Carlotta di Prussia: una principessa Tedesca sul trono di Russia – Vanilla Magazine

Carlotta di Prussia: una principessa Tedesca sul trono di Russia

Le fiabe che leggiamo da bambini, o più in generale la letteratura di tutti i tempi, ci hanno svelato l’esistenza del colpo di fulmine e dell’amore eterno: due persone si incontrano, si innamorano e il loro amore è o invincibile, come Romeo e Giulietta, o eterno, come nelle favole dei fratelli Grimm. Ma nella realtà l’amore immortale esiste davvero?

A molti sarà capitato di provare un colpo di fulmine che si è poi rivelato un fuoco di paglia. Tra le persone appartenenti alla nobiltà, in particolar modo i discendenti al trono di qualche monarchia Europea, i matrimoni contratti per amore e non per interesse sono una novità dell’ultimo secolo, con alcuni sporadici casi occorsi anche nei secoli precedenti. Si potrebbe fare l’esempio della Regina Elisabetta d’Inghilterra, irremovibile nello sposare il suo Filippo, ma gli aneddoti sono tanti, come quello quello di Edoardo VIII e Wallis Simpson, o in ultimo il Principe Henry con Meghan Markle. In passato il matrimonio era sempre funzionale ad accordi politici, ma ci fu un caso, nel XVIII secolo, che sembra uscito da una favola moderna. E’ il caso di Carlotta di Prussia, divenuta poi Aleksandra Fёdorovna.

Infanzia

Federica Luisa Carlotta Guglielmina di Prussia nacque a Berlino il 13 luglio 1798. Era la quartogenita, nonché figlia maggiore, di Federico Guglielmo III, re di Prussia, e della duchessa Luisa di Mecklenburg-Strelitz, e sorella minore di Federico Guglielmo IV e di Guglielmo I, primo Kaiser tedesco. Il nome Carlotta, con il quale era conosciuta, le fu dato in onore della prozia inglese, Sofia Carlotta di Mecklenburg-Strelitz. L’infanzia di Lotte, come veniva chiamata amorevolmente in famiglia, fu segnata dalle guerre napoleoniche. Quando il nemico francese arrivò alle porte di Berlino nel 1806 l’intera famiglia reale fu costretta a fuggire dalla città, rifugiandosi a Königsberg, sotto la protezione dello zar Alessandro I, con il quale erano imparentati.

Federico Guglielmo III e la moglie Luisa con i figli. Carlotta è in piedi vicina alla madre – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Quando le truppe napoleoniche occuparono la capitale tedesca la famiglia reale si stabilì nella città di Memel. Oltre il dolore di non poter vivere nella città natale, la famiglia venne colpita da un grave lutto: quando Lotte aveva solo dodici anni l’adorata madre Luisa morì di tifo mentre si recava in visita alla sua famiglia nel castello di Hohenzieritz. Lotte, ormai donna adulta di casa, prese il posto della madre negli eventi ufficiali. Per tutta la vita coltivò sempre il ricordo della madre, che la descriveva così:

Mia figlia Carlotta è riservata e concentrata, ma come suo padre, la sua freddezza apparente nasconde il battere del suo caldo cuore compassionevole

Carlotta di Prussia da bambina – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Nell’autunno del 1814, mentre la famiglia prussiana si trovava ancora in esilio, il granduca Nicola e il granduca Michele, russi, si recarono in visita dai parenti. Nicola non era erede al trono, che spettava al fratello maggiore Costantino, ma ciò non impedì alle due famiglie di concordare il matrimonio tra lui e Carlotta per rafforzare l’alleanza tra le due famiglie e i due paesi contro la Francia napoleonica. Lotte si dimostrò subito ben disposta al matrimonio, in quanto non le dispiaceva essere una “semplice” granduchessa e vivere lontana dagli obblighi di palazzo.

