duc de Raguse, de 1792 à 1841 : imprimés sur le manuscrit original de l’auteur, Perrotin, Paris, 1857, pag. 173-174. 90 una portata superiore, quindi Marmont lanciò i suoi pezzi al galoppo per mettersi in batteria a brevissima distanza. Là, al prezzo di ingenti perdite, distrusse in breve tempo la metà delle batterie avversarie. « … la divisione Massena, tutta la cavalleria e l’artiglieria disponibile si riunirono davanti a Castiglione. Quella divisione, posta a sinistra, fu incaricata di attaccare la destra del nemico, appoggiandosi alla torre di Solferino; la divisione Augereau scese in pianura, E l’ala destra fu coperta da tutta l’artiglieria a cavallo d’armata, sostenuta da tutta la cavalleria. Ricevetti, in quella circostanza, una grande testimonianza di fiducia dal generale Bonaparte. Ero solo uno chef-de-bataillon, e mise tutta l’artiglieria leggera sotto il mio comando, in tutto cinque compagnie, che servivano diciannove pezzi, destinati a svolgere un ruolo importante. Il centro e la sinistra dell’esercito nemico si estendevano obliquamente nella pianura, che si legava ad un’altura isolata, situata a poca distanza dal villaggio di Medole, colma di pezzi da posizione. Il nemico aveva un calibro superiore; non potevo lottare contro di lui se non avvicinandomi molto, e, sebbene il paese fosse coperto, c’era da attraversare una spianata, prima di potermi schierare alla distanza adeguata. Le palle del nemico arrivavano su quella spianata, che era abbastanza larga; io l’attraversai inviando sezioni di due pezzi; dopo aver messo in testa la compagnia, nella quale avevo meno fiducia, lanciai la mia colonna al gran galoppo; la testa fu devastata, ma il resto della mia artiglieria si dispiegò rapidamente e si posizionò a brevissimo raggio di cannone; un fuoco vivo, ben diretto, danneggiò più della metà dei pezzi del nemico, in poco tempo; soffriva anche la fanteria dei miei cannoni, una parte del suo fuoco era diretta verso di lei. Infine giunse al momento opportuno la divisione Sérurier, proveniente da Marcaria, che prese al rovescio la sinistra del nemico; la battaglia fu da quel momento vinta, e il nemico si precipitò in ritirata verso il Mincio, che ripassò.”95 Fu così che Marmont, da chef-de-bataillon diventò uno stratega artigliere (diverrà anche Ispettore generale). Gli speciali incarichi di Bonaparte lo videro protagonista anche nella seconda giornata di Arcole, il 16 novembre 1796, con la creazione di una “piccola Gran Batteria”. “Il generale in Capo voleva far passare l’Alpone alla divisione Augereau, alla sua foce nell’Adige, e, poiché mancavano barche e cavalletti, si pretese di riempire l’Alpone di fascine sulle quali passare. Per facilitare questa operazione, fui incaricato di andare, sulla riva destra dell’Adige, stabilire una batteria di quindici pezzi di cannone, il cui fuoco doveva infilare e prendere a rovescio la diga dell’argine sinistro dell’Alpone, che serviva da trincea al nemico. La diga della riva sinistra dell’Adige copriva il nemico, così fui costretto a far sparare a rimbalzo (ricochet) con metà carica. Dopo mezz’ora di fuoco sostenuto, una colonna carica di fascine avanzò e venne a gettarle nel punto di passaggio; ma la corrente dell’Alpone, pur essendo meno violenta, comunque esisteva, e tutte le fascine furono trascinati nell’Adige. Fu, così, dimostrata l’assurdità di quel mezzo di passaggio. Il giovane Éliot, aiutante di campo di Bonaparte e nipote di Clarke, che diverrà poi duca di Feltre, fu ucciso là da una palla in testa.”96 L’uso delle prede belliche piemontesi e austriache (con i loro rifornimenti di munizioni) portò le dotazioni, all’inizio del 1797, a 2 pezzi per 1.000 uomini, ma al prezzo di una grande eterogeneità del parco. La semplicità del materiale dell’epoca permetteva di utilizzare facilmente quello dell’avversario. Il rafforzamento, così ottenuto poté raggiungere proporzioni considerevoli. Bonaparte si assunse la responsabilità di due misure, nel corso di quella campagna, le cui conseguenze saranno importanti: la prima fu la creazione di una sezione d’artiglieria a cavallo per la compagnia di Guide, creando l’embrione della sua Guardia personale; l’inizio dell’artiglieria della Guardia. L’altra misura fu la militarizzazione, parziale, dei carrettieri d’artiglieria, probabilmente imposta dalla difficoltà di trovare carrettieri civili in paese straniero. Si creò una “brigata di trasporto” per lo spostamento di ogni compagnia d’artiglieria; e questa fu l’origine delle unità del Treno. Possiamo aggiungere che quel grande laboratorio sperimentale, che fu la campagna d’Italia per Bonaparte, diede origine ad una nuova invenzione tattica, del resto confermata dallo stesso Lespinasse: “Così nella vostra armata, ogni divisione di fanteria aveva, propriamente, triplice artiglieria: quella che combatteva con le truppe; quella del parco, destinata a sostituire quella delle divisioni e quella dei depositi all’interno, utile a sostituire quella del parco. Una divisione d’armata aveva anche il suo parco particolare, che traeva i suoi rifornimenti dal grande parco d’armata; aveva suoi ufficiali d’artiglieria, del genio, suoi operai, la sua Guardia del parco, i suoi commissari. Anche i mezzi delle altre armi di cui era composta, erano combinati e pianificati. In tutto, una divisione era un corpo organizzato come un’intera armata, di cui faceva parte, o per meglio dire era una piccola armata, dotata di tutto, come quella più grande, e in grado di agire da sola. Tale era, in generale, l’artiglieria-fanteria o fanteria-artiglieria dell’Armée d’Italie, semplice e precisa organizzazione, sulla quale baserò ora quella dell’artiglieria della nostra armata.”97 95 Marmont op. cit., pag. 209-210. 96 Marmont op. cit., pag. 240-241. 97 Lespinasse, Augustine, op. cit., pag. 11. 91 Egitto 1798-1801 Nell’artiglieria del corpo di spedizione d’Egitto, il personale era abbastanza numeroso (circa 1000 artiglieri su 25000 uomini, comandante iniziale il generale Dommartin), ma la dotazione in materiale era molto scarsa: meno di 40 pezzi. Il colonnello Songis, futura celebrità, comandava il cosiddetto battaglione d’artiglieria a cavallo. Le particolari condizioni imposte dal terreno e dagli avversari portarono Bonaparte ad adattare l’organizzazione della sua artiglieria. Militarizzò completamente i conduttori del treno. Questi divennero “cannonieri carrettieri” e furono subordinati agli ufficiali di artiglieria. Senza rinunciare alla concentrazione del fuoco, ogni volta che fosse necessario, distribuì tutta la sua artiglieria tra le sue divisioni. Così, quando una divisione era attaccata dai Mamelucchi, si formava in quadrato; l’artiglieria occupava gli angoli di questo quadrato o gli intervalli tra le divisioni, per disporre di un campo di tiro libero. Infine, Bonaparte, per quella campagna d’Egitto, non rinunciò a dotare ogni battaglione di un cannone leggero, servito dalla fanteria. La prima battaglia fu a Chebikgrisse: “Presto i Mamelucchi, in numero di duemila, abbandonarono il paese per portarsi contro l’armata, alla quale si presentarono in battaglia. In un istante i francesi furono radunati, sembrava quasi non avessero patito alcuna fatica; non vedevano altro se non i Mamelucchi e chiedevano solo di combatterli. Il generale in Capo dispose la sua armata di cinque divisioni a scaglioni, fiancheggiate sulle ali da due villaggi occupati. Ogni divisione formava un quadrato, con i bagagli al centro e l’artiglieria negli intervalli dei battaglioni.”98 Alla battaglia di Eliopoli, l’artiglieria francese dominò l’artiglieria turca, ma fu soprattutto nell’assedio di San Giovanni d’Acri che il ruolo dell’artiglieria divenne importante. Il materiale d’assedio, non potendo seguire via terra, era stato imbarcato ad Alessandria. Era stato catturato dalla flotta inglese, al largo di Damietta99, e Bonaparte dicono avesse, come artiglieria d’assedio, solo una carronata100 (carronade) da 32 libbre presa a Caiffa (Haifa). “La città era difesa, sul suo fianco sinistro, da due navi inglesi, il Theseus e il Tiger, comandate dal commodoro sir Sydney Smith, che, dopo aver bombardato Alessandria, dal 17 piovoso fino al 3 ventoso ( 22 febbraio), aveva abbandonato il blocco per salvare San Giovanni d’Acri. Queste due navi si erano ancorate nella rada, e facevano ogni sera un fuoco terribile sulla sinistra dell’esercito francese. La parte di città, di fronte al campo, aveva un angolo saliente, al cui vertice si elevava una grande torre, contro la quale furono diretti quasi tutti gli attacchi; ma, per renderli fruttuosi, occorreva artiglieria d’assedio, si era arrivati là con tre miseri pezzi da dodici. Bonaparte aveva ordinato al contrammiraglio Perrée di uscire da Alessandria e di portare a Giaffa i cannoni necessari. Il generale d’artiglieria Dommartin si opponeva con tutte le sue forze a che l’assedio cominciasse prima dell’arrivo di quell’artiglieria; ma Caffarelli, generale del genio, che assecondava e anche lusingava l’impazienza del generale Bonaparte, fece iniziare l’assedio con solo i suoi tre pezzi da dodici. Costruì frettolosamente pessimi sentieri coperti, dove si era costretti a camminare curvi, per non essere visti dagli assediati. Stabilì una batteria di breccia diretta contro la torre, verso la quale diresse un canale di mina.”101 Forse soli tre pezzi da 12 libbre erano esageratamente pochi. Per quell’assedio, invece, si dovette utilizzare anche molta artiglieria campale, man mano arrivata: una quindicina di pezzi da 8 libbre, tre pezzi da 12, altrettanti obici, tre mortai e una quindicina di pezzi da 4, riforniti con 200 colpi per pezzo. Dicono che in qualche momento la carenza di munizioni era tale che, per recuperare anche le palle di cannone inglesi, i cannonieri francesi costruivano durante la notte, sulle spiagge, false ridotte, che la flotta inglese bombardava il giorno successivo. L’artiglieria d’assedio sbarcata a Jaffa, fu messa in posizione il 1° di maggio. Ma Bonaparte, nonostante la vittoria a monte Thabor, perdeva, ogni giorno e sempre di più, la fiducia delle truppe a causa della tenace resistenza della guarnigione di Acri e delle perdite subite. C’era anche un’antipatia reciproca tra Napoleone e Kléber. La mancanza di rifornimenti per l’artiglieria, una flottiglia turca giunta in rinforzo e gli ultimi sfortunati assalti di Lannes condussero al fallimento dell’assedio ed alla decisione di Napoleone di ritornare in Egitto, prima di aver la via di ritirata bloccata. La difesa della fortezza, comandata da Djezzar Pashà, ma in pratica guidata dal commodoro Sydney Smith, a bordo del Tiger, era guidata, con 98 Martin, Pierre-Dominique, Histoire de l’expédition française en Égypte, tomo 1, J.-M. Eberhart (Paris), 1815, pag. 191. 99 In realtà le cose non andarono proprio così. “In quello stesso giorno avvenne un evento felice, che sembrava l’annuncio che ormai nulla poteva più opporsi alla resa della città. Il contrammiraglio Perrée, uscito in crociera da Alessandria, aveva con sé le tre fregate Courageose, l’Alceste e la Junon, ed era arrivato a Jaffa, dove aveva sbarcato diversi grossi cannoni d’assedio con le munizioni necessarie, che furono immediatamente trasportati al campo.” Martin, Pierre-Dominique, op. cit. pag. 304. 100 La carronata è un tipo di cannone navale ad avancarica a corta gittata, spesso collocato sui ponti delle navi, in uso fra il 1779 e i primi decenni del XIX secolo. Prendeva il nome dalla Carron Company of Falkirk, in Scozia, dove vennero prodotti i primi esemplari; la Carron produceva pezzi da 24, 32, 42 e 68 libbre. 101 Martin, Pierre-Dominique, op. cit. pag. 294 e seg. 92 perizia, da Louis-Edmond Antoine Le Picard de Phélippeaux, un emigrato al soldo inglese che, a suo tempo era stato un condiscepolo (e rivale) di Bonaparte alla Scuola militare di Parigi. Phélippeaux aveva costruito una seconda linea di fortificazioni all’interno delle mura, aumentando l’artiglieria della fortezza con pezzi di artiglieria da marina. Pur vincente, morì di peste e di esaurimento fisico, in quel tremendo 1799 di San Giovanni d’Acri. Partito Napoleone per la Francia, l’artiglieria fu lasciata alla discrezione dei comandi, così nel 1801 a Canope (Alessandria): “Il generale Songis avrà la stessa grande attenzione nell’utilizzare utilmente la sua artiglieria; sarà necessario che abbia l’occhio vigile sulle scialuppe cannoniere, che stanno sui lati della posizione. Potrebbe essere necessario escluderle con i pezzi da dodici. I generali che comandano le divisioni impiegheranno la loro artiglieria, sia di posizione, che da battaglia, nel modo che riterranno più opportuno. Lo stesso vale per il generale che comanda la cavalleria.”102 Novi 1799. Il bombardamento notturno Suvorov si era reso conto che l’idea austriaca di un attacco anticipato poteva essere un buon piano e non entrò in conflitto con la direttiva che aveva in mente per Kray “falsi attacchi e copertura a sinistra”, così scrisse: “Sono più che soddisfatto della tua proposta di attaccare il nemico con tutte le tue forze alle prime luci del 15...” Il feldmaresciallo austriaco accettò, e gli imperiali si resero conto che potevano avere un certo grado di indipendenza. Alle 20:00, al tramonto, Kray spostò il suo corpo d’armata, diviso in due grandi colonne. Mentre era schierato, nell’oscurità, a mezzanotte i francesi eseguirono un pesante sbarramento d’artiglieria, contro il nemico, pronto ad attaccare all’alba, come dichiarato. A capo dell’ala destra austro-russa, il generale austriaco Kray, aveva l’ordine di conquistare le alture di Pasturana. Questo gli avrebbe dato l’opportunità di aggirare alle spalle l’armata francese. Il generale russo Bagration aveva, come nuovo ordine, un attacco dell’ala destra dell’armata francese, al fine di poter chiudere una manovra a tenaglia, incontrando le truppe austriache del generale Kray. Infine, il centro dell’armata austro-russa, comandato personalmente da Suvorov, doveva impadronirsi della roccaforte di Novi ... Molti autori, seguendo la tradizione di alcuni autori francesi, affermarono che la battaglia iniziò durante la notte. Infatti, le truppe di Kray iniziarono le loro manovre all’1:00 (15 agosto) e contattarono i francesi intorno alle 3:20. Il capitano Boulart, comandante di una compagnia d’artiglieria, ci racconta anche del momento in cui Novi poteva essere occupata, questa volta di giorno, spaccando in due la linea francese: “Erano i russi che attaccavano, sotto gli ordini di Bagration. Li vedemmo molto distintamente scuotersi e avanzare verso di noi; lo fecero con audacia e impetuosità, arrivando fino a metà collina, a 150 o 200 passi dalle nostre batterie. La moschetteria e la mitraglia, soprattutto, li batterono e li costrinsero a ritirarsi lasciando il terreno coperto dai loro morti e feriti. Nessuno si arrese, fu un vero massacro corpo a corpo ... Poi, nonostante il caldo eccessivo, estenuante, sotto il sole cocente delle due del pomeriggio, le masse austro-russe si scossero di nuovo e ben presto l’artiglieria tuonò su entrambe le linee. Io ero con il mio colonnello allo Stato maggiore del generale Saint-Cyr, che comandava le divisioni del centro e che si portava, di volta in volta, su tutti i punti attaccati ... Tuttavia, un reggimento che era in fondo alla collina a destra, sotto le mura di Novi, perse terreno. Russi e francesi si trovarono separati solo da una siepe poco fitta, e alcuni erano già in lotta corpo a corpo. Se questo reggimento si fosse arreso, Novi sarebbe stata presa e le alture evacuate, perché la mischia era tale che i nostri cannoni, dall’alto, non potevano sparare senza colpire i nostri soldati. – Capitano -, mi disse il generale Saint-Cyr, - scendete e dite al colonnello di quel reggimento che farò sparare a lui, se lascerà che i russi superino la siepe.