The Bourne Legacy Recensione

The Bourne Legacy - la nostra recensione del film

09 agosto 2012
3.5 di 5
4

La saga di Bourne prosegue con il nuovo protagonista Jeremy Renner, efficiente come Matt Damon.



L'ex-agente segreto Jason Bourne ha scoperchiato il vaso di Pandora al termine di The Bourne Ultimatum. L'illegale programma medico e di addestramento che ha generato i superagenti, l'operazione Blackbriar, sta per essere rivelato all'opinione pubblica, e la CIA punta alle pulizie di primavera: vanno eliminati gli agenti come Bourne e i laboratori in cui i farmaci necessari al programma sono stati prodotti. L'operazione condotta dal colonnello Eric Byer (Edward Norton) trova però uno stop davanti al ribelle Aaron Cross (Jeremy Renner), che non accetta di essere terminato e che scappando coinvolge nella fuga la scienziata Marta Shearing (Rachel Weisz), ignara condannata a morte dai poteri occulti.

L'originale trilogia di Bourne, basata sui romanzi del ciclo scritti dal maestro del genere Robert Ludlum, ha rappresentato un evento nel cinema d'azione recente: specialmente il secondo e il terzo film, diretti da Paul Greengrass, hanno restituito al pubblico il piacere di lotte e inseguimenti improntati a una fisicità concreta ma non per questo meno spettacolari.
Trascorsi cinque anni, la Universal ha pensato bene di riavviare la saga, optando per una via di mezzo tra un sequel e un reboot. Si cambia protagonista: la star in ascesa Jeremy Renner, già rodata come spia in Mission Impossible Protocollo Fantasma, prende il posto di Matt Damon senza cancellarne il ricordo, seguendone la scia ma proponendosi come una versione più umana e meno fredda di quest'ultimo. Rachel Weisz, che si era misurata con un cinema d'azione molto più scanzonato nella serie della Mummia, interpreta un personaggio femminile classico, più banale di quelli di Franka Potente, Julia Stiles e Joan Allen negli altri capitoli, ma con la statura di coprotagonista.
Tony Gilroy, che dei precedenti era stato cosceneggiatore, si è fatto qui carico anche della delicata regia dopo le sue prove dietro alla macchina da presa con Michael Clayton e Duplicity. Insieme al fratello Dan ha scelto nel copione la strada di una notevole semplificazione: più che agli intrecci della prima trilogia, The Bourne Legacy fa pensare a un Fuggitivo con un protagonista esperto ma altrettanto improvvisatore, e il personaggio di Norton non può non ricordare il Samuel Gerard di Tommy Lee Jones.
La suspense a camere stagne, incentrata solo sui rischi fisici che eroe ed eroina affrontano di scena in scena, ha quindi senz'altro meno respiro epico, ma funziona.
Per due ore e un quarto il film regge, e nella coreografia dell'azione si guarda con umiltà a modelli illustri, contaminando il realismo di Greengrass (arduo da imitare) con stragi e inseguimenti memori del James Cameron dei Terminator o delle motociclette volanti di John Woo.
Unico neo di uno spettacolo solido e divertente è nella premessa: per agganciare logicamente quanto raccontato alla vecchia trilogia, Gilroy deve sottrarre (momentaneamente?) ai buoni il trionfo che tanto ci aveva esaltato al termine di The Bourne Ultimatum.
La legge del sequel impone qualche sacrificio: l'alternativa sarebbe stata un remake/reboot da zero, e forse lo spietato escamotage è il massimo dell'onestà che possiamo aspettarci da una Hollywood dipendente dai franchise.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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