Enrico V di Brunswick: il Selvaggio di Wolfenbuttel

Enrico V di Brunswick aveva venticinque anni quando suo padre, Enrico IV, fu decapitato da un colpo d’artiglieria durante l’assedio del Castello di Leerort.

Era il 1514, e probabilmente il nuovo Duca di Brunswick ancora non immaginava di poter regnare sui territori della sua famiglia per più di mezzo secolo. Passato quasi per intero sui campi di battaglia.

Conosciuto anche come Enrico il Giovane (Heinrich der Jüngere), a trent’anni Enrico V si trovò immischiato nella Conflitto della Diocesi di Hildesheim e fu sconfitto nella Battaglia di Soltau (1519). Nonostante la sconfitta e i pochi successi militari, il suo sostegno a Carlo V per l’elezione al trono gli permise di rimanere saldamente al suo posto e, anzi, di aumentare l’estensione dei propri domini. Nel 1528, Enrico diede anche pieno supporto militare a Carlo V durante la Guerra della Lega di Cognac, combattuta contro la coalizione guidata da Francesco I.

La prima monografia di Enrico V di Brunswick è stata pubblicata proprio da Zhistorica nel volume I Padroni dell’Acciaio (2017).

Henry the Younger of Brunswick Wolfenbüttel
Enrico V di Brunswick Wolfenbüttel

Nonostante qualche iniziale simpatia per il Protestantesimo, Enrico rimase cattolico e si trovò, de facto, a rappresentare la più importante roccaforte del cattolicesimo nella Germania settentrionale. Alcuni dei più influenti principi tedeschi convertiti alle idee di Lutero si erano infatti uniti, nel 1531, nella Lega di Smalcalda, voluta da Filippo I di Assia e Giovanni Federico di Sassonia.

Nemica giurata di Carlo V e del sud cattolico, la Lega lavorò in modo sistematico contro gli interessi dell’Impero, anche alleandosi con la Francia e la Danimarca a seconda dell’opportunità politica.

Lontano dall’apparato statale gestito da Carlo V e dalla Baviera cattolica, Enrico si trovò a dover fronteggiare da solo le forze nemiche,  diventando il nemico numero uno dei protestanti del nord. Come ben scrive F. J. Stopp in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, Vol. 33 (1970):

Henry the Younger of Brunswick Wolfenbüttel.

Lo chiamarono Wilder Mann von Wolfenbuttel, l’Uomo Selvatico (o Selvaggio) di Wolfenbuttel, con un chiaro riferimento alla figura mitica del selvaggio abitatore dei boschi diffusa in buona parte dell’Europa medievale, che Enrico V aveva adottato come suo simbolo.

Già da diversi anni, Enrico era ai ferri corti con la sua stessa città, Brunswick, convertitasi in massa al luteranesimo nel 1527-28 ed entrata addirittura nella Lega di Smalcalda nel 1537. Ma Enrico era particolarmente temuto soprattutto a Goslar, città circondata dai suoi possedimenti; l’aveva attaccata e molestato diverse volte a partire dal 1527, soprattutto per la sua posizione strategica a ridosso delle miniere dell’Harz.

Nel 1530, aveva addirittura catturato il Dr.Dellinghausen, ambasciatore della città che era andato a protestare alla coeva sessione della Dieta di Augusta contro le incursioni di Enrico V. Lo fece sequestrare sulla via del ritorno e lo lasciò a marcire nelle prigioni di Shoningen, dove morì due anni dopo.

Pur sopportando a malapena la situazione, la pazienza di Enrico cessò di colpo nella primavera del 1538, quando i principi della Lega decisero di tenere un incontro proprio a Brunswick, a pochissima distanza dalla sua fortezza di Wolfenbuttel.

Rammelsberg Goslar
Rammelsberg (la montagna al centro) e la città di Goslar (ai suoi piedi) nel 1574

Sentendosi insultato, Enrico negò a Filippo d’Assia il salvacondotto per attraversare i suoi territori e raggiungere Brunswick. Filippo, bloccato a Goslar, non aveva alcuna intenzione di aspettare e decise di passare sul territorio del rivale con la sua guardia armata. Un oltraggio cui Enrico rispose facendo fuoco, dalle mura di Wolfenbuttel, sulla strada percorsa da Filippo.