- La missione era molto pericolosa e non doveva riguardarmi, perché non ero né aiutante di campo, né ufficiale di stato maggiore; tuttavia, non feci la minima rimostranza. Misi piede a terra, scesi la collina di corsa e, in un batter d’occhio, arrivai sulla destra del reggimento, sul luogo della scena. Nessun colonnello, nessun ufficiale superiore. Il reggimento era schierato in battaglia, pochi passi dietro la siepe, con i suoi tirailleurs dentro la siepe, come fosse una breccia; i russi erano dall’altra parte, senza alcun ordine, in branco come pecore. Si scambiavano colpi di baionetta, da un lato della siepe all’altro, i proiettili piovevano. Non vedendo alcun capo a cui poter trasmettere gli ordini del generale, percorsi tutto il fronte del reggimento fino all’ala sinistra rivolgendomi agli ufficiali, dopo di che tornai verso il mio posto. Strada facendo, circa cento passi dietro il reggimento, in un luogo ombreggiato e riparato ai piedi della costa, trovai un gruppo di ufficiali, il colonnello e ufficiali superiori. Una vergogna per loro, questo incontro, Ripetei loro lo scopo della mia missione e mi allontanai.”103 102 Ordine del giorno del generale Menou del 29 ventoso anno IX (20 marzo 1801) documento presente in: Walsh, Thomas (Cel François-Thomas), Journal de l’Expédition Anglaise en Égypte dans l’année Mil Huit Cent, Collin de Plancy, Paris 1823, pag.333. 103 Boulart, Jean-François, Mémoires militaires du général B.on Boulart, pag. 61-62 93 Zurigo 1799 Quando Massena arrestò gli austro-russi nella battaglia di Zurigo (24-25 settembre 1799), il suo intento era d’attaccare Rimski-Korsakov prima dell’arrivo delle truppe di Suvorov, che avevano appena conquistato l’Italia settentrionale. Incaricò la divisione Lorges di forzare il passaggio sul fiume Limmat. Foy, che comandava l’artiglieria di quella divisione, dispose i suoi pezzi con precauzioni tali da non destare l’attenzione del nemico. A destra una batteria prendeva di rovescio la sinistra dei russi e doveva proteggere il getto progettato del ponte. A sinistra un’altra batteria incrociava il suo fuoco con la prima; alcune pezzi furono divisi fra le due batterie. Inoltre, una batteria da 12 libbre batteva il percorso, da dove si pensava potessero arrivare i rinforzi. D’altra parte, i pontonieri preparavano il passaggio forzato: le barche più leggere a destra, per le truppe leggere, destinate a sorprendere gli avamposti russi; a sinistra i battelli medi che dovevano abbordare un’isola, dove i russi avevano postazioni, che prendevano alle spalle il punto dell’attacco; al centro le barche più pesanti. Alle 5 del mattino fu dato il segnale. Le postazioni russe allertate iniziarono il fuoco, ma l’artiglieria francese li ridusse al silenzio, come fece anche con l’artiglieria russa. In un’ora e mezza il ponte fu costruito e il passaggio ebbe successo. A monte del Lago di Zurigo, Soult attraversava la Linth grazie ad una formazione di 150 nuotatori, che passarono il fiume, protetti dall’artiglieria, permettendo d’utilizzare la ventina di barche di cui disponeva Soult. Rimski-Korsakov evacuò Zurigo. Masséna non cercò di impedirlo. Si limitò a prescrivere all’artiglieria leggera di prendere successive posizioni, sul fianco sinistro dei russi e di bombardarli vivamente. Lo fecero con tanto vigore da portare presto il disordine e la confusione nei loro ranghi. Rivoltosi allora contro Suvorov, Masséna utilizzò la sua artiglieria sparando a mitraglia contro le masse russe ammassate causando un disordine inverosimile. La fine della spedizione russa fu anche la resa dell’artiglieria da montagna zarista. “I russi si fermarono ad Elm, dove avevano preso posizione e dove rimasero in allerta, preoccupati tutta la notte per il fuoco dei nostri tirailleurs. Il giorno seguente, il 6 ottobre, alla luce del sole, si rimisero in marcia, e l’avanguardia, comandata, fin da Glarona, dal generale Miloradovich, raggiunse verso mezzogiorno la vetta di Rindskopf. Quel giorno l’inseguimento fu meno vivace, poiché i russi avevano i loro problemi a lottare contro le difficoltà del luogo. 65 cm di neve, caduti di recente, e che il gelo non aveva ancora avuto il tempo di indurire, copriva le punte delle rocce e gli anfratti della montagna. I sentieri erano spariti, non c’era nessuna traccia per guidare le colonne. Bisognava scaricare le bestie da soma. Nessuno dei 25 pezzi di montagna, anche se smontati, poté essere trasportato a braccia sulla sommità, e furono tutti precipitati negli abissi. Suvorov raggiunse, con l’avanguardia di sera, le colline di Panix. Il resto dell’esercito bivaccò senza fuoco sulla neve, dove il rigore del freddo fece perire, in quella notte temibile, più di 200 uomini e quasi tutti i cavalli.”104 Hohenlinden 1800 Nel marzo 1800, Moreau distribuì la sua artiglieria (poco più di una bocca di fuoco per 1000 uomini) in tre parti, tra le sue ali e il suo centro, di cui mantenne il comando. Qualche mese più tardi modificò questa organizzazione: spartì le sue divisioni in quattro “corpi d’armata”, uno dei quali divenne la sua riserva. Ogni corpo d’armata comprendeva due divisioni da 5000 uomini e, secondo il caso, una o due divisioni da 10000 uomini. Le divisioni da 10000 uomini erano dotate di 12 pezzi, quelle di 5000 uomini solo di 6 pezzi. Inoltre, all’artiglieria del corpo di riserva (36 pezzi) si aggiunsero 6 pezzi da 4 montati su affusto a slitta, quello per le operazioni in montagna, creato dall’esperienza della campagna in Corsica nel 1769. Ma Moreau manovrò poco la sua artiglieria, durante la battaglia. Così, a Hohenlinden (3 dicembre 1800), concentrò il fuoco di 40 pezzi per contenere l’attacco nemico, non rinforzò l’artiglieria di Richepanse, che, così, si presentò con solo 6 pezzi sul fianco sinistro del nemico. Il disordine che seminò permise a Moreau di contrattaccare la fanteria nemica molto provata dal fuoco dell’artiglieria; e questa fu la vittoria. Interessante la testimonianza sull’uso dell’artiglieria al riparo degli alberi : “Nel nostro movimento retrogrado, mi ritrovai al comando dell’artiglieria a cavallo della retroguardia. Credo fossi convinto di essere l’unico ufficiale del mio grado che aveva previsto, che avremmo smesso di battere in ritirata; ed ecco perché. Il generale in Capo (allora Moreau) passò alle undici di sera, davanti alla posizione che occupavo al di sotto di Haag, e si avvicinò a me per darmi i seguenti ordini: - Vi ritirerete lentamente, mi disse, davanti al nemico, impegnandolo nella foresta. Approfitterete di tutti i vantaggi che il terreno vi fornirà per arrestarlo e contenerlo il più a lungo possibile, in modo che sbocchi con facilità in pianura prima del giorno, e più tardi ancora, se potete.”105 104 Koch, Frédéric, Mémoires de Masséna, vol.3 pag. 392. 105 Séruzier, Mémoires militaires du Bon Séruzier, pag. 20-21. 94 L’Armata di Riserva 1800 e il forte di Bard Per la sua nuova campagna d’Italia, il primo Console aveva nominato Marmont al comando dell’artiglieria della cosiddetta “armata di riserva”, il cui capo nominale era Berthier, ma di cui Bonaparte si riservava il comando. Marmont, ambizioso, avrebbe preferito un comando di linea, ma raccontò che Bonaparte gli fece notare la differenza tra la relativa importanza di un generale comandante di brigata, grado che probabilmente sarebbe stato subordinato “agli ordini di Murat o di qualsiasi altro generale altrettanto privo di talento”106, e quella di comandante dell’artiglieria, direttamente subordinato allo stesso Bonaparte. Il Primo console arrivò a dire che, a causa delle difficoltà che avrebbe presentato l’attraversamento delle Alpi, aveva bisogno, alla testa dell’artiglieria, di un capo come Marmont. Marmont si mise all’opera, assistito dal suo capo di Stato maggiore, Sénarmont (il figlio) e da Gassendi. Gli affusti furono smontati in fardelli, che potevano essere portati a mano. Furono costruiti ad Auxonne traini a scartamento stretto, per il trasporto delle bocche da fuoco. L’esperienza, tuttavia, mostrava i pericoli del loro utilizzo su sentieri tortuosi e scoscesi, quelli che si dovevano percorrere. Si usava, anche, come mezzo di trasporto di quei pezzi, tronchi di abeti scavati, in cui si alloggiava la canna, fermandola con caviglie e spessori. Il tutto veniva cerchiato con l’intenzione di farli tirare da diverse decine di montanari, ingaggiati sul posto. Gli ufficiali d’artiglieria furono distribuiti tra le colonne per sorvegliare il trasporto di tutto il materiale. Una compagnia di operai fu inviata a Saint-Pierre, ai piedi del Colle del Gran San Bernardo, per lo smontaggio del materiale, un’altra oltre il passo, ad Etroubles, per il rimontaggio. Di come poi progredisse il passaggio del passo alpino, si è già parlato in altro capitolo. Precisiamo solo che, per quanto riguarda le munizioni, queste erano collocate in piccole cassette, trasportate a dorso di mulo. Grazie a queste disposizioni, l’artiglieria attraversò in due giorni le Alpi, da Saint-Pierre a Etroubles. Si perse solo un pezzo da 8 e tre cannonieri che, allontanatisi dal sentiero, furono travolti da una valanga. Ma, nonostante le precauzioni prese, il materiale ebbe molto a soffrire. Per questo, quando l’armata s’arrestò davanti al forte di Bard, il cui fuoco impediva l’utilizzo dell’unica rotabile, Marmont si rifiutò di smontare nuovamente il materiale, per aggirare il forte su sentieri accessibili solo a piedi, con muli e cavalli. “Lui mi disse che bisognava smontare nuovamente l’artiglieria e trasportarla a mano su sentieri praticabili; io li avevo percorsi e dichiarai che la cosa era impraticabile. Quei sentieri presentavano ancora più sinuosità, e, di conseguenza, molte più difficoltà di quelli del San Bernardo, per usare il trasporto con le truppe, e aggiunsi: - Anche se, a forza di tentativi, ci si poteva riuscire, poi non si sarebbe potuto fare affidamento su quei materiali, già molto malmessi; inoltre, molte parti che erano sconnesse e poco solide, a seguito delle operazioni già eseguite, una volta di nuovo smontate, non sarebbero più servite a nulla.”107 Egli fece accettare da Bonaparte una soluzione che, nelle sue Mémoires, definì “la più ardita, la più audace”: passare di notte in silenzio sotto il fuoco del forte, facendo circondare tutto ciò che poteva fare rumore (ruote, catene, ecc.) con fieno ritorto, spargendo sul terreno letame e tutti i materassi del villaggio, e sganciando i cavalli, con una cinquantina di uomini addetti al traino di ciascun veicolo. Ma prima di attuare lo stratagemma suggerito, Bonaparte ordinò l’attacco del forte con le scale. Il tentativo avrebbe anche potuto avere successo, se i soldati avessero salito in silenzio le scale, tentando di sorprendere il grosso della guarnigione, addormentata. Purtroppo un tale Dufour, colonnello al comando di una colonna, ebbe la pessima idea di assaltare il forte battendo la carica sul tamburo, svegliando tutti; così l’assalto fu respinto.108 Il capitano (allora) Griois conferma la versione di Marmont sul passaggio sotto il forte di Bard. “Dopo che il comandante del forte aveva respinto il primo assalto, il tempo era troppo prezioso per ritardare il passaggio, aspettando la cattura del forte, così si giunse, a forza di faticoso lavoro, ad aprire un sentiero alternativo, attraverso le rocce scoscese che erano alla nostra sinistra di fronte al forte. Fu da lì che passò la fanteria, sfilando uno ad uno. I cavalieri, che tiravano i loro cavalli a mano, presero la stessa via. Tutti andarono così a raggiungere la strada, oltre il forte. Ma questo sistema non era praticabile dall’artiglieria; bisognava che seguisse la strada. Si cominciò ad avvolgere le ruote dei pezzi e dei cassoni, con fieno ben legato, in modo che facessero meno rumore durante il rotolare sulla strada, e, a notte fonda, quell’artiglieria, trainata dai cannonieri, al posto dei cavalli, si mise in marcia; aveva in testa le compagnie granatieri e di zappatori. Si arrivò silenziosamente alla prima cinta; si fece saltare la porta con un petardo e si penetrò nel pertugio; ci si precipitò a passo di corsa sulla seconda porta che fu ugualmente fatta saltare. Le altre ebbero ugual sorte. La guarnigione, avvertita dal primo attacco, corse subito alle mura e ricoprì la strada, per tutta la sua lunghezza, con un fuoco spiovente di moschetteria e, in qualche modo, ad alzo zero; ma non riuscì ad arrestare la marcia della colonna; al far del giorno, tutta l’artiglieria 106 Marmont op. cit., vol. 2, pag. 111. 107 Marmont op. cit., vol. 2, pag. 118. 108 Marmont op. cit., vol. 2, pag. 118-119 95 d’avanguardia si trovò, non senza gravi perdite, dall’altra parte del forte.”109 Le notti seguenti si replicarono i passaggi, sebbene la guarnigione del forte avesse moltiplicato i colpi d’artiglieria e di moschetto sulla strada illuminata da “vasi di fuoco”, così tutta l’artiglieria poté passare. Due pezzi da 12 furono messi in batteria, fecero una breccia e il forte capitolò. Queste difficoltà di attraversamento fecero sì che Bonaparte iniziasse questa campagna con poca artiglieria (40 pezzi per 36000 uomini), senza contare che aveva tenuto un terzo dei pezzi, a sua disposizione per formare le compagnie a cavallo, che costituivano la sua riserva d’artiglieria. Marengo 1800 A Marengo (14 giugno 1800) quella scarsa artiglieria permetterà di ribaltare la situazione. Bonaparte, non credendo di poter essere attaccato, aveva allontanato due sue divisioni, per allargare la sua armata. Al momento dell’attacco austriaco, aveva in linea solo una quindicina di pezzi, contro più di un centinaio dei nemici. Questa debole artiglieria era stata distribuita tra le divisioni e, nonostante il coraggio dei cannonieri, non poté impedire l’avanzata delle truppe austriache, tanto che queste inviarono una lettera a Vienna, annunciando la vittoria. Il generale Desaix, allertato dal rombo dei cannoni, aveva fatto avanzare la divisione Boudet, che era ai suoi ordini, chiedendo al primo Console di preparare un concentramento di fuoco d’artiglieria, unica maniera per arrestare eventuali cariche austriache. Per questo Marmont ricevette un consiglio, direttamente da Desaix, che lo esortava ad approntare una batteria (sarà di 18 pezzi), come aveva già fatto nella precedente campagna d’Italia. “Gli dissi che avrei creato una batteria con i pezzi ancora intatti, erano solo cinque; unendovi cinque pezzi rimasti sulla Scrivia, e appena arrivato Boudet, anche gli otto pezzi della sua divisione, così avremmo fatto una batteria di diciotto pezzi. - È bene-, mi disse Desaix - vedete, mio caro Marmont, cannoni, sempre cannoni, e fatene il miglior uso possibile. - I diciotto pezzi furono presto messi in batteria. Occupavano la metà destra del fronte d’armata, tanto il fronte era ormai ridotto. I pezzi di sinistra si appoggiavano, a destra, alla strada di San Giuliano. Un vivo fuoco fece esitare un attimo il nemico, e poi lo arrestò. Nel frattempo, la divisione Boudet si formava, parte in colonna d’attacco per battaglione e parte schierata in linea.”110 La fanteria francese si portò allora all’attacco, sostenuta dall’artiglieria che Marmont aveva fatto schierare a scaglioni, manovrando con le prolunghe. Durante questi spostamenti fermò, con il tiro a mitraglia di 3 bocche da fuoco, un contrattacco di granatieri austriaci. Kellermann (il figlio di quello di Valmy) incaricato di sostenere l’artiglieria di Marmont, colse l’occasione offertagli e lanciò una carica di cavalleria contro quella colonna nemica in disordine, che mise a terra le armi. È fu vittoria. Da quella campagna, Marmont, che aveva ripreso il comando d’artiglieria dell’Armata d’Italia, nell’autunno del 1800, aveva tratto la conclusione, che occorreva tenere in riserva una parte importante dell’artiglieria da campagna, per poter rapidamente rafforzare il fuoco sui punti decisivi. Approfittando del potenziamento numerico della sua artiglieria (disponeva allora di più di 2 pezzi per 1000 uomini), ne mantenne quasi un terzo in riserva, sotto gli ordini del “famigerato” Laclos111: 30 pezzi di artiglieria a cavallo e 24 di artiglieria a piedi (di cui metà da 12 libbre). Cioè gli elementi più mobili e potenti dell’artiglieria campale. Ogni divisione dell’armata era dotata di 6-8 pezzi, artiglieria a piedi per le divisioni di fanteria, artiglieria a cavallo per le divisioni di cavalleria. Ogni “corpo d’armata”, nuova entità che si stava costituendo su due divisioni, aveva una sua compagnia d’artiglieria a cavallo di 6 pezzi. A ciò si aggiungevano le 120 bocche di fuoco d’artiglieria d’assedio agli ordini di Lacombe Saint-Michel. Torino 1801, la rivolta Dall’11 al 14 luglio 1801 Torino fu teatro di una deplorevole rivolta militare. La guarnigione era composta dal 3° cavalleria, dal 13º reggimento di Chasseurs a cavallo (l’ex cavalleria della Legione americana), da alcune compagnie di zappatori, del genio, e dalle compagnie 6ª, 7ª, 9ª, 16ª, 17ª, 18ª, 19ª e 20ª del 1º reggimento d’artiglieria La Fére. L’agitazione iniziò a causa di insistite richieste dei genieri, che, da tre anni, non avevano ricevuto il soldo. Il generale Delmas, che comandava Torino e al quale il reclamo fu portato il 15 luglio 1801 (23 messidoro dell’anno IX), dai genieri stessi, 109 Griois, Lubin, Mémoires du général Griois : 1792-1822, vol. I, pubblicato dal pronipote Léon Griois, Paris, 1909, pag. 124-125. 