Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca
Quaderni della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici
e per l’Autonomia Scolastica
N. 1 - 11 marzo 2010
Lingue di minoranza e scuola
A dieci anni dalla Legge 482/99
Il plurilinguismo scolastico
nelle comunità di minoranza della Repubblica Italiana
Coordinatore del progetto di ricerca e Autore del report
Prof. Gabriele Iannàccaro
Università Milano-Bicocca
Responsabile del Coordinamento Editoriale
Dott.ssa Antonella Tozza
Dirigente Ufficio IX
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici
e per l’Autonomia Scolastica
Editing
Prof.ssa Tiziana Senesi
Ufficio IX
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici
e per l’Autonomia Scolastica
© 2010 - MIUR - Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica
Viale Trastevere, n. 73/A
00153 Roma
progetto copertina: Istituto d’arte Depero - Rovereto
Pubblicazione e stampa a cura delle Edizioni Anicia - marzo 2010
Tutti i diritti di traduzione, di riproduzione, di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (com-
presi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati. Ogni permesso deve essere dato per iscritto dal-
l’editore.
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Indice
Prefazione di Mario Giacomo Dutto 9
Premessa di Antonella Tozza 11
PARTE PRIMA
IL PROGETTO E LA RICERCA
Capitolo primo
Il progetto 19
1.1 Il progetto 19
Capitolo secondo
Presupposti metodologici 25
2.1 Inchieste qualitative 27
Capitolo terzo
Il territorio e il contesto 31
Capitolo quarto
La Scuola: legge e applicazione 37
4.1 Le scuole di minoranza 37
4.2 I progetti 43
4.3 Gli strumenti didattici 47
Capitolo quinto
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative 49
Capitolo sesto
La Scuola: valutazione esterna 63
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PARTE SECONDA
I RISULTATI: RAPPORTO ANALITICO
Capitolo primo
Inchiesta quantitativa sui Comuni 69
1.1 Dati generali 69
1.2 Uso della lingua di minoranza nei consigli comunali 79
1.3 Uso della lingua di minoranza negli atti ufficiali 82
1.4 Rapporti con il pubblico 86
1.5 Formazione dei dipendenti comunali 90
1.6 Toponomastica 93
1.7 Considerazioni conclusive 96
Capitolo secondo
Inchiesta quantitativa sulle Scuole 99
2.1 Dati generali 99
2.2 Lingua oggetto di tutela 102
2.3 Anni di presenza della lingua di minoranza nella scuola 102
2.4 Ore di insegnamento 104
2.5 Insegnanti 105
2.6 Materiale didattico 107
2.7 Lingua e cultura 108
2.8 Risorse economiche 109
2.9 Valore delle lingue nella scuola 111
2.10 Note conclusive 113
Capitolo terzo
Analisi dei Progetti 115
3.1 La legge 482, le circolari e il piano di finanziamenti
annuale del Ministero 115
3.2 Metodi di catalogazione 121
3.3 I progetti: numeri e focus 130
3.3.1 Distribuzione dei progetti 130
3.4 Obiettivi del progetto e possibile impatto sulla tutela
della lingua minoritaria 146
3.5 Impatto e implementazione della competenza linguistica 156
3.6 Tipologia d’intervento e azioni: i progetti
dell’a.s. 2004-2005 164
3.7 Le autorappresentazioni della minoranza linguistica:
i progetti dell’a.s. 2004-2005 172
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3.8 Autorappresentazioni, impatto e valutazione del progetto 181
3.9 Analisi qualitative ed osservazioni sui progetti catalogati 189
Capitolo quarto
Analisi dei materiali didattici 219
Capitolo quinto
I Gruppi 225
5.1 La Legge 482/99 e il territorio 225
5.1.1 I finanziamenti e le risorse 229
5.1.2 Scuola, territorio, comunità e lingua: la 482/99 nella prospettiva
dell’autonomia scolastica 234
5.1.3 Domanda e offerta di formazione in LM: il ruolo dei docenti,
dei genitori e dei ragazzi 238
5.1.4 Modelli di scuola 240
5.1.5 Dieci anni di 482/99: di nuovo ad un momento di svolta 243
5.2 Potenzialità e modalità della scuola nel suo ruolo di agente di tutela
e valorizzazione delle comunità oggetto della legge 482/99 244
5.2.1 La scuola come agente di pianificazione linguistica:
autonomia e isolamento 246
5.2.2 La scuola come agente di pianificazione linguistica:
forza e debolezza 249
5.2.3 Strategie e stratagemmi: la didattica della LM a scuola 275
5.2.4 La LM a scuola: pratiche di vita quotidiana 285
5.2.5 L’insegnamento della LM a scuola: gli strumenti 290
5.2.6 Il ruolo dei progetti nell’offerta formativa 291
5.2.7 L’impatto della legge 482/99. Analisi in termini
di valorizzazione 292
5.2.8 Rapporti fra i codici e ruolo della Scuola 302
Capitolo sesto
La valutazione 309
6.1 Cenni metodologici 309
6.2 Elaborazione dei dati. Risultati globali 313
6.3 Elaborazione dei dati. Risultati territoriali 326
6.4 Dati per disciplina e livello di scolarità 336
6.5 Nota conclusiva 349
Capitolo settimo
Conclusioni 351
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Glossario minimo dei termini utilizzati come tecnici 369
Riferimenti bibliografici 373
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Prefazione
Mi pare quasi un piccolo “segno dei tempi” che il primo fascicolo dei Quaderni
della Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici sia dedicato alle minoranze lin-
guistiche. Esso infatti, attraverso analisi e documentazioni particolarmente approfondi-
te e puntuali, tira un primo bilancio delle azioni che la scuola italiana – qui davvero
all’avanguardia nel contesto europeo – da anni sta conducendo per salvaguardare e
valorizzare un patrimonio storico, culturale e sociale davvero prezioso.
Certo i contrasti, anche sanguinosi e drammatici, che in merito hanno contraddistin-
to i secoli passati e le ultime grandi guerre mondiali, sono ormai alle nostre spalle. E tut-
tavia, tra i numerosi dilemmi, non di rado “ignoti ad altre età”, che vengono messi sul
tappeto da questo chiaroscurale avvio di millennio c’è anche quello – è difficile negarlo
– della integrazione delle identità e delle culture in un mondo sempre più globalizzato;
c’è in sostanza la grande sfida di riuscire a coniugare i valori tipici dell’universale e del
particolare in una sintesi armoniosa capace di esaltare le loro specifiche virtualità inve-
ce di contrapporle nell’indifferenza o – quel che è peggio – addirittura nel conflitto.
Se mi è consentita un’osservazione solo apparentemente a latere, vorrei dire che
questa sfida è in fondo la medesima cui siamo tutti chiamati di fronte agli inediti pro-
blemi di una società già oggi particolarmente complessa e destinata a diventarlo sem-
pre di più: riuscire a contemperare “la libertà” e l’“uguaglianza” con la “fratellanza”, la
grande dimenticata del primo ’89.
L’opposizione alla tutela delle lingue minoritarie – ha osservato un docente
dell’Università di Torino – colloca «le proprie radici teoriche in una serie di argomen-
ti, tra i quali spiccano “il pericolo derivante dalla messa in discussione dell’unità lin-
guistica del Paese”, presunta “anticamera della disgregazione dello Stato”, e l’attribu-
zione della patente di “particolarismo passatista” a quella che invece è l’esigenza, mani-
festata da porzioni talvolta consistenti di popolazione alloglotta, di non essere discrimi-
nate in base alla lingua»1.
Il Quaderno che sottoponiamo alla riflessione dei lettori costituisce in tal senso non
solo l’utile testimonianza di quanto – a partire dalla legge 482 del 1999 – il Ministero
dell’Istruzione e la scuola italiana hanno fatto a proposito delle tante lingue minoritarie
parlate nel nostro Paese, ma pure l’invito ad andare avanti con determinazione lungo la
strada intrapresa.
1
Cfr. M. STOLFO, La tutela delle lingue minoritarie tra pregiudizi teorici, contrasti ideologici e buoni moti-
vi, in http://www.romaniaminor.net/ianua, p. 57.
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In gioco difatti non c’è solo e non c’è tanto l’adesione a un dettato normativo pure
illuminato e moderno. Al di là di ogni atteggiamento in qualche modo octroyée, la valo-
rizzazione delle minoranze linguistiche rappresenta una grande occasione perché l’in-
crocio delle storie e delle culture venga a contribuire alla realizzazione di una città ter-
rena al tempo stesso articolata e coesa, rinsaldata nella sua compattezza identitaria pro-
prio perché arricchita dalla contaminazione delle diversità.
“Solo la lingua ci fa uguali”: questo ormai annoso aforisma di don Milani mantiene
intatta la sua validità. Ma esso merita oggi di essere forse integrato: il rispetto di ogni
lingua e il loro reciproco rapporto possono renderci oggi non solo un poco più uguali,
ma anche un poco più fratelli.
Mario Giacomo Dutto
| 11 |
Premessa
Il rispetto per la diversità linguistica e culturale rappresenta uno degli elementi costi-
tutivi dell’Unione Europea che sviluppa un sentimento d’appartenenza comune fonda-
to sulla diversità culturale, religiosa, etnica e linguistica e che caratterizza proprio
l’Europa storica come un’occasione identitaria complessa, di cui possiamo e dobbiamo
sforzarci di esaltare gli aspetti positivi, travalicando – senza tuttavia negarle – le diffi-
coltà che si possono incontrare.
Proprio il plurilinguismo, nel rispetto per la diversità linguistica, traccia le basi di un
contesto identitario ricco di potenzialità inedite, di prospettive, di contatti,di prosperità
e di scambi tra persone e culture. È questo un intrecciarsi di identità in cui le culture
minoritarie non sono più costrette a fare da contrappunto sottotono alle grandi lingue
della comunicazione e alla cultura della globalizzazione, riacquistando invece impor-
tanza attraverso le loro stesse lingue, veicolo come ben si sa di cultura, di creatività e
di visioni del mondo. Le lingue di minoranza sono parte integrante del quadro di una
Unione Europa che con i suoi 27 Stati membri, 3 alfabeti e 23 lingue ufficiali e circa 60
altre lingue parlate in particolari regioni o da specifici gruppi, rappresenta una delle
comunità linguisticamente più complessa del pianeta 2. Il plurilinguismo è una compe-
tenza articolata e plurale che comprende tutta la gamma di lingue e di varianti che cia-
scuno di noi possiede, domina e utilizza per scopi diversi. In questo quadro la promo-
zione della conoscenza di almeno due lingue comunitarie oltre alla lingua materna è
necessaria per comunicare e per prendere parte a interazioni interculturali, padroneg-
giando, sia pure a livelli diversi, competenze in più lingue ed esperienze in più culture.
La società in cui viviamo è una società caratterizzata da una pluralità di lingue e di cul-
ture dove ciascuno di noi partecipa alla vita sociale e agli scambi linguistici mettendo in
gioco il repertorio di competenze linguistiche possedute, esercitando una competenza com-
plessa o addirittura composita; proprio per questo, alla luce del riconoscimento di questa
multiformità di esperienze linguistiche e culturali, che un importante gruppo di intellettua-
li, costituito su richiesta della Commissione Europea, per prestare la propria consulenza sul
multilinguismo e sul dialogo interculturale, oltre a suggerire lo studio di una lingua veico-
lare comune ipotizza e si fa promotore di una “lingua personale adottiva” 3.
2
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e socia-
le europeo e al Comitato delle Regioni “Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comu-
ne”, Bruxelles 18.9.2008.
3
Una Sfida Salutare di Amin Maalouf Proposte del Gruppo degli intellettuali per il dialogo interculturale
costituito su iniziativa della Commissione europea, Bruxelles 2008.
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Scegliere di adottare una lingua di minoranza, studiarla e parlarla in pubblico, ren-
derla visibile vuol dire impegnarsi per la sua sopravvivenza.
L’impegno politico dell’Unione Europea per la tutela delle lingue minoritarie è stato
espresso dalla Carta Europea 4, strumento fondamentale per la salvaguardia delle lingue
meno diffuse dal loro graduale declino. Entrata in vigore nel 1998, conferma l’impegno
del Consiglio d’ Europa a favore della tutela delle minoranze nazionali. La Carta – fir-
mata da 33 Paesi, ma non ratificata da tutti – descrive in dettaglio come gli Stati devo-
no contribuire a promuovere l’uso quotidiano delle lingue minoritarie in tutti i settori
della vita: a scuola, nei tribunali, nei rapporti con la pubblica amministrazione, nei
media, nella vita culturale, sociale ed economica e nell’ambito della cooperazione tran-
sfrontaliera. Il Consiglio d’Europa ne verifica l’effettiva applicazione,anche se ancora
sono discusse le problematiche e le sfide legate alla sua ratifica ed attuazione 5.
Conoscere tre lingue comunitarie, di cui una anche minoritaria o regionale, è un
obiettivo chiave nelle politiche educative della Comunità e del Parlamento Europeo per
diverse ragioni: la conoscenza di più lingue è considerata “condizione indispensabile
per permettere ai cittadini dell’Unione di beneficiare delle possibilità professionali e
personali offerte dalla realizzazione del grande mercato interno senza frontiere” 6; è
dunque molto chiara in Europa la consapevolezza che lo sviluppo di una competenza
plurilingue permette a ciascuno di noi, in quanto cittadino, di partecipare alla vita
democratica delle nostre società multilingue e pluriculturali insieme alla necessità di
promuovere un processo di integrazione attiva, di comprensione vera delle lingue e cul-
ture diverse. Facilitare l’acquisizione delle competenze comunicative e relazionali non
solo nelle lingue straniere maggioritarie, ma anche in quelle minori o locali, significa
intraprendere un percorso di conoscenza della letteratura, della cultura e della storia
della lingua e delle persone che la parlano, significa attivare un processo dinamico di
evoluzione della lingua, di adattamento della lingua alle caratteristiche del contesto dei
parlanti.
Ma l’incentivazione delle competenze linguistiche cammina di pari passo con la
promozione della formazione degli insegnanti di lingua, con l’adozione di materiali
didattici adeguati, con un approccio precoce alle lingue straniere. Le raccomandazioni
europee 7 volte ad inserire negli obiettivi pedagogici le competenze di comunicazione
interculturale sin dall’ età precoce, si è tradotta in molti stati membri nell’inserimento
dello studio di una lingua minoritaria, co-ufficiale o straniera già nella scuola dell’in-
fanzia o nel primo biennio della scuola primaria.
La nostra Legge – n. 482 del 15 dicembre del 1999 – sulla tutela delle lingue mino-
ritarie ha anticipato la raccomandazione europea in quanto si rivolge alle scuole dell’in-
fanzia e del primo ciclo.
4
ECRML: European Charter for Regional or Minority Languages, Strasburgo 5 novembre1992 L’Italia ha
firmata la Carta nel 2000, ma non l’ha ancora ratificata.
5
Proteggere le lingue minoritarie in Europa: risultati e sfide, Bilbao 20.04. 2009
6
Commissione Europea, Insegnare e Apprendere: verso la società conoscitiva, Bruxelles 2005
7
Risoluzione del Consiglio del 14 Febbraio 2009 relativa alla promozione della diversità linguistica e del-
l’apprendimento delle lingue nel quadro dell’attuazione degli obiettivi dell’Anno europeo delle lingue 2001.
| Premessa | 13 |
L’Italia demanda alla legge n. 482 del 15 dicembre 1999 la valorizzazione delle lin-
gue e delle culture di minoranza. L’art. 2, di detta legge, in attuazione dell’articolo 6
della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei
e internazionali, tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, ger-
maniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale,
il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.
La Direzione Generale per gli Ordinamenti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca promuove la realizzazione delle iniziative progettuali nazionali e locali
nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una
minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della citata legge.
Le lingue di minoranza in Italia rappresentano un panorama composito e diversifi-
cato di lingue e culture di minoranza ed al di là del forte valore che esse esprimono di
coesione sociale e culturale la loro “forza” è strettamente collegata al loro radicamento
sul territorio, al forte legame identitario con il territorio di appartenenza.
Ne segue la consapevolezza che una lingua di minoranza, per sopravvivere, deve
essere “visibile”, deve essere usata in ogni occasione della vita quotidiana e non soltan-
to nella sfera privata. Una lingua parlata solo nell’intimità della casa, nel privato, è
destinate a morire e nulla è più discreto di una lingua che muore: cessa semplicemente
di far parlare di sé – il silenzio la sostituisce, ne copre il ricordo, i suoni, i colori. Una
lingua minoritaria può sopravvivere unicamente se è utilizzata in ambiti diversi, divul-
gata, esposta, curata. Tale consapevolezza ha indirizzato l’azione del ministero nella
promozione di tutte quelle iniziative volte sia all’uso veicolare della lingua minoritaria,
sia all’insegnamento frontale della lingua di minoranza che alle attività laboratoriali
volte al recupero della cultura e del folclore locale.
Pertanto, questa Direzione, nel corso degli anni, ha sostenuto sia le iniziative diffu-
se sul territorio, che hanno implementato la percezione positiva della lingua di mino-
ranza, sia quelle tese ad incrementare il numero dei parlanti, dei potenziali fruitori della
lingua minoritaria mediante il recupero del folclore locale e della cultura locale.
Sono state perciò finanziate le iniziative di formazione in didattica generale, lingui-
stica e glottolinguistica per fornire le adeguate competenze al personale docente, aper-
te in alcuni casi anche al territorio.
Nella convinzione che le lingue di minoranza, per la loro specifica natura, costitui-
scono un panorama composito e diversificato di culture forti e culture più deboli sono
state sostenute tutte le iniziative comunque tese alla implementazione del numero dei
parlanti, della percezione positiva della stessa etnia di minoranza e dell’arricchimento
culturale.
A dieci anni dalla Legge 482 del 15 dicembre 1999 si è sentita la necessità di cono-
scere quanti e quali fossero le scuole interessate alla promozione dello studio delle lin-
gue e culture di minoranza, quale l’impatto delle attività proposte sul territorio e quale
la fruibilità delle iniziative di accompagnamento della legge nelle diverse regioni, quali,
| 14 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
infine, i modelli costruiti dalle scuole, in risposta agli stimoli offerti anche dalla
Comunità Europea e quali gli ostacoli incontrati.
In modo particolare si è cercato di comprendere se le iniziative progettuali presen-
tate dalle Istituzioni Scolastiche rappresentassero un percorso continuo nel tempo, rea-
lizzato in condivisione con la rete di scuole afferenti e non modelli diacronici sia per
consonanza temporale che sostanziale.
Questa Direzione ha sentito la necessità di riflettere, sulla base di dati oggettivi sia
quantitativi che qualitativi, su quale debba essere, a dieci anni dalla 482, il ruolo della
scuola dell’autonomia e quale quello della legge per l’adeguato sviluppo linguistico
delle diverse comunità.
Si è, pertanto, commissionato all’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema
educativo d’Istruzione e di Formazione (INVALSI) uno studio volto ad analizzare il
contesto, la legge, i progetti, le scuole, i docenti e tutti gli attori coinvolti indagandone
l’aspetto linguistico, pedagogico e sociolinguistico in modo da offrire un quadro com-
plessivo ed oggettivo delle scuole e del territorio.
L’INVALSI, nell’espletare la ricerca affidata, si è avvalsa dell’Università Bicocca di
Milano che ha designato il prof. Gabriele Iannàccaro, quale coordinatore del progetto
di ricerca. Il prof. Iannàccaro coordinatore del Corso di Laurea in Comunicazione
Interculturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione – Dipartimento di scienze
umane per la formazione – è infatti specialista di sociolinguistica e pianificazione lin-
guistica ed è un profondo conoscitore delle problematiche socio – culturali connesse
alla tutela e all’insegnamento delle lingue minoritarie, anche a livello europeo.
La ricerca si apre con uno studio del contesto territoriale in cui vengono applicate le
diverse disposizioni regionali o nazionali di tutela delle lingue e dei loro riflessi sul siste-
ma scolastico, in particolare sul grado di bilinguismo della P.A. nelle zone interessate.
Si è proceduto poi, con una indagine omogenea e standardizzata – via web – alla
valutazione della ricaduta della legge ed alla comparazione delle condizioni di insegna-
mento delle lingue di minoranza, ed attraverso l’analisi di tre periodi definiti, a valuta-
re l’impatto dei progetti finanziati sulla realtà scolastica.
Sono state usate delle tecniche proiettive come il focus group per indagare il livello
di adeguatezza dell’offerta scolastica, il grado di integrazione della lingua di minoran-
za nell’offerta scolastica, la soddisfazione e le aspettative didattiche, formative e lingui-
stiche dei genitori e degli alunni.
Infine, l’INVALSI con la rilevazione degli apprendimenti, effettuata nella scuola
primaria (classe quarta) e nella scuola secondaria di primo grado (classe seconda
media), ha appurato le effettive competenze, nelle discipline curriculari, raggiunte dagli
alunni nelle scuole dove si insegna la lingua minoritaria, verificando se l’aggiunta di
una lingua sia di giovamento o di peso, o indifferente, rispetto all’apprendimento gene-
rale dell’alunno.
Nella realizzazione del piano di ricerca, nelle indagini di approfondimento condot-
te sulle minoranze territoriali, nell’attuazione delle inchieste quantitative e qualitative
| Premessa | 15 |
volte a scoprire e definire non solo l’impatto della Legge 482 sul territorio ma, in modo
particolare, le proiezioni e le aspettative profonde, i valori che le comunità scolastiche
legano ai propri codici linguistici, nell’interpretazione specifica e profonda dei dati
numerici emersi con le interviste, i colloqui, i racconti e i focus group proiettivi – crea-
tivi, ci si è poi avvalsi della consulenza della società CELE 8, di cui Iannaccaro è con-
direttore, e della collaborazione delle referenti scientifiche prof.ssa Tiziana Senesi per
il MIUR e della prof.ssa Lina Grossi per l’INVALSI.
La ricerca, perciò, con le sue luci e le sue ombre, con i suoi punti di forza e le sue
debolezze, offre a tutti noi l’occasione di riflettere non solo sui risultati concreti rag-
giunti in questi anni – per quanto difficilmente misurabili – sul piano della tutela delle
lingue di minoranza, ma anche sulle prospettive di cambiamento della politica lingui-
stica nazionale che appaiono necessarie in un prossimo futuro, proprio alla luce delle
criticità e delle indicazioni emerse dall’indagine in questione.
Prospettive che non possono prescindere da una lucida visione d’insieme che Amin
Maalouf, nel suo famoso studio, riassume così:
“Per ogni società umana la diversità linguistica, culturale, etnica o religiosa presen-
ta vantaggi e insieme inconvenienti, è fonte di ricchezze ma anche di tensioni; l’atteg-
giamento più saggio consiste nel riconoscere la complessità del fenomeno, sforzandosi
di massimizzare gli effetti positivi e minimizzare quelli negativi”.
Antonella Tozza
8
Insieme con Vittorio Dell’Aquila, pure coinvolto nel progetto, hanno pubblicato insieme quello che è tut-
tora l’unico volume italiano sulla pianificazione linguistica (Dell’Aquila, Iannàccaro 2004).
Iannàccaro, in qualità di condirettore del suddetto centro, ha progettato e coordinato una serie di inchieste
qualitative e quantitative su molte minoranze europee; da citare in particolare l’inchiesta, patrocinata
dall’Unione Europea, che ha visto coinvolti tutti i 75 comuni della valle d’Aosta per un totale di 8000 per-
sone; la ricerca qualitativa sulla provincia di Pordenone, in cui per la prova volta si applica il metodo del
Focus Group creativo ad una ricerca linguistica, e l’inchiesta sulla Lettonia orientale, che ha coinvolto circa
13000 informatori per 5 lingue compresenti, ed è a tutt’oggi la più vasta inchiesta mai condotta nell’Unione
Europea.
PARTE PRIMA
IL PROGETTO E LA RICERCA
| 19 |
Capitolo primo
Il progetto
1.1 Il progetto
Si presentano qui i risultati emersi dalla serie di inchieste linguistiche del progetto
«Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla legge 482/99» e alcune delle consi-
derazioni che su di essi si possono trarre. Il progetto, partito di fatto nel gennaio 2009,
è stato commissionato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
(MIUR) all’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e
di formazione (INVALSI) e all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che ne ha
affidato la direzione scientifica al prof. Gabriele Iannàccaro; hanno attivamente parte-
cipato alle ricerche e alle analisi anche ricercatori facenti capo al Centre d’Études
Linguistiques pour l’Europe (CELE)9. Una parte del progetto è stata affidata, nella sua
realizzazione logistica, al Dipartimento Affari Regionali presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Il progetto nasce dall’esigenza di fare il punto della situazione sull’insegnamento
delle lingue di minoranza territoriale della Repubblica Italiana, allo scadere del primo
periodo di dieci anni di attuazione della fondamentale – per il settore – legge 482/99.
Si è sentita la necessità non solo di una ricognizione di fatto sull’esistente, ma anche
di raccogliere e valutare l’andamento delle attività scolastiche e i metodi utilizzati nei
diversi contesti, così come la soddisfazione degli operatori (gli insegnanti) e degli
utenti (la società, e particolarmente gli studenti e i genitori) e le loro aspettative per
il futuro. Parallelamente è stato necessario analizzare i progetti presentati dalle scuo-
le (il progetto specifico è la forma di finanziamento prevista dalla legge) per indagar-
ne la validità, il loro uso e la loro gestione, e vederne le costanti e le determinanti
generali per trarre da queste indicazioni sulle condizioni della lingua e i bisogni delle
comunità.
I dati, i risultati, le suggestioni scaturite dall’inchiesta sono in numero enorme:
un’analisi non cursoria di questo materiale necessiterà di molto tempo e, ci auguriamo,
di competenze anche molto diverse: non solo di linguisti, ma di sociologi, di pedago-
ghi, di statistici, storici, politologi, di psicologi della società; quello che qui possiamo
9
La presente ricerca è stata redatta, dove non altrimenti specificato, da Gabriele Iannàccaro. All’inizio di
ogni capitolo sono indicati i ricercatori principali per ciascuna parte. Responsabile logistica e scientifica
per il MIUR è stata Tiziana Senesi, per l’INVALSI Lina Grossi.
| 20 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
presentare non è – ovviamente – che una prima parziale elaborazione, di necessità limi-
tata in ampiezza e profondità. È importante notare che, così come il progetto (che pre-
sentiamo subito sotto) è concepito come fortemente unitario pur nelle sue diverse parti,
che tuttavia possono essere valutate e considerate solamente le une in corrispondenza
con le altre, anche la presente relazione vuole porsi come sintetica, al di là delle eviden-
ti – e ovvie – differenze, talora assai marcate, fra una situazione di minoranza e l’altra,
mostrando linee di tendenza (e nel migliore dei casi suggerendo indicazioni operative)
idealmente valide per tutte le situazioni considerate; in modo che, con gli adattamenti
e le localizzazioni del caso, possano essere di utilità comune all’implementazione delle
lingue di minoranza nelle scuole della Repubblica. In questo, ci pare, veniamo incon-
tro alle condizioni reali di indirizzo e intervento del MIUR, che legittimamente opera,
pur con attenzione alle singole realtà territoriali, attraverso provvedimenti e indirizzi in
massima parte di tipo globale.
Partendo da queste premesse è stato così approntato un progetto di ricerca che potes-
se venire incontro a esigenze conoscitive e di intervento diverse, e che nel contempo for-
nisse un’immagine insieme globale e dettagliata della realtà – complessa – da analizza-
re: ne risulta una serie di interventi multipli ma coordinati, ognuno dei quali affronta uno
specifico nodo conoscitivo, e tuttavia da valutare insieme perché possano offrire risulta-
ti significativi, dal momento che ogni sezione illumina e approfondisce le altre. Vedremo
fra poco alcune delle implicazioni teoriche e metodologiche che soggiacciono ad un tale
progetto: eccone comunque di seguito i punti rilevanti, perché possano costituire una
sorta di canovaccio e riferimento per la lettura dei passi successivi.
LINGUE DI MINORANZA E SCUOLA. A DIECI ANNI DALLA LEGGE 482/99.
Inchiesta conoscitiva sulle condizioni del plurilinguismo scolastico
nelle comunità di minoranza della Repubblica Italiana
Lo studio – da svolgere in un anno di attività – si articola in quattro punti, presentati e pre-
visti in ordine logico e anche grosso modo cronologico e si pone idealmente come globale, ossia
volto a indagare, nelle loro affinità e differenze, le comunità di minoranza della Repubblica
ammesse a tutela secondo la legge 482/99 e nelle quali sia previsto un insegnamento della lin-
gua territoriale tutelata, in modo da costituire una base conoscitiva completa e una piattaforma
di partenza omogenea ma dettagliata per qualunque azione o riflessione successiva.
Il territorio e il contesto
La legge 482/99 non si è rivolta ad una società civile completamente vergine per quanto
riguarda l’insegnamento e l’apprendimento di lingue territoriali altre rispetto all’italiano; da
Il progetto | 21 |
tempo ormai in territori specifici della Repubblica sono in vigore ordinamenti scolastici par-
ticolari, che assicurano la presenza e l’insegnamento della (e nella) lingua di minoranza delle
diverse comunità: basta pensare alle scuole della Valle d’Aosta, o delle Province di Trieste o
Bolzano. Ora, la legge non si sostituisce a tali realtà scolastiche, ma si affianca loro, assicu-
rando una copertura anche ai territori e alle comunità che prima non godevano di tutela.
È dunque necessario un breve studio preliminare volto a interpretare il territorio secondo le
leggi in vigore per impostare un’analisi omogenea dei dati che tenga conto delle diverse situazioni
legislative di partenza e dei loro riflessi sul sistema scolastico. Inoltre, la comprensione dell’am-
biente linguistico circostante nel quale sono inseriti allievi e insegnanti è fondamentale per capire
l’impatto delle iniziative scolastiche che si intraprendono sul territorio e per la loro valutazione.
Una tale inchiesta è prevista presso l’amministrazione di ogni singolo comune di minoran-
za su specifici punti applicativi previsti dalla legge; in particolare sulla eventuale presenza e sul
grado di bilinguismo della Pubblica Amministrazione; sulla data a partire dalla quale il comu-
ne è eventualmente bilingue; sul tipo di bilinguismo previsto per il comune. L’inchiesta, che
potrà avvalersi anche di dati già a disposizione, si svolge tramite un questionario on line da sot-
toporre a dipendenti locali della Pubblica Amministrazione: i dati sono inseriti in una pagina
web e vengono direttamente analizzati, senza passaggi aggiuntivi, da un’apposita banca dati.
Le domande sono bilanciate per ottenere:
1. La classificazione dei Territori della Repubblica per tipo di legge di tutela cui sono
sottoposti e dei sistemi scolastici derivanti dalle diverse legislazioni in vigore. (art. 3
legge 482/99 e leggi regionali).
2. Una fotografia della reale applicazione della legge 482 nelle amministrazioni locali
(artt. 7, 8, 9 legge 482/99).
La scuola: legge e applicazione
Le realtà scolastiche di minoranza sono assai variegate fra loro, e le condizioni di appli-
cazione della legge 482/99 e delle disposizioni locali (peraltro citate nel corpo della legge)
molto diverse; è quindi di primaria importanza un’indagine omogenea e standardizzata su
tutto il territorio statale, proprio per meglio valutare, nelle differenze, le ricadute della legge.
