Tentazioni (Ir)resistibili - Recensione - LinkinMovies.it

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Tentazioni (Ir)resistibili - Recensione

Un film che racconta storie di dipendenza, con l’intenzione di far sorridere e allo stesso tempo riflettere, ma dal risultato poco più che mediocre: Tentazioni (Ir)resistibili è visibile unicamente su Sky Pay Per View dal 1 giugno, in seguito arriverà in DVD e sarà disponibile anche in download su iTunes e Poste Mobile Cinema (dal 10 settembre)

Mark Ruffalo, Tim Robbins e Josh Gad interpretano tre uomini molto diversi, ma accomunati da un unico denominatore: sono sessodipendenti. Frequentano per questo motivo una comunità di recupero, in modo da affrontare le diverse fasi di quella che considerano una vera e propria malattia, per provare a risolverla e tornare ognuno a vivere la propria vita.
Il titolo originale di Tentazioni (Ir)resistibili, che segna il debutto alla regia di Stuart Blumberg, è Thanks for Sharing, la tipica frase che sentiamo spesso nei film in cui vengono mostrate scene di riunioni tra alcoolisti anonimi. L’alcoolista saluta il gruppo, si presenta e dopo aver raccontato la sua personale esperienza, tutti gli altri lo ringraziano per aver condiviso. Naturalmente il titolo tradotto in italiano è come al solito lontano anni luce dall’originale, ma purtroppo non è questo l’unico neo che si trova nella pellicola.
Nonostante parliamo di un cast di tutto rispetto (c’è anche Gwyneth Paltrow e la cantante Pink, negli azzeccatissimi panni di una parrucchiera), il film fatica a decollare sin dalle prime scene. I dialoghi sono troppo lenti e a tratti inverosimili, quelle che dovrebbero essere battute di spirito raramente riescono a strappare un sorriso a denti stretti. Lo stesso tema principale, la dipendenza, viene affrontato in maniera esagerata, quasi caricaturale, e i gruppi di recupero sono raccontati in modo da sembrare l’unica soluzione a tutti i mali del mondo (alcool, sesso, etc.). La vita reale, di contro, è troppo difficile da affrontare e persino il più diligente tra i frequentatori del centro non sa gestire i rapporti personali, come ad esempio quello col figlio e con la moglie. Paradossalmente esiste più complicità tra ‘compagni di sventura’ che tra padre e figlio e questo è un elemento piuttosto verosimile.

Soltanto verso il finale succede qualcosa che sembra dare un minimo di scossa alla storia, ma non basta: quasi due ore sono decisamente troppe e per la maggior parte del tempo è la noia ad avere la meglio sul racconto.

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