Cinema e tennis: da Woody Allen a Challengers

Dal 1977 al 2024. Alcuni degli incontri e scontri più celebri tra il tennis e il cinema, tra Woody Allen, George Miller, Wes Anderson e Luca Guadagnino

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Sono trascorsi diversi giorni ormai dall’uscita nelle sale del dramma sportivo, Challengers diretto da Luca Guadagnino. Ripercorriamo dunque le tappe degli incontri tra cinema e tennis, sport sfruttato nel corso degli anni da diversi autori che hanno saputo cogliere interessanti dinamiche psicologiche e narrative, restando in bilico tra regole sportive, sovrainterpretazione, contaminazione tra generi e finzione cinematografica.

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Se riflettendo sul rapporto tra cinema e tennis, non può che tornare immediatamente alla memoria dello spettatore Match Point di Woody Allen, cioè quella palla sulla rete che diviene una metafora estremamente concreta sulla fortuna e le scelte del caso, è bene ricordare che Allen anche ventotto anni prima, nel 1977, sceglie il tennis come sport e luogo chiave di un incontro. Niente più fortuna, si parla d’amore. Infatti è proprio su un campo da tennis, a seguito di un incontro di doppio, che Alvy Singer (Woody Allen) ed Annie Hall (Diane Keaton) prendono a frequentarsi, dando inizio a una delle storie d’amore più iconiche, esilaranti e malinconiche della storia del cinema, quella che è al centro di Io e Annie.

Io e Annie. Il cinema di Woody Allen e il tennis. Cinema Vs Tennis. Ciò che è stato prima di Challengers

Dieci anni più tardi, George Miller, dopo la prima trilogia di Mad Max, dà vita a un doppio di tennis piuttosto atipico, che tra i toni del grottesco, del fantasy e della commedia surreale, vede scontrarsi tra loro niente meno che Jack Nicholson, Michelle Pfeiffer, Susan Sarandon e Cher, protagonisti del cult basato sull’omonimo romanzo di John Updike, Le streghe di Eastwick. Tra fulmini, palle sospese in aria, colpi bassi e un tennis che si fa sempre più ping pong cartoonesco, Miller si serve del campo da gioco come luogo di incontro tra l’improvvisa consapevolezza d’un potere incontrollato e il libero sfogo di una magia sempre più divertita ed esilarante.

 

È il 2001, quattordici anni più tardi dunque, quando Wes Anderson, al terzo film da regista dopo Un colpo da dilettanti e Rushmore, racconta la disfunzionale, malinconica, eppure adorabile famiglia Tenenbaum, che si compone di maghi della finanza, commediografi di successo e campioni di tennis.

Richie (Luke Wilson), vincitore per tre anni consecutivi del campionato nazionale juniores di tennis degli USA, non si dà pace, a causa del folle amore per Margot (Gwyneth Paltrow), apparentemente non corrisposto. Perciò rinuncia più volte al suo sport, dunque alla sua unica possibilità di successo, tra tentativi di suicidio e crolli psicologici, fino al lieto fine e al grande ritorno sul campo da gioco, seppur questa volta nel ruolo di insegnante e non più di campione.

Anderson, pur non concentrandosi granché sulle dinamiche del tennis, ne osserva le mode, focalizzandosi sull’estetica del vestiario e degli accessori: racchette, polsini, fascette e così via. Dando inizio, dapprima involontariamente e poi sempre più consapevolmente, a un fenomeno che di lì a qualche anno avrebbe influenzato l’immagine pubblicitaria dei marchi tennistici, dalla Dunlop alla Wilson, fino ad Asics, Head, Babolat e così via.

I Tenenbaum. Cinema e tennis

Se i casi precedenti hanno senz’altro fatto storia, non molti ricordano invece Wimbledon, commedia romantica del 2004 diretta da Richard Loncraine, liberamente ispirata alla storia di Goran Ivanišević, che riunisce due volti noti quali Paul Bettany e Kirsten Dunst. Seppur favorito l’intreccio amoroso, il film di Loncraine torna più volte sul campo da gioco, osservando efficacemente alcune delle dinamiche principali del tennis, tra dinamismo, solitudine, conflittualità e perfino seduzione.

Il 2017 e il 2021, poi, si dimostrano annate piuttosto prolifiche per il racconto cinematografico del tennis.

Wimbledon. Il film

Si rincorrono infatti titoli come La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris – ancora una volta la dinamica sportiva viene messa da parte, favorendo comicità e narrazione – , Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen, adrenalinico e tensivo biopic quasi interamente ambientato sul campo da gioco, e Una famiglia vincente – King Richard di Reinaldo Marcus Green, dramma familiare centrato sull’ascesa all’olimpo delle sorelle Williams, in cui protagonista assoluto è il padre-padrone interpretato da Will Smith (premio Oscar in quella discussa cerimonia del 2022).

King Richard - Una famiglia vincente

Due cose sono certe. La prima, cinema e tennis non si sono mai scontrati frequentemente. La seconda, Challengers di Luca Guadagnino ci ha permesso di osservarne dinamiche e retroscena come mai ci era stato concesso prima, tra seduzione, tensione fisica e sessuale, manipolazione e adrenalina.

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