Questo evento diede vita a uno scambio di violente (anche se in perfetto “legalese” a quanto sembra) missive fra i cancellieri dei principi. La tensione continuò a montare per alcuni anni, dal 1539 al 1542 circa. Alla Lega di Smalcalda si contrapponeva la solita Lega Santa dei principi cattolici, con Enrico V a capo delle forze armate, ma, come anticipato, i governanti di Baviera (roccaforte cattolica) non erano entusiasti all’idea di supportarlo militarmente in territorio ostile.

Nell’estate del 1540, Enrico fu ingiustamente accusato di aver fatto appiccare gli incendi che avevano raso al suolo diverse città tedesche del nord, ma in realtà fu la propaganda luterana a creare delle false accuse per screditarlo. L’altra accusa mossagli, questa volta vera, era relativa alla bigamia (cosa abbastanza comune fra i sovrani dell’epoca). Enrico aveva infatti una moglie, Maria di Wurttemberg, e una seconda compagna, Eva Von Trott, da cui ebbe alcuni figli e che gli rimase accanto per tutta la vita.

Nel 1524, Enrico V aveva riaperto le antiche miniere d’argento dell’Harz e nel 1531, con l’aiuto di esperti di conio reclutati fuori dai suoi domini, aveva fatto battere la prima serie di talleri d’argento. Questa aveva caratteristiche classiche, con il profilo sul fronte e un soldato sul rovescio, mentre il tallero coniato dal 1539 fu diverso; ancora oggi, i numismatici lo chiamano Wildemannstaler, il Tallero dell’Uomo Selvatico.
tallero Enrico V

Nel 1541, Enrico decide di impossessarsi definitivamente delle miniere di Rammelsberg, controllate sempre da Goslar. Questo scatena la controffensiva della Lega di Smalcalda del 1542.

In Memoirs of the house of Brunswick from the most early accounts of that illustrious family to the end of the reign of King George the First, scritto nel 1750 da Henry Rimius, leggiamo:

Un’armata di 22.000 uomini [Lega di Smalcalda] raggiunse i domini di Enrico V quando meno se l’aspettava. Questo gli impedì non solo di portare a termine i suoi progetti per Goslar, ma lo costrinse anche alla ritirata, visto che le sue forze erano molto inferiori a quelle dei Principi Protestanti. L’attacco improvviso diede a questi ultimi la possibilità di prendere tutti i domini di Enrico V ad eccezione della fortezza di Wolfenbuttel;

1542 goslar
il testo originale, deteriorato ma leggibile.

La guarnigione di Wolfenbuttel rispose così al messaggero che ne chiedeva la resa:

Ripresentati, con lo stesso galoppino, fra due o tre anni!

Nonostante il coraggio e l’arroganza della guarnigione, alla fine il tiro dei cannoni la fece scendere a più miti consigli (specie dopo l’abbattimento della torre cittadina).

Con il capitolato di resa, a Enrico V non rimaneva più nulla. Alla fine dell’estate del 1542 riparò quindi in Baviera, ma non rinunciò veramente ai suoi possedimenti.

In alcuni epigrammi latini composti dopo l’agosto del 1542, l’ignoto autore, un luterano, parla del castello di Wolfenbuttel come Carnificina lupi, traducibile come “Lo Scannatoio del Lupo”.

Durante il suo esilio, il luterano Ernesto il Confessore ebbe modo di far penetrare il protestantesimo nei territori appartenuti ai Brunswick nonostante l’opposizione di alcuni vescovi. Enrico V covò vendetta per quasi tre anni, ma alla fine riuscì a mettere insieme, nel 1545, un contingente militare e puntò al cuore dei sui suoi ex-domini. Mentre cingeva d’assedio Wolfenbuttel, gli giunse la notizia che Filippo d’Assia e Maurizio di Sassonia stavano arrivando in soccorso della città con un forte esercito.

Enrico ruppe l’assedio, ma non gli fu possibile ritirarsi: i due eserciti erano troppo vicini.

Maurizio provò in tutti i modi a risolvere la questione senza spargimenti di sangue, ma Enrico V voleva indietro la sua dignità e i suoi averi, e non accettò alcun compromesso. Filippo d’Assia, dal canto suo, con uno stratagemma notturno, era riuscito a posizionare i cannoni su un’altura vicina al campo di Enrico e a colpire durissimo con un vero e proprio bombardamento.

Sia Enrico che il primogenito Carlo furono catturati e fatti prigionieri da Filippo d’Assia, che li portò alla sua corte come preziosissimi trofei di guerra.

