Götz von Berlichingen: il Guerriero con una Mano di Ferro

Götz von Berlichingen è stato uno degli uomini d’arme tedeschi più famosi del XVI secolo. Passato alla storia per aver combattuto per oltre 40 anni con una protesi meccanica al posto del braccio destro, perso in battaglia a 24 anni, Götz von Berlichingen è diventato anche il protagonista di una famosa opera di Goethe. Il suo fascino è rimasto inalterato nel corso dei secoli e ha ispirato anche (il compianto) Kentaro Miura per la creazione del personaggio principale di Berserk.

Gotz Von Berlichingen nasce lo stesso anno che vide i natali un altro grande guerriero del passato, Pier Gerlofs Donia, ossia nel 1480, ma, a differenza del pirata frisone descritto ne I Padroni dell’Acciaio, ebbe una vita molto più lunga e ricca di eventi.

Per certi versi possiamo che dire che si tratta dell’ultimo articolo che tocca, anche se in modo incidentale, i legami tra i personaggi creati dal magaka giapponese Kentaro Miura in Berserk e alcuni guerrieri realmente esistiti nell’ Europa medievale e rinascimentale, come John Hawkwood e Pier Gerlofs Donia,

In realtà, per approfondire il rapporto Berserk-Realtà Storica bisognerebbe spulciare ogni singola pagina del fumetto e andare a ricercare l’archetipo utilizzato da Miura per la realizzazione di ciascuna tavola.

A proposito di questo, qualche anno fa un forum russo ha riportato decine di somiglianze fra edifici rinascimentali, statue, ecc. e opere riprodotte nel fumetto (fra cui S.Pietro, il Pantheon, un quadro di Dalì…) che confermano il grande studio su cui si poggia l’impianto di Berserk.

La cosa divertente è che nello stesso forum viene linkato il mio articolo su Donia, chissà che diavolo è uscito fuori con il traduttore di Google! Tornando all’oggetto del post, bisogna ammettere che il braccio d’acciaio di Gatsu è una delle trovate più azzeccate di Miura.

Götz von berlichingen
Il dettaglio della seconda protesi di Berlichingen

Quella sorta di antesignano delle moderne protesi, eppure più funzionale di queste ultime, contribuisce a rendere sempre meno umano (anche dal punto di vista fisico) il protagonista. Come Bruce Campbell in L’Armata delle Tenebre, anche Gatsu ha ereditato il suo braccio d’acciaio da Götz von Berlichingen, le cui vicende si intrecciano parzialmente con altri due Padroni dell’Acciaio: Enrico V di Brunswick (contro cui combatte nella rivolta dei contadini) e Alberto Alcibiades, margravio di Brandeburgo di cui è, formalmente, il servitore.

Qui sotto, troverete il primo capitolo dell’ultimo volume pubblicato da Zhistorica, Götz von Berlichingen – Serie I Padroni dell’Acciaio, con le splendide illustrazioni di Francesco Saverio Ferrara. Sono ancora disponibili copie firmate e spedizione gratuita.

Buona lettura:

“Ho sentito spesso, da mio padre e mia madre, ma anche dai miei fratelli e sorelle maggiori, e dai vecchi servitori e servitrici, che ero un bambino meraviglioso. Per tutta l’infanzia mi sono comportato in modo tale che moltissimi avevano concluso che sarei diventato un soldato o un cavaliere.”

Götz[1] nasce nel 1480 da due esponenti della piccola nobiltà del Sud-Ovest della Germania, Kilian von Berlichingen e Margaretha von Thüngen. Il castello di Jagsthausen, dove vede la luce, è situato nella Contea del Württemberg[2], in quella che oggi è la regione del Baden-Württemberg.

Il possedimento storico dei Berlichingen sorge sulle sponde del fiume Jagst, un affluente del Neckar[3], ed è proprio a Jagsthausen che Götz passa l’infanzia. A soli undici anni, però, si trasferisce da un parente, Kunz von Neuenstein, che vive a Niedernhall[4], pochi chilometri a est di Jagsthausen. D’altronde, Götz è il quinto di cinque maschi – gli altri sono Kilian, Philipp, Hans e Hans Wolf – ed è frequente, in quel periodo, mandare uno dei figli presso qualcuno in grado di educarlo e indirizzarlo in base alle sue inclinazioni naturali.

