La storia del romanzo: la conosci?
Chi vuole scrivere un romanzo si preoccupa di perfezionare la tecnica e comprendere quali siano gli step necessari.
Ma scrittori e scrittrici dovrebbero anche alimentare la propria conoscenza sulla storia del romanzo perché conoscere significa essere più consapevole del filone storico in cui ci si inserisce.
Andare alle radici del romanzo occidentale, darne una definizione e individuarne la data di nascita non è facile. Ci sono esempi di antichi testi greci e latini che per contenuti, struttura e modalità espressiva potrebbero benissimo essere definiti gli antesignani del romanzo.
L’Odissea, per esempio, nonostante sia un poema in versi, è tuttora ritenuto un archetipo narrativo: il suo viaggio dell’eroe è diventato, per antonomasia, lo schema ideale di tutte storie.
Etimologia del termine “romanzo”
Vero è, però, che la parola “romanzo” ha una storia e un’etimologia proprie, che la collocano in un periodo storico posteriore all’età classica: in particolare, dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente sotto i colpi delle invasioni barbariche. Il termine risale infatti al francese antico e specialmente all’aggettivo romanz, derivato a sua volta dall’avverbio latino romanice, che letteralmente significa “alla romana”. Veniva usato per indicare la lingua dei cittadini di origine romana che, appunto, parlavano “romanice”, diversa da quella parlata invece dai barbari, definita “teudisca”.
Verso la prima metà del XII secolo, però, in Francia, la parola “romanz” assume anche un altro significato.
Viene usata cioè per indicare un discorso orale o un testo scritto in lingua volgare e più tardi verrà usata per chiamare quelle opere narrative che riprendono i miti e le leggende del mondo classico greco e latino.
È questo il periodo in cui si diffondono le storie del ciclo bretone, dedicate ad Artù e ai cavalieri della tavola rotonda, e del ciclo carolingio che celebrano in versi le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini, tra cui il fedele Orlando.
Nel XIII secolo questi testi cominciano a essere trascritti in prosa, pur continuando a essere chiamati allo stesso modo. In realtà è il termine roman a prevalere su romanz0.
Ai tempi di Dante e Petrarca (XIV secolo) la parola romanzo sta a indicare ormai, per convenzione, una narrazione in prosa. È la definizione che, in sintesi, attribuiamo anche noi allo stesso nome.
Il Decamerone di Boccaccio può considerarsi un romanzo?
Tra il 1349 e il 1353 esce il Decamerone di Giovanni Boccaccio. È scritto in prosa volgare quindi, in virtù della definizione di romanzo che è stata fornita appena sopra, dovrebbe proprio essere considerato tale.
Non tutti i critici sono d’accordo, però. Qualcuno obietta che in realtà il Decamerone è da ritenere una raccolta di novelle. Si tratta infatti di ben 100 racconti per l’esattezza, narrati a turno da dieci nobili giovani, tre uomini e sette donne, che per dieci giorni si ritirano in un caseggiato in campagna. Lo scopo era quello di scampare alla peste di Firenze e, per trascorrere il tempo, si scambiano racconti a tema ogni volta diverso.
In realtà le cento novelle sono inserite in una cornice – la vicenda dei dieci giovani – che a tutti gli effetti può essere paragonata alla struttura narrativa dei romanzi.
A prescindere dalla questione se appartenga o meno al genere del romanzo è comunque certo che l’opera del Boccaccio rappresenta una pietra miliare della letteratura in prosa del Trecento e modello d’ispirazione per un’infinità di autori coevi e posteriori.
Secoli XVI e XVII: Gargantua e Pantagruel e Don Chisciotte della Mancia romanzi dichiarati
Nessun dubbio sull’appartenenza al genere del romanzo, invece, per i cinque libri di Gargantua e Pantagruel scritti da François Rabelais nella prima metà del ‘500 e per il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes Saavedra, pubblicato in due volumi, nel 1605 e 1615.
Raccontando l’epopea dei due giganti Rabelais usa l’espediente dell’allegoria per descrivere e satireggiare i costumi dei suoi tempi. Stringe un patto con i lettori che devono interpretare e decodificare i segni contenuti nel testo se vogliono comprenderne a fondo il significato, al di là della pura vicenda. Proprio come i migliori romanzi dovrebbero sempre fare.
L’eccezionale modernità del Don Chisciotte, invece, risiede nella figura del protagonista: un uomo solo, eroico e ridicolo, ma così vicino a chi legge. E sta proprio in quel misto di prodezza e comicità la forza della sua umanità, in cui viene spontaneo riconoscersi e consolarsi. Il lettore si affeziona al personaggio, segue le sue strampalate avventure, si domanda fin dove si spingerà con quella successiva.
Identificazione nel personaggio e curiosità per la sua vicenda: altri due “ingredienti” formidabili dei romanzi che funzionano ancora oggi.
Ma scrittori e scrittrici dovrebbero anche alimentare la propria conoscenza sulla storia del romanzo. Conoscere significa essere più consapevole del filone storico in cui ci si inserisce.
