Una pagina di storia: Dumini, assassino di Matteotti, al confino delle Tremiti
25 aprile

Amerigo Dumini, l’assassino di Matteotti, fotografo e allevatore di galline al confino delle Tremiti

Ritratto poco conosciuto del principale responsabile dell’assassinio di Giacomo Matteotti nel 100° anniversario della morte. Amerigo Dumini, pluriomicida, è inviato al confino tremitese per avere ricattato Mussolini. Vive da solo in una sorta di villino e senza le restrizioni applicate ai confinati antifascisti. Copiosi finanziamenti occulti gli garantiscono un soggiorno comodo. Può ricevere posta senza censura, camerati ammiratori, fare gite in barca e scattare fotografie. Una vita, la sua, segnata dalla violenza bruta e dalle estorsioni ai potenti complici altolocati.

“Dumini, nove omicidi!”

«Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini». Così l’incipit del monologo di Scurati censurato dalla Rai. Questi i loro nomi: Amerigo Dumini (accento sulla u), Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria, Amleto Poveruomo. Saranno loro ad assassinare Matteotti su ordine di Mussolini. Arrestati, condannati e amnistiati, due mesi dopo il processo sono rimessi in libertà. I fatti sono arcinoti.

Dumini foto storiche

                                         Amerigo Dumini in una foto del 1923

 

Il capo di questo mazzo ben selezionato di criminali è il Dumini, nato negli Stati Uniti nel 1894 da padre fiorentino e madre inglese e poi tornato in Italia, diventato presto «elemento di punta dello squadrismo toscano, spregiudicato e disponibile a ogni forma di violenza», scrive lo storico Mimmo Franzinelli. Di tali sue “qualità” ama farsi vanto ogni volta che deve presentarsi: «Piacere, Dumini, nove omicidi!». È di lui che qui ci si vuole occupare dopo essere tornato in libertà.

 

Foraggiato e con abbondanza dal vertice del fascismo perché taccia, lo squadrista pluriassassino una volta fuori si dà presto a una vita senza regola e, manco a dirlo, segnata spesso dalla violenza. Non trascura, però, in questa sua vita dissoluta di ricattare Mussolini con la minaccia di rivelare dettagli e prove del delitto Matteotti.

Il confino “dorato” di Tremiti e le sovvenzioni occulte

È così che nell’autunno del 1928 scatta anche per lui la vendetta del duce, che lo fa arrestare e condannare al confino per cinque anni con destinazione l’isola di San Nicola alle Tremiti. Due i periodi trascorsi nell’arcipelago di fronte a Termoli: dal 1928 al 1932 e tra la fine del 1933 e i primi mesi del 1934.

 

Dumini foto storiche
  1. Dumini a passeggio sull’isola con la scorta

 

Dumini però non è un confinato qualsiasi. Non è sottoposto alle restrizioni previste dai regolamenti per i deportati dal fascismo (migliaia tra il 1928 e il 1943, tra i quali anche il presidente Pertini per pochi giorni), né vive nei casermoni, ma, come scrive alla madre, da solo in «una palazzina bianca sul punto quasi più alto dell’isola e in una stanza vicina stanno i carabinieri di guardia che sono tutti abbastanza gentili: posso andare dove voglio, anche su e giù per il paese, ma ho sempre un carabiniere con me» A questa casa ha dato anche un nome vezzoso: “Villino Dumini”.

Dumini foto storiche

Dumini e la scorta sull’uscio del “Villino”

Alla sua scorta è addetto un gruppo di 6 carabinieri comandati da un brigadiere, che si alternano a turni di otto ore e con i quali presto fraternizza, approfittandone per migliorare ancora di più le sue condizioni. Può ricevere persino una rappresentanza dei fascisti termolesi, gli squadristi Enrico Cappella e Guido D’Aloisio, con i quali si fa anche fotografare. La sua posta non è censurata come per tutti gli altri e spesso riceve denaro. Tanto.

Dumini foto storiche

Lo squadrista termolese, il vigile urbano Guido D’Aloisio fotografato alle Tremiti con Dumini

 

Il funzionario del ministero degli Interni Felice De Simone che proprio lì lo ha conosciuto, a tale proposito racconta che riceveva mensilmente un assegno di L. 4.000, per l’epoca una somma cospicua, e per non annoiarsi faceva spesso escursioni in barca, sempre accompagnato dai guardiani, mentre la sera amava passeggiare per le vie del paese vestito elegantemente. «Una sorta di ospite costretto a non potere uscire da una prigione dorata», aggiunge con azzeccata similitudine.

 

Un altro studioso, Andrea Greco, in un saggio sulla permanenza di Dumini alle Tremiti a proposito degli aiuti ricevuti da fonti governative è ancora più dettagliato: «La grande disponibilità di denaro contante su cui Dumini poteva contare grazie a finanziamenti occulti, non era certamente estranea a questa relativa libertà di movimento e di azione di cui poteva usufruire».