È inoltre assai utile riuscire a comparare le condizioni di insegnamento e apprendimento delle
lingue tutelate, per migliorare ulteriormente i servizio che offre il Ministero alle singole real-
tà locali. L’inchiesta si occupa pertanto di verificare i seguenti punti:
1. Le scuole: quali scuole hanno avviato programmi di insegnamento di lingua di mino-
ranza, a che livello, con che frequenza scolastica.
2. Autonomia scolastica e legge 482: che tipo di autonomia esiste nella scelta – da parte
dei singoli istituti scolastici – di personale, programmi e materiali e nel rinvenimento
di risorse umane.
3. I progetti: quale è la realizzazione effettiva e quale l’impatto sul plurilinguismo sco-
lastico dei progetti finanziati dal Ministero. In quest’ottica sarà opportuno valutare
comparativamente i progetti depositati a due/tre altezze cronologiche diverse.
4. Le lingue: quale lingua si insegna; quanta lingua si insegna; la lingua di minoranza è
in condizione lingua veicolare o lingua soggetto di insegnamento, quali materie sono
coinvolte nell’insegnamento in lingua.
| 22 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
5. La didattica: quali sono i libri di testo e materiali di riferimento adottati (se cioè sono
endo o eteroporodotti, quali sono gli eventuali apporti esteri); questo punto compren-
de anche la raccolta e analisi didattica dei libri di testo adottati.
6. Lingua e cultura: qual è il rapporto fra lingua e cultura prefigurato nelle diverse isti-
tuzioni scolastiche; comprende l’analisi etnografica dei libri di testo.
L’inchiesta ha come punto di riferimento ognuna delle Istituzioni scolastiche (Scuole del-
l’infanzia, Scuole primarie, Scuole secondarie di I grado) nelle quali ricada almeno un comune
dichiaratosi di minoranza; si svolge con questionario standardizzato (via pagina web) attraver-
so il quale si indagano e esplicitano (con metodologie escussive appositamente studiate) i punti
indicati sopra. Una tale inchiesta ha il vantaggio, appunto, di essere uniforme sul territorio al di
là dei mezzi legali e finanziari attraverso i quali si attuano le iniziative di tutela della lingua, e
di arrivare, idealmente, ad una conoscenza oggettiva dei risultati ai quali perviene la legge nel
suo spirito, ossia la rivitalizzazione e la tutela delle lingue di minoranza della Repubblica.
Parallelamente si procede con l’analisi e la valutazione dei progetti presentati al
Ministero: una tale analisi è di importanza assai rilevante, perché permette di conoscere più
nel dettaglio, tramite la loro comparazione, le singole iniziative messe in campo; dà inoltre
delle indicazioni assai preziose di tipo metascientifico: permette cioè di capire quali sono,
secondo l’opinione dei dirigenti scolastici, i provvedimenti che nella diverse comunità ven-
gono ritenuti più adeguati per la tutela linguistica. Di non minore interesse è la raccolta, cata-
logazione e studio dei materiali didattici, che saranno conservati in un’apposita sede e resi
disponibili alla comunità scolastica e scientifica.
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative
È poi di primaria importanza valutare le ricadute dei progetti e delle iniziative scolastiche
sui diretti interessati, ossia sugli studenti, sugli insegnanti e sui genitori, indagando in loro la
percezione dell’adeguatezza delle iniziative, la loro ricezione, il grado di soddisfazione e le
aspettative riguardo il futuro. A tal fine sarà utilizzata la metodologia, già utilmente impiega-
ta in situazioni comparabili in comunità di minoranza, del focus group creativo, ossia dell’in-
tervista suggestiva di gruppo, nella quale, sotto la guida di esperti psicologi, emergono moti-
vazioni e pulsioni profonde dei partecipanti riguardo al tema che viene proposto loro. Sono
previsti, per ogni area omogenea, gruppi di 3 inchieste (ossia un gruppo di studenti, uno di
insegnanti, uno di genitori); tali inchieste si svolgono in scuole target preventivamente sele-
zionate per minoranza o area, per un totale di 18/20 scuole. Sembra ragionevole prevedere 7
aree omogenee (Valle d’Aosta; Trentino-Alto Adige; Friuli; Venezia Giulia; Italia settentrio-
nale; Sardegna; Italia centrale e meridionale). Nel corso dei focus group saranno valutati:
1. L’adeguatezza percepita dell’offerta scolastica
2. La qualità percepita dell’offerta scolastica
3. Il grado e il tipo di integrazione della lingua di minoranza nell’offerta scolastica
4. I desiderata linguistici (ossia il numero, tipo e varietà di lingue, di minoranza e non,
che si vorrebbero insegnate, le eventuali Wunschsprachen), quelli didattici (come e
quanto si vorrebbe che fossero insegnate), quelli formativo/lavorativi (quello che ci si
aspetta dalla loro conoscenza e insegnamento).
Il progetto | 23 |
La Scuola: valutazione esterna
Oltre alla valutazione per così dire interna è necessaria un’inchiesta oggettiva che renda
conto delle effettive competenze raggiunte dagli alunni nelle scuole dove si insegna una lin-
gua di minoranza; e non tanto e non solo nella lingua di minoranza (la valutazione omoge-
nea della competenza nella quale può rivelarsi particolarmente ardua) ma soprattutto nelle
altre materie curriculari – per verificare se l’aggiunta di una lingua e le modalità di aggiunta
e di insegnamento della stessa siano di giovamento o di peso, o indifferenti, rispetto all’ap-
prendimento generale dello studente. Questa parte valutativa, che deve necessariamente
seguire in senso cronologico i punti 1., 2. e 3. precedenti, sarà condotta dall’INVALSI, cui
verranno eventualmente fornite specifiche competenze di tipo linguistico e sociolinguistico.
Le scuole campione coinvolte saranno quelle già previste al punto 3. Si prevede dunque di
approfondire:
1. I risultati di apprendimento in generale
2. L’apprendimento in specifico dell’italiano, della matematica e delle scienze.
Il progetto è stato approvato dal Gruppo di lavoro sulle minoranze linguistiche di
cui alla Legge 482/99 istituito con DD 54/2009 - nella riunione del 10 novembre 2008.
Per maggiore chiarezza ci riferiremo in seguito al seguente schema a punti: Punto 1:
indagine conoscitiva sui Comuni, (indagine condotta in collaborazione con il
Dipartimento Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri); Punto 2.1:
indagine a tappeto sulle scuole; Punto 2.2: valutazione dei progetti sottoposti al
Ministero; Punto 2.3: analisi degli strumenti didattici; Punto 3: focus group; Punto 4:
Rilevazione degli apprendimenti (condotte dall’INVALSI).
| 25 |
Capitolo secondo
Presupposti metodologici
Un’inchiesta così concepita esige la partecipazione di professionalità e competenze
diverse, che abbiano specializzazioni mirate in approcci quantitativi e qualitativi, e che
siano al contempo abituate a lavorare in gruppo e a condividere riflessioni e esperienze.
Per i punti 1, 2 e 3, i ricercatori che sono stati attivati per questo lavoro provengono – al
di là delle loro importanti esperienze personali – dall’«officina» del Centre d’Études
Linguistiques pour l’Europe (CELE), gruppo di studio appunto specializzato in inchie-
ste sociolinguistiche e di pianificazione linguistica su ampia scala, o sono docenti o col-
laboratori a vario titolo dell’Università degli studi di Milano-Bicocca dove, sotto la dire-
zione della cattedra di Sociolinguistica o di Pianificazione Linguistica, hanno lavorato a
imprese comparabili negli anni scorsi (ricordiamo che il punto 4 del progetto
“Rilevazione degli apprendimenti” sarà curato direttamente dall’INVALSI).
Vale dunque la pena di richiamare brevemente la metodologia di base che è stata poi
adattata alla presente ricerca; partiremo dal versante quantitativo (punti 1 e 2), in cui
questo tipo di inchieste sono generalmente condotte tramite questionari stampati, appo-
sitamente elaborati in modo da adattarsi alle realtà locali così come alle esigenze scien-
tifiche dei progetti; comprendono in genere domande a struttura chiusa (multiple choi-
ce) e prevedono tempi di compilazione piuttosto brevi. Le domande, bilanciate e con-
cepite in modo da permettere più di una verifica della coerenza interna delle risposte,
si rivolgono principalmente al livello soggettivo dell’esperienza linguistica da parte del
parlante. E questo per una duplice ragione: la prima è legata alle condizioni stesse della
raccolta di dati linguistici con un questionario, estremamente problematica se pretende
di accedere immediatamente al livello dell’oggettività. Il ricercatore non può controlla-
re la realtà delle risposte, e l’informatore può non essere in grado di descrivere ogget-
tivamente il suo comportamento linguistico. La seconda ragione è che, appunto per il
suo contenuto soggettivo, le persone rispondono non tanto su che cosa fanno, con la lin-
gua, ma su cosa ritengono di fare, ossia su cosa credono che bisognerebbe fare nelle
situazioni linguistiche proposte. Ciò permette, una volta riconosciuta questa caratteri-
stica dell’indagine con questionario, di sfruttarla a vantaggio del ricercatore, permetten-
do valutazioni che accedano al livello della coscienza linguistica dei parlanti, alle con-
dizioni del contatto linguistico per come lo vedono i parlanti, e che dunque abbiano un
| 26 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
valore predittivo e rappresentativo della posizione «ideologica» della comunità.
L’inchiesta con questionario, se questo è appositamente bilanciato, si rivela dunque uno
strumento assai sensibile, proprio in quelle situazioni dove alle varietà di lingue in com-
presenza si attribuiscono particolari valori identitari. Se ne ricava, fra l’altro, l’immagi-
ne che della lingua si fanno i parlanti, immagine che può colorarsi di significati ideolo-
gici, studiare i quali è indispensabile per la comprensione della situazione sociolingui-
stica e dell’insegnamento linguistico, e prerequisito importante per ogni azione even-
tuale di normalizzazione e pianificazione.
Ora, la costruzione dei questionari per il punto 1. e 2.1. (d’ora in poi Q1 e Q2) ha
richiesto qui adattamenti particolari, che derivano sia dal mezzo attraverso il quale il
questionario è stato proposto a chi risponde (una pagina web), sia alla natura parzial-
mente diversa della realtà da indagare. Per questo secondo aspetto, il più rilevante teo-
reticamente, andrà intanto osservata la grande eterogeneità possibile dei nostri informa-
tori: sindaci, impiegati comunali, addetti di diverso tipo per il Q1; insegnanti, presidi,
ma anche segretari scolastici per il Q2. In questi casi, nell’impossibilità di modulare il
questionario a seconda del destinatario, bisogna di forza far sì che sia comprensibile e
usabile al meno favorito degli utenti previsti; andrà tenuta in grande considerazione,
inoltre, la presumibilmente scarsa motivazione alla risposta da parte dell’informatore
medio, che si dedica al compito per obbligo o nel migliore dei casi per senso del dove-
re. Si aggiunga che chi risponde ha la coscienza di fornire dati che non si riferiscono
alla sua personale situazione, ma di rappresentare in quel momento una realtà astratta
(il Comune o la Scuola), che potrebbe conoscere solo superficialmente o le cui scelte
riguardo alle materie di cui si tratta potrebbe non approvare.
E veniamo al tipo di realtà indagata: non soggettiva, che, come si è visto, è particolar-
mente adatta alla rilevazione con questionario in assenza del ricercatore; piuttosto si richie-
dono a chi risponde valutazioni e informazioni di tipo oggettivo, di resoconto di attività o
stati reali. Non siamo davvero in presenza di rischi legati al noto Observer’s Paradox, dal
momento che vengono richieste informazioni facilmente verificabili perché esito di docu-
menti o prese di posizione ufficiali, tuttavia il grado o la valutazione di tali informazioni
possono essere soggetti ad arbitrio. Per esempio, come sarà discusso anche in seguito, c’è
nel Q1 una domanda sulla toponomastica bilingue presente nel territorio comunale; deve
essere chiaro che il livello di realtà a cui questa domanda si riferisce è duplice: da un lato
quella oggettivamente verificabile di una delibera comunale che permette o incoraggia
l’uso di toponimi in Lingua di Minoranza (LM), dall’altro l’interpretazione del territorio
da parte del rispondente. Di conseguenza le domande – e le risposte proposte – devono
essere poche e incisive, per non stancare il risponditore, generali (ma non generiche, ossia
percepite come di ampio scope ma tali da permettere analisi anche di tipo dettagliato il
meno interpretabili possibile), interpretabili con una certa larghezza dal rispondente, ma
non travisabili, e tali da comunicare a chi risponde l’impressione che la domanda e rispo-
ste accluse siano adatte al suo proprio territorio. Per continuare l’esempio toponomastico,
la domanda è appunto una, perché si possa adattare a ogni realtà: non abbiamo chiesto di
Presupposti metodologici | 27 |
specificare se si tratta di micro- o macrotoponomastica, o di nomi delle vie o frazioni o
contrade, o posizione del cartello , o quanti cartelli e così via, perché non tutte queste real-
tà possibili si adattano a tutti i comuni potenzialmente raggiunti dall’inchiesta.
Per la teoria del questionario si vedano anche: Atteslander 1987-88, 2003; Bouquiaux-Thomas 1971;
Bourhis-Giles-Rosenthal 1981; Corbetta 1999; de Vries 1985; Eichhoff 1982; Foddy 1995; Galloway
1997; Gendall 1998; Kirchhoff-Kuhnt-Lipp-Schlawin 2009; Mayer 2009; Porst 2008; Raab-
Steiner/Benesch 2008; Walonick 2004
2.1 Inchieste qualitative
Accanto e parallelamente all’inchiesta quantitativa è necessario prevedere una serie
di indagini di approfondimento di tipo qualitativo, da condursi per così dire come «caro-
taggio» presso le minoranze territoriali. L’idea fondante è quella di scoprire, attraverso
indagini condotte in piccoli gruppi, quali valori e quali aspettative (positive o negative)
le specifiche comunità scolastiche legano ai codici che sentono fondamentali per il pro-
prio posizionamento linguistico, e in particolare quale possa e debba essere il ruolo della
Scuola e della Legge 4802/99 per l’armonico sviluppo linguistico della comunità. Si è
cercato cioè di offrire una visione «emica» – ossia dall’interno – della legge e del suo
impatto sul territorio 10, insieme con proiezioni e aspettative profonde riguardo al futuro,
alla ricerca di più specifiche e profonde interpretazioni dei dati numerici.
Ora, la metodologia di ricerca qualitativa fornisce contributi conoscitivi peculiari;
consente di acquisire e verificare informazioni che, per la loro angolazione conosciti-
va, sono difficilmente ottenibili con altri tipi di ricerche. Le sue caratteristiche princi-
pali risiedono nella capacità di andare al di là dei fatti palesi, delle espressioni manife-
ste e delle dichiarazioni esplicite e nell’individuazione dei meccanismi profondi che
sono alla base degli atteggiamenti o dei comportamenti. Le tecniche che applica si ispi-
rano a e sono mutuate dalle scienze sociali: dalla psicologia clinica dall’antropologia, e
dalla semiotica in particolare. Il suo obiettivo principale è quello di studiare i fenome-
ni in situazioni il più possibile simili a quelle naturali, e interpretarli attraverso i signi-
ficati che le persone attribuiscono a questi contesti e a questi fenomeni.
Per questo il progetto di una ricerca qualitativa deve sempre essere particolarmente
rigoroso, al fine di ottenere risultati significativi e comparabili; ciò si ottiene delimitan-
do in modo molto netto l’oggetto di studio e stabilendo ipotesi iniziali da approfondi-
re. L’universo da indagare, con le sue caratteristiche principali, va individuato con chia-
rezza: solo in questo modo sarà possibile programmare un piano di campionamento
valido e individuare efficacemente il campione da intervistare. Ugualmente importante
10
Seguendo Pike 1967, intendiamo con «etico» il tipo di sguardo dall’esterno nei confronti del proprio
oggetto di ricerca, caratteristico delle scienze matematiche e degli approcci positivisti e neopositivisti; lad-
dove con «emico» si intende la valutazione dall’interno dei fenomeni, che cerca di assumere (anche se non
di annullarsi al suo interno) il punto di vista dell’oggetto di studio. È caratteristico delle scienze sociali di
impronta weberiana e degli approcci interpretati visti. Cfr. anche Carpitelli-Iannàccaro 1995.
| 28 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
è la definizione delle modalità dell’intervista (che può essere strutturata, semi-struttu-
rata, aperta, in profondità, singola, di coppia o di gruppo, focus group), in seguito alla
quale si procederà alla stesura della traccia del colloquio. Segue poi l’effettivo lavoro
sul campo vero e proprio, in cui le interviste sono condotte – in ambiente adeguato –
da un intervistatore professionista, e registrate/osservate da un co-conduttore o da un
recorder opportunamente istruito.
È anche utile porre mente al tipo particolare di presentazione dei risultati, che si basa
su analisi dei singoli gruppi in forma narrativa 11, ovvero attraverso il racconto di quan-
to è avvenuto durante le interviste o la descrizione dei casi, utilizzando spesso le stes-
se parole degli intervistati (verbalizzazioni o verbatim). L’obiettivo è quello di non alte-
rare il materiale raccolto, perché possa essere tutto presente nella sua interezza e com-
plessità al momento dell’analisi vera e propria – non più questa in forma narrativa
(anche se, volutamente, è concepita per essere di facile accessibilità e conserva tracce
di emicità rispetto al soggetto indagato), ma studiata per rispondere alle questioni impo-
state al momento della preparazione della ricerca. Le acquisizioni scientifiche di questi
metodi sono particolarmente adatte per essere utilizzate come linee guida per attività di
intervento o per ulteriori ricerche.
In conseguenza alle linee generali del Progetto di ricerca, in questa inchiesta sulla
legge 482/99 si è scelto di utilizzare la tecnica del focus group esteso-proiettivo-creati-
vo, applicato a gruppi omogenei di studenti, insegnanti e genitori. Il focus group segue
le stesse prospettive generali della ricerca qualitativa, di cui fa parte; la tecnica risale agli
anni ‘40, quando Merton, uno dei più influenti sociologi del XX secolo, denominò con
questo termine la rilevazione di opinioni o atteggiamenti mediante un’intervista di grup-
po. Questo tipo di ricerca si è poi evoluta e ne sono stati introdotti tipi diversi a seconda
dell’ambito di ricerca in cui essa è stata utilizzata, ai suoi scopi, al suo grado di struttu-
razione e al ruolo del moderatore. Ci sono però elementi che rimangono comuni anche
al variare di diversi tipi di focus group; fondamentale è per esempio l’importanza del-
l’interazione tra i partecipanti: discussione e confronto sono infatti ampiamente agevo-
lati al fine di far emergere opinioni, motivazioni, tipizzazioni. Anche il fatto che la
discussione avvenga tra pari, in un gruppo omogeneo, è uno dei fondamenti dei focus
group, che è strutturato al fine di creare una situazione il più naturale possibile, simile a
quelle in cui normalmente si formano le opinioni nel confronto fra le persone. Assume
poi grande importanza la composizione consapevole dei gruppi secondo la cosiddetta
strategia della segmentazione (Morgan 1996), ovvero della selezione di alcune variabili
che garantiscono l’omogeneità interna dei gruppi – favorendo così la discussione e lo
sviluppo di opinioni condivise e, al tempo stesso, la comparabilità fra gli stessi.
Va tuttavia sottolineato che il focus group si differenzia in maniera piuttosto netta
dalla semplice intervista di gruppo, con cui a volte viene confuso; Morgan (1988) l’ha
definita come una tecnica a sé stante, di natura intermedia tra l’intervista e l’osserva-
zione. Il focus group permette infatti di indagare i fenomeni, le idee, le opinioni, le
diverse posizioni che emergono all’interno di situazioni di gruppo create e strutturate
11
Parallelamente a quanto avviene nel campo della cosiddetta Narrative Anthropology.
Presupposti metodologici | 29 |
dai ricercatori; permette cioè di far interagire un gruppo medio-piccolo di persone –
normalmente tra i 5 e i 10 – come già detto fra loro piuttosto omogenee e che abbiano
familiarità con le tematiche in discussione, su un argomento specifico e ben delimitato.
Il clima rilassato e positivo che si instaura favorisce risposte e reazioni spontanee utili
all’indagine.
Le interviste sono guidate da uno psicologo o da un ricercatore esperto, in grado di
gestire le dinamiche di interazione che si vengono a creare, che impedirà quindi il mono-
polio della discussione da parte di un gruppo ristretto e stimolerà la partecipazione anche
dei più riservati, senza essere così direttivo da soffocare la libera espressività dei parte-
cipanti. Allo stesso tempo fungerà da facilitatore della conversazione, preoccupandosi di
sviscerare il problema in tutti i suoi aspetti, e da guida per le eventuali attività meno
razionali previste dalla traccia. A differenza dell’intervista di gruppo, che – beninteso
volontariamente e in modo scientificamente rigoroso – si ferma alle esplicite affermazio-
ni dei presenti, i focus group consentono di comprendere 12, attraverso una discussione
guidata, i fenomeni investigati, i concetti e le motivazioni anche non razionalmente
espresse. Il moderatore, seguendo una traccia più o meno strutturata, propone ai parteci-
panti stimoli diversi, che possono essere di tipo verbale (domande dirette, frasi, defini-
zioni, associazioni libere) o visivo (fotografie, disegni, vignette, filmati) e propone talo-
ra attività pratiche, come la realizzazione di cartelloni, collages o altri manufatti.
Dalle risposte a questi stimoli scaturisce la discussione tra i partecipanti. La caratte-
ristica principale dei focus group sta proprio nell’interazione che si crea nel gruppo e
che produce idee e stimoli più profondi e significativi rispetto a quelli otteniili dalle
normali interviste. La tecnica si basa sull’analisi del contenuto, ed è particolarmente
efficace per esplorare tematiche sociali ed educative; la metodologia seguita è quella
consolidata ormai da alcuni decenni nelle ricerche qualitative negli ambiti della socio-
logia, del marketing, dei servizi, della politica e dei media, cui recentemente si stanno
aggiungendo l’antropologia e la linguistica.
Il focus group creativo, in particolare, si propone di ricercare, insieme ai partecipan-
ti, soluzioni a problemi, strade comuni percorribili, interpretazioni a fenomeni sociali,
analizzando il risultato di giochi proiettivi creativi che permettono di abbandonare le
barriere più razionali e far emergere le motivazioni profonde che stanno dietro ad affer-
mazioni e opinioni.
«In alcuni casi l’interazione, e in particolare l’interazione di un gruppo, può essere pro-
duttiva di approfondimenti e favorire la comprensione del ricercatore. Per esempio, al
fine di capire quali sono le motivazioni che spingono gli elettori a votare per [un partito
politico] ed a maturare un sentimento di ostilità verso il governo centrale, può essere utile
radunare in una stanza dieci simpatizzanti intraprendere con loro una discussione attor-
no al perché votano per [quel partito]. Dalla discussione possono uscire motivazioni che
non sarebbero emerse in colloqui individuali; inoltre essa può, meglio del colloquio indi-
viduale, far emergere l’intensità dei sentimenti, facilitando i confronti fra diverse posi-
12
Nel senso proprio di Verstehen, secondo la tradizione di Dilthey e Weber.
| 30 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
zioni.. […] Molte volte, come scrive Herbert Blumer, uno dei teorici della ricerca quali-
tativa, “un numero limitato di individui, purché siano nello stesso tempo ben informati e
acuti osservatori radunati assieme a discutere in gruppo è di gran lunga più utile di un
campione rappresentativo Un tale gruppo, dove ognuno discute collettivamente la sua
parte di vita ed è costretto ad approfondirla nel confronto col dissenso degli altri, contri-
buirà a sollevare i veli che nascondono la realtà (…) più di qualsiasi altra tecnica che io
conosca”». (Corbetta (1999: 421-422, riadattato) 13.
Queste considerazioni espresse in ambito sociologico sono trasportabili anche sul
piano linguistico: tramite l’interazione e il gioco proiettivo cui si sono prestati i nostri
informatori, nel modo che sarà specificato nell’illustrazione delle tracce di discussione,
sono emerse informazioni che ci hanno permesso di comprendere la visione dei rappor-
ti fra italiano, codice minoritario e altre lingue presenti, in relazione alla scuola e al ter-
ritorio; i gruppi ci hanno fornito indicazioni precise di azione e proposte da integrare
con gli altri punti del Progetto in modo da ottenere un quadro diagnostico e propositi-
vo. Va osservato che, pur essendo la tecnica molto innovativa per l’ambito delle inchie-
ste sociolinguistiche, abbiamo potuto basarci sulla specifica competenza dei ricercato-
ri del CELE, che hanno appunto inaugurato questo tipo di analisi sul territorio italiano
con inchieste nel Friuli e in Lombardia14; l’applicazione della metodologia alla socio-
linguistica vede la stretta collaborazione di linguisti e ricercatori qualitativi: i primi
indicano i punti che, a priori, si ritengono rilevanti per l’analisi, le linee guida della
ricerca e le necessarie informazioni di background, sulle scorta delle quali gli psicolo-
gi approntano la tracce che devono servire da base per l’animazione e conducono l’ani-
mazione stessa.
Per riferimenti sul focus group si possono vedere: Angermüller 2006; Berg 19986; Bogdan-Biklen 2007;
Corbetta 1999; Corrao 2005; Erickson-Nosanchuk 1979; Ezzy 2002; González y González 2004;
Iannàccaro-Dell’Aquila 2004; Hatch 2002; Kreuger 1988; Leech-Onwuegbuzie 2007; Maynard 2006;
McMillan-Schumacher 2001; Mogan 1996, 1998; Strauss-Corbin 2003.
13
Le citazioni interne sono da Blumer 1969: 41, traduzione Corbetta.
14
Cfr. Iannàccaro 2002b, Iannàccaro-Dell’Aquila 2004. Iannàccaro-Dell’Aquila 2006b. Altri buoni esem-
pi di applicazione della metodologia sono i lavori condotti in Galizia dalla Real Academia Galega e
dall’Università di Santiago de Compostela. Una recentissima applicazione in ambito altoatesino, basata
esplicitamente sulle metodologie messe a punto dal CELE, è Dal Negro in stampa.
| 31 |
Capitolo terzo
Il territorio e il contesto*
Il punto 1. del progetto, come si ricorderà, è stato condotto in collaborazione con il
Dipartimento Affari Regionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha
messo a disposizione la sua rete di intervento sul territorio, partecipando attivamente
alla fase di raccolta sul campo. Ora, basandosi sulle considerazioni teoriche e metodo-
logiche sopra esposte, è stato approntato un questionario per l’autocompilazione da
parte dei dipendenti dei vari Comuni (Q1), che costituisse un compromesso bilanciato
fra le esigenze di completezza e utilizzabilità delle informazioni, la facilità e velocità di
compilazione – che è assolutamente necessaria in questi casi, in cui la motivazione alla
risposta è assai sbilanciata in favore del ricercatore – e le necessaria poca specificazio-
ne geografica.
Sono dunque state approntate le seguenti domande:
Numero Visualizzato Nome Tipo di domanda Risposte
1. Si Comune Lista look-up
2. No Provincia Calcolata
3. No Lingue Target Lista look-up
4. No/Si Data minoranza Immessa Data aperta se non già conosciuta
5. No Leggi Immessa In sintesi:
482: tutti i com. tranne pr. BZ
Stat. Auton. VdA: AO
Stat. Auton. BZ: BZ
Stat. Auton. TN: TN
L. Pr. TN 6/2008: TN
L.R. 26 Sardegna: Sardegna
Friuli FUR: UD, PN, GO
Trattato I - alleati: TS, GO
Friuli SLN: parte di UD, TS e GO
*
Referente scientifico: Vittorio Dell’Aquila (Vasa Universitet/CELE); referente logistico: Afra Balletta
(Open Lab, Firenze).
| 32 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
6. Si LT consiglio Multiple Choice La lingua di minoranza è usata
durante le sessioni del Consiglio
comunale? [Molto; abbastanza;
poco; per niente]
7 Si LT atti ufficiali Multiple Choice Gli atti del Comune sono redatti
anche nella lingua di minoranza?
[Tutti; la maggioranza; alcuni; gli
atti sono solo in italiano]
8 Si Struttura Multiple Choice Come sono strutturati gli atti bilin-
documento gui?] [Su colonne parallele, una
per lingua; prima una poi l’altra
lingua sulla stessa pagina; con le
lingue in fronte-retro; su fogli
separati]
9 Si LT rapporti Multiple Choice La lingua di minoranza è usata
col pubblico oralmente nei rapporti col pubbli-
co? [Spesso; abbastanza; poco;
mai]
10 Si TL telefono Multiple Choice La lingua di minoranza è usata per
telefono in modo sistematico?
[Sempre; di solito; talvolta; mai]
11 Si Supervisione Multiple Choice Il Comune ha intrapreso iniziative
bilinguismo di formazione per il bilinguismo
dipendenti dei dipendenti? [Sì; sono in pro-
gramma ma non ancora realizzate;
no]
12 Si Toponomastica Multiple Choice Nel territorio del Comune è presen-
te toponomastica bilingue? [Sì; è
prevista; no]
Tabella 1: Struttura Q1
Le prime cinque domande richiedono l’immissione di dati certi, alcuni dei quali
sono anzi già a disposizione del ricercatore; in particolare le domande 4. e 5., presenti
nel data base, sono già compilate in partenza del sistema al momento dell’immissione
del comune da parte del risponditore: non compaiono dunque nelle schermate di inter-
faccia, e per questo sono qui barrate. Un piccolo commento è invece necessario per le
domande seguenti, che sono state scelte perché gli argomenti cui si riferiscono sono
specificamente sezioni della legge 482/99 (cfr. oltre per i commi specifici). Le doman-
de si dividono in due gruppi: quelle che prevedono una risposta a differenziale seman-
tico – chiaramente, che sia comprensibile con facilità dal risponditore – e quelle a rispo-
sta polare; i differenziali semantici si basano su aggettivi o avverbi di uso comune, sca-
lati in maniera il più uniforme possibile e senza mai una risposta di mezzo, in modo tale
Il territorio e il contesto | 33 |
da non consentire al risponditore di non scegliere tra un versante comunque positivo e
uno in qualche modo negativo. L’uniformità degli scalini nelle scale semantiche ha per-
messo poi, in fase di elaborazione dei dati, di creare degli indici numerici per la com-
parazione delle risposte raggruppate per tipologia di minoranza.
Alcune domande (6. 9. 10.) si riferiscono direttamente ai rapporti col pubblico, in
modo da indagare il panorama linguistico percepito della comunità che ospita eventual-
mente la scuola di minoranza: altro è, come è evidente, una scuola inserita in un conte-
sto in cui al comune si risponde al telefono anche il LM, altra è una realtà scolastica che
non ha corrispondenza nell’amministrazione locale. Fra di loro, come è ovvio, la rispo-
sta positiva alla domanda 10. delinea una presenza più solida della LM nella società,
perché il contesto telefonico è più formale di quello della conversazione faccia a fac-
cia. Similmente, le domande 7. e 11. (collocate apposta più lontane l’una dall’altra)
implicano l’indagine sulla competenza scritta nella Pubblica Amministrazione, che
risente della presenza o no di corsi di alfabetizzazione per adulti 15; la 7. in certo senso
li presuppone, la 11. indaga della loro utilità percepita nella comunità.
