Il Rinascimento italiano alla corte di Bona Sforza e Sigismondo I il Vecchio
Culturificio
pubblicato 3 anni fa in Storia

Il Rinascimento italiano alla corte di Bona Sforza e Sigismondo I il Vecchio

un matrimonio, un incontro tra culture

Il Rinascimento italiano alla corte di Bona Sforza e Sigismondo I il Vecchio

È il 2 febbraio 1494 quando, presso il castello di Vigevano, nasce Bona Sforza, figlia di Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano, e di Isabella d’Aragona – secondogenita di Alfonso II d’Aragona e della colta Ippolita Maria Sforza. L’anno che le dà i natali è segnato drammaticamente dalla discesa in Italia, in un clima di tensioni internazionali, di Carlo VIII di Valois, re di Francia.

Bona Sforza trascorre l’infanzia tra Pavia e Milano, mentre nel 1500 si trasferisce a Napoli. La sua educazione è stata particolarmente curata: il suo istitutore, Crisostomo Colonna (poeta petrarcheggiante e membro dell’Accademia Pontaniana) la descrive così: «molto colta, di temperamento sanguigno, di altezza media, né troppo magra né troppo grassa, di buona indole, conosce quattro libri di Virgilio, molte lettere di Cicerone, diversi epigrammi, sa a memoria il Petrarca, scrive e parla in modo particolarmente dotto». Bona studia anche storia e letteratura latina; sa cavalcare egregiamente e ne è appassionata. Apprende anche l’arte del governo.

L’evento che cambia la sua vita è il matrimonio con l’erede della dinastia polacca degli Jagelloni, Sigismondo I il Vecchio. Questa casa regnante era stata fondata da Ladislao II Jagellone (1352/62-1434) e dal 1386 vedeva uniti il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania

Sigismondo I il Vecchio nasce nel 1467, circa trent’anni dopo la fine del regno di Ladislao II. Figlio minore di Casimiro IV e di Elisabetta d’Asburgo, il futuro re del Granducato è istruito secondo lo spirito dell’Umanesimo. È infatti allievo di Filippo Buonaccorsi detto Callimaco, partito alla volta della Polonia nel 1468. Legato a personaggi quali Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e Poliziano, è per merito suo che nella capitale del regno viene istituito un importante centro di studi classici. Sigismondo I conosce dunque bene il latino e il tedesco e, tra il 1498 e il 1501, soggiorna presso la corte del fratello Ladislao, re di Ungheria e Boemia, dove affina il suo gusto secondo i tratti distintivi dell’arte italiana.

Tornando all’evento che unisce i destini dei due protagonisti. Il matrimonio tra Bona Sforza e Sigismondo I avviene per procura: nell’agosto 1517 una delegazione polacca raggiunge l’Italia; il 6 dicembre si celebrano le nozze.

La cena del matrimonio è ricca di portate: insalata e carne in gelatina, piccioni arrosto, selvaggina cotta condita all’ungherese, carne di pavone cotta (piatto trionfale tipico della cucina rinascimentale), cacciagione arrosto con gli “strangolapreti”, ossia gnocchetti bianchi di cui gli ecclesiastici napoletani erano, probabilmente, ghiotti, una minestra pepata e molto altro.

A febbraio Bona Sforza parte per la Polonia. Il suo seguito si compone di circa trecentoquarantacinque persone ed è guidato dal fidato capitano di ventura Prospero Colonna. Insieme al suo corteo c’è anche quello del cardinale Ippolito d’Este. La maggior parte delle persone che conducono la sovrana nella nuova patria rientra in Italia al termine del matrimonio, celebrato questa volta in presenza del sovrano polacco.

Bona porta in Polonia moltissimi oggetti preziosi: gioielli e vasellame in oro e in argento; inoltre, centoquindici camicie di finissimo panno d’Olanda, venti paia di lenzuola dello stesso tessuto e, addirittura, un letto matrimoniale in legno dorato scolpito, con colonnine e ben quattro materassi, provvisto di baldacchino con ventitré tende di diversi colori.

