Federico II e i tesori della Cattedrale di Bitonto - Indagini e misteri

Federico II e i tesori di pietra della Cattedrale di Bitonto

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Un invalicabile cancello di ferro battuto, a guisa di un’elegante arcata laterale, lascia intravedere un portale gotico dall’affascinante passato. Oltre quel confine, che appare sbarrato come d’incanto, si apre idealmente un varco nella storia. Ecco che si rivela un mondo antico, un vissuto di cavalieri, di onore e di conquista. Il lontano rumore delle Crociate riecheggia sin qui, a Bitonto, fedele città dell’imperatore Federico II di Svevia.

Eppure, dal mare giunge una notizia inattesa: il sovrano, da poco salpato alla volta della Terra Santa, s’appressa già a rincasare verso la sua amata terra d’Apulia, si dice a causa d’un morbo pestifero. Corre voce, addirittura, che Gregorio IX stia per giungere in città, giacché egli tiene alla sua crociata più di qualunque altra cosa, e ha intenzione di regolare i conti una volta per tutte con l’imperatore. Troppo a lungo, secondo il pontefice, Federico II aveva tergiversato, stentando per anni a mantenere la solenne promessa ch’aveva fatto dinnanzi a Cristo, e alla Chiesa, il giorno della sua incoronazione. Dio, infatti, lo aveva voluto imperatore affinché guidasse la sacra riconquista di Gerusalemme, da troppi anni ormai in mano agli infedeli saraceni.

Bitonto
La Porta della Scomunica presso la cattedrale di San Valentino a Bitonto

La Porta della Scomunica

Il 29 settembre 1227 il pregiato portale laterale della cattedrale di San Valentino a Bitonto viene spalancato con impeto furioso. Le strombature, dagli stilemi aggraziati e geometrici, sembrano rimbombare tremolanti. Persino il Cristo crocifisso della lunetta pare attonito e frastornato. D’improvviso s’intravede la corpulenta figura di Gregorio IX, di bianco vestita, uscire dal portale con passo concitato. Il pontefice, con voce solenne e determinata, inizia a proclamare la formula di anatema contro Federico II.

È questo l’inizio dei lunghi e stridenti dissidi tra il papato e l’imperatore, che si protrarranno ben oltre la morte dei due protagonisti. Gregorio IX non aveva affatto gradito i balbettanti rinvii della Sesta Crociata da parte del sovrano, né aveva creduto alla pestilenza che, tuttavia, si era davvero abbattuta sulla flotta dei crociati. Così, presso la fiancata laterale della cattedrale, ove è situata la porta detta oggi “della Scomunica”, egli aveva deciso di impartire la massima sanzione che la Chiesa potesse comminare a un uomo.

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Contesto storico

Federico II, da buon cristiano qual era, e per le implicazioni politiche che ciò poteva comportare, non poteva soprassedere sulla scomunica. Dapprima aveva pregato il pontefice che gli fosse revocato l’anatema, ma di fronte alla reticenza di Gregorio IX, si era deciso a ripartire per Gerusalemme. Il 28 giugno del 1228 annunciò a Barletta che si sarebbe unito agli eserciti cristiani in terra Santa, seppur scomunicato. È curioso, tuttavia, che mentre Federico II si univa alla Sesta Crociata oltremare, un’altra crociata veniva bandita proprio contro di lui in Italia. Gregorio IX, infatti, approfittando della sua assenza, iniziò a sobillare rivolte nelle città imperiali. L’evento passerà alla storia giustappunto come la “Crociata contro Federico II”, così come oggi è definita dagli storici.

I motivi che spinsero il pontefice a tentare di indebolire lo svevo Regno di Sicilia furono molteplici. In ogni caso, dovette avere un peso determinante la decisione di Federico II di non sostenere battaglia alcuna in Terra Santa; egli, infatti, si era accordato con il sultano d’Egitto al-Malik al-Kamil per la consegna di Gerusalemme. La città era passata nelle mani dei Crociati senza vittorie né sconfitte, in virtù dell’amicizia che il sovrano coltivava da anni con i saraceni. Per Gregorio IX si era trattato di un comportamento inaccettabile.

L’incontro tra Federico II e il sultano al-Malik al-Kamil, tratto dalla Nova Cronica di Giovanni Villani. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana

Il legame controverso tra Bitonto e Federico II di Svevia

Tra le città dissidenti vi era stata Bitonto, la quale si era schierata apertamente dalla parte dei Guelfi, fieri sostenitori del papato avverso il potere degli Hohenstaufen. Tuttavia, cominciava a spargersi in città la notizia che l’imperatore Federico II di Svevia stesse già ritornando in patria. Nessuno avrebbe potuto immaginare che il sovrano avrebbe fatto ritorno così presto, né che lo avrebbe fatto con l’esercito al gran completo, senza aver mai combattuto. Bitonto, peraltro, non solo si era ribellata, ma era anche la città dalla quale Federico II era stato scomunicato. Appariva chiaro, pertanto, che l’Imperatore avrebbe quanto prima assediato la città.

