L'articolo 1393 com e il procedimento disciplinare.

 

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Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale - Art. 1393 Com e assoluzione in sede penale

Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale - Art. 1393 Com e assoluzione in sede penale

Una delle questioni più dibattute è quella relativa al rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare nel codice dell’ordinamento militare. In particolare, l’art. 1393 del D. Lgs. 66 del 2010 disciplina una serie di ipotesi che meritano trattazione separata. In questo articolo, dello studio degli Avvocati Carbutti e Maiella, esperti in diritto militare e in procedure disciplinari, affronteremo quali siano le conseguenze sotto il profilo disciplinare relativamente ad una assoluzione con formula piena nel procedimento penale. Capiremo, infatti, se l’amministrazione può aprire il procedimento disciplinare ed in quali casi può farlo. Inoltre, si vedrà quali sono le conseguenze di una sanzione disciplinare illegittima e come proporre un valido ricorso al TAR competente.

Come detto la norma di riferimento è rinvenibile nell’art. 1393 del Codice dell’Ordinamento militare, così come riformato dapprima dalla L. 7 agosto 2015, n. 124, e poi dal D. Lgs. 26 aprile 2016, n. 91.

Tali normative hanno infatti modificato profondamente l’art. 1393 del Codice dell’Ordinamento Militare nella parte in cui disciplina il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, facendo venir meno la cosiddetta pregiudiziale penale.

In particolare, nella sua nuova formulazione, l’art. 1393 del C.o.m. ha introdotto come regola generale quella secondo la quale il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, sia proseguito e concluso anche in pendenza di procedimento penale.

Questa regola sembrerebbe inderogabile nel caso di esercizio dell'azione disciplinare per infrazioni di minor gravità estranee al rapporto di servizio e, pertanto, in tali ipotesi non sono ammessi la sospensione o il rinvio del procedimento disciplinare.

Le uniche due eccezioni riguardano:

– infrazioni di maggior gravità, laddove si riscontri particolare complessità dell'accertamento o qualora, all’esito degli accertamenti preliminari, non si disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, è ammesso il rinvio del procedimento;

 – atti e comportamenti compiuti dal militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio. Quest’ultima ipotesi esclude la possibilità di avviare il procedimento disciplinare e obbliga a sospendere quello già avviato.

Ma cosa si intende per “svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio”?

È evidente che in tali casi venga richiesto un nesso di strumentalità diretto tra l’adempimento del dovere ed il compimento dell’atto rimproverato al militare. Per tale ragione sarebbero escluse tutte quelle azioni che, ancorché compiute in orario e luogo di servizio, attengono esclusivamente alla sfera individuale del soggetto perché in nessuna misura idonee a realizzare un interesse o un fine proprio dell’Amministrazione.

Dopo questa necessaria premessa sulla disciplina generale dell’art. 1393, affrontiamo una delle ipotesi più interessanti e che riguarda una sentenza penale di assoluzione. In tal caso l’Amministrazione può avviare il procedimento disciplinare per gli stessi fatti per i quali è intervenuta una sentenza irrevocabile di assoluzione ?

Dipende…

Per affrontare correttamente la questione occorre analizzare dapprima l’art. 653 c.p.p., il quale regola l’efficacia della sentenza penale irrevocabile di assoluzione e di condanna nel giudizio disciplinare

In particolare, l’art. 653 c.p.p. stabilisce che:

- la sentenza di assoluzione “ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso” (comma 1);

- la sentenza di condanna “ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso” (comma 1-bis).

La disposizione di cui al comma 1 dell’art. 653 cpp vincola dunque l’Amministrazione a ritenere soddisfacente il giudizio del Giudice Penale e quindi le formule assolutorie “perché il fatto non sussiste” e “perché l’imputato non lo ha commesso” precludono l’azione disciplinare da parte dell’Amministrazione.

L’azione disciplinare sarà, invece, possibile se la sentenza di proscioglimento contiene una delle sottostanti formule:

Sentenza di non doversi procedere:

  • perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non doveva essere proseguita (art. 46959 c.p.p., art. 529, commi 1 e 260, c.p.p.) per difetto di una condizione di procedibilità o in applicazione del principio ne bis in idem.
  • per estinzione del reato (per amnistia, prescrizione, ecc. – art. 469 c.p.p., art. 531 c.p.p., commi 1 e 262);
  • in quanto l’imputato non è punibile per particolare tenuità del fatto (comb. disp. art. 469, comma 1-bis63, c.p.p., e art. 131-bis c.p.).

Sentenza di Assoluzione:

  • perché “il fatto non costituisce reato” o “non è previsto dalla legge come reato” (art. 530, comma 1, c.p.p.);
  • per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle prove (art. 530, comma 2, c.p.p.);
  • perché il fatto è stato commesso in presenza di una delle cause di giustificazione di cui agli artt. 50 ss c.p. e 4, comma 1-sexies65, D.L. n. 152/ 2009, convertito con modificazioni dalla L. n. 197/ 2009;
  • I fatti oggetto dell’azione disciplinare non coincidono con quelli oggetto dell’accertamento in sede penale (ossia con le fattispecie di reato per le quali è stata formulata l’imputazione);
  • È stato emesso un provvedimento di archiviazione, per il quale si deve, comunque, provvedere al vaglio disciplinare dei fatti che determinarono l’iscrizione della notizia di reato.

L’archiviazione, infatti, può essere pronunciata:

  • per infondatezza della notizia di reato (art. 408 c.p.p.);
  • per la mancanza di una condizione di procedibilità, per la rilevata non punibilità per particolare tenuità del fatto, per estinzione del reato o perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (art. 411 c.p.p.).

Ipotesi, dunque, che non escludono che il fatto commesso possa avere rilevanza disciplinare.

Per consulenza o per assistenza legale nel procedimento disciplinare di stato o in quello penale, CONTATTA lo studio legale degli Avvocati Carbutti e Maiella a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure via Telefono, WhatsApp o Telegram chiamando il 351- 8799894 (avv. Maiella) oppure 345 - 2238661 (avv. Carbutti).

 

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