A Niedernhall frequenta la scuola locale ma, quasi immediatamente, mostra poco interesse per lo studio e una grande passione per le cavalcate e il combattimento.

Poco tempo dopo, lo prende sotto la sua custodia un altro parente, Konrad von Berlichingen, con il quale rimane tre anni facendogli da scudiero.

📚 I Padroni dell’Acciaio è il primo volume edito da Zhistorica ed è disponibile in un box che comprende anche Gotz von Berlichingen. Racconta le battaglie e le imprese di dieci soldati, condottieri e uomini d’arme del XV e XVI secolo, attraverso avvincenti monografie e illustrazioni prestigiose (20 opere originali e oltre 30 mappe). Oltre a una bibliografia generale commentata alla fine del volume, ogni monografia è dotata di una specifica bibliografia commentata. I protagonisti del volume sono Giorgio Castriota Scanderbeg, Pier Gerlofs Donia, Pregianni de Bidoux, Ettore Fieramosca, Giovanni delle Bande Nere, Enrico V di Brunswick, Alberto Alcibiades, Jean de La Valette, Astorre Baglioni e Franz Schmidt.

Konrad è hofmeister[5]alla corte di Federico, margravio di Brandenburgo-Ansbach[6], una posizione che gli ha consentito di tessere una fitta di rete di contatti nell’area della Franconia[7]. In pochi mesi, il giovane Götz lo prende come punto di riferimento.

Proprio nelle vesti di rappresentante del margravio, Konrad deve prendere parte alla Dieta di Worms del 1495[8]. Questo evento dà a Götz, non ancora quindicenne, l’opportunità di allontanarsi per la prima volta dai luoghi in cui è cresciuto.  

I due cavalcano da Ansbach[9] a Schrozberg e poi, in un solo giorno, arrivano prima a Mosbach e poi a Heidelberg, dove fanno colazione alla locanda Al Cervo (Zum Hirsch). Dopo una breve sosta raggiungono, sempre in giornata, la città di Worms. Dalla sua autobiografia emerge chiaramente l’entusiasmo per questo viaggio:

“Ho calcolato che abbiamo cavalcato per otto o nove miglia al giorno[10], che, ai tempi, quando ero solo un ragazzo, mi sembravano una distanza molto lunga da percorrere.”

gotz von berlichingen zhistorica
le prime tappe dell’itinerario del viaggio di Gotz: Ansbach – Schrozberg (nei pressi di Rotenburg) – Mosbach (G.G. Rossi)

In due giorni, Götz e Konrad cavalcano per circa duecento chilometri. Abbastanza in fretta da essere i primi a presentarsi in città per la dieta.

A Worms, il giovane scudiero inizia quindi a conoscere i personaggi più potenti della Germania di fine XV secolo e assiste a una dieta che avrà ripercussioni importanti sulla sua vita e sull’intera storia germanica. Riassumendo in modo molto stringente, la Dieta di Worms sancisce: la Pace Perpetua (Ewiger Landfriede), ossia la fine del diritto di vendetta (Fehderecht) di stampo medievale; l’istituzione del Tribunale Camerale dell’Impero (Reichskammergericht), un organo giudiziario centrale per risolvere le controversie più rilevanti; la creazione del Pfenning Imperiale (Gemeiner Pfennig), un’imposta gravante su ogni suddito maggiore di 15 anni necessaria a finanziarie le enormi spese militari dell’impero.

Nei tre anni passati da Götz al servizio di Konrad, accade spesso che il suo mentore venga inviato come rappresentante del margravio Federico a Ulm, Augusta, di nuovo a Worms e in altri luoghi.

Berlichingen lo segue spesso, acquisendo sempre maggiore dimestichezza nell’arte del sapersi rapportare con i suoi pari della piccola nobiltà e con i signori di rango superiore.

