Elettrificazione del trasporto merci in Italia



Elettrificazione del trasporto merci in Italia: per la transizione servono infrastrutture, investimenti e una volontà di sviluppo

Il trasporto merci, leggero e pesante, dovrà virare sull’elettrico in Europa. A che punto siamo oggi? Indietro, in termini di vendite di mezzi e di infrastrutture. Serve investire, ma occorre anche saper programmare con attenzione il futuro

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Elettrificazione del trasporto merci in Italia: per la transizione servono infrastrutture, investimenti e una volontà di sviluppo

L’elettrificazione del trasporto merci in Italia e in Europa è un tema complesso, ma un passo necessario della transizione energetica, per ridurre le emissioni globali e migliorare la qualità dell’aria.

In Europa c’è una data precisa che riguarda i veicoli commerciali leggeri (inferiori a 3,5 tonnellate): a partire dal 2035 la legislazione approvata in via definitiva dal Parlamento europeo prevede l’obbligo per i nuovi veicoli commerciali leggeri di non produrre alcuna emissione di CO2, riducendo del 100% le emissioni di questi tipi di veicoli rispetto al 2021. Non solo: per gli autocarri medi e pesanti si intende arrivare a una riduzione delle emissioni progressiva che arriverà al 90% nel 2040. Sarà una data storica per la mobilità elettrica destinata ad apportare cambiamenti significativi specialmente se si pensa che camion trasportano quasi l’80% del trasporto terrestre di merci nell’UE, dove attualmente circolano circa 6,5 milioni di mezzi di queste dimensioni, generando un surplus commerciale annuo di 5,6 miliardi di euro (Fonte: ACEA).

Oggi lo 0,6% dei nuovi camion venduti nell’UE sono ricaricabili elettricamente (elettrici puri o ibridi plug-in), rappresentando solo lo 0,1% di tutti i camion oggi in circolazione.

Le decisioni presenti e future prese nell’UE avranno un significativo influsso sul trasporto commerciale, ma occorre lavorare già oggi per arrivare preparati ai cambiamenti.

Trasporti zero emission: cosa prevede l’UE

A proposito di e-mobility, nel campo del trasporto pesante arriverà a conclusione entro la primavera il percorso legislativo che ha visto trovare l’accordo, lo scorso febbraio, tra Parlamento Europeo e Consiglio Ue sulla proposta di regolamento avanzata dalla Commissione nel 2023 in materia di riduzione delle emissioni per i nuovi veicoli pesanti.

Trasporti zero emission: cosa prevede l’UE

Cosa prevede l’accordo? Per gli autocarri medi e pesanti, compresi i veicoli professionali (come gli autocarri per i rifiuti, gli autocarri a cassone o i camion betoniera) e gli autobus gli obiettivi proposti consistono in una riduzione delle emissioni del 45% per il periodo 2030-2034, del 65% per il 2035-2039 e del 90% a partire dal 2040.

Per gli autobus urbani si richiede una riduzione del 90% entro il 2030 e dovrà essere al 100% (cioè zero emissioni) entro il 2035. A partire dal 2030, inoltre, rimorchi e semirimorchi dovranno abbattere la CO2 emessa rispettivamente del 7,5% e del 10%. Inoltre, i co-legislatori hanno introdotto la definizione di “rimorchi elettronici” per apportare chiarezza giuridica e per adeguare il regolamento esistente agli sviluppi tecnici di questo nuovo tipo di rimorchi, tenuto conto del potenziale dei rimorchi elettronici di contribuire alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Francesco Naso e Anna Donati in un convegno dedicato all'elettrificazione del traposto merci
Francesco Naso e Anna Donati

«Per riuscire a centrare questi obiettivi serve anche un sistema di consegne riorganizzato e infrastrutture di ricarica, pubbliche e private alimentate da energia da fonti rinnovabili», ha affermato Anna Donati, coordinatrice del Gruppo Mobilità di Kyoto Club, in occasione di un convegno dedicato che si è svolto a KEY di Rimini, ricordando anche l’approvazione del nuovo regolamento AFIR per le infrastrutture di ricarica.

