Federico Guglielmo I di Brandeburgo

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Federico Guglielmo I di Brandeburgo
Federico Guglielmo di Brandeburgo ritratto da Govert Flinck nel 1652
Principe Elettore di Brandeburgo
Duca di Prussia
Stemma
Stemma
In carica1º dicembre 1640 –
9 maggio 1688
PredecessoreGiorgio Guglielmo
SuccessoreFederico III
NascitaBerlino, 15 febbraio 1620
MortePotsdam, 9 maggio 1688 (68 anni)
Luogo di sepolturaDuomo di Berlino
Casa realeHohenzollern
PadreGiorgio Guglielmo di Brandeburgo
MadreElisabetta Carlotta del Palatinato-Simmern
ConsortiLuisa Enrichetta d'Orange
Sofia Dorotea di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg
FigliPrime nozze:
Carlo Emilio
Federico
Luigi
Seconde nozze:
Filippo Guglielmo
Maria Amalia
Alberto Federico
Carlo
Elisabetta Sofia
Cristiano Ludovico
ReligioneCalvinismo
Firma

Federico Guglielmo di Brandeburgo, detto Il Grande Elettore (Berlino, 15 febbraio 1620Potsdam, 9 maggio 1688), fu principe elettore di Brandeburgo, duca di Kleve e di Prussia della dinastia degli Hoenzollern.

Personaggio tra i più noti della casata degli Hohenzollern, è noto come il Grande Elettore (in tedesco der Große Kurfürst) per le sue conquiste in campo militare e politico. Strenuo calvinista, associò le proprie fortune a quella della crescente classe commerciale brandeburghese, vedendo nel commercio l'opportunità per far crescere il suo stato, gettando le basi per lo sviluppo della futura potenza della Prussia. Con le politiche interne che attuò nel suo stato, diede un nuovo ruolo al Brandeburgo nella politica dell'Europa centro-settentrionale, preparando il terreno per la proclamazione del regno di Prussia che avverrà sotto suo figlio e successore.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Federico Guglielmo da bambino, incisione del 1626

Federico Guglielmo era figlio di Giorgio Guglielmo (1595–1640), e di sua moglie, Elisabetta Carlotta principessa del Palatinato (1597–1660). Dalla primavera del 1627 sino all'estate del 1634, visse entro le mura sicure della fortezza di Küstrin con il suo tutore, Johann Friedrich von Kalkum e, occasionalmente, trascorreva dei periodi alla residenza di caccia di suo padre da poco costruita a Letzlingen. Gran parte della sua giovinezza la visse da solo poiché i suoi genitori vivevano di fatto separati. Di lui si occupò invece attivamente suo zio Gustavo II Adolfo di Svezia, che provava per lui grande affetto. Studiò fin da piccolo lingue come il francese e lo svedese oltre al nativo tedesco, e venne cresciuto secondo i principi della religione riformata. La sua preparazione fisica venne incoraggiata dalla partecipazione alle cacce organizzate a corte.

L'apprendistato in Olanda[modifica | modifica wikitesto]

Mentre i territori dello stato di suo padre venivano devastati da truppe imperiali e svedesi nel corso della guerra dei trent'anni, il quattordicenne principe elettorale venne inviato nei Paesi Bassi dal luglio del 1634, in un periodo in cui l'Olanda viveva uno dei suoi periodi di maggior splendore. Qui Federico Guglielmo completò la propria formazione, imparando la lingua locale e formandosi anche all'artigianato.

Federico Guglielmo venne accolto alla corte dello stadtholder Federico Enrico d'Orange, zio di sua madre, che lo pose a risiedere ad Arnhem. A Leida, frequentò i corsi della locale università e per quattro anni acquisì conoscenze notevoli che influiranno decisamente sul suo carattere e sulle sue azioni future come elettore del Brandeburgo. Nel contempo, Federico Guglielmo acquisì un notevole rispetto e una grande conoscenza dell'Olanda e degli olandesi, uno stato che secondo il suo ideale si presentava altamente sviluppato per l'epoca, una potenza che aveva fatto del commercio l'anima della propria stessa sopravvivenza e che egli sfruttò come modello poi anche per il Brandeburgo dove tutto ciò mancava completamente. Ad Amsterdam apprese i segreti della cantieristica navale. Nell'estate del 1638 fu a Berlino contro la sua volontà per volere di suo padre.