È interessante osservare come le domande 11. e 12. sono polari pur avendo tre rispo-
ste possibili: in questo caso, le prime due sono sul versante ‘positivo’, differenziando-
si per il grado di attuazione della variabile, mentre la terza sola indica il rifiuto della
variabile medesima. Quanto alla domanda 8., che appare solo nel caso ci sia stata una
risposta positiva alla 7., le opzioni di risposta sono state proposte poiché ad ogni strut-
tura di documento indicata può corrispondere una diversa concezione del rapporto fra
LM e lingua di maggioranza. In questi casi, come per molti altri ambiti in cui la parte
fisica delle lingue viene a contatto con gli utenti, si pone il problema di decidere se i
documenti prodotti dai vari livelli delle amministrazioni debbano essere scritti in diver-
se redazioni ognuna monolingue o in un’unica redazione plurilingue: nel primo caso si
assicura teoricamente a ogni codice lo stesso trattamento e, nel caso di forti sbilancia-
menti di prestigio tra i codici, l’almeno formale completa equiparazione: questa solu-
zione potrebbe rivoltarsi però contro la lingua più debole quando i testi scritti in questa
siano ignorati dalla grande maggioranza della popolazione. Inoltre, il dover scegliere e
usare una lingua piuttosto che un’altra negli atti ufficiali potrebbe creare discriminazio-
ni verso gli utenti di uno dei codici. La redazione di documenti bilingui, d’altro canto,
presenta il problema di una molto minore leggibilità e nettezza di redazione e ha in più
lo svantaggio di far sembrare in qualche modo sotto tutela la lingua più debole, che non
compare mai da sola, ma sempre accompagnata dalla sua «sorella maggiore». In com-
penso, assicura una piena comprensibilità a tutti gli utenti e un’effettiva parità di tratta-
mento a tutti i codici, giacché la lingua minore è comunque proposta a tutti i potenzia-
li lettori. I modelli di società bi- o plurilingue che soggiacciono ai due diversi sistemi
di redazione degli atti per il pubblico sembrano poi puntare verso direzioni differenti:
la redazione di documenti diversi monolingui parrebbe configurare una società in cui
15
Questo è vero, in controluce, per le comunità in cui da decenni è attiva un’istruzione formale nella LM:
Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Province slovene della Venezia Giulia, che non hanno bisogno di
corsi specifici di formazione.
| 34 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
sono percepite sullo stesso territorio comunità distinte, ognuna delle quali potenzial-
mente quasi monolingue; sembra anche essere tipico di comunità plurilingui in cui
entrambi i codici siano grandi lingue di comunicazione. Di contro, l’opzione di redige-
re testi plurilingui sembra prefigurare una società unica in cui i codici sono teoricamen-
te a disposizione di tutta la comunità: sembra anche più adatta per la promozione, alme-
no temporanea, di lingue minori, appunto perché assicura loro una forte visibilità pres-
so tutta la popolazione e nel frattempo evita di rendere palesi eventuali scompensi
eccessivi nella fruizione dei due codici. La valutazione delle singole scelte nei comuni
interessati dà indicazioni importanti per considerare il tipo di plurilinguismo che la
scuola dovrebbe promuovere.
Per permettere la compilazione del Q1 è stato aperto un nome-a-dominio di terzo
livello (http://inchiesta482.celeuropa.eu) e conseguentemente una casella di posta elet-
tronica (inchiesta482@celeuropa.eu). Al questionario-aggiuntivo «Indagine Sportello
Linguistico e Formazione» si accedeva solo dopo aver correttamente compilato e vali-
dato il questionario-base; tale questionario aggiuntivo non è stato reso obbligatorio. Il
questionario era salvato solo al termine della compilazione (peraltro molto breve). Non
erano possibili compilazioni parziali su cui tornare a lavorare in seguito. Al termine
della compilazione appariva una schermata di conferma ed era inviata una e-mail con
il riassunto delle risposte sia all’indirizzo del compilatore, sia all’ufficio competente
presso gli Affari Regionali; inoltre il sistema memorizzava, per quel Comune, che il
questionario era stato correttamente compilato (non rendendo possibile la successiva
compilazione ed escludendo quel comune dai mailing di sollecito alla compilazione).
Lo sblocco di un Comune (in seguito a compilazioni errate) poteva essere effettuato
solo dall’amministratore del sistema.
Per quanto riguarda la consultazione dei dati, in ogni momento è stato disponibile ai
responsabili dell’inchiesta un file .csv (di formato costante e concordato) con i questio-
nari compilati e i relativi dati opportunamente normalizzati. Si è poi realizzata un’in-
terfaccia di interrogazione al sistema, per vedere il totale dei questionari compilati e
la situazione di compilazione (o non compilazione per Regione/Provincia/Singolo
comune).
Il territorio e il contesto | 35 |
Immagine 1: Interfaccia web del Q2
Già nel dicembre 2008 sono stati presi contatti con il Dipartimento Affari regionali
perché inoltrassero una lettera di presentazione che fosse considerata convincente dai
comuni stessi in modo da assicurare la più alta rispondenza possibile all’inchiesta. È
stato proposto di aggiungere una serie di domande specifiche sugli sportelli linguistici,
di interesse esclusivo del Dipartimento, domande che sono state incluse nel questiona-
rio e data-base, nel frattempo elaborato informaticamente dalla società Open Lab di
Firenze (http://www.open-lab.com/index_it.html) 16.
L’elenco dei Comuni da contattare è stato di base fornito dal Dipartimento Affari
Regionali, con qualche aggiustamento in corso d’opera con i ricercatori. Comprende i
Comuni che, secondo la legge 482/99, hanno deliberato di considerarsi di minoranza e
che tramite la Provincia hanno comunicato tale decisione al Dipartimento; a questi vanno
aggiunti i comuni che sono considerati di minoranza secondo lo statuto di autonomia della
Valle d’Aosta e della Provincia Autonoma di Trento. Questi comuni (e le scuole ad essi
collegate) hanno accesso ai fondi messi a disposizione dalla legge 482/99. I comuni della
Provincia Autonoma di Bolzano, avendo tutti uno statuto di bilinguismo o trilinguismo
speciale derivante dallo statuto di autonoma della Provincia, non sono considerati bene-
ficiari della legge 482/99, per decisione appunto della Provincia Autonoma. Nelle provin-
ce di Gorizia e Trieste esiste da decenni, regolato da trattati internazionali, un sistema sco-
16
Le domande di questa seconda parte sono presenti nel database così come ci sono state proposte dal
Dipartimento: il loro numero, la loro formulazione e le possibili risposte non sono state armonizzate alle
altre nei termini della teoria del questionario.
| 36 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
lastico in lingua slovena; i comuni sono tuttavia considerati di minoranza solo a partire
dalla legge 482/99 e rientrano dunque nella casistica principale.
È partita il 15 gennaio 2009 la fase di test online del questionario; e per tutta la durata
dell’inchiesta la collaborazione con il dott. Fedele è stata ampia, totale e estremamente effi-
cace per cercare di risolvere tempestivamente e nel modo migliore possibile i diversi proble-
mi che si sono presentati nel corso delle settimane successive 17. Il questionario è stato aper-
to ufficialmente alla compilazione il 21 gennaio e chiuso il 17 giugno 2009, dopo numerose
sollecitazioni alla compilazione dirette alle Regioni e ai Comuni da parte del Dipartimento,
e dopo che i dati avevano di fatto cessato di arrivare intorno alla metà di maggio.
È stata offerta ai Comuni e agli Enti massima collaborazione a chiunque riscontras-
se problemi nell’inserimento dei dati, tramite uno sportello e-mail e telefonico aperto
presso l’Open Lab di Firenze; fra gli episodi occorsi segnaliamo qui qualche questione
di interesse generale 18:
• l’introduzione fra le domande della seconda parte relativa agli sportelli linguisti-
ci ha posto problemi relativi alla presenza delle Comunità montane (CM), in talu-
ni casi titolari degli sportelli linguistici; a fine gennaio si decide di autorizzare le
CM alla risposta per gli sportelli di loro competenza; altri sportelli linguistici
(ricordiamo non compresi nel progetto originario, che era volto ai soli Comuni)
sono gestiti dalle Province o dalle Camere di commercio;
• si è verificato il caso di consorzi o unioni di comuni (o in taluni casi di Province)
che hanno risposto in maniera cumulativa; insieme con il Dipartimento è stato
studiato (intorno alla metà di febbraio) un sistema di attribuzione delle risposte;
• è emerso il problema dell’insufficiente o nulla dotazione informatica di un certo
numero di Comuni: verso la fine di febbraio viene dunque divulgata (a richiesta) una
versione del questionario in formato .pdf che potesse essere spedito, eventualmente
via fax e immesso manualmente negli studi di Open Lab. I questionari arrivati in tale
forma e dunque inseriti a mano sono circa 80 (circa un quarto di quelli presenti);
• da marzo, dopo prime considerazioni sulla distribuzione geografica delle rispo-
ste, si è proceduto a richiami mirati per equilibrare la rappresentatività dei dati;
va segnalato in particolare il caso della Sardegna, che, assolutamente assente fino
alla metà di aprile, fa giungere un terzo circa dei risultati attesi nel giro di una
settimana a partire dal 20 aprile.
Alla chiusura del questionario, il 17 giugno 2009, risultano giunte 324 entità/comu-
ne lingua su 1076 attese (poco meno di un terzo, il 30,11%).
17
La questione più seria ha riguardato l’impressione che l’inchiesta fosse principalmente dedicata agli spor-
telli linguistici e non a tutti i Comuni, generata da una lettera di pochi giorni precedente al varo del Punto
1 in cui si sollecitava la risposta ad un questionario non online in formato Excel incentrato appunto solo
sugli sportelli. La questione è stata immediatamente affrontata dal Dipartimento con una successiva circo-
lare diramata intorno alla metà di gennaio, ma verosimilmente ciò ha di fatto influenzato l’afflusso succes-
sivo dei dati (cfr. immediatamente sotto).
18
Una sorta di diario giornaliero delle operazioni è conservato presso l’Università di Milano-Bicocca ed è
disponibile per la consultazione.
| 37 |
Capitolo quarto
La Scuola: legge e applicazione
4.1 Le scuole di minoranza*
Parallelamente ai lavori per il punto 1 è stato approntato un questionario per le scuo-
le (Q2), anch’esso studiato per una facile autocompilazione in condizioni di motivazio-
ne sbilanciata.
Queste sono le domande proposte alle scuola:
Numero Nome Tipo di domanda Risposte Note
1 Provincia Lista
2 Comune Lista dipendente da provincia
3 Codice scuo- Immesso codice; se non c’è scrivere
la “99”; eventualmente controllo
da lista ma non bloccante
4 Codice Immesso codice; se non c’è scrivere
riferimento “99”; eventualmente controllo
da lista ma non bloccante
5 Comuni Immesso ISTRUZIONE SUL QUEST:
afferenti “separare i comuni con una
virgola”
6 Lingue Target Pulsanti i pulsanti sono sensibili alle
provincia; se NESSUNA:
questionario si divide doman-
da 6bis; se più d’una il que-
stionario si divide in due fino
alla fine
*
Referente scientifico: Vittorio Dell’Aquila (Vasa Universitet/CELE); referente logistico: Fiorenza Lipparini
(Università di Trento/CELE).
| 38 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
6bis. Ragione del Lista Quale è la ragione princi-
No pale per cui nessuna lin-
gua di minoranza viene
insegnata nella scuola?
[non c’è nessuna lingua di
minoranza sul territorio;
l’insegnamento della lin-
gua di minoranza non è
importante; non abbiamo
richiesta dalle famiglie;
vorremmo farlo ma non
abbiamo abbastanza fondi]
7 Tempo Numerica Da quanti anni la lingua di
limitata minoranza è presente nella
scuola? [box di risposta]
8 Quante classi Numerica In quante classi è attual-
limitata mente presente nell’inse-
gnamento la lingua di mi-
noranza? [box di risposta]
9 Insegnamento Numerica In questo anno scolastico
della lingua limitata (2008/2009) quante ore di
insegnamento DELLA lin-
gua di minoranza sono
previste in totale? [box di
risposta]
10 Insegnamento Numerica In questo anno scolastico
della lingua limitata (2008/2009) quante ore di
insegnamento di materie
diverse NELLA lingua di
minoranza sono previste
in totale? [box di risposta]
11 Numero Tre risposte Quanti sono i docenti co-
docenti numeriche involti nell’insegnamento
limitate della/nella lingua di mino-
ranza? [Tre box numerici:
di ruolo; precari; esterni]
12 Materiale Pulsanti Quali di queste tipologia di
didattico materiali didattici im-pie-
gate per l’insegnamento
della/nella lingua di mino-
ranza? [Fotocopie e altro
materiale autoprodotto; li-
bri a stampa prodotti dalla
scuola o da istituzioni cul-
turali locali; libri a stampa
prodotti fuori dalla comu-
nità o da stati esteri]
La Scuola: legge e applicazione | 39 |
13 Cultura Tendina I programmi didattici
sono più incentrati sulla
trasmissione della cultura
locale o sull’insegnamen-
to della lingua? [Cultura
locale; lingua]
14 Fondi 482 Tendina Per l’insegnamento della/
nella lingua di minoranza
vi avvalete di fondi messi
a disposizione dalla legge
482/99? [SÌ NO]
[15 Risorse Immesso In che proporzione incido- compare solo se la risposta è
economiche no i fondi della legge ‘sì’ a 14]
1 bis 482/99 sul totale dei finan-
ziamenti? [Totalmente, in
maggioranza, In parte rile-
vante, in parte minima]
16 Risorse Pulsanti Da quali altri enti proven-
economiche 2 gono i finanziamenti?
[Regione, Provincia, Co-
mune, Altri enti territoriali,
Scuola stessa, Privati; Nes-
sun altro finanziamento]
17 Motivazione Tendina Da quali altri enti proven-
gono i finanziamenti? [È
stato esplicitamente ri-
chiesto alla scuola; è una
risorsa economica; è un
arricchimento culturale; è
la lingua del territorio]
Tabella 2: Struttura Q2
Per tutto quello che è metodologicamente in comune con il Q1 si rimanda alla trat-
tazione fatta sopra. È notevole il fatto il Q2 preveda un’uscita rapida alla domanda 6.,
nel caso che la scuola non riconosca lingue di minoranza; questo perché il Q1 era con-
cepito per Comuni che già si erano dichiarati di minoranza, e dunque che hanno d’uf-
ficio, per così dire, le caratteristiche indagate del questionario; di contro il Q2 è rivolto
a enti che non hanno fatto una tale dichiarazione preventiva (come i Comuni), né che
sono obbligati dalla legge ad attivare misure di tutela della minoranza: è perfettamente
possibile che singole scuole non prevedano alcuna attività didattica a sostegno del LM
(e di fatto il caso si presenta abbastanza spesso).
Due domande si differenziano solo per l’uso di una preposizione: della/nella: nel
primo caso ci si riferisce evidentemente all’insegnamento formale della LM come
| 40 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
materia a parte, insegnamento che può eventualmente essere tenuto in italiano (paralle-
lamente a quanto accade per esempio con l’inglese); la seconda formulazione dice del-
l’uso della LM come codice attraverso il quale insegnare materie diverse: ciò viene
incontro all’art. 3. della legge 482/99, che prevede, accanto all’uso della lingua italia-
na, anche quello della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educati-
ve. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado è previsto l’impie-
go anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento. Questa distin-
zione tramite le preposizioni (in maiuscolo), che può parere piuttosto sottile, è stata tut-
tavia preferita a scapito di denominazioni già presenti quali «curriculare» (‘della lin-
gua’) e «veicolare» (‘nella lingua’) perché in parte fuorvianti e perché non necessaria-
mente conosciute da tutti colori che ci si aspetta rispondano al Q2.
I tipi di risposta previsti per il Q2 sono più vari rispetto a quelli del Q1: oltre a rispo-
ste puramente numeriche (su quante ore, poniamo, di insegnamento si tengono), ce ne
sono che prevedono la scelta di opzioni diverse, non necessariamente legate a alcun dif-
ferenziale semantico; tali per esempio la 6bis., 12., 16., 17. Queste risposte si riferisco-
no o a condizioni concrete che si verificano sul territorio o valutazioni percepite di
diverse tematiche da parte dell’operatore; vale la pena di commentare un poco le rispo-
ste alla domande 12. e 17. La scelta delle opzioni di riposta alla domanda sul materia-
le didattico si fonda sul fatto che – come si verificherà anche nella sezione dedicata ai
gruppi – il prestigio di una lingua di minoranza è spesso associato, da parte di alunni e
genitori , alla disponibilità e alla ricchezza del materiale didattico: una lingua (o mate-
ria) insegnata su fotocopie autoprodotte è una lingua in certo senso «minore» rispetto a
quella che viene presentata attraverso un bel libro satinato e a colori. Di converso, è
importante anche vedere se il materiale è prodotto e incentrato sulla comunità che lo
usa o se è importato da comunità parlanti al di fuori del territorio: in questo secondo
caso il prestigio è sicuramente molto alto, ma non necessariamente ciò si riflette sul-
l’adeguatezza percepita del materiale alla situazione.
La domanda 17. riveste un particolare interesse di tipo ideologico: è importante,
perché le valutazioni dei progetti e le analisi scaturite dai gruppi possono essere inter-
pretate alla luce delle risposte a questa domanda, per le scuole per le quali abbiamo
una risposta. Si noterà intanto che si tratta di una domanda puramente qualitativa,
ancorché a risposta chiusa; le risposte a questa domanda dovrebbero aiutare a capire
il tipo di rapporti che sussiste fra scuola e LM: se fondamentalmente doveristico, o
utilitaristico, e se, nella possibile tutela, si punta sulla rivitalizzazione linguistica o
sul recupero culturale. È poi importante por mente alle domande esplicitamente indi-
rizzate alle risorse economiche a disposizione per attività didattiche: il fine del «pac-
chetto» è quello di arrivare a capire quale è in proporzione l’importanza economica
dei fondi messi a disposizione delle scuole dalla legge 482 sul complesso delle atti-
vità di rivitalizzazione delle LM, e quali sono le eventuali altre entità che contribui-
scono a tali attività.
La Scuola: legge e applicazione | 41 |
Immagine 2: Interfaccia Q2
Le caratteristiche tecniche del Q2, come quelle del data base, sono parallele a quel-
le riportate per il Q1.
Sono stati presi contatti con i Referenti regionali per le minoranze linguistiche (la
Provincia Autonoma di Bolzano, contattata con le modalità consuete, ha ritenuto di non
partecipare all’inchiesta), che hanno offerto la massima collaborazione per individuare
e contattare tutte le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, pubbli-
che e parificate, site nei comuni dichiaratisi di minoranza o, al di fuori di questi, le
| 42 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
scuole a cui faccia capo almeno un comune di minoranza, nelle rispettive regioni. A
tutte le scuole è stata inviata dagli stessi Referenti (con l’eccezione delle pochissime
scuole abruzzesi, campane e siciliane, sollecitate da noi direttamente) una lettera circo-
lare in cui venivano indicati gli scopi dell’inchiesta in corso e in cui si invitava a colla-
borare con la compilazione on-line del questionario e l’invio di una copia del materia-
le didattico utilizzato per l’insegnamento della lingua di minoranza19. In quanto esperti
della situazione del territorio si è deciso di lasciare ai Referenti massima libertà circa il
modo di contattare le scuole, fornendo loro semplicemente una bozza della lettera conte-
nente i dati indispensabili e copia del progetto di ricerca approvato dal MIUR.
Cronologia della parte organizzativa del lavoro: nella seconda metà di gennaio sono
stati contattati i Referenti regionali; è stato in particolare chiesto loro di fornire copia
della lista delle scuole individuate e della lettera, eventualmente modificata, che sareb-
be stata loro inviata20. L’individuazione delle scuole e la preparazione delle lettere
sarebbe stata possibilmente ultimata entro febbraio, affinché la compilazione del que-
stionario potesse partire dal 1° marzo. A fine gennaio il MIUR fornisce, in due invii
distinti, i dati demografici e gli indirizzi relativi alle scuole: il primo invio, del 21 gen-
naio contiene tutte le scuole statali dell’infanzia, primarie, e secondaria di I grado che
dipendono direttamente dal Ministero, escluse cioè quelle delle Province Autonoma di
Trento e di Bolzano e della Regione Autonoma Valle d’Aosta; il secondo, del 23 gen-
naio, le corrispondenti scuole private e parificate di tutte le regioni, escluso il Trentino
– Alto Adige. I dati vengono integrati dai ricercatori con quelli regionali dalla Valle
d’Aosta, il cui elenco è stato fornito dalla Responsabile regionale, e da quelli provin-
ciali cui fanno riferimento gli 11 comuni di minoranza della Provincia Autonoma di
Trento, forniti dal Servizio Minoranze; tali dati, nel loro complesso, sono stati impor-
tati in un apposito data base attraverso il quale è stato possibile estrarre gli indirizzi
degli Istituti da contattate, cioè quelli o direttamente siti in comuni di minoranza, o che
hanno nel proprio bacino d’utenza almeno un comune dichiaratosi di minoranza.
Su richiesta di alcuni Referenti, il 29 gennaio è stata approntata – in collaborazione
con il MIUR – una lettera ufficiale di incarico per tale lavoro; sempre su sollecitazione
di alcuni referenti, che hanno evidenziato la difficoltà di provvedere essi stessi a com-
pilare la lista delle scuole da coinvolgere, si è deciso che i ricercatori fornissero loro le
liste delle scuole. Il 20 febbraio 2009 tutti i Referenti sono stati invitati a compilare un
questionario di prova, in modo da poter rispondere ad eventuali dubbi o domande da
parte delle scuole; a seguito di tale prova il Q2 è stato leggermente modificato, calibran-
do la parte sulle ore di insegnamento, togliendo la voce ‘codice istituto scolastico di
riferimento’ dalla schermata di registrazione e prevedendo un percorso particolare per
una parte delle scuole slovene. È stata poi approntata una Guida alla compilazione del
questionario, che è stata messa a disposizione di Referenti e scuole.
19
Per questo e gli altri documenti citati: ne è conservata una copia presso l’Università di Milano-Bicocca,
disponibile per la consultazione
20
Il Referente della regione Piemonte ha affidato il compito di seguire il Q2 alla prof.ssa Aurora Tabone.
Il Referente della regione Val d’Aosta ha affidato il compito di seguire il Q2 alla signora Ilaria Lavoyer.
La Scuola: legge e applicazione | 43 |
Il Q2 è stato messo ufficialmente online il 1° marzo. Alla data di chiusura prevista,
il 15 aprile, i dati arrivati erano molto esigui, e si è optato per una prima proroga al 30
del mese; si è poi decisa, in seno ad un incontro presso il MIUR del Gruppo di studio
sulle Minoranze Linguistiche, una lettera di sollecito alle scuole da parte dei Referenti,
in particolare per quei territori che alla data risultavano assai scoperti; parallelamente
la chiusura del questionario è stata rimandata al 30 maggio (prolungata poi al 15 giu-
gno); il 29 maggio il MIUR stesso ha inviato un’ultima missiva di richiamo alle scuo-
le già finanziate da progetti ex lege 482/99.
Alla data della chiusura definitiva, il 18 giugno 2009, sono presenti 330 questiona-
ri compilati per 582 scuole che includono 2971 punti di erogazione del servizio; con
riferimento alle scuole, la percentuale di risposta totale è dunque quasi pari al 57%.
4.2 I progetti
Durante la fase preliminare dell’indagine sono state elaborate linee-guida iniziali
relative alla valutazione ed analisi dei progetti presentati dagli istituti scolastici, perché
servissero per la sistematizzazione e ottimizzazione della raccolta dei dati, in modo da
assicurare, pur nella varietà delle tipologie dei progetti, un livello generale di integrità e
completezza dei dati in relazione agli interrogativi di ricerca. Innanzitutto era primario
interesse dell’analisi sui progetti rilevare gli atteggiamenti linguistici dei proponenti –
informatori autorevoli e rappresentativi della comunità linguistica – nei confronti della
lingua minoritaria. Era quindi necessario procedere all’osservazione di più livelli di
informazioni: (a) il tipo di intervento previsto nel piano d’azione della proposta, con par-
ticolare attenzione sia alle scelte didattiche adottate, sia al concreto coinvolgimento della
lingua della comunità (e non della eventuale lingua standard imparentata); (b) il peso di
queste attività all’interno dell’offerta formativa degli istituti coinvolti e l’impatto di que-
ste scelte sulla comunità e sulle sue valutazioni del codice minoritario; (c) le strategie
testuali adottate dai proponenti nella presentazione del progetto, con attenzione partico-
lare alle funzionalità attribuite alla lingua minoritaria, le finalità palesi ed i “punti forti”
dell’argomentazione; (d) infine, la produzione di materiali didattici riutilizzabili, le scel-
te di diffusione dei risultati, la continuità del progetto e i destinatari previsti.
La rilevazione del corpus doveva quindi permettere di raccogliere informazioni rela-
tive ai dati anagrafici dell’istituto proponente (sezione 1), al tipo di intervento proposto
(sezione 2), al coinvolgimento del personale docente interno (sezione 3), alle classi e al
numero di alunni destinatari del progetto (sezione 4), alle finalità e al focus principale
della proposta (se, quindi, la proposta fosse più incentrata su aspetti culturali della
minoranza linguistica o più sul codice minoritario in sé) (sezione 5), all’impatto sulla
realtà locale e alla diffusione dei risultati del progetto (sezione 6). Si è pensato inoltre
di aggiungere un indice di valutazione globale del progetto (sezione 7) che permettes-
se di classificare rapidamente le proposte ed una serie aperta di descrittori (sezione 8)
| 44 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
contenente tutte le informazioni utili aggiuntive non generalizzabili. Questo schema di
partenza è stato in parte mantenuto nelle successive elaborazioni della scheda di cata-
logazione, con adattamenti e riformulazioni di cui si discuterà poco più avanti.
Per permettere un confronto longitudinale tra le proposte, come previsto dal proget-
to iniziale, si è ritenuto necessario considerare l’insieme dei progetti del primo anno
scolastico di attuazione della L. 482/1999 (a.s. 2001-2002), dell’ultimo anno scolastico
(a.s. 2008-2009) e di un anno intermedio (a.s. 2004-2005). Nella prospettiva iniziale
l’intenzione era quella di esaminare tutte le proposte ricevute dal Ministero, catalogan-
do così anche i progetti non ammessi al finanziamento. Vista l’esiguità numerica di pro-
getti presenti in archivio ma non finanziati, si è deciso di restringere il campo di inda-
gine ai soli progetti finanziati; si è quindi proceduto alla rilevazione dei progetti archi-
viati, escludendo già in fase di rilevazione o non considerando in fase di catalogazione
le proposte non ammesse al finanziamento.
Nei giorni dal 19 al 24 gennaio 2009 si è proceduto alla rilevazione delle proposte
di intervento presentate dalle scuole e finanziate tramite la Legge 482. Tutta la docu-
mentazione relativa agli anni scolastici di interesse (a.s. 2001-2002, a.s. 2004-2005, a.s.
2008-2009) è stata consultata ed analizzata in fase di rilievo. Per ogni progetto dei sud-
detti anni scolastici sono stati rilevati tramite riproduzione fotografica della scheda-for-
mulario e della descrizione del progetto (entrambe in versione integrale, esclusa la ver-
sione in lingua minoritaria quando separata da quella in lingua italiana). Qualora fosse-
ro presenti, sono stati rilevati integralmente o parzialmente anche documenti aggiunti-
vi ritenuti utili a completare il quadro della proposta ed agevolarne la valutazione
(come materiali didattici, schemi riassuntivi e altra documentazione allegata).
Più nel dettaglio, occorre osservare che sono state escluse già in fase di rilievo copie
multiple della scheda-formulario, rilevando unicamente la versione con datazione più
vicina alla data di prima presentazione del progetto. In questo modo è stata rispettata
l’integrità del dato e la corrispondenza (sia in termini di proposta che di aspettative ed
atteggiamenti linguistici dei proponenti) tra scheda-formulario e descrizione della pro-
posta. Quest’annotazione riguarda in particolare i progetti dell’a.s. 2008-2009, per i
quali in ogni caso è stato possibile recuperare integralmente le informazioni aggiuntive
relative alle riformulazioni del progetto avvenute successivamente alla data di prima
presentazione della domanda; tramite invio postale successivo da parte del Ministero,
il corpus di dati è stato integrato con il rilievo fotostatico integrale delle ultime versio-
ni delle schede-formulario di tutti i progetti dell’a.s. 2008-2009 riformulati su invito del
MIUR. In tal modo, il corpus complessivo di dati include tutti i progetti finanziati nel-
l’a.s. 2001-2002, tutti i progetti archiviati nell’a.s. 2004-2005, tutti i progetti archiviati
nell’a.s. 2008-2009 e l’ultima versione della scheda-formulario dei progetti riformula-
ti nell’a.s. 2008-2009, per un totale di circa 8000 pagine.
Oltre ai progetti, il corpus comprende anche la documentazione indicata di seguito:
• Circolare Ministeriale 89/2001
• Circolare Ministeriale 65/2004
La Scuola: legge e applicazione | 45 |
• Circolare Ministeriale 64/2008
• Lista completa dei progetti presentati per l’a.s. 2001-2002
• Lista dei progetti finanziati nell’a.s. 2001-2002
• Lista progetti presentati nell’a.s. 2004-2005 con esiti
• Lista delle scuole escluse nell’a.s. 2008-2009
• Lista delle scuole rinunciatarie dell’a.s. 2008-2009
• Documentazione dei progetti esclusi dalla commissione per l’a.s. 2008-2009
• Lista deliberazioni dei consigli provinciali
• Tabulato delimitazioni territoriali
• Regolamento di attuazione della L. 482/1999, pubblicato il 13/9/2001
• Lista progetti finanziati nell’a.s. 2008-2009
Da questo corpus di riproduzioni fotografiche e fotostatiche di partenza sono stati
poi espunti tutti i progetti per cui si è potuto verificare chiaramente l’esclusione dal
finanziamento in vista di vizi formali o sostanziali o di incongruenza con le direttive del
regolamento d’attuazione della Legge 482. Le riproduzioni fotografiche e fotostatiche
sono state riordinate e catalogate per anno scolastico e per regione, integrando i proget-
ti dell’a.s. 2008-2009 con le schede-formulario dei progetti riformulati ed i documenti
in formato elettronico disponibili; in questa fase si è proceduto ad un controllo dell’in-
tegrità del corpus tramite confronto con le liste finali dei progetti finanziati (anch’esse
presenti negli archivi del Ministero), escludendo così la possibilità di progetti mancan-
ti o duplicati. Le liste hanno inoltre permesso di integrare le informazioni relative alle
singole proposte con l’importo del finanziamento ottenuto dai proponenti.
