La Polonia degli ultimi Jagelloni in "Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco" - Treccani - Treccani

La Polonia degli ultimi Jagelloni

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Marcella Raiola
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Il Cinquecento rappresenta il periodo di massimo splendore politico, economico e culturale del Regno polacco-lituano. Il merito dello straordinario sviluppo del Paese va soprattutto ai due ultimi re della dinastia Jagellonide, Sigismondo I e Sigismondo II. Essi consolidano territorialmente il regno, creano un’unità stabile tra le sue due parti, si propongono come baluardo politico e religioso dell’Europa. L’estinguersi della dinastia nel 1572 rende manifeste le debolezze strutturali di quella che è di fatto una repubblica nobiliare e avvia un lento ma inarrestabile decadimento che culminerà nelle spartizioni del XVIII secolo.

Il Regno polacco-lituano

All’inizio del XVI secolo il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania sono ancora due Stati distinti, uniti solo nella persona del sovrano che è tale per diritto ereditario in Lituania e per elezione in Polonia. L’unione, che datava al 1386, anno del matrimonio tra Edvige d’Angiò e il granduca Jagello – che abbracciando il cristianesimo aveva preso il nome di Ladislao Jagellone – si era consolidata attraverso molte crisi e progressive trasformazioni che avevano contribuito a uniformare le istituzioni lituane a quelle polacche. Solo in questo secolo però, con gli ultimi re della dinastia, l’unione si consolida definitivamente: nel 1529 Sigismondo I Jagellone ottiene la designazione a re e a granduca per il figlio; quest’ultimo, a coronamento del proprio regno, nel 1569 a Lublino induce Polacchi e Lituani ad accettare l’unione perpetua tra i due Stati.

Organizzazione interna

L’organismo principale dello Stato è, dal 1331, la Dieta, che detiene completamente il potere legislativo e il controllo delle imposte. Dal 1493 la Dieta è comune per Polonia e Lituania, viene convocata ogni due anni e i suoi lavori durano sei settimane; di volta in volta il risultato dei lavori viene pubblicato nelle Costituzioni. Essa è composta dai membri del Senato (vescovi, voivodi, castellani e cinque dei più alti funzionari) e della Camera dei deputati, rappresentanti delle diverse province eletti dalle Dietine locali. Le sue decisioni devono essere prese all’unanimità, obbligo che rallenta spesso i lavori e che accresce notevolmente il potere di condizionamento delle Dietine.

Il governo della Corona Regni Poloniae spetta ai funzionari centrali della corona e della corte, che costituiscono il Consiglio del re; essi vengono scelti dal sovrano, ma il loro incarico è a vita e spesso, di fatto, ereditario, cosa che costituisce un ulteriore legame per la sua azione; presso il re si trovano anche stabilmente, con funzioni di controllo, quattro senatori. Già forti di privilegi straordinari che prevedono, tra l’altro, l’esonero da ogni imposta, il rimborso delle spese sostenute per le spedizioni militari al di là dei confini, il divieto della confisca dei beni e che riservano a loro soli le alte cariche dello Stato, i nobili impongono ancora al re l’obbligo del preventivo consenso della Dieta per alienare i beni della corona (1504) e promulgare leggi lesive dei privilegi nobiliari (1505). Nel corso del secolo si procede anche alla raccolta delle norme del diritto consuetudinario lituano e ruteno (Statuti lituani) e delle leggi polacche (Inclyti Regni Poloniae commune privilegium); nel 1523 viene codificato il processo giudiziario; sul finire del secolo (nel 1578 in Polonia e nel 1581 in Lituania) è istituita la suprema Corte d’appello, il Tribunale della corona, stabile e composta da nobili ed ecclesiastici, designati rispettivamente dalle Dietine e dai Capitoli.