Elettrificazione del trasporto merci in Italia: la parola a Motus-E

Cosa occorre fate per arrivare all’elettrificazione del trasporto merci in Italia lo ha spiegato nella stessa occasione Francesco Naso, segretario Motus-E. A oggi la penetrazione di veicoli elettrici sia sul segmento degli automezzi sotto le 3,5 tonnellate (N1) sia sopra le 3,5 (N2) e le 12 tonnellate (N3) è ancora di nicchia, risultato anche di un sostegno in termini di incentivi assai più basso rispetto ad altri Paesi europei anche se «si nota un progressivo interesse, specie nei furgoni N1 per le consegne dell’ultimo miglio e anche per la spinta che molti Comuni stanno mettendo in campo».

Le opportunità create dall’elettrificazione vanno considerate in molteplici aspetti. Troppo spesso si pensa ai veicoli commerciali pesanti solo a lungo raggio, ma ci sono anche molte tratte a medio e breve raggio potenzialmente da coprire con questi mezzi. Serve certamente contare su infrastrutture di ricarica dedicate, «puntando da subito alla ricarica in deposito, proprio per contenere il Total Cost of Ownership (TCO)». Quando possibile, la ricarica in deposito è da preferire, per i minori costi di ricarica necessari, anche considerando un aumento di prezzo del mezzo.

C’è poi da considerare l’opzione di ricarica durante la consegna al cliente, specie nel caso della Gdo, che andrebbe sviluppata. A questo proposito rientrano anche i destination charger (come i clienti delle aziende di logistica), ovvero punti di ricarica privati dedicati alla ricarica dei veicoli merci durante il carico/scarico merci.

Per quanto riguarda i tragitti lunghi, l’ostacolo oggi ravvisato è legato al rapporto con le reti. «Troppo spesso il vincolo considerato dagli operatori che si vogliono elettrificare è riuscire a trovare la potenza disponibile e una risposta rapida – ha rilevato Naso –. È necessaria una collaborazione a tale proposito».

Le opportunità aperte dal regolamento AFIR…

A proposito del regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi (AFIR), va ricordato che a partire dal 2025, dovranno essere installate stazioni di ricarica rapida di almeno 150 kW per autovetture e furgoni ogni 60 km lungo i principali corridoi di trasporto dell’UE, la cosiddetta “rete transeuropea dei trasporti (TEN-T)”. Sempre a partire dal prossimo anno, dovranno essere installate stazioni di ricarica per i veicoli pesanti con una potenza minima di 350 kW ogni 60 km lungo la rete centrale TEN-T e ogni 100 km sulla rete globale TEN-T, arrivando a coprire l’intera rete entro il 2030.

Naso ha messo in evidenza a questo proposito i punti di ricarica ad accesso pubblico nelle aree di servizio autostradali sono ad alta potenza, con hub potenziali nell’ordine dei MW, «ma sono impegni su cui si deve lavorare in maniera congiunta».

Nello studio condotto dalla stessa associazione italiana che promuove la transizione verso una mobilità elettrica, dall’analisi sui target europei delle infrastrutture di ricarica ad uso pubblico, dettate dall’AFIR, Motus-E ha stimato che solamente per i veicoli commerciali pesanti saranno presenti in Italia 3200 punti di ricarica a uso pubblico distribuiti sui principali corridoi autostradali, nelle aree di parcheggio e nei nodi urbani, di cui più della metà saranno MegaWatt Charger.

“Tale scenario, sarà in grado di supportare di circa 22mila veicoli pesanti a lunga percorrenza, su un totale di circa 87mila veicoli merci pesanti circolanti elettrici sia di breve sia di lunga percorrenza (sotto e sopra i 300 chilometri giornalieri). È possibile concludere che i target AFIR sono un abilitatore del mercato”.

e le raccomandazioni utili

Tra le raccomandazioni e gli sviluppi futuri, il segretario di Motus-E ha annotato quali indicazioni per gli operatori, la necessità di ricaricare nel proprio deposito, quale obiettivo da perseguire, insieme alla possibilità di ricaricare durante il carico/scarico merci a prezzi più vantaggiosi grazie ad appositi accordi con i fornitori.