Già in questa fase è sorto il problema della catalogazione dei progetti in rete: data la
natura della documentazione, non è stato sempre facile riuscire a distinguere chiaramen-
te quando si trattasse di reti concrete e stabili o di reti fittizie; in alcuni casi le reti erano
costituite da livelli scolastici diversi dello stesso istituto; in altri, la proposta archiviata
era unica ed era materialmente impossibile riuscire a scindere le informazioni relative ai
diversi istituti coinvolti. A volte la documentazione mostrava sensibili incongruenze tra
un istituto e l’altro, sia sulle finalità e le modalità delle proposte (con piani d’intervento
specifici che deviavano dalle linee-guida del progetto globale di rete) che sulla compo-
sizione della rete, in alcuni casi nominando istituti per i quali non è stato possibile rin-
tracciare proposte connesse al progetto di rete o ignorando istituti con proposte presenti
nella documentazione del progetto di rete. Ovviamente, come si può desumere da quan-
to detto precedentemente e come apparirà anche da un’attenta osservazione dell’analisi
svolta nella sezione successiva, i problemi di incompletezza dei dati riguardano un difet-
to alla fonte dei progetti stessi; senza ombra di dubbio, tali incongruenze dipendono da
compilazioni non attente dei proponenti e non hanno nulla a che fare con vizi struttura-
li connessi alle circolari o al sistema di catalogazione stesso dei progetti.
I progetti in rete sono stati perciò catalogati in modo da permettere l’aggregazione
dei dati dei singoli sottoprogetti. In alcuni casi, quando erano presenti progetti davvero
| 46 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
molto simili, presentati dalla stessa scuola nello stesso anno scolastico, oppure proget-
ti in rete riguardanti più sezioni dello stesso circolo didattico o livelli scolastici diversi
presenti nella stessa area e con medesime modalità di esecuzione, tal che non fosse pos-
sibile creare due schede di valutazione distinte, questi sono stati catalogati tramite
un’unica scheda. Ciò spiega la lieve differenza sul numero totale di progetti, illustrata
nella tabella seguente:
2001-2002 2004-2005 2008-2009 Totale
Progetti catalogati 112 172 194 478
Schede compilate 104 160 184 448
Differenza 8 12 10 30
Tabella 3: Progetti catalogati e schede compilate.
Oltre al problema dei progetti in rete, bisogna osservare che in più di un caso la
documentazione riguardante il progetto è incompleta o di difficile lettura: spesso inte-
re sezioni della scheda-formulario risultavano non compilate o compilate in modo
inadeguato; in altri casi, il testo della proposta era praticamente identico, se non meno
informativo, di quello inserito nella scheda-formulario, rendendo inefficace il con-
fronto tra le due parti della documentazione ed impossibile un’esplorazione più
approfondita della proposta. In alcuni casi non è stato possibile rintracciare alcune
informazioni considerate basilari in fase preliminare; in particolare, vi sono casi di
descrizioni reticenti, vaghe o di difficile interpretazione che hanno ostacolato la com-
prensione dell’esatta natura dell’intervento proposto, il suo peso nell’offerta formati-
va dell’istituto e l’impatto nella realtà locale. A causa di queste difficoltà dovute alla
forma stessa della documentazione presente nel corpus è stato necessario riformula-
re la griglia di valutazione prevista all’inizio, ridefinire gli obiettivi specifici dell’in-
dagine e procedere alla creazione di un flusso di lavoro per la catalogazione e valu-
tazione dei progetti più qualitativo, descrittivo e attinente alle informazioni realmen-
te presenti nel corpus.
In conclusione, i dati esaminati riguardano in modo esclusivo tutti i progetti ammes-
si al finanziamento degli a.s. 2001-2002, 2004-2005 e 2008-2009. Da questa base di
informazioni si procederà all’analisi quantitativa dei progetti e all’esplorazione delle
relazioni tra proposte e modalità d’intervento.
La Scuola: legge e applicazione | 47 |
4.3 Gli strumenti didattici
Il progetto prevede, che vengano analizzati gli strumenti didattici e i materiali
che le scuole utilizzano come supporto per l’insegnamento della LM e della cultu-
ra relativa. I materiali dovrebbero essere studiati dal punto di vista linguistico sì,
ma soprattutto didattico e pedagogico, a fine innanzitutto conoscitivo ma anche
valutativo, per permettere suggerimenti e proposte di sviluppo e miglioramento.
A tal fine, insieme alla richiesta per il Q2, le Scuole sono state invitate a spedire i
propri materiali didattici ai ricercatori; è stato per questo approntato un apposito archi-
vio presso l’Università Bicocca. Tuttavia questo punto specifico del Progetto conosce
una forte sofferenza: la prima difficoltà risiede nel fatto che, a causa della stessa strut-
tura della legge 482/99, che come si sa procede per progetti finanziati, e anche per le
condizioni assai frammentate e poco strutturate che caratterizzano l’insegnamento della
LM nelle diverse comunità, l’espressione «materiali didattici» è stata spesso interpre-
tata in senso lato. Le scuole hanno cioè inteso in più di un caso non già, come suggeri-
sce l’espressione se riferita alle le altre materie, i libri di testo e di esercizi, ma gli ela-
borati finali prodotti da alunni e insegnanti – spesso in copia unica21 – come risultato
tangibile dei progetti svolti, proprio per il particolare tipo di condizioni che caratteriz-
za l’insegnamento della LM. E questo anche malgrado un’apposita circolare di richia-
mo, diramata dal MIUR a maggio, che disambiguava l’espressione, specificando chia-
ramente il tipo di materiale richiesto. Nella maggior parte dei casi (lo sappiamo dalle le
lettere di accompagnamento ai materiali) i docenti sono ben consapevoli di non aver
mandato quello che è stato loro richiesto; tuttavia, in mancanza di libri di testo veri e
propri, hanno ritenuto in ogni caso collaborativo inviare ogni materiale scritto che aves-
se a che fare con la presenza di LM a scuola.
Di conseguenza, anche forse per una certa inerzia delle istituzioni scolastiche, o per
questioni di tipo economico (come è stato fatto notare da un paio di istituti che hanno
appositamente scritto che avrebbero provveduto all’invio se avessero avuto i soldi per
spedire un pacco piuttosto grosso)22, i materiali arrivati sono intanto molto esigui (i pac-
chi ammontano a poche decine) e nella quasi totalità dei casi non pertinenti con la
richiesta. Proprio per questo non è stata al momento sviluppata alcuna metodologia di
analisi didattica: qualche considerazione verrà avanzata tuttavia.
21
E talora questa è una ragione per il non invio: la scuola li possiede in un’unico esemplare, e non li
invia al ricercatore, non potendone fare le fotocopie per ragioni economiche o di mancanza di persona-
le. In quattro casi è stata inviata la lista dei libri di testo, posseduti in copia unica e di cui la Scuola non
può fare a meno; altre scuole hanno mandato la bibliografia dei saggi utilizzati come sfondo per le atti-
vità.
22
Le lettere originali sono conservate presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
| 49 |
Capitolo quinto
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative*
Come si ricorderà, la parte qualitativa dell’inchiesta è stata pensata in stretta siner-
gia con l’approccio quantitativo, per offrire una visione emica, ossia dall’interno, della
legge e del suo impatto sul territorio – assieme a proiezioni e desiderata per il futuro,
alla ricerca di diverse e più stimolanti interpretazioni dei dati numerici. Gli obiettivi
dell’inchiesta erano stati individuati in via preliminare in fase di elaborazione del pro-
getto di ricerca e sono stati confermati, con qualche piccolo aggiustamento, nel corso
del lavoro sul campo. Le domande di fondo sulle quali si è costruito il progetto di ricer-
ca sono le seguenti:
a. Il ruolo della legge 482/99 nel territorio. Oltre alla conoscenza dello strumento
da parte degli operatori della scuola e dell’utenza e alle modalità dell’applicazio-
ne dello strumento legislativo stesso, si è voluto indagare il ruolo della legge
rispetto all’autonomia scolastica, di cui la legge ambisce essere uno strumento.
Partendo dal vissuto attuale del rapporto della scuola con il territorio e con gli
altri agenti culturali locali si sono indagati i modelli di scuola attivati sul territo-
rio in risposta agli stimoli offerti dalla legge.
b. Le potenzialità e modalità della scuola come agente di tutela dell’identità cultu-
rale delle minoranze linguistiche ed etniche storiche. Tale ruolo è già stato a
lungo indagato in sociolinguistica e negli studi di language planning 23; in questa
sede si è però esplicitamente adottata una prospettiva emica che mira ad indaga-
re la coscienza linguistica (e pedagogica) degli attori coinvolti, come punto di
partenza ineliminabile per qualunque seria operazione di pianificazione: esiste la
coscienza, presso gli insegnanti o nell’utenza, di un ruolo specifico della scuola
nella valorizzazione e tutela della Lingua di Minoranza (LM)24? Come si declina
*
Referenti scientifici: MariaPiera Candotti (Université de Lausanne); Silvia Negrotti (CELE/START);
referente logistico: Fiorenza Lipparini (Università degli Studi di Trento/CELE)
23
Cfr. Dell’Aquila-Iannàccaro 2004.
24
Coscienza è qui usato nel termine tecnico generalmente accettato nelle discipline linguistiche; «nel lin-
guaggio comune noi chiamiamo ‘coscienza’, in generale, quella che è in realtà la consapevolezza di esse-
re coscienti, il momento cioè in cui riconosciamo di stare riflettendo su noi stessi come esseri pensanti: in
una parola, la coscienza della coscienza. Le opinioni linguistiche che si trovano a questo livello di esplici-
tezza e di riflessione fanno parte di quei fenomeni che proporrei di etichettare come consapevolezza lin-
guistica. La consapevolezza produce giudizi (linguistici) prevalentemente di tipo ideologico: è lo stadio,
questo, in cui risiedono gli stereotipi comunitari sulle lingue e sulle abitudini degli «altri», a disposizione
| 50 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
questa specificità? Quali sono i punti di forza e di debolezza della scuola come agen-
te di tutela della LM nella percezione dei soggetti coinvolti? In questo contesto ci si
è poi focalizzati su due aspetti posti in luce dal testo legislativo stesso, ovvero:
I. il binomio (percepito come inscindibile) tra lingua e cultura: si è voluto inda-
gare il diverso peso dato nelle varie comunità a ciascuno dei due poli e i biso-
gni (o le paure) che la scelta di dare voce a uno o all’altro aspetto spesso sot-
tende (e cfr. analisi dei progetti al cap. 3.);
II. il dilemma tra insegnamento veicolare e curricolare della LM e le diverse
strategie glottodidatiche messe in opera nelle diverse comunità; gli strumenti
utilizzati o autoprodotti e i criteri interni di valutazione.
c. L’impatto percepito della legge 482 e in particolare il suo portato in termini di:
I. prestigio della scuola, (in particolare presso i genitori) declinato come quali-
tà dell’offerta formativa e dell’insegnamento;
II. prestigio professionale per i docenti coinvolti e le dinamiche in grado di atti-
vare o no tale riconoscimento;
III. prestigio linguistico per la lingua minoritaria, per indagare il quale ci si è
rivolti in particolare ai ragazzi in quanto destinatari finali dell’operazione di
tutela e valorizzazione di cui la legge si fa promotrice.
L’interpretazione dell’impatto della legge in termini di prestigio vuole fornire un
indicatore importante dell’incidenza anche futura dell’opera di tutela e valorizzazione.
Le inchieste di tipo qualitativo, come è noto, non rispondono a criteri di rappresen-
tatività statistica. Il campione si costruisce piuttosto sulla base di due variabili, una oriz-
zontale che riguarda la distribuzione delle comunità di minoranza sul territorio della
Repubblica Italiana e l’altra verticale che, all’interno di ogni punto individua le catego-
rie coinvolte/beneficiarie. Orizzontalmente si è cercata una buona rappresentatività
geografica del campione, che includesse le principali variabili diatopiche potenzial-
mente in gioco. In particolare sono state ritenute rilevanti: la numerosità delle comuni-
tà, l’eventuale presenza di statuti giuridici particolari (provincie o regioni autonome) e
di legislazioni regionali o provinciali a tutela delle minoranze, la presenza o assenza di
lingua tetto, la distribuzione della minoranza sul territorio (comunità diffuse vs. comu-
nità isolate), la dimensione urbana o rurale e, dove attiva, la variabile religiosa. Si è così
giunti all’individuazione di 7 aree omogenee (Valle d’Aosta; Trentino-Alto Adige;
immediata del parlante, che lo attiva per rispondere alle domande esplicite del ricercatore basandosi su una
sorta di common knowledge della comunità. Al contrario propongo di riservare la denominazione coscien-
za rispettando così l’uso ormai invalso nelle discipline neurologiche, allo stadio più profondo, quello che
presiede effettivamente al cambio linguistico per il parlante, quello secondo il quale egli adatta le proprie
produzioni linguistiche al variare dei parametri situazionali. Un tale livello non è immediato: ossia, non è
a immediata disposizione del parlante: può essere tuttavia esplicitato, portato a consapevolezza, per così
dire, col ragionamento, e talora mediante l’interazione con il ricercatore» (Iannàccaro 2002c: 86). Cfr.
anche, per una trattazione estensiva del concetto in linguistica, Iannàccaro 2002a; un background è dato da
Flanagan 1992, Searle 2002.
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 51 |
Friuli; Venezia Giulia; Italia settentrionale; Sardegna; Italia centrale e meridionale).
All’interno di queste aree si sono poi individuati 11 punti d’inchiesta, che fossero a loro
modo rappresentativi di una normalità linguistica (e dunque non scuole capofila nella
rivitalizzazione linguistica, né, al contrario, gestite in maniera da escludere la presenza
della lingua minore). Di fatto, in termini, numerici di parlanti e di minoranze, l’Italia
centromeridionale risulta leggermente sovrarappresentata, ma è stato ritenuto che que-
sto non costituisse un ostacolo pregiudizievole alla bontà dei risultati raggiunti.
Una variabile importante è anche la numerosità e la coesione del gruppo sociale
presso il quale tenere il focus group; come è evidente, gruppi troppo piccoli o troppo
dispersi sul territorio mal si prestano ad un’analisi del genere, che è in particolare
impossibile quando i partecipanti al focus group coincidono o quasi con l’universo di
riferimento. Per tale motivo abbiamo dovuto escludere da questo livello di analisi le
comunità croata (dove fra l’altro non esiste alcuna scuola media con insegnamento di
LM, come emergerà al punto 4.), grica e catalana di Alghero. Con la preziosa collabo-
razione dei Referenti regionali, che hanno individuato le scuole finali secondo i para-
metri indicati dai ricercatori, si è così giunti alla lista definitiva25:
I. Valle d’Aosta, comune di Gignod, presso l’Istituzione Scolastica Comunità
Montana Gran Combin; LM francoprovenzale 26. La valle d’Aosta è regione a
statuto speciale con una lunga tradizione d’insegnamento bilingue italiano/fran-
cese, mentre molto più recente è la tutela del francoprovenzale. La comunità
francoprovenzale è sparsa su tutto il territorio regionale, ma in grave difficoltà
nella bassa valle; il punto d’inchiesta, posto all’imbocco della Valpelline a 10
km da Aosta rappresenta dunque un punto di cerniera fra i due mondi: la mon-
tagna e la pianura italofona 27.
II. Trentino-Alto Adige, comune di Pozza di Fassa, presso l’Istituto Comprensivo
Ladino di Fassa; LM ladino28. Il ladino gode di tutela da parte sia della provincia
autonoma di Trento sia di quella di Bolzano. L’Istituto raggruppa tutte le scuole
di formazione primaria, secondaria e superiore della Val di Fassa. Il punto d’in-
chiesta scelta ci ha dunque messo in contatto con una realtà forte e consolidata.
III. Trentino-Alto Adige, comune di Pergine Valsugana, presso L’Istituto
Comprensivo Pergine 1, LM mocheno29. Il punto d’inchiesta è stato scelto come
rappresentante della realtà delle comunità germanofone in Italia: piccole, picco-
lissime comunità alpine residuali con una forte lingua tetto alle spalle. In parti-
colare la comunità mochena gode di una buona protezione da parte della provin-
cia autonoma di Trento. L’Istituto ospitante non è fisicamente sito in un comune
mocheno, perché non esiste alcuna scuola secondaria in valle. All’Istituto com-
25
In alcuni, pochi casi si sono affiancate valutazioni e esperienze dei ricercatori.
26
D’ora in avanti solo Gignod.
27
Per la situazione sociolinguistica della valle d’Aosta cfr. Iannàccaro-Dell’Aquila in stampa.
28
D’ora in avanti solo Pozza. Per la situazione sociolinguistica della Ladinia Dolomitica cfr. Iannàccaro-
Dell’Aquila 2006.
29
D’ora in avanti solo Pergine.
| 52 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
prensivo fanno però capo le scuole primarie mochene, e la scuola secondaria è
frequentata dagli allievi mocheni delle valli.
IV. Friuli friulanofono, comune di Paluzza, presso l’Istituto Comprensivo ‘A.
Matiz’, LM friulano, variante carnica30. La comunità friulanofona è la seconda
per numerosità dopo quella sarda, e la regione autonoma Friuli Venezia Giulia
ha numerosi interventi di tutela. Si è scelto di avere due punti d’inchiesta che
permettessero di opporre una situazione in cui il codice, nella sua variante car-
nica, è molto forte (Friuli montano) ad un’altra in cui il codice è piuttosto debo-
le. L’Istituto di Paluzza raccoglie nel suo bacino di utenza anche il comune ger-
manofono di Timau, per il quale pure sono stati attivati alcuni progetti di valo-
rizzazione e tutela31.
V. Friuli friulanofono, comune di Pagnacco, presso l’Istituto Comprensivo ‘G. B.
Tiepolo’, LM friulano32. Comune nella fascia immediatamente alle spalle di
Udine che ha conosciuto una recente immigrazione di fascia sociale alta prove-
niente dal capoluogo. Non è stato ritenuto utile svolgere il gruppo in Udine
città, perché là non ci sono istituti comprensivi, e sarebbe dunque mancato
l’aspetto verticale nei gruppi
VI. Friuli slovenofono, comune di S. Pietro al Natisone, presso l’Istituto Compren-
sivo di S. Pietro33 e presso L’Istituto Comprensivo Bilingue (dapprima scuola
privata, statalizzata nel 2001 grazie ad una legge regionale di tutela)34, LM slo-
veno. A differenza della comunità slovena della Venezia Giulia amministrativa,
per la piccola comunità della Valle del Natisone in provincia di Udine la prote-
zione regionale e provinciale è un fatto piuttosto recente. La comunità slovena
in italia è sempre stata economicamente supportata dalla confinante Slovenia
ora e dalla Iugoslavia prima. Considerata la complessità della situazione nella
valle si è voluto dar voce ad entrambe queste esperienze educative, assai diver-
se sotto il profilo della glottodidattica.
VII. Italia Settentrionale, comune di Paesana presso L’Istituto Comprensivo ‘Don L.
Milani’, LM occitano35. La comunità occitana di Paesana (e delle alte valli cir-
costanti) non ha mai goduto (fino a tempi molto recenti) di particolari tutele né
dalla Regione Piemonte né dalla Provincia di Cuneo. La comunità occitana è
una comunità transnazionale (comunità occitane si trovano in Italia, Francia e
Spagna) potenzialmente piuttosto vasta ma in Italia assai frammentata e isola-
ta. Alcuni, ma non tutti, dei comuni occitani sono di confessione valdese.
30
D’ora in avanti solo Paluzza. Gruppi di ambito friulano sono discussi in Iannàccaro 2002b, Iannàccaro -
Dell’Aquila 2004.
31
La prima scelta del Referente regionale in questo caso era caduta sulla scuola di Ampezzo; tuttavia l’am-
pia presenza di programmi tesi allo sviluppo del saurano (varietà germanica) accanto al friulano ha consi-
gliato il gruppo in una situazione meno complessa.
32
D’ora in avanti solo Pagnacco.
33
D’ora in avanti solo San Pietro 1.
34
D’ora in avanti solo San Pietro 2.
35
D’ora in avanti solo Paesana.
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 53 |
VIII. Sardegna, comune di Settimo S. Pietro presso l’Istituto Comprensivo, LM
sardo36. La comunità sarda è la più numerosa minoranza linguistica storica in
Italia; la Regione Sardegna è regione Autonoma ed ha da lungo tempo promos-
so varie iniziative di tutela. Come per il friulano, si è deciso di avere due punti
d’indagine, uno urbano e uno rurale, ma anche in questo caso non è stato rite-
nuto utile svolgere il gruppo a Cagliari città. Settimo San Pietro è un comune
industriale nell’immediata periferia del capoluogo.
IX. Sardegna, comune di Arzana presso l’allora Istituto Comprensivo (recentissi-
mamente soppresso, la scuola è diventata plesso dell’Istituto Comprensivo di
Ilbono), LM sardo37. Comune di media montagna dell’Ogliastra con comunica-
zioni assai disagevoli. La zona di montagna, a differenza della costa, è econo-
micamente depressa e solo sfiorata dal turismo40.
X. Italia Centrale e Meridionale, comune di Ururi, presso l’Istituto Comprensivo
‘Gravino’, LM arbërësh39. La Regione Molise ospita alcuni comuni che si sono
dichiarati di minoranza croata e altri albanese. Non ci sono stati, fino a tempi
recenti, interventi attivi di Regione o Provincia a tutela delle minoranze. La
distribuzione procede per comuni (e quasi per centri cittadini, il contado essen-
do spesso appannaggio dei ‘latini’) sparsi sul territorio, che mantengono però
stretti rapporti tra di loro.
XI. Italia Centrale e Meridionale, comune di Santa Sofia d’Epiro, presso l’Istituto
Comprensivo ‘P. Baffi’, LM arbërësh40. Si è voluto indagare la posizione della
stessa comunità in due regioni diverse, in questo caso Molise e Calabria, ossia
la periferia e il centro del mondo albano fono italiano; Ururi e Santa Sofia sono
distinti anche dal punto di vista etnolinguistico: uno è di tradizione cattolica
romana e l’altro cattolica di rito greco. Il comune di Santa Sofia d’Epiro è un
comune di media montagna piuttosto isolato e raggiungibile con difficoltà,
come tutti i comuni circostanti.
Verticalmente, all’interno di ogni punto d’inchiesta si sono poi individuate, come si
fa normalmente nei casi di analisi d’impatto sociale, tre fasce di soggetti coinvolti e
direttamente o indirettamente beneficiari della legge di tutela, ovvero gli operatori
(insegnanti, esperti esterni, dirigenti scolastici), gli alunni e i genitori. In ogni punto
d’inchiesta si sono quindi svolti 3 focus groups preceduti o seguiti, dove possibile, da
un incontro individuale con il dirigente scolastico:
I. Un incontro di circa due ore e mezzo con otto/nove docenti della scuola mater-
na, primaria e secondaria di primo grado. Questa composizione ha permesso di
vedere l’evoluzione dei programmi di valorizzazione e tutela e identificare even-
36
D’ora in avanti solo Setimo.
37
D’ora in avanti solo Arzana.
38
La scelta del Referente regionale in questo caso era la scuola di Florinas, che tuttavia non è stata ritenu-
ta idonea proprio perché «vetrina» dei programmi sulla rivitalizzazione del sardo.
39
D’ora in avanti solo Ururi.
40
D’ora in avanti solo Santa Sofia.
| 54 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
tuali criticità legate alla continuità o ad alcuni stadi specifici. Le buone pratiche
nel campo delle ricerche qualitative richiedono che tali gruppi con intenti di
approfondimento siano sì omogenei, ma anche abbastanza diversificati da facili-
tare, nel corso della discussione, non solo l’espressione delle posizioni individua-
li ma anche la loro argomentazione ed eventualmente giustificazione. Per questo
si è cercato di avere ad ogni gruppo docenti almeno un insegnante di italiano, uno
di matematica o altra materia scientifica e uno che insegnasse in lingua minori-
taria o la lingua minoritaria come materia, eventualmente anche esperto esterno.
Per evitare di limitare la libertà d’espressione o la spontaneità del gruppo si è poi
sempre chiesto che il dirigente scolastico non vi partecipasse 41.
II. Un incontro di due ore e mezzo con otto/dieci genitori, possibilmente metà di
alunni della scuola primaria e metà di alunni della secondaria. Si è cercato di non
coinvolgere solo le persone a priori favorevoli alla tutela della LM, suggerendo
invece di contattare più genericamente i rappresentanti di classe, in quanto geni-
tori più ‘responsabilizzati’, e come tali a priori più disposti a lasciarsi coinvolge-
re nel progetto42.
III. Un incontro di due ore con otto/nove ragazzi del secondo anno di scuola secon-
daria di primo grado, possibilmente in numero equivalente di maschi e femmine.
Nella lettera circolare fatta pervenire ai presidi si è anche in questo caso posto
l’accento sulla necessità di avere ragazzi che, nei limiti del possibile, fossero
incuriositi e partecipassero volentieri all’incontro, non necessariamente quelli
col migliore profitto scolastico o più competenti nella lingua di minoranza43. La
scelta di intervistare ragazzi di questa età è dovuta alla possibilità di comparazio-
41
Ecco le «istruzioni» per i gruppi di insegnanti contenute nella lettera di presentazione e richiesta di col-
laborazione inviata agli Istituti selezionati (depositata, come gli altri documenti citati, presso l’Università
di Milano-Bicocca): «Corpo insegnante: L’intervista durerà 2h e 30 e richiede la presenza di 8/9 docenti,
intervistati in gruppo, possibilmente subito dopo l’orario didattico. Al gruppo dovrebbe partecipare un
numero equilibrato di insegnanti della scuola primaria e della secondaria di primo grado. Tra questi sareb-
be interessante che partecipassero almeno un insegnante di italiano, uno di matematica o altra materia
scientifica e uno che insegni in lingua minoritaria o la lingua minoritaria come materia. Questi ultimi
potrebbero anche essere un insegnante non di ruolo o un esperto esterno che non faccia parte integrante del
corpo docente della scuola».
42
Istruzioni per i genitori: «Genitori: Il focus group, della durata di 2 h e 30, deve coinvolgere sia genito-
ri di alunni della scuola primaria, sia della secondaria di primo grado. I partecipanti dovrebbero di prefe-
renza essere 8/10 rappresentanti di classe, dalla prima elementare alla terza media, perché più motivati e
facili da coinvolgere. L’intervista di gruppo potrebbe tenersi nei locali scolastici, possibilmente nel tardo
pomeriggio o di sera, in modo da facilitare la partecipazione di tutti».
43
Istruzioni per i ragazzi: «Studenti: Il disegno di ricerca prevede un’intervista di 2 ore, da svolgersi in ora-
rio scolastico, preferibilmente al mattino, in un’aula tranquilla, senza interruzioni e senza la presenza di
insegnanti, a 8/9 ragazzi di seconda media che vi partecipino volentieri, eventualmente scelti dagli inse-
gnanti tra quelli più collaborativi (non necessariamente tra quelli col migliore profitto scolastico o più com-
petenti nella lingua di minoranza). Possibilmente in numero equivalente tra maschi e femmine. Si prega di
chiedere ai ragazzi di portare al gruppo un’immagine/ricordo di quella che per loro è stata l’esperienza sco-
lastica più positiva, divertente, coinvolgente per quanto riguarda l’insegnamento della lingua di minoran-
za a scuola: potrà essere un libro di testo, o una pagina di esso, un libro di lettura, un compito, la foto di
una gita o di una recita: assoluta libertà in proposito».
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 55 |
ne dei dati con quelli del punto 4., ma anche alla considerazione del fatto che i
dodici- o tredicenni si trovano in una fase dello sviluppo cognitivo in cui sono
già in grado di elaborare ipotesi e verificarle, oltre a poter spaziare nel tempo,
stabilire collegamenti logici tra eventi diversi ed esprimersi verbalmente in modo
chiaro, tutte operazioni utili al fine della raccolta dei dati della ricerca.
Per il reclutamento ci si è affidati all’aiuto prezioso dei Referenti regionali per le
minoranze e dei dirigenti scolastici, di cui si sono accolti, nel limite della fattibilità,
suggerimenti e consigli nella composizione dei gruppi. Il reclutamento è stato in gene-
rale soddisfacente e tale da garantire la qualità dei dati raccolti. Indubbiamente e pre-
vedibilmente i partecipanti ai gruppi sono quasi sempre stati persone in varia misura
favorevoli al progetto di tutela e valorizzazione della LM, ma non era realistico pensa-
re di coinvolgere il docente infastidito, il genitore indifferente o il ragazzo che non ha
mai partecipato ad alcun progetto. Oltre che poco realistica, una tale composizione dei
gruppi avrebbe reso spesso difficoltosa e sterile la discussione, dacché i partecipanti
non coinvolti e non interessati all’argomento portano spesso contributi piuttosto pove-
ri e stereotipi44. Ciò detto non si può negare che quella cui si è dato voce nel corso del-
l’inchiesta è la parte a priori più favorevole e ben disposta, e che la voce dell’altra parte
è stata per così dire ricostruita lavorando sul non detto e sulle criticità emerse nel corso
della discussione. Si è poi cercato di gestire adeguatamente i prevedibili e trascurabili
problemi che si sono talvolta verificati, dal gruppo oceanico di 15 docenti entusiasti
(Settimo San Pietro) alla moglie del dirigente scolastico locale presente nel gruppo
genitori in qualità di mamma (Santa Sofia d’Epiro, Ururi).
Ecco dunque un prospetto riassuntivo dei 35 gruppi, che hanno visto il coinvolgi-
mento complessivo di 73 punti di erogazione del servizio:
Comunità Data Luogo Scuole coinvolte
LAD 19 gennaio Istituto comprensivo ladino di Fassa Infanzia: Canazei, Pozza (pera), Soraga
Pozza di Fassa (TN) Primaria di Pozza, Canazei, Soraga,
Moena, Vigo
Secondaria di Campitello, Moena e Pozza
FPR 5 febbraio Istituzione scolastica Grand Combin Scuole dell’infanzia di Doues, Etroubles,
di Gignod Gignod, Oyace, Roisan, Valpelline
Loc. Chez Roncoz 29/D, Gignod Scuole primarie di Doues, Gignod,
(AO) Oyace, Roisan, Valpelline
Scuola secondaria di primo grado di Gignod
OCC 16 marzo Ist. Comprensivo di Paesana Scuola dell’infanzia di Paesana
Via Roma 59 (CN) Scuola primaria di Paesana
Scuola secondaria di Paesana
(+ scuola primaria di Vallepellice)
44
È però accaduto di avere, in qualche gruppo di docenti o genitori, la presenza di qualche partecipante non
indifferente ma, con diversi accenti, scettico o contrario per lo meno su alcuni punti. Sono sempre state
occasioni preziose che si è cercato di sfruttare al meglio per portare in superficie la voce ‘dell’altra parte’.
| 56 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
DEU 12 febbraio Istituto Comprensivo Pergine 1 Primaria di Fierozzo, Pergine, S. Orsola,
Via Caduti, 39, Pergine Valsugana Zivignago, Canezza. Scuola secondaria di
(TN) I Grado di Pergine
SLO 1 e 2 12 marzo IC San Pietro al Natisone Scuola dell’infanzia di Pulfero, S.
