La recensione di Song to Song | Cineforum

Terrence Malick

Song to Song

film review top image

A meno di un anno di distanza dalla presentazione di Voyage of Time all’ultima Mostra di Venezia e dalla distribuzione italiana di Knight of Cups, Terrence Malick prosegue con Song to Song il cammino religioso-filosofico di stampo gnostico iniziato con The Tree of Life e To the Wonder

Se da un punto di vista estetico la fluidità della fotografia di Emmanuel Lubezki, l’irrequietezza traballante della camera, il crescente disordine compositivo e la struttura rapsodica della narrazione non possono che confermare un continuum formale, dal punto di vista tematico ciò che lega i lavori in questione, come ha notato per primo Alessandro Baratti, è il tema gnostico della liberazione dello spirito dalla prigione del mondo. Il movimento gnostico ebbe la sua massima diffusione nei primi secoli del cristianesimo e si articola attorno a un’idea dualistica e trascendente della salvezza: vi è un’opposizione inconciliabile tra l’oscurità del mondo materiale e il “pneuma”, la luminosa scintilla divina presente nell’interiorità di ogni individuo. Due poli, dunque, che si articolano attorno all’opposizione tenebra-luce: la gnosi rappresenta la conoscenza, da parte dell’uomo, della propria natura divina strappata al Dio, percorso esistenziale in grado di salvare l’individuo tramite il ritorno al regno nativo della Luce.

In To the Wonder, la contrapposizione tra l’amor sacro di padre Quintana e l’amor profano di Marina si risolveva nel risveglio dell’angoscia: gli afflati panteistici e l’esplorazione spirituale cedevano il passo all’oscurità del mondo che, a causa dei suoi piaceri corruttibili, distoglieva i protagonisti dalla ricerca della scintilla liberatrice; Knight of Cups, invece, può essere considerato la trasposizione simbolica e per immagini di un importante testo gnostico, l’Inno alla Perla. In tal senso, l’avvento di Rick nel mondo tramite l’orgiastica festa iniziale è la prima tappa di un progressivo percorso di liberazione che porterà, come testimonia l’ultimo capitolo del film intitolato Libertà, dall’oscurità paludosa dei piaceri terreni alla purezza della Luce.

Tali richiami sono utili per comprendere la collocazione filosofica di Song to Song. Ambientato ad Austin, in Texas, e girato tra alcuni festival musicali molto importanti (Austin City Limits Festival, South by Southwest, Fun Fun Fun Fest), il film racconta la ricerca di successo del musicista BV (Ryan Gosling), con l’aiuto della compagna cantautrice Faye (Rooney Mara) e del suo produttore Cook (Micheal Fassbender). Tra questi tre personaggi si instaura un complesso intreccio amoroso di tradimenti e illusioni, che coinvolge anche la cameriera Rhonda (Natalie Portman). Malick torna quindi a indagare la meraviglia corruttibile dell’amore, partendo sempre da una prospettiva gnostica: lungi dall’essere elisir della trascendenza, l’amore, soprattutto quando mediato da una figura come quella di Cook, conduce al consacramento della menzogna, al legarsi a un mondo che, complice la sua corruttibile e letargica fascinazione, fa sprofondare i soggetti in una gabbia dalla quale è impossibile uscire.

La dissolutezza e l’abbandono ai piaceri del sesso è il miele avvelenato che Cook, ricco e licenzioso, offre prima a Faye e poi, fatalmente, in una scena eloquente, a Rhonda. E dal momento che la ricognizione da parte dell’individuo della sua origine celeste (quella che nella filosofia gnostica viene chiamata anámnèsis) è costantemente ostacolata da Cook, pensiamo che sia quest’ultimo il personaggio chiave del film. Se in Knight of Cups il cammino di trascendenza di Rick era accostato a quello del “salvatore salvato” della tradizione gnostica, figura con il compito di ristabilire l’unità primitiva delle scintille divine imprigionate nella realtà materiale, in Song to Song troviamo la figura speculare ma negativa di Cook, anch’egli una sorta di salvatore, ma in realtà una presenza dannata e pienamente corrotta. Egli non è, come Rick, l’essere divino destinato a salvarsi, ma la fascinosa figurazione della materia (intesa come colei che inghiotte e trascina nel mondo lo spirito divino) o, per richiamare una delle figure più importanti del pensiero gnostico, il Demiurgo, colui che ha creato il mondo dall’ignoranza e dalla passione, rendendolo così una prigione per il pneuma, la scintilla divina.

