Peta scrive a Chiara Ferragni: «Via le pelli dal tuo guardaroba, scegli una moda vegana» | Corriere.it

Peta scrive a Chiara Ferragni: «Via le pelli dal tuo guardaroba, scegli una moda vegana»

diAlessandro Sala 

L'associazione animalista internazionale ha inviato un video provocatorio all'imprenditrice digitale chiedendole pubblicamente un passo indietro.  «Anche i consumatori consapevoli vogliono prodotti che non derivino da crudeltà sugli animali»

In un elegante giardino con piscina la festa entra nel vivo. Musica allegra, drink, sorrisi, ospiti in abito da sera. Ed ecco il dono per la festeggiata: una mazza da baseball. Il regalo non è in realtà quello: la mazza le servirà solo per colpire, con gli occhi coperti da una benda, una pignatta sospesa al soffitto e scoprire cosa contiene all’interno. A mano a mano che procedono i colpi, la musica cambia ritmo, rallenta, si incupisce. Qualcosa di rosso schizza sulle mani della giovane protagonista. Un colpo alla volta e la pignatta, che in questo caso è una mucca, cede e svela il proprio contenuto: borsette, portafogli, scarpe e cinture di pelle, mischiate a carne e sangue. Gli ospiti si avventano su quei gadget insanguinati, danno una ripulita e li indossano. A quel punto la giovane della mazza da baseball si toglie la benda dagli occhi e scopre la realtà. 

«E’ esattamente questo che c’è dietro alla produzione di oggetti di pelle» sottolinea Peta (People for ethical treatment of animals), l’associazione animalista internazionale che ha realizzato il video, volutamente provocatorio, per sensibilizzare sulla reale provenienza della materia prima utilizzata per molti accessori della moda. Non solo pelli derivate dall’industria alimentare, ma anche animali allevati o catturati apposta per poi essere scuoiati, come nel caso delle pelli esotiche.

Il video è stato inviato a Chiara Ferragni con una lettera aperta che chiede anche all’influencer di aprire gli occhi e di eliminare la pelle bovina e le altre pelli animali dal suo guardaroba. «Le nostre indagini  – scrive Mimi Bekhechi, vice presidente per l’Europa di Peta - hanno dimostrato che la pelle di origine animale è sempre il risultato di estrema violenza, a prescindere dalla sua provenienza. Proprio come noi, le mucche condividono un legame forte e amorevole con i loro piccoli, e nessuna borsa o giacca può giustificare il trauma della separazione che subiscono o l’orrore del macello. Ti esortiamo a pensare agli animali che sono morti per il tuo guardaroba e a scegliere invece la moda vegana». Le viene poi ricordato che «prendere posizione contro l’uso della pelle sarebbe d’aiuto per contrastare la catastrofe climatica, per il bene dei tuoi figli e delle generazioni future» considerando l’elevato impatto ambientale dell’industria conciaria. E ancora: «I consumatori consapevoli sono sempre più interessati a una moda rispettosa del pianeta, che non sia il risultato di atti di crudeltà verso gli animali, e le appassionate di moda compassionevoli stanno tracciando una nuova strada, sostenendo stili all’avanguardia per i quali nessun animale ha dovuto soffrire».

Non è la prima volta che l’organizzazione chiama in causa Ferragni. Lo scorso anno, in occasione della Festa della mamma, Peta aveva ribattezzato Chia e Fer, le iniziali del suo nome, due coniglietti salvati da un centro di recupero britannico. L’iniziativa, in quel caso, puntava a chiederle pubblicamente di rinunciare alle pellicce. Quest’anno il bis, con l'attenzione spostata sulle pelli.

Per l’imprenditrice digitale non è certo il momento migliore. Dopo le vicende giudiziarie legate al pandoro e alle uova di Pasqua (ieri la prima è stata evocata anche nella relazione annuale dell'Antitrust) era esplosa anche la crisi coniugale, con tutto quello che ne consegue anche a livello di gossip e di retroscena. Per tutti questi motivi negli ultimi mesi è stata piuttosto defilata. Si è fatta vedere poco in pubblico (una delle ultime volte è stato allo stadio di Cremona per assistere alla partita della squadra della sua città) e anche sui social ha tenuto un basso profilo, con uscite centellinate. Ma Peta ha voluto comunque rivolgersi a lei sperando in una risposta che sarebbe anche un modo per uscire dall’angolo con un messaggio in positivo.

Peta nel suo appello segnala che sono più di un miliardo gli animali che ogni anno vengono utilizzati per la produzione di pelle. E le indagini in incognito svolte in vari Paesi hanno evidenziato come soprattutto in certi Paesi non vi siano regole e tanto meno controlli sulle modalità di macellazione e scuoiamento. «In India – evidenzia l’associazione - le code delle mucche vengono regolarmente spezzate e sostanze irritanti come il tabacco e persino il peperoncino vengono strofinati nei loro occhi per costringerle a percorrere distanze fino a 100 km per arrivare al macello». Ma l’India, il cui export per la metà è destinato ai mercati europei, non sarebbe un caso isolato. Secondo Peta «nei mattatoi di tutto il mondo, le mucche vengono gettate su pavimenti insanguinati con le zampe legate. A volte vengono loro amputate le zampe mentre sono ancora coscienti, e alcune sopportano l’agonia di essere scuoiate vive, mentre altre vengono colpite alla testa prima che venga loro tagliata la gola. Le mucche vengono ripetutamente fecondate per ave re i piccoli, e i loro vitellini, terrorizzati, vengono strappati alle loro mamme subito dopo la nascita: qualsiasi oggetto etichettato come “pelle di vitello” proviene dal violento rapimento e macellazione di questi cuccioli». 

19 aprile 2024 ( modifica il 19 aprile 2024 | 10:08)