Antonio Tassino

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Antonio Tassino (Ferrara, 1450 ca. – Ferrara, 10 ottobre 1498) fu un cortigiano italiano, amante[1] della duchessa di Milano Bona di Savoia[2].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Grazie alle - per quanto approssimative - notizie biografiche fornite dai cronisti ferraresi Bernardino Zambotti e Ugo Caleffini, sappiamo che Antonio nel 1480 aveva circa trent'anni, dunque la sua data di nascita va collocata attorno al 1450.[3] Era figlio di Gabriele Tassino e aveva due fratelli minori, Paolo e Simone, quest'ultimo nato attorno al 1468[4] o più verosimilmente attorno al 1460.[5] Girolamo Ferrarini riferisce anche di un terzo fratello, Ambrogio, il quale sposò una figlia di Piero di Petrati,[6] e di un quarto di nome Giacomo, il quale morì di malattia il 29 gennaio 1485 a Ferrara.[7]

Contrariamente a quanto comunemente si creda e a quanto autori del calibro di Niccolò Machiavelli riferiscono, Antonio Tassino non era di vile condizione: il padre Gabriele possedeva ingenti ricchezze, era cittadino molto stimato in Ferrara e aveva contratto un favorevole matrimonio.[8] Lo stesso Antonio aveva studiato per alcuni anni materie umanistiche e per due anni legge, prima di entrare al servizio di Galeazzo Maria in qualità di scalco e, a quanto pare, fu anche autore di un "libretto in versi".[3][9]

Francesco Ariosti, che aveva conosciuto Antonio da ragazzo, ne parla nella sua operetta sul nuovo sacello alla Vergine, eretto fra il Palazzo estense e Castel Vecchio da Ercole I. Lo descrive come un "ingenuo adulescente de preclaro inzegno erudito in prima ne li studij de humanità e virilmente studiante in ragion civile." Aggiunge inoltre che Antonio fosse "d'una molto egregia jndole e eleganti costumi et accuratissimo al studio", tanto da "equivalere od almeno equipararsi a mazori et a più proveeti di sé nelli studij letterarij." Ad un certo punto il giovane cadde ammalato sì che "per una insolita lassitudine vogliendolo a le volte scrivere non podea menare el calamo", malattia attribuita forse all'eccessivo zelo negli studi. Antonio si rivolse alla Madonna venerata nel nuovo sacello con preghiere per ottenere la grazia della guarigione. Ottenutala, il ragazzo compose un'elegia che fece affiggere in un ex-voto in una parete della cappella.[10][11]

A Milano[modifica | modifica wikitesto]

Attorno al 1472, Antonio e suo padre Gabriele si trasferirono a Milano, dove vissero per circa otto anni. Una lettera datata 11 luglio 1475 da parte di Galeazzo Maria Sforza avvisa la cognata Iolanda di Valois dell'invio, a mezzo del "camerero" Antonio Tassino, di un corsiero.[12] Dal dispaccio dell'ambasciatore Antonio d'Appiano al duca, s'apprende come il Tassino fosse ripartito alla volta di Milano il 16 luglio, con una sua lettera e dei panni di velluto donatigli dalla duchessa di Savoia per ringraziare il cognato.[13]

Amante della duchessa[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'assassinio del duca, avvenuto nel 1476, Antonio divenne amante e confidente della duchessa trentenne pro tempore Bona di Savoia e dalla medesima contraddistinto col titolo di "consiliario et commissario generale per taxis equorum".[14] Egli aveva l'alloggio accanto alla camera di Bona, era riempito di ricchi doni e aveva il permesso di aprire per primo le scarselle dei messaggeri. Il cronista francese Commynes racconta, inoltre, come Bona - da lui descritta come una "femme de petit sens" ossia "donna di poco giudizio" - sedesse a cavallo dietro al suo "mignon", quando questi la portava in giro per Milano.[15]

Antonio Perria sostiene invece che il Tassino fosse diventato amante di Bona già prima della morte di Galeazzo e che non fosse stato neppure il primo, ragione per cui il duca aveva ribrezzo della moglie e non la toccava più da anni,[16] pur tuttavia la loro ultima figlia, Anna Maria, nacque nel 1476.[17] Come che stessero le cose, non vi è alcuna prova che la relazione fosse cominciata già all'epoca.