Anche negli anni in Olanda, Federico Guglielmo si dimostrò un individuo risoluto e caparbio, profondamente religioso e intellettualmente vivace. Ammirato profondamente dallo statolder Enrico dei Paesi Bassi, il giovane tedesco si innamorò profondamente della figlia di lui, Luisa Enrichetta, con la quale si sposò in seguito.

La difficile ascesa al trono[modifica | modifica wikitesto]

Il giovane principe elettore in una stampa d'epoca

Alla morte del padre, nel 1640, il ventenne Kronprinz si ritrovò a salire al trono in uno dei periodi storici peggiori per il Brandeburgo: le città, fortemente provate dalle recente guerra, erano in gran parte spopolate, il commercio ristagnava, le industrie erano distrutte, le campagne desolate e incolte, la popolazione decimata dagli eserciti e dalle epidemie. Berlino, la capitale, contava appena poche migliaia di abitanti. A questo si assommava il fatto che il Brandeburgo, Cleve e Mark erano ancora occupati in gran parte da truppe straniere (gli svedesi nel Brandeburgo, gli olandesi a Cleve e gli imperiali nella contea di Mark). Il ducato di Prussia era considerato una proprietà incerta del sovrano locale dal momento che lo stesso Federico Guglielmo dovette prestare giuramento feudale al re Ladislao IV Vasa quando assunse il suo incarico come reggente. Il suo stesso governo era retto dal potentissimo principe Adamo di Schwarzenberg, il quale era desideroso di potere personale a scapito della figura dell'elettore.

Saggiamente, Federico Guglielmo decise come prima cosa di salvare ciò che poteva essere salvato, concludendo un armistizio con la Svezia e restando neutrale nel conflitto sino al 1648 quando, con la Pace di Vestfalia, gli furono assegnati la Pomerania occidentale e alcuni territori intorno al Brandeburgo. A Cleve recuperò il dominio e coltivò relazioni stabili con i vicini olandesi, presso i quali aveva vissuto e coi quali aveva uno splendido rapporto personale. Col supporto di Johann Gregor Memhardt, che venne da lui nominato capomastro elettorale, Federico Guglielmo ripristinò il sistema di fortificazioni che avevano innanzitutto il compito di proteggere i suoi domini.

Riuscì grazie alla sua tenacia a ripopolare le regioni colpite dalla guerra, accogliendo molti Ugonotti fuggiti dalla Francia.

Ritratto di Federico Guglielmo con la moglie Luisa Enrichetta

A livello di politica interna, per prima cosa lavorò per distruggere l'influenza negativa e personale del conte Adamo di Schwarzenberg che, come consiglio segreto, aveva effettivamente diretto gli affari di stato dell'elettorato del Brandeburgo in maniera autocratica. Subito dopo essersi insediato, l'elettore lo destituì dalla sua posizione e l'anno successivo ordinò addirittura il suo arresto, confinandolo quindi nella fortezza di Spandau dove morì quattro giorni dopo.

Il suo matrimonio con la figlia dello stadtholder d'Olanda, oltre ad un ricco patrimonio di dote (120.000 Reichstalers in contanti e gioielli per un valore di 60.000 reichstaler), gli portò uno stuolo di artisti, artigiani, costruttori, agricoltori e mercanti olandesi che contribuirono alla modernizzazione del Brandeburgo e promossero nuovi investimenti nella regione. A Berlino ed a Potsdam, in particolare, si stabilirono vere e proprie "colonie olandesi" che si occuparono dell'ampliamento e della riprogettazione delle fortificazioni, oltre che dell'ampliamento del palazzo cittadino e della costruzione di strade e canali.