L’attività di rappresentanza di Konrad von Berlichingen è talmente frenetica che questi riesce a trattenersi presso i suoi possedimenti solo un paio di mesi l’anno, mentre il resto del tempo lo passa a stringere mani per conto del margravio:

“E anche quando [Konrad] rimaneva a casa, i suoi affari e quelli dei suoi amici e dei cavalieri di Franconia erano così tanti e vari, che aveva poco tempo per rimanere tranquillo anche in tarda età. Per quanto mi riguarda, io dovevo accompagnarlo e prestare i miei servizi come scudiero.”

Con questi dettagli, Götz ci offre anche uno spaccato interessante della vita e degli impegni della piccola nobiltà tedesca di quel periodo, spesso indaffarata in raduni, diete e, come vedremo a breve, faide.

L’ultimo dei numerosi incontri cui Götz prende parte insieme a Konrad è quello a Lindau, sulla sponda orientale del Lago di Costanza, nel 1497. È lì che, nelle imminenze del Carnevale, Konrad von Berlichingen muore improvvisamente.

Götz, accompagnato dall’arcivescovo di Magonza Bertold von Henneberg-Römhild[11], porta il corpo del parente fino al monastero di Schönthal, il luogo di sepoltura tradizionale della casata dei Berlichingen.

Poco dopo, Götz è accolto ufficialmente come scudiero alla corte di Federico di Brandenburgo-Ansbach. D’altronde, è già stato portato all’attenzione del margravio dal defunto Konrad e viene considerato un giovane di grande prospettiva: una risorsa, insomma, da coltivare con cura. Bisogna anche tenere presente che, nel Württemberg, la pratica della primogenitura non ha grande diffusione, per cui Götz e i fratelli sono destinati a ricevere tutti la stessa quota di eredità. Sta quindi a lui provare a salire, un gradino dopo l’altro, la (ripida) scalinata verso la gloria.

Quando viene a sapere che il margravio deve inviare un contingente in Alta Borgogna, al servizio dell’esercito di Massimiliano d’Asburgo, Berlichingen chiede di unirsi alla spedizione, guidata da Guy de Lenterscheim.

La prima tappa del contingente di cui fa parte Götz è Friburgo, dove, alla fine di settembre, deve tenersi una nuova dieta[12].

Presta servizio lì per due settimane, forse per dare una mano con i preparativi dell’assemblea, prima di rimettersi in marcia.

Gotz von Berlichingen iron hand
Massimiliano I
L’imperatore Massimiliano in un’illustrazione del 1540

Il contingente ha come destinazione finale Langres, una cittadina sulla Marna 220 km a ovest di Friburgo, ma si riunisce per la rassegna a Ensisheim[13], a 45 km della città tedesca. Sulla strada per Langres:

Prendemmo diversi castelli. Indossavamo l’armatura giorno e notte e ci accampammo la sera di San Giacomo, con la città in vista.”

La marcia, comunque, è molto dura.

L’estate del 1497 è tremendamente afosa. Solo l’ultimo giorno, almeno tre cavalieri muoiono a causa dei colpi di calore.

Le condizioni metereologiche cambiano improvvisamente la mattina seguente, quando scoppia un violentissimo temporale. I chicchi di grandine sono grandi come uova di gallina e altrettanto pesanti. Un commilitone lanzichenecco di Götz ha l’ardire di avventurarsi allo scoperto senza elmo, ma riesce a fare solo pochi passi prima di stramazzare al suolo, colpito alla testa dalla grandine.

Vista la prematura dipartita del lanzichenecco, gli altri soldati attendono con pazienza che smetta di piovere ghiaccio. Alla fine torna il caldo, ancora più opprimente di prima. In virtù di quanto accaduto al suo commilitone, questa volta Götz evita di pregare per la pioggia e si limita a soffrire in silenzio insieme agli altri scudieri.

In tutto, il contingente di cui fa parte conta circa 2.000 lanzichenecchi e 700 cavalieri. Probabilmente non abbastanza per assediare la città, ma molti dei capitani sono convinti che l’esercito nemico abbia intenzione di uscire dalle mura per affrontarli in campo aperto e che, quindi, lo scontro sia imminente.

