Per Adriano – CONSULTA UNIVERSITARIA DEL CINEMA

Per Adriano

di Giacomo Ravesi

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Adriano Aprà è stato per me un faro. Forse anche per quel suo sguardo: gli occhi chiari, spalancati sul mondo che guardano lontano.

E pensare che nei miei primi ricordi era esclusivamente una voce, quella perentoria e professorale che rispondeva al telefono di casa quando chiamavo la “professoressa” Stefania Parigi, sua moglie, per avere aggiornamenti sulla mia tesi di laurea. Tutto il valore delle sue attività come direttore artistico di festival, di critico cinematografico, di regista, di operatore culturale, di docente universitario e di curatore e traduttore di testi di cinema fondamentali, si condensavano in quella ferma e decisa voce telefonica che non lasciava spazio a conversazioni e che smuoveva in me ulteriori timori e reverenze.

Tutto ciò si è dissolto immediatamente quando sul finire degli anni Zero del Duemila ho iniziato a collaborare con lui per gli Eventi Speciali della Mostra Internazionale del nuovo cinema di Pesaro. In quegli anni, infatti, Aprà aveva iniziato a coinvolgere nella scrittura dei saggi per i consueti volumi editi da Marsilio e dedicati ad autori del cinema italiano, come Ermanno Olmi, Luigi Comencini, Marco Bellocchio, Alberto Lattuada, Bernardo Bertolucci, numerosi giovani laureati di cinema. Aveva bisogno di occhi nuovi. È lì che forse l’ho “visto” veramente per la prima volta. Nulla del peso del suo ruolo e del suo passato, così come della sua carica istituzionale e accademica, ma solo il desiderio di trovare uno sguardo rinnovato verso il cinema e le sue innumerevoli trasformazioni. Del resto, mi colpì molto quando una volta mi raccontò  che a lui poco più che ventenne Pier Paolo Pasolini aveva chiesto di visionare e commentare una copia lavoro di Uccellacci e uccellini (1966). Da quel momento era probabilmente divenuto il suo metodo.

Aprà è stato, infatti, tra le persone intellettualmente più libere e sincere che io abbia mai incontrato in questa professione. Non aveva alcun pregiudizio e soprattutto sentiva categoricamente la necessità di un confronto interpretativo e generazionale, al fine di sviluppare prospettive critiche inedite attraversando territori di ricerca in cui si manifestava il nuovo. E fu così, che con nostra estrema sorpresa, decise di dedicare nel 2013 l’Evento Speciale della Mostra di Pesaro al cinema italiano contemporaneo “fuori norma”: un’intuizione critica – che sarebbe presto divenuta anche una fortunata “etichetta”, da molti ripresa – nata dal desiderio di rintracciare una via sperimentale e delle matrici formali eccentriche e alternative nella nostra cinematografia. Ricordo benissimo la sua ricerca smodata di autori, movimenti, pratiche ed esperienze che superassero in varie forme la dimensione del “film” e le pratiche industriali, per disperdersi nei flussi del video, delle arti visive, dell’animazione, del video musicale, del documentario d’autore. E anche qui Aprà apriva il confronto: richiedendo segnalazioni, inviando link, masterizzando dvd, riempiendo hard disk, contattando e conoscendo registe e artisti da tutta Italia. E noi con lui, in questo suo laboratorio del nuovo.

La rassegna con relativa pubblicazione di Pesaro aveva aperto una dimensione più propriamente militante. Fuorinorma (da quel momento in poi sempre nella dicitura tutta unita) divenne un’associazione culturale che, dal 2017 fino allo scorso dicembre 2023, ha promosso un festival espanso e aperto a nuove forme stilistiche ma anche distributive e di fruizione. Numerose sono state infatti le sale cinematografiche, i Musei, le associazioni, gli spazi autogestiti in Italia e all’estero dove si sono organizzati programmi di proiezione, performance, spettacoli live, dibattiti, incontri di approfondimento nella forma del Simposio, come lui amava definirli. Ma Fuorinorma è, ancor oggi, soprattutto una grande comunità di autrici e autori, critici, programmatori, curatori, esperti del settore che amano il cinema e hanno voglia di studiarlo e di mostrarlo per continuare ad amarlo condividendone l’esperienza e agendo sulla società intesa come singoli spettatori e non come un pubblico generico e anonimo.

A mio giudizio una delle grandi rilevanze della sua pratica era quella di intendere, di fatto, la critica, la ricerca e la militanza culturale come esperienze trasversali ed estese che si contaminavano e alimentavano vicendevolmente. Per Aprà c’era una continuità assoluta tra lo scrivere e il creare riviste di cinema («Cinema&Film» su tutte), stilare programmi di rassegne e retrospettive (quelle su Mizoguchi e Hawks per la Biennale Cinema), dirigere Festival (Salso Film&Tv [1977-1989], Nuovo Cinema di Pesaro [1990-1998]), programmare nei Cineclub (la storica conduzione Aprà-Ungari del Filmstudio di Roma), archiviare memorie cinematografiche (la direzione della Cineteca Nazionale di Roma [1998-2002]). Del resto la sua instancabile curiosità e voracità lo aveva spinto a muoversi fin dentro il web e oltre: come dimostrano i suoi progetti di critica ipermediale ispirati dalle tesi di Barry Salt (che stava traducendo in italiano) e realizzati all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, così come il vivido interesse, che aveva intenzione di sviluppare ulteriormente, verso la critica video-saggistica, come testimonia il pionieristico (per l’Italia) evento Critofilm. Il cinema che pensa il cinema, realizzato sempre alla Mostra di Pesaro nel 2016.

È indubbio che con Adriano Aprà si spegne una grande luce degli studi sul cinema e il suo oltre: un punto di riferimento imprescindibile e trasversale, anche a generazioni molto distanti, per rigore e creatività di ricerca, di studio e di metodo. Ma voglio continuare a pensare, come dimostrano con estrema lucidità e dolcezza i testi della rubrica Fuori norme che ha pubblicato recentemente sul supplemento Alias de «Il Manifesto», che la sua indagine (così come le sue catalogazioni e archiviazioni private) continueranno “a esserci – come amava ripetere – a futura memoria”.

Poiché, caro Adriano, il tuo sguardo ha liberato veramente molti occhi. Che oggi vogliono, sempre di più, continuare a vedere.

Giacomo Ravesi

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