110 Marmont op. cit., vol. 2, pag. 132. 111 Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, ufficiale d’artiglieria, celebre per i suoi scritti e trattati, ma famigerato perché inviato in carcere con l’accusa di tradimento (era amico del duca d’Orleans). Unico dei seguaci del Duca a sfuggire la ghigliottina, fu liberato nel 1794, conti-nuando a scrivere ed avendo buona fortuna come Segretario alle ipoteche. Nel gennaio del 1800 lo stesso Bonaparte lo reintegrava, nominandolo comandante della riserva dell’artiglieria nell’armata del Reno. Nel 1803 lo stesso Napoleone lo mise al comando della Riserva di Artiglieria dell’Armata d’Italia di stanza a Taranto. Qui si ammalò di dissenteria e malaria e morì nel convento di San Francesco di Taranto, ma, avendo rifiutato i conforti religiosi, fu sepolto nella piazza d’armi interna al Forte De Laclos (prese il nome proprio da lui) sull’isola di San Paolo, nel golfo di Taranto. 96 ne fece fucilare alcuni, senza dubbio in modo ripugnante. Quell’atto di sconsideratezza ed eccessiva severità causò immediatamente un’ondata di fortissime emozioni in tutta la guarnigione, e fu sfruttato, da alcuni pessimi soggetti, appartenenti al 13° Chasseurs, che si misero in combutta con i mastri armieri e i prevosti degli altri corpi, e, con la loro influenza, determinarono una manifestazione, alla quale presero parte un certo numero di cannonieri. Ricondotti alla ragione e alla disciplina dai loro ufficiali - e sottufficiali, questi cannonieri ritornarono alla cittadella, dove le 8 compagnie erano sistemate; da allora quelle compagnie uscirono solo per reprimere il disordine che continuava in città. La cittadella aveva, come comandante d’armi, un ufficiale di fanteria molto coraggioso, di nome Jaquin, ma poco intelligente e duro, e che era posseduto, come spesso purtroppo era comune, da una spiccata antipatia per tutto ciò che era estraneo alla fanteria, e soprattutto per l’artiglieria. “Questo Jaquin uscì, il 26 messidoro dalla cittadella, e incappò alla porta nel tenente d’artiglieria Génevais, che gli gridò di rientrare e di non avventurarsi sugli spalti, in mezzo agli insorti. Senza nessuna esitazione, Jaquin bruciò il cervello a Genevais e continuò la sua corsa. Non fece cento passi che, lui stesso, fu mortalmente ferito un colpo di fucile, il cui proiettile gli entrò nella schiena. Venne portato in una casa della spianata dove spirò. Spinto dal suo vecchio rancore, aveva dichiarato, prima di morire, di essere stato ucciso dai cannonieri, le cui compagnie erano allora schierate in battaglia nel cortile della cittadella con i loro ufficiali.”112 Il rapporto fu redatto seguendo quella dichiarazione (per anni divvenne un luoco comune da raccontare: l’abominio commesso a Torino dal 1º reggimento di artiglieria). Alla lettura di quel rapporto, il Primo console si era infuriato e aveva firmato un decreto che scioglieva il 1º reggimento, ordinava che le sue bandiere fossero inviate a Parigi al tempio di Marte (Hotel des Invalides) e coperte da un drappo nero, incorporava le compagnie di Torino in altri reggimenti, e rimandava a casa gli ufficiali di queste compagnie, senza pregiudizio circa ulteriori pene, che sarebbero inflitte ai colpevoli113. L’esecuzione di tali misure fu affidata al generale Piston, comandante territoriale, che ordinò alle 8 compagnie di portasi a Pont-de-Beauvoisin, recandosi là, lui stesso, con uno squadrone del 20º cavalleria. All’ora stabilita, nella località fissata, le compagnie si disposero in battaglia, silenziose. Si diede loro lettura, in due bandi, dei decreti consolari; poi sfilarono davanti al generale e ognuna si mise in cammino verso la destinazione che era stata loro comandata. Quanto segue avrebbe potuto restituire l’onore al 1º reggimento, grazie all’intervento del ministro della guerra Berthier. Dopo aver obbedito alle disposizioni punitive, lo chef-de-brigade Allix indirizzò un rapporto sui fatti al Primo Console, che concludeva così: “Il reggimento si ricorda con orgoglio che ha avuto l’onore di annoverarvi tra i suoi ufficiali, e si attende il riconoscimento dalla vostra giustizia”. Munito di queste acquisizioni e d’informazioni raccolte presso le autorità locali, il ministro Berthier, un mese più tardi, inviò a Bonaparte un lungo rapporto, di cui si possono estrarre alcuni passi: “Non è vero che i soldati del primo d’artiglieria hanno ucciso il comandante Jaquin ... Due delle sette compagnie e mezzo che erano a Torino, lungi dall’essere punite, dovrebbero essere ricompensate... La cattiva condotta di altre cinque compagnie, anche se fosse stata criminale, non può disonorare quelle che combatterono in Egitto, in Italia, nell’assedio di Porto Ferrajo e con la flotta dell’ammiraglio Linois... Ciò che è accaduto è la conseguenza della durezza 112 Génevais era tenente di prima alla XX compagnia. Susane, Louis op. cit. pag. 281. 113 Corda, Henri, Le Régiment de La Fère et le 1er Régiment d’Artillerie, 1670-1900, Berger-Levrault, Paris, 1906, pag. 111. Art. 1- Le 6a, 7a, 9a, 16a, 17a, 18a, 19a, 20a compagnie del 1º reggimento d’artiglieria sono sciolte; i soldati di queste compagnie saranno incor-porati negli altri reggimenti di artiglieria. Ordine di incorporazione delle compagnie del 1º reggimento. La 6ª andrà a Douai per essere incorporata all’8° regg. a piedi. La 7ª a Metz nel 5° regg. a piedi. La 16ª a Rennes nel 6° regg. a piedi La 17ª a Strasburgo nel 7° regg. a piedi 3 squadroni della 9ª a Tolosa per essere incorporati al 2º regg. a cavallo. 3 sq. della 19ª, a La Fère nel 5º regg. a cavallo. 2 sq. della 19ª, a Rennes nel 6º regg. a cavallo. 2 sq. della 20ª, a Douai nel 7º regg. a cavallo. 2 sq. della 20ª, a Metz nell’8° regg. a a cavallo. La 18ª andrà a Strasburgo per essere incorporata al 3° regg. a cavallo ART. 2. - Gli ufficiali di queste compagnie, che si trovavano a Torino durante l’insurrezione sono temporaneamente sospesi dalle loro funzioni e sarà fatto rapporto al governo su ciascuno di essi. ART. 3. - La bandiera di questo reggimento sarà depositata nel tempio di Marte (Hôtel des Invalides) coperto da un drappo nero. ART. 4. - Il 1º reggimento d’artiglieria a piedi sarà ora formato dalle compagnie n. 1, 2, 3, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e da uno dei reggimenti a cavallo che si sono comportati meglio, per conservare al 1º reggimento la buona reputazione che lo ha sempre contraddistinto. 7 fruttidoro annno IX. firmato: Bonaparte. 97 con cui il generale Delmas ha trattato gli zappatori la mattina del 23 messidoro ... Dopo la chiamata dei loro ufficiali, le compagnie del 1º artiglieria si sono rifiutate di unirsi alle altre truppe, nei successivi tumulti ... Hanno mostrato al Pont-de-Beauvoisin una rassegnazione tutta militare... Tutti i torti appartengono agli zappatori ed agli Chasseurs del 13º ... Il comandante Jaquin ha ucciso il tenente Genevais senza motivo ... La cattiva condotta di cinque compagnie, anche se dimostrata, non può comportare il disonore delle bandiere del corpo. Tra queste cinque compagnie si trovano le 16ª e 18ª, che hanno ricevuto “granate d’onore”: la 18ª ne ha ricevuto una per essersi gettata a nuoto, in presenza del nemico, per andare a prendere sulla riva opposta alcune barche, utili al passaggio sul Danubio, nell’ultima campagna, e si impadronì dei cannoni nemici che difendevano quel passaggio... Devo sottolineare al Primo console che, se i generali comandanti, informati delle buone disposizioni dei cannonieri, come pure di quelle del 3° cavalleria, avessero messo questi due corpi in battaglia, avrebbero bloccato l’insurrezione della sera del 24, cessata la mattina del 26, come dall’esempio del rientro dei cannonieri dopo l’ordine ricevuto ... Non devo tacere al Primo Console che il Governo si trova nella necessità di rivedere il suo decreto del 7 di questo mese, o di commettere un’ingiustizia, che non è nel cuore del Primo console, o nelle intenzioni del Governo, verso un corpo che merita tutta la sua benevolenza. Gli ufficiali di questo corpo sono ricchi d’onore e non hanno meritato l’arresto che li angustia ... È su questi motivi che propongo il seguente progetto di Decreto. Il capo brigata Allix, disperato per la perdita delle sue bandiere, chiede solo che siano rese. anche senza pubblicazione del Decreto, acconsentendo a che rimanga tra i segreti del Governo.”114 Il progetto, in effetti, rimarrà tra le carte segrete governative, dicono perché il Governo non deve mai ammettere di essersi sbagliato. Bonaparte non volle mai dare un smentita e le misure punitive rimasero in vigore. Le bandiere del 1° reggimento d’artiglieria a piedi restarono a Parigi e le compagnie indagate rimasero disperse nel resto dell’artiglieria. Allix portò il resto del reggimento a La Fère, dove giuse il 1° ottobre. Poco tempo dopo fu anche lui sostituito da Lauriston. Ovviamente, dando al reggimento, come chef-de-brigade, uno dei suoi “aid de camp” il Primo console volle dimostrare una maggior benevolenza, forse avendo capito l’errore. Come che sia, la faccenda ebbe termine con una lettera del ministro Gassendi, del 4 vendemmiale anno X (26 settembre 1801), che così scriveva al comandante del 1° reggimento : “Cittadino comandante, il Primo console rende onore a tutte le compagnie del reggimento, che non hanno partecipato all’insurrezione in Piemonte, per i meriti acquisiti in servizio, per la gloria acquisita in battaglia e per la loro disciplina. M’incarica di far da tramite a loro di queste parole. Come il reggimento sarà riformato, il Primo console s’incarica personalmente di inviare una bandiera, come dono che rechi la stima del Governo. Vi saluto. Gassendi”115 Fino al mese di aprile 1802, il reggimento era ancora senza bandiera. Il generale Drouas che aveva continuato la sua riorganizzazione cercò ancora di contattare Bonaparte per ricevere quella benedetta bandiera promessa. Intanto, il 17 dicembre 1801, il reggimento completava i suoi ranghi grazie ad un battaglione d’artiglieria piemontese, interamente versato al 1° reggimento. Un anno dopo le compagnie 6ª e 7ª, che dovevano essere lodate e non punite, vennero richiamate da Douai e da Metz, riprendendo il loro posto nel reggimento di La Fère. In contrasto con le intenzioni espresse, Napoleone, che inizialmente aveva voluto lasciare a “Les Invalides” le vecchie bandiere, che lui considerava violate, per sostituirle con bandiere nuove e vergini, si decise, dopo matura riflessione, a rendere i vecchi stendardi. La cerimonia di consegna ebbe luogo in pompa magna a Parigi, nel cortile delle Tuileries il 4 giugno 1802116 (15 pratile anno X). Finiva così una brutta storia di (in)giustizia militare. Il campo di Boulogne 1803 e il ritorno in campagna nel 1805 Per preparare un’invasione dell’Inghilterra, Bonaparte aveva iniziato, già dal 1803, a formare parchi di artiglieria nei sei punti di raduno dell’armata d’invasione; riteneva che questa fosse la cosa più difficile da organizzare. Nella composizione di quell’armata, egli dava un ruolo importante all’artiglieria perché, potendo portare al seguito solo poca cavalleria, voleva compensare, per quanto possibile, questa inferiorità con un’artiglieria numerosa e ben istruita. La flotta inglese, molto superiore in numero e in qualità, rispetto alla marina francese, era allora padrona della Manica. Quasi quotidianamente disturbava le coste francesi. Per allontanarla si usava l’artiglieria. Furono usati proiettili “a ferro rosso” che, scoppiando nel legno delle navi o sulle loro vele, dovevano causare gravi danni. Si fecero tirare i grossi calibri, con un’angolazione 45°, per ottenere il massimo della gittata. Bisognava anche proteggere il passaggio delle chiatte da sbarco che, costruite un po’ ovunque, dovevano raggiungere la regione di Boulogne in cabotaggio, quindi sotto la minaccia diretta della flotta inglese. Furono installate batterie costiere nelle zone più propizie. 114 Susane, Louis op. cit. pag. 283-284. 115 Susane, Louis op. cit. pag. 285. 116 Corda, Henri, op. cit. pag. 165. 98 Il generale Mathieu-Dumas racconta un combattimento avvenuto per permettere il passaggio delle chiatte costruite in Olanda e condotte dall’ammiraglio Verhuel, dalle rade di Dunkerque e Calais, al porto di Ambleteuse. “Al tempo della formazione della grande armata per la spedizione contro l’Inghilterra, fui nominato capo di stato maggiore del III corpo, che inizialmente era chiamato, come gli altri corpi, con il nome dell’accampamento - Campo di Bruges -, il cui comandante in Capo era il generale Davoust (Davout) … nel mese di febbraio 1805 raggiunsi di nuovo l’armata a Dukerque … La flottiglia olandese, sotto l’ammiraglio Verhuel, che era destinata ad imbarcare il III corpo, accompagnava il movimento generale; e, dato che le stazioni di Ostenda, Dunkerque e Calais erano le più vicine alla costa inglese, l’ammiraglio Verhuel, aveva avuto parecchi aspri scontri, passando da un porto all’altro, dove aveva acquisito molta gloria, dimostrando che quei vascelli piatti, cannoniere e pescherecci armati erano in grado di manovrare e rispondere al fuoco di fregate e navi più grosse ... La più importante di quelle azioni fu proprio sulla rotta della flottiglia olandese tra Dunkerque e Calais al porto d’Ambleteuse, dove il III corpo era accampato, circa nel maggio del 1805. Era necessario doppiare il capo Grinez (oggi Gris-Nez), in presenza di più di 80 vele inglesi; i bassi fondali obbligavano l’ammiraglio a prendere il largo; l’operazione era pericolosa. Il maresciallo, dopo aver fatto mettere in posizione sul promontorio, 60 bocche di fuoco, comandate dal generale Lariboisière, mi lasciò al comando e andò a imbarcarsi, con il suo aide-de-camp, sulla scialuppa cannoniera dell’ammiraglio. L’azione fu vivace e brillate. Il fuoco delle batterie di capo Grinez tenne gli inglesi a distanza. La traversata fu un successo, pur con qualche perdita.”117 Inoltre, per proteggere la marcia di quelle chiatte, lungo la costa, si schieravano unità di cavalleria e di artiglieria. Queste ultime, addestrate a manovrare sulla sabbia, arrivavano fino a portare al galoppo pezzi da 16 libbre, quasi alla stessa velocità di quelli da 4 libbre. Tenevano le navi inglesi a distanza, con i loro colpi. Nel caso una chiatta s’incagliasse, appoggiavano l’azione della cavalleria che si opponeva alla sua cattura da parte degli inglesi. Esse intervennero in modo particolarmente efficace nelle azioni del 28 settembre 1804 e del 18 luglio 1805, sempre nella regione di Cap Gris-Nez. Austerlitz 1805 As Austerlitz, l’artiglieria si distinse sotto il comando di due artiglieri di qualità, Senarmont e Lariboisière. Il primo, sulla sinistra del dispositivo francese, sostenne la dura lotta del corpo d’armata di Lannes per fermare i russi di Bagration che arrivavano dalla direzione di Olmütz; Senarmont aveva armato con 18 pezzi pesanti la collina del Santon, tenendo sotto tiro anche il villaggio di Bosenitz. “Le disposizioni prese dall’Imperatore per la battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805), davano una grande importanza a un’altura chiamata il Bosnitzberg o il Santon. “Le disposizioni prese dall’Imperatore per la battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805), davano una grande importanza a un’altezza chiamata il Bosnitzberg o il Santon. Doveva appoggiare la sinistra dell’armata. Il giorno prima della battaglia, l’Imperatore incaricò Sénarmont di armare e mantenere quella posizione, e il colonnello ne prese la responsabilità. Vi furono trincerati, abilmente, i 18 pezzi di grosso calibro, che componevano la sua artiglieria. I russi non potevano, senza esporsi ad essere presi sul fianco, attaccare la montagna prima di aver preso il villaggio di Bosnitz [Bosenitz] che la precedeva. Sénarmont colse quella situazione con il colpo d’occhio militare che lo caratterizzava, disponendo la maggior parte dei suoi pezzi in modo da battere i russi, nel momento in cui avrebbero attaccato il villaggio, ma anche in modo da battere il villaggio, nel caso i russi lo avessero perso. Le cose andarono come Sénarmont aveva previsto. Il generale Bàgration, a capo della sua avanguardia, volle attaccare la posizione del Santon; ma dopo diversi attacchi, senza successo, battuto dall’artiglieria del colonnello Sénarmont, fu costretto a retrocedere fino a Porositz [Posoritz], abbandonando un numero immenso di morti e feriti.”118 Lariboisière comandava l’artiglieria di Soult, incaricato di muovere sull’altopiano del Pratzen che, svuotato degli austro-russi, sarebbe diventato la chiave della battaglia. Vedendo il pericolo, Kutuzov lanciò un contrattacco per riprendere l’altopiano. Allora il generale Thiébault mascherò, con la fanteria della sua brigata, l’artiglieria (sei pezzi da 12 e tre da 6) messa a sua disposizione. Davanti a ogni pezzo furono accatastati dieci proiettili a palle e dieci scatole di mitraglia, per far sì che il fuoco fosse il più nutrito possibile. Quando il nemico arrivò a una ventina di metri, i pezzi furono rivelati, il loro fuoco bloccò il contrattacco, e la vittoria fu, così, assicurata. Lariboisière spinse in avanti la sua artiglieria che, sparando fino alla massima portata, trasformò la ritirata del nemico in rotta, tirando dalle alture sopra lo stagno del Satschan. 