San Andreas Recensione

San Andreas: la recensione del disaster movie con Dwayne Johnson

27 maggio 2015
2.5 di 5
1

Brad Peyton segue l'ABC del genere tra tanti riusciti effetti visivi

San Andreas: la recensione del disaster movie con Dwayne Johnson

Ray (Dwayne Johnson), pilota di elicottero da salvataggio, non si perdona di non aver potuto salvare una delle sue due figlie dall'annegamento: il matrimonio con Emma (Carla Gugino) è così andato a monte, e all'imminente divorzio si aggiunge il dolore di sapere che Emma e l'altra sua figlia Blake (Alexandra Daddario) si trasferiranno con il nuovo cinico compagno della mamma. Quando però l'intera costa ovest sarà squassata da un evento tellurico di proporzioni realmente bibliche, la famiglia si riunirà.

Brad Peyton, che già aveva diretto Dwayne "The Rock" Johnson in Viaggio nell'isola misteriosa, costruisce con San Andreas (nome dell'omonima pericolosa faglia) un disaster movie a denominazione d'origine controllata. Lo scienziato che ha capito tutto e cerca di avvisare la popolazione? C'è, è interpretato da Paul Giamatti. Un matrimonio in crisi risollevato dalla circostanza straordinaria? C'è. Un eroe con un trauma da esorcizzare? C'è. Una storia d'amore che sboccia nell'apocalisse? C'è, perché il personaggio della Daddario s'innamora di un giovane onesto e pulito che le dà una mano. La distruzione di elementi urbani storici? C'è, un bel Golden Gate che crolla sarebbe sufficiente, ma non è il solo. Il patriottismo? E' sottotraccia fino alla fine, quando esplode con bandiere americane sventolanti e retorica.

Siamo di solito portati a non far pesare elementi così spudoratamente di genere in una proposta di questo tipo, trasparente e tutto sommato onesta: ci si sente cattivi e iperesigenti, perché – come abbiamo scritto altre volte – l'originalità non è un obbligo. Forse qui però è necessaria un'antipatica severità, perché teniamo a un concetto. Il comparto tecnico di San Andreas è di gran livello: il film, anche grazie a un uso molto viscerale del 3D, mette in scena terremoti, crolli e tsunami in modo sufficientemente angosciante e spettacolare. Coinvolgente. Credibile. "Vale il prezzo del biglietto", si direbbe, come il biglietto per l'attrazione di un parco a tema. Ora, se gli effetti speciali sul set e visivi in postproduzione funzionano così bene nel creare lo straordinario e il plausibile, bisognerà ammettere che la prevedibilità e le forzature della sceneggiatura diventano tuttavia una forza opposta e contraria alle migliori carte che il film ha da giocare. In una scena siamo spiazzati dalla violenza di una scossa o da uno scorcio urbano impressionante, nella successiva attendiamo disperatamente di essere spiazzati da un'interazione improbabile tra personaggi tagliati con l'accetta.

Non si tratta quindi di criticare San Andreas per snobismo, ma per sincera speranza di vedere meglio valorizzato l'impegno di una macchina hollywoodiana che riesce ancora a stupire sul piano visivo. Qualche tempo fa un esperimento come Cloverfield per lo meno cercò nuove strade per il genere, e lo stesso Roland Emmerich di 2012 garantiva un retrogusto di sberleffo. San Andreas è un disaster movie vecchio stile. Forse troppo vecchio stile.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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