La situazione nazionale e internazionale continuò per qualche tempo ad essere favorevole alla Lega di Smalcalda. I protestanti sfruttarono a lungo l’enorme impegno infuso da Carlo V nei molteplici fronti su cui era impegnato. Ottomani e, soprattutto, Francesi, lo occuparono per intere decadi. Proprio per questo, ci fu addirittura un riavvicinamento fra Filippo d’Assia e Carlo V, che intendeva metterlo a capo dell’armato da spedire contro i turchi e avere il suo supporto contro i Francesi. Alla fine però, Carlo V chiuse definitivamente il fronte italiano con la Pace di Crepy del 1544; la guerra ventennale con Francesco I aveva lasciato entrambi i contendenti, in particolare il Re Francese, con i conti in rosso.

Quest’ultimo non poté dunque prestare soccorso alla Lega di Smalcalda quando Carlo V rivolse a nord le sue attenzioni; egli fu abbastanza veloce nel mettere insieme la sua armata, circa 50.000 uomini, e attaccare per primo. Nel 1547, sconfisse duramente le forze della Lega di Smalcalda nella Battaglia di Muhlberg. Sul campo rimasero più di settemila protestanti e moltissimi principi furono presi in ostaggio, compresi Filippo I di Assia e Giovanni Federico di Sassonia.

La complessa situazione politico-religiosa venne al momento tamponata con i ventisei capitoli dell’Interim di Augusta, ma fu risolta in modo (semi)definitivo solo con la successiva Pace di Passau del 1552 e nel 1555 con la Pace di Augusta.

Ad ogni modo, prima della Battaglia di Muhlberg Enrico V continuava a essere prigioniero alla corte di Filippo d’Assia. La vittoria di Carlo V gli permise però di tornare ai suoi possedimenti e ricevere un ristoro economico da parte dei principi protestanti sconfitti. L’afflato da restaurazione cattolica di Enrico diminuì progressivamente, ma non quello di suo fratello Cristopher, arcivescovo di Brema.

Brunswick, che aveva abbracciato il luteranesimo e parteggiato per Filippo d’Assia, fu cannoneggiata per settimane dal Selvaggio di Wolfenbuttel e costretta, infine, alla resa.

Wild Man and Werwolf

Pochi anni dopo, all’inizio del luglio 1553, troviamo Enrico V al fianco del giovane Maurizio di Sassonia, valoroso condottiero e astuto politico, nella Battaglia di Sieverhausen. Il loro avversario, Alberto Alcibiade, aveva messo a ferro e fuoco ampie zone della Franconia con le sue armate. Lo scontro fu violentissimo, ma le forze di Enrico e Maurizio uscirono vittoriose e misero in fuga Alberto Alcibiade. Entrambi i generali vittoriosi pagarono però un prezzo altissimo per la vittoria: Enrico perse entrambe i figli maggiori, Carlo e Filippo, mentre Maurizio la vita; un proiettile gli aveva perforato lo stomaco e, dopo due giorni di agonia, morì.

Alberto Alcibiade però non si perse d’animo. Nel corso dello stesso 1553 riuscì a mettere insieme un altro esercito, molto superiore a quello di Enrico, e si mise in marcia. Ma il Selvaggio di Wolfenbuttel era lì ad aspettarlo.

Il Duca di Brunswick posizionò le sue truppe vicino al convento di Stederburg, in posizione favorevole (dalla narrazione del 1750 non si capisce chiaramente in cosa si sostanzi questo vantaggio). Al primo assalto di Alberto Alcibiade, gli uomini di Enrico V mantennero la posizione. Sembra di capire che, se Alberto avesse continuato a colpire da lontano e bombardare, alla fine le minori forse di Enrico avrebbero capitolato, ma la foga del giovane condottiero lo portò a ordinare un massiccio attacco frontale.

La caotica situazione del 1560 (ho evidenziato i possedimenti di Enrico V)
La caotica situazione del 1560 (ho evidenziato i possedimenti di Enrico V)

Enrico V manovrò bene le sue forze e inflisse una durissima sconfitta ad Alberto Alcibiade. Volendo porre fine, una volta per tutte, al pericolo di razzie nei suoi territori, inseguì l’esercito nemico, che tentava di riorganizzarsi, e lo sconfisse per la terza volta, mettendolo in rotta definitiva.

