Recensione Un gelido inverno - Winter's bone

Recensione Un gelido inverno - Winter's bone

Recensione del film candidato a 4 premi Oscar

Recensione Un gelido inverno - Winter's bone
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"Per dare il via a questo progetto, la produttrice Anne Roselini e io abbiamo incontrato Daniel Woodrell nella sua casa a sud del Missouri, per poi iniziare le ricerche con lui. Abbiamo visionato cantine e case di tutti i tipi, fotografando cortili, dimore e boschi. Katie Woodrell, moglie di Daniel, ha organizzato vari incontri con cantanti, narratori, studiosi del folklore ed esperti della cultura Ozark, passata e presente. Abbiamo inoltre avuto una lunga e commovente discussione con lo sceriffo del posto, che ci ha parlato del problema della diffusione delle anfetamine negli ultimi due decenni. Dopo quest'incontro, eravamo veramente soddisfatti e illuminati. Abbiamo capito che, per andare avanti nel nostro progetto, avremmo avuto bisogno di una guida, una persona del posto che potesse introdurci in maniera adeguata alla comunità, per fare in modo che la gente si convincesse a collaborare con noi".
Regista di Down to the bone (2004), che ha ottenuto il premio della critica internazionale al Vienna Film Festival e il premio per la miglior regia presso il Sundance Film Festival, Debra Granik racconta così la genesi della sua opera seconda Un gelido inverno, tratta dall'omonimo romanzo scritto da Daniel Woodrell ed edito in Italia da Fanucci.
Opera seconda incentrata sulla figura della diciassettenne Ree Dolly, la quale, con le fattezze della Jennifer Lawrence di The burning plain-Il confine della solitudine (2008), si avventura in una pericolosa missione alla ricerca di suo padre, scomparso nel nulla dopo aver impegnato la casa di famiglia per pagarsi la cauzione ed uscire di prigione, perché, se l'uomo non si presenterà al più presto in tribunale, l'abitazione verrà confiscata.

Vieni, c'è una strada nel bosco...

Quindi, con la protagonista che, posta di fronte al rischio di ritrovarsi tra i boschi dell'altopiano di Ozark senza un tetto, sfida l'omertà della gente e mette a repentaglio la propria vita per salvare la famiglia, è un dramma vestito da thriller naturalistico quello che prende progressivamente forma.
Un dramma che, girato con la camera RED costruito su lenti ritmi di narrazione, provvede in particolar modo a descrivere a dovere le abitudini e lo stile di vita delle società rurali americane, spesso covo insospettabile di orrori e nefandezze, come ci ha insegnato un po' tutto il cinema horror da Non aprite quella porta (1974) in poi.
Perché, del resto, pur non rientrando nel genere che ha regalato la popolarità a personaggi quali Dracula o Freddy Krueger, il film della Granik sembra lasciarne intravedere un certo retrogusto, testimoniato soprattutto dall'ambiguità di alcuni personaggi che, appunto, finiscono per generare una certa tensione, stimolando nello spettatore la curiosità nei confronti di ciò che dovrà accadere.
E, mentre Ree si trova a non accettare bugie, sotterfugi e minacce dei parenti per scoprire la verità, contribuisce la fotografia di Michael McDonough ad enfatizzare la necessaria, fredda atmosfera atta ad avvolgere i circa 100 minuti di visione.
Il maggiore pregio di un'operazione che, in fin dei conti nella media, si regge per intero sull'ottima prova del cast, di cui, oltre alla sorprendente Lawrence, merita la citazione il John Hawkes che ne interpreta lo zio Teardrop, il quale già sfoggiava la stoffa del grande attore ai tempi in cui finiva ucciso da George Clooney e Quentin Tarantino nel prologo di Dal tramonto all'alba (1996).

Un gelido inverno-Winter's bone Candidato all’Oscar nelle categorie film, attore non protagonista, attrice protagonista e sceneggiatura non originale, arriva nelle sale cinematografiche italiane il secondo lungometraggio diretto da Debra Granik, vincitore del gran premio della giuria e del riconoscimento per la miglior sceneggiatura dedicato a Waldo Salt al Sundance Film Festival. Tratto dal fortunato romanzo di Daniel Woodrell Un gelido inverno, un dramma d’ambientazione rurale che, immerso in una certa atmosfera da thriller, finisce però per reggersi soprattutto sulle ottime performance dei protagonisti. Per il resto, al di là dello spiazzante epilogo, quella che si respira è un’aria di matrice profondamente letteraria. E ciò, non è detto che sia un difetto.

6

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