Visto che gli armati di Langres non hanno, invece, alcuna voglia di abbandonare le fortificazioni, i capitani imperiali ordinano alla truppa di spostarsi verso un villaggio vicino. I soldati non fanno in tempo a finire le tende, che le sentinelle suonano l’allarme.

A questo punto, Götz ci mostra cosa può accadere nel corso di una campagna militare, specie quando le cose non vanno come previsto dalla strategia iniziale.

Nella ressa della ritirata, Berlichingen se la prende con un altro scudiero, colpevole di essere riuscito a sellare un solo cavallo nello stesso lasso di tempo in cui lui ne ha sellati dieci. Subito dopo, si trova a compiere una lunga marcia a notte fonda per trovare un nuovo luogo dove accamparsi.

Gestire lo spostamento di quasi tremila soldati in territorio nemico è questione delicatissima, a maggior ragione nel cuore della notte. Non potendo uscire dal territorio controllato dai francesi, il contingente si ferma qualche chilometro più a est, in un piccolo borgo, ma è a corto di vettovaglie.

Al problema rimediano Götz e altri soldati, che riescono a pescare in un corso d’acqua lì vicino e a cacciare un po’ di selvaggina. Purtroppo per loro, non fanno in tempo ad accendere il fuoco per cucinare, che gli ufficiali ordinano (per la seconda volta in poche ore) di partire immediatamente.

L’azione è così repentina che Götz fa appena in tempo a slegare i cavalli e prendere l’armatura, visto che gli altri soldati hanno già dato alle fiamme tutto il borgo nel tentativo di lasciarsi alle spalle terra bruciata e rallentare così i francesi. La sua constatazione è piuttosto amara:

Di conseguenza, sia noi che i cavalli eravamo a digiuno da tre giorni e due notti.”

Insomma, dopo una lunga marcia forzata di circa 180 km da Ensisheim[14] a Langres, i soldati sono costretti a ripercorrere la stessa strada a ritroso per 160 km, fino a Thann[15]. Lo fanno a digiuno e senza neanche aver visto il nemico. Decisamente un brutto colpo per il morale.

Sono cose che accadono di frequente nel corso di una guerra, e ci aiutano a comprendere come la forza fisica e mentale di un soldato possa essere messa a dura prova da eventi collaterali al fatto d’arme inteso in senso stretto.

La sosta a Thann è molto breve, appena sufficiente a far recuperare loro le forze per riprendere la marcia verso la Lorena, dove li attendono Massimiliano d’Asburgo, Federico III di Sassonia e il fratello Giovanni[16].

Il sovrano intende attaccare il nemico nei pressi di Toul[17] e sopraffarlo, ma l’esercito marcia con poca convinzione, tanto che Götz commenta, con un certo disappunto:

Ci muovemmo troppo lentamente. Il contingente nemico aveva tagliato la corda da una buona mezza giornata prima del nostro arrivo.”

Il nuovo obiettivo è Metz[18], 60 km a nord costeggiando la Mosella. Anche lì, però, la situazione non evolve a favore di Massimiliano, che attende una decina di giorni prima di ordinare una nuova marcia, questa volta verso Namur, nel Brabante[19].

Duecento chilometri da percorrere alla svelta, nonostante l’inverno sia ormai alle porte, che si risolvono in un nulla di fatto. Ed è proprio per questo che Massimiliano, suscitando la felicità di Berlichingen (e di tutto l’esercito), ordina il “rompete le righe” all’inizio del novembre 1497.

Götz e i suoi commilitoni ritrovano quasi subito la voglia di marciare, visto che sono ad Ansbach meno di due settimane dopo.

Passano pochi giorni, e Berlichingen torna al servizio del margravio Federico. A corte ci sono diversi scudieri, paggi e garzoni che provengono dai contesti più disparati. In linea di massima, si possono trovare figli di piccoli nobili tedeschi come Berlichingen, giovani rampolli di casate polacche, italiane o di altra nazionalità, figli di ufficiali e amministratori che sono riusciti a ottenere qualche privilegio e così via.

