La Fascia e il Tessuto Connettivo
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la fascia

La Fascia

Da un punto di vista anatomico il termine fascia indica una membrana di tessuto connettivo fibroso di protezione:

  • di un organo (fascia peri-esofagea, fascia peri ed intra-faringea);

  • di un insieme organico (fascia endocardica, fascia parietalis).

Indica inoltre i tessuti connettivi di nutrimento (fascia superficialis, fascia propria).

La parola fascia al singolare non rappresenta una entità fisiologica, ma un insieme membranoso molto esteso nel quale tutto è collegato, tutto è in continuità. Questo insieme di tessuti composto da un solo elemento ha portato la nozione di “globalità” sulla quale si basano tutte le tecniche moderne di terapia manuale. Essa ha come corollario principale, alla base di tutte queste tecniche, che la minima tensione, che sia attiva o passiva, si ripercuote su tutto l’insieme.

Tutti gli elementi anatomici possono in tal modo essere considerati come meccanicamente solidali gli uni agli altri, questo in tutti i campi della fisiologia.

Il tessuto connettivo è la base di tutta la fascia. Rappresenta praticamente il 70% dei tessuti umani. Qualsiasi nome abbia, ha sempre la stessa struttura anatomica embrionale. Tra un osso ed una aponeurosi, ad esempio, non vi è una fondamentale differenza. La sola differenza è la distribuzione degli elementi che li costituiscono e le sostanze fissate dalle mucine di congiunzione.

la fascia tessuto connettivo

La Fascia: Richiami anatomici

Vediamo meglio il tessuto connettivo della fascia che come tutti i tessuti, è formato da cellule connettive: i blasti. Vi sono osteoblasti nell’osso, condroblasti nella cartilagine, fibroblasti nel tessuto fibroso. Queste cellule a stella comunicano tutte attraverso i loro prolungamenti protoplasmatici. Non hanno alcuna attività metabolica. La loro fisiologia consiste unicamente nella secrezione di due proteine di costituzione: il collagene e l’elastina:

Come tutte le proteine, il collagene e l’elastina si rinnovano, ma l’elastina, proteina di lunga durata, è una formazione stabile, mentre il collagene, di breve durata, si trasforma tutta la vita. E’ qui che si colloca per noi la maggior parte delle patologie del connettivo.

All’interno del tessuto, le due proteine formano delle fibre. Le fibre di collagene si uniscono in fasci: i fasci connettivi. Sono “cementate” tra loro da una sostanza mucoide di congiunzione. Questa mucina idrofila ha la proprietà di fissare delle sostanze derivate dall’ambiente interno.Queste sostanze creano tutta la diversificazione dei tessuti connettivi.

Le fibre di elastina si costituiscono in una rete dalle maglie più o meno larghe attraverso il tessuto.

Per ciò che ne sappiamo, non si conosce ancora l’elemento che stimola la secrezione dell’elastina. Al contrario, l’elemento che stimola la secrezione del collagene è conosciuto da molto tempo. È la tensione del tessuto. Tuttavia, e questo è importante per comprendere la patologia, a seconda della forma della tensione, la secrezione è diversa.

Se la tensione sopportata dal tessuto è continua e prolungata, le molecole di collagene si installano in serie. Le fibre di collagene ed i fasci connettivi si allungano.

Se il tessuto sopporta delle tensioni brevi ma ripetute, le molecole di collagene si installano in parallelo. Le fibre di collagene ed i fasci connettivi si moltiplicano.

Nel primo caso, si realizza il fenomeno della crescita: l’elemento connettivo si allunga. Nel secondo si realizza una “addensamento del tessuto”; diviene più compatto, più resistente, ma progressivamente perde la sua elasticità.

Lo spazio lasciato libero tra le cellule connettive è occupato da ciò che l’anatomia chiama: “La Sostanza Fondamentale. E’ composta da tre elementi: i fasci connettivi di collagene, la rete di elastina, il liquido lacunare.