Bitonto
Bitonto, la cattedrale di San Valentino

A Bitonto imperava lo sconforto. Federico II, presso i suoi contemporanei, non era famoso soltanto per la sua inarrivabile cultura, ma anche per la ferocia con cui puniva i dissidenti. Appena qualche anno addietro, nel 1221, il sovrano aveva fatto trucidare migliaia di saraceni in Sicilia, i quali avevano sequestrato il vescovo di Agrigento durante una rivolta. Si trattò di un vero genocidio: al termine delle rappresaglie la popolazione musulmana sull’Isola era di fatto annientata; i superstiti, quindicimila saraceni, furono deportati a Lucera. Il terribile timore dei bitontini era di subire una simile sorte e, in aggiunta, di vedere rasa al suolo la città.

A Bitonto doveva esserci un gran fermento, in quei giorni. Federico II aveva appena annientato le milizie papali e la città aveva dichiarato la resa. Si convenne che l’unica scelta possibile fosse quella di accogliere l’imperatore e sperare nella sua magnanima indulgenza. Forse, se Bitonto si fosse mostrata pentita e servile, il puer apuliae Federico l’avrebbe risparmiata.

L’ambone di Nicolaus sacerdos et magister

Bitonto iniziò così i preparativi per ricevere solennemente Federico II, il quale sarebbe giunto in città nel luglio 1229. Si dovette organizzare una straordinaria cerimonia di accoglienza presso la Cattedrale di San Valentino, giacché si ha testimonianza di alcuni arredi liturgici datati proprio in quell’anno. I lavori scultorei furono affidato a Nicolaus, famoso architetto dell’epoca, cui si deve anche il campanile della Cattedrale di Trani. Così è riportato, infatti, sull’eccezionale ambone scultoreo realizzato per l’occasione: “hoc opus fecit Nicolaus/ sacerdos et magister anno millesimo/ duecentesimo vicesimo/ nono indictionis secunde”.

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L’opera rappresenta uno dei massimi esempi di scultura pugliese del tredicesimo secolo, capolavoro artistico e manifesto dell’esaltazione del potere imperiale. L’ambone, a ridosso dell’arco trionfale innanzi al presbiterio, si mostra con un prospetto anteriore semicircolare. Qui un’elegante aquila sorregge il leggio scolpito a forma di libro aperto. L’animale poggia a sua volta su un telamone rannicchiato, che sembra sostenerla con fatica. I pannelli laterali posti ai fianchi del prospetto rivelano le intenzioni dell’autore: le angolari colonnine tortili sorreggono, sui graziosi capitelli con foglie di palma, un leone e un bue. Nicolaus volle così raffigurare i quattro evangelisti, il Tetramorfo, del quale si possono ancora leggere i nomi “Johannes” e “Lucas”. Ciò nondimeno, appare preponderante la raffigurazione dell’aquila: è probabile che l’autore abbia voluto inserire un indiretto riferimento al simbolo imperiale degli Hohenstaufen.

L’ambone è riccamente decorato attraverso l’utilizzo di marmi, vetri policromi e madreperla, applicati tramite una tecnica a incrostazione. Lungo il bordo inferiore della base è infine riportata l’epigrafe celebrativa “docta manus me fecit ad hoc ut lectio vitae hic recitata ferat fructus mentis”.

La lastra degli Svevi

Sul lato dell’ambone prospiciente il vuoto, addossata alla più recente scalinata (l’opera fu smontata e rimontata nel 1720, in modo peraltro incerto) è collocata una lastra con la raffigurazione di quattro personaggi. Il rilievo è coevo all’ambone e con ogni probabilità faceva parte dell’originale parapetto. E’ attestato, inoltre, che in principio vi erano ben due rampe di accesso al leggio, cui corrispondevano altrettanti pannelli disposti simmetricamente. Il primo di essi è reimpiegato presso l’attuale ambone, l’altro è forse frammentariamente conservato in una collezione privata di Bitonto1.

Tradizionalmente i personaggi della lastra sono stati associati a quattro regnanti Hohenstaufen, tra cui lo stesso Federico II, ipotesi avvalorata dalla presenza dell’aquila in un angolo. In particolare, si potrebbe identificare in Federico Barbarossa il personaggio assiso sul trono, il quale consegna alle generazioni successive (Enrico IV, Federico II e Corrado IV) lo scettro con il giglio imperiale. Per lo storico Schubring è invece proprio Federico il soggetto sul trono2, mentre per Avena è Enrico VI3.