Una polveriera di testosterone e voglia di segnalarsi che porta spesso a litigi e scontri. In uno di questi, Götz dà prova del suo temperamento.

Una sera, si trova a tavola con degli altri scudieri e indossa, vista la formalità dell’evento, una costosa giacca francese che Veit von Lentersheim[20] ha fatto cucire per lui a Namur, nel Brabante.

Il castello di Jagsthausen in un’illustrazione del 1807

Alzandosi dalla tavola, urta per sbaglio uno scudiero polacco, scompigliandogli i capelli che quello, con grande fatica, si è acconciato con l’albume d’uovo. Infuriato, il polacco prova a ferirlo con un coltello per il pane, ma Götz evita l’affondo e:

“Come è facile immaginare, mi arrabbiai.”

Götz porta al fianco due coltelli, uno lungo e uno corto. Sfodera quest’ultimo e ferisce al cranio l’arrogante scudiero polacco, che batte in ritirata. Subito dopo, con noncuranza, Berlichingen va ad assolvere i suoi doveri di scudiero prima di andare a dormire.

Il giorno successivo, il capo delle guardie di palazzo viene a conoscenza dell’accaduto e convoca subito Götz per infliggergli una punizione. Berlichingen cerca però di far valere la sua amicizia con i figli adolescenti del margravio, Casimiro e Giorgio, e chiede di poter parlare con loro[21]. Gli spiega loro che è stato il polacco a iniziare, e che quindi non c’è ragione di punirlo. I due gli danno ragione, ma riescono a convincerlo che la pena consisterà, nel peggiore dei casi, in un quarto d’ora di punizione nella torre del castello.

Per quanto preoccupato, Götz accetta di farsi rinchiudere. Rifiuta anche il mantello di pelliccia di zibellino offertogli da Giorgio, facendogli presente che non avrebbe problemi a dormire nel fango, figurarsi sul pavimento.

Come previsto, tutto si risolve facilmente. Meno di un quarto d’ora dopo, infatti, è il suo stesso capitano, Paul von Absberg[22], ad aprire la porta della cella. Götz è libero e, per giunta, tutti i paggi e i garzoni della corte, circa sessanta, sono dalla sua parte. Questa volta è il polacco a rischiare la cella, ma la faccenda si sgonfia in pochi giorni.

Tre mesi dopo, Götz si trova coinvolto in un’altra situazione spiacevole che ha come protagonista un polacco. Si vede infatti costretto a intervenire in un duello tra un garzone di questa nazionalità e un paggio proveniente dalla famiglia dei Wollmershausen.

In realtà, Berlichingen non ce l’ha con il ragazzo polacco in quanto tale, ma con la sua mancanza di rispetto verso l’etica cavalleresca. Prima che inizi il duello, infatti, il polacco attacca il tedesco con la spada mentre questi è ancora impegnato a estrarre l’arma dal fodero.

Götz si getta in mezzo ai due e urla all’assalitore:

Se provi a colpirlo ti spacco la testa e ti faccio crepare, che il diavolo ti si porti!”

Intimorito dalla sfuriata di Berlichingen, lo scudiero polacco lascia cadere la spada, seguito a ruota dal ragazzo tedesco. Di comune accordo, i due contendenti passano dalle lame a un combattimento a mani nude. Götz, che non vuole finire ancora davanti ai suoi superiori, si allontana dallo scontro, ma si trova davanti la sua vecchia nemesi, il paggio polacco che ha accoltellato un paio di mesi prima a corte.  

Berlichingen gli legge negli occhi una feroce brama di vendetta.

Volano insulti pesanti. La gente si affaccia ai balconi e rallenta lungo il marciapiede. Lo scontro, però, è di breve durata, perché Götz colpisce subito duro con la spada e costringe l’avversario a gettarsi in una corsa disperata verso l’abitazione del suo padrone:

Fuggì a gambe levate e andò a rifugiarsi nella locanda del duca di Lituania, di cui era il domestico. Lo lasciai fuggire, altrimenti avrei dovuto massacrarlo. Tuttavia, la bagarre aveva destato tanto scalpore che, credo, ci fossero più di cento persone alle finestre e sul marciapiede a guardarci.”