I fasci connettivi di collagene. Costituiscono l’elemento solido del tessuto: la sua trama proteica. Sono praticamente inestensibili. Solo le loro sinuosità, a seconda della loro maggiore o minore grandezza, permettono una piccola elasticità. La rete elastica di Elastina è praticamente stabile. È facile comprendere che più il tessuto racchiude delle fibre di collagene, meno è elastico e viceversa. Purtroppo, lo abbiamo ricordato, il sistema del collagene non è stabile. Durante tutta la vita, sotto l’influenza delle tensioni che il tessuto sopporta, può modificarsi:

Nella foto: Fibre di collagene al microscopio

la fascia e il collagene

Sia allungarsi. È il fenomeno della crescita in lunghezza del connettivo, cioè prima di tutto dell’insieme aponevrotico, tendineo e legamentoso. Le ossa si allungano ineluttabilmente attraverso l’attività delle loro cartilagini di coniugazione. Mettono in tensione il connettivo fibroso periferico che si allunga in maniera proporzionale all’intensità di questa tensione. È una fisiologia importantissima per noi. La ritroveremo nella patologia degli squilibri statici. Essendo la tensione minore nelle concavità scoliotiche che nelle convessità, le deformazioni si fissano attraverso una differenza di lunghezza dei tessuti. Poiché il tessuto muscolare possiede lo stesso meccanismo di crescita, in patologia chiameremo questo fenomeno “accorciamento muscolo-aponevrotico”.

Sia addensarsi. È una difesa del tessuto. Se diventa più solido, perde la sua elasticità e non adempie più perfettamente alla sua funzione meccanica. È un circolo vizioso. Più il tessuto perde la sua elasticità, più sopporta delle costrizioni di tensione, più diventa denso, più perde elasticità. L’invecchiamento dell’uomo è un addensamento progressivo del suo connettivo.

Questo addensamento giunge spesso fino ad una ossificazione. Sono i fenomeni dell’artrosi. D’altra parte, è forse la cosa più importante, attraverso la produzione di nuove fibre di collagene, l’addensamento riduce il volume degli spazi lacunari e la circolazione dei fluidi e circolazione vitale.

La rete di elastina è certamente l’elemento elastico. È doppiamente elastica:nella sua struttura, come tutte le reti, le sue maglie si deformano sotto l’effetto della tensione. È una rete stabile. L’elasticità del tessuto connettivo dipende unicamente dal suo grande addensamento.

Il terzo elemento della sostanza fondamentale è il liquido lacunare. Ovviamente occupa tutti gli spazi lasciati liberi tra le cellule connettive, i fasci di collagene e la rete di elastina. Ancora una volta il volume di questi spazi è funzione del maggiore o minore addensamento del tessuto. Questo liquido è la “linfa interstiziale”, così denominata poiché è nel suo seno che tutti i capillari linfatici prelevano gli elementi che si trasformeranno in linfa. Si tratta di plasma sanguigno. È un liquido vitale. La linfa interstiziale al contrario è sede di un’immensa attività metabolica in questo senso. Racchiude un gran numero di cellule nutritive ed un numero ancora maggior di cellule macrofaghe, e ciò le dona un posto di primo piano nella funzione di nutrimento cellulare e nella funzione dell’eliminazione.

Di seguito un Video che ci spiega qualcosa in più sulla Fascia

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Fisiopatologia meccanica della fascia

Il tessuto connettivo è la sede degli edemi che non sono altro, la maggior parte delle volte, che stasi del liquido lacunare, dovuti ad un cattivo drenaggio linfatico di cui il liquido lacunare del connettivo (linfa interstiziale) è il punto di partenza. Sono anche dovuti in gran parte alla mancanza di motilità dei tessuti.

Si tratta di un circolo vizioso. La stasi di liquidi frena ed impedisce la motilità dei tessuti, e questa mancanza di motilità provoca la stasi.

Il connettivo, in particolar modo il connettivo fibroso, può modificarsi tutta la vita a seguito delle tensioni da lui sopportate. Una tensione prolungata lo allunga, delle tensioni ripetute lo addensano. Tutta patologia meccanica della fascia risiede in questa fisiologia.

Una tensione prolungata lo allunga. È la fisiologia della crescita. L’osso si allunga ineluttabilmente attraverso le sue cartilagini di crescita. Questo allungamento mette in tensione le aponeurosi ed i tessuti periferici che si allungano così proporzionalmente. Le cose nel frattempo non sono così semplici. In questa fisiologia, vi è un’opposizione meccanica tra l’allungamento osseo e la resistenza connettiva, in particolar modo a livello del connettivo fibroso piuttosto addensato, è il caso delle aponeurosi, delle lamine fibrose ecc. Generalmente è l’allungamento osseo a vincere, non sempre contemporaneamente e non sempre completamente. Se la resistenza connettiva domina, è l’osso che si deforma. Ritroveremo questa fisiologia nella Scoliosi in cui è di fondamentale importanza. Se è abbastanza frequente durante la crescita del bambino, non risparmia l’adulto. È, ad esempio, responsabile dell’evoluzione del ginocchio valgo, dato che questa deformazione mette in continua tensione il legamento collaterale interno del ginocchio. Può così essere responsabile di un accorciamento della crescita, ma anche di un allungamento anormale del connettivo fibroso.

