The Eternal Daughter, di Joanna Hogg

Hogg mette in scena il rapporto con la madre in un film dalle atmosfere affascinanti ma trattenuto. Perfetta Tilda Swinton nel doppio ruolo di figlia e madre. Concorso

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Joanna Hogg prosegue un discorso già intrapreso nei suoi precedenti Exhibition e The Souvenir, riflettendo sulla famiglia e le sue differenti declinazioni. E anche stavolta parte dalla propria storia personale, mettendo al centro del racconto il rapporto madre-figlia. In The Eternal Daughter la protagonista Julie è una regista che vorrebbe scrivere un film sulla madre, come tributo e processo catartico. Per farlo le due tornano nella magione di famiglia in cui l’anziana è cresciuta, nel frattempo trasformata in hotel. Un luogo fantasmatico, immerso in una nebbia densissima, ogni notte sorvegliato dalla luna piena. A condurre l’attività solo una giovane e indisponente receptionist e il custode, senza nessun altro ospite a occupare le stanze.

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Il film procede come un lungo tête-à-tête in cui lentamente le due protagoniste (entrambe interpretate da Tilda Swinton) si disvelano nel racconto di segreti di famiglia ed emozioni a lungo trattenute. Oltre all’elemento autobiografico, il film condivide coi precedenti lavori l’attenzione agli ambienti, per la maggior parte gli interni dell’albergo, in cui si concentra la maggior parte dell’azione e che acuisce la sensazione di mistero, mescolato, forse fino a confondersi, al flusso di ricordi d’infanzia che Julie è pronta a registrare sul proprio cellulare.

Hogg segue Swinton muoversi tra stretti e angusti corridoi, attraverso porte che si richiudono alle sue spalle, tra mobili e moquette impolverati tipici delle case abbandonate. Come nei suoi precedenti lavori, l’ambientazione diviene fulcro fondamentale della narrazione, punto di accentramento e d’incontro, a tutti gli effetti terzo protagonista del film, al contempo spazio altro, dimensione sospesa, limbo dantesco in cui depositare pesi e segreti prima del passaggio definitivo. Uno spazio dell’anima, che nel caso di Hogg-Julie sembra essere infestato da ricordi sopiti.

Perfetta Tilda Swinton nel doppio ruolo di figlia e madre, che già in passato ci ha abituati a ruoli “inumani”, aliena e vampira, e quindi non improbabile fantasma. Ma nonostante il fascino visivo e le suggestioni dell’ambientazione, come il film che Julie tenta di scrivere, anche The Eternal Daughter può apparire trattenuto, un progetto in potenza che non riesce a trovare un definitivo compimento, complici anche i continui dialoghi mai veramente risolutivi che si sostituiscono quasi completamente all’azione. Fino all’epilogo finale (che assume ancora più significato sapendo che la madre della regista è mancata proprio durante il montaggio del film), momento di agognato respiro e pacificazione.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
3.8 (5 voti)
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