Il regno di Sigismondo I Augusto

Grazie all’accorta opera di Casimiro IV Jagellone, re di Polonia, che assicura al figlio Ladislao le Corone di Boemia (1471) e di Ungheria (1490), sul finire del XV secolo la dinastia Jagellonide è la più potente dell’Europa centro-orientale. In Polonia a Casimiro succedono dapprima Giovanni Alberto nel 1492, poi Alessandro nel 1501, già granduca di Lituania, e infine Sigismondo I nel 1506. Il suo regno è travagliato dai problemi di politica estera e da lunghe guerre con i Turchi (1578-1650), l’Ordine teutonico e il Principato di Moscovia, questi ultimi due alleati degli Asburgo che continuano ad avanzare pretese ai troni di Boemia e di Ungheria e mirano a un indebolimento degli Jagelloni. Sigismondo decide allora di privare i suoi nemici del sostegno imperiale e nel 1515, a Vienna, stipula con Massimiliano I d’Asburgo gli accordi per il duplice matrimonio dei figli di Ladislao, Luigi e Anna, con due granduchi d’Asburgo: la morte prematura e senza prole di Luigi sul campo ungherese di Mohács (1526) contro Solimano I aprirà la strada, molto prima di ogni previsione, alla successione asburgica sui troni contesi. Anche i contrasti con l’ultimo Gran maestro, Alberto di Brandeburgo, primo duca di Prussia e nipote di Sigismondo, si stemperano in maniera imprevista: dapprima per il venir meno dell’aiuto imperiale poi, nel 1525, per la conversione al luteranesimo di Alberto, che accetta finalmente di buon grado il vassallaggio nei confronti della Polonia e ottiene per sé e i suoi diretti discendenti l’ereditarietà della Prussia orientale, con l’esclusione degli Hohenzollern del Brandeburgo. L’accordo con gli Asburgo risolve invece poco per quanto riguarda la guerra con il Principato di Moscovia, alla quale Massimiliano I non aveva di fatto mai dato l’aiuto previsto dagli accordi. Già durante il regno di Alessandro, Ivan III aveva occupato gran parte della Lituania; Sigismondo I, gran principe di Mosca, tenta di recuperarne almeno una parte, ma tre decenni di guerra portano miseri risultati, anzi nel 1514 viene perduta anche Smolensk (oggi in Russia). Quanto all’Impero turco, Sigismondo I provvede saggiamente a fortificare i confini sud-orientali evitando però di intervenire militarmente, anche dopo la disfatta di Mohács. Particolarmente significativa, e indicativa delle propensioni di Sigismondo I, è la condotta da lui tenuta nei confronti del problema religioso.

Il regno aveva una lunga tradizione di pluralismo religioso e pagani, musulmani, ebrei karaim e talmudici, cattolici e ortodossi convivevano pacificamente. Cattolici e ortodossi godevano di alcuni privilegi, ma la convinzione che i diritti civili dovessero essere riconosciuti anche agli infedeli era stata sempre difesa con energia dai sovrani, che non vi rinunciano neppure ora, di fronte al frantumarsi dell’unità cristiana occidentale. I sudditi di lingua tedesca, raccolti per lo più nei territori già dell’ordine teutonico, si convertono al luteranesimo; in Polonia e in Lituania si afferma piuttosto una forte presenza calvinista, e presto arrivano profughi anabattisti cacciati dal resto d’Europa; considerevole è inoltre la presenza della setta cristiana dei Fratelli boemi. A Sigismondo, e soprattutto alla sua seconda moglie – la principessa italiana Bona Sforza, duchessa di Bari, sposata nel 1518 –va anche il merito di aver trasformato Cracovia in un centro culturale e artistico di grande importanza, dando grande spazio allo sviluppo dell’università e attirando a corte, dall’Italia e dal resto d’Europa, letterati, artisti, medici, scienziati; sempre più numerosi divengono anche gli studenti polacchi nelle università europee.