L’anno successivo Nicola tornò in Prussia, ormai liberata dagli invasori francesi, e incontrò per la prima volta Carlotta. Già dal loro primo incontro tra i due nacque un amore e una passione (solo platonica) travolgente, tanto che si frequentarono assiduamente nell’amata Berlino e decisero di fidanzarsi mentre Nicola si trovava ancora in Prussia. Carlotta era pronta a lasciare la famiglia per trasferirsi in Russia ma, ancora troppo giovane, si decise di spostare il matrimonio di due anni. Due anni in cui l’ardore dei due amanti non venne per nulla scalfito.

Lotte scrisse al fratello:

“Mi piace e sono sicura di essere felice con lui. Ciò che ci accomuna è la nostra vita interiore; lascia che il mondo faccia come preferisca, nei nostri cuori abbiamo un mondo tutto nostro”.

Carlotta di Prussia nel 1817 – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Carlotta, il 9 giugno 1817, accompagnata dal fratello Guglielmo, arrivò in Russia, sua nuova patria. Il primo passo da compiere fu la conversione alla Chiesa Ortodossa e il cambio del nome da Federica Luisa Carlotta Guglielmina in Aleksandra Fёdorovna. Il 25 giugno avvenne il fidanzamento ufficiale con l’amato Nicola, mentre il matrimonio fu celebrato nella Grande Chiesa del Palazzo d’Inverno il 13 luglio, in occasione del diciannovesimo compleanno di Aleksandra. Dopo le nozze la coppia andò a vivere a Peterhof, e la ragazza ricevette ufficialmente il titolo di Granduchessa e l’Ordine di Santa Caterina.

Nicola I e Aleksandra Fёodorovna – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Aleksandra descrisse così la sua unione:

“Ero davvero molto felice quando le nostre mani si giunsero. Con completa fiducia e devozione, misi la mia vita nelle mani di Nicola, e lui non la tradì mai”.

Nonostante fino a quel momento Nicola fosse soltanto un figlio cadetto con la fortuna di vivere lontano dalla corte, Aleksandra non poté esimersi dai rapporti con la famiglia del marito. La persona che la intimoriva di più era sicuramente la suocera, l’imperatrice Maria Fёodorovna. Aleksandra ammise che prima del matrimonio “Ho pianto molto al pensiero di dover incontrare l’imperatrice madre, i cui racconti mi spaventavano”. In realtà, Maria Fёodorovna fu molto cordiale e benevola con la nuora, ma così non fu la cognata Elisabetta Alikseevna, moglie dell’allora zar Alessandro I. Le malelingue di corte sostenevano che la zarina fosse gelosa della cognata per via della sua fertilità, mentre lei era sterile. Ma queste sono voci di popolo che ormai sono impossibili da appurare.

Aleksandra Fёodorovna con due dei figli – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

La corte russa rimase affascinata dalla principessa tedesca. Aleksandra era alta, magra ed elegante nei movimenti, proprio come sua madre, mentre aveva il carattere pacato e dolce ma allo stesso tempo passionale, proprio come il padre. Un contemporaneo la descrisse così: “Ci torna in mente la sua figura maestosa e austera, che rappresenta il tipo finito della bellezza tedesca”. Oltre che per l’avvenenza, Aleksandra riuscì a far innamorare di sé l’intera corte russa. La sua dama di compagnia era la contessa Cecilia Gurovskaja, fidata amica d’infanzia, che la aiutò a padroneggiare e a rispettare il cerimoniale russo. Aleksandra si impegnò a imparare anche la lingua russa, seguendo gli insegnamenti del poeta Žukovskij, che la Granduchessa considerava “un poeta troppo bravo per essere un bravo insegnante”. Ma il russo era considerato la lingua del popolo, mentre la corte usava il tedesco per il parlato e il francese per lo scritto, così Aleksandra non divenne mai padrona della lingua del suo nuovo paese.

I primi anni del matrimonio furono molto felici e da subito pieni di neonati: il primo figlio, il futuro zar Alessandro II, nacque appena nove mesi dopo il matrimonio. Ma se all’interno del palazzo di conduceva una vita da fiaba, lo stesso non si poteva dire della vita al di fuori del palazzo di Peterhof.

