Anno d’uscita: 1985
Regia:Richard Donner
Non esiste adolescente degli anni ’80 che non abbia avuto a che fare, almeno una volta, con “I Goonies”, il capolavoro di Richard Donner del 1985 nato da un soggetto di Steven Spielberg, che ne fu anche il produttore.  In effetti è un film dal sapore assolutamente spielberghiano, con il suo gusto per l’avventura e l’umorismo, realizzato per piacere a più fasce d’età: tanto che ci sono due team di protagonisti, i bambini e gli adolescenti.  Partiamo subito dalla locandina originale: in alto a destra si legge questa frase:
“They call themselves “The Goonies”. The secret caves. The old lighthouse. The lost map. The treacherous traps. The hidden treasure. And Slot… Join the adventure”.
Che tradotto è: “Si definiscono “I Goonies”. Le grotte segrete. Il vecchio faro. La mappa perduta. Le trappole insidiose. Il tesoro nascosto. E Slot… Unisciti all’avventura.”
Vediamo da vicino chi sono i Goonies. Sono un gruppo di ragazzini che si mette sulle tracce di un tesoro lasciato dal leggendario pirata Seicentesco Willy l’Orbo. Il nome Goonies deriva dal quartiere di Goon Docks, nella cittadina di Astoria, nell’Oregon di Astoria dove i protagonisti vivono. Tuttavia, in slang americano “goony” significa “sfigato”. Ed è esattamente quello che i Goonies sono: un gruppo di sempliciotti, oggi si chiamerebbero nerd.

La frase contenuta nel manifesto è già da sola molto accattivante, e lo è ancor di più l’immagine di sette ragazzi appesi ad una roccia che si sta sgretolando. Tutti uniti nell’avventura, legati l’uno all’altro ma chiaramente in pericolo. I visi dei sette ragazzi sono tutti smarriti e impauriti. In ordine di caduta, il primo viso che vediamo è quello di Brandon Walsh (Josh Brolin), il ragazzo un po’ più grande di età, con la bandana, quello da cui letteralmente tutti di-pendono. Questo film segnerà il suo inizio di una lunga e brillante carriera di attore. Lo si vedrà molti anni dopo in pellicole come “Grindhouse”, “Non è un Paese per Vecchi”  e “I Guardiani della Galassia”.
Attaccata a Brandon c’è la bella Andy Carmichael (Kerri Green), di cui si era invaghito Mickey, ma lei preferisce il fratello maggiore Brandon. Segue il geniaccio “Data” Wang (Jonathan Ke Quan), inventore provetto, che avevamo già conosciuto a fianco di Harrison Ford in “Indiana Jones e il tempio maledetto”.
Appena sotto “Data”, troviamo il goloso e goffo Chunk Cohen (Jeff Cohen). Sotto di lui c’è Mickey, fratello minore di Brandon. Mickey è interpretato da Sean Astin (anni dopo lo ritroveremo nei panni di Sam nella trilogia de “Il signore degli anelli”).
Quasi in fondo a questa corda umana c’è l’esuberante Clark Devereaux, detto “Mouth” per via della sua parlantina inarrestabile. Mouth aveva le sembianze di Corey Feldman, che di lì a poco sarebbe diventato anche membro di un’altra banda di giovani amatissimi negli anni Ottanta (interpreterà Teddy Duchamp in “Stand By Me – Ricordo di un’estate”).
L’ultima della fila è l’occhialuta e maldestra Stephanie Steinbrenner (Martha Plimpton), amica di Andy. Il poster, come la maggior parte di quelli degli anni ’80 racchiude gran parte degli elementi che compongono il film; dà un assaggio riguardo la storia della pellicola, idea fondamentale che riesce ad accattivare la curiosità dei passanti che la osservano. I ragazzi appesi formano una sorta di gerarchia, in cui il più forte e più grande sorregge tutti, fino ad arrivare alla persona un po’ meno autosufficiente e “imbranatina” come Andy. É geniale come una sola immagine riesca a trasmettere il valore dell’amicizia in modo così evidente, una sorta di “sospensione” sulla fiducia, che, come una catena relaziona la sincera collaborazione; basterebbe un cedimento da parte di un componente per far precipitare tutto.

Sull’affiche si riesce ad intravedere anche la mappa di un tesoro. É il tesoro del pirata Willy, nascosto in una località non lontana dal quartiere di Goon Docks. Tutta la storia parte proprio dal momento in cui Mickey trova in soffitta la mappa e convince i coetanei a seguirlo nell’avventurosa ricerca del tesoro nascosto. Tutti i ragazzi si fanno convincere perché l’intero quartiere dove vivono forse sarà raso al suo, per cui le famiglie di tutti sono prossime allo sfratto. Mettendo le mani sul bottino dell’antico corsaro, i ragazzi potrebbero salvare le loro case. Brandon e due ragazze della sua età, Stephanie e Andy, decidono di accompagnare il gruppetto dei quattro preadolescenti (Mickey, Data, Chunk e Mouth) cercando di proteggerli, anche perché sulle loro tracce c’è anche la pericolosa famiglia criminale italoamericana dei Fratelli. In un film che si rispetti, infatti, non potevano mancare gli antagonisti – i cattivi – che vogliono rubare il tesoro ai Goonies per i loro loschi affari. La banda di ladri è composta da una madre-padrona (Anne Ramsey) e tre figli, Francis e Jake (Robert Davi e Joe Pantoliano), i quali hanno incatenato nella cantina il deforme Sloth (John Matuszak), terzo membro della casata. John Matuszak morto nel 1989, è stato l’ex giocatore di football degli Okland Raiders, al quale erano necessarie cinque ore di trucco per farlo diventare deforme e mostruoso. Egli si rivelerà un ‘buono’ e determinante per la vittoria dei giovani sugli adulti. Sloth ha una forza così straordinaria che dà occasione a Richard Donner si concedersi un auto-omaggio, facendogli sfoggiare una t-shirt di Superman e usando il motivo del suo film come accompagnamento.
“The Goonies” è un vero film cult e fa sentire ancora oggi la sua influenza come uno dei principali precursori della serie “Stranger Things”. Il fatto che torni sullo schermo dopo 35 anni fa ben sperare che (forse) si può ancora girare un film per ragazzi non volgare, divertente e contrassegnato da elementi, per non dire valori positivi: il tesoro tanto agognato, ad esempio, serve per riscattare la casa ipotecata dal padre dei due protagonisti, ma tutto il film raffigura una realtà da esplorare e che è già positiva in partenza, dal rapporto di amicizia vera tra i ragazzi, al pudore – oggi assolutamente improponibile – con cui si tratta la questione affettiva, all’accoglienza del diverso.
La bellezza di questo film risiede nella sua semplicità: The Goonies è un film sull’amicizia, ma non solo. É un film sull’avventura condivisa con gli amici, sulla fuga, sull’immaginarsi eroi a caccia di un tesoro.  Chi di noi da piccolo non ha sognato di fuggire di casa alla ricerca di un tesoro? Farlo con il proprio gruppetto di amici era il sogno di tutti. A muovere i ragazzi non è l’avidità della ricerca di un tesoro ma il poterlo condividere con tutto il gruppo, poter vivere l’avventura tutti insieme. Questo è l’aspetto più puro del film, il senso di fratellanza che si respira e quei messaggi che i piccoli Goonies insegnano: che l’unione fa la forza, sia contro i cattivi di turno che contro le ingiustizie della società. E che, alla fine, i cattivi perdono sempre perché sanno pensare solo a sé stessi.
Sara Riccio