L’ipotesi di Schaller

Nel 1954 Rudolf Kloos trovò un manoscritto presso la Biblioteca Universitaria di Erlangen, catalogato con il numero 642. Tra i vari testi contenuti nell’antico volume vi sono due panegirici, in onore rispettivamente di Federico II e del suo giustiziere Pier delle Vigne4. In entrambi gli scritti l’autore si firma come Nicola, in particolare egli è l”abbas Nicolaus Barensis ecclesie dyaconus” come si legge sul testo circa Pier delle Vigne. Uno storico tedesco, Hans Martin Schaller, ha suggerito che il primo panegirico del manoscritto di Erlangen potrebbe essere un sermone proclamato alla presenza di Federico II. In particolare, si tratterebbe proprio dell’ammonizione con cui l’imperatore fu accolto a Bitonto nel luglio del 12295. Secondo Schaller, vi sarebbe una corrispondenza tra il Nicolaus sacerdos et magister che realizzò l’ambone della cattedrale e l’autore del panegirico federiciano. SI tratterebbe, in buona sostanza, della stessa persona.

Federico II e la simbologia dell’Albero di Jesse

Il panegirico di Erlangen, in onore di Federico II, è contraddistinto da uno stile aulico e dalla ricercata esaltazione del sovrano. Ciò traspare sin dall’incipit di Nicolaus: “Magnus dominus et magna virtus eius et sapiencie eius non est numerus”, che prosegue: “Magnus est, maior et maximus, magnus quia rex Sicilie, maior quia rex Iherusalem, maximus quia imperator Romanus”6.

Federico II è inoltre dipinto come il vero vicario di Cristo, discendente della stirpe di Davide7. Per Schaller l’ambone di Bitonto sarebbe pertanto un “monumento votivo […] che rappresentò, secondo il contenuto della predica, la stirpe sveva nel senso escatologico dell’ultima dinastia imperiale prima della fine del mondo”. Si spiegherebbe così la raffigurazione dei personaggi sulla lastra dell’ambone: i quattro regnanti svevi sono associati alla simbologia dell’Albero di Jesse, la nobile discendenza che generò Cristo. Tale esaltazione della figura di Federico II in senso escatologico non deve sorprendere. Essa si inserisce all’interno dell’aspro conflitto tra il papato e il Sacro Romano Impero. Sono proprio le parole di Pier delle Vigne a ben esplicare come Federico fosse percepito dai suoi sostenitori: il “salvatore inviato da Dio, il principe della pace, il messia-imperatore”, colui che avrebbe dovuto riformare la Chiesa.

L’ipotesi di Schaller, seppur affascinante, non è ancora suffragata da evidenze storiografiche. Va sottolineato, in tal senso, come parte della critica se ne discosti nettamente8.

I tesori di pietra della cattedrale di San Valentino a Bitonto

La Porta della Scomunica e l’ambone di Nicolaus sono due straordinari manufatti artistici, dall’incredibile valenza storica e culturale. Legati inscindibilmente alla figura di Federico II di Svevia, essi rappresentano dei veri e propri tesori di pietra. E a Bitonto non sono certamente gli unici. L’intera cattedrale di San Valentino è infatti un preziosissimo scrigno di mirabili sculture, pregiati fregi e dall’architettura eccezionalmente preservata. L’edificio fu costruito nel corso del XII sec., su tre navate e croce latina, ispirandosi al vicino modello barese della Basilica di San Nicola.

Gli interni della cattedrale di Bitonto e la loro simbologia

L’impianto dell’edificio è tipicamente romanico. Il soffitto a capriate lignee abbraccia l’elegante susseguirsi delle colonne, con capitelli corinzi, e pilastri divisori lungo la navata centrale. Le navate laterali, sormontate da matronei, sono coperte da volte a vela. Ivi, sul lato destro, si distingue la magnifica vasca battesimale, scolpita a partire da un unico blocco in pietra.

Di particolare importanza è il capitello della colonna sinistra che raffigura con maestria l’episodio mitologico del “volo di Alessandro Magno“. La rappresentazione ha un valore simbolico importante, connesso all’iconografia del grifone. Tale mitica creatura, dalla testa d’aquila e dal corpo leonino, era sovente raffigurata all’interno delle cattedrali cristiane in quanto idealmente incarnava la duplice natura, celeste e terrena, di Cristo9.

Non è un caso che, durante i recenti scavi che hanno riportato alla luce una preesistente pavimentazione della cripta, sia stata rinvenuta proprio la straordinaria immagine a mosaico di un grifone (XI secolo). La creatura sembra procedere fiera al trotto; straordinariamente mantiene con il becco un giglio, simbolo del potere imperiale che pare richiamare direttamente lo scettro degli Hohenstaufen, come raffigurato sulla lastra dell’ambone.