– Tensioni ripetute lo addensano attraverso l’aggiunta di nuovi fasci connettivi di collagene. È un fenomeno che prosegue tutta la vita. È una fisiopatologia fisiologica. Può giungere fino alla calcificazione. Tutta la nostra vita, il connettivo fibroso sopporta tensioni meccaniche ripetute: tensioni muscolari, tensioni dovute ai movimenti, tensioni dovute agli equilibri instabili, o agli squilibri ecc.

È prima di tutto il caso delle aponeurosi, ma soprattutto dei tendini, i legamenti e le capsule articolari. Tutta la vita questi elementi si addensano e perdono progressivamente la loro elasticità. È un circolo vizioso. Più si addensa il tessuto, più perde elasticità, più perde la sua elasticità, più si addensa. L’invecchiamento dell’uomo è un progressivo addensamento del suo connettivo.

Poiché l’addensamento ha un limite, esso può giungere, ad una calcificazione. Le aponeurosi, i tendini, i legamenti e le capsule sono fatti di connettivo fibroso. L’osso, il periostio, la cartilagine, le pareti vascolari e viscerali, le meningi, il cristallino dell’occhio, ecc. sono di tessuto connettivo. Potremmo moltiplicare gli esempi. Tutti questi connettivi hanno la stessa struttura di base, simile a quella del mesenchima embrionale. L’unica differenza, all’infuori del loro maggiore o minore addensamento, è costituita dagli elementi fissati dalla mucoide di congiunzione dei fasci connettivi di collagene. Essa è l’ossomucoide dell’osso e fissa i sali minerali, la condromucoide per la cartilagine, per il cristallino fissa alcuni elementi vitrei ecc.

La mucoide del connettivo fibroso è neutra, ma può facilmente trasformarsi e fissare i sali minerali. Sono i fenomeni di artrosi praticamente inevitabili nell’uomo.

Come tutte le proteine, il collagene possiede il suo enzima di distruzione: “la collagenasi”. È liberato nell’ambiente interno dai fenomeni di fagocitosi. Sappiamo che la linfa interstiziale del connettivo è il campo d’azione dei polinucleati e delle cellule macrofaghe, cioè il centro di una importante produzione di collagenasi.

Un’ultima fisiopatologia che si può citare per ciò che riguarda il connettivo è quella del dolore. Non si tratta di un grande dolore insopportabile, anche se a volte può essere acuto, ma di un dolore sordo, lancinante poiché si prolunga spesso nel tempo. Il tessuto connettivo fibroso: il sistema aponevrotico e tendineo, i legamenti, sono in effetti i grandi recettori della propriocettività. Il tessuto connettivo racchiude milioni di organi di Golgi, di recettori di Ruffini, di Walter – Pacini che informano l’encefalo sui movimenti e la posizione dei segmenti. Sono fatti per reagire a tensioni precise generalmente di corta durata. Attivati dalle tensioni prolungate, diventano facilmente dolorosi. Il secondo è anche il caso di tutti i dolori statici.

Dall’antichità, il miglioramento circolatorio è affidato alle manovre di massaggio. Con questa metodica, però, viene reclutata solo la circolazione venosa di ritorno e la circolazione linfatica periferica.

In questa sede è necessario ricordare che la circolazione sanguigna del muscolo è molto particolare. A riposo, è essenzialmente superficiale e ridotta al 30% delle possibilità. La maggior parte del sangue arterioso passa direttamente nel circuito venoso attraverso i suoi “ponti arterio-venosi”. La maggior parte dei capillari sono chiusi. La circolazione completa, cioè l’apertura dei capillari profondi, si risveglia solo durante le contrazioni, in presenza degli scarti della combustione muscolare. Questo dunque non accade durante il massaggio o la stimolazione meccanica passiva in generale.

Anatomia della fascia

Fascia Superficialis

E’ un immenso connettivo lasso che doppia la pelle praticamente su tutta la sua superficie. Sparisce in alcuni punti: la base del cranio e la regione della nuca, la zona sterno-costale, la zona sacrale e glutea, le rotule, i gomiti. Ad ogni arto, si arresta nel legamento anulare, e ciò fa sì che le estremità, mani e piedi, non siano ricoperte da esso.