Zuffe a parte, nel 1498 Berlichingen ha già sulle spalle un paio di campagne militari, un buon numero di duelli e una discreta conoscenza delle questioni relative alla scorta di importanti nobili in occasione di diete e riunioni.

Non è quindi un caso che Federico lo voglia a capo della scorta che porterà il figlio Giorgio a Kassel per il matrimonio del langravio Guglielmo II d’Assia[23].

Fa parte della scorta anche Joachim d’Arnim che, neanche a dirlo, lo coinvolge in un’altra rissa. È notte fonda e l’avversario è più pericoloso del solito. Si tratta di un venditore ambulante che alloggia nella loro stessa locanda e, particolare ben più rilevante, ha appena ammazzato in duello un nobile tedesco della famiglia dei von Seckendorf[24]. Una morte, tra l’altro, molto dolorosa, visto che l’affondo fatale ha lacerato la vescica del giovane Seckendorf causandogli una lunga agonia.

Quando vede l’ambulante scattare verso di loro, Götz ha i riflessi pronti.  Blocca il braccio dell’avversario e riesce a strappargli l’arma a mani nude nella colluttazione che ne segue. L’azione è così convulsa che Berlichingen non riesce neanche a capire chi gli abbia provocato una profonda ferita alla testa, se il suo amico o il mercante.

Comunque, quest’ultimo fugge nella notte, con Götz, su tutte le furie, che cerca di raggiungerlo. Purtroppo per lui, non conosce bene i dintorni e, alla fine, deve desistere nonostante la gran voglia di “lasciargli qualche segno dei miei”.

Anche se la ferita alla testa gli provoca forti dolori quando indossa l’elmo, pochi giorni dopo Berlichingen stringe i denti e scorta Giorgio al matrimonio. Nonostante tutto, un’altra missione portata a termine con successo.


Come anticipato, questo è solo un assaggio di ciò che troverete nel volume dedicato a Götz von Berlichingen. Un ottimo modo per approfondire la storia di un grande personaggio e supportare Zhistorica.


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[1] Il nome di battesimo è Gottfried.

[2] Nel 1480, la Contea del Württemberg è governata da Eberardo I (1445-1496). La Dieta di Worms del 1495 eleverà la Contea a Ducato, facendo diventare Eberardo (che morirà pochi mesi dopo) il primo duca di Württemberg.

[3] Lungo il corso del Neckar sorgono città come Tubinga, Stoccarda, Heilbronn, Mosbach, e Heidelberg (capitale del Palatinato). Il fiume si getta nel Reno all’altezza di Mannheim.

[4] La Götzenhaus di Niedernhall, perfettamente restaurata, rimane una delle principali attrazioni del piccolo centro abitato.

[5] Carica assimilabile a quella di maggiordomo di palazzo, una delle più alte presso le corti di principi e vescovi germanici.

[6] Federico I di Brandeburgo-Ansbach (1460-1536) diventa margravio di Ansbach nel 1486. Succede al padre Alberto III di Brandeburgo, e margravio di Bayreuth nel 1495, alla morte del fratello maggiore Sigismondo.

[7] Nel IX secolo Franconia, Lotaringia, Baviera, Sassonia e Svevia diventano i primi cinque ducati del Regno dei Franchi Orientali. Il ducato di Franconia viene conferito da Federico Barbarossa al principe-vescovo di Wurzburg nel 1168. Continua a mantenere il titolo sebbene il territorio diventi sempre più frammentato e la stessa denominazione “Franconia” cada progressivamente in disuso fino alla seconda metà del XV secolo. La Franconia comprende città importanti come Norimberga, Wurzburg, Ansbach, Bamberga e Bayreuth.

[8] Convocata dall’imperatore Massimiliano I per il 2 febbraio 1495.

[9] Fino al Settecento conosciuta come Onolzbach.

[10] Il miglio germanico può variare molto a seconda della regione. Come riferimento possiamo prendere, qui, il miglio da circa 7.5 km in uso nel Württemberg, in Sassonia, Baviera e Prussia. I due hanno quindi percorso una media di 60-68 km al giorno, che equivale ai due giorni e mezzo di viaggio narrati da Götz stesso.

