Allenare la resistenza nel calcio: il metodo 10-20-30 - Training Lab Italia

ALLENARE LA RESISTENZA NEL CALCIO: IL METODO 10-20-30

Data:

24/03/2021

Indice degli argomenti

Il calcio e le sue richieste energetiche

Il calcio è uno sport intermittente, caratterizzato da circa 1200 cambi di attività aciclici e imprevedibili (uno ogni 3-5 secondi), tra i quali sono compresi 30-40 sprint, più di 700 cambi di direzione e 30-40 tackles e salti.

A queste dinamiche, chiaramente, si aggiungono altre azioni intense che lo sport in questione richiede, come ad esempio le decelerazioni, i tiri in porta, i contrasti, i passaggi, etc. Tutti questi gesti non fanno altro che aumentare lo stress fisico imposto ai giocatori durante il match.

Ma parliamo di velocità. È stato visto che i giocatori d’élite solitamente eseguono 2-3 km di corsa a più di 15 km/h e 0.6 km di sprint a più di 20 km/h. Per di più, pare che le squadre che sono solite dimostrare un decremento della distanza totale coperta in sprint durante il match siano anche le squadre meno vincenti.

Conclusione: l’abilità nell’eseguire attività ad alta intensità durante una partita è davvero fondamentale.

Il decremento nella velocità di corsa ad alta intensità è chiaramente dovuto all’insorgenza della fatica, la quale si manifesta principalmente nel secondo tempo. Qui si registra un’intensità di corsa tra il 20% ed il 40% minore negli ultimi 15 minuti, rispetto ai 15 minuti iniziali.

È proprio per tali motivi che la resistenza nel calcio assume un ruolo centrale nella preparazione atletica.

Ma come allenarla?

 

Come e perché migliorare la resistenza nel calcio

Il calcio è essenzialmente uno sport aerobico nel quale il consumo energetico totale deriva per più del 90% da questo metabolismo. Così, la capacità di mantenere un’intensità di esercizio importante per periodi di tempo prolungati dovrebbe essere sviluppata in maniera specifica.

L’allenamento aerobico, svolto nell’area della Velocità Aerobica Massima (VAM), permette di aumentare l’abilità degli atleti di ripetere sforzi aerobici massimali o quasi massimali durante la partita.

Ma sappiamo inoltre che, dato che il calcio è uno sport intermittente, esso è anche caratterizzato da diversi sprint e/o cambi di ritmo che richiedono l’attivazione e la partecipazione alla produzione di energia e di lavoro da parte del metabolismo anaerobico. Ed è proprio in base al contributo del sistema di energia predominante che gli esercizi ad alta intensità possono essere ulteriormente divisi in aerobici ad alta intensità (come gli HIIT, ad esempio) ed anaerobici (come i SIT, ad esempio).

Gli allenamenti aerobici ad alta intensità garantiscono un aumento nei parametri cardiovascolari, come le dimensioni cardiache, la gittata cardiaca e l’elasticità delle arterie. Questi cambiamenti migliorano di conseguenza la capacità nel trasporto d’ossigeno da parte del sistema cardiovascolare, il quale risulta in una maggiore captazione dell’ossigeno a livello muscolare e polmonare.

Questa capacità di recupero nel calcio è davvero fondamentale, ma non dipende esclusivamente dal metabolismo aerobico. Infatti, il metabolismo anaerobico spesso aiuta a raggiungere e a mantenere (anche se per meno tempo rispetto al metabolismo aerobico), delle intensità superiori alla VAM (velocità aerobica massima).

L’allenamento anaerobico si basa proprio su esercizi di resistenza alla velocità che aumentano l’attività di alcuni enzimi anaerobici, come la creatina chinasi, la fosfofruttochinasi, la miochinasi e la glicogeno fosforilasi. Questi adattamenti migliorano il ripristino dell’energia anaerobica e pertanto migliorerebbero l’abilità nel produrre rapidamente e continuamente potenza durante gesti brevi ma massimali.

Ma cosa otteniamo nell’atleta?

L’allenamento aerobico risulta in un VO2max maggiore che permette all’atleta di sostenere intensità d’esercizio per più tempo e recuperare più velocemente tra le fasi di gioco ad alta intensità. Con l’allenamento anaerobico, invece, rendiamo l’atleta più capace di sostenere delle intensità d’esercizio molto elevate (al di sopra della VAM) e di affrontarle con successo più frequentemente durante il gioco.

Questo quadro, dimostrando l’importanza nel calcio di ciascuna di queste due tipologie di allenamento, porta spesso il preparatore a operare una scelta, a incentrare l’allenamento più sul metabolsimo aerobico o più su quello anaerobico.

E se esistesse una metodica d’allenamento che li combinasse entrambi?

 

Il metodo 10-20-30 per la resistenza nel calcio

Questo metodo, per essere applicato, richiede una previa indagine sulla velocità massima di sprint dell’atleta. Per risalire alla velocità massima è possibile utilizzare anche una smartphone app come MySprint. Fatto questo possiamo iniziare a organizzare il nostro protocollo 10-20-30 individualizzato per ciascun atleta.

In questa metodica, l’atleta esegue un esercizio di 5 minuti alternando una bassa velocità (30% della Vmax) per 30 secondi, una velocità media (60% della Vmax) per 20 secondi, e una massima velocità (90-100% della Vmax) per 10 secondi.

Uno dei vantaggi nella sua applicazione è che, come anche per il protocollo Tabata, porta ad una netta riduzione del volume di allenamento.