La diplomazia[modifica | modifica wikitesto]

Durante la guerra dei trent'anni, Federico Guglielmo si sforzò di mantenere, con un esercito minimo, un delicato equilibrio tra le forze protestanti e cattoliche che combattevano in tutto il Sacro Romano Impero. Da questi impietosi inizi Federico Guglielmo riuscì a ricostruire i suoi territori devastati dalla guerra. In contrasto con le dispute religiose che hanno sconvolto gli affari interni di altri stati europei, il Brandeburgo-Prussia ha beneficiato della politica di tolleranza religiosa adottata da Federico Guglielmo. Con l'aiuto delle sovvenzioni francesi, costruì un esercito per difendere il paese. Nella Seconda Guerra del Nord, fu costretto ad accettare il vassallaggio svedese per il Ducato di Prussia secondo i termini del trattato di Königsberg[1], ma con il progredire della guerra riuscì a ottenere piena sovranità per il ducato prussiano nei trattati di Labiau, Wehlau, Bromberg e Oliva, lasciando l'imperatore del Sacro Romano Impero come suo unico privilegio per le sue proprietà imperiali[2].

Nel conflitto per l'eredità della Pomerania, Federico Guglielmo dovette accettare due battute d'arresto. Sebbene abbia avuto successo militarmente nella Pomerania svedese, ha dovuto piegarsi alle richieste della Francia e restituire i suoi guadagni in Svezia nel trattato di Saint-Germain-en-Laye[3].

La nascita del nuovo esercito e la Guerra d'Olanda[modifica | modifica wikitesto]

Principato di Brandeburgo
Hohenzollern

Federico I
Nipoti
Federico II
Alberto III
Giovanni I
Gioacchino I
Gioacchino II
Giovanni Giorgio
Figli
Gioacchino Federico
Figli
Giovanni Sigismondo
Giorgio Guglielmo
Federico I Guglielmo
Federico III
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Federico Guglielmo in un ritratto in armi del 1650 circa

Nel 1653, dopo estenuanti trattative durate un anno, Federico Guglielmo ottenne dagli Junker i fondi necessari per la creazione di un piccolo esercito permanente. Venne infatti creato il Generalkriegskommissariat (Commissariato generale della guerra), un organo incaricato di riscuotere in tutto lo stato le tasse di guerra. In cambio la nobiltà, che fino ad allora si occupava della riscossione di tutte le imposte, ottenne una serie di privilegi e di esenzioni fiscali ma, cosa più importante, vedeva rafforzata la propria giurisdizione sui contadini. Federico Guglielmo ottenne la corona del ducato di Prussia a seguito della Seconda Guerra del Nord, nella quale si alleò con la Svezia di Carlo X, sconfiggendo Russia e Danimarca.

Federico Guglielmo fu un comandante militare di vasta fama nella sua epoca, ed il suo esercito permanente sarebbe diventato in seguito il modello per quello prussiano. È noto per la sua vittoria congiunta con le forze svedesi nella Battaglia di Varsavia, che, secondo Hajo Holborn, segnò "l'inizio della storia militare prussiana"[4], ma gli svedesi lo attaccarono per volere del re Luigi XIV e invasero il Brandeburgo dopo che questi aveva inviato 20.000 uomini in Renania per accordi che in precedenza aveva preso proprio con gli amici olandesi che ora erano in guerra col Re Sole.

Dopo aver marciato per 250 chilometri in 15 giorni, colse di sorpresa gli svedesi e riuscì a sconfiggerli sul campo nella battaglia di Fehrbellin, distruggendo il mito dell'invincibilità militare svedese. In seguito distrusse un altro esercito svedese che invase il Ducato di Prussia nel 1678. È noto per il suo uso delle direttive generali e della delega decisionale ai suoi comandanti, che in seguito diverranno la base per la dottrina tedesca di Auftragstaktik, ed è noto per l'utilizzo della mobilità rapida per sconfiggere i suoi nemici[5].

Il consolidamento dello stato[modifica | modifica wikitesto]

Dipinto allegorico raffigurante Federico Guglielmo che accoglie la sottomissione delle province da poco conquistate; in primo piano la Pomerania

Poste le basi del suo nuovo stato, Federico Guglielmo si preoccupò della politica interna e di risistemare l'economia del Brandeburgo accogliendo i vari esuli delle nazioni confinanti, promuovendo la costruzione di nuove industrie, di strade, di dighe e di canali, facendo bonificare le paludi per l'agricoltura, rafforzando la burocrazia ed accentuando l'importanza dell'elettore di Berlino, unica figura che accomunava gli eterogenei territori tedeschi a lui sottomessi. Rinforzò inoltre l'esercito con l'introduzione di nuove macchine belliche e raddoppiò gli effettivi in servizio; all'aristocrazia concesse poteri latifondisti, militari ed uffici pubblici.

