Senti chi parla: la Nato teme la guerra sotto i mari - InsideOver

La “guerra ibrida” russa sotto i mari può minacciare fino a un miliardo di persone tra Europa e Stati Uniti. Parola del viceammiraglio Didier Maleterre, comandante in seconda di Marcom, il comando integrato delle forze navali Nato. Francese, in marina dal 1986, anno in cui ha iniziato la scuola di formazione a Brest, un passato da comandante dei sottomarini nucleare di classe Le Triomphant e già dal 2010 al 2011 campo del Fost, il comando della Forza Oceanica Strategica dei sommergibili di Parigi, Maleterre, che vanta oltre mille ore di navigazione in immersione, è ritenuto uno dei più esperti comandanti di forze sottomarine nel contesto occidentale. Il suo avvertimento contenuto in un recente comunicato non va ignorato. Maleterre ricorda che “la rete di cavi e tubi sottomarini da cui dipendono il potere e le comunicazioni dell’Europa non è stata costruita per resistere alla guerra ibrida perseguita da Mosca e da altri avversari della Nato” e che Mosca potrebbe mirare le infrastrutture sottomarine per “sconvolgere l’economia europea, attraverso cavi, cavi Internet, oleodotti”.

La guerra sotto i mari minaccia e preoccupa. E visto casi recenti come l’escalation di offensive degli Houthi nel Mar Rosso, che hanno sfiorato e lambito alcune delle giugulari commerciali su cui viaggiano le infrastrutture economiche e dati del sistema occidentale, appare legittimo, dal fronte dei Paesi Nato, alzare l’asticella. Uniformando la supervisione dell’Alleanza Atlantica alle infrastrutture critiche sottomarine a quella dei singoli Paesi, così da evitare colli di bottiglia e inefficienze.

Al contempo, però, è bene sottolineare come le prospettive di minacce sottomarine riguardino sia l’Occidente che, chiaramente, i suoi rivali. I quali non da meno devono guardare al dominio underwater come a uno scenario critico. Tutti guardano a questo terreno di confronto consci delle sue vulnerabilità. La Cina, ad esempio, per preservare i cavi internet di cui ha bisogno quanto gli Usa; la Russia, specie dopo l’emergere della rivalità energetica con l’Occidente, per tutelare le infrastrutture energetiche. Del resto il tema del confronto in campo sottomarino è di pubblico dominio, ricorda il Guardian, “dopo due episodi di sospetto sabotaggio sui gasdotti nel Baltico negli ultimi 18 mesi: il primo sul Nord Stream 1 e 2 nel settembre 2022, seguito dal Balticconnector nell’ottobre dello scorso anno. Nonostante le approfondite indagini da parte di più stati, entrambi i casi rimangono irrisolti”, Almeno formalmente. Anche se perlomeno sul fronte del Nord Stream l’ordine di sabotaggio alle spalle del guasto sembra essere palese. E da tempo emerge una “pista” d’indagine che porta all’interno del campo atlantico, per la precisione alla Polonia, per quanto riguarda la responsabilità primigenia per il sabotaggio.

Maleterre ricorda la minaccia russa ma non può dimenticare che la Nato non è sguarnita e impotente di fronte a tali minacce. E, anzi, da tempo emerge in campo atlantico, comprensibilmente, una dottrina orientata a dominare gli spazi sottomarini per conseguire vantaggi geopolitici. Gli Usa, addirittura, hanno allo studio grandi droni sottomarini capaci di operare in contesti caratterizzati da intensa attività marittima con fini di sabotaggio e interdizione.

Avvertire sulla minaccia russa di untaglio” alle comunicazioni sottomarine come primo atto di un possibile confronto militare con l’Occidente non esclude ricordare che lo stesso avverrebbe a parti opposte. Un dato che sembra mancare nel discorso del viceammiraglio. E che dovrebbe piuttosto aprire a spazi di confronto sul tema della regolamentazione del confronto sottomarino nel rispetto del diritto del mare e delle leggi internazionali.

Dimenticandosi di specificare che i Paesi atlantici, in teatri tanto convenzionali quanto “ibridi” come il dominio sottomarino, non sono privi di capacità d’azione, il viceammiraglio sembra proprio distanziarsi da quel fondamentale principio della deterrenza che vuole palesate, e non nascoste le proprie forze. Pena mandare pericolosi segnali di debolezza. Nel dominio sottomarino, è necessario farlo per creare una parità tattica che preservi comunicazioni e reti. Pena il rischio di azioni ardite e dannose. Come quella che, quasi due anni fa, colpì al cuore l’industria energetica europea. Imputabile più all’asse polacco-ucraino che alla Russia di Vladimir Putin e dannoso per la stessa volontà della Nato di creare una via organica, e ben controllabile, alla competizione sottomarina, capace di evitare colpi di testa di questo tipo.

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