Una delle prime funzioni della fascia superficialis è di nutrire l’epitelio cutaneo. Questo spiega il fatto che tutte le zone che abbiamo appena visto sprovviste di questo connettivo sono le zone elettive delle piaghe da decubito.

Accanto a questa funzione di nutrimento, la fascia superficialis è il punto di partenza della maggior parte dei capillari linfatici. Si trova anche in primo piano nella sudorazione. Ci è ben noto il fatto che un’ustione estesa, anche leggera, che distrugge la fascia superficialis, provoca la morte per mancanza di eliminazione (uremia).

È attraverso la fascia superficialis che il massaggio o la stimolazione meccanica passiva in generale, di qualsiasi tipo, trova la sua efficacia.

Il Peritoneo

Il peritoneo ha una doppia funzione connettiva. È un tessuto di sostegno e di protezione; è anche un tessuto di nutrizione e di eliminazione. Infatti è una grande membrana fibro-sierosa che collega tutti i visceri e permette i loro scivolamenti gli uni sugli altri mantenendoli in relazione tra loro attraverso stretti legami. È un sacco ermetico nel quale si sono sviluppati i visceri, il foglietto viscerale che li ricopre mano a mano nei suoi ripiegamenti.

Come tutte le membrane di guaina sierosa, un peritoneo parietale tappezza la parete interna delle cavità addominale e pelvica. È foderato da una fascia lassa: la fascia propria, fascia-laboratorio paragonabile alla fascia superficialis. Il peritoneo viscerale è la sierosa che ricopre gli organi. I suoi ripiegamenti formano gli elementi di unione e prendono un nome diverso a seconda della loro collocazione anatomica.

  • i meso uniscono i segmenti del tubo digerente alla parete;
  • i legamenti uniscono gli altri organi alla parete;
  • gli epiploon uniscono i visceri tra di loro.

La fascia Superficiale: L’Aponeurosi superficiale

La comprensione di ciò che la fisiologia chiama “aponeurosi superficiale” è molto importante. È la base della globalità, il punto di partenza della nozione delle catene muscolari di cui si è molto abusato, “producendo” ognuno delle catene muscolari a seconda della propria fantasia per giustificare la propria tecnica. La conoscenza dei due sistemi crociati permette di dire che in effetti non vi è una catena separata, vi sono delle continuità funzionali, delle catene di coordinamento motorio, ma tutto il sistema aponeuro-muscolare, partecipa al minimo gesto. È prima di tutto “la globalità”. Il sistema aponevrotico è l’agente meccanico del coordinamento motorio.

I nostri studi di anatomia dell’apparato locomotore sono sempre composti di tre capitoli: le ossa, le articolazioni, i muscoli. È un modo di procedere molto ancorato all’insegnamento medico. Esso è tuttavia responsabile della grande ignoranza dei terapisti in questa materia. Come tutto ciò che si impara a memoria in astratto, viene presto dimenticato. Indipendentemente da ciò, questa forma di studio fornisce un’idea falsa della fisiologia del movimento come noi la concepiamo nella terapia manuale.

Fisiologicamente, dobbiamo considerare due scheletri:

  1. uno scheletro osseo, l’elemento passivo della locomozione che ha le articolazioni a sua disposizione,
  2. uno scheletro fibroso, elemento attivo che comprende i muscoli.

L’aponeurosi superficiale è lo scheletro fibroso.

Tesa sullo scheletro osseo, dona al corpo la sua morfologia, poiché la pelle non è altro che una guaina elastica che la ricopre.

L’aponeurosi superficiale è molto più di ciò che abbiamo appena affermato. Di superficiale ha solo il nome; comprende tutte le aponeurosi. Di spessore variabile, si sdoppia un gran numero di volte per “frazionare” il sistema muscolare. I libri di anatomia ne danno una falsa visione affermando: “l’aponeurosi del deltoide che si prolunga essa stessa con l’aponeurosi del sotto spinoso”.

La verità è che una espansione dell’aponeurosi superficiale avvolge il deltoide, un’altra il sotto spinose, ecc.

