Messina Denaro, il mistero dei tre tatuaggi: due frasi e una data. E nel 2012 faceva la spesa in una gastronomia del centro di Palermo - la Repubblica

Palermo

Messina Denaro, il mistero dei tre tatuaggi: due frasi e una data. E nel 2012 faceva la spesa in una gastronomia del centro di Palermo

La scheda segnaletica di Messina Denaro
La scheda segnaletica di Messina Denaro 

Le indagini dei carabinieri del Ros e della procura di Palermo ricostruiscono un altro pezzo della latitanza del padrino delle stragi morto l’anno scorso. Il tatuatore: “Non lo ricordo”. Ma nel suo archivio spunta una traccia. Il commerciante: “L’abbiamo riconosciuto dopo la cattura”

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Sul petto, a destra, si era fatto incidere la scritta: “Tra le selvagge tigri”. Sull’avambraccio destro invece: “Ad augusta per angusta”. Su quello sinistro: “VIII X MCMLXXXI”. In uno dei suoi quaderni trovati nel covo, Matteo Messina Denaro spiegava: “I miei tatuaggi non sono per seguire la moda del momento, sono il mio vissuto e servono a non dimenticare”. Ma cosa voleva ricordare il boss delle stragi? E, soprattutto, cos’era accaduto nella data che aveva segnato sul suo corpo? L’8 ottobre 1981, quando aveva 19 anni e mezzo. Forse, quel giorno, aveva fatto ingresso ufficialmente in Cosa nostra con la cerimonia della punciuta? Forse, aveva commesso il suo primo omicidio? Le indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido proseguono in maniera certosina. Arresto dopo arresto. Analizzando con cura i mille pizzini sequestrati e sviluppando tante altre indagini, curate dai sostituti procuratori Gianluca De Leo e Pierangelo Padova. Così sono emersi nuovi dettagli sulla latitanza del boss trapanese arrestato il 16 gennaio 2023, era ricercato da trent’anni. Si muoveva liberamente anche a Palermo. Grazie a quali protezioni?

I pizzini

Dei tatuaggi aveva parlato con la sorella Rosalia, i carabinieri l’hanno scoperto durante la perquisizione nell’abitazione della donna, a Castelvetrano, il giorno dell’arresto del fratello. Dentro il telaio di una sedia, al piano terra, c’era un biglietto con la scritta “C tatuaggio”. In un’altra sedia, al primo piano, questo pizzino: “Ad augusta per angusta”, con una data cancellata, quella del 24 giugno 2012. Poi ancora un’annotazione: “Alla gloria attraverso la sofferenza o cose gloriose attraverso la tristezza”.

In un altro biglietto: “23/4 2013 19 anni e mezzo. Cuore 20 giugno 2016. Cose gloriose cose tristezza. 24/6 2012 Tigri annientata così”. Erano probabilmente appunti sui suoi tatuaggi. Nel covo del boss, i carabinieri hanno invece trovato un’altra lettera alla sorella Rosalia, mai spedita: “Per quei segni che io ho chiamato C li hai visti e per iscritto ti ho spiegato il significato, non so se li hai visti bene vista la precarietà di tutto. Comunque ora sai che ci sono questi C e ne sai il significato”. Ma resta il giallo per investigatori e magistrati.

Di sicuro, quei tatuaggi erano importanti per il boss. Il giorno che ricevette le sue tre sorelle in carcere (Rosalia, Bice e Giovanna) li mostrò. E spiegò: “Augusta per angusta l’ho fatto a giugno 2012. Alla gloria attraverso la sofferenza lo feci per mia figlia, quando se ne andò”. In quel mese di giugno, la giovane Lorenza e la madre lasciarono casa della madre di Messina Denaro, a Castelvetrano. Fu un trauma per il boss. Era il periodo in cui la figlia del latitante era insofferente ai controlli delle zie, che la bacchettavano anche per una gonna corta, la ragazza voleva vivere la sua vita. Il boss vide quell’allontanamento come un gesto di ribellione alla famiglia e alla cultura mafiosa. In carcere, il 15 febbraio 2023, accennò pure qualcosa sull’altro tatuaggio: 8/10/1981 in numeri romani. “Questa è una data per me importante”, disse. Ma non aggiunse altro. Infine, accennò all’ultimo tatuaggio: “Questo l’ho fatto sette, otto anni fa”. Il giorno che andarono ad interrogarlo i magistrati gli chiesero di quei tatuaggi.

Lui rispose in maniera spavalda: “Alla gloria attraverso la sofferenza è magari una forma di megalomania – accennò – questi tatuaggi li ho fatti in via Rosolino Pilo”. Ovvero nel cuore di Palermo. Fu una delle ultime sfide del latitante. In via Pilo c’era davvero un tatuatore; prima del 2013, aveva un’attività in via Isidoro La Lumia, nel centro città. Il tatuatore, ascoltato dai carabinieri, ha escluso di avere avuto fra i propri clienti un “uomo che ha i tratti somatici di Matteo Messina Denaro”. Il tatuatore ha comunque messo a disposizione il suo archivio, con i consensi informati dei clienti, ed è emersa la sorpresa. Il 29 giugno 2012, aveva fatto un tatuaggio Andrea Bonafede classe 1969, uno dei fidati factotum di Messina Denaro; il giorno prima, è segnato il nome di un’altra persona di Campobello di Mazara, i carabinieri l’hanno convocata in caserma e lui non ha alcun tatuaggio. E’ probabile che nel 2012, il latitante utilizzasse quest’altra identità.

L’appello

Andrea Bonafede è stato già condannato a 6 anni e 8 mesi, per favoreggiamento. Adesso, i pm De Leo e Padova hanno fatto appello, chiedono ai giudici di secondo grado di condannarlo per associazione mafiosa. Bonafede era davvero un fidatissimo. I carabinieri hanno scoperto che nel 2012, il boss frequentava anche una gastronomia in via Gaetano Daita, a due passi dal teatro Politeama. “E’ stato un nostro sporadico cliente – hanno raccontato i titolari – la prima volta fra il 2012 e il 2013, lo abbiamo riconosciuto dopo la cattura”. I titolari hanno riconosciuto anche Andrea Bonafede, era quello che lo accompagnava. Annotano i carabinieri del Ros: “La sede della salumeria dista a meno di 100 metri dalla via Isidoro La Lumia”.

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