Senza dubbio la duchessa Bona fu pazza d'amore per lui, come concordemente annotato da tutti gli storici e cronisti:

«Antonio Tassino ferrarese, il quale, nato di vile condizione, venuto a Milano, pervenne alle mani del duca Galeazzo, e alla duchessa sua donna per cameriere lo concesse. Questi, o per essere bello di corpo, o per altra sua segreta virtù, dopo la morte del Duca salì in tanta reputazione apresso alla Duchessa, che quasi lo stato governava»

«Questo Tassino già a Ferrara vendeva merci et da Galeazzo Sforza a Bona sua moglie fu dato per cameriero, et trinciante a tavola. Non era bello, ma giovane, et fuor di modo attendeva all'ornato del corpo, in modo che dopo la morte di Galeazzo Sforza in tanto favore et riputazione venne presso la Duchessa, che niuna cosa dello stato faceva, della quale egli non fosse consapevole»

«Messer Antonio [...] habiando studià più anni in opere de poexia e de humanitade, studiò dui anni in Leze e dapoi se acunzò cum il duca Galeazo, duca de Milano, per camarero, e dapoi la morte del duca se hera acunzo con la duchessa madona Bona per donzello. Da la quale fu tanto amato per le soe vertude e zintileze, oltra che fosse bello de anni 30, che quasi ogni cosa passava per le sue mane o con suo favore»

Antonio divenne pertanto nemico di Cicco Simonetta, governatore di fatto di Milano, che temeva una perdita di potere. Ebbe un ruolo determinante nel convincere Bona a fare rientrare a Milano il cognato Ludovico il Moro, esiliato a Pisa, contando sul fatto che costui l'avrebbe liberato dall'intrigante presenza del Simonetta. Bona acconsentì al ritorno del cognato al castello, che avvenne nella notte del 7 settembre 1479. il 10 settembre Simonetta venne arrestato e richiuso nel castello di Pavia.

L'esilio a Ferrara[modifica | modifica wikitesto]

L'insolenza di Antonio cominciò tuttavia a indignare non soltanto Ludovico il Moro e Roberto Sanseverino, ma molti altri nobili della corte. Ad esempio, mal tollerando l'influenza che il previo consigliere del defunto duca Galeazzo, Pietro Landriani, ancora esercitava su Bona, Antonio lo fece mandare a Pavia come commissario, suscitando molta contrarietà negli ambienti nobiliari milanesi.[18] Bernardino Corio racconta che, quando il Moro o altri nobili milanesi andavano a fargli visita, Antonio era solito farli aspettare a lungo fuori dalla porta finché non aveva finito di pettinarsi. Egli riuscì a convincere la duchessa Bona, ormai succube, a sostituire Filippo Eustachi,[19] prefetto del castello di Porta Giovia, con suo padre Gabriello. Il prefetto non si fece corrompere e mantenne il giuramento fatto al defunto duca Galeazzo Maria di mantenere il castello fino alla maggiore età di Gian Galeazzo. Ludovico escogitò allora l'espediente di condurre segretamente i nipoti Gian Galeazzo ed Ermes nella Rocca del castello, col pretesto di proteggerli dall'ambizione del Tassino, e ivi convocò il consiglio.[20]

Bona fu costretta a firmare la condanna all'esilio per Antonio e i suoi familiari ma, a causa della forzata separazione dall'amante, dette segni di isteria: pretese di lasciare il ducato e minacciò il suicidio se le fosse stato impedito, cosicché Ludovico e Roberto Sanseverino si persuasero a lasciarla partire per la Francia. Il 30 ottobre 1480 Cicco Simonetta fu decapitato presso il rivellino del castello di Pavia e il 3 novembre Bona cedette la reggenza al cognato, che fu nominato tutore del giovane duca Gian Galeazzo;[20] tuttavia, su insistenza del figlio, si fermò a risiedere ad Abbiategrasso.[21]

«La Bona per la partita di costui entrò in tanta furia, che dimenticato ogni suo honore, et dignità, ancor lei deliberò partirsi, et passare oltra i monti, et da questo pessimo proposito mai non si poté rivocare; ma, scordandosi ogni filiale amore, in mano di Lodovico Sforza rinonciò la tutela dei figliuoli et dello stato.»

