Edda Ciano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Edda Mussolini

Edda Mussolini, vedova Ciano, Contessa di Cortellazzo e Buccari (Forlì, 1º settembre 1910Roma, 8 aprile 1995), è stata la prima dei cinque figli di Benito Mussolini e di sua moglie Rachele Guidi.

Durante il regime fascista fu insignita della medaglia di bronzo al valor militare per l'opera di assistenza svolta durante la prima fase della seconda guerra mondiale, come crocerossina, conseguente alla dichiarazione di guerra del Regno d'Italia all'Unione Sovietica sul fronte russo sia nell'occupazione militare dell'esercito del Regno d'Italia dei Balcani in Albania, dove nel 1941 una nave-ospedale su cui svolgeva servizio fu affondata dagli inglesi ed Edda rimase in acqua per alcune ore.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Da destra a sinistra: Yu Fengzhi (moglie di Zhang Xueliang), W.H. Donald (console australiano), Zhang Xueliang, Edda Ciano (al centro) a Pechino in Cina nel 1931.

Edda nasce a Forlì ed è la primogenita di Benito Mussolini e Rachele Guidi. La coppia in quel tempo non è sposata, in ossequio alle idee anarco-socialiste di Mussolini, quindi Edda viene registrata nell'atto di nascita come figlia illegittima dal padre Benito, con l'indicazione "N. N." al posto del nome materno. Ciò farà poi nascere la leggenda (sfruttata talvolta a scopi politici) secondo cui sua madre sarebbe stata Angelica Balabanoff, una militante socialista di origine ebrea russa che ebbe una relazione con Mussolini nel 1904, all'epoca in cui entrambi erano esuli in Svizzera.

In linea con le sue idee politiche, Mussolini non fece battezzare la figlia dopo la nascita. Edda (insieme ai fratelli Vittorio e Bruno) ricevette il battesimo solo nel 1925, quando il padre, ormai Presidente del Consiglio, decise di regolarizzare la sua situazione e quella della sua famiglia nei confronti della Chiesa cattolica, in vista della firma dei Patti Lateranensi.[2]

Il 24 aprile 1930, presso la chiesa di San Giuseppe a via Nomentana a Roma, Edda sposa Gian Galeazzo Ciano, da cui avrà tre figli: Fabrizio (detto Ciccino) nato nel 1931, morto nel 2008 in Costa Rica, dove viveva da oltre 30 anni, Raimonda (detta Dindina) nata nel 1933 e morta nel 1998, e Marzio (detto Mowgli) nato nel 1937 e morto nel 1974. Le nozze, avvenute a Roma, segnano l'avvio dell'inarrestabile ascesa politica del marito come 'delfino' di Mussolini.

Dopo una parentesi in diplomazia, Ciano diventa prima sottosegretario alla stampa e propaganda e poi ministro degli esteri. Nel 1939, con l'occupazione italiana dell'Albania, la città di Saranda prende il nome di Porto Edda, che conserva fino al 1944. Filo-tedesca, Edda appoggerà sempre le posizioni del padre sulla guerra, più tentennante sarà il marito Galeazzo.

Edda Ciano con Adhemar de Barros, durante una visita a San Paolo del Brasile, nel 1939

Di personalità intraprendente e irrequieta, presenta comportamenti da lei stessa in seguito definiti "da maschiaccio", che la porteranno non di rado a scontrarsi col potente padre che, pare, ebbe a dire: "Sono riuscito a sottomettere l'Italia, ma non riuscirò mai a sottomettere mia figlia". Il suo carattere indomito si manifesta sia da bambina (portata a studiare nel collegio delle signorine "bene" di Poggio Imperiale, si fa ritirare dopo poco), sia da ragazza (è una delle prime donne a portare i pantaloni e il bikini), sia da adulta (tradisce - ricambiata - il marito, fuma, gioca d'azzardo). Fu tra le prime donne a guidare auto sportive, un aneddoto spesso raccontato da lei con naturalezza, riguarda la sfida, avvenuta sulla strada del passo del Muraglione, tra lei e Nuvolari. Lei si mise a correre tra i tornanti e arrivata al passo si fermò e attese l'auto che la seguiva; i due conducenti scesero e si presentarono, in quel momento scoprì di aver battuto l'asso della guida dell'epoca che le fece i complimenti.[3]

