Test psicoattitudinali, rivolta dei magistrati. E Nordio va all’attacco della legge Severino - la Repubblica

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Test psicoattitudinali, rivolta dei magistrati. E Nordio va all’attacco della legge Severino

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ansa)

Il procuratore di Napoli Gratteri: “Servono anche ai politici, oltre a quelli per droga e alcol”. Il ministro rilancia pure la separazione delle carriere. Diviso il Csm

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Roma — Della serie “muoia Sansone con tutti i filistei”. Il governo Meloni contro i giudici con ogni mezzo, a colpi di test. Visto che sono «affetti da paranoie, squilibri mentali, fanatismo ideologico», come dice il forzista Aimi al Csm. Il Guardasigilli Nordio non solo lancia i test, ma al procuratore di Napoli Gratteri che li chiede pure per i politici ribatte «io il test l’ho già fatto». Ma è lo stesso ministro a confermare non solo la separazione delle carriere tra giudici e pm con l’obiettivo di mettere la pubblica accusa sotto il governo, ma pure una «necessaria rimessa a punto» della legge Severino.

Dal 2012 le norme dell’ex Guardasigilli Paola Severino impediscono che i condannati si candidino o rimangano in Parlamento e nel governo. Subito marcia indietro. Meloni dà la linea e si scaglia «contro i magistrati politicizzati che fanno perdere tempo», cioè le tante toghe che hanno disapplicato il decreto Cutro in contrasto con la Corte del Lussemburgo. Ma in Italia decidono Nordio e Meloni, e la legalità «fa perdere tempo».

Come dimostra la brutale crociata sui test. Su cui l’Anm di Giuseppe Santalucia guarda allo sciopero di cui si discuterà nella prossima riunione di aprile. L’idea parte da palazzo Chigi e dal sottosegretario Alfredo Mantovano che decide di gestirla con la leghista Giulia Bongiorno. Ora è nelle mani del fedele Nordio che cede a un singolare sillogismo, «ai test sono sottoposte le forze dell’ordine, se il pm è il capo della polizia giudiziaria non si vede perché non debba essere sottoposto a un test cui sono sottoposti quelli che lavorano per lui». Test per tutti? La provocazione la lancia Gratteri, «facciamoli ai politici, quelli con incarichi di responsabilità di governo, regionali e comunali. E dato che ci troviamo, facciamo il narcotest perché chi è sotto l’effetto di cocaina può fare ragionamenti alterati o prendere decisioni frutto di ricatti. E facciamo l’alcoltest perché chi magari quel giorno è ubriaco può dire cose che possono condizionare l’opinione pubblica in modo negativo».

Alla sfida di Gratteri reagisce il leader forzista Antonio Tajani: «Per me se li vogliono fare pure ai politici li possono fare. Ne ho fatti tanti di test, non mi sono mai sentito leso nella mia dignità». Tajani come i suoi, Gasparri, Zangrillo, Zanettin, Pittalis, Ronzulli, con una sola voce, evviva i test. C’è il «wow» di Salvini, all’insegna dello slogan «li fanno i poliziotti». Per fortuna parla chiaro Bersani «sono un attacco alla magistratura». E Giuseppe Conte è netto con il suo «non sono d’accordo sui test».

E che dubbio c’è? Anche se, come scopre Enrico Costa di Azione che bussa in via Arenula, «il testo dei test non c’è». Già, pure al Csm circola un magro riassunto. Nordio ha suggerito il metodo Minnesota, raccontando di averlo provato: una batteria di quasi 600 affermazioni cui rispondere vero o falso. «Il test è fumo negli occhi, quattro crocette su un foglio in occasione dell’esame, sotto la regia del Csm, cioè dei magistrati», minimizza Costa. Ma è davvero così?

Le cronache del Csm raccontano tutt’altro. Nordio ha messo un’arma potentissima nelle mani dei consiglieri laici della destra. Sono sei contro i venti togati, cui si aggiungono la presidente della Cassazione Cassano e il Pg Salvato. La pattuglia togata unita ha detto la sua, «l’eccesso di delega» rende i test incostituzionali. Il costituzionalista Gaetano Azzariti a Repubblica ha detto che questo è «incostituzionale». Ma che fanno i laici della destra, Aimi, Bertolini, Bianchini, Eccher, Giuffrè, Natoli? Si tuffano sui test contro giudici che, per Bertolini e Eccher, «hanno evidenziato carenze nel fondamentale prerequisito dell’equilibrio e alcuni sin dal primo incarico hanno mostrato inadeguatezze psicologiche, perché eccessivamente scontrosi oppure perché non in grado di gestire un’udienza, di rapportarsi con le parti, gli avvocati e il personale amministrativo». È questo il clima che si respira in un pezzo di Csm ormai a trazione centrodestra, dove il vice presidente è l’avvocato leghista Pinelli, che gestirà il dossier sui test.

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