Il regno di Sigismondo II Augusto

Designato e incoronato erede per volere della madre ancora in tenera età (1529), Sigismondo II Augusto si mantiene fedele alle linee di politica interna ed estera tracciate dal padre. All’interno egli deve fronteggiare le pretese del cosiddetto partito dell’esecuzione che alla Dieta del 1550 presenta un programma di riforme basato sulla richiesta di esecuzione di molte leggi rimaste disattese; il programma chiede inoltre l’abolizione della giurisdizione ecclesiastica e del pagamento delle decime. Nella Dieta del 1552 si raggiunge un accordo su questo ultimo punto che mantiene il pagamento delle decime, ma stabilisce il principio della libertà di confessione per i nobili: come scriverà più tardi (1606) un anonimo polacco “essi sapevano di essere nati gentiluomini prima che cattolici”. Questo compromesso permette alla Polonia non solo di restare immune dalle guerre di religione che devastano il resto dell’Europa, ma anche di costituire luogo di rifugio sicuro per tanti esuli per motivi di fede, tra cui i più numerosi saranno gli Italiani. La libertà di discussione e di credo culmina nella nascita nel 1562 della Ecclesia minor, antitrinitaria, e nella fondazione della Repubblica di Rakow nel 1567, esempio unico di libertà e tolleranza. Lo scontro con il Principato di Moscovia costituisce, durante tutto il suo regno, un problema crescente. Alle precedenti rivendicazioni, si aggiunge il problema della Livonia che Ivan IV il Terribile intende conquistare e che viene ceduta alla Polonia (1561) dall’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Portaspada Gotthard Kettler, che secolarizza l’ordine mantenendo per sé, quale vassallo del sovrano, la Curlandia. L’attenzione di Sigismondo II, che non riesce ad avere un erede pur essendosi sposato tre volte, si concentra sempre più sul progetto di unione stabile delle due parti del suo regno. Vincendo molte resistenze, soprattutto del granducato, nel luglio del 1569 nasce la Repubblica Una e Indivisa: i due Stati manterranno tutte le proprie istituzioni ma eleggeranno un solo re e avranno in comune la Dieta, la moneta, la politica estera.

I successori di Sigismondo II

L’estinguersi della dinastia pone sulla neonata repubblica le pesanti ipoteche asburgiche, ma ai candidati di Massimiliano II la Dieta preferisce dapprima Enrico di Valois (1574) e, quando questi abbandona la Polonia per la Francia, Stefano I Bathory, principe di Transilvania. Vinte le resistenze dei sostenitori degli Asburgo, Stefano si impegna a fondo nella guerra contro Mosca, riconquistando i territori lituani e livoni precedentemente perduti.

La sua morte prematura riapre nuovamente le divisioni tra i sostenitori del nuovo candidato Asburgo, e quelli di Sigismondo III Vasa, nipote di Sigismondo II, che infine prevale. Cattolico e intransigente, preoccupato della propria successione in Svezia, sospettato anche di voler violare le libertà costituzionali, Sigismondo presto delude quanti lo avevano sostenuto. Come già era avvenuto nel 1370 con i Piasti, la dinastia Jagellonide si estingue nel momento della sua massima potenza. Sigismondo II muore senza un erede che possa raccogliere i frutti dell’unione tra Polonia e Lituania che egli aveva costruito con tanta pazienza. L’elezione del sovrano, già formalmente in mano alla nobiltà, lo diviene anche di fatto. Riunitasi a Varsavia secondo la tradizione, innanzitutto la Dieta non solo stabilisce il principio per cui ogni nobile ha il diritto di elezione attiva e passiva, ma prepara due documenti fondamentali cui ogni futuro sovrano avrebbe dovuto giurare fedeltà. Gli Articuli contengono i principi costituzionali dello Stato, tra cui quello della libertà religiosa e della legittima disobbedienza per i nobili in caso di qualsiasi inadempienza regia; i Pacta conventa sono una serie di clausole che fissano gli impegni personali del sovrano designato. L’obbligo per l’eletto di sposare la ormai cinquantenne Anna Jagellone allontana la possibilità che un erede dia inizio a una nuova dinastia in grado di raccogliere l’eredità degli Jagellonidi, ma anche che la nobiltà perda il controllo della successione. A sostegno della propria azione i sovrani rafforzano sempre più i privilegi della nobiltà senza ritagliare per loro uno spazio autonomo di manovra; la nobiltà, d’altro canto, non solo impedisce l’estendersi delle prerogative regie ma, con miope determinazione, riduce anche i diritti delle altre componenti sociali, borghesia e contadini, ostacolando un armonico sviluppo della società. I limiti e la debolezza di tale sistema si manifestano appieno nel momento in cui viene a mancare un forte punto di riferimento comune. Le contrapposizioni, subito emerse all’interno della nobiltà durante il primo interregno e moltiplicatesi nei successivi, indeboliscono progressivamente la repubblica e hanno come esito il dissolversi dell’unità statale costruita da Sigismondo II Augusto.

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