La notte del Gran consiglio del 25 luglio 1943, Ciano vota l'Ordine del giorno Grandi di sfiducia a Mussolini, che porta all'arresto del suocero e alla nomina di Badoglio. I Ciano, già sorvegliati, rimangono quell'estate a Roma, nonostante il pericolo per la loro incolumità personale. Il ricostituito regime fascista repubblicano, ristabilito dall'esercito tedesco che aveva occupato l'Italia, accusa Galeazzo Ciano di alto tradimento: inizia la tragedia di Edda, la quale conduce una dura battaglia solitaria per salvare la vita del marito, cercando di barattarla con i famosi Diari tenuti dal consorte durante gli anni al potere, fortemente critici verso la Germania. Edda ha furiosi scontri col padre perché sembra intenzionato a non volere salvare il genero Galeazzo, ma soprattutto con la madre Rachele, che detesta il genero, nel tentativo di salvare il marito dalla condanna a morte, decisa al processo di Verona nel 1944. Solo 50 anni dopo in punto di morte, Edda dichiarerà di aver perdonato suo padre per non aver potuto o voluto salvare la vita di Galeazzo. Della madre dirà: «Lei ha difeso il suo uomo, io ho difeso il mio».

Già prima della fucilazione del marito, avvenuta l'11 gennaio 1944, Edda fugge dalla clinica "La Ramiola" di Parma; pernotta sotto falso nome nell'albergo "La Madonnina" di Cantello, in provincia di Varese, registrandosi come "Santos Emilia di Giuseppe e di Manfredi Carla", nata a Bologna il 25 giugno 1914, residente a Roma. Il 9 gennaio Edda espatria clandestinamente con i figli in Svizzera; utilizzando nomi e documenti falsificati, varca i confini italiani attraverso Stabio, nel Varesotto. Alla dogana svizzera, si presenta dapprima col nome di duchessa d'Aosta, ma dopo ore di attesa, al momento di precisare le proprie generalità, confessa a un ufficiale di essere Edda Ciano: implorando l'asilo nel paese neutrale, viene quindi ospitata nel piccolo convento delle suore domenicane di Neggio[4]. Dopo quattro mesi dalla fine della guerra e dalla fucilazione di Mussolini, dietro richiesta del governo italiano, gli svizzeri fanno uscire Edda dal Paese. Viene condannata a due anni di confino sull'isola di Lipari. Dopo un anno beneficia dell'amnistia promulgata da Palmiro Togliatti, in quel momento ministro della giustizia, e si ricongiunge ai figli.

Si ritira infine a Capri, alternando la permanenza nella sua villa con quella nella casa romana.

In età avanzata Edda Ciano concede una serie di interviste. La prima viene filmata nel 1982 nei giardini di Villa Torlonia, un tempo residenza della famiglia Mussolini e oggi parco pubblico: l'intera intervista costituisce la quarta puntata (dal titolo Padre mio, amore mio) della serie di documentari Tutti gli uomini del Duce, a cura di Nicola Caracciolo. Altre interviste vengono registrate nel 1989 da un amico di vecchia data. Nelle diverse occasioni Edda racconta la sua vita: l'infanzia, l'adolescenza, il suo rapporto con i genitori, le loro passioni, l'ascesa al potere del padre, i suoi amori, il marito Galeazzo Ciano e le sue vicende politiche, le guerre, la vita mondana, le tragiche giornate di Verona.

Edda Ciano muore a Roma l'8 aprile 1995 a 84 anni per via di una grave infezione renale per cui era ricoverata da tempo; è sepolta a Livorno, nel Cimitero della Purificazione, accanto al marito. Al funerale presenziò Susanna Agnelli a dimostrazione dei rapporti intercorsi negli anni passati tra le due famiglie, cosa dimostrata anche dal fatto che Vittorio Mussolini in Argentina si occupò, tra le altre cose, anche della gestione di una concessionaria Fiat, mentre Edda dichiarò che al momento di raggiungere Lipari ove rimase per un anno al confino, disponeva solo di dieci mila lire che le erano state inviate da Virginia Agnelli, madre di Susanna.

Una dei suoi tre figli, Raimonda Ciano, fu allieva del collegio Santa Elisabetta, gestito dalle suore francescane missionarie del Sacro Cuore[5].