In Song to Song, l’esistenza dei protagonisti si articola attorno a una dimensione verticale, retta dall’opposizione tra ascensione e caduta. Due poli quindi animano i lavori di Malick ma, a dispetto delle attese, il regista texano decide di mostrare una temporalità slegata dall’inizio e dalla fine: tutti i lavori fin qui ricordati mostrano l’erranza lungo un tragitto, all’insegna di ciò che è intermedio e processuale. Così, il risveglio del senso dell’infinità, compreso come contrario alle limitazioni della singolarità, non è colto non nel suo momento di totale riconciliazione con la Luce, bensì nel percorso di liberazione dalla tantalica inquietudine, dall’irrequietezza della vita che cade e sprofonda verso il basso per poi tramutarsi e rivolgersi verso l’alto, librandosi e risuonando senza alcuno sforzo.

L’impeccabile fotografia di Lubezki, lungi dall’essere un mero esercizio estetico, consente allo spazio del film di rivelarsi come paesaggio. Nel paesaggio lo spostamento non è un cambio di direzione, ma, come riflesso della peregrinazione dei personaggi, assume la forma di una traiettoria, l’incontro e l’intreccio di diversi cammini di vita. L’apertura all’orizzonte infinito e l’attenzione verso i corpi rinviano così all’assolutezza delle situazioni rappresentate dal cinema di Malick, volti e figure riuniti nella terra natia della Luce

Per Malick la narrazione non è più il punto di partenza privilegiato; è sempre stata, anche nei film degli anni Settanta (e ovviamente sempre di più in quelli degli anni Duemila), un canovaccio sconnesso di stacchi e improvvisazioni. Più che in altri lavori, in Song to Song, dove accanto a Ravel, Saint-Saëns e Handel si ascoltano Patti Smith, Iggy Pop, Florence and the Machine, Black Lips, Lykke Li, Runaway di Del Shannon e tre versioni differenti di Rollin and Tumblin, l’indeterminatezza della percezione visiva e narrativa coinvolge anche il suono. Lo spazio acustico non svolge un ruolo di accompagnamento, ma si fa veicolo di cambiamento; il tentativo salvifico dei protagonisti passa soprattutto attraverso il suono e il silenzio, mentre la voce over, presenza costante e insistente, accompagna le musiche nella loro funzione rivelatrice.

Song to Song non si discosta dalle caratteristiche dell’ultimo cinema di Malick. E non a caso già si sono alzate le solite lamentele contro il suo presunto e innocuo didascalismo estetico. Ma la sensibilità del regista verso l’umano è commovente, e va considerata come parte di una coerenza poetica e filosofica che solo i grandi autori possiedono.

Song to Song
Usa, 2017, 129'
Titolo originale:
Song to Song
Regia:
Terrence Malick
Sceneggiatura:
Terrence Malick
Fotografia:
Emmanuel Lubezki
Montaggio:
A.J. Edwards, Berdan, Hank Corwin, Keith Fraase, Rehman Nizar Ali
Cast:
Bérénice Marlohe, Cate Blanchett, Holly Hunter, Lykke Li, Michael Fassbender, Natalie Portman, Olivia Grace Applegate, Olivia Grace Applegate, Rooney Mara, Ryan Gosling, Val Kilmer
Produzione:
Buckeye Pictures, FilmNation Entertainment, Waypoint Entertainment
Distribuzione:
Lucky Red

Due triangoli amorosi si intrecciano sullo sfondo dell'evoluzione musicale di Austin in Texas.

poster


CINEFORUM rivista di critica e cultura cinematografica
via Pignolo 123, 24121 Bergamo - Italia CF 00248300279 - PI 01700110164 +39 370 3625936 info@cineforum.it www.cineforum.it