The Unforgivable, perché il film con Sandra Bullock è già un cult su Netflix

Il Premio Oscar mette in scena un dramma familiare sulle seconde chance che commuove e sconvolge
The Unforgivable perch il film con Sandra Bullock è già un cult su Netflix
KIMBERLEY FRENCH/NETFLIX © 2021

Occhi tumefatti, carnagione grigiastra, spalle ricurve: Sandra Bullock si è spenta lentamente per incarnare una donna rinchiusa da vent’anni in carcere per l’omicidio di uno sceriffo. Succede nel film The Unforgivable (su Netflix) ed è già cult. Ma non uno alla Orange is the new black o Vis a vis dove affilano gli spazzolini da denti per farne coltelli o usano gli assorbenti come ciabatte nelle docce comuni.

Niente tatuaggi o spaccio di droga tra le sbarre, nessuna molestia o sevizia: se tutto questo è accaduto, il pubblico non lo sa perché la storia parte dal giorno in cui, dopo due decenni, Ruth torna in libertà. Solo le spalle ricurve raccontano quello che ha patito e subito, lei invece è di poche parole.

La storia, basata sulla serie inglese Unforgiven, ha tutto l’impatto emotivo della sottrazione: priva di dialoghi morbosi, monologhi retorici e redenzioni ridondanti, ricorda l’autenticità messa in scena dal Premio Oscar in The blind side.

La protagonista, dopo la condanna, ha solo un chiodo fisso: contattare la sorellina che ha dovuto abbandonare. All’epoca la piccola Katherine (Aisling Franciosi) aveva cinque anni, non aveva alcun membro della famiglia che si prendesse cura di lei ed è finita in affidamento. Ruth non ha mai scritto di scriverle e di cercare di contattarla, ma senza successo.

Uscita di prigione, trova due lavori, si spacca la schiena come manovale e cerca di mantenere un profilo basso, visto l’ostilità che la circonda. Per sé non chiede niente, né si aspetta qualcosa ma ha da sempre sentito solo uno scopo nella vita, prendersi cura della bambina, e ora sente di aver fallito perché non riceve alcuna risposta. Con l’aiuto di un avvocato John (Vincent D’Onofrio), che ha acquistato con la moglie Liz (Viola Davis) la casa dove abitava da piccola, cerca di far chiarezza.

Appena uscito sulla piattaforma, il film è schizzato ai primi posti dei titoli più visti e non stupisce di certo perché ha uno stile calibrato e un tono avvincente. Fonde insieme vari generi, senza mai esagerare. Svela con sapiente maestria i pezzi del puzzle che spiegano come una donna intelligente e caparbia come Ruth sia finita in galera e quali traumi si porta dietro con la sorella.

Struggente e sublime, il racconto mette in scena luci e ombre di un’umanità a volte sconfitta, spesso spezzata o piegata dal sistema. Che ci sia spazio per la redenzione e le seconde chance resta al pubblico stabilirlo, ma questo resta decisamente uno di quei film che lascia il segno, oltre che l’amaro in bocca. Quel senso d’impotenza che attanaglia gli ultimi e che spesso sfocia nella violenza e nella disperazione qui non trova alibi o giustificazioni, viene solo mostrato per quello che è.

Il pubblico non può restare indifferente perché dietro quell’amore spinto all’estremo di Ruth ci si riconosce in fondo un po’ tutti quando ci si domanda cosa si sia disposti a sacrificare per i nostri cari. Qui il senso di protezione viene portato alle conseguenze più dolorose, ma non come accade ad esempio nei family action drama di Liam Neeson. Nessun inferno viene scatenato sotto la bandiera della vendetta, nessun senso di rivalsa catalizza reazioni incontrollate.

Si riflette invece dolorosamente sul senso d’abbandono, di sconfitta e d’ingiustizia che la vita a volte infligge a chi cerca solo un modo per sopravvivere. Oltre che sul cinismo, ovviamente, una cortina di ferro dietro cui gli uomini si celano per protezione e diffidenza. 

Eppure, oltre quel trauma emerge un barlume di speranza perché esiste anche una parte di umanità capace di tendere la mano, avvicinare gli altri senza paura e accoglierli. Ruth è un personaggio tridimensionale al punto di sembrare vero e quell’aiuto altrui prova ad accettarlo senza diventare sospettosa e guardinga. La prigione l’ha contenuta ma non abbrutita e questo di per sé sembra un miracolo, ecco perché dall’inizio alla fine il pubblico vuole fare questo viaggio fisico ed emotivo con lei.