La "malattia del sudore" alla corte di Enrico VIII - HistoriaRegni

La “malattia del sudore” alla corte di Enrico VIII

Nel 1528 una strana epidemia colpì largamente la popolazione londinese. La popolazione pativa un eccesso di sudorazione e febbri tremente che portavano alla morte. Il primo caso di contagio si verificò alla fine di maggio, dalla città poi la malattia raggiunse velocemente anche le campagne e i territori, risparmiando la Scozia ma raggiungendo l’Irlanda dove trovò la morte Lord Chancellor Hugh Inge. I livelli più alti di contagio restarono comunque quelli di Londra, costringendo Enrico VIII a riparare altrove, separandosi da Anna Bolena.
Nell’estate del 1528, mentre il re e la sua amante attendevano con ansia notizie da Roma per l’annullamento del matrimonio reale, un’epidemia imperversò in tutta Londra, costringendo la coppia a dividersi. I dottori la definirono “malattia del sudore”, compariva con mal di testa, vertigini e accellerazioni del battito cardiaco per poi esplodere in una eccessiva sudorazione che avrebbe accompagnato il malato sino alla morte. Sopravviere per più di ventiquattro ore avrebbe rappresentato la salvezza, ma in pochi ci riuscirono.

Una tale malattia era già comparsa in Inghilterra nel 1485, nel 1508 e nel 1517, divampando ogni volta per poche settimane, senza però che i medici sapessero individuare cause e cure. Forse essa era dovuta alle condizioni igieniche dei centri urbani inglesi, specialmente durante la tarda primavera e l’estate, quando le città erano infestate da insetti. Gli studiosi contemporanei, tuttavia, ritengono che potrebbe essere causato da una proliferazione di hantavirus, trasmesso da roditori attraverso le feci, l’urina o la saliva. Ad ogni modo all’epoca furono in tanti quelli che pensarono che la malattia era una punizione divina per il re che chiedeva l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona.

Probabilmente era pure stata la morte di Arturo Tudor, principe del Galles e fratello maggiore di Enrico, nel marzo 1502. Anche Caterina, all’epoca sua moglie, s’era ammalata ma era sopravvissuta. La loro malattia fu descritta come “un vapore maligno che proveniva dall’aria”, ma i medici non seppero dire di più. Enrico VIII era terrorizzato dalla possibilità del contagio, pensava si trattasse di una punizione divina e ancor più l’affliggeva il fatto che aveva solo una figlia come sua erede al trono.

Quando si seppe che una dama del seguito di Anna Bolena era stata contagiata, Enrico, nel timore di poter essere infettato, lasciò l’amante ed iniziò a spostarsi di domaro in dimora, cercando di stare al sicuro mentre i suoi cortigiani gli morivano attorno. La malattia colpì la stessa Bolena e allora il re la fece rinchiudere nel castello di Hever, in quarantena, sotto le cure del secondo medico di corte, William Butts. In quel momento si contavano solo a Londra oltre 43.000 casi, tutti comparsi nel giro di una dozzina di giorni. I cadaveri venivano gettate in fosse comuni, in uno spettacolo nauseabondo, e solo i medici adeguatamente protetti con abiti e maschere potevano avvicinarsi ai contagiati. Anche Thomas Cromwell perse la moglie e due figlie a causa della malattia.

Di li a qualche giorno mori il cognato della Bolena, il gentiluomo di camera del re, William Carey, marito di Maria. Ben presto, anche il fratello di Anna, George e suo padre Thomas, furono infettati dalla malattia del sudore. Fortunatamente Anna si rimise, la febbre scomparve e, appena apprese la notizia, il re le scrisse una lettera in cui le ordinava di tornare a corte quando la sua salute fosse stata completamente ristabilita. Affermò che la sua assenza le aveva causato “il più grande dolore al cuore”. Enrico era allora a Hudson House e si era riunito a sua moglie Caterina. Quando l’amante tornò a corte, i casi di contaminazione erano quasi scomparsi e l’annullamento del matrimonio reale tornava ad essere la principale preoccupazione del sovrano.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra
Fonte foto: dalla rete

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