117 Dumas, Mathieu, count, Memoirs of his own time, including the Revolution, the Empire and the Restoration, 2 vol., Bentley, London 1839, pag. 211 e seg. 118 Marion, Claude, Mémoire sur le lieutenant général d’artillerie B.on Alexandre de Senarmont, J. Corréard, Paris 1846, pag. 13. 99 La Guardia ad Austerlitz 1805 Erede dell’artiglieria della Guardia consolare, l’artiglieria a cavallo della Guardia imperiale era considerata l’élite dell’artiglieria napoleonica; sarà presente in tutte le campagne e battaglie delle guerre dell’Impero. L’artiglieria a cavallo della Guardia prese parte alla battaglia di Austerlitz con le sue due compagnie, il 2 dicembre 1805, dove appoggiò l’attacco della cavalleria della Guardia. Fu il capitano Sèruzier, della Guardia a cavallo, ad alimentare il falso mito degli “stagni gelati”. “Nel momento in cui l’esercito russo si stava ritirando faticosamente, e tuttavia in buon ordine, sopra il ghiaccio del lago, l’imperatore Napoleone, venne al galoppo verso l’artiglieria: - Perdete tempo! – gridò - a bombardare quelle masse; dovete inghiottirle! tirate sul ghiaccio. - L’ordine dato rimase senza esecuzione per dieci minuti; invano molti ufficiali e io stesso ci eravamo spostati a mezza costa, per produrre più effetto; le loro palle e le mie, rotolavano sul ghiaccio senza intaccarlo. Notando questo, adottai un modo molto semplice. Ordinari di puntare otto obici verso l’alto. La caduta quasi perpendicolare di quei proiettili pesanti produsse l’effetto desiderato. Il mio sistema fu imitato dalle batterie vicine, e in meno che nulla seppellimmo quindicimila russi e austriaci sotto le acque del lago.”119 Un bel racconto davvero: peccato che il capitano di una compagnia d’artiglieria non avesse l’autorità per comandare lo spostamento di altri sei obici, oltre ai suoi due. Jena 1806 Una “grande batteria” fu issata, a fatica, sulle alture del Landgrafenberg, alla vigilia della battaglia di Jena (1806), e sostenne la battaglia. “Avevo ricevuto ordine, una volta oltrepassata Jena, di bivaccare su un pianoro elevato che dominava la città e la valle della Saal, dove si era piazzata la Guardia. Appena le mie vetture furono trainate sul sentiero incassato e ripido, attraverso il quale si saliva, dovettero fermarsi, perché il sentiero mancava di larghezza. Grande fu il mio imbarazzo, perché già sapevo che avremmo combattuto il giorno dopo, e i miei cavalli, stanchi per aver camminato tutto il giorno, avevano bisogno di arrivare là sopra, per mangiare e riposare. Non c’era tempo da perdere, feci parcheggiare le vetture come potei, ai piedi dell’altura, con la parte della mia attrezzatura che non aveva ancora iniziato il sentiero incassato, poi armando i miei cannonieri con tutte le gravine che avevo, li impiegai a picconare la roccia per allargare la strada.”120 Le compagnie a cavallo del corpo d’armata di Lannes, al galoppo, portarono i loro pezzi davanti alla fanteria e aprirono il fuoco a 150 metri dal nemico, mandando in rotta la retroguardia di Hohenlohe. Nel frattempo, ad Auerstaedt, l’unico corpo d’armata, Davout, si trovò davanti il grosso dell’esercito prussiano. All’appello della divisione Friant, diverse compagnie di artiglieria a cavallo arrivarono al galoppo e, sparando a corto raggio sul nemico già in disordine, contribuirono decisamente a metterlo in fuga. Da qui la vittoria, detta di Jena. In quei combattimenti delle batterie a cavallo non mancarono i momenti drammatici: “Vorrei far osservare che non avevo alcun appoggio, a parte una compagnia di Granatieri, del 31° reggimento di linea, e la nostra divisione, che aveva ordinato “l’alt”, era ancora ben lungi da formare i quadrati. Io mi affrettai a ricaricare, misi i Granatieri negli intervalli tra i pezzi, raccomandando ai miei cannonieri di avere la mitraglia pronta e di sparare senza fretta, senza timore, fino a nuovo ordine. Con questi ordini aspettammo la cavalleria prussiana; essa caricò tre volte senza per altro entrare in contatto con noi e, in quei tre tentativi infruttuosi, ebbero considerevoli perdite.”121 Eylau 1807 A Eylau (8 febbraio 1807) i russi, informati della manovra che l’Imperatore progettava, grazie alla cattura di un ufficiale portaordini inviato a Bernadotte, attendevano i francesi al varco. Essi disponevano di una grande superiorità numerica in artiglieria (300 bocche di fuoco contro 200). Sénarmont, che comandava l’artiglieria del corpo d’Augereau, che era incaricato dell’attacco, vedendo le sue batterie “maltrattate” dal nemico, decise di spingerle 500 metri in avanti. “Diedi a tutta l’artiglieria ai miei ordini la seguente disposizione: 4 pezzi da 8 e 1 obice, serviti dalla compagnia del capitano Chopin, si formarono in batteria a destra della casa bruciata e della fattoria, che si trovavano in quel luogo, occupando il rovescio di un’altezza piuttosto elevata. Sulla sinistra di questa batteria, misi 2 pezzi da 8, comandati dal 119 Séruzier, Mémoires militaires du Bon Séruzier, pag. 29-30. Si disse che i colpi spaccassero il ghiaccio e molti affondassero nella melma gelata. Le truppe di Confine (Grenzer) di Kienmayer, schierate lungo la valle del Littawa, proteggevano la ritirata. L’esame del fondo degli stagni, dopo la battaglia, smentì le centinaia di morti nemiche, dichiarate dalle fonti francesi; trovarono solo qualche scheletro di cavallo. Ciononostante la leggenda dei morti negli stagni finì per essere fatale alla pesca locale; così gli stagni furono prosciugati. I fondi prosciugati divennero un luogo propizio per la coltivazione della barbabietola e del grano. 120 Boulart, Jean-François, Mémoires militaires du général B.on Boulart, pag. 137. 121 Séruzier, op. cit., pag. 34. 100 capitano Grosjean, e rinforzai questa batteria con da 2 pezzi da 8, 2 da 4, e 1 obice. La batteria si trovò allora composta da 12 bocche da fuoco, il totale dell’artiglieria della prima divisione. Era comandata, ai miei ordini, dallo chef-de-bataillon Dubois. Quella batteria, che si trovava esposta a tutte quelle del nemico, sparse su un arco immenso, era inesauribilmente battuta. In un istante il capitano Benoit fu colpito da una palla “morta”. Il suo secondo luogotenente, Vacquin, giovane di belle speranze, ebbe il braccio destro trocato. Il tenente Goujon fu gravemente ferito. La fanteria, nascosta dietro la china, soffriva enormemente per la caduta delle palle, che non raggiungevano le batterie. Tutte queste circostanze, assieme, mi determinarono a proporre al cittadino maresciallo Augereau, di portarmi rapidamente su un pianoro un po’ inferiore in altezza, e che si trovava a 200 tese (400 metri) davanti al nemico. La fanteria, che aveva l’ordine di attaccare, doveva seguire questo movimento.”122 Così l’artiglieria russa perse il beneficio della maggior gittata del suo materiale. Da quel momento, fu l’artiglieria di Augereau che, a sua volta, causò terribili devastazioni al nemico, e l’azione della cavalleria completò quella dell’artiglieria. L’artiglieria a cavallo si distinse, ancora una volta, anche nella battaglia, bombardando le linee russe, sotto il comando del generale Baston de Lariboisière (comandante dell’artiglieria della Guardia imperiale). Il reggimento d’artiglieria a cavallo, insieme al resto dell’artiglieria della Guardia. sostenne tutto il giorno 8 febbraio 1807, il centro dell’esercito con una “gran batteria” da 40 pezzi. Ad Eylau, Sèruzier, comandava l’artiglieria della divisione Saint-Hilaire, la prima divisione del IV corpo, agli ordini del Maresciallo Soult, e testimoniò personalmente l’ordine di portare avanti i pezzi: “Alle sei del mattino, il nemico ci attaccò con un bombardamento molto vivace ed esteso. La divisione, di cui comandavo l’artiglieria era a destra, un po’ più avanti di Eylau. In questa posizione, scambiammo le nostre palle, con il nemico, per circa tre ore; l’incertezza dei movimenti dei nostri corpi d’armata, che non erano a conoscenza delle rispettive situazioni, mi impediva di intraprendere qualunque azione, non sapendo se potevo essere sostenuto. Ad un certo punto mandai tre marescialli d’alloggio al gran parco, per cercarvi munizioni, di cui cominciavo a scarseggiare: al loro ritorno riportarono la notizia della situazione penosa dell’armata ... la posizione che avevo in mente era in mezzo a due boschetti, un piccolo altopiano che avevo ispezionato alla vigilia, dove, pensavo continuamente, si poteva assumere uno schieramento vantaggioso. Il nemico aveva già messo là un po’ di truppa e vedevo, tristemente, che ci si stava stabilendo. Senza perdere tempo presi con me le compagnie di volteggiatori, che il generale Saint-Hilaire mi aveva concesso, su mia richiesta, e le incitai ad introdursi in profondità nei due boschetti, per sostenere a fucilate il mio attacco frontale. Mi misi in marcia e i volteggiatori fecero prodigi. Il nemico provò di tutto per conservare la posizione, ma fu sbandato dal fuoco dei volteggiatori e dalla nostra mitraglia, frontale.”123 Assedio di Danzica 1807 L’assedio di Danzica (Gdansk) fu condotto nell’aprile 1807 sotto il comando del maresciallo Lefebvre. Questi non vedeva altra soluzione se non l’assalto diretto. Non aveva la pazienza per quella che, lui chiamava, la lentezza delle “armi da scienziati”, sia pur se dirette da ufficiali di qualità, come Chasseloup-Laubat per il genio e Lariboisière per l’artiglieria. Ci vollero diversi messaggi personali dell’Imperatore per convincerlo ad affidarsi ai pareri dei tecnici. L’assedio fu lungo e difficile. La città riceveva rifornimenti via mare e i suoi pezzi sparavano una media di tre colpi contro i due degli assedianti. I convogli, tuttavia, portarono rinforzi in artiglieria d’assedio e così Lariboisière poté mettere in opera più di ottanta pezzi di grosso calibro. La città, devastata, capitolò e ... Lefebvre fu duca di Danzica. L’artiglieria nella battaglia di Friedland 1807 Non c’è esempio più eclatante di quello della battaglia di Friedland (14 giugno 1807) per mostrare quale fosse l’impiego ottimale dell’artiglieria nel periodo imperiale. La battaglia iniziò con uno scontro d’avanguardia alle 3 del mattino. Lannes, che aveva occupato Posthenen con la divisione Oudinot, si limitava a mantenere un bombardamento per ostacolare le colonne di Benningsen. Arrivato verso mezzogiorno, l’Imperatore ispezionò rapidamente il terreno, si rese conto della situazione, di una parte e dell’altra, e prese la decisione di attaccare con la sua ala destra, l’ala sinistra russa. Giudicando il momento favorevole, diede, verso le cinque, il segnale concordato per l’attacco: una raffica di 25 colpi di cannone sparati dall’artiglie122 Marion, Claude, op. cit., pag. 26-27. 123 Séruzier, op. cit., pag. 42-44. 101 ria in posizione a Posthenen. Ney portò avanti le sue due divisioni, disposte in scaglioni; sotto la protezione della sua artiglieria cercò di scacciare il nemico da Sortlach; il suo movimento fu ostacolato da alcune cariche di cavalleria e soprattutto dal fuoco convergente delle batterie russe. Napoleone decise allora di impegnare il corpo di Victor nell’attacco decisivo, utilizzando, così, metà delle sue forze; ma la sua sparsa artiglieria era impotente, davanti alla marcata superiorità della formidabile linea di artiglieria dell’avversario. L’Imperatore, al comando del generale Senarmont, riunì in massa tutti i cannoni di Victor e di Ney. Senarmont fu rapidissimo a riunire quella massa; la trasferì, al ▲ Cannone d’artiglieria da 4, sistema Gribevaul. Wikipedia trotto, davanti alla fanteria e oltre, per avere la massima libertà di tiro, aprendo contro la linea russa e contro, anche, l’artiglieria avversaria, un fuoco devastante di venti raffiche a palla. Per aumentarne al massimo l’efficacia, non esitò a spingere ancora in avanti le sue batterie. “Si sa che quel movimento sembrò così ardito generale Victor, comandante in capo del I corpo, che inviò il suo aiutante di campo, il capitano Francis Duverger, a fare rimostranze al generale Senarmont, e che quest’ultimo rispose all’aiutante di campo: - Dì al generale in Capo che mi lasci fare il mio lavoro, perché io possa poi far fare bene il suo.- … Napoleone aveva seguito attentamente tutte le fasi di questo furioso combattimento; si era avvicinato al I corpo. Temendo che Senarmont avesse rischiato troppo, inviò il suo aiutante di campo. Mouton a chiedere perché si stava andando così lontano. - Lasciatemi agire con i miei cannonieri - rispose il generale, travolto dal suo ardore - io rispondo di tutto. Quando Mouton tornò, Napoleone aveva già giudicato l’effetto della batteria e, sorridendo, disse: - questi artiglieri sono delle teste di cavolo (mauvaises têtes in originale), lasciamoli fare.”124 Non potendo ricorrere agli agganci, in un momento così convulso, i cannonieri si agganciarono “a prolunga”, portando i pezzi fino a 150 passi dai russi. Da lì iniziarono a sparare a mitraglia. un effetto spaventoso, continuo, per quasi 30 minuti, contro le masse compatte delle truppe russe, che il loro movimento di ritirata accumulava sul lungo e stretto vicolo cieco, tra il fiume Halle ed il Mühlenfluss. Così, allora, Victor. attraversando il Mühlenfluss, intraprese una vigorosa offensiva sulla strada di Königsberg, Ney fece lo stesso sulla strada di Eylau e i russi, respinti verso le ali, presi sul fianco dai proiettili di Senarmont, che distruggevano i ponti davanti a loro, si ammassarono verso il fiume in una indescrivibile confusione. All’ala sinistra, l’artiglieria di Mortier, agli ordini del colonnello Barrois, completava la vittoria schiacciando con i suoi proiettili l’ala destra dei russi, ancora intatta, sotto gli ordini di Gorchakov. A Friedland si potè vedere un impiego dell’artiglieria, che raggiunse quasi la perfezione; sembrò a molti analisti che, leggendo le relazioni precedenti alla battaglia, in quel giorno, videro coloro che comandavano l’artiglieria applicare, nella loro mente e quasi, anche, letteralmente, la maggior parte delle istruzioni essenziali dei regolamenti moderni. Non esisteva più un’artiglieria a disposizione dei comandanti subordinati, sporadicamente riunita nelle mani di un comandante d’artiglieria, impegnare il combattimento, battendo la testa delle colonne nemiche, superando il fuoco delle batterie nemiche, nel momento in cui quel fuoco ostacolava la fanteria amica. L’artiglieria, ora, possibilmente riunita, preparava l’azione decisiva delle grandi masse, facendo convergere il suo fuoco, manovrando e muovendosi, a passo rapido, infine accompagnando le truppe d’attacco, con un sostegno potente e ravvicinato. 124 Marion, Claude, op. cit., pag. 32 e 36. 