“Un bambino che non mastica e non deglutisce correttamente è un bambino che non parla correttamente”.

In logopedia, sulla base dell’esperienza clinica, si può dire che non può esserci intervento abilitativo-educativo al linguaggio verbale, senza un adeguato lavoro sulla bocca e sulle sue funzioni.

Logopedia è: abilitazione alla verbalità; riabilitazione del linguaggio. Logopedia, però, nei suoi contenuti, non è solo riabilitazione della parola in senso articolatorio, legato cioè alla correzione esclusiva dei difetti di pronuncia (dislalie), ma una disciplina che affronta la fisiopatologia della comunicazione in senso olistico.

Cos’è il Linguaggio

Partendo da un assunto essenziale e cioè che il linguaggio permea e deve essere parte integrante di tutti gli aspetti comunicativi e vitali della persona, si può dire che: il Linguaggio non è solo un atto pensato, e dunque cognitivo, ma è anche un atto motorio, finalizzato all’espressività, alla parola. Linguaggio è anche percezione e consapevolezza delle
stimolazioni provenienti dall’esterno, che vengono percepite attraverso gli organi di senso; dopodiché, vengono comprese e commentate da chi le riceve e le deve “rimandare” all’interlocutore.
Linguaggio è maturazione del pensiero, in seguito all’ottenimento di processi attentivi che devono crescere a poco a poco, fino a raggiungere meccanismi di apprendimento più evoluti.
Linguaggio è relazione, condivisione con l’altro, è espressione delle emozioni, è comportamento, che si esprime attraverso la verbalità (“sono d’accordo/non sono d’accordo”; “questo lo posso dire/questo non lo posso dire”) esprimendo così, con la voce, la propria capacità di giudizio.

Lavoro logopedico “a tutto campo”

Il lavoro logopedico dovrebbe essere “a tutto campo” e investire tutti gli aspetti del profilo comunicativo individuale del paziente, ma certo è, metaforicamente parlando, che “la bocca sta al linguaggio, come le ruote stanno all’automobile” per cui, anche se la macchina non si identifica con le sole ruote, se le ruote non sono ben messe e non sono integre, anche con il motore migliore, questa non potrà camminare.

Educazione della bocca nel bambino con difficoltà di linguaggio

Tutti gli aspetti sono importanti ma, in questa occasione, ci soffermeremo sull’importanza del lavoro sulla bocca del bambino con difficoltà di linguaggio.
È stato dimostrato come, statisticamente, bambini con assenza di linguaggio stimolati adeguatamente al recupero delle funzioni e dei movimenti orali, migliorino la percezione e la riproduzione dei suoni, spontaneamente e su imitazione. Prima attraverso un gioco puramente articolatorio, successivamente, a scopo comunicativo-linguistico.
Sin dalle prime sedute di trattamento riferite a bambini che non parlano “ancora” (caratterizzati ad esempio da autismi, esiti di paralisi cerebrali infantili, sindrome di Down, Sordità, altri ritardi o sindromi), occorrerebbe sensibilizzare la bocca del paziente a tutti i tipi di percezione: tattile, con opportuni e specifici “massaggi” esterni ed interni; termica, per mezzo di stimoli condotti attraverso oggetti che siano caratterizzati da temperature
diverse; gustativa, servendosi di alimenti dai diversi sapori e dalle differenti consistenze; olfattoria, operando allo stesso modo con gli odori, laddove i recettori dell’olfatto si trovano anche nel cavo orale. Favorire, poi, la stimolazione immunitaria, consentendo cioè al bambino di “esplorare il mondo con la bocca”, non solo per percepire la consistenza, la temperatura e/o la superficie di certi oggetti, ma affinché ne capti anche la componente antigenica, formando anticorpi e allenando, nel quotidiano, il proprio sistema immunitario.

Successivamente, si approda a due componenti fondamentali: quella che noi chiamiamo “la fisioterapia della bocca”, attraverso movimenti specifici di terapia miofunzionale orofacciale (un intervento ben programmato e strutturato nei confronti delle diverse componenti muscolari ma anche cutanee, sottocutanee connettivali di questi organi) e i movimenti veri e propri riprodotti dal paziente, attraverso atti motori finalizzati che predispongono la bocca alla riproduzione dei fonemi della lingua di appartenenza (prassie bucco-linguo-facciali fonemiche), nonchè movimenti fini, isolati, non fonemici (come il bacio, il soffio, lo schiocco linguale, la vibrazione delle labbra, gonfiare le guance, muovere la lingua lateralizzandola, innalzandola, abbassandola, o facendole effettuare movimenti di rotazione…), che mobilitano il sistema muscolare in toto o settorialmente.

Funzioni orali:
– respirazione;
– deglutizione;
– masticazione;
– gusto;
– mimica;
– articolazione verbale-fonatoria.

La fase iniziale della logopedia, per la durata di alcuni mesi, prevede la familiarizzazione del bambino con la muscolatura del viso, sia in senso propriocettivo che motorio; segue la riproduzione delle prime prassie bucco-linguo-facciali che permettono di controllare il respiro e la sonorizzazione dello stesso attraverso l’uso consapevole e modulato della voce. Importante, è verificare che le capacità di masticazione e deglutizione del paziente
rientrino nella norma, laddove, come molto spesso accade, “un bambino che non mastica e non deglutisce correttamente, è un bambino che non articola correttamente” (Prof. Massimo Borghese).

Nella fase intermedia, appare quasi tenero il passaggio dalle così definibili parafasie (gorgoglii apparentemente senza senso) alla frase vera e propria. Si genera, nel periodo a cavallo tra l’assenza di verbalità e il linguaggio strutturato, una sorta di contaminatio tra il flusso di suoni (parafasia) e la parola chiave (ciò che il bambino desidera ottenere).

La fase finale si conclude con il raggiungimento della verbalità in tutti i suoi aspetti:
– lessicale-semantico (vocabolario personale del bambino; conosco e produco);
– morfosintattico (raggiungimento della frase S+V+C); articolatorio-verbale (con eventuale correzione dei difetti di pronuncia, le dislalie);
– pragmatico (uso contestuale del linguaggio a seconda degli ambienti in cui venga a trovarsi l’interlocutore), non soltanto come “mera ripetizione di parole”, ma come capacità di effettuare richieste, di rispondere alle domande,
di descrivere situazioni, persone, paesaggi, stati d’animo e di salute.

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