Via Cento studi 1, San Pietro al Leonardo, Azzida, Savogna
Natisone Scuola primaria di Pulfero, S. Leonardo,
IC Bilingue Viale Azzida 9, San S. Pietro, Savogna
Pietro al Natisone (UD) Scuola secondaria di 1° grado ‘Dante
Alighieri’ di S.Pietro
Materna, primaria, e secondaria dell’isti-
tuto bilingue
FRI 1 11 marzo IC Paluzza Scuole Infanzia: Cercivento, Paluzza
Via Roma 42, Paluzza (UD) Timau, Sutrio, Treppo Carnico
Primaria: Cercivento, Timau, Paluzza,
Sutrio, Treppo Carnico
Secondaria I° Grado ‘A Matiz’ Paluzza
FRI 2 13 marzo ICG. B. Tiepolo Pagnacco Infanzia: Colloredo, Moruzzo, Plaino,
Via Freschi 6, Pagnacco (UD) Primaria: Colloredo, Moruzzo, Pagnacco
Secondaria Pagnacco
Fa parte la scuola materna non statale
‘Elena Bettini’ per Pagnacco
ARB 1 12 maggio Istituto Comprensivo Infanzia: Ururi
“D. Gravino”, Via Provinciale 66, Primaria: Ururi
Ururi (CB) Secondaria: Ururi
ARB 2 14 maggio Istituto comprensivo statale Infanzia: Santa Sofia d’Epiro
P. Baffi Primaria: Santa Sofia d’Epiro
Via Scigata 8, Santa Sofia D’Epiro Secondaria: Santa Sofia d’Epiro
(CS)
SRD 1 18 maggio IC Settimo San Pietro Infanzia: Settimo San Pietro
Via Carducci, 1, Primaria: Settimo San Pietro
Settimo San Pietro (CA) Secondaria: Settimo San Pietro
SRD 2 20 maggio IC Arzana, Via Monsignor Virgilio Infanzia: Arzana
81/bis, Arzana (NU) Primaria: Arzana
Secondaria: Arzana
Tabella 4: Date e località dei focus group
Sono dunque state elaborate tre differenti tracce di discussione per le interviste, con-
siderando le caratteristiche dei gruppi da sondare.
Nel caso dei ragazzi la sessione, della durata di due ore con un breve intervallo cen-
trale, si è rivolta principalmente all’indagine del prestigio percepito dei codici in com-
presenza nel loro repertorio, cioè quello delle lingue e dei dialetti che i ragazzi esperi-
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 57 |
scono. Dopo una breve presentazione dei partecipanti, incentrata su interessi e aspira-
zioni future al fine di inquadrare il campione dal punto di vista del background socio-
culturale e delinearne le principali caratteristiche e caratterizzazioni e valutare subito,
in modo indiretto, l’impatto e l’importanza della scuola nella vita dei ragazzi delle
diverse comunità, si è passati a raccogliere elementi sul vissuto del territorio. Le
domande, poste in forma aperta, miravano prima di tutto all’identificazione del territo-
rio di riferimento e dei sentimenti di appartenenza dei ragazzi.
Si è posta particolare attenzione a registrare se l’elemento linguistico entrasse da
subito, spontaneamente, a far parte dell’identità locale percepita; in ogni caso l’argo-
mento delle lingue è stato poi introdotto in modo diretto, chiedendo di elencare i codi-
ci presenti sul territorio e quelli effettivamente utilizzati, e lasciando poi i ragazzi libe-
ri di raccontare e raccontarsi. In questa fase sono in genere emersi gli usi linguistici e
si sono registrate le prime immagini delle lingue in uso. Per non spostare troppo la
discussione su un piano razionale – il che solitamente suscita la comparsa di stereoti-
pi, anche nei giovanissimi – si è a questo punto introdotto un gioco proiettivo e creati-
vo di gruppo, largamente sperimentato dal nostro team: i ragazzi, divisi in due sotto-
gruppi, scelti strategicamente in ogni intervista (per esempio i maschi vs. le femmine,
o divisi per sezione) hanno ricevuto la consegna di creare un collage che rappresentas-
se da una parte il mondo della lingua di minoranza (o delle lingue di minoranza: nel
caso di più codici in compresenza si è lasciata la scelta ai ragazzi) e dall’altra il mondo
della lingua italiana. Il collage doveva essere realizzato per contrapposizione, e a tal
fine si sono forzati i ragazzi a identificare e sottolineare le differenze. A questo scopo è
stato fornito un set di riviste, identico per i diversi gruppi, da cui scegliere immagini,
scritte, situazioni, personaggi, arricchibili con disegni e frasi proprie, a rappresentare la
percezione dei due (o più) codici. Il risultato finale è sempre stato discusso a gruppo
intero, per raccogliere ulteriori idee, anche se l’analisi più approfondita del materiale è
stata effettuata dai ricercatori in sede di analisi dei gruppi.
Nel caso di più lingue presenti sul territorio si è solitamente introdotto un secondo
gioco proiettivo atto a valutare i rapporti tra i codici e il prestigio di ciascuno di essi: in
quello che è stato denominato il gioco della festa ai ragazzi è stato richiesto di personi-
ficare e caratterizzare ciascun codice e di immaginare le interazioni tra questi personag-
gi, utilizzando situazioni familiari e vicine a questa fascia di età.
L’attenzione è stata poi diretta sull’Istituzione scolastica: sempre utilizzando tecni-
che proiettive, si è cercato di comprendere quale sia l’atmosfera all’interno della scuo-
la e delle classi, il rapporto con gli insegnanti e il vissuto dei ragazzi e, indirettamente,
delle loro famiglie rispetto alla scuola. Largo spazio è stato poi lasciato ai loro raccon-
ti sulla portata dell’impegno scolastico, la descrizione della giornata e della settimana
tipo, le diverse materie studiate, i laboratori e i progetti. Grande attenzione, come sem-
pre è stata posta al tipo di linguaggio, verbale e non verbale, utilizzato e al ruolo delle
lingue all’interno della vita scolastica. Il focus si è poi spostato sulle singole materie,
con la richiesta di identificare quelle, che secondo loro, caratterizzano maggiormente la
| 58 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
scuola che frequentano. Ancora, con giochi proiettivi e uso di metafore, si sono raccol-
te informazioni sul ruolo delle lingue, il loro prestigio nascosto e la comparazione con
le altre materie scolastiche, per arrivare a comprendere il grado di accettazione da parte
dei ragazzi dell’introduzione della LM, la sua posizione all’interno del programma sco-
lastico, e gli eventuali problemi che potessero essere sorti.
Nell’ultima parte della discussione di gruppo ci si è focalizzati sulle lingue di mino-
ranza: si è dunque domandato ai ragazzi di esplicitare le proprie posizioni sulla LM, sui
suoi rapporti con l’italiano e le altre lingue studiate, chiedendo loro di raccontarci come
questa viene trattata a scuola, di mostrarci materiali e progetti svolti, accompagnando-
li in una riflessione sul loro personale rapporto con il codice minoritario e indagando i
loro desideri profondi e, ove possibile, le loro opinioni su come la LM dovrebbe esse-
re trattata a scuola per incontrare il loro interesse.
Di contro le tracce di discussione dei focus group (della durata di 2 ore e 30 min.)
con gli adulti, – insegnanti e genitori – sono state redatte al fine di indagare in modo
più approfondito il legame esistente tra scuola e territorio, tra territorio e lingue in com-
presenza e dunque anche sull’opportunità e la possibilità per l’istituzione scolastica di
occuparsi della LM. Il focus finale, più razionale rispetto ad una prima parte più proiet-
tiva, è stato incentrato sulla legge 482/99. Tenuto conto delle diverse caratteristiche dei
campioni, le tracce si sono leggermente differenziate nel tipo di proiettivi proposti, ma
anche nella successione degli argomenti.
Agli insegnanti, dopo un giro di presentazione e di riscaldamento, volto a conosce-
re il loro percorso professionale ed il rapporto con la scuola nella zona di minoranza, è
stato concesso del tempo per parlare della scuola in generale: delle emozioni principa-
li che la scuole suscita in loro, della funzione della scuola oggi, delle differenze tra pas-
sato e presente, delle proiezioni per il futuro. Si è così ritenuto di lasciare lo spazio ini-
ziale a una tematica molto importante e, soprattutto nel periodo in cui si è svolta la
ricerca, anche molto attuale e sentita. Successivamente si è chiesto agli insegnanti di
provare a costruire insieme una sorta di poster virtuale di presentazione del territorio di
riferimento dell’istituto comprensivo, con le sue caratteristiche, gli agenti principali, le
positività e le negatività, le emergenze sociali e culturali, per poi concentrarsi proprio
sulle relazioni tra territorio e Istituzione scolastica.
Per illustrare queste relazioni e staccarsi da quelle discussioni troppo razionali in cui
ognuno solitamente tende a sposare una tesi e a sostenerla, è stato a questo punto chie-
sto di creare dei cartelloni che illustrassero con immagini e scritte la propria scuola con
le sue peculiarità; in modo simile a quanto accede con i ragazzi si è proposto loro di
lavorare in sottogruppi (solitamente la divisione è avvenuta tra insegnanti della scuola
dell’infanzia e primaria da una parte e scuola secondaria di primo grado dall’altra). Il
lavoro è stato in seguito analizzato e discusso dall’intero gruppo. Questa attività è sem-
pre stata accettata senza particolari problemi dagli intervistati e ha fornito del materia-
le interessante da analizzare e da comparare per i ricercatori. In seguito si è ritornati ad
un tipo di discussione più formale, sebbene sempre basata su domande aperte, incentra-
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 59 |
ta sul piano formativo e sul progetto globale offerto dall’istituto comprensivo; ciò ha
permesso di valutare ulteriormente il ruolo della LM, sempre in modo indiretto, ponen-
dola anche a confronto con le altre materie ed attività scolastiche.
Agli insegnanti è stato poi chiesto di scegliere le materie che ritenevano più «strut-
turanti» e caratterizzanti l’offerta della scuola, e si è inserita tra queste la LM, anche nel
caso non fosse comparsa spontaneamente. Si è proceduto inoltre ad un ulteriore
momento proiettivo, in cui si sono valutate le relazioni tra le materie e la loro immagi-
ne attraverso il gioco del ritratto cinese, basato sulle metafore (se fosse…). Non sem-
pre è stato possibile proporre questo esercizio con gli insegnanti: nel caso di gruppi in
cui gli intervistati si siano mostrati particolarmente rigidi e tendenti ad un approccio
molto razionale non si è voluto forzare per poi ottenere una probabile chiusura ulterio-
re, che avrebbe reso più difficile la comunicazione nel resto del colloquio.
Successivamente ci si è di nuovo volti a discutere sui rapporti tra scuola e territorio,
provando ad elencare con gli intervistati tutti gli agenti e gli strumenti a disposizione
per creare e consolidare questa relazione, chiedendo di includere tra questi anche gli
Enti istituzionali e le leggi. Si è quindi osservato con particolare attenzione se in que-
sta fase emergesse spontaneamente anche la legge 482/99 e quali fossero le sue prime
valutazioni, anche in comparazione con altri strumenti. L’intervista si è poi concentra-
ta su un’analisi di questa legge, a partire dal linguaggio che essa utilizza, e in partico-
lare dei termini che appaiono dai primi articoli, quando parla di LM: sono termini quali
valorizzare, tutelare, salvaguardare. Si è quindi posta particolare attenzione al rappor-
to tra lingua e cultura, cui la legge fa esplicito riferimento, e al ruolo della scuola nei
confronti di entrambe. Ugualmente si è analizzata la diversità di approccio proposta
dalla stessa 482/99 nei confronti della LM a scuola, in particolare la differenza fra lin-
gua come oggetto e lingua come strumento e si è discussa la scelta effettuata nella pro-
pria scuola. In linea più generale è stato poi affrontato il discorso della presenza della
LM a scuola, del suo ruolo e della sua importanza, del suo impatto sul piano dell’offer-
ta formativa, sui ragazzi, sulle famiglie, sugli insegnanti non direttamente coinvolti e
sulla comunità. Si sono toccati i temi della formazione e dei materiali didattici. Si è cer-
cato di analizzare brevemente qualche progetto tra quelli valutati come particolarmen-
te significativi dagli stessi intervistati.
Nel caso non fosse emerso nel corso della discussione si è domandato in modo più
diretto: a) in quale modo la scuola fruisca dei finanziamenti della legge 482/99 e ne abbia
fruito in passato; b) tramite quale tipologia di progetti; c) chi se ne occupi abitualmente,
indagando sugli eventuali problemi intercorsi e chiedendo una generale valutazione del-
l’esperienza. La domanda aperta finale riguardava il futuro della LM nella percezione
dei partecipanti, e lasciava libertà di esprimere bisogni, perplessità, speranze e delusio-
ni rispetto al cammino intrapreso nell’introduzione della lingua nella scuola.
Con i genitori si è messo in rilevo, fin dall’inizio, il ruolo di «portavoce dei figli» che
come intervistati per parlare di scuola erano invitati ad assumere. Questo per cercare di
evitare, per quanto possibile, schieramenti e prese di posizione acriticamente in favore o
| 60 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
contro le tematiche introdotte, e per dare alla discussione un taglio più critico, sottile,
attento ai valori che stanno dietro alle diverse scelte e comportamenti, pur senza esclu-
dere contradditori illuminanti. Il riscaldamento iniziale si è dunque incentrato sui figli:
quanti fossero e di che età, quale fosse la scuola da loro frequentata; solo in seguito si è
chiesto dove vivesse la famiglia e le professioni dei suoi componenti, in modo da inqua-
drare il campione da un punto di vista socioculturale e territoriale. Il focus iniziale, è poi
stato, come nel caso dei ragazzi, sul territorio: per comprendere quali fossero i riferimen-
ti, il senso di appartenenza o di alienazione, il legame tra questo e la scuola, tra scuola e
altre importanti istituzioni locali e in poi anche tra scuola e lingue presenti. In particola-
re in questo punto della discussione di gruppo ci si è sforzati di comprendere quanto la
scuola fosse percepita come un agente importante nella trasmissione e valorizzazione
della LM, anche in relazione ad altri agenti sociali ed istituzioni.
La discussione è in seguito passata sulla scuola in generale; si è cercato di compren-
dere i valori sottesi, le aspettative, le aspirazioni e le motivazioni legate al percorso sco-
lastico dei propri figli, ma anche il vissuto dell’istituzione in sé, per ottenere un quadro
interpretativo in cui inserire anche le scelte di tipo linguistico. La richiesta successiva
è stata quella di raccontare la scuola dei loro figli, l’istituto comprensivo, l’atmosfera
che vi si respira, i suoi punti di forza e di debolezza; e questo sia in termini concreti e
strutturali, sia sul piano educativo e didattico. Anche ai genitori è stato domandato
quale fosse la peculiarità della scuola che i loro figli frequentavano, quale il piano for-
mativo e quali le materie vissute come più strutturanti.
È stato loro proposto lo stesso gioco proiettivo/creativo sulle materie e le lingue, tra
cui la LM, descritto nella traccia degli insegnanti, in genere senza rifiuti e con risultati
molto interessanti. In questo modo si è ottenuta – in modo ancora indiretto – un’immagi-
ne valoriale della LM, comparabile con quella degli altri codici in compresenza e delle
altre materie scolastiche. Scaldati dal proiettivo, i genitori hanno poi affrontato in modo
generalmente entusiastico il lavoro di gruppo proposto a questo punto della discussione:
la creazione, tramite immagini tratte da riviste, ma anche attraverso scritte o disegni, di
una sorta di manifesto di presentazione della scuola dei loro figli, della scuola bilingue.
Anche i genitori sono stati divisi in due sottogruppi, creati, nei diversi contesti, a secon-
da delle scuole frequentate dai figli, o per provenienza geografica o anche per altri para-
metri specifici. I lavori ottenuti, in genere molto ricchi, hanno offerto numerosi spunti
interpretativi in fase d’analisi, anche per comparazione con le diverse comunità di mino-
ranza o, in verticale, con i lavori degli insegnanti o dei ragazzi della stessa comunità.
Successivamente alla discussione dei lavori svolti l’attenzione si è focalizzata sulla
LM a scuola: con domande molto aperte e continui rilanci si è cercato di comprendere
quali fossero le aspettative delle famiglie, quali i dubbi, le perplessità ed anche le barrie-
re all’inserimento della LM nell’ambiente scolastico. Si è cercato di indagare i cambia-
menti avvenuti per lo status, ma anche per gli usi della lingua dopo questa introduzione.
Come già per gli insegnanti, nella fase finale si è analizzata la legge 482/99, sondando
in prima istanza le conoscenze pregresse dei genitori, il loro eventuale coinvolgimento
La Scuola: accettazione, valutazione e aspettative | 61 |
nelle scelte didattiche riguardanti le lingue e le culture di minoranza e nei progetti pre-
sentati al vaglio ministeriale, poi le finalità principali della legge, le diverse strade che
permette di intraprendere e infine la si è paragonata agli altri tipi di sostegno della LM.
Ancora una volta la discussione si è conclusa con l’esposizione desideri dei genitori sul
il futuro della LM a scuola e più in generale sul percorso scolastico dei propri figli.
Le tracce di discussione, redatte dopo numerosi confronti fra i componenti del grup-
po di lavoro, sono state solo leggermente modificate dopo la prima applicazione reale,
avvenuta nella comunità di lingua ladina, per rendere il flusso della discussione più coe-
rente e scorrevole. Nel caso degli insegnanti, per esempio, sono stati leggermente ridot-
ti i giochi di tipo proiettivo/creativo, per non creare troppe resistenze nel campione.
Le interviste con i Dirigenti scolastici o con i Coordinatori e responsabili dei pro-
getti legati alla legge 482/99 sono state effettuate di norma, quando possibile, prima dei
focus group da parte di uno o di entrambi i ricercatori, e hanno preso la forma di collo-
qui della durata di circa 40-45 minuti. L’obiettivo era quello di raccogliere la visione
d’insieme del Dirigente riguardo al trattamento della LM all’interno dell’istituto com-
prensivo, la storia della sua introduzione, le reazioni di famiglie, ragazzi e insegnanti,
l’importanza che questa assume nel piano formativo della scuola – anche in relazione
alle altre materie ed alle attività extra-curricolari – la relazione con il territorio e le altre
istituzioni. Con Dirigenti e Responsabili si è poi passati ad analizzare, in modo più
razionale e direttivo rispetto a quanto avveniva nei focus group, l’applicazione della
legge 482/99 nella Scuola: le procedure e modalità della domanda di finanziamento, i
progetti approvati e i progetti esclusi, la formazione e materiale didattico; largo spazio
è stato lasciato agli intervistati per esprimere bisogni e desideri profondi riguardanti il
futuro della legge.
Per ogni gruppo è stato redatto poi un rapporto analitico che registrasse il più fedel-
mente possibile le osservazioni emerse durante la discussione con ampio uso di verba-
tim 45, ma che nel frattempo raccogliesse anche gli elementi di comunicazione non ver-
bale (in particolare l’analisi del lavoro di collage) e le dinamiche emerse nel corso del
gruppo, in modo da arrivare ad una prima interpretazione analitica dei contenuti e dei
vissuti. Questi rapporti analitici sono alla base dell’attuale rapporto sintetico, che, in
accordo con il tono generale della presente relazione, procede in maniera comparativa,
cercando corrispondenze trasversali nelle varie comunità per evidenziare i principali
bisogni e gli aspetti critici dell’applicazione della legge 482/99 nelle diverse realtà, pur
ciascuna considerata nella propria specificità.
45
Ogni verbatim sarà identificato dal codice del punto d’inchiesta seguito dall’indicazione (Ins) per i
docenti, (Gen) per i genitori e (Rag) per gli alunni. Questo «ancoraggio» della citazione allo specifico con-
testo di emissione è un modo per ricordare che, se la forza della citazione è sicuramente quella di riporta-
re alla vita un pezzo di esperienza quasi in carne ed ossa, il suo principale rischio è quella di essere presa
direttamente come dato oggettivo dalla ricerca stessa. Dati della ricerca non sono né possono essere le
dichiarazioni dei partecipanti prese alla lettera, bensì quelle stesse dichiarazioni lette ed interpretate alla
luce dei dati globali emersi dalla discussione. Per evidenti ragioni di privacy gli eventuali verbatim dei
Dirigenti scolastici sono ricompresi nel gruppo (Ins).
| 63 |
Capitolo sesto
La Scuola: valutazione esterna
Parte integrante del Progetto di ricerca è la considerazione della valutazione degli
apprendimenti degli studenti che frequentano le scuole italiane con presenza di una lin-
gua di minoranza, e questa valutazione è stata curata direttamente dall’Istituto naziona-
le di Valutazione del Sistema di Istruzione e Formazione (INVALSI). Si è scelto di non
valutare la competenza nella lingua oggetto di tutela: una tale operazione potrebbe
risultare per molti versi assurda, come apparirà chiaro dall’insieme dei lavori qui
descritti e soprattutto non è possibile porre in relazione questi dati con quelli di alcu-
n’altra prova svolta in precedenza dell’INVALSI in modo da avere risultati comparati-
vi. L’idea soggiacente è quella di verificare se la presenza di una lingua e una cultura
allotria rispetto a quella presente in tutte le scuole della Penisola può essere piuttosto
uno stimolo all’apprendimento delle materie curricolari comuni, o un fattore frenante,
o ancora del tutto indifferente.
Si è dunque convenuto di verificare le competenze in tre materie: italiano, matema-
tica e scienze; ora, l’italiano è una scelta obbligata, dal momento che lo specifico delle
minoranze linguistiche è proprio quello di affiancare alla lingua nazionale uno o più
altri codici di comunicazione (almeno idealmente), siano essi scritti o orali entrambi.
La matematica si è imposta come materia che rispecchia in modo particolarmente
immediato le capacità logiche e di ragionamento degli allievi – e tutta una serie di studi
di psicolinguistica vertono proprio sull’influenza del bilinguismo sulle capacità di scel-
ta logica e di problem solving (Sorace-Ladd 2004); le scienze sono state individuate
come materia «neutra», potenzialmente priva di portati culturali o identitari come
avrebbe potuto essere la storia. Tali discipline, peraltro, coincidono con quelle oggetto
di rilevazione nelle indagini nazionali e internazionali.
La rilevazione degli apprendimenti si è avvalsa delle prove standardizzate elabora-
te all’interno delle rilevazioni annuali condotte dal Servizio Nazionale di Valutazione
(SNV). Per la scelta e la costruzione delle prove, nel loro insieme e nello specifico
disciplinare, si è cercato di integrare il più possibile gli obiettivi delle prime tre parti del
Progetto con quelli di questo quarto punto, ed è stato ricercato un momento di sintesi
tra il protocollo normale della rilevazione condotta con l’uso di prove standardizzate e
l’originalità specifica delle prove stesse. Per la somministrazione sono state pertanto
| 64 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
scelte prove già validate in altra sede, delle quali fosse sicura la consistenza didattica e
l’affidabilità statistica; dunque, come si diceva item diversi di Italiano, Matematica e
Scienze che l’INVALSI ha proposto alle scuole nell’ambito del Servizio Nazionale di
Valutazione, le uniche prove standardizzate disponibili a livello nazionale.
L’analisi condotta sulle prove presenti nell’archivio INVALSI ha indotto gli esperti
delle singole materie, che hanno collaborato alla rilevazione, a prendere in considera-
zioni le prove proposte nell’a.s. 2004-2005. Dai fascicoli di prove predisposte
dall’INVALSI si sono eliminati alcuni item considerati meno significativi dal punto di
vista contenutistico, non senza aver verificato che, statisticamente parlando, ciò non
arrecasse danni all’impianto complessivo delle prove. Anche per evitare il remoto
rischio di sottoporre item già noti agli studenti, la scelta delle batterie somministrate
quattro anni fa è parsa la più opportuna. Nella predisposizione delle prove – come verrà
più avanti spiegato in modo dettagliato – per Matematica e Scienze sono stati elabora-
ti due booklet nuovi, utilizzando variamente i quesiti standardizzati delle prove SNV di
uno stesso anno; per italiano, nello specifico della comprensione della lettura, dove il
testo è elemento di coesione impossibile da modificare senza alterare l’equilibrio e la
comparabilità della prova stessa, si è deciso di riutilizzare in toto una prova già sommi-
nistrata. L’elemento di originalità della prova è consistito in un’analisi mirata e appro-
fondita delle singole competenze di lettura, in relazione all’oggetto della rilevazione
stessa (gli apprendimenti linguistici).
Le prove sono state somministrate in una classe quarta di scuola primaria e in una
classe prima di scuola secondaria di primo grado: le due tipologie sono essenziali per-
ché indicative di due diversi tipi di rapporti fra alunni e insegnanti e di differenti model-
li di insegnamento della lingua. Nella rilevazione degli apprendimenti è stata conside-
rata fondamentale la comparabilità per item delle risposte con i risultati nazionali e ter-
ritoriali, mentre non si è ritenuto pertinente alcun confronto interno tra i risultati delle
diverse minoranze linguistiche, data la situazione di eterogeneità che caratterizza le
comunità di minoranza della Repubblica Italiana, tutte rappresentate nella rilevazione.
Insieme ai fascicoli delle prove è stato inviato alle singole scuole un Manuale del som-
ministratore appositamente predisposto, con le indicazioni da seguire in fase di sommi-
nistrazione delle stesse.
Le unità di analisi sono state gli studenti, scelti secondo una procedura ragionata
all’interno della popolazione di riferimento, costituita dagli alunni delle scuole del
primo ciclo di tutte le località di insegnamento della lingua di minoranza sul territorio
nazionale. La scelta è avvenuta secondo un campionamento non probabilistico, per
quote di popolazione caratterizzate all’appartenenza allo stesso gruppo classe e allo
stesso ambito linguistico. Non era infatti necessario un campionamento probabilistico,
o per estrazione casuale, date le particolarissime condizioni dell’universo di riferimen-
to, e dal momento che volevamo, per le ragioni viste sopra, testare classi intere di stu-
denti, che avessero grosso modo le stesse esperienze di insegnamento o trattamento
della LM. Allo stesso modo, e in particolare giacché si è trattato di uno studio esplo-
La Scuola: valutazione esterna | 65 |
rativo e con risultati non generalizzabili, non è stato possibile (né, invero, si è ritenu-
to necessario o desiderabile) attivare metodologie che comprendessero eventuali grup-
pi di controllo; anche per la banale considerazione che in molte realtà di minoranza,
periferiche e rurali quasi per definizione, la classe intervistata era l’unica della scuola
e la scuola l’unica della comunità. Inoltre, come apparirà chiaro dalla sezione di ana-
lisi dei risultati, le variabili sociodemografiche sono in più di un caso decisamente pre-
ponderanti rispetto a quella dell’esposizione alla lingua, disomogenea attraverso le
classi e le minoranze, e talora non facilmente valutabile e controllabile – la scelta
delle scuole e delle classi (cfr. il box sottostante) è stata appunto compiuta per cerca-
re di dominare il più possibile questa variabile. Il tertium comparationis, come già si
diceva, è stato perciò correttamente individuato con i dati provinciali dell’indagine del
2004-2005.
Per meglio armonizzare le esigenze specifiche della ricerca con le normali procedu-
re con le quali l’INVALSI è usa operare, si sono tenuti a Milano, in marzo e aprile pres-
so l’Università Bicocca, due incontri per la definizione del tipo di prove da prevedere
e della loro modalità di somministrazione; le scuole coinvolte sono alcune fra quelle in
cui si sono tenuti i focus group e sei aggiuntive (due elementari e due medie) delle
comunità croata, grica e catalana – che peraltro hanno comportato problemi non lievi
di individuazione, date le loro particolari condizioni demografiche e di uso e insegna-
mento della varietà locale; per esempio, alla fine non è stato possibile somministrare la
prova nelle secondarie croata e grica, perché nessuna scuola sul territorio ha alcuna pre-
senza della lingua. Parimenti, per gli stessi motivi, non è stata indagata alcuna scuola
primaria catalana. Il promemoria dei criteri attraverso i quali si è giunti al campiona-
mento segue da vicino la parte metodologica relativa ai gruppi.
La rilevazione ha dunque coperto solo una parte del territorio italiano, coinvolgen-
do complessivamente 10 province (Aosta, Campobasso, Cagliari, Cosenza, Cuneo,
Lecce, Ogliastra, Sassari, Trento, Udine) in 8 regioni (Calabria, Friuli, Molise,
Piemonte, Puglia, Sardegna,Trentino, Valle d’Aosta); le istituzioni scolastiche interes-
sate sono state 27, ciascuna con una classe intera: 14 classi quarte di scuola primaria e
13 classi prime di scuola secondaria di primo grado, ripartite nelle aree nelle quali è
stata condotta l’indagine nel suo insieme. Sotto è l’elenco delle scuole e località inda-
gate in aggiunta a quelle dove si sono svolti i gruppi 46.
46
Le scuole primarie di lingua croata sono in effetti due, per la particolare esiguità demografica di questi
istituti. Nei risultati comparirà anche una scuola secondaria di I grado di Sassari, indagata contemporanea-
mente alla ricerca ma che con questa non ha a che fare. Non sa ne terrà conto nell’analisi linguistica.
| 66 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Tipo Denominazione Località
primaria Istituto Comprensivo «Acquaviva Collecroce» Acquaviva Collecroce (CB)
primaria Istituto Comprensivo «Montefalcone» Montefalcone del Sannio (CB)
primaria Istituto Comprensivo “Corigliano” Corigliano d’Otranto (LE)
sec. di I grado Scuola media n. 1 e 3 “G. Deledda” Alghero (SS)
sec. di I grado Scuola media Alghero 2 Alghero (SS)
Tabella 5: Ulteriori scuole indagate
Il test è stato somministrato a classi reali di studenti, per rispettare le dinamiche di
gruppo che ivi si creano, e anche perché l’insegnamento in lingua di minoranza, essen-
do spesso extracurricolare, può cambiare da classe a classe e da sezione a sezione; quel-
le scelte e indicate all’INVALSI sono le classi e le sezioni che sono state ritenute più
idonee. La fase sul campo, effettuata nella prima settimana del mese di maggio 2008,
si è svolta con regolarità e con la piena collaborazione di tutti i soggetti coinvolti.
PARTE SECONDA
I RISULTATI: RAPPORTO ANALITICO
| 69 |
Capitolo primo
Inchiesta quantitativa sui Comuni
1.1 Dati generali
Come si accennava sopra, al questionario sull’applicazione della legge 482/99 a
livello amministrativo locale hanno risposto all’incirca un terzo dei comuni previsti;
ora, i comuni della Repubblica Italiana che godono di un qualche riconoscimento di
bilinguismo o plurilinguismo sono 1076 su un totale di 8101, cioè circa il 13%, sul ter-
ritorio dei quali vivono circa 4’000’000 di persone, cioè il 7% della popolazione totale
del paese. Di questi 1076, 960 sono soggetti alla legge 482/99 – a loro volta 878 per
dichiarazione dei consigli comunali interessati e 82 d’ufficio in quanto bilingui per sta-
tuto di autonomia della Regione Autonoma Valle d’Aosta (71) e della Provincia
Autonoma di Trento (11); i rimanenti 116 sono tutti i comuni della Provincia Autonoma
di Bolzano che, per decisione del Consiglio Provinciale, non sono annoverati tra i bene-
ficiari della legge47.
Il campione della nostra inchiesta è dunque composto da 960 comuni: i 29648 che
hanno risposto al questionario on-line (cfr. supra) ne rappresentano dunque il 31%.