102 Rapporto sui movimenti dell’artiglieria durante la battaglia di Friedland 14 giugno 1807, del generale Senarmont comandante dell’artiglieria del I Corpo125 Il cittadino generale Victor, comandante in capo del 1º Corpo, ha lasciato, durante tutta la vicenda, il generale comandante dell’artiglieria del suddetto corpo, responsabile di dirigere i movimenti di quest’arma, dopo avergli comunicato le sue intenzioni. Di conseguenza, quest’ultimo ha ritenuto opportuno dividere tutta l’artiglieria del primo corpo, ad eccezione di 6 bocche da fuoco di riserva, in 2 grandi batterie così composte: 2ª e 6ª compagnie del 1º reggimento di artiglieria a piedi, metà della prima compagnia del 2º reggimento di artiglieria a cavallo, e metà della 2ª compagnia del 3º reggimento di artiglieria a cavallo. (Vedi pagina precedente) 6ª compagnia del 1° reggimento d’artiglieria a piedi, la metà della 1ª compagnia del 2° reggimento d’artiglieria a cavallo, e la metà della 2ª compagnia del 3° reggimento d’artiglieria a cavallo. Il corpo d’armata occupava, con quattro linee, l’intervallo fra il burrone, e la sinistra del villaggio di Posthenen e il bosco di Sortlack. La batteria di sinistra fu portata in avanti da Posthenen, avendo per oggetto il fiancheggiare la sinistra del corpo d’armata, con fuochi di fronte, incrociati con quelli della batteria di destra, e quello di distruggere, se possibile, le batterie nemiche, ma, soprattutto le sue masse in quel punto. La batteria di destra fu messa, in primo luogo, davanti al bosco di Sortlack, guadagnando, durante l’azione, l’estrema destra del VI corpo, fino a finire vis-à-vis e a mezza portata dei cannoni di Friedland. Il generale mise la riserva, di 6 pezzi di artiglieria, dietro il villaggio di Posthenen. L’artiglieria, così disposta, si portò rapidamente in prima posizione, a 200 tese (400 metri) dal nemico, e dopo 5-6 salve, si avvicinò a 100 tese (200 metri), iniziando un fuoco tambureggiante (feu roulante), che fu spinto alla massima vivacità. Il generale d’artiglieria si portava, durante l’azione, da una batteria all’altra, dirigendo i loro movimenti, e comandandoli di persona, a causa dei ferimenti e dell’assenza dei loro comandi. L’artiglieria arrivò a 150 tese (300 metri) dal nemico, tirò una o due scariche, dopo di che i pezzi, fino alla fine del combattimento, si tennero costantemente a 100 tese (200 metri) e a 60 tese (120 metri), sparando solamente a mitraglia, finché il nemico non si fu ritirato, dopo molte perdite in uomini. Quando il giorno finì, i pezzi rimasero in posizione, sul bordo del burrone di sinistra e vicino alla città, dopo di che tornarono al parco. 125 Ibidem, pag. 39 et seg.. 103 Il generale d’artiglieria si accorse del terribile effetto che stava producendo, e volendo causare la ritirata del nemico, ordinò di non sparare più sulle batterie nemiche, uguali in numero alle nostre, di cui alcune ci prendevano d’infilata. Fece avanzare le due batterie, che si erano avvicinate al punto di formarne una sola, fino a 60 tese (120 metri) dal fronte russo; da quel momento non si sparò che a mitraglia. … Infine, non potendo più resistere, la cavalleria nemica si mosse per caricare la grande batteria. Immediatamente il generale d’artiglieria fece cambiare fronte, e con questa manovra, gettò interamente il suo fuoco contro questa cavalleria, che scomparve dopo aver ricevuto due bordate. Nel momento in cui la cavalleria nemica si apprestava a caricare i pezzi, il generale in Capo fece avanzare un battaglione, per sostenere la batteria. Quando un generale russo volle mantenere il vantaggio, che aveva ottenuto su una divisione del VI corpo (Ney), la divisione Dupont avanzò, sostenuta dalla brigata di cavalleria leggera Durosnel, e presto il nemico fu respinto, e ributtato, parte nel fiume, parte dentro Friedland, dove fu inseguito. Quella divisione francese era stata appoggiata nel suo movimento da 5 pezzi, staccati dalla batteria di destra, e che il colonnello Forno aveva voluto dirigere lui stesso. Fu alla fine dell’azione che, questo coraggioso ufficiale, terminò la sua carriera, con una morte gloriosa. Fu portato via da una palla. Il comandante del battaglione Bernard e i luogotenenti Hôudart e Marcillac furono feriti. Il generale Senarmont ebbe il suo cavallo ucciso mentre lo montava. Il modo distinto in cui l’artiglieria operò, è dimostrato dalle sue perdite, dagli elogi lusinghieri di cui S. M. ha colmato il suo capo126, e dalle testimonianze di soddisfazione del generale in capo Victor e di stima di tutti gli ufficiali testimoni del combattimento. Elogio al colonnello Forno, ucciso; al maggiore Raulot, che ha servito con distinzione durante la campagna, nonostante i reumatismi che lo piegavano in due; allo chef-de-bataillon Bernard, al capitano Bàudry, ingiustamente dimenticato nelle promozioni precedenti, il capitano Ricci, il tenente Le Bouvier, che si sono distinti negli scontri precedenti e che hanno mostrato ieri tanto coraggio, sangue freddo e intelligenza, perciò li devo proporre per la Croce. Elogio più lusinghiero del tenente Etchegoyen. Gli ufficiali del mio Stato maggiore meritano anch’essi la più onorevole menzione. Perdite : Ufficiali (1 morto e 3 feriti, cannonieri (10 morti e 42 feriti), cavalli (53 morti). Il comandante d’artiglieria ha avuto il cavallo ucciso, così come lo chef-de-bataillon Bernard ed i tenenti Le Bouvier e Houdart. Cartucce usate = 2516 di cui 362 a palle. Campo di battaglia di Friedland, 15 giugno 1807. Il generale in capo si è onorato a ricompensare a ciascuno il tributo di lode che gli era dovuto. Ufficiali generali, ufficiali e soldati del I Corpo d’armata; tutti avete fatto il loro dovere. Si loda in particolare il generale d’artiglieria Senarmont che ha reso i più grandi servizi … Maresciallo Victor. Vimeiro 1808 Quattro giorni dopo la battaglia di Roliça le forze di Wellesley furono attaccate dai francesi di Junot a Vimeiro, paese nei pressi di Lisbona il 20 agosto 1808. Le truppe francesi tentarono l’accerchiamento sul fianco sinistro dello schieramento inglese ma la manovra non riuscì: Wellesley ridispose rapidamente il proprio schieramento in modo da fronteggiare l’avversario francese. Due attacchi al centro da parte di Junot furono respinti e così pure quelli sulle ali. Junot dovette ritirarsi verso Torre Vedras lasciando sul campo circa 2.000 uomini e 13 cannoni contro i poco più di 700 morti inglesi. Così il comandante di batteria Hulot ricorda il momento del disastro: “Presto una colonna inglese sembrò muovere e marciare sulla mia batteria; caricai a mitraglia; ma una folla di fuggitivi mi assalì, nascondendomi il nemico, che avrebbe potuto essere molto più vicino a me, delle truppe francesi in disordine. Parlo solo di quello che succedeva davanti ai miei occhi. Invano, tentammo di fermare questa disfatta; retrocessi di qualche passo per occupare e chiudere gli sbocchi di un villaggio vicino, davanti al quale schierai i miei pezzi; essi furono, come me, che ero a cavallo, rovesciati più volte da queste ondate di fuggiaschi. Tuttavia nessuno dei miei artiglieri, ad eccezione dei feriti, pensò di abbandonare la batteria, e se, come avevo chiesto alla fanteria, questi pezzi fossero stati sostenuti da un solo battaglione, avremmo potuto ristabilire una linea di combattimento al villaggio, dando il tempo, ai nostri reggimenti e alle nostre divisioni, di riorganizzarsi. Ma in quel momento gridavo ai sordi. Tuttavia feci la manovra “a prolunga” e, nel più grande ordine, mi ritirai sotto il fuoco degli inglesi, e andai a prendere posizione su un monticello, appena fuori della loro portata. Fui stupito di non vedere il nemico gettarsi sui miei pezzi; ma la reputazione francese salvò me e la nostra armata. Gli inglesi, prendendo la nostra fuga per un trucco, non osarono lasciare la loro montagna e la vicinanza della loro flotta.”127 126 Pare che Napoleone dicesse in pubblico queste parole: “Senarmont, avete fatto svanire il mio successo.” Marion, Claude, Mémoire sur le lieu-tenant général d’artillerie B.on Alexandre de Senarmont, pag. 42. 127 Hulot, Jacques-Louis, Souvenirs militaires du baron Hulot, pag. 235. Interessante notare come, nella campagna iberica, ancora 104 Eckmühl (Eggmühl) 1809 Nel 1809, durante la marcia su Vienna, il 21 aprile, a Landshut, Lannes completò la vittoria facendo arrivare al galoppo unità di artiglieria; non era raro vedere reparti di cannonieri a cavallo caricare come cavalleggeri. Il 22 Davout si trovò alle prese con l’arciduca Carlo. Come una carica della cavalleria austriaca tentò di fare una breccia, la fece spazzare via dall’artiglieria della divisione Morand. Davanti a Ratisbona, l’artiglieria di Lannes, arrivata al galoppo e rinforzata da otto pezzi, portati da Songis, spinse gli austriaci dentro le mura, poi, con l’artiglieria di Davout, fece la breccia, nelle mura della città, che permise l’assalto vittorioso. Wagram 1809 La battaglia di Wagram fu la più sanguinosa delle guerre napoleoniche, fino al 1809, e sarà uguagliata o superata solo dalle battaglie di Borodino e Lipsia. Dopo la battaglia, esaurite le scorte e avendo subito perdite molto pesanti, le forze francesi non poterono inseguire il nemico. La situazione degli austriaci, tuttavia, già molto difficile prima del combattimento, divenne disperata dopo la sconfitta. A Wagram, Napoleone dispose di 550 bocche di fuoco, una parte delle quali proveniva dall’arsenale di Vienna. In un primo tentativo, fallito, di combattere sulla riva sinistra del Danubio, Napoleone decise di fortificare l’isola di Lobau, ampia e boscosa, separata dalla riva sinistra da un braccio stretto di fiume. “Il 3 luglio, partenza generale della Guardia per l’isola di Lobau, dove si stabilì l’imperatore. Tre ponti sul Danubio, uno per la fanteria, il secondo per la cavalleria, il terzo per l’artiglieria e gli equipaggi, resero il passaggio del fiume facile e veloce. C’era un lavoro immenso presso questi ponti; steccati li difendevano contro l’impatto di corpi galleggianti; quella volta, la loro manutenzione era completamente assicurata. Nella notte tra il 4 e il 5, l’Imperatore fece gettare diversi ponti sul braccio del Danubio, che ci separava dalla riva sinistra. Questa operazione fu favorita, ma anche contrastata da una notte oscura e da una tempesta spaventosa. L’acqua cadeva a torrenti, e il tuono rimbombava ininterrottamente, mentre numerosa artiglieria vi mescolava anche le sue schegge e i suoi lampi. Per chi, come me, non partecipava alla costruzione dei ponti e dei relativi movimenti militari, che l’accompagnavano, fu una vera notte infernale.”128 “Più di cento pezzi, di cui trenta del calibro più pesante”, scrisse il generale Mathieu-Dumas,” furono messi in posizione.” Il 4 luglio, a mezzogiorno, aprirono il fuoco sulla riva sinistra e costrinsero al silenzio l’artiglieria austriaca. Ponti già preparati furono gettati sul piccolo braccio del fiume, che fu superato, il 5 dalla Guardia. Il reggimento a cavallo della Guardia faceva parte, il 5-6 luglio 1809, della grande batteria centrale del generale Drouot, che aprì una breccia nel centro austriaco e permettendo alle truppe di Macdonald di entrarvi. “La Guardia, e la sua artiglieria erano poste di fronte a Wagram, più o meno al centro della nostra armata, e formavano un’imponente massa di truppe. L’artiglieria da sola aveva dodici batterie e settantadue bocche di fuoco. Dal punto in cui eravamo, si vedevano molto bene le operazioni, alla nostra destra, dal vecchio castello che dominava Neusiedl e si potevano misurare i progressi, anche se lenti, dell’attacco del corpo del maresciallo Davout; questo spettacolo eccitava sommamente il nostro interesse. Davanti a noi, dal lato di Baumersdorf e di Wagram, l’azione avveniva ai piedi del pendio, sui bordi del torrente non potevamo vedere altro che un spesse nuvole di fumo che si alzavano lungo la linea, in mezzo alla quale uscivano ripetute esplosioni, così frequenti che facevano facilmente giudicare che, là, ci fossero risolute azioni d’attacco e di difesa.”129 Il 6, verso le dieci, Lauriston, comandante dell’artiglieria della Guardia, ricevette l’ordine di farsi avanti. La sua artiglieria a piedi (Drouot), poi la sua artiglieria a cavallo (d’Aboville, uno dei figli dell’artigliere di Rochambeau), infine 40 pezzi prelevati dai vari corpi d’armata, oltrepassarono la prima linea e si misero rapidamente in batteria sull’allineamento indicato da Drouot. “Improvvisamente una grande agitazione si manifestò intorno a noi, il tamburo, la tromba, si sentirono e, in meno di un minuto, tutti erano al loro posto. L’intera Guardia, formata in una sola massa, partì, e si mosse sulla sinistra. L’artiglieria prese il galoppo, con il vantaggio d’Aboville, che stava in testa con l’artiglieria a cavallo, io la seguivo con due batterie di 8, Pommereul veniva dopo di me; la marcia era chiusa da Drouot, alla testa della riserva dei 12 libbre. Appena fatti 600 persistesse l’appalto del trasporto d’artiglieria a ditte private. Hulot aveva “invaso” il Portogallo con l’artiglieria della 1ª divisione, composta da 43 vetture per 2 obici da 6 pollici, 3 pezzi da 8, 7 pezzi da 4, 25 cassoni, tra i quali solo 6 di munizioni di fanteria. 4 carri di munizioni e 2 forge. Era servita dalle 15ª e 16ª, compagnie del 6º reggimento di artiglieria a piedi, forti ciascuna di 80 uomini e comandate dal capitano della 15ª. Tutte le vetture, ad eccezione di tre, erano trainate da quattro cavalli di proprietà dell’azienda Julien; le tre erano tirate da buoi o da muli di requisizione. 128 Boulart, Jean-François, Mémoires militaires du général B.on Boulart, pag. 222. 129 Ibid., pag. 223. 105 metri, con l’artiglieria nemica che già molto ci disturbava, il colonnello d’Aboville si mise in batteria, io feci altrettanto alla sua sinistra, Pommereul si dispiegò alla mia sinistra, mentre, al contrario Drouot, andò a schierarsi a destra dell’artiglieria a cavallo. In questa posizione, la nostra formidabile batteria batteva tutto l’intervallo, tra i villaggi di Breitenlee e Süssenbrünn, e assecondava anche l’attacco di quest’ultimo villaggio.”130 Mathieu-Dumas raccontava che: “I cannonieri gridarono: cento passi più vicino, e trascinarono i loro pezzi scendendo il dosso sul quale si trovavano. Questa formidabile batteria, “una vera carica d’artiglieria”, scrisse un testimone, decise la sorte della giornata” permettendo di lanciare la colonna Macdonald. Napoleone urlava: “Dov’è Drouot? Andiamo, i pezzi della Guardia! Bisogna a tutti i costi sostenere la colonna. Drouot, 10000 palle! Schiacciare le masse del nemico.” Riassumendo, mentre le truppe del maresciallo Massena subivano pesanti perdite, la mattina del 6 luglio 1809, e furono costrette alla ritirata, gli austriaci decisero di rinforzare le loro ali, indebolendo il loro centro. Napoleone decise allora di far intervenire la sua artiglieria, al centro, per preparare la sua controffensiva. Ordinò al generale Lauriston di concentrare tutte le sue batterie. L’artiglieria della Guardia dispiegò 48 pezzi, di cui 24 a cavallo. Queste unità furono poi rafforzate dall’artiglieria di linea, raggiungendo un totale di 100 pezzi su un fronte di 1400 metri. L’azione di quella “grande batteria” erose il centro austriaco nel primo pomeriggio. Ciò permise il contrattacco delle truppe di Macdonald che tagliarono in due l’armata austriaca e costrinsero l’arciduca Carlo Luigi a ritirarsi in Moravia, con un esercito ridotto a circa 50000 uomini. Durante la battaglia, l’artiglieria francese sparò, dicono, quasi 96000 colpi di cannone, utilizzando circa 250000 libbre di polvere da sparo. L’indomani della grande battaglia Boulart ispezionava il campo (nelle sue memorie sembra concordare con la recente storiografia che assegnano più merito alla fanteria di MacDonald e bavarese, piuttosto che alla Gran Batteria): “Per altro, era un paesaggio orribile da vedere, ed era facile giudicare che, da una parte e dall’altra, era stata soprattutto la moschetteria a fare i danni maggiori. Ho avuto la curiosità di recarmi anche sul terreno che, il giorno prima, l’artiglieria della Guardia aveva bombardato con i suoi proiettili, non trovando danni tali da essere proporzionati al consumo di colpi e al rumore dei pezzi, rispetto ad altre parti del terreno, così conteso, dove ho avuto la stessa impressione. I campi di Essling e Gross-Aspern erano più orribili da vedere. Eppure mai, mai come ora, un’artiglieria così numerosa aveva fatto tremare l’aria, con rombo così imponente, così continuo, così spaventoso; e chi sentiva quel rumore in lontananza avrebbe potuto credere che i due eserciti si stessero distruggendo totalmente.”131 Assedio di Tarragona 1811 Quando Suchet condusse l’assedio di Tarragona (1811), la sua artiglieria era numericamente inferiore all’artiglieria spagnola, anche dopo la caduta di uno dei forti, che garantì ai francesi una cinquantina di bocche da fuoco supplementari; inoltre doveva distrarre dall’assedio abbastanza artiglieria di grosso calibro, per tenere a bada la flotta inglese. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno, furono issati a fatica alcuni pezzi in un luogo dal quale potevano creare una breccia. Il 28, si sparò allo scoperto, sotto il fuoco degli spagnoli, per realizzare una breccia. Le perdite furono pesanti, ma la breccia fu fatta. L’assalto seguente, avvenuto alle cinque di sera, ebbe successo. Valicourt ci regalò una vivace descrizione della famosa breccia, che scatenò l’assalto delle fanterie e le rappresaglie, durate tutta la notte (per le quali i francesi ebbero accuse di crimini di guerra):”Siamo al 28 giugno 1811. Sono le 4 del mattino, il sole sta per sorgere. A un segnale, tutti i nostri pezzi delle batterie vecchie e nuove cominciano a ruggire, riempiendo la città e le colline della loro voce formidabile che sembra animare quell’acropoli, antica di quaranta secoli. Tre pezzi della parete sinistra del bastione San Pablo furono distrutte in poco tempo. Alle dieci, il magazzino delle polveri, del bacino Cervantes, esplose, sconvolgendo il forte e causando un gran numero di vittime. Il fuoco di quella parte cessò di colpo, a scapito della difesa che contava sul fianco di quel bastione, per respingere l’assalto. La maggior parte dei proiettili spagnoli cadevano sulle nostre batterie 21 e 22, e le mura vomitavano moschetteria. Avevamo trecento tiratori appostati sulle sporgenze del terreno, che prendevano di mira i pezzi dell’artiglieria nemica. Nulla rallentava l’ardore dei nostri cannonieri, poiché i feriti erano immediatamente sostituiti. Tutti gli sguardi fissavano una breccia iniziata sulla cortina attigua al bastione San Pablo, e i soldati, ansiosi, accorsi da tutte le parti animavano gli artiglieri. A mezzogiorno, la breccia sembrava allargarsi a vista d’occhio: le palle accumulavano le macerie alla base e rendevano più dolce la pendenza. Alle 5, la breccia era percorribile per una larghezza di 10 metri.”132 130 Ibid., pag. 224. 131 Ibid., pag. 227. 132 Valicourt, Charles de, Le siège de Tarragone en 1811, d’après la dernière version espagnole comparée avec les textes français, Paris, 1900, pag. 35-36. 106 Borodino (Moskowa) 1812 L’artiglieria a cavallo partecipò anche alla campagna di Russia del 1812 con il III corpo di cavalleria del generale Grouchy, e si distinse in particolare nelle battaglie della Moskowa e della Berezina. Nella notte tra il 6 e il 7 settembre 1812, Griois avanzò i suoi pezzi d’artiglieria per raggiungere il IV corpo di Eugène de Beauharnais sul fianco sinistro, in vista della battaglia della Moskowa. Annotò molte difficoltà a superare “i burroni incavati e fangosi, che bisognava attraversare senza guide, a volte nell’oscurità più profonda, a volte in mezzo a fuochi da bivacco che [li] abbagliavano e facevano perdere [loro] qualsiasi direzione.”133 È interessante valutare anche ciò che Griois ebbe a intuire della grande battaglia alle porte di Mosca. “Il 7, sul far del giorno, le trombe ed i tamburi si fecero sentire su tutta la linea, in entrambi i campi, così come i cannoni delle batterie schierate durante la notte ... Poi, un bombardamento generale si innescò su tutta la linea. Una nebbia spessa ci circondava ancora, ma presto il sole la dissipò completamente, illuminando una di quelle belle giornate autunnali dei nostri climi. Il nostro corpo, formato in due linee, si mise in battaglia sul rovescio di una collina, che ci nascondeva alla vista dei nemici. Le loro palle, però, arrivavano fino a noi e ricevemmo diverse granate cave e riempite di polveri artificiali; erano una specie di proiettili che erano usati quasi solo negli assedi, per dare fuoco ai magazzini; quella fu l’unica volta che li vidi usare in campagna, dove mi sembrava non avessero alcuna utilità ... Fui poi testimone di un fatto molto infelice, in quella circostanza, frutto dell’ignoranza e della stoltezza di un ufficiale di fanteria, il cui reggimento si trovava vicino a noi. Una palla morta arrivò dalla sua parte, facendo fiacchi rimbalzi e radendo quasi la terra; senza pensare alla forza d’impulso, che doveva ancora rimanere al proiettile, quest’ufficiale avanzò verso la palla e volle fermarla con il piede, che venne subito fracassato.”134 L’artiglieria ebbe un ruolo determinante nella battaglia della Moskowa, dove furono sparati non meno di 60000 colpi di cannone, dagli artiglieri francesi e alleati, secondo un bilancio ufficiale redatto dal generale Baston de Lariboisière, ispettore generale dell’artiglieria della Grande Armée. E se si considerano anche i 50000 colpi di cannone russi, si otterrà una cifra di 3 colpi di cannone al secondo. per le dieci ore di battaglia. Alla Moskowa (1812) i russi si erano schierati in una posizione difensiva rafforzata da numerose ridotte, la principale, la “grande ridotta”, al centro, era armata di 21 cannoni. Per controbilanciare questi fortini, Napoleone fece installare tre batterie, formate dai pezzi dell’artiglieria della Guardia, completate da bocche da fuoco prelevate da tre corpi d’armata diversi: in totale 110 cannoni e 16 obici. Poiché voleva sferrare il suo attacco al centro del dispositivo russo, una di queste batterie fu posta di fronte alla grande ridotta, le altre due sulla destra. All’alba si scoprì che la batteria più lontana di destra, dove si trovava l’artiglieria a piedi della Guardia, comandata da Drouot, era troppo distante perché il suo tiro fosse efficace. Su ordine di Sorbier i pezzi furono spinti in avanti, allo scoperto. La battaglia iniziò con la presa del villaggio di Borodino, da parte del corpo del principe Eugenio. Occupato Borodino, Davout attaccò al centro con 30 cannoni davanti. Sostenuto da Ney, si impadronì delle alture di Semenovskoje, permettendo al principe Eugenio di catturare la Grande Ridotta. Kutuzov lanciò allora un violento contrattacco che riprese nuovamente la Grande Ridotta. Ma Sorbier aveva fatto appostare 80 pezzi sulle alture conquistate da Davout e Ney. Il loro fuoco arrestò la carica della cavalleria russa, poi fermò anche l’avanzata della fanteria, di cui fecero, scrive De Ségur, un massacro spaventoso. “La mia attenzione era divisa tra questo cupo quadro e la scena sanguinosa che si svolgeva vicino a noi, che con gli sguardi ne potevamo, facilmente, abbracciare una parte. Le tre ridotte cannoneggiavano le alture, che erano di fronte, e facevano un fuoco infernale negli intervalli; sui pendii, si vedevano le linee russe, e i movimenti della fanteria, della cavalleria e dell’artiglieria francese, diretti verso quelle linee e quelle ridotte. Attraverso il fumo e il polverone, tutti quegli oggetti erano un po’ confusi, e non era possibile apprezzare i danni. Ho seguito, con gli occhi, per molto tempo, tre batterie della Guardia; erano sotto un fuoco nutrito di mitraglia e coperte da una grandine di pallette a mitraglia, di cui si poteva intuire la caduta, dalla traccia di polvere che sollevavano. Pensavo che fossero perse, almeno per metà, ma, per fortuna, i russi sparavano male e soprattutto troppo in alto.”135 La giornata si concluse con un lungo bombardamento. Per diverse ore, quasi 400 bocche di fuoco spararono contro i russi ammassati sul fondo del campo di battaglia e, come scrive Thiers, “persisterono a stare in fila, in ordine, sotto questo spaventoso bombardamento, perdendo migliaia di uomini senza fare una piega”. Probabilmente fu il più forte bombardamento delle battaglie del periodo imperiale. Le stime relative al consumo di munizioni andavano da 45000 a 120000 (detto da Napoleone a Sant’Elena) o persino a più di 130000 (detto dalla duchessa di Abrantès). La stima di Gourgaud, aiutante di campo dell’Imperatore, fu di più di 91000 colpi, e sembrava la più verosimile. “Approfittai del mio ritorno per esaminare un po’ il campo di battaglia. Era difficile camminare senza calpestare qualche cadavere. 133 Griois, Lubin, op. cit. pag. 32. 134 Griois, Lubin, op.cit., pag. 33-34. 135 Boulart, Jean-François, op.cit., pag. 254. 107 La terra tra le ridotte ne era disseminata, i quadrati di fanteria, le postazioni erano contrassegnate dai morti o dai feriti rimasti sul posto; nelle ridotte e dietro di esse i russi erano a mucchi, gli uni sugli altri, prima delle ridotte i mucchi erano francesi. Da quell’osceno spettacolo, si poteva giudicare l’accanimento reciproco delle due armate. È vero, tuttavia, che se, all’inizio, c’erano più francesi che russi, in altri punti più avanti i russi erano molto più numerosi; dato che, alla fine, tutto sommato, le loro perdite furono più ingenti delle nostre.”136 Poiché si erano consumate, anche, più di un milione e mezzo di cartucce di fanteria, era necessario ripianare tutti gli approvvigionamenti. Lariboisière ottenne, dall’Imperatore, che i 500-800 cavalli, destinati al trasporto degli equipaggi da ponte, fossero messi a sua disposizione, poiché il viaggio fino a Mosca non comportava il superamento di importanti corsi d’acqua. Gli equipaggi da ponte furono, quindi, lasciati tutti a Smolensk. Così, una volta a Mosca, si arrivò nuovamente a disporre ancora di 350 colpi per pezzo: “Questo a grande merito”, disse Napoleone a Sant’Elena, “dei generali Lariboisière ed Eblé.” Dopo Mosca, durante la ritirata, i pezzi di fuoco dell’artiglieria continuarono a calare a causa delle enormi perdite in cavalli. Napoleone, per non lasciare trofei all’avversario, aveva, inizialmente, dato l’ordine di abbandonare i cassoni e le casse di munizioni piuttosto che le bocche da fuoco. Su istanza di Lariboisière, egli finì, poi, per ritornare su questa decisione politica e ben poco militare. Ma il danno ormai era fatto: a Viazma, il 3 novembre, a causa della mancanza di munizioni, Davout non poté utilizzare che 40 dei 127 pezzi che aveva trascinato fino a quella città. Lutzen 1813 Ricostruita in fretta, l’artiglieria ebbe un ruolo importante nella campagna del 1813. A Lützen (2 maggio) Napoleone diede a Drouot, divenuto uno dei suoi aiutanti di campo, il comando di una batteria di 80 pezzi che prese di petto la cavalleria alleata, che stava attaccando il corpo di Marmont. Questa batteria fu portata, al galoppo, davanti alla Vecchia Guardia. Così, schiacciando con il suo fuoco sia la cavalleria che la fanteria nemica, decise la loro ritirata. Dresda 1813 A Dresda, il 27 agosto, mentre Murat e Victor eseguivano la manovra aggirante, che avrebbe deciso la giornata, Napoleone faceva mantenere al centro un fuoco molto vivo d’artiglieria. Non trovando sufficiente questo fuoco, lo fece rafforzare con i trentadue pezzi della Guardia, una palla dei quali uccise il “traditore” Moreau nelle file dei coalizzati. Il 16 ottobre, davanti a Dresda, fermato l’attacco degli alleati grazie alla violenza dei tiri dell’artiglieria francese, ottanta pezzi della Guardia avanzarono, durante il contrattacco, tra i corpi di Victor e di Lauriston. Quando i granatieri russi si avvicinarono, i pezzi scatenarono su quella massa colpi di mitraglia; “si vedevano i russi cadere come pezzi di muro”, scrisse Thiers. Nell’insieme delle giornate del 16 (Dresda) e del 18 (Lipsia) l’artiglieria francese sparerà più di 150000 colpi. Lipsia 1813 La battaglia si era preannunciata sotto buoni auspici per Napoleone. Organizzati in tre colonne, gli alleati attaccarono il fianco sinistro dell’esercito francese (Lieberwolkwitz), il centro (Wachau) e il fianco destro (Dölitz), quest’ultimo tenuto come loro principale punto di attacco. Poiché la mattina passò in inutili sforzi con tentativi infruttuosi di attraversare il fiume Elster, a oves,t (come avevano predetto i generali russi), stancando le truppe, nonostante un bombardamento di quasi 200 cannoni, non riuscirono a minacciare il fianco destro dei francesi, né a sostenere le truppe russe a sud, dando così alle forze francesi il vantaggio del numero in quel teatro di operazioni. Ad est, il cannoneggiamento cominciò più tardi; era il corpo Bernadotte che stava arrivando. E qui Boulart racconta di un tradimento137: “Mentre la battaglia era in evoluzione accadde l’evento più inatteso. L’intero corpo Sassone138, forte di 12,000 uomini, e la cavalleria del Württemberg, passarono al nemico e girarono, immediatamente contro di noi, i cannoni che, prima, erano rivolti contro il nemico. Questa vergognosa defezione, la cui macchia sarà per sempre imperdonabile per l’esercito sassone, produsse un varco nella nostra linea e compromise gravemente il resto dell’armata, scoprendo Lipsia e consegnandola al corpo di Bernadotte … Io ricevetti l’ordine di abbandonare immediatamente la posizione in cui mi trovavo, molto vicina al punto dell’attacco di Bernardotte, di passare l’Elster e di andare a stabilire il mio parco a Lindenau. Mi misi subito in cammino e, raggiungendo il viale che correva, in quella direzione, fuori dalle mura di Lipsia, 136 Ibid., pag. 255. 137 Ibid., pag. 296-297 138 In realtà furono solamente circa 3000 soldati sassoni quelli che si unirono agli alleati con i loro ufficiali. In seguito, tale decisione fu interpretata, in Germania, come un atto di volontà di tutto il popolo e un esempio di indipendenza nazionale, nell’ottica della retorica della Befreiungskrieg. Il re di Sassonia, Friedrich August I, che si trovava a Lipsia, fu poi arrestato e portato a Friedrichsfelde, vicino a Berlino. 108 arrivai presto vicino al ponte sull’Elster … Ma lì mi aspettavano enormi difficoltà. Gli approcci al ponte erano impenetrabili, tanto era grande l’ingorgo di carrette di ogni specie, lì formatosi. Ci si batteva per passare per primi nel disordine più spaventoso, che regnava in quel punto, perdendo così tempo prezioso. Presi rapidamente la mia decisione, e ripetei là la scena del giorno antecedente il mio arrivo a Krasnoje (ritirata di Russia). Avevo in testa alla colonna una batteria da 12 libbre, perfettamente ordinata in traino e comandata dal capitano Bisch, ufficiale energico e meritevole, al quale ordinai di farsi strada, con tutti i mezzi possibili, e senza alcuna pietà, attraverso quella specie di barricata e quell’incredibile imbroglio (sic, scritto in italiano).” Le ultime campagne del 1814 L’11 febbraio 1814 l’artiglieria della Guardia partecipò alla battaglia di Montmirail. Il maggiore Griois (futuro generale) descrisse l’impegno del suo reggimento in queste parole: “A una certa distanza, davanti al borgo, incontrammo l’avanguardia nemica. Era sostenuta da numerose truppe russe e prussiane, e presto lo scontro divenne generale, specialmente a sinistra, dove ero con una parte dell’artiglieria”139. Fu poi anche alla battaglia di Montereau il 18 febbraio. Verso le 7 del mattino, l’artiglieria a cavallo si mise in viaggio per Villeneuve-les-Bordes, dove Napoleone deve raggiungerla con il resto della Guardia imperiale. A Montereau, Gérard, con 60 pezzi, subissò di palle e mitraglia i wurtemburghesi, che difendevano il ponte, e che riuscirono a fuggire solo abbandonando la maggior parte dei loro cannoni. Durante quella battaglia di Montereau, Napoleone puntò egli stesso uno dei pezzi dell’artiglieria a cavallo della Guardia. Mentre diversi artiglieri cadevano uccisi al suo fianco e il suo personale lo implorava di ritirarsi, l’Imperatore rispose: “Andiamo, amici miei, la palla che deve uccidermi non è stata ancora fusa!”