Il viaggio della futura sovrana del Granducato è descritto dal napoletano Colantonio Carmignano nell’opera intitolata Viaggio della Serenissima S. Bona Regina di Polonia e contenuta nelle Operette in varji tempi et per diversi subietti composte. Et alla amorosa et moral sua Calamita intitolate (Bari, 1535). Si tratta di un poemetto encomiastico con funzione narrativa e storica che non ripercorre solamente il viaggio (da Bari via mare verso Fiume e da qui in direzione di Cracovia passando per Vienna), ma anche le nozze. Il lettore viene persino introdotto nella camera nuziale.

La solenne entrata a Cracovia, allora capitale del regno, avviene il 15 aprile 1518 e, tre giorni dopo, si celebrano matrimonio e incoronazione presso la cattedrale di Wawel. Carmignano racconta così il primo incontro tra i futuri sposi:

come fo al scontro quel bel viso offerto / de l’inclito suo Re, del suo consorte. / li venne incontro fuor per maggior merto. / E lei, chinata in lui senza altre scorte, / le man li basa e se ricessa alquanto; / el Re la abraccia e se la strense forte.

La Polonia nel suo secolo d’oro (secoli XV-XVI) si configura come un importante centro di diffusione della cultura del Bel paese e, anche se vari intellettuali italiani erano presenti già da tempo sul suolo polacco, è con questo matrimonio che avviene il primo ampio contatto tra le due culture. Bona Sforza ha pertanto il merito di essere determinante nella formazione dell’italianismo nel Granducato e nel sancire la fine della supremazia tedesca nel campo delle arti. Con il suo arrivo approdano inoltre anche la cucina e la moda italiane.

Il regno, geograficamente ai confini dell’Europa rinascimentale, si apre quindi alla bellezza e alla cultura italiana, soprattutto nel campo delle arti decorative, dall’oreficeria alla tessitura e ricamo – come testimonia, ad esempio, la collezione di arazzi tutt’oggi conservata al castello di Wawel, allestita dalla regina stessa.

Anche il marito Sigismondo I è famoso per il suo mecenatismo e per il ruolo decisivo nella venuta di artisti italiani nel Granducato, come Bartolomeo Berrecci da Pontassieve, formatosi nella bottega di Giuliano da Sangallo e giunto in Polonia nel 1516, e Francesco Fiorentino. A quest’ultimo è affidata la costruzione, tra il 1502 e il 1505, della prima opera rinascimentale in Polonia, il sepolcro di re Giovanni Alberto (1492-1501), e del nuovo castello di Wawel a Cracovia.

Il carattere raffinato del Rinascimento italiano si accorda bene con le aspirazioni della corte reale e dei magnati della szlachta – la nobiltà lituano-polacca formatasi nel basso Medioevo. Infatti, i coniugi reali guardano all’Italia, in particolare a Napoli, come a un modello per le riforme amministrative e finanziarie. Inoltre, per rafforzare lo stato polacco, Bona si ispira alla teoria politica italiana: la sua strategia viene però associata negativamente a Machiavelli, del quale si ha timore in Polonia. La nobiltà, dal canto suo, rintraccia nell’Umanesimo la giustificazione alla preminenza del suo stato sociale.

Sono dunque molti i settori in cui si percepiscono gli influssi della cultura italiana: arte, architettura, gastronomia, politica… L’Italia è maestra della Polonia, rappresenta il suo punto di riferimento nei diversi ambiti del sapere e poiché i due popoli si sentono spiritualmente vicini; una spiritualità resa più forte da una comune religiosità, quella cristiano-cattolica, in un periodo di forti contrasti confessionali. Negli anni di Bona Sforza, la penetrazione della civiltà italiana nella cultura e nella società polacche si intensifica: ciò si evince in primis dalla corte reale, tramite la diffusione della cultura conviviale e dei costumi, e in secundis dalla vita dei cittadini, a partire dalla lingua (tutt’oggi nel polacco sono presenti influssi dell’italiano).