Dalla tabella che segue appare però subito evidente che la percentuale di risposte non
è la stessa per tutte le comunità di minoranza: per alcune il tasso di risposta è stato piut-
tosto alto, per altre nullo. In quasi tutti i casi comunque meno di quanto auspicato per
un’inchiesta promossa dall’Amministrazione dello Stato presso le sue unità ammini-
strative.
49
I dati sono aggiornati al novembre 2008
50
Invero 324 sono i questionari totali compilati: ma i comuni con più di una comunità di minoranza hanno
risposto a un questionario per ogni minoranza.
| 70 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Carta 1: Comuni di minoranza 49
49
Questa e le seguenti carte qui presentate sono elaborazioni originali del Centre d’Études Linguistiques
pour l’Europe, espressamente realizzate per il presente studio; sono talora, per chiarezza, visualizzate le
città con più di 100000 abitanti.
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 71 |
Carta 2: Comuni di minoranza NW
Carta 3: Comuni di minoranza NE
| 72 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Carta 4: Comuni di minoranza Sardegna
Carta 5: Comuni di minoranza Sicilia
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 73 |
Carta 6: Comuni di minoranza Sud
| 74 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Minoranza Comuni Risposte Percentuale
Croata 3 3 100%
Francoprovenzale Puglia 2 2 100%
Germanica + Friulana + Slovena 1 1 100%
Occitana Calabria 1 1 100%
Sarda + Catalana 1 1 100%
Ladina 46 40 87%
Greca 24 17 71%
Albanese 49 33 67%
Slovena 21 13 62%
Occitana + Francese 23 14 61%
Germanica Walser 15 6 40%
Slovena + Friulana 10 4 40%
Germanica + Friulana 3 1 33%
Sarda 365 97 27%
Friulana 170 40 24%
Germanica Alpi Orientali 23 4 17%
Occitana 86 15 16%
Francoprovenzale 45 5 11%
Francoprovenzale + Francese 1 0 0%
Francoprovenzale Valle d’Aosta 70 0 0%
Germanica Walser + Francoprovenzale 1 0 0%
Germanica Alto Adige* 107 0 0%
Ladina + Germanica Alto Adige *
9 0 0%
Totale aree 482 960 296 31%
* Totale (compreso l’Alto Adige) 1076 296 28%
Tabella 6: Risposte per comunità di minoranza 50
Ma analizziamo più dettagliatamente la tabella. Non rispondono al questionario,
oltre ai comuni della Provincia Autonoma di Bolzano, quelli della Regione Autonoma
Valle d’Aosta: è verosimile che l’amministrazione regionale abbia ufficiosamente deci-
so di non partecipare all’inchiesta (ma cfr. supra). Molto bassa la partecipazione dei
comuni occitani (16%) e francoprovenzali (11%) del Piemonte. Tale bassa risponden-
za, oltre a testimoniare forse di un certo disinteresse generale per l’inchiesta o di qual-
che inceppo nella catena di trasmissione delle informazioni 51, potrebbe però anche esse-
50
I dati completi sono riportati in appendice; abbiamo qui distinto analiticamente le minoranze in relazio-
ne alla loro distribuzione sul territorio, perché le caratteristiche possono essere diverse.
51
In Piemonte, come risulta dai carteggi che hanno accompagnato le indagini, si sono risentite in modo par-
ticolarmente acuto le incomprensioni dovute alla presenza della parte sugli sportelli linguistici.
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 75 |
re dovuta a fattori demografici: i comuni montani del Piemonte sono tra quelli demo-
graficamente più piccoli d’Italia e in molti casi non hanno più dipendenti comunali pro-
pri, nel senso che questi lavorano spesso per più comuni e non hanno né il tempo né le
conoscenze per rispondere alle domande poste. Inoltre la gestione delle questioni
riguardanti a legge 482/99 sono spesso delegate dai Comuni, in accordo con le provin-
ce, alle Comunità Montane, le quali hanno un’idea generale della situazione nella valle
di competenza, ma non per ogni singolo comune. Queste due ragioni sembrano però
non essere valide per i comuni della provincia di Torino che si sono dichiarati a «dop-
pia minoranza», cioè occitana e francese. Di questi 23 infatti hanno risposto in 14, cioè
più del 60%.
Difficili da individuare le ragioni della non risposta dei comuni (circa i tre quarti)
delle due regioni a statuto speciale con minoranza diffusa e con legge regionale sulle
lingue di minoranza, la comunità sarda di Sardegna e friulana del Friuli Venezia Giulia.
Leggermente più alta la presenza di comuni slovenofoni, forse meno sicuri della prote-
zione da parte della legislazione regionale.
Alta la partecipazione delle comunità isolate di lingua albanese e greca dell’Italia
Meridionale, dovuta verosimilmente alla mancanza di protezione legale a livello loca-
le e regionale, che spinge le amministrazioni locali a fare affidamento principalmente o
in modo esclusivo sulla legge 482/99 per la tutela della lingua di minoranza. In parti-
colare è da considerarsi alta la partecipazione dei comuni dichiaratisi di minoranza
greca, poiché solo in una parte di questi è attestata la presenza di dialetti greci in epoca
moderna: in ogni caso dunque si può assumere che tutti i comuni in cui una qualche
varietà (parlata o simbolica) di greco è ancora esistente oggi in Calabria e nel Salento
abbiano risposto. Lo stesso vale per le comunità isolate di lingua croata del Molise
(rispondono 3 comuni su 3), francoprovenzale di Puglia (2 su 2), di lingua catalana di
Alghero e occitana di Guardia Piemontese in Calabria.
Ancora alta è la percentuale di comuni rispondenti tra quelli ladini della Provincia
Autonoma di Trento e della provincia di Belluno. Per quest’ultima si tratta presumibil-
mente di una ragione politico-amministrativa che ha spinto l’amministrazione provin-
ciale a fare partecipare (o a rispondere a livello provinciale centralizzato) quasi il 90%
dei comuni: l’assessorato alla cultura della provincia è da anni particolarmente attento
ed attivo alle questioni etnico-linguistiche dell’area, sia in relazione (e in contrasto) con
la «maggioranza» italofona, sia con le comunità parimenti dichiaratesi ladine del Tirolo
storico, cioè del Trentino, dell’Alto Adige e di tre comuni della stessa provincia di
Belluno. Questi stessi tre comuni (Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e
Colle Santa Lucia) hanno approvato per referendum popolare – come è noto – il pas-
saggio alla Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige.
Per quanto riguarda i villaggi germanofoni è necessario fare una premessa di tipo
sociolinguistico e storico. Qui 43 comuni si sono dichiarati di minoranza germanica, ma
solo in 15 la lingua (varianti alemanniche e bavaresi) è ancora esistente, e solo in 8 que-
ste varietà sono grosso modo quotidianamente parlate. In un sedicesimo comune
| 76 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
sopravvivono alcuni parlanti in una piccola frazione. In altri 22 comuni il germanico si
è estinto tra la fine del XIX e la metà del XX secolo e nei restanti 4 comuni non si ha
alcuna attestazione della lingua germanica eventualmente parlata sul posto. Tale situa-
zione rende l’applicazione della legge 482/99 impossibile nella maggioranza dei casi.
Tuttavia i pochi comuni che hanno risposto al questionario (4 su 23 in Trentino, Veneto
e Friuli Venezia Giulia (bavaresi) e 6 su 15 (walser, cioè alemanniche) in Piemonte e
Valle d’Aosta) non si distinguono per uso e vitalità del germanico. Alcuni sembrano
piuttosto classificabili geograficamente: i comuni germanofoni della provincia di
Belluno per le stesse ragioni politico-amministrative viste per la comunità ladina, e i
comuni ancora culturalmente germanofoni della provincia di Vercelli.
Di seguito dunque saranno analizzati i dati che si riferiscono alle minoranze ladina,
sarda, friulana, greca, albanese, slovena, croata, catalana, occitana, francoprovenzale di
Puglia, germanica (walser) di Piemonte e Valle d’Aosta e germanica del Friuli (ma non
quelle germaniche del Veneto e del Trentino). Le comunità friulana e sarda verranno
prese in considerazione poiché, nonostante il basso valore relativo di risposte, sono
minoranze territorialmente compatte e rappresentate da alti numeri assoluti (rispettiva-
mente da 46 e 98 comuni, compresi quelli con compresenza di più minoranze) così
come saranno trattati i 15 comuni occitani i cui dati sono integrabili con quelli dei 14
comuni occitano - francesi. Solo indicativi, se considerati, saranno invece i dati sulla
minoranza francoprovenzale del Piemonte. Saranno invece esclusi dall’analisi tutti i
comuni della Valle d’Aosta esclusi i 3 germanici e, ovviamente, tutti quelli della
Provincia Autonoma di Bolzano. La carta numero 8 mostra le aree ben coperte dall’in-
chiesta, quelle poco coperte e quelle in cui i dati sono troppo pochi per avere un’imma-
gine generale sul territorio.
Non è neppure da escludere, e ciò può valere anche per il Q2, che non solo il nume-
ro totale delle risposte, ma anche la qualità, i contenuti, di alcune delle risposte singo-
le, siano stati influenzati dalla ufficialità stessa del contesto in cui i questionari sono
stati posti. Ciò è normale, ed è un fenomeno ben conosciuto in indagini di questo tipo;
la variabile interessante qui però potrebbe essere quella finanziaria: ovverossia il timo-
re, da parte di singoli comuni o scuole, che l’entità dei futuri finanziamenti dipenda
dalla «bontà» o dal «grado di vera minoranza» o dalla «diligenza» dei comuni o delle
scuole stesse per come appare dalle risposte ai questionari.
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 77 |
Carta 7: Comuni che hanno risposto al questionario 1
| 78 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Carta 8: Struttura cartografica dell’analisi geografica dei dati
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 79 |
1.2 Uso della lingua di minoranza nei consigli comunali
La prima domanda del Q1 che indaga esplicitamente l’uso della lingua di minoran-
za nell’amministrazione pubblica (la domanda è basata art. 7 della Legge 482/99) è la
numero 6, che recita: «La lingua di minoranza è usata durante le sessioni del Consiglio
comunale?» e prevede quattro risposte standard [molto; abbastanza; poco; per niente]
che rappresentato una scala semanticamente graduata. La quantificazione dei risultati
attraverso un indice da 0 (per niente) a 1 (molto) ci permette di comparare i dati.
Consiglio comunale
Minoranza Risposte Per niente Poco Abbastanza Molto Indice
Ladina 39 0 4 30 5 0,67
Slovena 12 4 2 1 5 0,53
Francoprovenzale Puglia 2 0 1 1 0 0,50
Sarda 88 16 38 30 4 0,41
Occitana (+ Francese) 28 11 4 9 4 0,40
Albanese 32 8 16 6 2 0,35
Occitana Calabria 1 0 1 0 0 0,33
Sarda + Catalana 1 0 1 0 0 0,33
Friulana 38 11 18 8 1 0,32
Croata 3 2 0 1 0 0,22
Greca 17 13 3 1 0 0,10
Germanica Walser 6 5 1 0 0 0,06
Germanica + Friulana 1 1 0 0 0 0,00
Germanica + Friulana + Slovena 1 1 0 0 0 0,00
Slovena + Friulana 4 4 0 0 0 0,00
Tabella 7: Uso dichiarato della lingua di minoranza durante le riunione del Consiglio Comunale
I dati, accorpati per minoranza e ordinati per valore decrescente dell’indice, ci per-
mettono di apprezzare le differenze per comunità. Prima di tutto vediamo che nei comu-
ni di minoranza ladina l’uso dell’idioma locale per le interazioni orali anche formali è
piuttosto alto (uno 0,67 significa «abbastanza»): e questo, in una realtà linguistica
come quella del bellunese, parte del Veneto fortemente dialettofono, non è inaspettata.
La ladinità bellunese è piuttosto etnica che linguistica, e le varietà parlate dei comuni
ladini sono dei dialetti veneti alpini grammaticalmente non diversi da quelli dei comu-
ni che non si sono dichiarati ladini; come in questi le regole sociali della diglossia tra
dialetto e italiano prevedono l’uso del dialetto parlato anche in situazioni formali, come
quella del Consiglio Comunale. Non è questa la sede per discutere se le varietà roman-
| 80 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ze del bellunese siano dialetti del ladino o dell’italiano, ma dobbiamo prendere atto che
il loro uso dichiarato nell’ambito considerato in questa domanda del questionario è
piuttosto alto, e che questo fatto può essere confermato dalle conoscenze previe della
comunità scientifica sulla situazione linguistica veneta. Non va dimenticato inoltre che
si tratta di varietà romanze, totalmente intellegibili dalla grande maggioranza della
popolazione, anche quando si tratti di persone che non le parlano attivamente, siano
esse di origine locale o immigrati da altre località d’Italia o da altri paesi di lingua
romanza. I dati d’altra parte includono anche alcuni dei comuni ladini della Provincia
Autonoma di Trento, in cui la situazione sociolinguistica è per molti aspetti simile a
quella veneta, ma in cui senza dubbio le varietà romanze della Valle di Fassa sono con-
siderate dai parlanti come dialetti della lingua ladina.
Situazione piuttosto diversa è quella della comunità slovena. Si noti prima di tutto
la struttura diametralmente opposta a quella del ladino della posizione dei valori nella
tabella dei risultati: per ladino questi sono centrati intorno al valore «abbastanza»
mentre per lo sloveno sono polarizzati tra il «per niente» e il «molto», mentre l’indi-
ce è piuttosto alto, anche se sensibilmente inferiore a quello ladino. Questo indica che
nei comuni delle province di Gorizia e Trieste in cui esistono scuole di lingua slove-
na, e in cui dunque lo status della lingua è da tempo istituzionalizzato, è normale usar-
la in ambiti formali, accanto all’italiano, in situazione di bilinguismo. D’altra parte la
lingua slovena – o suoi dialetti nel Friuli Venezia Giulia – non è passivamente com-
prensibile da chi non la conosce, e quindi il suo uso è limitato alle aree in cui tutta la
popolazione ne ha una certa competenza, oppure nei comuni in cui la traduzione in ita-
liano è garantita.
La presenza delle altre lingue è inferiore, rimanendo la differenza tra lingue
romanze comprensibili da tutta o da buona parte della popolazione anche non autoc-
tona (friulano, occitano, francese, francoprovenzale e sardo) e lingue non romanze
non comprensibili se non da chi le parla o da chi è vissuto in stretto contatto con esse
pur non parlandole (albanese, croato, greco, dialetti germanici).
Si noti infine che nei comuni con più di una minoranza, di preferenza nessuna delle
lingue corrispondenti è usata in consiglio comunale.
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 81 |
Carta 9: Uso della lingua di minoranza durante le sedute dei consigli comunali
| 82 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
1.3 Uso della lingua di minoranza negli atti ufficiali
La domanda numero 7 indaga l’uso della lingua negli atti ufficiali (Legge 482/99,
art. 8). «Gli atti del Comune sono redatti anche nella lingua di minoranza?» [tutti; la
maggioranza; alcuni; gli atti sono solo in italiano].
Atti ufficiali
Minoranza Risposte Solo ITA Alcuni Maggioranza Tutti Indice
Albanese 32 19 11 1 1 0,34
Croata 3 3 0 0 0 0,33
Francoprovenzale Puglia 2 1 1 0 0 0,33
Friulana 37 29 8 0 0 0,33
Germanica + Friulana 1 0 1 0 0 0,33
Germanica + Friulana + Slovena 1 0 1 0 0 0,27
Germanica Walser 6 5 1 0 0 0,18
Greca 17 13 4 0 0 0,17
Ladina 40 0 39 1 0 0,17
Occitana (+ Francese) 28 15 13 0 0 0,17
Occitana Calabria 1 0 1 0 0 0,15
Sarda 91 49 33 9 0 0,08
Sarda + Catalana 1 0 1 0 0 0,07
Slovena 11 6 1 4 0 0,06
Slovena + Friulana 4 2 2 0 0 0,00
Tabella 8: Atti ufficiali nella lingua di minoranza
L’uso delle lingue di minoranza nei documenti ufficiali scritti è molto limitato, e ciò per
tre ragioni principali: una sociolinguistica e due pratiche. Tutte le lingue oggetto di prote-
zione secondo la legge 482/99 sono soggette ad una forte pressione sociale che non con-
sente loro di essere usate con normalità negli ambiti scritti e formali, i quali sono invece
da almeno un secolo prerogativa dell’italiano. Alcune di queste lingue inoltre non hanno
(ancora) uno standard grafico accettato e praticato attivamente dai parlanti stessi. È questa
la situazione del friulano; del sardo; dell’occitano; del ladino; del greco di Calabria e del
Salento; in molti casi delle comunità germaniche delle Alpi, che non sempre si riconosco-
no nel tedesco standard; delle comunità di minoranza francoprovenzale, che sono in dub-
bio se riconoscersi nel francese o in varianti più affini alle loro; in alcuni casi anche delle
comunità di lingua albanese. Inoltre in molti casi gli amministratori comunali non sono in
grado o non hanno il tempo per redigere i documenti in forma bilingue 52.
52
Emerge molto chiaramente, anche da altre analisi condotte sulle minoranze italiane, la percezione di forte
aggravio di lavoro amministrativo che una conduzione bi- o plurilingue del Comune comporta.
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 83 |
Carta 10: Uso della lingua di minoranza negli atti ufficiali
| 84 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Fanno eccezione – lo si nota dai valori della tabella – i comuni sloveni delle provin-
ce di Gorizia e Trieste: là lo sloveno standard è lingua scritta d’uso abituale della popo-
lazione slovenofona. Non va dimenticato poi che i nostri dati non includono i comuni
della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige, in cui il bilinguismo amministrativo è regolato
dagli statuti di autonomia, e come nelle province di Gorizia e Triste esistono sistemi
educativi pubblici in lingue diverse dall’italiano.
Per quanto guarda invece la struttura dei documenti bilingui (domanda numero 8:
«Come sono strutturati gli atti bilingui?» [su colonne parallele, una per lingua; prima
una poi l’altra lingua sulla stessa pagina; con le lingue in fronte-retro; su fogli separa-
ti]) nei comuni in cui questi esistono (sono solo 125 i comuni che dichiarano di avere
documenti bilingui) si riscontra una chiara preferenza per il sistema a fogli separati.
Struttura documenti
Minoranza Risposte Colonne PrimaDopo FronteRetro Due Fogli
Albanese 14 4 5 0 5
Croata 0 0 0 0 0
Francoprovenzale Puglia 1 0 0 0 1
Friulana 10 2 2 1 5
Germanica + Friulana 0 0 0 0 0
Germanica + Friulana + Slovena 0 0 0 0 0
Germanica Walser 1 0 0 0 1
Greca 4 2 0 0 2
Ladina 37 2 0 0 35
Occitana (+ Francese) 6 5 1 0 0
Occitana Calabria 1 0 0 0 1
Sarda 43 7 4 1 31
Sarda + Catalana 1 1 0 0 0
Slovena 5 0 4 0 1
Slovena + Friulana 2 0 0 0 2
Totale 125 23 16 2 84
Tabella 9: Struttura degli atti ufficiali bilingui
Un primo orientamento sui significati sociolinguistici e in termini di language plan-
ning delle scelte sulla disposizione dei testi nei documenti plurilingui è stato dato pre-
cedentemente; si noteranno qui due particolarità: la prima è che i comuni in cui l’am-
ministrazione bilingue è (quasi) una normalità (località ladine del Trentino e slovene
della Venezia Giulia) la preferenza è per un solo foglio diviso in due, con una lingua in
alto o l’altra in basso o una a sinistra e l’altra destra su due colonne. L’altra è la com-
pattezza della risposta «Su due fogli separati» dei comuni ladini della provincia di
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 85 |
Belluno, come se ci fosse una direttiva unica provinciale o addirittura come se la stes-
sa provincia avesse compilato il questionario per tutti i comuni 53.
Carta 11: Struttura dei documenti ufficiali bilingui
53
Sappiamo positivamente che in molti casi non sono stati i comuni stessi a rispondere al questionario, ma
incaricati provinciali delle Comunità Montane.
| 86 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
1.4 Rapporti con il pubblico
Due domande indagano i rapporti diretti, non per iscritto, tra Amministrazione
Comunale e cittadini (Legge 482/99, art. 9): la numero 9 «La lingua di minoranza è
usata oralmente nei rapporti col pubblico?» [spesso; abbastanza; poco; mai] e la nume-
ro 10 «La lingua di minoranza è usata per telefono in modo sistematico?» [sempre; di
solito; talvolta; mai]. Sociolinguisticamente si tratta di situazioni comunicative non for-
mali sia nella loro dimensione diamesica, in cioè la comunicazione passa attraverso il
«mezzo» orale e non scritto, sia nella loro dimensione situazionale: spesso, e in parti-
colare nei comuni piccoli, il rapporto con l’amministrazione locale è una attività quasi
quotidiana vissuta alla pari.
E parlare varietà di lingua non standard in situazioni comunicative comunitarie
non formali è una caratteristica della diglossia: il comunicare oralmente con i cittadi-
ni agli sportelli comunali è di fatto una situazione informale, in particolare nei paesi
più piccoli in cui i cittadini si conoscono personalmente. È chiaro dunque perché
nella maggior parte delle realtà di minoranza ciò è possibile e viene abitualmente
fatto; è invece necessario soffermarsi i casi in cui l’uso della lingua di minoranza è
relativamente basso, diciamo da un valore di indice 0,66 in giù: si tratta di minoran-
ze isolate in situazione di diglossia (o dilalia) con due o più codici in compresenza,
cioè, all’italiano come acroletto e alla lingua di minoranza come basiletto, si aggiun-
ge un mesoletto rappresentato dalle varietà romanze regionali o dei paesi limitrofi.
Questi dialetti regionali sono particolarmente forti specialmente in Veneto e
nell’Italia meridionale e vengono utilizzati insieme o al posto delle lingue di mino-
ranza nelle situazioni comunicative informali endocomunitarie. Un caso a parte,
ancora una volta, è quello dello sloveno, sia nelle sue varianti locali sia nello stan-
dard, che non è percepito, nella Venezia Giulia, come varietà bassa ma piuttosto come
varietà «altra» rispetto all’Italiano.
Pubblico
Minoranza Risposte Mai Poco Abbastanza Spesso Indice
Slovena 11 0 1 1 9 0,91
Friulana 38 0 2 9 2 0,88
Francoprovenzale Puglia 2 0 0 1 1 0,83
Albanese 32 2 4 8 18 0,77
Sarda 91 2 14 30 45 0,76
Ladina 39 0 1 26 12 0,76
Greca 17 2 3 3 9 0,70
Germanica + Friulana 1 0 0 1 0 0,66
Germanica + Friulana + Slovena 1 0 0 1 0 0,66
Occitana Calabria 1 0 0 1 0 0,66
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 87 |
Sarda + Catalana 1 0 0 1 0 0,66
Occitana (+ Francese) 28 5 6 5 12 0,62
Croata 3 0 2 0 1 0,55
Germanica Walser 6 1 1 4 0 0,50
Slovena + Friulana 2 0 1 1 0 0,50
Tabella 10: Uso della lingua di minoranza nei rapporti col pubblico
Sicuramente la conversazione telefonica è una situazione più formale rispetto a
quella della conversazione diretta, a voce, tra dipendente comunale e cittadino; una
situazione dunque meno adatta all’uso di varietà non standard. Valgono dunque in gene-
rale le considerazioni fatte sopra per l’uso orale della lingua di minoranza, tenendo
conto però – come è evidente dalla tabella – che il suo uso è più ridotto.
Telefono
Minoranza Risposte Mai Talvolta Di solito Sempre Indice
Slovena 11 1 3 4 3 0,60
Albanese 31 3 12 9 7 0,55
Ladina 39 0 16 21 2 0,54
Francoprovenzale Puglia 2 1 0 0 1 0,50
Friulana 38 1 23 13 1 0,45
Croata 3 1 1 0 1 0,44
Sarda 91 14 58 14 5 0,37
Occitana (+ Francese) 28 10 8 9 1 0,34
Germanica + Friulana 1 0 1 0 0 0,33
Germanica + Friulana + Slovena 1 0 1 0 0 0,33
Germanica Walser 6 1 4 1 0 0,33
Occiatana Calabria 1 0 1 0 0 0,33
Sarda + Catalana 1 0 1 0 0 0,33
Greca 17 3 14 0 0 0,27
Slovena + Friulana 4 1 3 0 0 0,25
Tabella 11: Uso della lingua di minoranza al telefono
| 88 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Carta 12: Uso della lingua di minoranza nei rapporti con il pubblico
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 89 |
Carta 13: Uso della lingua di minoranza nei rapporti con il pubblico al telefono
| 90 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Unico dato che lascia perplessi è quello sull’uso dichiarato, ancorché limitato, del
grico nei rapporti con i cittadini da parte degli amministratori pubblici del comune di
Reggio Calabria, città di quasi 200000 abitanti in cui, se si escludono gli immigrati dai
pochi comuni limitrofi ancora grecofoni, la scomparsa dei dialetti greci data almeno
dall’alto Medioevo.
1.5 Formazione dei dipendenti comunali
Il bilinguismo nell’amministrazione è, escluso per i comuni sloveni della Venezia
Giulia, una novità per i comuni di minoranza e data appunto dall’entrata in vigore della
legge 482/99 del dicembre 1999. È stato dunque necessario, nei casi in cui si sia deci-
so di rendere anche in parte formalmente bilingue l’amministrazione locale, preparare
i dipendenti a questa nuova realtà organizzando dei corsi di aggiornamento. Con la
domanda 11, volutamente molto generale (cfr. supra) – «Il Comune ha intrapreso ini-
ziative di formazione per il bilinguismo dei dipendenti?» [sì; sono in programma ma
non ancora realizzate; no] – si è voluto indagare l’esistenza di corsi o attività dedicate
in particolare all’alfabetizzazione nella lingua locale, alla traduzione o alla terminolo-
gia, molte delle quali sono state coperte finanziariamente proprio con i fondi messi a
disposizione dallo stato secondo la legge 482. Nella maggior parte dei comuni dunque,
come evidenziano i risultati riportati nella tabella, si sono già svolti corsi di aggiorna-
mento per i dipendenti, o almeno sono in programma. Si notino in particolare i dati che
riguardano le comunità ladina, slovena, friulana e walser. Per i 39 comuni ladini che
compattamente hanno risposto di aver già istruito i propri dipendenti comunali: come
già visto sopra per altre domande, sembra che la provincia di Belluno abbia coordina-
to da vicino e con molta attenzione sia la partecipazione all’inchiesta sia l’applicazio-
ne delle norme previste dalla legge 482.
Va altresì segnalato che particolarmente pochi sono i comuni friulani che dichiara-
no di organizzare iniziative di formazione per i dipendenti: ci si chiede se ciò sia dovu-
to a un disinteresse da parte di questi ultimi, alla mancanza di fondi per l’organizzazio-
ne di corsi o alla – dubbia – previa capacità dei dipendenti comunali a scrivere in friu-
lano (la competenza orale, più o meno forte da comune a comune, non sarebbe comun-
que oggetto di attività di aggiornamento). La conoscenza dello sloveno scritto, anche
burocratico e amministrativo, è invece un dato di fatto acquisito per quanto riguarda
molti comuni slovenofoni: i corsi sono dunque meno interessanti per i comuni di altri
progetti di rafforzamento dell’uso della lingua di minoranza sovvenzionabili attraverso
la legge 482.
Tra i comuni dichiaratisi germanofoni in Piemonte e Valle d’Aosta, solo Alagna
Valsesia e Rimella (in provincia di Vercelli) hanno dichiarato di aver organizzato
corsi di aggiornamento; tali comuni sono effettivamente, tra quelli della comunità
germanofona che hanno risposto, quelli in cui è più necessaria una formazione essen-
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 91 |
do comuni fino ad oggi amministrativamente monolingui ma uno (Rimella) con la
lingua ancora relativamente vivace e l’altro (Alagna) in una situazione di recupero in
extremis del germanico locale. I comuni walser della Valle d’Aosta sono già ufficial-
mente bilingui italiano-tedesco, e dunque i dipendenti, una volta che conoscano la
lingua locale, sanno come lavorare in ambito plurilingue. In Valstrona invece ogni
corso sarebbe inutile, dal momento che l’idioma germanico locale è estinto da alme-
no un secolo.
Formazione
Minoranza Risposte Si In programma No % di si
Germanica + Friulana 1 1 0 0 100%
Germanica + Friulana + Slovena 1 1 0 0 100%
Ladina 39 39 0 0 100%
Occitana Calabria 1 1 0 0 100%
Sarda + Catalana 1 1 0 0 100%
Greca 17 11 1 5 65%
Sarda 91 55 24 12 60%
Albanese 32 19 7 6 59%
Francoprovenzale Puglia 2 1 0 1 50%
Occitana (+ Francese) 26 13 0 13 50%
Slovena + Friulana 4 2 0 2 50%
Friulana 38 18 1 19 47%
Slovena 11 5 0 6 45%
Germanica Walser 6 2 0 4 33%
Croata 3 0 2 1 0%
Tabella 12: Formazione dipendenti
| 92 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Carta 14: Formazione per dipendenti
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 93 |
1.6 Toponomastica
L’ultima domanda del questionario dedicato ai comuni indaga lo stato dell’appli-
cazione dell’art. 10 legge 482/99 sull’uso della toponomastica locale accanto a quel-
la italiana: «Nel territorio del Comune è presente toponomastica bilingue?» [sì; è
prevista; no]. Con toponomastica i comuni possono intendere normalmente i cartel-
li stradali che indicano i nomi delle località abitate (macrotoponomastica) ed even-
tualmente i nomi della vie (microtoponomastica): i due livelli non hanno la stessa
valenza sociolinguistica né la stessa visibilità, e la domanda volontariamente non
specifica fra i due piani. In molti casi il nome in lingua locale è usato anche sui
documenti ufficiali, siano questi monolingui o bilingui. Le risposte non ci indicano
dunque in quali particolari casi il bilinguismo in toponomastica è applicato, ma piut-
tosto la volontà politica dei comuni verso questo provvedimento di protezione della
lingua di minoranza. Una misura, quella della toponomastica bilingue, di facile
attuazione (se limitato al nome del comune, delle frazioni e delle vie di comuni pic-
coli) e dai costi limitati, in molti casi parzialmente o interamente integrabili con i
fondi previsti dalla legge 482/99. Più costosi sono invece lavori scientifici di ricer-
ca volti ad analizzare tutta la microtoponomastica presente nei comuni: tali lavori,
quando esistono, esulano dalle competenze comunali e sono finanziati con fondi
regionali, provinciali o privati.