. Il colpo dell’Imperatore fu, poi, efficace causando perdite nei ranghi nemici. Durante la campagna di Francia, del 1814, l’artiglieria cercò di supplire all’inesperienza dei soldati soprannominati “Marie-Louise”140, che formavano il grosso della fanteria. Alla Rothière i 40 cannoni di Marmont permisero di contenere, con meno di 4000 uomini e per un’intera giornata, un corpo bavarese di 25000 uomini, dando, così, al resto dell’armata la possibilità di ritirarsi. Nella difesa di Parigi, un difesa particolarmente efficace fu assicurata da una ventina di pezzi di grosso calibro che il comandante Paixhans aveva posto, alcuni sopra Charonne, altri a nord di Belleville o sul Buttes-Chaumont. Non avendo, tuttavia, l’appoggio della fanteria, questi pezzi finirono per essere rimossi dai coalizzati. Verso le 16:00, dopo una carica di cavalleria dei generali Delort e Pajol, fu messo in posizione un pezzo di grosso calibro, che ebbe il tempo di sparare sei colpi, contro il nemico nella pianura di Saint-Maurice, prima che questi finissero fuori portata. Sciolta durante la Restaurazione, l’artiglieria a cavallo della Guardia sarà ricostituita, nel 1815. durante i Cento Giorni. Waterloo 1815 “E mentre si fabbricano armi, l’Imperatore invia l’ordine di armare senza indugio La Fère, Soissons, Vitry, Château-Thierry, di riorganizzare i vari corpi della Guardia imperiale, di prendere misure per garantire i confini delle Alpi contro ogni invasione da mezzogiorno, di portare a 72 bocche da fuoco l’artiglieria della guardia e di riunire 200 bocche da fuoco di campagna per l’armamento di Parigi, indipendentemente dalle 300 destinate alla sua difesa.”141 Ricostruita durante i Cento Giorni, l’artiglieria prese parte, nel 1815, ai combattimenti che culminarono, il 18 giugno, a Waterloo. L’armata del Nord, alla quale Napoleone aveva assegnato quasi due terzi delle forze, che era riuscito a radunare, era dotata di 370 bocche di fuoco. Il punto debole di quell’artiglieria era la mancanza di cavalli. Era stato necessario requisire 400 cavalli di posta con i loro postiglioni, e si era potuto trasportare soltanto la metà dei rifornimenti di munizioni rispetto alle campagne precedenti. Durante quella campagna, l’artiglieria della Guardia combatté in Belgio, a Ligny e Waterloo, sotto il comando dei generali Duchand de Sancey e Desvaux de Saint-Maurice, il secondo era a capo dell’intera artiglieria della Guardia. Il 17 giugno 1815, Napoleone osservava che la posizione di Quatre-Bras, disputata il giorno prima, era tenuta solo da Lord Uxbridge e dalla retroguardia del duca di Wellington, la cui armata si era ritirata in direzione di Bruxelles. L’Imperatore vi si recò, al galoppo, con l’artiglieria a cavallo della Guardia e la fece mettere in batteria per cannoneggiare la retroguardia alleata. Sei pezzi d’artiglieria, poi, marciarono, in prima linea, all’inseguimento del nemico in ritirata, a fianco di Napoleone, che, alla testa di quella colonna estemporanea montava un piccolo (e molto leggero) 139 Griois, Lubin, op.cit., pag. 285. 140 I “Marie-Louise” fu il poco epico soprannome dato ai 120000 coscritti francesi, delle classi 1814 e 1815, chiamati alle armi dal Senato-consulto del 9 ottobre 1813, Decreto firmato dalla reggente imperatrice Maria Luisa (Napoleone era a Dresda). 141 Colonjon, Pierre-Gilbert de, Les derniers jours de la Grande armée, ou Souvenirs, documents et correspondance inédite de Napoléon en 1814 et 1815, par le capitaine Hippolyte de Mauduit, Martinet, Paris, 1850, pag. 27. 109 cavallo arabo. L’Imperatore rimase costantemente vicino ai pezzi, esaltando gli artiglieri a cavallo della Guardia con la sua presenza e le sue parole. Il 18 giugno, Napoleone disponeva di 240 bocche di fuoco, mentre Wellington, per difendere le sue posizioni davanti a Mont-Saint-Jean e Waterloo, non ne aveva che 170. Drouot aveva sconsigliato di attaccare al mattino, poiché le strade fangose avrebbero reso molto lenti, forse impossibili, gli spostamenti d’artiglieria. Una batteria di 24 pezzi di 12 libbre (dei corpi d’armata) preparò l’attacco a Mont-Saint-Jean, iniziato poco prima di mezzogiorno. Fu poi rinforzata da altri cannoni da 12 e 8 libbre e da elementi delle artiglierie divisionali. Duchand, comandante dell’artiglieria a cavallo della Guardia, arrivò a sparare a mitraglia sugli inglesi così da vicino che, Napoleone, credendo che volesse passare al nemico, esclamò: “Duchand diserta!” Sotto il fuoco dei cannoni francesi, le truppe di Wellington si indebolirono, fino a che l’arrivo dei prussiani di Blücher, verso le cinque del pomeriggio, decise il destino della battaglia. Gli artiglieri a cavallo della Guardia presero parte alla battaglia e, verso le 17:30, Napoleone sganciò due batterie, che vennero a posizionarsi sulla sinistra della fattoria, detta Haie Sainte, infliggendo gravi perdite al nemico. Tuttavia, mancando l’appoggio di cavalleria e fanteria, non si ottenne nessun risultato decisivo, dopo due ore di continui e letali scambi proiettili e palle di cannone. In questa occasione, il comandante del reggimento, Desvaux de Saint-Maurice fu colpito da una palla, morendo sul colpo. Verso le 19:30, l’artiglieria a cavallo della Guardia partecipò, con quattro batterie, all’attacco della Guardia imperiale contro l’altopiano di Mont-Saint-Jean. La “Grand Batterie” a Waterloo – considerazioni Una delle questioni più ricorrenti dei racconti sulla battaglia di Waterloo rimane la celebre Grand Batterie, posta sull’ala destra francese, allo scopo di indebolire gli avversari e di sostenere l’attacco del I corpo del conte d’Erlon, forse il primo vero grande assalto della battaglia. Esistette davvero? Se affermativo, quanti pezzi erano coinvolte? E dove era posizionata la batteria? Queste questioni sono state discusse per due secoli e, recentemente, si è arrivati ad alcune considerazioni che fanno riflettere, utilizzando le informazioni più recenti. Quali sono le prove della Grand Batterie? Si sa, dalle sue memorie, che Napoleone ordinò alle 11 del mattino che tutte le batterie da 12 libbre del II e VI Corpo si ammassassero con quelle del I Corpo, 24 cannoni che dovevano bombardare le truppe avversarie schierate in una lunga “sottile linea rossa” sul Mont St Jean, dopo di che il conte d’Erlon avrebbe iniziato l’attacco, impiegando, per la prima volta la sua divisione di sinistra, e, qualora necessario, sostenendola con le altre divisioni del I corpo. Ora, quell’ordine stabiliva, per la batteria, il concorso di 18 pezzi da 12 libbre e 6 obici da 6, per battere il terreno davanti alla linea di Wellington, prima di Mont St Jean; questo, di per sé, non giustifica il riferimento ad una grande batteria di più di cinquanta cannoni. 110 Al di là di questa affermazione, a sé stante, purtroppo abbiamo pochissime fonti francesi circa la formazione dei cannoni del I Corpo durante quell’attacco, ma una, c’è ed è di immensa importanza, poiché è il racconto del maresciallo di campo De Salles, proprio lui che comandava l’artiglieria del I corpo a Waterloo; una fonte che risulta raramente citata in merito a questo argomento142. “Ogni divisione di fanteria aveva una batteria di sei pezzi da 6 libbre e due obici, oltre a quelle c’erano, al I primo corpo una batteria leggera da sei pezzi da 6 libbre e due obici e un’altra batteria di sei pezzi da 12 libbre, c’erano in tutto 46 bocche di fuoco in quel corpo d’armata. Ogni soldato era munito di cinquanta cartucce, e c’era una riserva di 640000 cartucce di fanteria e di 45000 per le bocche da fuoco; non so di quanto fosse la riserva delle munizioni per l’artiglieria, e mi sarei compromesso se avessi preso informazioni al riguardo. Le batterie e il treno erano abbastanza ben dotati.”143 De Salles (o de Sales come voleva il titolo nobiliare) iniziava descrivendo gli ordini ricevuti, poco dopo le 11 del mattino, dall’aiutante di campo dell’Imperatore, Labédoyère, in presenza del conte d’Erlon. “Ero con il conte d’Erlon quando de Labédoyère, generale aiutante di campo dell’Imperatore, venne a dirmi da parte sua che mi dava il comando di una batteria di 80 bocche da fuoco, che si componeva di tutte le mie batterie da sei, della mia riserva da dodici, e le riserve del secondo e del quinto corpo (in realtà era il VI), che in realtà erano solo 54 bocche di fuoco.”144 Diceva che Napoleone gli aveva dato il comando di una batteria di 80 cannoni; forse troppi? Ma questa poteva essere la prova che la Grand Batterie era stata comunque prevista. Questo era ulteriormente supportato da Mauduit, il quale affermava che, per proteggere quell’attacco così esposto, sarebbero state riunite dieci batterie: “l’attacco inizierà con l’occupazione del villaggio di Mont-Saint-Jean dov’è l’intersezione delle strade. A questo scopo, le batterie da 12 del secondo e del sesto corpo si riuniranno a quella del primo corpo. Queste ventiquattro bocche di fuoco spareranno alle truppe di Mont-Saint-Jean, e il conte di Erlon inizierà l’attacco ... Poiché l’attacco principale doveva avvenire al centro del nemico, bisognava prima impadronirsi dell’Haye-Sainte. Per proteggere questo attacco, eseguito allo scoperto, erano state installate sulle gobbe del terreno, dieci batterie, di cui tre da 12, e molte della Guardia, sulla destra della Belle Alliance e davanti alle truppe del primo corpo. Nel primo progetto, due divisioni del primo corpo e le due del sesto erano destinate a marciare dritto su Haye-Sainte, mentre la terza e la quarta divisione del conte d’Erlon si dovevano portare su Papelotte e l’Haye e sulla sinistra degli inglesi.”145 Tra l’altro pare che il cartografo olandese Craan, mostrasse proprio undici batterie, sulla sua mappa di Waterloo, collocate a intervalli lungo la parte anteriore del I Corpo, ma purtroppo, senza nominarle. Molti resoconti delle truppe britanniche descrissero i preparativi francesi per l’attacco, anche se, in realtà, non era chiaro quanti avessero veramente la visione della linea francese, dato che la maggior parte delle truppe alleate erano appostate sul versante opposto della china. Tuttavia, il capitano Kincaid dei 95° Rifles si trovava in quella posizione e descrisse, nelle sue memorie, innumerevoli macchie nere prendere posto, a distanza regolare, nella parte anteriore, riconoscendole come tanti pezzi di artiglieria. La lunghezza del fronte coperto dalle batterie era di circa 1200 metri, poiché lo spazio di tiro di una batteria da 8 cannoni era, normalmente, di circa 90 metri, si possono, effettivamente, notare che, tra pezzo e pezzo, ci sarebbe stato solo poco spazio, in batteria, come raffigurato da Craan. Dal momento che i cannoni erano nulla più di una radunata di singole batterie (anche se potenziate dalle batterie pesanti di riserva) poteva essere oggetto di discussione se quell’aggregato poteva essere chiamato una Grand Batterie. I pezzi erano stati certamente ammassati per ottenere un effetto di fuoco concentrato, ma, inizialmente, erano poco più dei cannoni che si trovavano all’ala sinistra dell’armata francese. Si poteva ben dire, invero, che ci fosse una Grand Batterie, di una qualche specie. Ma quanti pezzi c’erano nella Grand Batterie? Sappiamo che Napoleone aveva dato subito i 24 cannoni della riserva di tre corpi, alla batteria, mentre il 1° corpo aveva 4 batterie divisionali (per un totale di 24 pezzi da 6 libbre e 8 obici da 5.5 pollici), più una batteria a cavallo da 4 pezzi da 6 libbre e 2 obici da 5.5 pollici, dando un totale di 62 cannoni. De Salles, comunque, riportava che gli era stato dato il comando di una batteria da 80 cannoni, che doveva essere composta da tutte le sue batterie da sei libbre, la sua batteria di riserva da dodici libbre e delle batterie di riserva del II corpo (Reille) e VI Corpo (Mouton), in realtà dando un numero ancora più basso, 54 cannoni, di cui 24 erano da dodici libbre. Con solo 54 armi assegnate, è possibile spiegare la discrepanza di otto cannoni (sui 62), in quanto al conto mancavano i pezzi della batteria di Durutte, dato che si pensava (presumibilmente) dovesse essere impegnata 142 De Champeaux, Denys, «Les Souvenirs du général baron de Salle» in La Revue de Paris, anno II, gennaio-febbraio, Paris 1895. 143 Mauduit, Hippolyte de, Histoire des derniers jours de la Grande armée, ou Souvenirs, documents et correspondance inédite de Napoléon en 1814 et 1815. Tomo 2, Dion-Lambert, Paris, 1854, pag. 182. 144 De Champeaux, Denys, op. cit. pag. 426. 145 Mauduit, Hippolyte, op. cit. pag. 276 e 280. 111 nella zona di Papelotte. Anche se De Salles fu informato, che avrebbe avuto il comando di 80 cannoni, non si riesce a spiegare da dove sarebbero venuti i cannoni mancanti (80-62= 18 pezzi). Magari non furono mai davvero assegnati alla Grand Batterie o, più semplicemente, non erano sotto il suo diretto comando. In realtà (ma l’ordine diretto non è mai stato trovato) altri 24 cannoni della Guardia furono assegnati da Napoleone, come aveva detto anche Mauduit, per sostenere l’attacco di d’Erlon146. Questa contingenza aumenterebbero il numero di cannoni della batteria addirittura a 90, se tutti quelli del I corpo fossero stati disponibili (e De Salles affermava che non lo erano) o 82, se fosse stata rimossa una batteria, come diceva De Salles. Fu detto, tuttavia, che l’artiglieria della Guardia era tenuta in riserva, vicino a La Belle Alliance, e che non era effettivamente impegnata147. Pertanto la Grand Batterie sembrerebbe essere stata di 54 cannoni (coerentemente con le dichiarazioni di De Salles) o di 62 cannoni se la batteria di Durutte fosse stata inclusa). Il capitano Leach del 95° la stimò di 50 cannoni e un altro ufficiale del 95°, sconosciuto, ne contò 40. Si potrebbe, in effetti, includere nella Grand Batterie, tutte le batterie del I corpo, poiché sappiamo che la divisione Durutte fu, in effetti, coinvolta nell’attacco al crinale alleato, mentre fu anche coinvolta nell’intenso attacco a Papelotte, solo più tardi nel corso della giornata. Quella grande aggregazione di cannoni fu pienamente coinvolta nello sbarramento, che ebbe inizio circa all’una del pomeriggio. Ma dove fu piazzata la Grand Batterie?148 Questa sembra essere la più controversa di tutte le domande, laddove William Siborne e un certo numero di moderni autori, suoi seguaci (tra cui Mark Adkin, Nick Lipscombe e John Hussey) optava per il suo schieramento su un crinale intermedio, posto circa 400 metri davanti alla principale linea del fronte francese, che correva lungo la pista che andava da La Belle Alliance verso La Haye ed era lontano 1000-1200 metri dalla cresta alleata. Questa ipotesi ha guadagnato molto credito, negli ultimi studi, a causa delle prestazioni ideali dell’artiglieria francese del periodo. Kevin Kiley e Stephen Summerfield hanno entrambi dimostrato che il cannone francese del 1815 aveva una portata ideale (senza alcuna elevazione) di 600-800 metri, a seconda che fosse un 6 libbre o 12 libbre. Questo avrebbe significato che l’artiglieria francese poteva cercare di colpire il nemico, con un fuoco a puntamento, distante non più di 700 metri; ciò rendeva quel crinale intermedio la posizione quasi perfetta sulla quale schierare la Grand Batterie. Ma, quella batteria era organizzata, inizialmente, per poter eseguire un fuoco di puntamento? Ci sono chiare evidenze che non lo fosse. Le truppe di Wellington erano posizionate dietro la cresta della china, con solo linee di schermagliatori e qualche pezzo d’’artiglieria alleato, che punteggiava la cresta. Colpire bersagli individuali così piccoli era considerata una completa perdita di tempo e di fatica; sarebbe stato il fallimento del tentativo di logorare le difese alleate prima dell’attacco di d’Erlon. Il compito assegnato alla Grand Batterie era, quindi, quello di far cadere palle di cannone e granate d’obice nell’area cieca, dietro la cresta, per distruggere le formazioni alleate, indubbiamente schierate dietro la cresta o in prossimità dei cannoni sul crinale. Il loro obiettivo era, quindi, una vasta area, che si estendeva per 1000 metri lungo il crinale alleato e si protendeva all’indietro per circa 4-500 metri, dove era sicuro ci fossero forze alleate scaglionate in profondità. Con la necessità di far cadere i colpi sopra una cresta, piuttosto che sparare orizzontalmente, la canna doveva essere sollevata. Un’elevazione di un grado della canna aumentava la portata del primo rimbalzo a 900-1000 metri e 2 gradi di alzo a 1200-1400 metri, tanto che, improvvisamente, scopriamo che la principale linea francese sulla strada, vicino a La Belle Alliance, non era così lontana. Infatti a 2 gradi di alzo la portata massima dei cannoni era di circa 2000 metri. Se si sostiene che il fuoco da quella distanza era inefficace ed era uno spreco di munizioni, come sottolineato dai sostenitori del dosso intermedio, dobbiamo accettare che tutti i cannoni in riga, di fronte al II Corpo (Reille), che impegnarono la linea 146 Secondo il Journal du 1er Corps, pubblicato da Stephen Beckett in un suo lavoro, il numero di 80 cannoni di cui parlava De Salles non fu raggiunto perché l’artiglieria della Guardia non arrivò. Questo sembra essere confermato da un commento che affermava: “ ... le truppe fecero un movimento retrogrado e l’imperatore inviò l’artiglieria della Guardia per sostituire quella che, avendo perso cavalli e personale non poteva essere usata.” Questo probabilmente dimostra che il dispiegamento iniziale della Guardia non era avvenuto nel modo in cui affermava De Salles. 147 Sempre secondo il Journal du 1er Corps: “80 cannoni di cui 36 erano dodici libbre comandate dal maggiore Chaudon, sono stati messi agli ordini del generale Desalles... che li schierò in un’unica linea sulla cima dell’altura, dietro la quale si formò la fanteria, vicino alla strada che andava da la Belle Alliance a Ohain. Poiché questa linea di artiglieria era molto estesa e superava di gran lunga lo spazio occupato dalle colonne di fanteria, un reggimento della 4ª Divisione fu inviato all’estrema destra per coprire l’artiglieria e difenderla da tutto ciò che era in grado di arrivare dalla direzione di Smohain.” 