Come tutte le aponeurosi, e più di tutte le altre, poiché essa è l’origine dell’insieme, l’aponeurosi superficiale può essere considerata come composta da strati di tessuto connettivo fibroso sovrapposto. Tutte le aponeurosi presentano dei fasci di collagene in diversi orientamenti; è la definizione stessa della aponeurosi. Essa ha anche la possibilità di sdoppiarsi un certo numero di volte. I suoi sdoppiamenti “ripartiscono” il sistema contrattile secondo una divisione funzionale dell’insieme. È qui che si colloca la globalità del sistema aponeuro-muscolare.

I primi sdoppiamenti sono i setti intermuscolari. Dividono l’insieme contrattile in logge funzionali. Nella coscia, ad esempio, un setto intermuscolare esterno ed un setto intermuscolare interno separano la loggia anteriore degli estensori della loggia posteriore dei flessori. All’interno delle logge, altri sdoppiamenti, sia dell’aponeurosi superficiale, sia dei setti intermuscolari, dividono l’insieme contrattile in muscoli. All’interno del muscolo, nuovi sdoppiamenti separano le unità motorie, essendo ognuna di esse affidate ad un preciso motoneurone alfa: fasico o tonico. Potremmo andare oltre in questa ripartizione connettiva con il sarcolemma, il perimisio, l’endomisio, ecc.

La Fascia e la Coordinazione Motoria

Il sistema aponeuro-muscolare offre bene la visione di un insieme funzionale coerente, di un tutto nel quale ogni parte è coinvolta dalla tensione delle altre. Permette di comprendere che una grande parte della coordinazione motoria è fatta di tensioni e di riflessi miotatici. Non vi è azione muscolare isolata. Non può esserci una mancanza isolata.

Le aponeurosi sono l’agente meccanico della coordinazione motoria. Dai tempi lontani dei nostri studi, siamo sempre stati scettici verso la teoria dello schema corporeo che regola tutti i movimenti. Fortunatamente la fisiologia moderna ha ricondotto questo centro ad un’area corticale di raggruppamento delle informazioni sensitive tattili, della vista, dell’udito. È collocata all’incrocio dell’estremità posteriore della scissura laterale e del primo solco temporale.

L’organo centrale trasmette alla periferia solo un minimo di ordini precisi, su qualche muscolo che inizia il movimento. Tutte le altre contrazioni muscolari non devono nulla alla corteccia. Sono riflesse. Sono le aponeurosi che trasmettono ai muscoli le tensioni che provocano le loro contrazioni. Nella coordinazione dei movimenti, lo scheletro aponevrotico è la rete di comandi a distanza degli impulsi motorii. La contrazione di un muscolo provoca quella dell’altro e così via.

Questa concezione della coordinazione motoria aponeuro-muscolare spiega perfettamente che le aponeurosi siano costituite da strati fibrillari sovrapposti ed incrociati. Una stessa aponeurosi può far parte di diverse catene. Ad ogni livello, le fibre connettive sono orientate nel senso delle costrizioni della catena alla quale esse appartengono. Si comprende anche che una stessa aponeurosi, con i suoi successivi sdoppiamenti, possa inguainare tutta una serie di muscoli congiunti di funzioni diverse. Vista in questo modo, l’aponeurosi superficiale prende una dimensione considerevole. Diventa l’elemento dominante del sistema locomotore.

Anatomia della Fascia Superficiale

Nasce in alto dalla periferia del cranio. Probabilmente, parte anche dal rachide dove essa si inserisce su tutte le spinose (legamento sopraspinoso). Questa inserzione lungo il rachide ci offre personalmente l’immagine non di una ma di due aponeurosi superficiali gemelle. Quest’immagine è ancora rafforzata dalla giunzione anteriore. In alto, si fissa solidamente sulla parte anteriore dello sterno dove si confonde con il periostio. In basso, si attacca anche solidamente alla massa fibrosa pubica. Tra le due, costituisce un rafe solido ma deformabile: la linea alba.

Qui sotto vediamo un immagine della localizzazione della Linea Alba

fascia linea alba

Tenuto conto dell’estensione di questa aponeurosi, le altre inserzioni ossee del tronco sono relativamente rare. In avanti, si fissa sul bordo anteriore della faccia superiore della clavicola e soprattutto, cosa che è di grande importanza nei movimenti del capo, sull’osso ioide. Indietro, si fissa sulla spina della scapola. In basso, si attacca alla cresta iliaca con la sua faccia profonda, aderisce in avanti alla massa fibrosa pubica ed all’arcata inguinale che forma in parte con le sue fibre profonde.