Con un esercito vittorioso e bramoso di razzie, Enrico V trasformò il suo ritorno a Wolfenbuttel in un’ottima occasione per colpire i domini dei principi vicini che nelle ultime guerre avevano combattuto contro di lui, in particolare quello di Velrath conte di Mansfeld.

La distruzione delle armate di Alberto Alcibiade, considerato uno dei più gravi ostacoli alla pace in Germania, gli portò consensi trasversali sia dai Protestanti che dai Cattolici.

Nel 1554, Enrico V raggiunse il poco invidiabile primato di quaranta anni continuativi di battaglie, prigionie, razzie e lotte di ogni tipo. Fortunatamente, con la Pace di Augusta (1555), appena menzionata, il suo ducato divenne un luogo più tranquillo, ed ebbe modo di dedicarsi all’amministrazione civile e a gettare le basi della magnificenza economica e culturale raggiunta da Brunswick e Wolfenbuttel nella seconda metà del XVI secolo e mantenuta per un altro secolo.

Pur consumato dai lunghi anni di guerra, Enrico V regnò fino al 1568, per un totale complessivo di 54 anni. Alcuni ritengono che, sul letto di morte, egli si convertì al protestantesimo per volere del figlio Julius, mentre altri storici reputano che la conversione sia solo un’invenzione dello stesso Julius, visto che, negli ultimi mesi di vita, Enrico V non aveva più il pieno possesso delle facoltà mentali.

Julius era il terzo figlio, gracile e studioso, e poco amante della guerra. Pur essendo protestante, egli onorò appieno l’eredità paterna e l’amore per le armi. Oltre alle università, alle librerie e al fervore culturale, Julius portò nel regno armaioli eccezionali.

Ancora oggi, le Zweihander Cerimoniali di Brunswick sono le spade a due mani più amate e ricercate dai collezionisti.

zweihander 1599
Zweihander cerimonale di Brunswick (1599)

Enrico V morì dunque un solo anno dopo il suo grande avversario, Filippo d’Assia, e il vero amore della sua vita, Eva Von Trott.

Cosa rimane, oggi, del Selvaggio di Wolfenbuttel? Sicuramente l’immagine di un guerriero che combatté quasi sempre in inferiorità numerica e che non si diede mai per vinto. Come molti altri uomini temuti e rispettati nel corso dei secoli, fu anche oggetto di rappresentazioni artistiche e letterarie. Il drammaturgo Thomas Naogeorg (1508-1563) gli dedicò, nel 1541 (poco dopo l’accusa, piovuta su Enrico V, di aver appiccato diversi incendi) il dramma Incendia seu Pyrgopolinices tragoedia, di cui leggiamo, in Neo-Latin Drama in Early Modern Europe (2013), di Jan Bloemendal e Howard Norland:

Neo Latin Drama

Oltre a questo, circolarono altri drammi e pamphlet politici aventi ad oggetto Enrico V.

Dal fisico possente, sempre al centro dello scontro, ma mai ferito in battaglia, la propaganda luterana cercò di farlo passare per un vigliacco proprio per questo motivo. D’altronde, Enrico V dimostrò più volte di non voler morire in battaglia, non prima di aver sconfitto il nemico luterano e riconquistato gli antichi possedimenti.

Morì nel suo letto, a 78 anni, dopo aver perso tante battaglie, ma avendo vinto la guerra.

Bibliografia:

  • Henry Rimius, Memoirs of the house of Brunswick from the most early accounts of that illustrious family to the end of the reign of King George the First (1750);
  • F. J. Stopp, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, Vol. 33 (1970);
  • G. Campagnano, I Padroni dell’Acciaio (2017).

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4 pensieri riguardo “Enrico V di Brunswick: il Selvaggio di Wolfenbuttel

  1. leggo tutti gli articoli commento un po’ meno. Ho la speranza di leggere, prima o poi, un articolo del genere su Skandeberg, cui è dedicata: la piazza del mio paese, e dei cui compatrioti, parliamo ancora la lingua.
    Ma anche se non fosse continuerò a seguirla. 😀

    1. Ciao Dino, il mio obbiettivo principale è recuperare dalle vecchie cronache i personaggi quasi dimenticati, ma visto che non ho disdegnato Boudicca e John Hawkwood, potrei parlare anche di Giorgio Castriota, o magari di Mattia Corvino, o anche di Khalid Ibn Walid.

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