Ligabue 30 anni in un giorno: un viaggio lungo trent'anni diventa un film

Ligabue 30 anni in un giorno: un viaggio lungo trent'anni diventa un film

Musica

Bruno Ployer

Arriva al cinema "30 anni in un giorno", il concerto di Campovolo 2022 che è la storia di una carriera raccontata da Liga e dai suoi musicisti. I prossimi live dell'artista emiliano saranno il 5 luglio allo stadio San Siro di Milano e il 14 luglio allo stadio Olimpico di Roma

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Tutto si svolge a Campovolo, posto dei sogni e della loro realizzazione. I 30 anni in un giorno del titolo del film sono quelli della carriera di Ligabue, festeggiati con un mega concerto dopo le lunghe chiusure dei luoghi di spettacolo per la pandemia. L’evento era alla RCF Arena il 4 giugno 2022 e c’erano 100.000 spettatori. Proprio in questa atmosfera di liberazione si apre il film-documentario di Marco Salom, nei cinema il 20, 21, 22 marzo. Con una struttura semplice e chiara le due ore circa si dividono tra le 29 canzoni del concerto e le interviste ai musicisti di Ligabue, ai suoi collaboratori e ai sei big ospiti dell’evento: Loredana Bertè, Francesco De Gregori, Eugenio Finardi, Gazzelle, Mauro Pagani ed Elisa.

Filo conduttore del film è l’intervista a Ligabue. Il cantautore parla di sé e dei suoi ricordi, del suo pubblico, degli amici e colleghi presenti o che non ci sono più, della sua famiglia, degli artisti che hanno segnato il suo percorso nella vita e nella carriera. 30 anni un giorno è una festa e una (auto)biografia in forma cinematografica, raccontata con parole e canzoni "In parte lo è –ci spiega Ligabue- se non altro è l’autobiografia della mia storia professionale, perchè quella della mia vita l’ho già scritta. Questo era il concerto che doveva provare a raccontare e sintetizzare la storia di trent’anni e tutto ciò ci ha suggerito di vedere cosa c’era negli spazi fra le canzoni. Effettivamente il film, oltre a testimoniare quel concerto, racconta cosa sono stati i miei trent’anni di carriera, ma in modo particolare racconta l’emozione che ci ha portati lì. Le riprese fatte fuori dal palco sono realizzate nei giorni prima del concerto: avevamo accumulato tutta la frustrazione del mondo per non averne fatto nei tre anni precedenti. C’erano impazienza, rabbia e anche ansia da prestazione, cercavamo di essere all’altezza di quel concerto, facendo i conti anche con la lunga assenza dal palco. Un docu-film deve fare questo: documentare l’emozione di un momento".

Tra le canzoni del film c’è Il mio nome è mai più. L’avevi scritta nel 1999 con Jovanotti e Pelù contro le guerre nell’ex Yugoslavia. Oggi scriveresti un’altra canzone per la pace?
No, perché vale ancora quella. So cosa producono guerra, distruzione e armi e so benissimo anche che se sei attaccato hai bisogno di difenderti. Se non fosse così adesso probabilmente saremmo tedeschi. Continuo però a pensare che se non si mette al centro del pensiero umano un valore come la pace,  il rischio è che questa tanto paventata modernità si risolva sempre con guerre. Questa la sentiamo in modo particolare, come quella di quando abbiamo scritto il pezzo: si svolgeva a 400 chilometri dalle nostre coste. Ce ne sono però almeno un’altra cinquantina in corso nel mondo. Finche non ci sarà un’evoluzione e si troverà un modo di accordarsi, credo che sarà sempre un fallimento umano".
Hai celebrato un anniversario importante: 30 anni di carriera. Oggi il successo va e viene in maniera molto veloce. Secondo te fra gli artisti di oggi ce ne sono molti che fra trent’anni potranno festeggiare il trentennale?
Questo ovviamente non posso saperlo. Credo però di poter dire di aver vissuto un periodo in cui la musica andava meno veloce, in cui non venivi assaltato da un gran numero di uscite quotidiane. Per un verso è un fatto democratico perché permette a tantissimi di potersi esprimere, ma dall’altro non so con quale criterio uno riesca ad emergere veramente in mezzo a tanti, non so con quali strumenti oltre alla qualità, che ci deve essere sempre e comunque. Da ascoltatore faccio un po’ fatica a tenermi informato su ciò che sta uscendo. Il mio ex capo della casa discografica mi diceva che escono fino 65.000 pezzi al giorno: ci si arrende di fronte a questo, però c’è anche da dire che la musica trova il modo di raggiungerti. Ascolto ancora bella musica, che mi raggiunge in un modo o nell’altro. Questo però non mi fa capire il futuro. Il mio augurio è che le canzoni facciano sempre quello che devono fare, cioè tenere compagnia e produrre l’emozione che serve alla gente per divertirsi, emozionarsi, ballare, sentirsi meno soli.”

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