La vita politica e culturale degli anni Venti del diciannovesimo secolo era scossa dal malumore generale. Lo zar Alessandro I confessò al nipote Nicola di voler abdicare in suo favore, in quanto Costantino, legittimo erede al trono, non aveva figli, esattamente come lo zio al potere, e auspicava a un matrimonio morganatico.

Aleksandra Fёodorovna dopo l’incoronazione – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Il 1825 fu caratterizzato dal movimento decabrista, chiamato così perché politici e intellettuali tentarono un colpo di stato nel dicembre di quell’anno. Aleksandra, già provata emotivamente dalla perdita di una figlia neonata che l’aveva condotta nel vortice della depressione, fu profondamente scossa dalla notizia del colpo di stato. Si recò nella cappella del palazzo a pregare, e per l’agitazione sviluppò un tic facciale e una malattia nervosa che condizionarono il suo fragile stato di salute. Il giorno dopo scrisse sul suo diario:

Pensavo che avessimo sopportato e sofferto abbastanza. Ma se il cielo vuole, eravamo destinati a fare diversamente. Il giorno appena trascorso è stato il peggiore che abbia mai vissuto… non potevo nascondere a me stessa i pericoli di questo momento. O Signore, il solo dover pensare di rischiare la mia vita più preziosa era sufficiente a farmi impazzire… Dio, che giornata! Che monumento rimarrà per il resto della mia vita!“.

Aleksandra rimase così sconvolta dalle vicende politiche che la cerimonia di incoronazione dei nuovi sovrani dovette essere rimandata di qualche mese per permettere alla Granduchessa di riprendersi. La cerimonia ebbe luogo il 3 settembre 1826 nella Cattedrale dell’Assunzione dentro il Cremlino. Qualche anno dopo, nel 1829, unica eccezione nella storia russa, Aleksandra e Nicola vennero incoronati come sovrani di Polonia.

Anche dopo il matrimonio, e soprattutto dopo l’incoronazione, Aleksandra mantenne il suo carattere calmo e un poco civettuolo, interessandosi alla moda, ai balli e ai gioielli, senza tener conto delle opere caritative/caritatevoli, unico aspetto della vita sociale prerogativa delle donne aristocratiche dell’epoca. Grazie al suo aspetto, che aveva ereditato dalla bellissima madre, Aleksandra era molto apprezzata dalla corte, nonostante non mancarono le frecciatine da maligni che mal la sopportavano. Un esempio fu il poeta Taras Ševčenko, che la descrisse satiricamente, mentre Aleksander Puškin la inserì nel suo “Evgenij Onegin” con il nome di Lalli-Ruk, il nome con cui l’imperatrice era chiamata a corte.

Nicola, innamorato della moglie, mal sopportava questi attacchi nei confronti della consorte. Era talmente accecato dall’amore per Aleksandra che, quando il Palazzo d’Inverno fu colpito da un grave incendio, disse al responsabile dei soccorsi “Lasciate che bruci tutto, salvate soltanto la piccola scatola nel mio studio piena di lettere che mia moglie mi scrisse mentre era mia promessa sposa”.

Anna Tjutčeva, damigella d’onore, descrisse così il rapporto tra i due amanti:

“L’imperatore Nicola I aveva per sua moglie, questa fragile, irresponsabile e graziosa creatura, un’adorazione spassionata e dispotica di una natura forte per una creatura debole, di cui si sentiva unico sovrano e legislatore. Per lui era un bell’uccello, che teneva rinchiuso in una gabbia dorata e ingioiellata, che nutriva con nettare e ambrosia, che cullava con melodie e profumi, ma a cui avrebbe tagliato le ali senza rimpianti se avesse voluto fuggire dalle sbarre dorate della sua gabbia”.

Aleksandra Fёodorovna con il tradizionale kokošnik – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Aleksandra riuscì però a indossare la maschera della moglie perfetta, sempre elegante e impeccabile, saggia consigliera del marito, che la chiamava affettuosamente Muffi, figura discreta che si interessava solo della politica del suo paese di origine, la Prussia, e soprattutto non dava a vedere quanto la malattia la facesse soffrire. La sua routine quotidiana era molto complessa:

“La giornata lavorativa dell’imperatrice inizia con rassegne e sfilate di mattina presto. Poi iniziano i ricevimenti. L’imperatrice si isola per un quarto d’ora, dopo di che fa un giro in carrozza di due ore. Poi, prima di cavalcare, fa un bagno. Al suo ritorno ha più ricevimenti. Poi visita diverse istituzioni sotto la sua responsabilità o uno del suo entourage. Dopo questo accompagna l’imperatore in uno dei campi, da dove si precipita ad un ballo”.