148 La cresta intermedia si trovava a 640 metri dalla cresta di Ohain e la linea della Belle Alliance a circa 914 metri, letteralmente c’era una zona grigia che poteva significare 800 metri. 112 alleata, a distanze simili, stavano anch’essi sprecando il loro tempo - qualcosa che le truppe alleate posizionate su l’altra ala, senza dubbio, avrebbero risolutamente contestato. Cosa ci raccontano i testimoni oculari? Il nostro primo ancoraggio deve essere De Salles, che affermava: “All’inizio avevo l’ordine di mettere in batteria tutti questi pezzi nella posizione che occupavamo, a metà costa, su una sola linea, [cioè proprio di fronte alla fanteria sulla pista della Belle Alliance] e di iniziare il fuoco con tutti i pezzi, contemporaneamente, per stupire e scuotere il morale del nemico. Stavo per obbedire a quest’ordine quando il generale Ruty, comandante in capo d’artiglieria, venne da me e mi disse di fare una ricognizione per trovare una posizione più avanzata, da poter occupare più tardi. Vecchio soldato, sapendo, per teoria e per pratica, che ogni movimento sul campo di battaglia era critico, e che, soprattutto, il movimento di una grande quantità di artiglieria era pericoloso, lo fissai a lungo, interrogando il suo sguardo per essere sicuro che parlava seriamente. Quando ne ebbi la certezza, feci la mia rapida ricognizione, poi al ritorno iniziai un bombardamento che fece tremare di colpo il suolo.”149 De Salles attestava che le tre batterie da 12 libbre erano a sinistra, le tre batterie divisionali (meno Durutte) al centro, con le loro divisioni e la batteria a cavallo a destra. Il sergente Canler del 28° di Linea affermava che la batteria si trovava su un piccolo altopiano, della Belle Alliance, mentre Mauduit affermava che le batterie furono schierate sulle gobbe del terreno a destra della Belle Alliance, sul fronte delle divisioni del I Corpo. Queste sono tutte le affermazioni specifiche, da parte francese, circa la posizione iniziale dei cannoni; tutti, tuttavia, confermavano che i cannoni erano in postazione sul pendio proprio di fronte al I corpo, il che lo si può considerare conclusivo. Questo dovrebbe rispondere anche ad altri due interrogativi, riguardanti il posizionamento dei cannoni, sollevati anche da Mark Adkin150, sostenitore della cresta intermedia come sito iniziale della Grand Batterie. Il primo è la vulnerabilità di cannoni esposti in una posizione così avanzata, con buona pace del generale Ruty, senza alcun supporto di fanteria o cavalleria, alla mercé della cavalleria alleata. Si è obiettato che i cannoni francesi comandati da Sénarmont, nella battaglia di Friedland, erano stati avanzati, soli, a meno di 200 metri dalla fanteria russa, ma qui il nemico era in colonne allo scoperto e ben visibili, e la fanteria francese era vicina. Non era la stessa cosa di Waterloo e di quella posizione dell’artiglieria francese. In effetti, De Salles afferma che Ruty (comandante generale dell’artiglieria) ordinò ai cannoni addirittura di spostarsi sulla cresta successiva, ma De Salles discusse con Ney i pericoli d’attacco da parte della cavalleria alleata, su una cresta più avanzata e ritardò il movimento. Pare anche evidente che, una batteria così grande, disposta lungo il pendio intermedio, avrebbe dovuto avere un gran numero di cassoni, squadre di cavalli e altri materiali, nascosti nei ripari posteriori. Tutto questo avrebbe formato 149 De Champeaux, Denys, op. cit. pag. 427. 150 Adkin Mark, The Waterloo Companion: The Complete Guide to History’s Most Famous Land Battle, Stackpole Books, 2002. 113 una massiccia ostruzione per la fanteria avanzante. Non è possibile credere che truppe formate in colonne, sulla pista vicino a La Belle Alliance, potessero iniziare a marciare avanti, per poche centinaia di metri, per presentarsi singolarmente e attraversare la linea dei cannoni (tutti i diciottomila uomini?), il che avrebbe anche costretto i cannoni a smettere di sparare. Poi si sarebbero riordinati davanti ai cannoni (con i pezzi che ricominciavano mentre la fanteria scendeva in basso lungo il pendio) per poi avanzare contro la posizione alleata? Cosa difficile pare. Nessun testimone, di entrambi i lati, menzionò una manovra così ingombrante e poco militare. Wellington (ed Uxbridge) avrebbero mai potuto osservare la fanteria francese eseguire quel pasticcio, senza vederne l’opportunità di lanciare la cavalleria sulla fanteria francese disordinata e con i cannoni che non potevano tirare a mitraglia? Sicuramente l’ipotesi più probabile è che tutto questo non avvenne. Numerosi testimone di parte inglese furono contraddittori sul momento dell’attacco di d’Erlon, ma nessuno mai accennò a posizioni avanzate o intermedie. Inoltre, una batteria così grande (fino ad ottanta cannoni), non solo sarebbe stata un enorme bersaglio per la cavalleria alleata, ma sarebbe anche stata un grande ostacolo alla loro avanzata, costringendoli a passare intorno o attraverso i cannoni. Tutti i testimoni inglesi dell’inseguimento, contro la cavalleria francese che ripiegava, affermarono di essere stati soltanto infastiditi da un vivo fuoco d’artiglieria sulla sinistra, e che non incontrarono cannoni francesi durante la loro carica, fino a quando non arrivarono alla cresta principale. Anche questo sembrerebbe dissipare l’idea di una batteria di ottanta cannoni, schierata lungo un crinale intermedio per due motivi: in primo luogo nessuno disse di essere colpito da colpi di cannone pesanti di fronte e in secondo luogo, nessuno disse di aver incontrato pezzi francesi, mentre cavalcavano in avanti su quella cresta e oltre. In effetti, De Salles confermava quello scenario, poiché disse che aveva pianificato di poter portarsi avanti, durante la pausa forzata nel loro bombardamento, mentre la fanteria raggiungeva la cresta alleata, muovendo in serie (batteria dopo batteria) fino alla cresta successiva, mantenendo così un elevato livello di fuoco (se necessario al supporto), ma i suoi piani furono, apparentemente, ostacolati dal tenente colonnello Bobillier, che comandava le tre batterie pesanti da 12 libbre; lo vide partire, di sua iniziativa, con le riserve e andare, senza alcuna precauzione, sulla seconda posizione [la cresta intermedia]. “Dovevo affidare la riserva di dodici al colonnello Bernard, il mio capo di Stato maggiore, ufficiale saggio e prudente. Purtroppo mi fece osservare che, avendo perso un occhio nell’assedio di Saragozza, avrebbe gestito male quel posto. Ne parlai subito al generale Ruty, che. mi mandò il tenente colonnello *** [Bobillier, NdT], capo di stato maggiore del 2º corpo d’armata. Misi Bernard a destra, presso il generale d’Erlon, il colonnello *** a sinistra, con le riserve da dodici. Divisi gli ufficiali superiori sul resto della linea. Mi misi al centro della battaglia, abbastanza vicino al maresciallo Ney, avvertendo i capi che mi avrebbero sempre trovato in questa posizione … Avevo appena avvicinato il Maresciallo, Principe della Moskova di cui avevo la piena fiducia, per avvertirlo di quello che avrei fatto e prendere le sue istruzioni, quando vidi il tenente colonnello *** mettere in movimento le riserve e portarsi, senza alcuna precauzione, sulla seconda posizione avanzata. Eppure ci riuscì e si mise anche in batteria. Nello stesso istante il Maresciallo mi gridò: - Ti caricano! - In effetti, la cavalleria nemica, approfittando dell’interruzione del fuoco, stava caricando la 1ª divisione del 1º corpo, che formava un solo quadrato, in una piega del terreno. sotto di noi. Nel momento in cui il fuoco dalle mie riserve era ripreso, non volendo lasciare un immenso intervallo tra loro e i miei cannoni da 6, inviai il mio aiutante a dire agli ufficiali, che schierassero per unirsi alla sinistra della batteria. Era troppo tardi. La fanteria, caricata da dietro da una cavalleria formidabile, andò in rotta. Arrivò in mischia, con il nemico, sulla riserva d’artiglieria il cui fuoco era paralizzato dalla paura di uccidere i nostri. Ebbi solo il tempo di ordinare un cambio di fronte, l’ala destra dietro la parte sinistra.”151 De Salles cercò di salvare le proprie batterie di riserva, riportandole in azione, ma alla fine furono sommerse. Pare che quei pezzi da 12 libbre fossero gli stessi attaccati dalla cavalleria alleata (Scots Greys, Inniskillings e Royals) che raggiunsero i cannoni su quel crinale, per poi essere, a loro volta, circondati dall’attacco sul fianco dei lancieri. Lo scenario descritto da De Salles, dove solo le tre batterie d’artiglieria di riserva avevano raggiunto la sinistra del crinale intermedio, fu sorprendentemente confermato da un testimone alleato. De Lacy Evans riportò che, durante la carica di cavalleria, salirono la prima cresta occupata dal nemico, e superarono “diversi cannoni francesi”, abbandonati sulla loro destra, in direzione della strada. In conclusione possiamo affermare, da quasi tutte le prove disponibili, che ci fu davvero la Grand Batterie, che quasi sicuramente consisteva di 62 cannoni (possibilmente incrementata da alcune unità della Guardia), che, inizialmente, fu schierata sulla cresta principale, proprio di fronte alla fanteria francese e che era destinata a spostarli in avanti, verso la cresta intermedia, ma che, a causa dell’attacco della cavalleria alleata, solo le tre batterie da 12 libbre raggiunsero la seconda posizione e lì si schierarono. Queste diverranno i cannoni descritti come abbandonati. L’intenzione era di 151 De Champeaux, Denys, op. cit. pag. 428. 114 far chiarezza sul fatto che la Grand Batterie non poteva aver iniziato la battaglia nella sua posizione intermedia. E, come dice lo storico Gareth Glover, fondamentalmente tutte le prove storiche sono contro l’ipotesi dello schieramento sulla cresta intermedia – l’unica motivazione che gli storici moderni adducono sono le gittate massime, errate, dei pezzi - non tenendo conto che dovevano essere alzati per tirare a parabola, sopra la cresta alleata. RIASSUNTO DEI TRATTI CARATTERISTICI DELL’ARTIGLIERIA DAL 1792 AL 1815 152 a) Il TIRO A PALLA produceva effetti molto localizzati fino a 700-900 metri. b) Il TIRO A MITRAGLIA che era, in qualche modo, il tiro caratteristico dei pezzi ad anima liscia, aveva una potenza devastante per una zona assai vasta ed assai profonda a distanza di 400, 500 e 600 metri. c) Il TIRO AD OBICE era poco preciso, ma molto efficace, a quest’ultime distanze quando centrava il bersaglio : causava disordine, batteva gli avvallamenti, faceva partire incendi ecc. d) l’effetto dell’artiglieria dipendeva tutto dalla posizione data al pezzo dal puntatore, che aveva un ruolo preponderante. L’abilità del capitano comandante, dal punto di vista del tiro, era un elemento secondario. e) L’artiglieria non poteva tirare sopra le truppe, a causa della linearità delle traiettorie; tutti i movimenti di queste davanti alle brec-ce create per l’uso dei cannoni, mascherava il tiro e lo riduceva al silenzio. f) Inoltre, a causa della sua bassa portata, che la faceva avvicinare al nemico, era perduta se la sua fanteria ripiegava. Questa portata scarsa impediva, oltre tutto, di portare colpi dietro il settore che fronteggiava, d’aiutare efficacemente le batterie vicine, di produrre effetti decisivi sull’artiglieria nemica ecc. g) La lenta cadenza di tiro non permetteva mai di mandare un gran numero di scariche contro truppe che marciavano con decisione verso le batterie ; tuttavia questa scariche, assai letali, bastavano, nella maggior parte dei casi, ad arrestare il nemico e a rendere in-violabile il fronte tenuto dall’artiglieria, come accadde a Groß Görschen. h) le distanze di combattimento erano deboli e mettevano l’artiglieria molto vicina alla fanteria avversaria: i) Le batterie si trovavano, comunque, fuori dalla zona di maggior efficacia dei moschetti e in batteria regnava una relativa sicurezza, almeno all’inizio della battaglia. J) L’artiglieria non si muoveva quasi mai e, salvo le batterie a cavallo, il suo movimento si eseguiva, all’inizio, a passo di marcia. k) Le batterie erano visibili da tutti i punti del campo di battaglia ed il loro spostamento non si poteva fare, in genere, di nascosto dal nemico. l) Qualora fosse stata impegnata (attaccata), l’artiglieria era finita, - cessava la sua disponibilità. m) Tutto questo generava la necessità di avere Riserve di artiglieria per compensare quegli inconvenienti e per l’effetto sorpresa causato da: “un opportuno rinforzo, rapido ed efficace, d’artiglieria …” n) L’artiglieria doveva preparare l’azione della fanteria devastando le difese nel punto scelto per un attacco. La sua efficacia aumenta-va decisamente dato che le truppe dell’epoca si presentavano in formazioni dense d’uomini, generalmente compatte e non diradate. In quelle condizioni si poteva ben dire che l’artiglieria apriva il cammino alla fanteria. o) Era impiegata, nella maggior parte dei casi, in grandi masse (Grand Batteries) al fine di poter realizzare la convergenza dei tiri in una zona nettamente delimitata, raramente la convergenza dei tiri su un punto preciso, fatto reso impossibile dalla deviazione obli-qua che imponeva e che allungava la distanza di tiro oltre la portata (gittata) efficace. p) L’artiglieria, malgrado la sua debole attitudine alla manovra, si portava comunque in vanati per eseguire, a portata di mitraglia, le sue scariche decisive e per appoggiare la fanteria da vicino sia praticamente, sia moralmente. A volte poteva diventare una forza tra-volgente come alla battaglia di Friedland. q) In caso di insuccesso, l’artiglieria proteggeva le ritirate cercando di contenere gli attacchi, poiché, considerando che le sue ultime scariche erano le più fatali … “faceva suo punto d’onore il non abbandonare i propri pezzi se non al momento in cui erano travolti.” In definitiva: durante le Guerre napoleoniche l’artiglieria ebbe la massima potenza bellica negli Effetti materiali che produceva. Il suo Effetto sul Morale, sempre, il suo Effetto di Manovra, qualche volta, contribuirono ai suoi successi. 152 Paloque, Jules lieut.-colonel, Artillerie de campagne, Doin et fils Paris 1909 115 INDICE Introduzione .......................................................................................................................... Pag. 5 Storia ed evoluzione cronologica dell’artiglieria “napoleonica” francese ........................ Pag. 5 Organizzazione e tattica ....................................................................................................... Pag. 53 Materiali ............................................................................................................................... Pag. 67 Comandanti d’artiglieria francesi ....................................................................................... Pag. 76 Le battaglie dell’artiglieria da campagna ........................................................................... Pag. 86 Bibliografia ......................................................................................................................... Pag. 117 ▲ Jean-Baptiste Vaquette de Gribeauval (1715-1789) 116 BIBLIOGRAFIA - AA.VV., État militaire du Corps de l’artillerie de France, Paris, Magimel, an XI 1802. - AA.VV., État militaire du Corps Imperial de l’artillerie de France, Paris, Magimel, an XIII 1805. - AA.VV., État militaire du Corps Imperial de l’artillerie de France, Paris, Didot, 1811. - AA.VV., État militaire du Corps Imperial de l’artillerie de France, Paris, Didot, 1815. - AA.VV., Notice Historique sur l’Organisation de l’Armée depuis la Révolution jusqu’a Nos Jours, Paris Imprimerie Nationale; 1902. - «Artilleurs Francais 1720-1830» Carnet de La Sabretache; Numèro Special 1977. - Boulart, Jean-François, Mémoires militaires du général B.on Boulart sur les guerres de la république et de l’empire (1776-1842), la Librairie Illustrée, Paris 1892 - Bricard Louis Joseph, Journal du Canonnier Bricard, 1792-1802, pubblicato dai nipoti Alfred e Jules Bricard, De la Grave, Paris 1891. - Challeat, Jules, L’artillerie de Terre en France pendant un siècle, Histoire Technique (1816-1919), vol I, Charles Lavauzelle, Paris 1933. - Chassin, Charles-Louis, Hennet, Léon, Les volontaires nationaux pendant la Révolution. 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