Amedeo I, il Rey Caballero - Casa Reale di Savoia

Amedeo I, il Rey Caballero

di Enric-Eduard Giménez

Il 4 dicembre 1870, Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta e figlio del primo Re dell’Italia unita, Vittorio Emanuele II, fu acclamato a Palazzo Pitti a Firenze come nuovo re di Spagna. Dopo l’esilio di Isabella II nel 1868, il generale Prim – reggente de facto del Governo spagnolo – aveva cercato nelle corti europee un nuovo monarca che si adattasse alla nuova costituzione progressista approvata nel 1869. Tra vari candidati, le Cortes Constituyentes avrebbero eletto il Duca d’Aosta, che nel dicembre 1870 salpò da La Spezia verso la Spagna.

Amedeo, che probabilmente credeva di essere stato scelto dalla maggioranza della popolazione spagnola, avrebbe simboleggiato una nuova monarchia, costituita unicamente come una forma di governo soggetta a uno Stato democraticamente eletto. Il nuovo re si pose quindi l’obiettivo di assolvere scrupolosamente al suo ruolo costituzionale quale arbitro e moderatore dei diversi poteri pubblici. Non era tuttavia ancora consapevole degli ostacoli che avrebbe incontrato, tra cui il rifiuto dell’aristocrazia e dei repubblicani, la loro strumentalizzazione da parte dei partiti politici e dell’esercito, l’indifferenza mostrata dalla gente comune.

Il re Amedeo al suo arrivo a Madrid, visita la salma del generale Prim (©Biblioteca Nacional de España)

Le prime avvisaglie si ebbero già poco dopo il suo arrivo a Madrid del 2 gennaio 1871. Dopo aver visitato la Basilica di Atocha per vegliare sulla salma del generale Prim, suo grande sostenitore, morto in un attentato pochi giorni prima, e dopo aver prestato giuramento alle Cortes, Amedeo insistette per far visita alla vedova di Prim. Il colloquio tra i due si tradusse in un momento di generale imbarazzo: la vedova, tra i singhiozzi, non riuscì a pronunciare parole e Amedeo, che ancora non conosceva la lingua, non poté confortarla in alcun modo. In un certo senso, si preannunciava quale sarebbe stata la sorte dell’esperienza di governo in Spagna: le buone intenzioni del monarca sarebbero state infatti all’origine di incomprensioni e conflitti.

Uno dei primi problemi che il re dovette affrontare fu l’assegnazione degli incarichi all’interno della sua Casa. Tuttavia, come lui stesso poté osservare al suo arrivo a Madrid, l’aristocrazia – a cui tradizionalmente erano riservate tali funzioni – aveva iniziato a prendere le distanze dalla Corte, a tenere chiusi e privi di adorni i propri palazzi, fino a rifiutare le nomine agli alti incarichi palatini. Il sovrano dovette così nominare aristocratici “amadeisti”, ossia persone legate a quei partiti politici che lo avevano voluto sul trono. La sua volontà di presentarsi come monarca integratore iniziò pertanto con evidenti difficoltà.

Al suo arrivo al Palazzo Reale, Amedeo si stabilì in tre piccole stanze dell’ala San Gil, di fronte a Calle Bailén, che in precedenza erano appannaggio della regina Isabel II: una camera da letto, uno gabinetto e un piccolo ufficio d’angolo. Maria Vittoria, invece, arrivata più tardi, avrebbe preso possesso delle stanze del monarca deposto, nella stessa ala del Palazzo. Isabel II, dal suo esilio parigino, accolse con sorpresa la notizia che l’intera famiglia di Amedeo I si fosse stabilita nelle sue ex stanze private ed esclamò “Poveri giovani: non potranno muoversi”[1].

I costumi borghesi e tutto sommato semplici del nuovo re non tardarono a suscitare mormorii a Madrid. Si racconta che il primo giorno dovette andare a fare colazione in una caffetteria dato che, quando si era alzato, alle otto del mattino, i cuochi delle Reali Cucine non avevano ancora provveduto a preparare la colazione essendo abituati agli orari di Isabel II, che era solita alzarsi alle undici. Anche la nuova livrea “di colore rosso” (incarnato) della servitù fu oggetto di dibattito, tanto che si iniziò a chiamare i portieri del Palazzo “aragoste”[2]. Ancora, quando il sovrano decise di tenere spente le luci delle stanze non abitate del Palazzo Reale, la gente diceva scherzosamente che la regina Maria Vittoria aveva fama di donna di molti lumi (in quanto molto colta e conoscitrice di cinque lingue) ma che “qui non fa[ceva] altro che spegnerle”[3].

La routine di Amedeo I iniziava all’alba, con una passeggiata a cavallo attraverso il Campo del Moro, alle otto era pronto a ricevere individualmente i ministri e, un giorno alla settimana, l’intero consiglio. Dopodiché concedeva udienze di una o due ore, alle dodici pranzava e lavorava nel suo Gabinetto Privato fino alle tre. Durante il pomeriggio visitava i musei o passeggiava con la Regina nel Parco del Retiro. Il Re frequentava abitualmente i teatri fino alle prime luci del mattino e fu proprio in uno di questi che conobbe la più famosa tra le sue amanti, Adela Larra. La domenica si teneva un pranzo ufficiale a cui erano invitati generali, deputati, professori e studiosi. Occasioni durante le quali la regina Maria Vittoria si è sempre distinta per le sue grandi doti di abile conversatrice, che denotavano una profonda cultura e una spiccata abilità nell’apprendere con rapidità lingua, storia e costumi nazionali.

