La sorella, il nipote e due compagni: tutti i guai della famiglia Santanchè - La Stampa

Tutti uniti per legami di sangue o sentimentali e trascinati nelle sue avventure imprenditoriali dai risvolti penali. È il destino che accomuna Fiorella e Silvia Garnero, rispettivamente sorella e nipote, e i due compagni, Canio Mazzaro, quello del passato, e Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena, quello del presente. Al centro del quadro famigliare c’è Daniela Santanchè. In tempi e con ruoli diversi hanno fatto tutti parte del gruppo Visibilia, fondato e presieduto dalla senatrice di FdI fino al dicembre 2021. Quello oggetto delle inchieste della Procura di Milano e di un commissariamento deciso dal Tribunale civile per la compagine Editore.

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Se per la presunta truffa da 126 mila euro all’Inps per l’erogazione indebita della cassa integrazione a zero Covid-19 del gruppetto insieme alla ministra del Turismo risulta indagato solo l’attuale compagno, la platea dei parenti finiti sotto indagine si amplia per i contestati bilanci truccati delle società del gruppo dal 2016 al 2022. L’altro giorno gli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria della GdF si sono presentati dalle due Garnero e dall’ex compagno Canio Mazzaro con in mano l’avviso di chiusura delle indagini preliminari con l’ipotesi di falso in bilancio. Silvia Garnero, anche nota per essere stata nel 2009 la più giovane assessora d’Italia nella giunta provinciale di Milano di centrodestra, è stata consigliera nel cda di Visibilia Editore dal febbraio 2015 al giugno 2017. L’altra sua zia e sorella maggiore di Santanchè ha ricoperto lo stesso ruolo in tempi più recenti, dall’aprile 2022 al marzo 2023. Nel mezzo l’imprenditore Mazzaro, in carica dal novembre 2014 al luglio 2020. Con la ministra oltre alla relazione da cui è nato un figlio ha condiviso anche un’indagine per la presunta sottrazione al fisco dello yacht Unica di proprietà del 64enne, dalla quale Santanché, va detto, è uscita con un’archiviazione.

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Tornando all’inchiesta Visibilia, i pm Pedio-Gravina-Luzi contestano loro e agli altri indagati, 17 in totale, «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» di aver redatto con bilanci falsi una «sistematica incapacità del complesso aziendale di produrre reddito, avvalendosi di piani industriali ottimistici che contenevano previsioni mai rispettate».

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