Tuttavia, all’epoca, non tutti i polacchi sono aperti all’influsso della cultura italica. Se da un lato ci sono gli italianisti, favorevoli a un legame con la cultura occidentale per modernizzare la Polonia, dall’altra ci sono gli anti-italianisti, ossia i conservatori. Sulla scia di quest’ultimo sentire, alcuni costumi italiani, come l’uso dei tovaglioli o del profumo, diventano oggetto di aneddoti e scherzi.

Sigismondo I muore nel 1548. Il successore è il suo secondogenito, Sigismondo Augusto, ultimo della dinastia degli Jagelloni. Il potere di Bona Sforza inizia a declinare, anche per il suo rapporto con il nuovo re. Bona desidera infatti che Sigismondo Augusto sposi una donna di elevata condizione sociale, mentre lui decide segretamente di convolare a seconde nozze (la prima moglie è Elisabetta d’Asburgo, morta poco tempo prima) con Barbara Radziwiłł, appartenente sì ad un’importante famiglia lituana ma, a parere della regina, non all’altezza.

Il primo febbraio 1556 Bona torna definitivamente in Italia dove muore il 19 novembre 1557. La regina viene seppellita nella cattedrale di San Nicola di Bari.

Il legame tra l’Italia e la Polonia non si esaurisce però con la morte dei sovrani. Sarà infatti vivo anche durante il regno di Sigismondo Augusto, amante delle belle arti, e nei secoli successivi: in ambito artistico, ad esempio, nel 1553 il re polacco commissiona a Giovanni Maria Padovano una statua dedicata alla sua seconda moglie Barbara, mentre sono soprattutto italiani gli architetti che progettano i primi edifici in stile Barocco (XVII secolo).

Bona Sforza e Sigismondo I seppero creare un clima culturalmente fertile nel Granducato, capace di stimolare il pensiero autoctono e le attività intellettuali: basti pensare a Niccolò Copernico, che proprio in quel periodo si dedica allo studio del sapere astronomico e all’elaborazione della sua opera rivoluzionaria (De rivolutionibus orbium coelestium, 1543).

Fatto ancor più interessante è che la cultura del Bel paese non si arresta nel Granducato. La Polonia diventa a sua volta slancio per la conoscenza della civiltà italiana attraverso la Lituania, penetrando nelle terre slavo-orientali. L’italianità si diffonde anche in Svezia, in Transilvania indipendente e in Germania grazie alle figlie di Bona Sforza, educate secondo i costumi italiani.

Diventa inoltre ponte tra mondi geograficamente lontani: i polacchi che si sono avvicinati all’Italia, e a Napoli in particolare, entrano in contatto con la lontanissima Spagna, allora poco conosciuta nel regno. La cultura italica, pertanto, quasi un linguaggio comune,avvicina popoli diversi ma animati dallo stesso ardore di conoscenza.

Gli orizzonti geografici dell’italianismo polacco si allargano dunque fino ad abbracciare l’immensa area che unisce la Spagna all’Ungheria e al Settentrione orientale, contribuendo alla nascita di una comunità culturale europea e, come sostiene Jan Slaski, promuovendo la cultura italiana a «prima cultura europea moderna».


Fonti

A. Gieysztor, Storia della Polonia. Dalle origini ai nostri giorni l’epopea di un popolo indomito, Bompiani 1983.

A. S. Czyż, Italian artists in the Grand Duchy of Lituania (from sixteenth to eighteenth century), in «Saeculum Christianum», 20 (2013).

C. Colantonio, Viaggio della Serenissima S. Bona Regina di Polonia in Operette in varji tempi et per diversi subietti composte. Et alla amorosa et moral sua Calamita intitolate, Bari 1535.

Giornata di studio su Bona Sforza (1494-1557). Una principessa italiana sul trono di Polonia, Castello Sforzesco di Milano, 8 maggio 2004.

S. Widłak, Italianismi in lituano dovuti al tramite polacco, in «Romanica Cracoviensia», 11 (2011).

S. Widłak, Italianismi in polacco nel contesto slavo-occidentale, «Testi e linguaggi», vol. 11 (2017).

di Edith Valetti