Citazioni e omaggi[modifica | modifica wikitesto]

Letteratura
  • Nel 2009 viene pubblicato Edda Ciano e il comunista. L'inconfessabile passione della figlia del Duce, scritto dal giornalista Marcello Sorgi in collaborazione con Giovanni Sabbatucci. Nel libro si racconta della storia d'amore nata fra la stessa Edda e Leonida Bongiorno, un militante comunista già ufficiale degli alpini e partigiano, durante la permanenza al confino sull'isola di Lipari. Il racconto si basa sulla trascrizione della corrispondenza intercorsa fra i due (sia in francese sia in inglese) e resa pubblica dal figlio di Bongiorno.
Opere audiovisive

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Infermiera volontaria della C.R.I. Imbarcata in missione di guerra sulla nave ospedale “Po” colpita durante un attacco notturno da due siluri, prodigavasi per sostenere e soccorrere i naufraghi. Gettatasi in mare mentre la nave rapidamente affondava, con ammirevole altruismo e spiccato senso spirito di sacrificio dava a tutti la precedenza a salire sulle imbarcazioni di salvataggio. Sbarcata, prima che a se stessa, voleva che fossero portate le cure necessarie alle compagne superstiti. Nobile esempio di generosità e di solidarietà umana che accomuna, per lo sprezzo del pericolo e per la dedizione assoluta la donna italiana dell'era fascista al combattente. Baia di Valona, 14 marzo 1941
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Volontaria della C.R.I., in servizio presso un ospedale da campo avanzatissimo, portava la sua opera di assistenza in sala operatoria ed al letto dei feriti, incurante sempre della stanchezza e dei pericoli, dando così prova di coraggio e generosità. Fronte greco-albanese, marzo-aprile 1941

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/edda-mussolini_%28Dizionario-Biografico%29
  2. ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Giulio Einaudi Editore, 1965, p. 80.
  3. ^ "I Mussolini dopo Mussolini" Mussolini-Rossomanno edizione Minerva pag.193
  4. ^ Edda Ciano: i retroscena dell'espatrio negli archivi svizzeri. Per la fuga usò nomi e passaporti falsi, AdnKronos, 19.02.1996
  5. ^ Dove, all'indomani della sciagurata razzia degli ebrei romani, furono nascosti, sotto mentite spoglie, anche varie ragazze ebree come Laura e Silvia Supino. Questo particolare inedito è raccontato con dovizia di particolari dallo storico Giovanni Preziosi nel suo articolo dal titolo Un'ebrea in classe con Dindina Ciano. Settant'anni fa la razzia nel ghetto di Roma Archiviato il 2 dicembre 2013 in Internet Archive., su L'Osservatore Romano del 16 ottobre 2013, pag. 4.
  6. ^ Con Silvana Mangano, Frank Wolff, Claudio Gora (Dino De Laurentiis Cinematografica, Roma).
  7. ^ Con Susan Sarandon, Anthony Hopkins, Annie Girardot (Rai).
  8. ^ Le è stata dedicata la puntata numero 5 della quinta edizione del programma, in onda nel 2001; a cura di Nicola Caracciolo (Rai).
  9. ^ Con Alessandra Martines, Massimo Ghini, Claude Brasseur (Rai - Lux Vide).
  10. ^ Interpretato da Stefania Rocca, Alessandro Preziosi, Ilaria Occhini, Alessio Vassallo, Dajana Roncione. Il film venne trasmesso in prima visione il 13 marzo 2011 da Raiuno ed è tratto dal libro omonimo di Marcello Sorgi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ugo Caimpenta, Edda Ciano. La sua vita - I suoi amori, Milano, Tipografia Editoriale Lucchi, 1945.
  • Edda Ciano, La mia testimonianza, Milano, Rusconi, 1975.
  • Giordano Bruno Guerri, Galeazzo Ciano: una vita 1903/1944, Milano, Bompiani, 1979.
  • Antonio Spinosa, Edda. Una tragedia italiana, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 1993, ISBN 978-88-04-37169-4.
  • Edda Ciano, La mia vita. Intervista di Domenico Olivieri, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 2001, ISBN 978-88-04-48959-7.
  • Marco Innocenti, Edda contro Claretta. Una storia di odio e di amore, Milano, Mursia, 2003.
  • Giordano Bruno Guerri, Un amore fascista. Benito, Edda e Galeazzo, Collezione Le Scie, Milano, Mondadori, 2005, ISBN 978-88-04-53467-9.
  • Marcello Sorgi, Edda Ciano ed il comunista. L'inconfessabile passione della figlia del duce, Milano, Rizzoli, 2009, ISBN 978-88-17-03053-3.
Periodici
  • Renata Broggini, Edda Mussolini Ciano, da Livorno alla Svizzera (1943-1945), in Arte&Storia, n. 62, Lugano, Edizioni Ticino Management, agosto 2014, pp. 358-367.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN49223400 · ISNI (EN0000 0000 7828 813X · SBN IEIV009817 · LCCN (ENn50041192 · GND (DE119202514 · BNE (ESXX1239335 (data) · BNF (FRcb118968602 (data) · J9U (ENHE987007274275205171 · WorldCat Identities (ENlccn-n50041192