Il mosaico pavimentale del grifone come visibile dalla navata centrale.

Un’altra figura simbolica che sovente ricorre presso le cattedrali romaniche e gotiche, e che è possibile rinvenire anche a Bitonto, è quella della sirena bicaudata. Si tratta di una rappresentazione dal valore ammonitorio: la sirena è simbolo delle tentazioni carnali e dell’infedeltà.

Una sirena bicaudata

La facciata e gli esterni

Esternamente la Cattedrale di San Valentino non è dissimile da come dovette osservarla Federico II al suo arrivo a Bitonto, a eccezione della loggia angolare cinquecentesca, detta “delle benedizioni”. La facciata, a spioventi, è tripartita da lesene e si apre sull’antistante piazza attraverso tre portali e un elegante rosone. Il fianco meridionale, invece, si allunga attraverso un prezioso loggiato a esafore. Sotto l’ultimo degli arconi laterali è incastonata la Porta della Scomunica.

Bitonto
Alcuni ragazzi giocano a calcio durante la nostra visita alla cattedrale di San Valentino a Bitonto.

Il portale centrale è magistralmente scolpito con scene del Nuovo Testamento e motivi fitoformi. Agli episodi della vita di Cristo sull’architrave, fa da coronamento l’Anastasis (discesa agli inferi e resurrezione) all’interno della lunetta. Due aquile, appollaiate sopra i capitelli delle colonne, che si dipartono dal dorso di consunti leoni stilofori, sorvegliano guardinghi l’ingresso della cattedrale.

L’eredità di Federico II a Bitonto

Da quel luglio del 1229, quando l’imperatore Federico II e le sue truppe entrarono trionfalmente a Bitonto, sono passati quasi ottocento anni. Quel mondo, fatto di valori e conoscenze che oggi ci appaiono così lontani, riemerge con forza all’interno della cattedrale di San Valentino. È evidente in questo luogo un’eredità immaginifica e potente, ove un senso di mistica nostalgia si risveglia sin nei più profondi anfratti dell’animo. Percorrendo l’ampia piazza antistante l’edificio, pare ancora di udire le severe parole di scomunica dì Gregorio IX o gli appassionati sermoni in onore di Federico II di Svevia.

L’imperatore decise, infine, di risparmiare la città di Bitonto, sebbene fosse stata traditrice. Il legame tra il puer apuliae e la città fu controverso e tormentato, ma fu lo specchio di un’epoca straordinaria che lasciò tracce indelebili sino ad oggi. Tra queste, la ricerca di una bellezza simbolica e di significato; la costante proiezione dell’uomo verso la sfera del divino; la percezione di legami inestinguibili. Federico II e gli Hohenstaufen non hanno mai davvero abbandonato Bitonto, sono ancora lì eternamente presenti. Sono tra le pieghe scolpite di un capitello marmoreo, sono tra le tenebrose navate sul far della sera, sono negli occhi di chi osserva, abbagliato, le bellezze della città.

Samuele Corrente Naso

Mappa dei luoghi

Note

  1. M. S. Calò Mariani, R. Cassano, Federico II. Immagine e potere, Venezia 1995. ↩︎
  2. P. Schubring, Bischofsstühle und Ambonen in Apulien, Zeitschrift für Christliche Kunst, 1900. ↩︎
  3. A. Avena, I monumenti dell’Italia meridionale, Roma 1902. ↩︎
  4. R. M. Kloos, Nikolaus von Bari, eine neue Quelle zur Entwicklung der Kaiseridee unter Friedrich II., Deutsches Archiv, 11, 1954-1955. ↩︎
  5. H. M. Schaller, Il rilievo dell’ambone della cattedrale di Bitonto. Un documento dell’idea imperiale di Federico II, Archivio Storico Pugliese, 1960. ↩︎
  6. F. delle Donne, Il potere e la sua legittimazione: letteratura encomiastica in onore di Federico II di Svevia, Nuovi segnali, Arce, 2005, in Testis Temporum. Fonti e Studi sul Medioevo dell’Italia Centrale e Meridionale, 2. ↩︎
  7. “Citharedus mirabilis et prophetarum eximius rex David in premissa auctoritate de duobus imperatoribus prophetavit, videlicet de celesti imperatore, qui ventis et mari imperat”. ↩︎
  8. F. Delle Donne, Città e Monarchia nel Regno svevo di Sicilia. L’”Itinerario” di Federico II di anonimo pugliese, Salerno 1998. ↩︎
  9. L. Charbonneau-Lassay, Il Bestiario di Cristo. La misteriosa emblematica di Gesù Cristo, Vol. 2., Arkeios, Roma, 1994. ↩︎

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