Nel 1680, allo scopo di ottenere il rimborso di un prestito di 1,8 milioni di talleri dalla Spagna o comunque rivalersi nei confronti della potenza ispanica per pari importo, diede inizio alla guerra ispano-brandeburghese, una guerra di corsa condotta da squadre della Marina brandeburghese, che attaccavano navi e convogli mercantili spagnoli per appropriarsi del carico, che veniva poi venduto. Tuttavia, dopo i primi successi di modesta portata, la sua squadra principale fu sonoramente sconfitta dalla flotta spagnola a Capo San Vincenzo, nel Portogallo meridionale, nel 1681 e Federico, anche a seguito delle proteste delle altre potenze europee, pose fine al conflitto.

Nel 1685 accolse gli esuli ugonotti dalla Francia.

Morì il 9 maggio 1688 nel suo palazzo di Potsdam e la sua salma venne posta nella cripta degli Hohernzollern del Duomo di Berlino. Gli succedette il figlio Federico I di Prussia.

Dipinto del matrimonio di Federico Guglielmo e Luisa Enrichetta nel 1646, di Johannes Mytens.

Matrimoni[modifica | modifica wikitesto]

Primo matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Sposò, il 7 dicembre 1646 a L'Aia, Luisa Enrichetta d'Orange (1627–1667), figlia di Federico Enrico d'Orange. Ebbero sei figli:

Secondo matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Sposò, il 13 giugno 1668, Sofia Dorotea di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg (1636–1689), figlia di Filippo di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg e di Sofia Edvige di Sassonia-Lauenburg. Ebbero sette figli:

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Gioacchino III Federico di Brandeburgo Giovanni Giorgio di Brandeburgo  
 
Sofia di Liegnitz  
Giovanni Sigismondo di Brandeburgo  
Caterina di Brandeburgo-Küstrin Giovanni di Brandeburgo-Küstrin  
 
Caterina di Brunswick-Wolfenbüttel  
Giorgio Guglielmo di Brandeburgo  
Alberto Federico di Prussia Alberto I di Prussia  
 
Anna Maria di Brunswick-Lüneburg  
Anna di Prussia  
Maria Eleonora di Jülich-Kleve-Berg Guglielmo di Jülich-Kleve-Berg  
 
Maria d'Austria  
Federico Guglielmo I di Brandeburgo  
Ludovico VI del Palatinato Federico III del Palatinato  
 
Maria di Brandeburgo-Bayreuth  
Federico IV Elettore Palatino  
Elisabetta d'Assia Filippo I d'Assia  
 
Cristina di Sassonia  
Elisabetta Carlotta del Palatinato-Simmern  
Guglielmo I d'Orange Guglielmo I di Nassau-Dillenburg  
 
Giuliana di Stolberg  
Luisa Giuliana di Nassau  
Carlotta di Borbone-Montpensier Luigi III di Montpensier  
 
