DELLA SCALA, Beatrice in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

DELLA SCALA, Beatrice

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA SCALA, Beatrice

Gigliola Soldi Rondinini

Era figlia legittima di Mastino (II), signore di Verona e Vicenza e di Taddea di Iacopo da Carrara e sorella quindi di Cansignorio, Cangrande (II) e Paolo Alboino, sono però ignoti sia il luogo sia l'anno della sua nascita. Nel 1342 era stata promessa in matrimonio ad Andrea dei Pepoli, ma, nel 1343, Mastino, in occasione della visita fatta a Giovanni Visconti dopo la fine della guerra combattuta contro Luchino e conclusasi con una tregua trattata dal legato apostolico di Lombardia, prese invece accordi per darla in isposa a Bernabò Visconti. La D. fu condotta a Milano da Matteo (o Maffeo: Chronicon Estense, col.503) Visconti; e le nozze furono celebrate il 27 sett. 1350, "con grandissimo apparato" e "sumptuosa e pubblica corte", secondo quanto narra brevemente il Corio (I, p. 772). Fu organizzata anche una giostra, cui partecipò lo sposo che, in quell'occasione, usò per primo a Milano "selle alte e torniamenti secondo l'usanza de Francia et Alamania" (ibid.).

Gli storici coevi, e sulla loro linea quelli del nostro tempo, la dissero "Regina" per la sua bellezza e, come afferma ancora il Corio, "per l'animo grande che haveva" (ibid.). Si trattava dunque di un appellativo gentile e non di un nome vero e proprio - "Rayna o Regina", come ritiene il Giulini (V, pp. 338 e 645), il quale precisa che gli antichi scrittori la chiamavano non Beatrice, ma Caterina (ibid., p. 646), alludendo forse al Chronicon Estense (col. 503), che si riferisce a lei come a "domina Cathelina quae domina Regina nuncupabatur", espressione ripresa anche dal Verci (VII, p. 157). Il Marzagaia dice "Beatrix Regina Scaligera" (p. 45); Bernabò, annunciandone ai sudditi la morte, la chiama "domina Regina de la Scala" (B. Corio, I, p. 876; Osio, I, pp. 145, 153), ed essa stessa così si indicava nei documenti (ibid., p. 203). Regina la chiamano anche l'Azario (p. 133), e lo Zagata (I, p. 81). Nel Chronicon Veronense (col. 653) è chiamata "domina Beatrix, quae domina Regina appellabatur". Un epitalamio in occasione delle sue nozze è stato attribuito al Petrarca (Hortis, pp. 57-59) ed in esso si rinvengono amplissimi elogi nei di lei confronti. Gli Annales Mediolanenses la definiscono "mirabilis domina et sapientissima"; l'epitaffio preparato per lei, ma non inciso sulla sua tomba, comincia con le parole "Italiae splendor, Ligurum Regina Beatrix" (col. 778). Il Saraina, a sua volta, dice: "Madonna Beatrice Reina moglie del signor Bernabò Vesconte, suntuosa et honorata oltra modo" (f. 51).Secondo alcuni, durante il processo intentato da Gian Galeazzo Visconti contro Bernabò fu accusata anche di malocchio o di stregoneria (Giulini, V, p. 643) e, in un certo senso, il Marzagaia (p. 35) sembra confermare tali voci quando narra dei rumori terribili che si udirono durante le sue esequie e del terremoto che vi tenne dietro. Tale terremoto non può peraltro essere quello del 24 luglio 1383, cui si riferisce lo scrittore, che colpì duramente Parma quando vi si trovava anche Bernabò (e collocato dagli Annales Mediolanenses, col. 777, nella data del 18 luglio di quell'anno), in quanto la D. morì il 18 luglio 1384. Il Giulini, invece, ritiene valide e meritate le lodi che le furono dirette per il suo benevolo comportamento verso i Milanesi e per la capacità di frenare il carattere impulsivo e le collere del marito. Principale fonte a questo proposito è l'Azario, il quale riferisce anche dei suoi interventi, riusciti o meno, a favore di persone cadute in disgrazia presso Bernabò e condannate alla pena capitale. Il Corio, che vedeva in Gian Galeazzo Visconti l'antenato del suo signore, Ludovico il Moro, ed il fondatore della dinastia che governava Milano, ha per lei parole che suonano a biasimo (p. 876); ma egli, fedele al principio della narrarazione storica documentata, riporta, come si è detto sopra, l'opinione che se ne aveva in Italia e riferisce nei dettagli la lettera che Bernabo inviò al sudditi per annunciare la morte della moglie e loro signora, in cui la chiama "illustrissima et amantissima consors nostra, domina Regina de la Scala" (ibid.) e ne tesse le lodi più alte.