Bona scrisse più volte al duca di Ferrara raccomandandogli l'amante e tenne con Antonio una lunga corrispondenza. Tali lettere vennero molto probabilmente intercettate da Ludovico, poiché il 27 settembre del 1481 egli inviò a Ferrara il legato speciale Cesare Porro e lui stesso scrisse al duca Ercole la richiesta di estradare Antonio e di consegnarglielo.[22]

La fuga[modifica | modifica wikitesto]

Gabriele Tassino morì poi di febbri a Ferrara il 20 ottobre 1481, come riferisce Bernardino Zambotti, nel corso di una terribile epidemia che aveva contagiato numerosissime persone;[23] secondo Ugo Caleffini morì invece "de melenchonia" per il figlio Antonio, che da otto mesi si era dato alla macchia e non si trovava, per paura di essere catturato e rimandato a Milano o di essere ucciso dalle spie del duca, in quanto gli era stata messa addosso una taglia di mille ducati d'oro da vivo e di seicento da morto, e questo perché "publice et publice se diceva dapertuto de le parte de Italia che el dicto messere Antonio se era impazato cum la illustrissima madama Bona".[24] Da questo momento in poi le notizie su Antonio diventano vaghe e frammentarie.

La seconda vita di Antonio[modifica | modifica wikitesto]

Nei Documenti Trivulziani lo si trova nel 1487 a Venezia.[22] Nel 1492 un certo "Antonio Tassino e Timotea sua consorte" fecero una sostanziosa donazione al priore Antonio Contarini per la costruzione del tempietto lombardesco di Santa Maria Maggiore a Treviso.[25] Tuttavia, poiché nel Quarto Libro dei Miracoli si specifica come costoro fossero dei "signori milanesi" o si tratta di un caso di omonimia oppure è possibile che sia stato un errore di trascrizione da parte dello scrivano, magari confondendo il passato milanese di Antonio per la sua provenienza (ricordiamo che buona parte del patrimonio di documenti del santuario andò perduto nel terribile incendio del 1528 e che quindi molto venne riscritto o a memoria o agiograficamente). In ogni modo, che il Tassino provasse una particolare devozione mariana lo conferma quel carme votivo da lui composto in gioventù.[26][27] Nel 1495 Antonio è segnalato di nuovo a Ferrara, dove viveva e frequentava la corte estense. Sospettando in quell'anno volersi Bona ricongiungere al Tassino, tanta era la sua insistenza di partire, Ludovico scrisse al suocero Ercole per indagare sugli spostamenti dell'uomo. Il duca, nella sua risposta del 30 novembre, lo rassicurò che Antonio, fatto convocare, non aveva alcun'intenzione d'immischiarsi negli affari dell'ex-duchessa e che anzi desiderava vivere tranquillo nella sua natia Ferrara.[28][29]

Qui vi morì il 10 ottobre 1498, stando alla lettera dell'allora visdomino in carica, Bernardo Bembo.[30] Così egli informava la Serenissima:

«Da Ferrara, di 10, dal vicedomino nostro [...] Ancora in ditte lettere esso vicedomino notifichoe la morte di domino Antonio Taxino, olim favorito di madona Bona duchessa di Milam; et di le exequie fate [...]»

