Requiem for a Dream: quando il cinema ti da un pugno allo stomaco
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Requiem for a Dream: quando il cinema ti da un pugno allo stomaco

Giuseppe Spada 23/04/2021
Updated 2021/04/23 at 10:15 AM
4 Minuti per la lettura

Il Requiem altro non è che la messa in onore dei morti, tipica della tradizione ecclesiastica. Ed ecco che con questa semplice spiegazione sorge naturale il significato del titolo e del film stesso. Tutta l’opera, infatti, altro non è che una celebrazione funebre di un sogno morto, letteralmente: “Requiem per un sogno”. Questo film, per la regia di Darren Aronofsky, ha ormai quasi 21 anni, eppure, sembra venire dal futuro. Requiem for a Dream non è per tutti, o almeno, non è per coloro che non sono pronti a farsi malmenare le viscere da un crescendo cinematografico che parte forte, si sviluppa in modo violento e termina in maniera brutale.

La maggior parte delle persone che hanno visto Requiem for a Dream vi dirà che questo è un film che parla delle dipendenze: falso, questo film parla di sogni, sogni talmente vicini che quando non vengono raggiunti diventano ossessioni. La storia si sviluppa intorno a quattro personaggi: Harry Goldfarb (Jared Leto), il suo migliore amico Tyrone Love (Marlon Wayans), la madre Sara Goldfarb (Ellen Burstyn) e la sua ragazza Marion Silver (Jennifer Connelly). In tutta la pellicola Harry e Tyrone sono quasi lo stesso personaggio, certo qualche atteggiamento cambia. Harry è spesso più egoista del suo amico ma entrambi hanno lo stesso obbiettivo: diventare ricchi con lo spaccio d’eroina. Quella è la loro missione, la loro unica ragione di vita. L’utilizzo costante di tale sostanza da parte dei due è solo un effetto collaterale, in quel mondo ci sono impantanati fino all’anima e la loro unica speranza è quella di vendere di più per comprare di più. Per Marion, la ragazza di Harry, il discorso cambia. Per lei il denaro non è una priorità, ciò che conta è il prodotto fatto e finito, la sua unica ossessione è la droga. E infine c’è la madre, Sara, colei che ha la dipendenza più pericolosa di tutte le altre all’interno del film: la televisione. In Requiem for a Dream, Sara, sarà così ossessionata dall’andare in TV che si farà trascinare prima dal pensiero ossessivo per la dieta e poi dalla dipendenza da anfetamine.

Requiem for a Dream è un film dove non vince nessuno, il bello? Il bello è che lo sapete sin dall’inizio. Mai, neanche una volta, avrete la speranza che i personaggi riusciranno a redimersi, appaiono da subito troppo corrotti, troppo sconfitti.

Parlando della regia, ogni singolo millimetro di pellicola è “asmatico“, non riesce a prendere fiato: è veloce, scattante, ossessivo e ripetitivo, quasi rituale in ogni azione e in ogni pensiero. Ogni inquadratura è come il personaggio che racconta, è infermabile. Il tutto è immerso in una delle colonne musicali più incalzanti e “appropriate” della storia del cinema. Dunque, anche se non vi dovesse interessare questo capolavoro vi consiglio di dedicare solo 5 minuti a “Lux Aeterna” di Clint Mansell.

La prova attoriale di questo capolavoro è incredibile. Dalle comparse ai protagonisti, tutti sembrano essere investiti di un’immensa aura di credibilità e sofferenza; prendiamo ad esempio Jennifer Connelly, un’attrice oggettivamente bella che in questo film riesce a seppellire il suo fascino sotto cascate di sudore causate dall’astinenza.

Se una di queste sere avete voglia di provare un emozione concreta e di acquisire un nuovo livello di consapevolezza, quindi, guardate Requiem for a Dream.

di Giuseppe Spada

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