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Cristina di Svezia, la regina senza regno

Cristina di Svezia (Stoccolma, 18 dicembre 1626 – Roma, 19 aprile 1689) diventa regina di Svezia a soli sei anni, dopo la morte del padre, re Gustavo Adolfo II di Svezia, uno dei massimi difensori del protestantesimo durante la Guerra dei Trent’anni. La responsabilità del regno fu però affidata a un governo di reggenza in attesa della sua maggiore età.

Nel 1644, a 18 anni, ascese ufficialmente al trono di Svezia, ma la sua incoronazione fu posticipata a causa della guerra con la Danimarca.

Cristina di Svezia fu tra i promotori della pace di Vestfalia, che nel 1648 pose fine alla guerra dei Trent’anni riconoscendo come valore la libertà religiosa di ogni Paese.

La regina Cristina di Svezia

Il 20 ottobre 1650, Cristina di Svezia venne ufficialmente incoronata regina.

La sua corte accolse ben presto gli intellettuali di tutta Europa: Cristina coltivava liberamente il suo pensiero e le sue inclinazioni. La questione del libero arbitrio, negato da Lutero, prendeva sempre più spazio nella sua mente.

Invitò a corte il filosofo francese Cartesio (1596-1650), che teorizzava la necessità dell’uso della ragione e il vaglio critico di ogni imposizione dogmatica; leggeva e studiava gli antichi filosofi stoici, che valorizzavano la libertà dalle passioni e dalle seduzioni della vita terrena; iniziò a circondarsi, di nascosto, di gesuiti.

Intanto salivano le tensioni con i dignitari di Stato, che la sollecitavano a sposarsi e ad assicurare un erede al trono. Cristina di Svezia cominciò pian piano a rendersi conto di provare una repulsione invincibile per il matrimonio e la maternità: «Mi è impossibile sposarmi – dichiarò – Il matrimonio suscita in me una tale ripugnanza che non so quando riuscirei a vincerla».

Nel giro di qualche mese, prese due decisioni gravissime: si convertì al cattolicesimo e rinunciò al trono. Suscitò scandalo e sconcerto. Subì innumerevoli pressioni dalla corte svedese, ma fu irremovibile.

Cristina di Svezia abdica e si trasferisce a Roma

Tra il febbraio e il dicembre del 1654, a 28 anni, abdicò a favore del cugino Carlo X Gustavo e si convertì mantenendo la sua forma mentale di libera pensatrice.

Dopo l’abdicazione si stabilì a Roma, appagata dal clima mite e dal fasto della città, ricca di circoli culturali e occasioni di svago, che contrastavano profondamente con l’austerità del suo Paese.

Rimase a Roma, con qualche interruzione, per circa trent’anni, fino alla morte. Visse in dimore splendide come Palazzo Farnese e Palazzo Corsini, che impreziosì di un magnifico parco tuttora sede dell’Orto Botanico della città.

A Roma, accolse e aiutò i più grandi ingegni e talenti artistici del tempo: scultori, musicisti, scienziati, filosofi e poeti. Durante i suoi “mercoledì culturali” si incontrarono gli intellettuali Gravina e Crescimbeni che alla sua morte, rimasti senza punto di riferimento, si riunirono per dar vita all’Accademia dell’Arcadia.

A Cristina di Svezia si deve il primo teatro pubblico di Roma (gli spettacoli si svolgevano abitualmente nei carrozzoni ambulanti); riuscì perfino a convincere papa Clemente X ad annullare l’ordinanza che vietava alle donne di recitare e cantare (ma il successore Innocenzo XI la ripristinò prontamente).

A Roma Cristina di Svezia era felice, conduceva la vita che aveva desiderato per sé, di regina senza regno, ma versava in ristrettezze economiche. Il sussidio erogatole dalla Svezia era infatti troppo modesto per lei. Incominciò allora a elaborare il progetto velleitario di riconquistare una corona. Chiese quindi l’aiuto di Mazzarino e di Luigi XIV, rivali della Spagna, per diventare regina di Napoli rimpiazzando con la forza gli Asburgo.

Nel 1656 Cristina di Svezia firmò un accordo segreto con la Francia che le assicurava il trono ma commise un gesto, che offuscò la sua immagine per sempre in tutta Europa: nell’estate del 1657, ordinò, nel castello di Fontainebleau in cui Luigi XIV la ospitava, l’efferata esecuzione di un marchese italiano, Gian Rinaldo Monaldeschi, suo collaboratore, sospettato di tradimento. Fu la sua rovina. Le fu ingiunto di lasciare la Francia. Fece ritorno a Roma, senza mai rinunciare al titolo di regina.

Cristina di Svezia ebbe il senso profondo del rispetto e della tolleranza religiosa. Lo dimostrano: il suo entrare in polemica con il re Luigi XIV di Francia allorché questi prese a perseguitare gli ugonotti (i protestanti francesi di confessione calvinista), rendendo la loro vita talmente impossibile che parecchi preferirono abbandonare la patria; e il suo autoprocalmarsi, tre anni prima dalla morte, «protettrice degli ebrei di questa città di Roma».

Cristina di Svezia è sepolta nella basilica di San Pietro, onore concesso solo ad altre due donne: la contessa Matilde di Canossa e Maria Clementina Sobieski, moglie di Giacomo Francesco Edoardo Stuart.

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