I parenti[modifica | modifica wikitesto]

Figli[modifica | modifica wikitesto]

Un'ultima menzione di Antonio è datata 1504 e concerne due suoi figli, Orso e Leone.[31] Quest'ultimo ebbe, come il padre, una vita piuttosto movimentata: è segnalato dal Sanudo a Roma, al seguito di Gurone d'Este, figlio di Nicolò Maria d'Este. Il 18 giugno 1520, a causa di una diatriba con un gentiluomo, i cui servitori avrebbero ingiuriato il Tassino, Gurone è sfidato a duello da detto nobile.[32] Il 12 febbraio 1521, Leone e un tal Piateloto assassinarono Francesco Zerbinato, benefattore del Tassino e "camarero dilectissimo" del cardinale Ippolito d'Este.[33] Il motivo dell'omicidio rimane ignoto, come rivelato dallo stesso epitaffio dello Zerbinato, composto da Ludovico Ariosto.[34][35] Una lettera dell'11 febbraio 1527 vede prigioniero Leone a Roma, per la cui liberazione si propone di scambiarlo con Benedetto Strozzi.[36] Leone infine ricoprì l'incarico di ufficiale di poppa sulla galea di Hugo de Moncada e partecipò alla difesa di Napoli, assediata dai francesi capitanati da Odet de Foix, conte di Lautrec.

Il Tassino è segnalato tra i caduti dello scontro di Capo d'Orso, nel golfo salernitano, del 28 maggio 1528 che vide fronteggiarsi la marina spagnola e le galee del genovese Filippino Doria, nipote di Andrea, che aveva posto un blocco navale per impedire i rifornimenti alla città partenopea. Stando al resoconto di Paolo Giovio, riportato da Sanudo, la morte di Leone e dei suoi compagni, colpiti dal fuoco d'artiglieria nemica, è dovuta ad un errore tattico del Moncada, che, rincorrendo le tre galee del Doria, avrebbe ignorato il consiglio di un suo ufficiale di sparare per primo col cannone di corsia, così da creare abbastanza fumo da togliere la mira ai genovesi.[37] Successivamente, Paolo Giovio avrebbe aggiunto che Leone, prima della sua morte, avesse ucciso a torto Antonio Guevara, figlio del conte di Potenza e zio di Alfonso di Guevara, per la sua inimicizia che il primo aveva col Marchese del Vasto, Alfonso d'Avalos, nella cui compagnia il Tassino militava.[38][39] Altre fonti, invece, attribuiscono l'uccisione del Guevara allo stesso Avalos, in una lite.[40]