Gli autori Gunnarsson T. P. & Bangsbo J. (2012) hanno riportato, in seguito ad un periodo di 7 settimane di allenamento con questo metodo, un miglioramento del VO2max pari al 4%, oltre ad una diminuzione nel tempo impiegato per percorrere il test di corsa sui 1500 m e sui 5000 m rispettivamente di 21 e 48 s. Tra gli altri effetti, gli stessi autori hanno descritto una marcata riduzione nella pressione arteriosa sistolica, così come nella riduzione del colesterolo totale e di quello LDL.

 

Considerazioni per la pratica d’allenamento

La capacità da parte di un atleta nell’eseguire azioni ad alta intensità, come allunghi e sprint, ed a recuperare rapidamente da queste è di fondamentale importanza in tutti gli sport di squadra, tra cui il calcio. Abbiamo visto come sia fondamentale allenare entrambi i sistemi, aerobico ed anaerobico, i quali però spesso richiedono differenti vie di allenamento.

Da qui, siamo passati alla descrizione del protocollo 10-20-30, nel quale regimi di lavoro anaerobici sono accoppiati ad elevati carichi aerobici, risolvendo la diversità nella metodica d’allenamento.

Riportiamo anche qui come l’applicazione di una metodica del genere sia stata vista risultare in un miglioramento delle qualità aerobiche, mentre un miglioramento della velocità di sprint non è ancora stato rilevato.

Questi miglioramenti prestativi sono accompagnati anche da una più elevata facilità di inserimento di questo protocollo, rispetto all’HIIT per esempio, anche all’interno di una giornata di allenamento complessa. Infatti, mentre per ottenere un beneficio da un protocollo HIIT si debbano accumulare almeno 10 minuti passati intorno al VO2max, per ottenere benefici dal metodo 10-20-30 pare bastino solamente 5 minuti.

Pensate a quanto saranno felici gli allenatori!

 

Conclusioni

Sebbene siano diverse le metodiche di allenamento nel calcio, la ricerca pone l’attenzione su quanto sia importante rispettare, in allenamento, la specificità relativa allo sport. Infatti, per il preparatore, sarebbe sempre meglio implementare dei protocolli di lavoro che stimolino, oltre ai sistemi energetici, anche le capacità coordinative, tecniche, tattiche e di decision making, preferibilmente svolte col pallone.

Una metodica rappresentativa di queste esigenze è rappresentata dagli small-sided games (SSG), i quali sono stati visti condurre ad aumenti nelle qualità aerobiche molto simili a quelli indotti dagli interval training ad alta intensità. Infatti, in questi esercizi è possibile modulare il numero degli atleti partecipanti, includere o meno il portiere, aumentare o ridurre le dimensioni del campo, e inserire particolari regole in base alle esigenze fisiche, tecniche e tattiche della squadra.

Esistono parecchi vantaggi nell’eseguire degli esercizi specifici per la disciplina rispetto ai cosiddetti “lavori a secco” (senza pallone). Ad esempio, uno studio svolto nella Serie A italiana ha riportato come giocatori delle squadre più importanti coprano una maggiore distanza totale (18%), inclusa una maggiore proporzione di corsa ad alta intensità (16%) in possesso del pallone se comparata con atleti militanti in squadre meno di successo.

È compito del professionista dosare e scegliere gli stimoli più idonei non solo alla disciplina ma anche al periodo di allenamento. Per cui, valutiamo anche questi aspetti prima di programmare. Così, come per tutti i metodi, abbiamo anche nel caso del protocollo 10-20-30 dei pro e dei contro.

Rispetta chi è in cerca della verità, ma diffida da chi dice di averla trovata”.

 

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Gabriele  Dipasquale

Note sull’autore

Articolista Training Lab Italia

Laurea in Scienze Motorie e Sportive (L-22) – Università degli studi dell’Aquila
Laurea Magistrale in Scienza e Tecnica dello Sport (LM-68) – Università degli studi dell’Aquila

Certificazione Self Myofascial Release Training Lab Italia
Certificazione Personal Trainer For Health 2019 – Training Lab Italia
Certificazione Strength and Conditioning 2020 (Buzzichelli Edition) – Training Lab Italia

Coordinatore Tecnico del progetto University Lab

 

Bibliografia

Iaia F. M. et al. HIGH-INTENSITY TRAINING IN FOOTBALL (2009). International journal of sports physiology and performance, 4(3), 291-306.

Gunnarsson T P & Bangsbo J. THE 10-20-30 TRAINING CONCEPT IMPROVES PERFORMANCE AND HEALTH PROFILE IN MODERATELY TRAINED RUNNERS (2012). Journal of Applied Physiology.

 Laursen P & Buchheit M. SCIENCE AND APPLICATION OF HIGH-INTENSITY INTERVAL TRAINING (2019). Human kinetics.

 Rampinini E et al. TECHNICAL PERFORMANCE DURING SOCCER MATCHES OF THE ITALIAN SERIE A LEAGUE: EFFECT OF FATIGUE AND COMPETITIVE LEVEL (2009). Journal of science and medicine in sport, 12(1), 227-233.

Riboli A et al. AREA PER PLAYER IN SMALL-SIDED GAMES TO REPLICATE THE EXTERNAL LOAD AND ESTIMATED PHYSIOLOGICAL MATCH DEMANDS IN ELITE SOCCER PLAYERS (2020). PloS one, 15(9), e0229194.

Hostrup M et al. IN‐SEASON ADAPTATIONS TO INTENSE INTERMITTENT TRAINING AND SPRINT INTERVAL TRAINING IN SUB‐ELITE FOOTBALL PLAYERS (2019). Scandinavian journal of medicine & science in sports, 29(5), 669-677.

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