Sugli arti, le inserzioni ossee dell’aponeurosi superficiale sono piuttosto particolari e soprattutto tipiche del loro ruolo nel coordinamento motorio. In effetti, essa aderisce a tutte le ossa, ma in un modo molto debole, più esattamente a distanza è attraverso i setti intramuscolari che invia la sua faccia profonda. Questo sistema di “redini”, di comando a distanza, permette una grande elasticità nell’azione delle trazioni.

Nell’arto superiore, dopo che si è fissata alle due ossa che dirigono i movimenti del braccio: la clavicola e la scapola, presenta soltanto una inserzione diretta sul bordo posteriore dell’ulna e sul contorno dei legamenti anulari del polso. L’arto è molto mobile nello spazio. L’azione a distanza si realizza piuttosto per mezzo delle espansioni che collegano praticamente tutta la muscolatura. I muscoli dell’avambraccio prendono tutti grandi inserzioni dirette sulla faccia profonda delle aponeurosi. L’inserzione sul bordo posteriore dell’ulna, l’osso meno mobile dell’avambraccio, non è che un punto d’appoggio che permette l’orientamento delle trazioni.

Nell’arto inferiore, tutto funziona diversamente. La rotazione globale dell’arto proviene dall’anca. L’aponeurosi deve prendere inserzioni più grandi a livello della gamba che non possiede in sé stessa una rotazione attiva indipendente.

Si effettuano su due ossa:

  • Sulla tibia, l’aponeurosi si confonde con il periostio della faccia antero-interna.
  • Sul perone, emette due setti intramuscolari che donano una grande elasticità alle trazioni.

Allo stesso tempo, le inserzioni sulle parti laterali della rotula e del suo sistema tendineo, sulle tuberosità tibiali controllano il sistema flessione – estensione.

Quando si osservano bene le cose, si può dire che l’aponeurosi superficiale è tesa sullo scheletro osseo come una tela di tenda sulle sue assi. Alcune ossa sono fissate: rachide, sterno, pube. Altre sono mobili e dirigono i movimenti: clavicola, tibia, perone. Altre ancora sono ossa sesamoidi: rotula, scapola, sacro. Visto sotto questo aspetto, è piuttosto facile ammettere che in questo sistema tutto è collegato, che il minimo movimento, il minimo spostamento di un elemento si ripercuote sugli altri.

La fisiologia dell’insieme aponevrotico è trasmettere le tensioni, tutte le tensioni, che siano attive o passive.

Dopo aver preso in analisi ciò che evoca la tensione muscolare, è necessario essere coscienti che questa non costituisce l’unica tensione trasmessa dalle aponeurosi. Le tensioni di squilibrio, quelle dovute ai movimenti segmentari, sono altrettanto importanti. Sono la base della funzione tonica. Le une permettono il controllo della nostra posizione eretta, le altre la fissazione dei segmenti che servono da punto d’appoggio alla muscolatura dinamica. Diremo che la nostra statica è realizzata dalle sinergie antagoniste grazie alle tensioni aponevrotiche antagoniste che reagiscono alla minima oscillazione.

Accanto alla nozione della globalità meccanica che ci offre il sistema aponevrotico, un’altra fisiologia rende anche necessaria la globalità di un trattamento. Tutto il tessuto connettivo, ma soprattutto il tessuto connettivo fibroso, è un immenso recettore sensitivo. Racchiude milioni di tenso-recettori che reagiscono alla minima tensione. Costituiscono uno degli elementi di questa grande funzione sensitiva che è la propriocettività. Come tutti i recettori sensitivi, un’attività permanente, qui una tensione prolungata, li rende rapidamente dolorosi. Il 90% dei nostri dolori sono causati dalla tensione. Come sempre l’organismo si difende contro la tensione. Una seconda tensione sopravviene rapidamente per neutralizzare la tensione iniziale (Legge delle compensazioni). Questa seconda tensione si compensa con una terza ecc. Solo l’ultima tensione che non può compensarsi rimane dolorosa.

Può collocarsi molto lontano dalla tensione primaria.

Questa fisiologia della “catena antalgica” è stata chiamata “riflesso antalgico a priori” da Françoise Mézières. È semplice capire che solo la scomparsa della tensione iniziale di partenza porterà la guarigione. Il trattamento dovrà progredire di dolore in dolore, di lesione in lesione, di deformazione, in deformazione, di tensione in tensione fino alla tensione primaria.

Non esistono problemi isolati.

L’articolo è stato gentilmente concesso da Corrado Comunale: Autore del libro “Fibrolisi in Terapia Manuale”

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