"Di me sono state create due immagini. Sono una pazza, una mezza pazza, un’eccentrica. Ho abitudini dissolute: una comunista raccontava, nel 1945, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti. Ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale, ecc. Con i tacchi bassi, i capelli tirati, somiglio a una patronessa, a un’istitutrice -nel senso peggiorativo che la destra dà a questa parola-, a un caposquadra dei boy-scout. Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello". È questo l'ironico ritratto che Simone de Beauvoir lascia di sé. Le foto la raffigurano seduta con Jean-Paul Sartre e gli altri intellettuali nei caffè parigini di Saint Germain, mostrandoli avvolti in una nuvola di fumo con una Gitanes o una Gauloises tra l'indice e il medio, davanti a un posacenere pieno di mozziconi e un cognac da sorseggiare. Ma al di là dell'iconografia e dei cliché, è la scrittura a caratterizzare la vita di Simone de Beauvoir, icona del femminismo, infaticabile smascheratrice di ogni pregiudizio di genere.
Simone de Beauvoir nasce a Parigi il 9 gennaio del 1908 da Georges e Françoise de Beauvoir. La sua è una famiglia alto borghese, ma Simone de Beauvoir impara molto presto a doversi rimboccare le maniche: cresciuta nell’agio, vede questo modo di vivere sgretolarsi in seguito alla bancarotta del nonno. A Parigi è una studentessa modello, appassionata, zelante. Ama particolarmente la letteratura classica francese e i surrealisti, ma divora anche resoconti di viaggio. Riceve un'educazione molto rigida all'istituto cattolico Désir ed è qui che conosce Elisabeth Mabille, detta Zaza, che diventa subito sua compagna inseparabile. "Lei mi fece abbandonare il mio personaggio di bambina giudiziosa, mi insegnò l'indipendenza e l’irrispettosità". La sua vocazione ribelle viene alimentata da una madre con un’educazione e una morale rigide e tradizionali, che contrastano con la realtà che la scrittrice sta incontrando nei libri, nell’amicizia con Zaza e all’università. Si convince allora che cominciare a lavorare per mantenersi sarebbe stato il primo passo per l’emancipazione e fa di tutto per terminare l’università con un anno di anticipo rispetto ai suoi colleghi. Frequenta corsi di filosofia alla Sorbona, si laurea, ottiene l’idoneità all’insegnamento e per alcuni anni fa l'insegnante. Durante gli anni universitari ha l’occasione di confrontarsi con gli intellettuali di punta dell’epoca, da Merleau-Ponty a Lévi-Strauss, e soprattutto fa l'incontro della vita: quello con Jean-Paul Sartre.
"Lo sa che mi chiamava castoro? Quando ho conosciuto Jean-Paul studiavamo alla Sorbona e un amico comune ci ha presentati. Lo trovai un ragazzo insolito, intelligente. Riusciva a ribaltare e a vanificare ogni mio ragionamento sull’esistenza. Era un filosofo. Per la prima volta mi sentivo dominata da qualcuno. Era l’unico che riusciva a confondermi". Simone de Beauvoir è per oltre cinquant'anni la sua consigliera, il suo critico e anche la sua interlocutrice preferita. Si racconta che Sartre le propose un patto, una sorta di accordo reciproco rinnovabile ogni due anni che stabiliva un rapporto privo di vincoli ma con alla base una fedeltà reciproca. Il loro rapporto intellettuale e sentimentale si fondava sul diritto alla poligamia, sull'obbligo della trasparenza e probabilmente anche sulla metodicità: ogni mattina Simone de Beauvoir lavora da sola a casa e raggiunge Sartre a pranzo; nel pomeriggio lavorano insieme in silenzio nell'appartamento di lui, mentre la sera frequentano, sempre insieme, eventi letterari o culturali oppure ascoltano la radio a casa di Simone de Beauvoir.
Nel 1949 Simone de Beauvoir pubblica Il secondo sesso, in cui parla di aborto, sessualità, prostituzione e maternità. "Il mondo è sempre appartenuto agli uomini": esordisce così l’opera che nelle sue quasi mille pagine contiene tutto ciò che significò la terza ondata del femminismo. Scrive: "C’è una strana malafede nel conciliare il disprezzo per le donne con il rispetto di cui si circondano le madri. È un paradosso criminale negare alla donna ogni attività pubblica, precluderle la carriera maschile, proclamare la sua incapacità in tutti i campi, e affidarle l’impresa più delicata e più grave: la formazione di un essere umano".
In questi anni Simone sostiene la rivoluzione studentesca parigina, prende parte alle manifestazioni organizzate dal movimento femminista, fonda la Lega per i diritti delle donne, di cui nel 1974 diventa presidente. Nasce Choisir, associazione a difesa delle donne accusate del reato di aborto -fino agli anni Venti punibile con la pena capitale- e porta avanti la battaglia sul divorzio, anche questo giudicato reato penale.
Simone de Beauvoir scompare il 14 aprile del 1986 e viene seppellita nel cimitero di Montparnasse accanto al suo compagno di vita Jean-Paul Sartre. A chiusura della sua autobiografia fa una sorta di bilancio la sua attività di scrittrice: "Non sono stata una virtuosa della scrittura. Non ho resuscitato il baluginare delle sensazioni e catturato in parole il mondo esterno come Virginia Woolf, Proust, Joyce. Ma il mio scopo non era questo. Volevo farmi esistere per gli altri comunicandogli nel modo più diretto il sapore della mia vita: vi sono abbastanza riuscita".