Aleksandra amava la musica e la danza, soprattutto le polonaises e le mazurke, che danzava fino alle prime luci dell’alba. Il marchese de Custine, in visita in Russia nel 1839, non poté non notare quanto l’imperatrice sembrasse più anziana di quanto fosse in realtà:

“L’imperatrice ha una figura aggraziata e, nonostante la sua eccessiva magrezza, è piena, come mi è sembrato, di una grazia indescrivibile. Era molto agitata e mi sembrava quasi moribonda. Le convulsioni nervose le sfiguravano i lineamenti, facendole scuotere la testa a volte. I suoi occhi blu profondamente infossati e miti tradivano un’intensa sofferenza sopportata con calma angelica. L’imperatrice è prematuramente decrepita e vedendola nessuno può determinare la sua età. È così debole che sembra completamente priva di forza vitale. La sua vita sta svanendo giorno dopo giorno; l’imperatrice non appartiene più alla terra…”

E in effetti, col tempo la salute di Aleksandra peggiorò sempre di più. La coppia ebbe sette figli, ma quando il cuore divenne così debole da soffrire di attacchi di cuore (probabilmente infarti), i medici le vietarono di avere rapporti sessuali con il marito, per paura che una nuova gravidanza le fosse fatale. Nicola cominciò così a cercare compagnia femminile altrove. Lo trovò con Varvara Nelidova, dama di compagnia di Aleksandra. L’imperatrice non era abituata ai rigidi inverni pietroburghesi, e dovette allontanarsi verso mete più esotiche. Il luogo ideale consigliatole dai medici fu Palermo, dove passò l’inverno per la prima volta da quando era imperatrice lontana dalla Russia. Poco tempo dopo, Nicola la raggiunse in Sicilia, accompagnato proprio dalla Nelidova. Aleksandra mal sopportava questa relazione, ma con il tempo l’accettò e anzi strinse un’amicizia intensa con la Nelidova, che negli ultimi anni di vita dell’imperatrice divenne la sua lettrice ufficiale.

La vita dei coniugi divenne un continuo vagare tra la Russia e svariate mete europee, soprattutto Sicilia, Roma e la Costa Azzurra. Nonostante il clima più tiepido e le cure, però, la salute di Aleksandra non migliorò. Anzi. Nel 1854 Aleksandra si ammalò gravemente, tanto che i medici pensarono potesse morire da un giorno all’altro. Inaspettatamente, si riprese oltre le più rosee aspettative.

L’anno successivo, nel 1855, fu Nicola a morire, a causa di un’influenza. Consumata dal dolore Aleksandra si ritirò a vita privata nel palazzo di Čarskoe Selo, lasciando il palazzo imperiale al figlio, il nuovo zar Alessandro II. Continuò a viaggiare all’estero per evitare i rigidi inverni russi, mentre si preoccupava per il suo stato: “Mi manca il mio paese e mi accuso di essere un peso economico in un momento in cui la Russia ha bisogno di ogni singolo rublo. Ma tossisco e i miei polmoni malati non funzionano senza un clima mite”.

Nel 1860 ormai Aleksandra era solo l’ombra di sé stessa. Forse intuì che la fine era dietro l’angolo e decise di non partire per l’estero, nonostante i medici glielo avessero raccomandato. Voleva morire sul suolo russo, quel suolo che l’aveva accolta e l’aveva resa imperatrice. La notte prima di morire, le dame di compagnia la sentirono sussurrare “Niki, sto venendo da te”.

Aleksandra Fёodorovna nel 1860 – Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Il 1° Novembre del 1860 morì nel sonno nel Palazzo di Alessandro a Carskoe Selo.


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