Rivolgiamo dunque uno sguardo alla tabella dei risultati: la toponomastica bilingue
è una realtà evidente dei comuni di minoranza, si tratti di cartelli all’entrata delle loca-
lità abitate (bianchi ufficiali o marroni «turistici»), di cartelli stradali che indicano la
direzione verso le località di minoranza (cartelli blu) o cartelli con i nomi delle vie in
italiano, bilingui o esclusivamente in lingua locale (come presso le comunità ladine del
Trentino). Si notano immediatamente però i valori bassi dei comuni con più di una
minoranza, in cui il dubbio sulla scelta di quale lingua usare così come la questione
pratica di installare grandi cartelli tri- o quadrilingui ritarda la realizzazione di topo-
nomastica localizzata. Tra questi fa eccezione Alghero (microtoponomastica Sarda +
Catalana) in cui la microtoponomastica nel centro cittadino è tutta in italiano e catala-
no (ma non in sardo). Si noti anche Tarvisio (minoranza germanica, slovena e friula-
na) che dichiara di non usare toponimi nelle lingue minoritarie (cfr. allegati), ma che
in verità, almeno per quanto riguarda la macrotoponomastica, sappiamo positivamen-
te che lo fa: i cartelli all’entrata di molte delle numerose frazioni indicano i loro nomi
in italiano, tedesco e sloveno (il friulano è limitato a poche località particolarmente
turistiche).
Piuttosto bassi i valori per il sardo: la non applicazione di questa possibilità lega-
le può essere attribuita, oltre a problemi di tipo economico, al fatto che i nomi dei
comuni spesso hanno già una grafia sardizzante, e infine al problema della grafia da
usare per scrivere il sardo; la grafia unica esiste, è ufficiale ed è usata dalla regione
Sardegna, ma in molti casi non è accettata dalla popolazione o dagli amministratori
| 94 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
pubblici locali. Si noti ancora una volta infine la particolare attitudine positiva verso
il grico del comune di Reggio Calabria che dichiara che la toponomastica bilingue è
«prevista», pur essendo tale provvedimento nei fatti impossibile se non riscoprendo i
nomi in greco classico che hanno dato quelli attuali di molte località oggi di sola lin-
gua romanza.
Toponomastica
Minoranza Risposte Si Prevista No % di si
Francoprovenzale Puglia 2 2 0 0 100%
Occitana Calabria 1 1 0 0 100%
Sarda + Catalana 1 1 0 0 100%
Germanica Walser 6 5 0 1 83%
Ladina 39 32 7 0 82%
Slovena 11 9 1 1 82%
Friulana 38 29 6 3 76%
Croata 3 2 1 0 67%
Albanese 32 21 5 6 66%
Occitana (+ Francese) 28 17 10 1 61%
Sarda 89 37 18 34 42%
Slovena + Friulana 4 1 0 3 25%
Greca 17 1 2 14 6%
Germanica + Friulana 1 0 0 1 0%
Germanica + Friulana + Slovena 1 0 0 1 0%
Tabella 13: Toponomastica
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 95 |
Carta 15: Toponomastica bilingue
| 96 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
1.7 Considerazioni conclusive
L’analisi dei dati del Q1 induce a pensare che, dal punto di vista sociolinguistico,
non ci una profonda sia differenza di trattamento da parte dei Comuni tra lingue di
minoranza e dialetti delle altre regioni d’Italia non considerate dalla legge 482. Ora, i
dati quantitativi raccolti con il Q1 presso le Amministrazioni Pubbliche non sono esau-
stivi numericamente né (proprio a causa del focus del progetto, che è sulla scuola) basa-
ti su domande che avevano l’intento di sondare la situazione sociolinguistica delle aree
di minoranza; tuttavia, questa generale impressione è, come si vedrà più avanti, raffor-
zata dalle inchieste qualitative condotte nell’ambito di questo stesso progetto. Questo
non significa che il grado di dialettalità percepita delle lingue di minoranza da parte dei
parlanti sia lo stesso che quello dei dialetti di altre regioni d’Italia; né che la visione sia
la stessa in tutte le aree. La situazione di diglossia o di dilalia tra lingua locale e italia-
no in buona parte dei comuni della Repubblica è comunque un dato di fatto: e le rego-
le sociali che governano i rapporti fra i codici rendono difficile l’uso delle lingue di
minoranza in ambiti formali e in particolare nello scritto, così come lo renderebbero per
le varietà considerate dei dialetti dell’italiano.
Esistono altresì alcune differenze: prima di tutto, in molti casi è accettabile (anche
se non da tutti) la presenza della lingua di minoranza nell’amministrazione (crediamo
invece che verosimilmente ciò sarebbe più difficile per i «dialetti») – i comuni stessi
hanno deciso di dichiararsi di minoranza, e la maggioranza di questi lo ha fatto per
ragioni sociali e politiche, si ritiene, e non soltanto sotto la spinta dell’interesse per faci-
litazioni economiche previste dalla legge. In alcune aree inoltre il processo di de-dia-
lettizzazione, cioè di coscientizzazione dei parlanti sul valore della propria varietà lin-
guistica come «lingua» è più avanzato. In alcuni casi ciò è dovuto a ragioni storiche,
come presso le comunità ladine del Trentino, territorio entrato a far parte dell’Italia
dopo la Prima Guerra Mondiale, in cui il ladino era già riconosciuto come lingua sotto
l’amministrazione asburgica, in altri si tratterà piuttosto di differenziazione oggettiva
con i dialetti circostanti e forte somiglianza con una lingua standard diffusa in altri paesi
d’Europa (comunità germaniche, arbëresh, croate – e in minor misura griche); o per
entrambe le ragioni, come il caso della comunità slovena della Venezia Gulia.
C’è infine una questione insita nella struttura della legge stessa, che lascia piena
libertà alle comunità di dichiararsi di minoranza – una libertà fondamentale e che evita
che altri scelgano per le comunità stesse, ma che allo stesso tempo non obbliga mai, ma
si limita a concedere, a non vietare. Questo significa che i comuni che si dichiarano di
minoranza partecipano di un diritto collettivo, senza che questa partecipazione implichi
anche dei doveri; si ponga solo mente al fatto che nessuno dei 6 provvedimenti men-
zionati della legge 482/99 e che sono oggetto del Q1 deve obbligatoriamente essere
applicato. Un comune può dunque dichiararsi di lingua slovena, e questo non implica
che da una certa data in poi tutta l’amministrazione sia (anche) in sloveno, o che lo sia
la toponomastica o che i dipendenti comunali debbano conoscere la lingua. Non c’è
Inchiesta quantitativa sui Comuni | 97 |
dunque alcuno stimolo forte, se non quello sociale e identitario, che possa spingere i
comuni ad applicare queste azioni di salvaguardia della lingua. I fondi messi a disposi-
zione agli enti pubblici dalla legge 482/99 ogni anno per le attività di tutela delle lin-
gue minoritarie non sono effettivamente pochi se queste attività sono intese come sal-
tuarie, aggiuntive, quasi «un lusso»; sarebbero insufficienti invece per coprire i costi,
alti nei primi dieci o venti anni, per attivare e mettere moto un vero bilinguismo ammi-
nistrativo partendo da una storica situazione di monolinguismo. Solo dove le risorse
economiche statali vengono integrate da fondi locali (regionali o provinciali), come in
Trentino, o quando una situazione di latente bilinguismo (non già diglossia), fortemen-
te appoggiato dalle istituzioni scolastiche in lingua minoritaria, è sempre esistito, come
quello esistente in molti comuni slovenofoni delle province di Gorizia e Trieste, una
tale operazione è possibile.
| 99 |
Capitolo secondo
Inchiesta quantitativa sulle Scuole
2.1 Dati generali
Il Q2 è stato elaborato considerando come destinatari dell’inchiesta le scuole che
hanno sede nei comuni di minoranza o quelle site in comuni limitrofi che abbiano alme-
no un comune di minoranza nel loro bacino di utenza. Vale la pena di osservare che con
il termine scuola il Ministero intende un’unità amministrativa che comprende uno o più
punti di erogazione del servizio di diverso ordine e grado, dislocati sul territorio di per-
tinenza della scuola, anche in paesi o villaggi diversi 54.
Agli effetti della legge 482/99 esistono 582 scuole alle quali afferiscono 2971 punti
di erogazione; in molti casi la compilazione del questionario è stata centralizzata nella
sede amministrativa della scuola, in altri invece è stato il punto di erogazione a fornire
i dati per l’inchiesta.
Risposte
Minoranza Risposte Q2 Scuole Punti d’erogazione
Albanese 18 42 177
Croata 5 2 7
Francese + Francoprovenzale 0 2 6
Francese + Occitana 3 6 21
Francoprovenzale (Piemonte) 9 14 85
Francoprovenzale (Puglia) 0 2 3
Francoprovenzale (Valle d’Aosta) 63 - 368
54
Si cfr. il D. lgs. 16 aprile 1994, n. 297 – articoli 203 e 204]: «L’istituzione scolastica gestisce e organiz-
za a livello amministrativo e didattico uno o più punti di erogazione del servizio scolastico (scuole dell’in-
fanzia, plessi di scuola primaria, sedi staccate o coordinate di scuola secondaria di I e II grado). Ad ogni
istituzione scolastica è preposto un dirigente scolastico. È espressione di autonomia e provvede alla defi-
nizione e alla realizzazione dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle Regioni e dei
compiti e funzioni trasferiti agli Enti locali».Sono stati costituiti, in via sperimentale, istituti che possono
comprendere scuole dell’infanzia, scuole primarie, scuole secondarie di I grado e scuole secondarie di II
grado. Il D.P.R. 275/99 art 1 sintetizza così la questione: le Istituzioni Scolastiche, interagendo tra loro e
con le comunità locali, sono il punto di sintesi tra la domanda formativa individuale e gli obiettivi nazio-
nali del sistema istruzione, sono quindi espressioni di autonomia funzionale.
| 100 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Friulana 48 84 625
Germanica (Trentino) 1 2 5
Germanica (Veneto) 1 9 65
Germanica + Friulana 5 2 10
Germanica + Friulana + Slovena 3 3 9
Greca 9 52 351
Ladina (Belluno) 12 13 90
Ladina (Trento) 11 1 11
Occitana 7 23 147
Occitana (Calabria) 1 1 3
Occitana + Francese 4 7 28
Sarda 102 291 1575
Sarda + Catalana 3 1 29
Slovena 4 32 180
Slovena + Friulana 14 17 85
Germanica (Walser) 0 7 32
Germanica + Francoprovenzale 0 - 2
Tabella 14: Risposte al Q2
Ciò nonostante i dati, se analizzati nel loro insieme e sottoposti a trattamento stati-
stico 55, sono sufficienti a dare delle indicazioni preziose su quasi tutte le comunità di
minoranza. Per alcune di queste abbiamo dati completi, per altre i dati di cui disponia-
mo sono molto esigui, se non nulli: tra le minoranze che si trovano in questa condizio-
ne va menzionata la comunità francoprovenzale della provincia di Torino, che è quindi
stata esclusa dal trattamento dei dati, la comunità germanofona, i cui dati sono validi
esclusivamente per i comuni del Friuli Venezia Giulia e, in relazione a questi anche
quelli del Trentino e della Provincia di Belluno, e la comunità occitana del Piemonte,
le informazioni riguardanti la quale sono di carattere esclusivamente indicativo. Si
ricordi inoltre che per la comunità di lingua slovena hanno risposto solo scuole di lin-
gua italiana in comuni di minoranza slovena e non le scuole con lingua di insegnamen-
to slovena delle province di Gorizia e Trieste 56.
55
Intendiamo qui che i dati riportati nelle tabelle sono una sintesi per minoranza; la sintesi è data dal con-
teggio per tipologia di risposta se si tratta di valori nominali, dalla somma o percentuale quando abbiamo
a che fare con valori numerici.
56
Come per il Q1 non abbiamo alcun dato della Provincia Autonoma di Bolzano, che ha deciso, tramite let-
tera ufficiale indirizzata ai ricercatori e al Ministero, di non partecipare all’inchiesta.
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 101 |
Carta 16: Comuni coperti da almeno una scuola che ha risposto al Q2
| 102 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
2.2 Lingua oggetto di tutela
Dopo una serie di 5 domande oggettive che servono ad identificare la scuola e la sua
localizzazione, le domande 6. («Lingua o lingue di minoranza presenti nella scuola») e
la seguente 6bis. («Quale è la ragione principale per cui nessuna lingua di minoranza
viene insegnata nella scuola?» [non c’è nessuna lingua di minoranza sul territorio; l’in-
segnamento della lingua di minoranza non è importante; non abbiamo richiesta dalle
famiglie; vorremmo farlo ma non abbiamo abbastanza fondi]) selezionano i risponden-
ti per lingua di minoranza presente nella scuola, e nel caso in cui non ce ne sia alcuna,
permettono di non continuare la compilazione del questionario. Le risposte alla doman-
da 6. corrispondono per la quasi totalità ai dati ufficiali, cioè le scuole riportano come
lingue target quelle riconosciute dal comune in cui si trovano: fanno eccezione 6 scuo-
le della Sardegna che dichiarano che nei comuni di loro competenza non esistono lin-
gue di minoranza malgrado i comuni si siano dichiarati di lingua sarda. Sembra di poter
evincere che i responsabili di queste scuole non siano d’accordo nel considerare il sardo
come lingua, e lo vedano invece come dialetto italiano.
Due sono le ragioni per cui alcune scuole (46) non hanno attivato corsi di LM, pur
avendone diritto: per 22 rispondenti la causa è la mancanza di interesse da parte dei
genitori, e questo accade in particolare in valle d’Aosta (11) e in Sardegna (6 scuole);
per altre 24 invece, localizzati esclusivamente in Sardegna (16 scuole) e nell’Italia
Meridionale (5 in area albanofona e 3 in area grica), la causa è individuata nella la man-
canza di risorse economiche.
2.3 Anni di presenza della lingua di minoranza nella scuola
I risultati alla domanda 7. «Da quanti anni la lingua di minoranza è presente nella
scuola?» sono stati discretizzati in 4 classi: la prima include le scuole che hanno dichia-
rato che la lingua di minoranza è presente nel loro curriculum da meno di un anno; la
seconda da 1 a 5; la terza da 6 a 10 e l’ultima da più di 10 anni. Ognuna di queste cate-
gorie può rappresentare un valore particolare in rapporto all’applicazione della legge
482/99: la classe 0 comprende quelle scuole che hanno cominciato con un’attività
didattica sulla lingua minoritaria o nella lingua minoritaria solo nell’anno scolastico
2008-2009 57. La seconda categoria (1-5) include quelle scuole che verosimilmente sono
riuscite o hanno voluto fare partire i corsi in/di LM solo dopo che i i costi relativi sono
stati coperti, almeno in parte, da fondi statali. La terza categoria (5-10) include in par-
ticolare le scuole in cui la legge 482/99 è stata verosimilmente un input per comincia-
re le attività in LM, oltre che a rappresentare un aiuto economico. L’ultima categoria è
quella delle scuole in cui l’insegnamento della LM non dipende, se non in parte, dalla
legge 482/99.
57
È probabile che il valore 0 (zero) dato dai rispondenti significhi anche che non sono mai stati attivati corsi
o attività di tutela della lingua minoritaria.
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 103 |
Secondo questa classificazione dunque possiamo vedere quali sono le comunità in
un certo senso più indipendenti dallo Stato e quelle invece che da questo dipendono
economicamente. Per esempio la comunità ladina del Trentino, la cui scuola è parzial-
mente autonoma all’interno di un sistema scolastico provinciale totalmente autonomo,
e in cui il ladino è riconosciuto come lingua sia dallo Statuto di Autonomia della
Provincia sia dallo Statuto Regionale, ha inserito nel curricolo la sua lingua già da
prima dell’entrata in vigore della legge 482/99. Questa scuole godono di particolare
tutela legislativa (D. lgs 297 art. 618 Trento e art. 619 Bolzano)
Ben collaudate sembrano essere anche le attività in catalano di Alghero e in france-
se del Piemonte. All’estremo opposto troviamo le scuole delle comunità albanese, ladi-
ne bellunesi, griche e occitane del Piemonte, per le quali la legge 482/99 è stata fonda-
mentale. Si notino inoltre la scuola occitana di Guardia Piemontese in Calabria che
dichiara di essere attiva da più di 10 anni, anche se, come si vedrà nell’analisi delle
domande successive, le sue attività sono attualmente totalmente coperte da fondi stata-
li; e le comunità friulana e sarda per le quali, lo vedremo, legislazioni regionali poco
precedenti a quella statale hanno dato impulsi contemporanei e nella stessa direzione di
quelli della legge 482/99. Si ricordi infine che le scuole con attività in sloveno non
includono quelle monolingui slovene riconosciute dal trattato internazionale valido
solo per le province di Gorizia e di Trieste.
Anni di presenza
Lingua di minoranza Risposte 0 1...5 6...10 >10 % >10
Ladino (Trento) 11 0 0 0 11 100%
Occitano (Calabria) 1 0 0 0 1 100%
Catalano 3 0 0 1 2 67%
Francese (Piemonte) 3 0 0 1 2 67%
Germanica 5 0 0 3 2 40%
Sloveno 8 1 0 4 3 38%
Francoprovenzale (Valle d’Aosta) 51 24 7 3 17 33%
Friulano 55 0 3 38 14 25%
Croato 5 0 0 4 1 20%
Greco 5 1 0 3 1 20%
Albanese 14 2 4 6 2 14%
Ladino (Belluno) 11 0 1 9 1 9%
Sardo 67 5 28 28 6 9%
Francoprovenzale (Piemonte) 9 9 0 0 0 0%
Occitano (Piemonte) 7 0 1 6 0 0%
Tabella 15: Anni di presenza della lingua di minoranza nella scuola
| 104 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
2.4 Ore di insegnamento58
Le risposte alle domande 9 («In questo anno scolastico [2008/2009] quante ore di inse-
gnamento DELLA lingua di minoranza sono previste in totale?») e 10 («In questo anno
scolastico [2008/2009] quante ore di insegnamento di materie diverse NELLA lingua di
minoranza sono previste in totale?») sono state molto eterogenee e spesso di difficile
interpretazione – spesso nelle risposte i dati si riferiscono alle ore annuali, talvolta a quel-
le settimanali e in molti casi non è possibile distinguere un criterio preciso. Ma un’anali-
si sul numero assoluto di ore, siano queste annuali o settimanali, non ci permetterebbe
alcuna comparazione, cosa invece fondamentale per la nostra analisi; è invece l’analisi dei
dati relativi che ci può mostrare indicazioni in merito all’oggetto della domanda: è dun-
que possibile tratte considerazioni di ordine generale comparando i dati dichiarati sulle
ore di lezione di lingua minoritaria (normalmente in italiano) e le quelli sulle ore di lezio-
ne di altre materie tenuti in lingua minoritaria per l’insieme delle scuole che hanno rispo-
sto di ogni minoranza. Non si tratta quindi di cifre riguardanti tutte le ore di lezione ma
solo relative a quelle ore in cui ufficialmente è presente la lingua soggetta a tutela. Questo
è uno dei dati preliminari che ci permette di capire cosa le scuole intendono per attività in
LM, cioè se si tratta principalmente, come viene definita in ambito scolastico, di insegna-
mento formale o veicolare, e se questo è tenuto in orario curricolare.
Ore di insegnamento
Lingua di minoranza % ore IN lingua
Croato 96%
Ladino (Trento) 66%
Germanica 47%
Ladino (Belluno) 38%
Friulano 32%
Francoprovenzale (Valle d’Aosta) 31%
Sardo 29%
Albanese 22%
Greco 20%
Occitano (Piemonte) 17%
Sloveno 16%
Catalano 0%
Francese (Piemonte) 0%
Occitano (Calabria) 0%
Tabella 16: Ore di insegnamento
58
Non vengono analizzate qui le risposte alla domanda 8 «In quante classi è attualmente presente nell’in-
segnamento la lingua di minoranza?»: queste avrebbero avuto valore informativo solo se tutte (o comun-
que la grande maggioranza delle) scuole avessero risposto al questionario.
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 105 |
Si nota subito la posizione del croato, lingua che, secondo le dichiarazioni delle scuo-
le, viene usata per tenere le lezioni di LM in modo pressoché assoluto. Non esisterebbe-
ro dunque, per le 5 entità rispondenti delle località slavofone del Molise ore di lezione di
croato in italiano, ma solo ore (anche se poche decine all’anno) di lezione di altre mate-
rie (o anche di croato) tenute in croato. Segue il ladino, che risulta essere per due terzi lin-
gua veicolare (5 o 6) ore alla settimana e per un terzo lingua curriculare (2 o 3 ore alla
settimana). Molto più bassi i valori di tutte le altre lingue come lingue veicolari, fino al
caso del francese in Piemonte, che, lo si noti fin da subito, ha spesso lo status di lingua
straniera insegnata – come in molte altre scuole d’Italia non di minoranza – in italiano,
sebbene in alcuni comuni della Provincia di Torino sia lingua di minoranza territoriale.
2.5 Insegnanti
La domanda 11. «Quanti sono i docenti coinvolti nell’insegnamento della/nella lin-
gua di minoranza?» indaga la presenza degli insegnanti impegnati in attività legate alla
lingua di minoranza all’interno di ogni scuola e il loro inquadramento professionale
come insegnanti di ruolo, precari o esterni. Riteniamo che sia interessante classificare
le comunità di minoranza secondo due criteri: il primo, il rapporto tra numero di inse-
gnanti di ruolo rispetto al numero totale di insegnanti che usano la LM; e il secondo, il
numero medio di alunni per ognuno degli insegnanti. Abbiamo comunità in cui la gran-
de maggioranza degli insegnanti attivi per la LM sono di ruolo (francese, friulana, ladi-
na) ed altre in cui invece gli insegnanti sono fondamentalmente degli esperti esterni (in
particolare la comunità croata, quella grica e quella slovena). Ma abbiamo anche tipo-
logie diverse di insegnanti: gli insegnanti di francese in Piemonte sono, riteniamo, inse-
gnanti di L2 abilitati all’insegnamento della lingua straniera su tutto il territorio dello
Stato e che nei comuni francofoni del Piemonte ricoprono forse un ruolo speciale – in
quanto il francese è, accanto all’italiano, lingua di cultura che si alterna, in situazioni di
diglossia, con le varianti occitane. L’alto numero di insegnanti di ruolo presso le comu-
nità friulana, ladina, valdostana e sarda è dovuto alla diffusione regionale (le varietà
ladine del bellunese non differiscono da quelle venete circostanti) della LM, conosciu-
ta dunque da buona parte del corpo insegnante: saranno così i docenti di italiano, di sto-
ria o di matematica a prendersi carico delle attività in LM.
Apparentemente basso è il numero degli insegnanti di ruolo presso la comunità ladi-
na del Trentino: ma qui si tratta di una diversa definizione di legge: in val di Fassa, gra-
zie alla particolare autonomia scolastica di cui gode il Comprensorio all’interno della
Provincia, esiste infatti «ladino» come materia curricolare, e quasi due terzi degli inse-
gnanti sono esplicitamente docenti di ruolo di ladino. Per le comunità più piccole e iso-
late invece (grica, croata, albanese, germanica e catalana) la necessità di incaricare inse-
gnanti esterni è dovuta proprio al numero molto ridotto di parlanti di queste varietà. Per
la comunità slovena infine, in cui poco più di un quarto degli insegnanti di sloveno sono
| 106 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
di ruolo, non bisogna dimenticare che chi è abilitato all’insegnamento in lingua slove-
na lavora appunto nel sistema scolastico monolingue in quella lingua e non in quello in
italiano.
Le comunità di minoranza possono poi essere suddivise in quattro tipologie per
quanto riguarda il rapporto alunni/insegnanti 59:
1. Le piccole comunità di montagna che hanno scuole con classi molto piccole, a
volte pluriclasse, con un buon numero di insegnanti che conoscono la lingua: da
9 a 16 ragazzi per insegnante presso la comunità francese, friulana, ladina bellu-
nese e slovena, alle quali si aggiungono la scuola occitana di Calabria e le 5 scuo-
le croate, dove tuttavia gli insegnanti spesso non parlano la LM.
2. Le scuole occitane: piccole, pluriclasse, ma con pochi insegnanti di LM; 20 alun-
ni per insegnante.
3. Le scuole della Sardegna: con 25/26 alunni per insegnante, quindi praticamente
con un’intera grande classe per insegnante.
4. Infine le comunità germaniche, albanese e greca, in cui il numero degli insegnanti
è abbastanza basso – troppo basso per il grico – da 30 a 46 alunni per insegnante.
Mettendo infine in rapporto i due valori percentuali di insegnanti di ruolo e alunni
per insegnante, possiamo tentare una classificazione delle comunità di minoranza per
quanto riguarda la strutturazione e la possibile continuità dell’insegnamento della lin-
gua di minoranza: il francese, il friulano e il ladino sembrano le lingue meglio posizio-
nate per valore dell’insegnamento e consistenza del gruppo discente; la situazione più
critica è quella del grico e del croato, in cui, come sembra evidenziato anche dai dati
seguenti, l’insegnamento della lingua è affidato a docenti e precari invero in numero
molto ridotto rispetto agli alunni.
Insegnanti
Lingua di minoranza % Insegnanti di ruolo Alunni per insegnanti
Francese (Piemonte) 96% 11
Friulano 83% 12
Ladino (Belluno) 87% 16
Occitano (Calabria) 60% 15
Francoprovenzale (Valle d’Aosta) 84% ND
Occitano (Piemonte) 67% 20
Sardo 83% 25
Sloveno 28% 9
Ladino (Trento) 61% ND
Catalano 60% 26
Germanica 69% 31
59
Non abbiamo a disposizione i dati sul numero degli alunni delle scuole valdostane e trentine.
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 107 |
Albanese 59% 30
Croato 20% 14
Greco 0% 46
Tabella 17: Insegnanti
2.6 Materiale didattico
La domanda numero 12. «Quali di queste tipologie di materiali didattici impiegate
per l’insegnamento della/nella lingua di minoranza?» [Fotocopie e altro materiale auto-
prodotto; Libri a stampa prodotti dalla scuola o da istituzioni culturali locali; Libri a
stampa prodotti fuori dalla comunità o da stati esteri] indaga il tipo di materiale didatti-
co a disposizione della scuola e dei docenti per l’insegnamento della LM. I dati della
tabella seguente sono stati ordinati per numero relativo di scuole che fanno uso esclusi-
vamente di fotocopie. Come si vedrà più tardi nell’analisi qualitativa dell’inchiesta, lo
studio su materiale non strutturato abbassa di molto il prestigio della materia e di conse-
guenza della lingua; così come invece dei buoni libri a stampa, a colori, e graficamente
accattivanti, come quelli delle altre materie, ne elevano il prestigio. I dati ci indichereb-
bero che per la maggioranza delle lingue ci sono libri a stampa, ma che questi non ven-
gono adottati da tutti. Questo tipo di materiale esisterebbe anche per le varietà regionali
che non possono fare affidamento su testi scolastici prodotti in altri paesi d’Europa. Si
noti in particolare la scuola ladina del Trentino che usa testi autoprodotti, che pur essen-
do a stampa e dotati di una certa cura grafica, non sono sufficienti né per livello, né per
contenuto (cfr. in seguito le inchieste qualitative e il punto specifico sull’analisi dei
testi); o le comunità croata, slovena e catalana che non si affidano alla ricca bibliografia
scolastica prodotta in Croazia, Slovenia e Catalogna, in parte perché non del tutto adat-
ta nei contenuti al programma della scuola italiana, e in parte perché scritta in varianti
standard spesso non riconosciute come proprie da studenti e insegnanti.
Materiale didattico
Lingua di minoranza Fotocopie Libri autoprodotti Libri a stampa Solo fotocopie % solo fotocopie
Germanica 5 4 3 0 0%
Greco 5 5 1 0 0%
Occitano (Calabria) 1 1 0 0 0%
Ladino (Trento) 9 8 0 1 6%
Occitano (Piemonte) 7 7 2 1 6%
Friulano 54 44 11 11 10%
Croato 5 4 0 1 11%
Ladino (Belluno) 11 9 3 3 13
| 108 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Sardo 65 42 18 19 15%
Francese 3 1 2 1 17%
Francoprovenzano (AO) 17 13 1 7 23%
Sloveno 6 1 3 3 30%
Catalano 2 1 0 1 33%
Albanese 16 6 4 9 35%
Tabella 18: Materiale didattico
2.7 Lingua e cultura
Con la domanda 13. («I programmi didattici sono più incentrati sulla trasmissione
della cultura locale o sull’insegnamento della lingua?») si cercato di comprendere se le
ore di LM hanno un valore più orientato verso il polo linguistico o verso quello cultu-
rale, nel senso della tutela e rivitalizzazione della cultura locale. Ed è quest’ultima l’in-
terpretazione più comune. Come verrà confermato dall’analisi dei progetti e dai risul-
tati dei focus group, molto spesso le scuole organizzano attività che riguardano la LM
puntando sulla tradizione locale, il passato, la vita agricola e rurale, il buon vecchio dia-
letto. I nostri dati quantitativi mostrano questa tendenza in particolare per il friulano
(ma cfr. oltre), per il franco-provenzale in Valle d’Aosta, dove la scuola però è tenden-
zialmente bilingue italiano/francese, per il ladino bellunese e in parte minore per il
sardo. Sono invece attività di lingua vera e propria quelle di francese, di ladino in
Trentino e in sloveno. Si potrebbe aggiungere, ma anche qui i risultati delle altre parti
dell’inchiesta potranno essere più esplicative, che il francese e lo sloveno sono lingue
importanti per il contatto e la comunicazione con l’altro, lingue out-group, mentre il
ladino in Val di Fassa è la lingua della comunità o in-group. La tabella che segue, in
ordine alfabetico per minoranza, riporta i valori assoluti delle risposte alla domanda 13.
Tipologia di insegnamento
Lingua di minoranza Risposte Lingua Cultura locale
Albanese 15 8 7
Catalano 3 2 1
Croato 4 1 3
Francese (Piemonte) 3 3 0
Francoprovenzale (Valle d’Aosta) 41 4 37
Friulano 57 7 50
Germanica 5 2 3
Greco 5 2 3
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 109 |
Ladino (Belluno) 11 1 10
Ladino (Trento) 11 11 0
Occitano (Calabria) 10 2 8
Occitano (Piemonte) 1 1 0
Sardo 67 27 40
Sloveno 7 5 2
Tabella 19: Tipologia di insegnamento
2.8 Risorse economiche
Come già accennato sopra a proposito degli anni di presenza della LM nella scuola,
la parte finanziaria della legge 482/99 ricopre un ruolo centrale per le attività in LM:
ciò non significa che i fondi messi a disposizione dallo Stato siano sufficienti o insuf-
ficienti in sé, ma che il problema della copertura finanziaria è centrale nella questione.
I risultati delle domande 14. («Per l’insegnamento della/nella lingua di minoranza vi
avvalete di fondi messi a disposizione dalla legge 482/99?»), 15. («In che proporzione
incidono i fondi della legge 482/99 sul totale dei finanziamenti?« [totalmente; in mag-
gioranza; in parte rilevante; in parte minima]) e 16. («Da quali altri enti provengono i
finanziamenti?» [Regione; Provincia; Comune; Altri enti territoriali; Scuola stessa;
Privati; Nessun altro finanziamento]) sono stati sintetizzati nelle tre tabelle seguenti.
Vale la pena notare prima di tutto che la grande maggioranza delle scuole che ha rispo-
sto al Q2 ha ricevuto fondi dal MIUR proprio in virtù della legge 60.
