Romy Schneider, diva triste e sfortunata (di G. Galanti) - HuffPost Italia

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Romy Schneider, diva triste e sfortunata

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Tanti debiti, spese sbagliate, un film dietro l’altro per provare a mantenere un certo tenore di vita e tanta amarezza. Spesso affogata nel vino e in qualche pastiglia di troppo. Così trascorre l’ultimo anno della sua vita Romy Schneider, super diva del cinema europeo, che sapeva recitare in tedesco, francese e inglese. Quando viene trovata morta nella sua stanza a Parigi il 29 maggio del 1982 -40 anni fa- per un attacco cardiaco non ha nemmeno 44 anni. In molti pensano a un suicidio dovuto a un cocktail fatale di alcol e psicofarmaci, ma Alain Delon, fidanzato di tanti anni prima con cui era rimasta in buoni rapporti, sceglie di non sottoprre il corpo a un’autopsia.

Dopotutto la vita negli ultimi anni si era accanita non poco contro di lei. In principio con il suicidio del primo marito e manager, Harry Meyen - che prima di lasciarla definitivamente spesso scomapriva dai radar accusandola di portargli sfortuna. Poi la morte terribile del 14enne figlio David, rimasto infilzato in un cancello nel tentativo di scavalcarlo. Infine un tumore che le era costato l’asportazione di un rene.

Romy nasce a Vienna nel 1938, figlia di due attori ferventi nazisti. La madre addirittura si dice fosse stata amante di Adolf Hitler. La carriera è di quelle folgoranti, quasi da far girare la testa, come la Judy Garland de “Il mago di Oz”. Schneider viene infatti scelta giovanissima per interpretare il personaggio della giovane imperatrice d’Austria Sissi per una trilogia che le darà un successo planetario. Si tratta di un personaggio che faticherà non poco a scrollarsi di dosso.

A darle una possibilità fuori dagli stretti costumi della principessa è Luchino Visconti che la mette su un palcoscenico insieme al fidanzato Alain Delon: nessuno dei due ha esperienza di teatro ma la storia di amore torbido tratta dal drammaturgo inglese John Ford, “'Tis Pity She's a Whore”, ha un successo enorme. Schneider comincia a recitare al cinema assieme a grandi registi, basti citare Orson Welles, Otto Preminger, Henry-Georges Clouzot. Una delle tappe fondamentali è il film “La piscina” del 1969 di Jacques Deray. Seppur non indimenticabile, il film incassa tantissimo al botteghino. Con i due ex fidanzati Delon e Schneider svestiti, sudati e ambigui che fanno della pellicola un cult con tantissimi estimatori ancora oggi.

L’anno dopo è la volta de “La califfa” sotto la direzione di Alberto Bevilacqua e a fianco di Ugo Tognazzi che perde la testa per lei e cerca di sedurla cucinandole un risotto alle seppie insieme a qualche bottiglia di Lambrusco. Ma il risultato non è quello sperato dal grande attore italiano. Il regista con cui lavorerà al meglio, facendo emergere le sue doti da attrice, è Claude Sautet che la dirigerà in ben cinque film. Nell’ultimo, “Una donna semplice” dove interpreta appunto una donna libera che infrange tutti i tabù di una società ancora molto bigotta, riceve il premio César come migliore attrice e un David di Donatello.

Da ricordare anche uno dei suoi ultimi film prima della morte, “Fantasma d’amore” di Dino Risi insieme a Marcello Mastroianni: struggente drammone che sembra quasi ricalcare in maniera inquietante la vita dell’attrice. Oggi a ricordarla sono una mostra e una retrospettiva alla Cinémathèque française e un documentario presentato a Cannes “Romy, femme libre”. Curiosamente, sempre sulla Croisette, è stato portato in concorso un film su Sissi, il personaggio che ha fatto conoscere in tutto il mondo Romy Schneider. “Bellezza e giovinezza sono regali che dobbiamo restituire”, diceva Schneider parlando di sé stessa negli ultimi tempi. Di sicuro lei li ha restituiti troppo in fretta.

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