[11] Bertold von Henneberg-Römhild (1441-1504), arcivescovo di Magonza dal 1484, è uno dei nobili più potenti nel territorio dell’Impero Germanico.

[12] La dieta inizia ufficialmente a Friburgo il 28 settembre 1497, ma il primo a presentarsi, l’arcivescovo di Magonza Bertold von Henneberg-Römhild, arriva solo il 16 ottobre. L’incontro non è particolarmente fortunato, perché nel corso del 1498 vede svilupparsi un importante focolaio di sifilide (bösen Blattern) che si diffonde velocemente in tutto il circondario. A farne le spese è proprio l’arcivescovo di Magonza, che la contrae in quei mesi. [Vedi Das Gotteslästerermandat, Berthold von Henneberg und die Syphilis, Sudhoff, Karl. (1913) – In: Mitteilungen zur Geschichte der Medizin und der Naturwissenschaften Bd. 12 (1913) S. 1-9]

[13] Allora sotto il controllo degli Asburgo, oggi in territorio francese. Solo pochi anni prima, il 7 novembre 1493, la cittadina è diventata molto famosa per la caduta di un meteorite. L’evento è immortalato in una miniatura delle Croniche di Norimberga di Hartmann Schedel (1493).

[14] In quel periodo, Ensisheim è molto famosa per la caduta di un meteorite di 120 kg, avvenuta il 7 novembre 1492.

[15] Altra cittadina che, in quel periodo, fa parte dei possedimenti degli Asburgo. A lungo contesa tra Francia e Germania (come la maggior parte dei centri dell’Alsazia), è ora un comune francese nel dipartimento dell’Alto Reno.

[16] Federico III di Sassonia (1463-1525), detto Il Saggio, è uno dei politici più abili del suo tempo. Nel 1502 fonda l’Università di Wittenberg ed è famoso anche per aver dato ampia protezione a Lutero. Il fratello minore Giovanni (1468-1532) gli succede nel 1525 come principe elettore di Sassonia.

[17] Città libera dell’Impero fino al 1552, quando viene annessa al Regno di Francia da Enrico II.

[18] Sebbene Metz sia una città di grande importanza per l’Impero e mantiene un’indipendenza di governo quasi completa da quest’ultimo. La Bolla d’Oro viene promulgata lì nel 1356.

[19] In quel periodo, il Brabante fa parte delle Diciassette Province. Si tratta di 17 stati dei Paesi Bassi, tra cui la Contea di Namur, passati sotto gli Asburgo nel 1482.

[20] Veit von Lentersheim (1458-1532) proviene da una famiglia nobile ed è al servizio del margravio Federico da molti anni, tanto da averlo accompagnato addirittura presso il Santo Sepolcro nel 1488. La sua fedeltà e le sue capacità militari gli fanno guadagnare anche i favori di Massimiliano d’Asburgo.

[21] Nel 1498, il margravio Federico ha già avuto 13 figli (ne avrà altri 4 tra 1499 e 1503). Casimiro (1481-1527) e Giorgio (1484-1532), i due maggiori, sono coetanei di Götz.

[22] I von Absberg sono nobili della Franconia già presenti a metà del XIII secolo. Paul von Absberg, fedele servitore del margravio Federico e acerrimo rivale della città di Norimberga, muore nel 1503. Il più famoso membro della famiglia sarà Thomas von Absberg (1477-1531).

[23] Guglielmo II d’Assia (1469-1509), langravio dell’Alta Assia dal 1493 e della Bassa Assia dal 1500. Il suo matrimonio con Iolanda di Vaudémont, celebrato il 9 novembre 1497, è particolarmente sfortunato. Due anni e mezzo dopo, Iolanda partorisce un maschio, Guglielmo, che sopravvive solo dieci giorni. Passa un mese, e muore anche Iolanda, probabilmente debilitata dal parto e dal grande dolore per la perdita del primogenito.

[24] Una delle più antiche famiglie nobili della Franconia.

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