La regina era però nota anche per le sue opere caritatevoli, alle quali si prestava anima e corpo: per i figli delle lavandaie di Manzanares fondò l’Asilo de las Lavanderas, o la “Casa del Principe” come fu poi chiamato dato che era stato edificato con uno stanziamento destinato a Manuel Filiberto, principe delle Asturie, e successivamente fondò anche una scuola per i figli degli operai della Manifattura Tabacchi. Purtroppo, nonostante le molte opere caritatevoli, non riuscì ad ottenere l’amore del popolo e dell’aristocrazia, che rispose con una certa indifferenza o, addirittura, ponendosi in aperto contrasto. Nel 1871, ad esempio, in seguito alla decisione del consiglio comunale di Madrid di sospendere la tradizionale processione del Corpus Domini per mancanza di fondi, la Regina si rese subito disponibile per coprire le spese ma, in tutta risposta, l’aristocrazia madrilena illuminò i propri palazzi per celebrare il XX anniversario del pontificato di Pio IX, causando proteste e rivolte di piazza. L’aristocrazia non perdonò ai Savoia di essere stranieri, privi di legami di sangue con i Borbone e di aver, anzi, portato alla caduta di diversi regni italiani controllati dai Borbone (come quello delle Due Sicilie e Parma) e, come se tutto questo non fosse bastato, di aver preso Roma e costretto il Papa a rinchiudersi in Vaticano.

L’indifferenza dell’aristocrazia, se non il suo netto rifiuto verso i sovrani, si manifestò anche nell’estate del 1871, quando la Famiglia Reale soggiornò a La Granja de San Ildefonso. Anche l’estate successiva, trascorsa all’Escorial ufficialmente perché meglio collegato in treno con Madrid, Maria Vittoria passò gran parte del tempo da sola con i suoi figli, senza che nessuno le facesse visita. Si dice che fu in quei giorni, dopo che i suoi figli furono insultati mentre uscivano dal palazzo per una passeggiata, che pensò per la prima volta di lasciare la Spagna[4]. Dal canto suo, Amedeo trascorse gran parte dell’estate in viaggio per il nord, attraverso la Cantabria, i Paesi Baschi e la Galizia. Il tour, organizzato dal governo di Ruiz Zorrilla, fu molto criticato poiché ritenuto scomodo e con fini chiaramente elettorali. Amedeo si trovò a visitare zone apertamente ostili e dovette assistere agli «sgarbi dei carlisti, subire il disprezzo degli alfonsini […] e le rudi manifestazioni di falso entusiasmo dettate dal partito dominante, così come l’umiliante compiacimento dei repubblicani»[5].

Inoltre, il viaggio fu pieno di “incidenti”. A Gijón nessuno volle mettere la propria casa a disposizione del Re, che dovette così alloggiare al municipio. Lo stesso accadde a Santander, dove venne allestita frettolosamente la dogana e, durante la prima notte, il sovrano fu quasi intossicato dall’odore di pittura e vernice.

Il regno subì il colpo di grazia in seguito al conflitto tra il corpo di artiglieria e il governo di Ruiz Zorrilla quando, nel tentativo di fare da mediatore, Amedeo finì per essere accusato di interferire negli affari di governo. L’11 febbraio 1873 il Re comunicò la sua abdicazione alle stesse Cortes che lo avevano eletto appena due anni e poco prima. Nella loro risposta, le Cortes riconobbero e applaudirono Amedeo per essere stato fedele alle leggi, alla Costituzione e al giuramento prestato fino all’ultimo momento. La mattina del 12 febbraio la famiglia reale lasciò il Palazzo Reale in mezzo a una folla di servi e cortigiani e in un silenzio solenne, quasi sepolcrale. La regina Maria Vittoria, appena ripresa dalla gravidanza, dovette essere trasportata su una portantina e fu così che la Famiglia Reale salutò Madrid, senza che nessuna autorità si recasse a renderle omaggio alla Stazione del Nord.

Terminava così la parentesi sabauda sul trono di Spagna. Tuttavia, nonostante il fallimento, la storia avrebbe riconosciuto ad Amedeo quei principi sinceri e quella dignità che lo avrebbero accompagnato fino ai suoi ultimi istanti in Spagna. Come si leggeva sui giornali dell’epoca[6]: tutto era stato perduto, tranne l’onore.


In copertina: particolare del ritratto di Amedeo I di Savoia di C. L. De Ribera y Fieve (©Banco de España)

[1] E. De Amicis, España, viaje durante el reinado de Don Amadeo I, 1883, tradotto dalla quarta edizione di Firenze da Augusto Suarez de Figueroa. Madrid, Librería de Vicente López, p. 168

[2] B. Pérez Galdós, Episodios nacionales: Amadeo I, Madrid 1910, Perlado, Páez y Compañía, cap. I

[3] M. del Carmen Bolaños Mejías, La casa real de Amadeo I de Saboya, 2003, in Dolores del Mar Sánchez Gonzáles (coord.), Corte y monarquía en España. Madrid: Centro de Estudios Ramón Areces y Universidad Nacional de Educación a Distancia – UNED, p. 272

[4] La Época, 28 de agosto de 1872, p. 3

[5] La Época, 25 de agosto de 1872, p. 1

[6] La Ilustración Española y Americana, 24 de febrero de 1873, p. 119