 

«Nel solo periodo di confino alla Tremiti Amerigo potrà disporre a più riprese di vare somme per un totale prudenziale di 73.186 lire dell’epoca, cifra di tutto rispetto, che nel contesto economico di San Nicola esaltava ancor più il suo potere di acquisto e di corruzione».

 

“Fotografo ufficiale della colonia confinati”

Soldi e privilegi a parte, in realtà Dumini qualche occupazione nell’isola se l’inventa. È lui stesso a rivelarlo nelle sue memorie: «Nel corso della mia vita ho fatto molti mestieri. Fra questi qualcuno strano. E ne ho visto praticare altri molto più strani. Quand’ero al confino di polizia fui allevatore di galline e fotografo. Ero si può dire il fotografo ufficiale della colonia confinati delle Isole Tremiti».

Dumini foto storiche
  1. Foto scattata da Dumini a un gruppo di confinati antifascisti davanti ai loro alloggi

 

Una sorta di delega tacitamente accordatagli dalle autorità confinarie in forza della mancanza di tali professionisti sull’isola, oltre che delle sue capacità tecniche a usare il mezzo fotografico. Scatta di tutto in quegli anni: immagini di confinati sprovvisti di foto da inserire nei fascicoli burocratici o da inviare ai parenti a casa, morti ammazzati o per disgrazie, documenta le frustate e altre violenze sul corpo dei confinati da inviare al ministero.

 

Fin qui l’attività “legale” per la quale la direzione della colonia gli fornisce tutto il materiale occorrente. Dumini però fa anche altro, ma di nascosto. Per esempio foto agli isolani da inviare ai loro congiunti all’estero e anche servizi matrimoniali. Qualcuno oggi a Tremiti conserverà probabilmente ancora qualche suo scatto tra i cimeli di famiglia.

 

Con la complicità di un confinato addetto ai lavori d’ufficio riesce persino a fotografare, per tre notti di seguito, il suo fascicolo personale alla ricerca di notazioni riguardanti il destino riservatogli da Mussolini. È convinto, infatti, di essere stato isolato, anche in colonia, per evitare di parlare.

 

L’ultimo ricatto e la fine

Trascorrono così circa quattro anni, al termine dei quali non si capisce bene se è rimesso in libertà o meno, visto che dopo otto mesi lontano dal confino è di nuovo spedito alle Tremiti. Ed è questa seconda volta che, stanco del trattamento ricevuto e dell’isolamento non più sopportabile, scrive il 28 ottobre 1933 una dura lettera-ricatto al ministro De Bono, all’epoca del delitto Matteotti capo della polizia, nella quale tra l’altro dice:

“Le mie sofferenze di questi ultimi anni sono però documentate. Gli avvocati Martin Arnold e Hugh R. Roberston di San Antonio del Texas hanno il manoscritto contenente il mio testamento, la narrazione completa delle mie vicende e i documenti che vi si riferiscono. Fra questi i passaporti rilasciatimi da Vostra Eccellenza […] Se è la mia morte che si vuole, ebbene, che si finisca una buona volta questa indecorosa commedia di uomini che si dicono d’onore e si palesano sotto il falso mantello della legge”.

Dumini foto storiche

La lettera-ricatto a De Bono pubblicata dal Corriere Italiano

 

Dumini nell’occasione fa di più: fotografa la lettera e dopo complicati passaggi la riduce in fotogrammi per poterla meglio nascondere. Il ricatto questa volta funziona. Viene rimesso in libertà e su suggerimento del capo della polizia si trasferisce in Cirenaica, iniziando in Nord Africa una redditizia attività agricola e commerciale, continuando a beneficiare di cospicui finanziamenti governativi. Si calcola che tra il 1935 e il 1941 abbia ricevuto qualcosa come più di due milioni di lire, sottolinea Franzinelli.

La sua parabola discendente avviene con lo scoppio della guerra. Fatto prigioniero dagli inglesi nel marzo del 1941 e condannato a morte, riesce a sfuggire alla fucilazione consegnandosi ai tedeschi. Il mese dopo è già in Italia. Alla nascita della Repubblica di Salò vi aderisce.

Nel novembre del 1944 la Cassazione annulla la sentenza addomesticata di Chieti per il delitto Matteotti e viene arrestato. Nel successivo processo è condannato all’ergastolo, tramutato in 30 anni in virtù dell’amnistia Togliatti. Condonata la pena nel 1953 torna in libertà, ma per poco. Nel 1956 è, infine, graziato. Si iscrive al Movimento Sociale Italiano senza fare politica.

Dumini muore a Roma il giorno di Natale del 1967 per i postumi di una caduta accidentale in casa.

Bibliografia:

  • Franzinelli Mimmo, Squadristi – Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Oscar Storia Mondadori, 2004, Milano.
  • mondimedievali.net/microstorie/desimone.htm.
  • Greco, Amerigo Dumini. Fotografie dal confino, 1928-1932, in Archivio Fotografico Toscano, rivista di storia e fotografia n. 47, anno 2008,pagg. 39-48.
  • Giovanni De Fanis, Termoli in camicia nera -Dinamiche urbane nel Molise Fascista, Cosmo Iannone Editore, 2014, Isernia.
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