Dal matrimonio della D. con Bernabò nacquero parecchi figli (tredici, secondo i Gatari, p. 235), dei quali cinque (o quattro, secondo la stessa fonte), maschi. L'Azario riferisce che "habuit plures filios, potius mares, maior quorum filiorum Marcus nominatur", il quale sarebbe nato qualche giorno prima del 26 nov. 1353 (p. 133). Gli altri maschi certi sono Ludovico, battezzato nell'ottobre 1358 (p. 92); Rodolfo, e Carlo nato fra il 10 e il 20 novembre 1362 (p. 148); ultimo fu Mastino (Giulini, V, p. 608). Le femmine, riccamente dotate (Romano, pp. 501 s.), furono tutte sposate a principi di importanti casate europee, stringendo così utili alleanze. Una di esse, Caterina, divenne nel 1380 la seconda moglie di Gian Galeazzo Visconti.

Donna di grande energia e di elevate capacità di governo, non solo ebbe un posto di primo piano a fianco del marito, ma seppe dimostrare le sue qualità anche durante gli anni (1373-1384) in cui resse, per delega di Bernabò, la città di Reggio Emilia. Non poteva quindi tollerare i soprusi che le venivano dai Della Scala suoi parenti: nel 1375, alla morte di Cansignorio, avanzò legittime pretese sulla parte che le spettava dell'eredità di Mastino (II) passata dal fratello a Bartolomeo e ad Antonio e non esitò a mettersi alla testa di 1400 lance per marciare su Brescia a difendere i propri diritti (Chronicon Estense, col. 503). Nel 1379 il Visconti operò una divisione del dominio tra i cinque figli maschi legittimi; la D. compare come reggente di Brescia e del suo territorio a nome del minore Mastino. Ma ella possedeva già numerosi borghi e terre in Lombardia, che sono documentati a partire dal maggio 1365: Urago d'Oglio nel distretto bresciano; Pumenengo e Fiorano nella diocesi di Cremona, Calcio e il suo territorio in diocesi di Bergamo e il territorio di Galegnano, dei quali era signora assoluta. Il vero e proprio acquisto di tali beni, pagati 10.000 fiorini d'oro, è però del 16 ag. 1366. Nel gennaio 1380 vendette Urago; nell'aprile, Calcio e la Calciana superiore; nel 1382 la Calciana inferiore (Bonelli, pp. 132 s.).

A lei si deve (Annales Mediolanenses, col. 777) la costruzione della chiesa collegiata di S. Maria alla Scala a Milano (che ha dato il nome all'odierno teatro) la quale al momento della sua morte era compiuta solo per la parte architettonica, mentre mancavano ancora le assegnazioni dei benefici per il clero che l'avrebbe dovuta reggere (Giulini, V, pp. 646, 647) e che furono date poi con larghezza; il giuspatronato di S. Maria alla Scala fu assegnato in perpetuo da Urbano VI ai Visconti.

La D. morì il 18 luglio 1384 (a S. Angelo Lodigiano, stando al Giulini, V, p. 629, ma la notizia non ha conferme altrove) e venne sepolta nella chiesa di S. Giovanni in Conca (di cui oggi rimangono solo pochi resti) e lì, nel 1385, fu inumato anche Bernabò. Le arche dei due principi, scolpite da Bonino da Campione, rimosse da S. Giovanni nel 1570 per ordine di Carlo Borromeo, sono conservate nel Museo del Castello Sforzesco di Milano.

Fonti e Bibl.: Chronicon Veronense..., in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, VIII,Mediolani 1726, col. 653; Annales Mediolanenses…,ibid., XVI,ibid. 1730, coll. 777 s.; Chronicon Estense...,in Rerum Italic. Script., 2 ed., XV, 3, a cura di G. Bertoni - E. P. Vicini, ad Ind.; P.Azarii Liber gestorum in Lombardia, ibid., XVI,4, a cura di F. Cognasso, pp. 92, 133, 146 ss., 150; G. e B. Gatari, Cronaca Carrarese, ibid., XVII, 1, a cura di A. Medin - G. Tolomei, p. 235; T. Saraina, Le historie e fatti de' Veronesi nelli tempi d'il popolo e signori scaligeri, Verona 1649, f. 51; P. Zagata, Cronica della città di Verona a cura di G. B. Biancolini, Verona 1755, p. 81; G. B. Verci, Storia della marca trivigiana e veronese, VII,Venezia 1787, p. 157; L. Osio, Docum. diplomatici tratti dagli archivi milanesi, I,Milano 1864, pp. 145, 153, 203; Magistri Marzagaiae De modernis gestis, in Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, Venezia 1890, pp. 35, 45; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, V,Milano 1855, pp. 358, 608, 610, 629, 643, 645 s s.; A. Hortis, Scritti inediti di F. Petrarca, Trieste 1874, pp. 57 s s.; G. Romano, I figli di Bernabò Visconti, in Boll. della Soc. pavese di storia patria, I (1901), pp. 500-03; G. Bonelli, A proposito dei beni di B. D. nella Calciana, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XIX (1903), pp. 132 s.; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Milano 1978, I, pp. 875 s s.; GliScaligeri. 1277-1387, a cura di G. M. Varanini, Verona 1988, ad Indicem.

© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Gian galeazzo visconti

Bonino da campione

Giovanni visconti

Ludovico il moro

Urago d'oglio