Fratelli[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda il resto della famiglia di Antonio Tassino, si sa che suo fratello Simone, scrittore apostolico e protonotario, morì all'età di 25 anni[4] (o 33, se consideriamo la cronologia del Caleffini[5]) al principio del 1494 nella città di Roma, in quanto "per furia de febera pestilentiale ch'el havea, se havea amazato con uno cortello con le soe mano proprie", un suicidio che sconvolse tutti, in quanto egli "hera sta' sempre persona descreta e costumata",[4] né aveva mai "voluto dire la cagione perché se havea cussì morto".[41] Pochi giorni dopo morì sempre a Roma anche l'altro fratello, Paolo, che era sposato in quella città.[41]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vita di Leonardo.
  2. ^ Dell'Istoria di Milano del Cavaliere Carlo de Rosmini Roveretano, Volume 3.
  3. ^ a b Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, pp. 81-82
  4. ^ a b c Bernardino Zambotti, p. 230.
  5. ^ a b Ugo Caleffini, p. 329.
  6. ^ Girolamo Ferrarini, Memoriale estense (1476-1489), a cura di Primo Griguolo, Minelliana, p. 46.
  7. ^ Ferrarini, p. 215.
  8. ^ Ugo Caleffini, Croniche (1471-1494), in Serie Monumenti, XVIII, Deputazione provinciale ferrarese di storia patria.
  9. ^ Le "Rime" di Ludovico Ariosto, p.34, su google.it.
  10. ^ Biblioteca dell'Archivum Romanicum, su google.it, p. 87.
  11. ^ La Biblioteca Estense e la coltura ferrarese ai tempi del Duca I (1471-1505), p.158, su google.it.
  12. ^ Archivio storico lombardo. Indici della serie, p. 115, su google.it.
  13. ^ Dépêches des ambassadeurs milanais sur les campagnes de Charles-le-Hardi duc de Bourgogne de 1474 à 1477, p. 181, su google.it.
  14. ^ Storia di Soncino con documenti, p 291, su google.it.
  15. ^ La Destruction des mythes dans les "mémoires" de Ph. de Commynes, p. 388, su google.it.
  16. ^ Antonio Perria, I terribili Sforza, Longanesi & C., 1973, pp. 116-117 e 168..
  17. ^ Rinascimento spezzato: vita e morte di Anna Sforza d'Este, Roberta Iotti, Edizioni Terra e Identità, p. 31.
  18. ^ LANDRIANI, Pietro, su treccani.it.
  19. ^ EUSTACHI, Filippo, su treccani.it.
  20. ^ a b Corio, 1856, pp. 351-355.
  21. ^ Miscellanea di storia italiana, vol. 11, p. 230.
  22. ^ a b Dell'istoria di Milano del cavaliere Carlo de' Rosmini roveretano. Tomo 1, p. 94, su google.it.
  23. ^ Bernardino Zambotti, p. 96.
  24. ^ Ugo Caleffini, p. 356.
  25. ^ Origine della miraculosa immagine di Santa Maria Maggiore volgarmente detta la Madonna Grande di Treviso, p. 30, su google.it.
  26. ^ La poesia mariologica dell'umanesimo latino repertorio e incipitario (1994), su google.it.
  27. ^ La poesia mariologica dell'umanesimo latino testi e versione italiana a front (2002), su google.it.
  28. ^ Dell'istoria di Milano del cavaliere Carlo de' Rosmini roveretano. Tomo 1, p. 94
  29. ^ Notizie intorno alla vita di Bona di Savoia moglie di Galeazzo Maria Sforza duca di Milano confermate con documenti autentici dal marchese Felice di San Tommaso, p. 84.
  30. ^ Marin Sanudo, Diarii, su F. Visentini (a cura di), google.it, 1879.
  31. ^ Notizie relative a Ferrara per la maggior parte inedite ricavate da documenti ed illustrate da Luigi Napoleone Cittadella, p. 206, su google.it.
  32. ^ Marin Sanudo, Diarii, su google.it, vol. 28, Forni, 1890, pp. 676-677.
  33. ^ Archivum Romanicum., su google.it, p. 321.
  34. ^ Fermati un poco; un momento solo : Zerbinato , che giace in questo sepolcro , ti domanda se per caso tu sappia , perché lo faccia sapere anche a lui , quale furore spinse Leone Tassino , che egli amava e aveva in ogni modo onorato, a tendergli insidie e ad ucciderlo. Se non lo sai, vai pure; e questo esempio ti mostri che nessun beneficio può ammansire un animo cattivo e feroce."
  35. ^ Francesco Pedrina, Poesia e critica: storia e antologia della letteratura italiana, su google.it, 1960, p. 100.
  36. ^ Johannes-Matthäus episcopus Veronensis Giberti, Agostino Trivulzio, Corrispondenza segreta ... col cardinale Agostino Trivulzio dell'anno 1527 dicifrata ... dal marchese Filippo Gualterio, su google.it.
  37. ^ Marin Sanudo, Diarii, su F. Visentini (a cura di), google.it, vol. 45-46, 1896, pp. 665-666.
  38. ^ Paolo Giovio, Lodovico Domenichi, Historie Del Suo Tempo, su google.it, p. 78.
  39. ^ Marin Sanudo, Diarii, su F. Visentini (a cura di), google.it, vol. 48, 1896, p. 23.
  40. ^ Rosario de Laurentiis, LA TORRE GUEVARA DI ISCHIA (PDF), su sadoul.it, Doppiavoce, 2015, p. 72.
  41. ^ a b Ugo Caleffini, p. 903.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]