Non solo: un’attenta analisi della tratta giornaliera e della capacità della batteria del veicolo, con un sistema di gestione dell’infrastruttura, possono ridurre il total cost of ownership del singolo veicolo.

Occorre anche mettere a disposizione, nelle aree commerciali, un punto di ricarica ad alta potenza (almeno 100 MW) anche durante le operazioni di carico e scarico, che facilita l’adozione di mezzi elettrici da parte dei trasportatori partner con vantaggi sugli indici di sostenibilità della filiera.

Infine, per i Comuni – in parallelo con le politiche di restrizioni alla circolazione di veicoli inquinanti – c’è la necessità di installare punti di ricarica di media potenza (50 kW) nei parcheggi di carico e scarico, di operare una riqualificazione delle aree comunali per nodi di ricarica “lungo il percorso”. È bene, inoltre, pensare a un sistema di sconti sulla ricarica e incentivi all’infrastrutturazione dei depositi, oltre a una semplificazione delle procedure per l’installazione di infrastrutture pubbliche ad alta potenza, anche lungo le arterie autostradali.

Le decisioni dell’Europa sul futuro del trasporto merci

Lo sviluppo dell’elettrificazione del trasporto merci in Italia risentirà in modo significativo delle decisioni UE a questo proposito, come ha spiegato Raphael Héliot, Policy manager di AVERE (The European Association for Electromobility) che ha illustrato il contesto europeo per l’elettrificazione del trasporto merci. Per farlo è partito da un dato previsionale: entro il 2035, il 99,8% dei nuovi camion elettrici sarà più economico da possedere e gestire rispetto ai camion diesel, pur trasportando lo stesso peso di merci sulla stessa distanza e tempo di viaggio. A prevederlo è uno studio di Transport & Environment, segnalando che nella maggior parte dei casi, i camion elettrici batteranno anche prima i camion diesel in termini di TCO.

«Ricordo che c’è un accordo a livello europeo sui veicoli pesanti per la riduzione del 90% delle emissioni entro 2040. Per arrivarci servono incentivi, non solo finanziari per avere più camion elettrici sul mercato». a tale riguardo ha ricordato la direttiva Weights and Dimensions che stabilisce le dimensioni massime autorizzate dei veicoli pesanti utilizzati nel trasporto commerciale nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati dei veicoli pesanti utilizzati nel trasporto commerciale internazionale.

Questa direttiva e le successive modifiche apportate con emendamenti hanno introdotto alcune deroghe ai pesi e alle dimensioni massime autorizzate dei veicoli e delle combinazioni di veicoli per facilitare l’uso di gruppi propulsori ad alimentazione alternativa (compresi quelli a emissioni zero). «Si tratta di un passaggio importante perché permette di essere più rapidi nello sviluppo di questo tipo di veicoli sulle strade europee», ha aggiunto Héliot. Inoltre, la Commissione europea sta pensando a una legislazione per le flotte, prevedendo un numero minimo di mezzi a emissioni zero. «Per ora è solo una consultazione pubblica, ma potrà contribuire ad accelerare la domanda di camion elettrici, già oggi in forte crescita».

Il punto focale è la disponibilità della rete per accogliere i punti di ricarica. Serve una migliore e più tempestiva attuazione della legislazione UE esistente, a cominciare da AFIR, insieme anche alla RED III e alla Electricity Market Design Directive, riguardante la progettazione del mercato elettrico, per sostenere lo sviluppo della rete.

Non bisogna dimenticare la ricarica nei depositi e a questo riguardo «l’EPBD è stata un’occasione persa», riferendosi alla possibilità di comprendere nella Direttiva “Case Green” punti di ricarica anche per i mezzi pesanti. «È un tema che però si può riaprire a livello nazionale».

Occorreranno investimenti, sostenendo quelli anticipati, il rinnovamento e l’innovazione per lo sviluppo della rete, migliorando le lunghe e macchinose procedure amministrative per i progetti di connessione alla rete, fornendo a essa flessibilità e interoperabilità.

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