Jacqueline de Longwy  
 

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (DE) Volker Press, Kriege und Krisen. Deutschland 1600–1715, Neue deutsche Geschichte, vol. 5, Munich, Beck, 1991, pp. 401–402, ISBN 3-406-30817-1.
  2. ^ (DE) Volker Press, Kriege und Krisen. Deutschland 1600–1715, Neue deutsche Geschichte, vol. 5, Munich, Beck, 1991, pp. 402ff, ISBN 3-406-30817-1.
  3. ^ Christopher M. Clark, Iron kingdom: the rise and downfall of Prussia, 1600–1947, Harvard University Press, 2006, p. 50, ISBN 0-674-02385-4.
  4. ^ Hajo Holborn, A History of Modern Germany: 1648–1840, A History of Modern Germany, vol. 2, Princeton University Press, 1982, p. 57, ISBN 0-691-00796-9.
  5. ^ Citino, Robert. The German Way of War. From the Thirty Years War to the Third Reich. pp 1–35. University Press of Kansas, 2005.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carsten, Francis L. "The Great Elector and the foundation of the Hohenzollern despotism." English Historical Review 65.255 (1950): 175–202. Online
  • Carsten, Francis L. "The Great Elector" History Today (1960) 10#2 pp. 83–89.
  • Clark, Christopher M. Iron kingdom: the rise and downfall of Prussia, 1600–1947 (Harvard UP, 2006).
  • Citino, Robert. The German Way of War. From the Thirty Years War to the Third Reich (UP Kansas, 2005).
  • Holborn, Hajo. A History of Modern Germany: Vol 2: 1648–1840 (1982).
  • McKay, Derek. The Great Elector: Frederick William of Brandenburg-Prussia (Routledge, 2018), standard scholarly biography
  • Mühlbach, L. The reign of the Great Elector (1900) online free
  • Richardson, Oliver H. "Religious Toleration under the Great Elector and Its Material Results." English Historical Review 25.97 (1910): 93–110 Online.
  • Schevill, Ferdinand. The Great Elector (U of Chicago Press, 1947), outdated biography
  • Wilson, Peter H. "The Great Elector. (Shorter Notices)." English Historical Review 117#472 (2002) pp. 714+. online review of McKay.
  • Johannes Arndt: Der Große Kurfürst, ein Herrscher des Absolutismus? Über die Möglichkeiten und Grenzen monokratischer Herrschaft im 17. Jahrhundert. In: Ronald G. Asch, Heinz Duchhardt (Hrsg.): Der Absolutismus – ein Mythos? Strukturwandel monarchischer Herrschaft in West- und Mitteleuropa (ca. 1550–1700). Köln u. a. 1996, S. 249–273.
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  • Hans-Joachim Giersberg, Claudia Meckel und Gerd Bartoschek. (Redaktion): Der Große Kurfürst. Sammler, Bauherr, Mäzen. Kurfürst Friedrich Wilhelm 1620–1688. (Katalog zur Ausstellung) Neues Palais in Sanssouci, 10. Juli bis 9. Oktober 1988. Potsdam 1988.
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  • Gerd Heinrich (Hrsg.): „Ein sonderbares Licht in Teutschland“. Beiträge zur Geschichte des Großen Kurfürsten von Brandenburg (1640–1688) (= Zeitschrift für Historische Forschung. Beihefte 8). Berlin 1990.
  • Georg Hiltl: Der Große Kurfürst und seine Zeit. Velhagen & Klasing, Bielefeld/Leipzig 1880 (Digitalisat).
  • Hans Huth: Otto Friedrich von der Groebens Abenteuer in Afrika. Zur ersten deutschen Kolonialgründung unter dem Großen Kurfürsten, in: Jahrbuch „Der Bär von Berlin“, hrsg. v. Verein für die Geschichte Berlins, 25. Jahrgang, Berlin 1976.
  • Ludwig Hüttl: Friedrich Wilhelm von Brandenburg, der Große Kurfürst 1620–1688. Eine politische Biographie. Süddeutscher Verlag, München 1981, ISBN 3-7991-6108-2.
  • Martin Lackner: Die Kirchenpolitik des Großen Kurfürsten (= Untersuchungen zur Kirchengeschichte, Band 8). Luther-Verlag, Witten 1973, ISBN 3-7858-0166-1.
  • Leopold von Ledebur: Schauplatz der Thaten oder Aufenthalts-Nachweis des Kurfürsten Friedrich Wilhelm des Großen. Berlin 1840 (E-Kopie).
  • Jürgen Luh: Der Große Kurfürst: Friedrich Wilhelm von Brandenburg – Sein Leben neu betrachtet. Siedler, München 2020, ISBN 978-3-8275-0096-0.
  • Jürgen Luh, Michael Kaiser, Michael Rohrschneider (Hrsg.): Machtmensch Familienmensch. Kurfürst Friedrich Wilhelm von Brandenburg. Aschendorff, Münster 2020, ISBN 978-3-402-13419-1.
  • Ernst Opgenoorth: Friedrich Wilhelm, der Große Kurfürst von Brandenburg, Band 1: Eine politische Biographie 1620-1660, Band 2: Eine politische Biographie 1660–1680. Musterschmidt, Göttingen/Zürich 1971/1978, ISBN 3-7881-1668-4.

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