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L'ospitalità nel mondo greco

Quanto pesano oggi le parole ospitalità e accoglienza?
Quanto pesa oggi il solo pensiero di dover condividere i propri spazi, le proprie abitudini e i propri beni con qualcuno di esterno al nostro ristretto nucleo familiare?
E pensare che a poche migliaia di chilometri, poche migliaia di anni fa, questo concetto era la base di una cultura che ha segnato la Storia.
Ξενία, una parola, un saldo principio, uno stile di vita.
Così gli antichi greci definivano l’ospitalità, un dovere morale nei confronti di un prossimo, uno sconosciuto, che doveva essere accolto come un fratello, un figlio.
Zeus, il dio ospitale per eccellenza, con sua moglie Era, dea delle unioni e dei legami, rappresentavano anche la stretta relazione tra i principi della comunità e la religione.
Quest’ultima concretizzava infatti l’obbligo spirituale, il dovere di ospitare i viandanti e di istituire con essi un rapporto intimo e duraturo.

Accogliere non significava solo offrire alloggio, ristoro o cure a un estraneo, ma voleva dire creare con egli una reciproca fiducia, un mutuo rispetto.
La parola ospite assumeva un significato ben diverso da “colui che invade una sfera protetta” e che quindi assume il ruolo di “invasore” com’è per noi occidentali di oggi; ad Atene, Sparta, Delfi, Corinto e in qualsiasi luogo si visiti tornando indietro nella Grecia di un tempo, si scoprirà che “ospite” non è solo colui che riceve sostegno, ma è anche colui che offre sostegno.
Uno stesso nome che racchiude un legame indissolubile, che una volta istituito sarebbe durato per decenni, secoli e generazioni.
Al momento del saluto le due famiglie compivano un ulteriore rito che esprimesse ciò che era stato creato. Esse prendevano una pietra o un pezzo di legno e, dopo averlo diviso nel mezzo, ne conservavano una parte ciascuno in modo che, ritrovandosi nuovamente in futuro, avrebbero potuto ricongiungere le due metà come manifestazione di un rapporto resistente anche al tempo e alle distanze.
Ricorrenti sono le dimostrazioni di tali principi anche nei testi omerici.
Episodio noto è quello di Glauco e Diomede che, incontrandosi, scoprono un antico legame di accoglienza che accomunava le due famiglie e che essi avrebbero dovuto mantenere e tramandare.
Tuttavia questa così elevata importanza data all’accoglienza si tramuterà in altrettante pesanti conseguenze in caso di infedeltà alla stessa.
Secondo una particolare chiave di lettura, è sul tradimento di un vincolo di ospitalità che si basa l’intero poema dell’Iliade, la cui guerra scaturisce proprio dalla rottura del patto tra Menelao, marito di Elena, e il suo invitato Paride, il quale seduce la moglie dell’anfitrione violando la sacralità della ξενία.
A distanza di oltre due millenni dalla fine dell’epoca greca e, sebbene il termine xenia si riferisca in maniera specifica allo spazio culturale, sociale e religioso della Grecia antica, vi è chi afferma la sopravvivenza di una tradizione di ospitalità, specie nelle civiltà mediterranee, che suggerisce quindi l'esistenza di una connessione culturale della xenia greca in quegli stessi spazi geografici che ne hanno ospitato la civiltà.
Tutto questo ci insegna che a volte dovremmo spegnere i proiettori del futuro, guardare in dietro, osservare il passato e apprendere da esso i veri valori della vita.