Il 1700: secolo dell’Illuminismo e del romanzo moderno
Altrimenti noto come il secolo dell’ascesa della borghesia e della sua voglia di farsi valere nella società, il 1700 vede fiorire in tutta Europa una serie di capolavori della letteratura che possono essere ascritti al genere del romanzo. Anzi, si può dire che il romanzo moderno sia proprio espressione di questo secolo e del nascente spirito borghese.
Qui i titoli cominciano a farsi tanti e scegliere diventa difficile.
Le avventure di Robinson Crusoe
Di certo un romanzo fondamentale per la storia del genere rimane Le avventure di Robinson Crusoe di Daniel Defoe, pubblicato in Inghilterra nel 1719. Narra la storia di un uomo comune che fronteggia la vita e le sue avversità, eroe per forza mosso da spirito di sopravvivenza. Ai borghesi venuti dal basso, in competizione con gli aristocratici per diritto di nascita, un romanzo del genere non poteva che piacere oltremodo.
I viaggi di Gulliver
I viaggi di Gulliver, usciti a Londra dapprima in una versione edulcorata nel 1726 e poi in quella originale nel 1734, sono il capolavoro di Jonathan Swift, scrittore e poeta irlandese. Un romanzo d’avventura, divenuto classico, che si è sempre prestato bene alle trasposizioni cinematografiche per la sua capacità di sondare l’immaginario e il magnifico.
Non ebbe vita facile, però, perché dietro il viaggio fantastico del suo protagonista si cela una sferzante satira dell’Inghilterra e della Francia del tempo. Il romanzo, per sua natura, non è mai una lettura di semplice evasione: alla base c’è sempre un’idea forte, che è poi il concetto che più sta a cuore al suo autore, quello che attraverso la storia lui vuole comunicare.
Non si può, tuttavia, parlare di Illuminismo senza citare la Francia, patria di Rousseaux, Diderot e Voltaire, scenario di quello che fu l’evento storico più eclatante del secolo: la Rivoluzione francese.
Candido
Risale al 1759 il Candido di Voltaire, romanzo breve (o racconto lungo) di matrice filosofica, in cui la trama è funzionale al pensiero che si vuole confutare: l’ottimismo a tutti i costi. Nonostante però l’intento sia quello di dare vita a una dissertazione, la lettura è tutt’altro che noiosa. Voltaire si è premurato di usare uno stile scorrevole, semplice, a tratti persino divertente per salvaguardare il piacere della narrazione, che nei romanzi non deve mancare mai.
E l’Italia?
Nel 1700 l’Italia vive una stagione storica e culturale diversa: gli ideali borghesi stentano ancora a decollare e l’Accademia letteraria dell’Arcadia rifiuta il genere del romanzo, ritenendolo rozzo e volgare.
Le ultime lettere di Jacopo Ortis
Sul finire del secolo però Ugo Foscolo con Le ultime lettere di Jacopo Ortis, la cui prima edizione risale al 1798, affida al genere del romanzo epistolare le proprie riflessioni sulla vita, la contingenza del periodo storico, la politica.
I dolori del giovane Werther
In realtà il romanzo si rifà al modello letterario de I dolori del giovane Werther di Goethe, a cui si ispira per la scelta narrativa di far scorrere la vicenda attraverso le lettere scritte dal protagonista e in parte anche per il contenuto, l’amore impossibile, ma Foscolo aggiunge a quest’ultimo anche la delusione politica che porterà l’Ortis al suicidio.
Fortuna e diffusione del romanzo nel 1800
Il secolo del Romanticismo, spalancando le porte al sentimento in tutte le sue accezioni e sfumature, fornisce terreno fertile al romanzo che, proprio nell’Ottocento, vede una fioritura d’espressioni e d’esempi straordinari.
I Promessi Sposi
Il più eclatante è il caso del romanzo storico. Diffuso in tutta Europa – si riconosce nello scozzese Walter Scott l’iniziatore del genere – vede in Italia la sua migliore espressione ne I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, vero capolavoro della letteratura, che tanto ha da dire per tecnica, impianto narrativo, costruzione dei personaggi, dialoghi e descrizioni a lettori e scrittori di tutte le età ed epoche.
Ed è proprio qui, nell’Ottocento, che la storia del romanzo comincia a sfuggire di mano. Il genere non ha più bisogno d’imporsi e spiegarsi: è diffuso, accettato, anzi amato, da un pubblico sempre più vasto. Diventa bacino ed espressione degli umori culturali del suo tempo, strumento privilegiato per raccontare la vita.
Il romanzo nel Novecento: un’indagine interiore
Ma è solo quando scende nel profondo dell’animo umano che il romanzo assume la funzione che gli riconosciamo ancora oggi, quella di parlare a noi, di noi. Siamo ormai nel XX secolo e i sottogeneri non si contano più. I romanzi diventano psicologici, veristi, d’appendice, estetizzanti, di formazione.
Le espressioni narrative del mondo si contaminano e il romanzo non deve più rivendicare la propria appartenenza alla letteratura: gli viene ormai riconosciuta senza più alcun dubbio.
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