La tabella 21 ordina le comunità di minoranza per dipendenza economica discen-
dente dallo Stato: le comunità occitana di Calabria (1 scuola) e croata (4 scuole con atti-
vità LM) basano tutte le loro attività sui fondi 482/99: quella greca, occitana del
Piemonte, arbëresh e in parte quella ladina del bellunese sono fortemente dipendenti dal
Ministero; quella sarda, friulana e germanica godono di qualche aiuto ministeriale; per
le altre i finanziamenti della 482/99 sono meno importanti, fino a diventare irrilevanti.
Emerge tuttavia anche che la legge 482/99 non è l’unica fonte di finanziamento per le
attività in o di LM: attori particolarmente importanti sul territorio sono la Regione Valle
d’Aosta, che gestisce autonomamente il sistema scolastico bilingue e copre gran parte
dei progetti sul franco-provenzale, la Regione Friuli Venezia Giulia per il friulano e lo
sloveno con fondi ben più consistenti di quelli statali, e la Regione e le Province sarde
che, come si vedrà anche dalle risposte qualitative, integrano con fondi propri quelli
60
Sappiamo che molte scuole non hanno risposto perché hanno interpretato le comunicazioni del Ministero
a proposito di quest’inchiesta come indirizzate esclusivamente alle scuole già sovvenzionate. Fanno ecce-
zione le scuole della Val d’Aosta e del Trentino, che pur non avendo ricevuto fondi 482/99 e pur essendo
autonome rispetto al Ministero hanno ricevuto esplicita indicazione da parte dei responsabili regionali e
provinciali di rispondere al suddetto questionario. Anche le comunità croate del Molise hanno ricevuto
talora fondi esterni alla 482: in particolare dalla Repubblica di Croazia.
| 110 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ministeriali. Rilevanti in Sardegna anche fondi dell’autonomia scolastica, di origine sta-
tale, ma a disposizione diretta delle scuole. Si noti inoltre come le attività in lingua
minoritaria della Provincia di Trento sono totalmente sovvenzionati da fondi scolastici.
che sono locali in quanto, come già detto, la scuola fassana è autonoma e riceve rego-
lare appoggio economico da parte della Provincia Autonoma.
Fondi 482/99
Lingua di minoranza Risp. No Si Si min Si ril Si mag Si tot % mag + tot
Occitano (Calabria) 1 0 1 0 0 0 1 100%
Croato 5 1 4 0 0 0 4 80%
Greco 5 0 5 1 0 2 2 80%
Occitano (Piemonte) 10 1 9 2 0 1 6 70%
Albanese 15 0 15 4 1 2 8 67%
Ladino (Belluno) 12 0 12 1 2 5 2 58%
Sardo 69 9 60 22 10 15 11 38%
Francese (Piemonte) 3 1 2 1 0 0 1 33%
Friulano 56 3 53 18 20 13 1 25%
Germanica 5 1 4 3 0 0 1 20%
Catalano 3 2 1 1 0 0 0 0%
Francoprovenzano (AO) 40 39 1 1 0 0 0 0%
Francoprovenzano (Piemonte) 10 9 1 0 0 0 0 0%
Ladino (Trento) 11 11 0 0 0 0 0 0%
Sloveno 7 2 5 1 3 0 0 0%
Tabella 20: Fondi 482/99
Altri fondi
Lingua di minoranza Regione Provincia Comune Altri enti Scuola Privati Nessuno
Albanese 1 1 3 1 3 8
Catalano 1 1 1 0 0 0 0
Croato 1 0 1 0 0 0 4
Francese 0 1 0 0 0 0 2
Francopr. (AO) 17 8 3 10 0 3
Friulano 53 16 12 4 18 4 1
Germanica 3 1 2 2 1 0 1
Greco 0 0 1 1 2 0 2
Ladino (Belluno) 1 2 5 6 5 1 1
Ladino (Trento) 0 0 0 0 11 0 0
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 111 |
Occitano (Piemonte) 2 0 0 1 3 0 5
Sardo 28 25 16 3 31 0 15
Sloveno 5 1 1 1 1 0 0
Tabella 21: Altri enti sovvenzionatori
L’ultima tabella riguardante la parte finanziaria della 482/99 riassume i dati delle
domande 14, 15 e 16, mettendo in evidenza per ogni comunità il principale ente sovven-
zionatore e conferma, e specificando nei risultati quanto mostrato nella tabella 5: la comu-
nità greca, occitana, albanese, croata e ladina bellunese sono fondamentalmente dipen-
denti dallo Stato; in Sardegna vi è un equilibrio tra enti sovvenzionatori locali e Stato,
mentre in Friuli e Valle d’Aosta è la Regione la principale fonte di finanziamento.
Principale ente sovvenzionatore
Lingua di minoranza Stato Regione Provincia Comune Altri Enti Scuola % Stato
Greco 5 0 0 0 0 0 100%
Occitano (Calabria) 1 0 0 0 0 0 100%
Albanese 11 0 0 1 1 2 73%
Croato 4 1 0 1 0 0 67%
Occitano (Piemonte) 7 1 0 0 1 2 64%
Ladino (Belluno) 8 1 0 1 1 2 62%
Francese 1 0 1 0 0 0 50%
Sardo 48 17 14 9 1 19 44%
Friulano 17 36 9 5 2 11 21%
Germanica 1 2 0 1 2 0 17%
Catalano 0 1 1 1 0 0 0%
Francoprov. (AO) 0 17 0 8 3 10 0%
Ladino (Trento) 0 0 0 0 0 11 0%
Sloveno 0 4 1 1 1 1 0%
Tabella 22: Principale ente sovvenzionatore
2.9 Valore delle lingue nella scuola
L’ultima domanda del Q2 («Quale è stata la motivazione prevalente che ha spinto la
scuola all’insegnamento della/nella lingua di minoranza?» [È stato esplicitamente
richiesto alla scuola; È una risorsa economica; È un arricchimento culturale; è la lingua
del territorio]) è assolutamente di tipo qualitativo e chiede al rispondente una valutazio-
| 112 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ne personale sulle motivazioni della presenza della LM nella scuola. Nella maggior parte
dei casi le scuola hanno dichiarato che si tratta o di un arricchimento per gli studenti o
di un valore legato al territorio; due visioni diverse, queste, una più distaccata – un
«arricchimento» quasi non importasse di quale lingua si tratti, basta sia una materia, una
lingua in più – l’altra più emotiva, che evidenzia il legame con il nostro territorio e l’in-
segnamento della nostra lingua. Come accadeva per la domanda 13. sull’insegnamento
della lingua o della cultura locale, il franco-provenzale e il friulano hanno la caratteristi-
ca comune di essere entrate a scuola perché considerate un arricchimento culturale e non
scelte perché lingue territoriali; di contro il ladino della Val di Fassa è, ancora una volta,
la lingua del territorio. In equilibrio tra le due visioni abbiamo le altre comunità. Si noti
però una certa freddezza, quasi il distacco, da parte di 12 scuole friulane che dichiarano
di avere inserito la LM nella scuola per richiesta da parte dei genitori, come se venisse
dichiarato che la scuola stessa ne avrebbe fatto volentieri a meno – e si veda in propo-
sito, ancora una volta, l’analisi qualitativa dei focus group, che sembra puntare in dire-
zione diversa. Di fatto il Friuli è una realtà molto variegata, e le tipologie delle molte
scuole possono essere assai varie: non è quindi particolarmente sorprendente che opinio-
ni anche molto diverse siano là rappresentate. Una sola scuola, in provincia di Belluno,
dichiara apertamente che la vera ragione per cui la LM fa parte del proprio piano forma-
tivo sta nella concreta possibilità di fruire di un aiuto economico.
16. Valore
Lingua di minoranza Risposta Richiesta Risorsa Arricchimento Territorio
Albanese 15 2 0 7 6
Catalano 3 0 0 2 1
Croato 5 0 0 2 3
Francese (Piemonte) 2 0 0 1 1
Francoprov. (Valle d’Aosta) 24 0 0 19 8
Friulano 57 12 0 29 16
Germanica 5 2 0 0 3
Greco 5 0 0 3 2
Ladino (Belluno) 11 1 1 2 7
Ladino (Trento) 11 0 0 0 11
Occitano (Calabria) 1 0 0 0 1
Occitano (Piemonte) 8 0 0 4 4
Sardo 66 2 0 32 32
Sloveno 7 2 0 3 2
Tabella 23: Valore dell’insegnamento della lingua minoritaria nella scuola
Inchiesta quantitativa sulle Scuole | 113 |
2.10 Note conclusive
Si delineano dunque parametri secondo cui possono essere classificate le minoran-
ze: uno che si dispiega lungo l’asse economico e uno lungo l’asse etnico-linguistico.
Quello economico vede ad un’estremità le scuole delle comunità isolate e delle Regioni
a statuto ordinario totalmente dipendenti dalla legge 482/99, dall’altra quelle delle
comunità site in Regioni e Province autonome, che fanno riferimento ai propri statuti e
ai fondi da questi stanziati: la Valle d’Aosta e Trentino sono capofila di questa modali-
tà, mentre in una posizione intermedia troviamo Friuli Venezia Giulia e Sardegna, le cui
scuole dipendono dal MIUR, che sono ancora, malgrado una certa autonomia, in parte
legate al sistema statale.
L’altro asse è quello etnico-linguistico, che vede lingue tout-court (il francese, lo
sloveno e il ladino del Trentino e in parte l’albanese) in contrapposizione a dialetti
regionali in via di dedialetizzazione; ultimi tra questi sono i dialetti francoprovenzali,
che effettivamente dal punto di vista storico e culturale non devono la propria alterità
alla loro struttura interna o alla loro unità, quanto piuttosto alla loro storica dipendenza
dal francese – e si vedrà nell’analisi dei focus group che più o meno consciamente la
lingua scritta dei patoisants è il francese.
| 115 |
Capitolo terzo
Analisi dei Progetti*
3.1 La legge 482, le circolari e il piano di finanziamenti annuale del Ministero 61
La legge 482 del 15 dicembre 1999 (artt. 4 e 5) affida al Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca l’indicazione dei criteri generali atti alla «promozione e realizza-
zione di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e tradizioni cul-
turali degli appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta». Le misure conte-
nute nella norma, pur riconoscendo nell’Italiano la lingua ufficiale della Repubblica,
aprono al pluralismo linguistico con la promozione e la valorizzazione delle lingue
minoritarie storiche delle 12 comunità riconosciute (albanese, catalana, germanica,
greca, slovena, croata, franco-provenzale, friulana, ladina, occitana, sarda e quella par-
lante il francese) e offrono una risposta operativa ai presupposti del quadro normativo
di riferimento a livello europeo 62, nazionale 63 e ministeriale 64.
La Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici, cui è stata affidata la gestio-
ne del piano dei finanziamenti relativi alla tutela e valorizzazione delle lingue di mino-
ranza, ogni anno prima dell’inizio delle attività scolastiche rende noti alle scuole con
apposita circolare i criteri generali per la realizzazione di progetti nazionali e locali nel
campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti alle minoranze
linguistiche storiche, ai sensi dell’art. 5 della Legge 482. Nell’individuazione di tali cri-
teri e nella valutazione delle istanze progettuali presentate dalle scuole, ai fini dell’ero-
gazione degli opportuni finanziamenti, il Ministero si avvale dell’ausilio del Gruppo di
Studio all’uopo istituito con Decreto Ministeriale 65. Ora, nell’esercizio dell’autonomia
organizzativa e didattica, le scuole dell’infanzia, le istituzioni scolastiche primarie e
*
Referente Simone Ciccolone (Università di Chieti-Pescara / CELE). Il team che si è occupato dell’anali-
si dei dati comprende, oltre al dott. Ciccolone, anche la dott.ssa Manana Topadze (Università degli Studi
di Pavia), la dott.ssa Valentina Ferrari (Università degli Studi di Milano-Bicocca), il dott. Luca Nevola
(Università degli Studi di Milano-Bicocca).
61
Il paragrafo è stato redatto da Tiziana Senesi: responsabile scientifico del progetto per il MIUR.
62
1960 Convenzione Unesco sul diritto all’uso della propria lingua; 1981 Risoluzione di Arfé per il soste-
gno alle lingue meno diffuse; 1992 Carta europea delle lingue Regionali o Minoritarie; 1994 Convenzione
quadro per la protezione delle minoranze nazionali.
63
1943 carta di Chivasso per l’insegnamento delle lingue locali nelle scuole di ogni ordine e grado; 1948
Costituzione della Repubblica Italiana artt. 3 e 6; DPR n. 670 del 1972 tutela dei ladini del Trentino Alto Adige.
64
D.P.R. 104 del 1985 Nuovi Programmi per la scuola primaria; D.M. 3 giugno 1991 Orientamenti attivi-
tà educative scuola materne statali e C.M. n.73 del 1994 Dialogo interculturale e convivenza democratica.
65
D.M. n.13 del 2000 e D.M n. 113 del 2002, D.D. N.54 del 2008.
| 116 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
secondarie di primo grado site in territori delimitati, anche subcomunali, deliberano, anche
sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività
di insegnamento e apprendimento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità
locali al fine di assicurare la loro promozione, stabilendone i tempi e le metodologie, non-
ché i criteri di valutazione degli alunni e le modalità di impiego di docenti qualificati.
La circolare n. 89 del 2001, con allegate la scheda sintetica e la scheda formulario,
ha applicato per la prima volta il dettato normativo e, precorrendo il D.P.R. attuativo
della stessa Legge 482/99, ha enucleato le azioni fondanti, che rimangono sostanzial-
mente invariate fino al 2004. La scheda sintetica, composta da tre fogli Excel, consen-
tiva di inserire le informazione preliminari, correggere e completare i dati forniti dalle
scuole relativamente ai dati anagrafici per l’identificazione delle scuole proponenti, i
dati generali relativi all’iniziativa progettuale e i dati relativi alle coordinate bancarie
necessari per poter procedere all’accreditamento dei finanziamenti erogati. Di contro la
scheda formulario ripercorreva in modo schematico e dialogico le linee guida emanate
con la circolare. Le informazioni generali richieste sono divise per aree relative alla
tipologia della scuola proponente, alla descrizione delle caratteristiche del progetto, alla
didattica, alla formazione dei docenti, alla valutazione e disseminazione del progetto
mediante domande aperte, semistrutturate, strutturate o chiuse. Sempre nella scheda
formulario, nell’area dedicata al piano finanziario, le scuole dovevano riportare la sud-
divisione analitica dei finanziamenti richiesti sia per la docenza in orario curricolare o
extracurricolare sia per la formazione dei docenti sia, infine per i materiali. La consa-
pevolezza che l’insegnamento delle lingue minoritarie costituisce un arricchimento
anche per la cultura italiana ha fatto sì che molti progetti fossero estesi anche ai geni-
tori dei bambini iscritti nella scuola, in alcuni casi anche al personale non docente e agli
adulti esterni alla scuola.
I progetti presentati dalle scuole sono poi esaminati da un apposito Gruppo di lavo-
ro che nella valutazione ha di norma privilegiato i progetti che prevedessero:
• l’inserimento tra le attività curricolari;
• il cofinanziamento in ambito locale;
• l’insegnamento della/e discipline con la lingua minoritaria;
• la creazione delle reti di scuole;
• l’interazione dell’iniziativa progettuale con il territorio;
• la curvatura europea dell’azione didattica;
• la pluriennalità, continuità, monitoraggio attività, obiettivi, risultati raggiunti;
• la formazione dei formatori in servizio.
Dalle indicazioni fornite dal Gruppo di studio e dall’escursione delle priorità si può
notare la valenza riconosciuta all’insegnamento della e nella lingua minoritaria in ora-
rio curricolare, alla creazione di reti di scuole, alla sinergia con il territorio sia per il
supporto economico-organizzativo sia per un maggiore radicamento delle attività a
tutela della lingue e cultura minoritaria. La Direzione Generale per gli Ordinamenti
Analisi dei Progetti | 117 |
Scolastici ha inteso così promuovere una progettazione di qualità da parte delle scuole
di minoranza linguistica del primo ciclo per l’applicazione di metodologie didattiche
innovative e di confronto fra le dodici minoranze linguistiche storiche riconosciute sul
territorio nazionale.
Dalle esperienze maturate in attuazione della legge n. 482/99 si sono rilevati due
aspetti significativi:
• l’integrazione della formazione linguistica con quella didattica;
• «il consolidamento della variante standard della lingua di riferimento [….] utile
anche quando si intende dare spazio a varietà locali in quanto rappresenta
comunque un modello da seguire» (Portelli 2006: 135)
In seguito alla fattiva sinergia tra la Direzione degli Ordinamenti e il Dipartimento
degli Affari Regionali le iniziative per l’attuazione di corsi sullo studio delle lingue e
delle culture delle minoranze da estendere agli adulti sono state demandate alle regioni
o ai comuni che si sono dichiarati di lingua minoritaria.
Le iniziative progettuali pongono la loro attenzione in particolare all’ingresso della
lingua minoritaria nella scuola, a incoraggiare il superamento di quei comportamenti
pregiudiziali connessi all’uso di una varietà locale all’interno di un sistema istituziona-
le, a favorire il plurilinguismo e a promuovere la memoria storica di una comunità
minoritaria. La scuola dell’infanzia e la scuola primaria nella riscoperta della cultura e
delle tradizioni regionali, nella tutela di una lingua che rischia di scomparire, ha indivi-
duato altresì nei «nonni» i testimoni di un passato da salvaguardare, gli esperti di una
«lingua tradizionalmente parlata nell’ambito di un territorio, di uno stato da cittadini
che costituiscono un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione e diver-
se dalla/e lingua/e ufficiale/i di quello stato»66, dandosi così la possibilità di coinvolge-
re attivamente le famiglie nella realizzazione dei progetti.
Il rapporto fra amministrazione e scuole non è poi stato caratterizzato solo dalla
emanazione delle linee guida per il finanziamento annuale dei progetti ma, attraverso i
seminari, i convegni, i corsi di aggiornamento e la presenza alle manifestazioni di fine
progetto, il Ministero è riuscito a stabilire un rapporto sinergico e costante con le scuo-
le, una vicinanza persistente che ne ha sostenuto e promosso l’attività progettuale
incentivando il non facile rapporto lingua regionale/lingua dominante.
Negli anni è anche l’orientamento del Ministero che si è adattato alle diverse con-
tingenze: la circolare ministeriale n. 50 del 2004, pur mantenendo la sensibilità nei con-
fronti della necessaria formazione dei docenti, chiede di calibrare la progettazione delle
iniziative sui fabbisogni degli alunni, dei reali fruitori dell’offerta formativa scolastica.
In tal modo si cerca di arginare il fermento progettuale e l’attrazione esercitata dal-
l’estro innovativo dei referenti delle Istituzioni Scolastiche che cominciano a spaziare
nell’ampio panorama offerto dagli orizzonti delle «culture di minoranza»; in modo
semplice e diretto si invitano le scuole che intendono presentare delle iniziative proget-
tuali a:
66
Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie 1992
| 118 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• costituire reti territoriali di scuole e non di progetti;
• avvalersi della collaborazione con le Università per la realizzazione delle inizia-
tive di formazione del personale docente
• rapportarsi ad uno «standard» di costi entro cui siano previste esclusivamente le
spese necessarie per la realizzazione delle iniziative.
È sotteso il richiamo ad una condivisione progettuale per l’efficienza e l’efficacia
dei risultati nell’ottica della ottimizzazione delle risorse, ad una maggiore attenzione
alla formazione di qualità dei docenti nonché al contenimento dei costi.
In una fase cronologicamente mediana, l’entusiasmo iniziale per la didattica incen-
trata sull’insegnamento della/nella lingua di minoranza, complice il desiderio di esplo-
rare nuovi ambiti, ha progressivamente spostato il focus dell’interesse verso la cultura
intesa come elemento folcloristico che comprende le tradizioni tramandate oralmente di
generazione in generazione, i costumi, i balli, i canti e talvolta anche i mestieri tipici con
riferimenti sempre più frequenti a gemellaggi e visite d’istruzione. L’orario extrascola-
stico permane come valida alternativa a quello curricolare e la realizzazione delle inizia-
tive progettuali continua ad essere affidata agli esperti anche laddove la LM è diffusa –
come in Friuli e in Sardegna, aree di lingua minoritaria regionale. Decrescono sostan-
zialmente gli stanziamenti correlati alla Legge 482, anche in forza delle crisi economi-
che che il Paese attraversa, viceversa il numero dei progetti cresce in modo lento, ma
progressivo, fino ai 210 progetti presentati nell’anno scolastico 2008/2009.
Al momento attuale il sistema scuola, dopo aver sperimentato percorsi di lingua e in
lingua, di cultura locale e di attivazione di varie tipologie laboratoriali incentrate preva-
lentemente sull’uso comunicativo e relazionale della lingua minoritaria – in modo tra-
sversale agli ambiti regionali – sta attraversando un momento critico. Le Istituzioni
Scolastiche, forse avvertendo gli effetti dei mutamenti e delle vicende istituzionali, sem-
brano aver smarrito, con l’entusiasmo iniziale, la peculiare ricchezza progettuale e si
mostrano assuefatte al rituale della ripetitività ciclica. Le iniziative progettuali che sono
servite ad introdurre la lingua minoritaria nelle scuole, nel pieno rispetto della loro auto-
nomia organizzativa e funzionale, a livellare la situazione tra lingue minoritarie molto
diffuse sul territorio, protette da leggi regionali, e lingue minoritarie più deboli che cor-
rono il rischio di scomparsa, sembrano ora aver perso la loro vitalità. Gli stessi allegati
alla circolare, la scheda sintetica e la scheda formulario, hanno perso il significato di
ausilio alla progettazione, di sussidio nella raccolta e trasmissione dei dati anagrafici, e
sono diventati l’esemplificazione di un iter burocratico gravoso da eseguire, da portare
a termine, pena l’esclusione dai finanziamenti. La consapevolezza che nella società civi-
le la diversità etnica, culturale e linguistica, in quanto fenomeno complesso, può impli-
care manifestazioni positive ma anche momenti di crisi, di tensioni 67, consolida il desi-
derio di rinnovare la collaborazione basata sul comune sentire, la partecipazione reale
alle indicazioni suggerite, la effettiva condivisione del fine proposto dalla Legge 482.
67
Amin Maalouf, nella relazione finale dei lavori legati all’Anno europeo del dialogo interculturale 2008.
Analisi dei Progetti | 119 |
Nel 2008 la Direzione Generale degli Ordinamenti Scolastici, con D. D. n. 54 del 17
ottobre, ricostituisce il Gruppo di Studio sulle minoranze linguistiche con l’incarico di
offrire indicazioni per la definizione dei criteri generali. I referenti regionali, all’uopo
designati dai Direttori degli U.U.S.S.RR., con la loro professionalità ed esperienza rap-
presentano un canale privilegiato per la comunicazione tra le scuole di lingua minori-
taria e l’Amministrazione centrale ed un sostanziale arricchimento nell’individuazione
delle linee guida. Con la circolare n. 64 del 23 luglio 2008 si trasmette alle scuole il
consiglio di volgere l’attenzione all’insegnamento della lingua minoritaria sia frontale
sia veicolare e, come metodologia veicolare e si suggerisce anche in un ottica europea
l’apprendimento integrato di Lingua e Contenuto consigliando il metodo CLIL
(Content and Language Integrated Learning) per l’apprendimento veicolare della lin-
gua di minoranza, sostenendo l’apprendimento ricettivo di più lingue mediante lo svi-
luppo di strategie che consentono di trasferire conoscenze, competenze e abilità da una
lingua all’altra, compresa la lingua materna.
L’insegnamento della lingua minoritaria, della L2 o delle lingue straniere, compren-
de dei tratti comuni che trovano la loro radice nella natura stessa dell’inse-
gnamento/apprendimento plurilingue adeguato all’esigenza attuale della società euro-
pea di sviluppare buoni livelli di competenza comunicativa in una pluralità di lingue
comunitarie e di diffondere tra i suoi cittadini la conoscenza della diversità e della ric-
chezza culturale dell’Unione per favorire la comprensione tra i popoli e la loro integra-
zione. La presenza della lingua nativa deve essere colta come una nuova opportunità
per diventare, integrandosi con l’italiano, con le lingue straniere e, possibilmente, con
gli altri contenuti disciplinari, uno strumento fondamentale per allargare gli orizzonti
culturali, per rafforzare l’identità personale e sociale, per contribuire allo sviluppo
cognitivo della persona.
Il Comitato Tecnico nominato all’interno del Gruppo di Studio nell’esaminare le ini-
ziative proposte dalle scuole per l’anno scolastico 2008/09, ha rilevato, in alcune regio-
ni la risposta positiva alle richieste avanzate con la circolare n. 64: iniziative progettua-
li transfrontaliere in lingua minoritaria seguendo metodi veicolari, anche nella metodo-
logia CLIL, in orario curriculare, formazione di reti di scuole interregionali; formazio-
ne universitaria dei docenti per l’insegnamento precoce della lingua minoritaria.
L’ottica europea nella promozione delle lingue minoritarie è maturata dalla convinzio-
ne che acquisire la conoscenza delle lingue regionali vuol dire arricchire il patrimonio
culturale individuale, gettare le basi per l’apertura di nuovi orizzonti interpretativi del
mondo. Solo così anche le lingue meno diffuse potranno avviare la nostra scuola verso
un effettivo plurilinguismo, inteso come possesso di capacità, conoscenze e competen-
ze nelle diverse lingue, associato al confronto con culture diverse per la costruzione di
una società complessa.
La emananda circolare n. 70 del 2009, tenuto conto sia dei fattori emersi in sede di
monitoraggio delle attività realizzate dalle scuole, sia dei risultati preliminari dell’atti-
vità di ricerca in atto, indicherà i criteri da osservare per l’ammissione ai finanziamen-
| 120 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ti delle iniziative progettuali e le priorità che saranno prese a riferimento nella valuta-
zione degli stessi. Tra i criteri sostanzialmente innovativi sono da sottolineare: la costi-
tuzione di reti formali e l’articolazione biennale del progetto. La documentazione della
formalizzazione dell’accordo di rete sottoscritto dai Dirigenti Scolastici, anche se può
apparire un appesantimento burocratico, intende disciplinare gli accordi bi-plurilatera-
li tra scuole e, in regime di trasparenza amministrativa; e questo è ritenuto un atto dovu-
to per gli Istituti Scolastici che concorrono al bando.
Questa Direzione, tenuto conto della particolare tipologia progettuale richiesta, ha
sentito la necessità di dilatare lo spazio temporale per la realizzazione delle attività,
offrendo un respiro didattico più ampio per il radicamento delle iniziative attuate e per
la possibilità di valutarne l’impatto sul territorio. Per la valutazione ponderata dei pro-
getti presentati sarà assegnata priorità precipua all’insegnamento della lingua minorita-
ria affidata al docente della classe, anche in forma veicolare; alla valutazione dell’azio-
ne didattica attuata; alla sinergia con il territorio e alla formazione dei docenti in colla-
borazione con le Università. Diventa cioè un obiettivo prioritario da perseguire l’inse-
rimento delle attività in lingua o di lingua minoritaria in orario curriculare. Si propugna
cioè il ritorno ad una azione di tutela della lingua che passi prioritariamente attraverso
l’insegnamento e l’uso della stessa affidata ad un docente della scuola con adeguata for-
mazione certificata dall’Università. Nell’ottica di una valutazione intesa come parte
costitutiva della prassi ordinamentale e parte integrante del rapporto insegna-
mento/apprendimento, come ogni disciplina curriculare non può prescindere da una
valutazione della risposta all’azione didattica, espressa non in termini di gradimento
dell’iniziativa ma in termini di abilità, conoscenze e competenze raggiunte dagli alun-
ni in itinere e alla fine del processo di apprendimento, così la verifica degli apprendi-
menti in lingua minoritaria alla fine del biennio assume il duplice valore di risposta
all’azione formativa attuata e di input per la continuità del progetto.
Alla professionalità del docente si rimette la progettazione dell’articolata risposta
didattico-formativa ai bisogni emersi dalle famiglie degli alunni iscritti e alle esigenze
del territorio, che non potrà prescindere dalla condivisione progettuale con le scuole in
rete, dalla flessibilità didattica-organizzativa e dalla compensazione tra discipline
necessaria per l’integrazione tra la quota locale e nazionale del curricolo. L’Istituzione
Scolastica, inserendo i moduli didattici e/o le iniziative a tutela della lingua minoritaria
a livello curricolare, ribadisce la pari dignità di tutte le discipline oggetto d’insegna-
mento. Tutte le lingue: internazionali, nazionali, regionali e minoritarie, anche se sono
poco usate e se corrono il pericolo di scomparire, sono di uguale dignità e sono ugual-
mente parte del patrimonio culturale che abbiamo ereditato e che abbiamo «il dovere di
salvaguardare per l’umanità futura» (Jonas 1979).
Analisi dei Progetti | 121 |
3.2 Metodi di catalogazione
Generalità
Appena completata la fase di raccolta e consolidamento del corpus di dati, si è pro-
ceduto a distribuirne una copia integrale ad ogni membro del team di valutazione per
discutere nel dettaglio le procedure di catalogazione da attuare. I criteri di estrazione
delle informazioni e valutazione delle proposte e dei parametri da inserire nel database
finale sono stati testati e calibrati su un piccolo campione iniziale di progetti, in modo
da arrivare ad un livello soddisfacente di congruenza ed omogeneità di risposte da parte
di tutti i collaboratori del gruppo di valutazione. Anche nel corso della successiva fase
di catalogazione effettiva dei progetti si sono svolti periodicamente incontri di discus-
sione dei criteri e calibrazione delle risposte, così da garantire un elevato livello di omo-
geneità e oggettività dei dati per tutto il corpus. Ogni componente del team aveva così
accesso all’intero corpus di dati, potendo così confrontare le proposte di diversi anni
scolastici, le circolari ministeriali, verificare la continuità dei progetti o la presenza di
altre proposte della stessa scuola o della stessa area in anni diversi, consultare le liste
di sintesi e gli eventuali materiali aggiuntivi allegati (pagine di materiali didattici o pro-
dotti culturali allegati alla documentazione del progetto).
La prima importante differenza emersa, e che ha apportato variazioni sensibili
all’impianto originale, è la mancanza per i progetti successivi all’a.s. 2004-2005 del-
l’indicazione del tipo di azioni di intervento (di tipo A, B o C) presenti invece fino a
quell’anno. Nelle schede-formulario dal 2001-2002 al 2004-2005, infatti, sono presen-
ti delle sezioni specifiche sul tipo di «azioni», ovvero sulle modalità di intervento che
si intendono adottare, classificate nel seguente modo:
• AZIONE A: «studio delle lingue delle minoranze da utilizzare accanto all’uso della
lingua italiana come strumento per lo svolgimento delle attività didattiche nelle
scuola dell’infanzia e come strumento di insegnamento delle discipline previste
nel curricolo obbligatorio della scuola di base»;
• AZIONE B: «studio delle lingue delle minoranze come oggetto specifico di
apprendimento nell’ambito della quota obbligatoria riservata a ciascuna istituzio-
ne scolastica del curricolo della scuola di base»;
• AZIONE C: «studio delle lingue e delle culture delle minoranze da inserire nel-
l’ampliamento dell’offerta formativa (orario extracurricolare) da offrire anche
agli adulti» (dalla Circolare Ministeriale n. 89/2001).
Tali informazioni sono assenti nei progetti dell’a.s. 2008-2009, non permettendo
così un confronto di questi parametri con le annate precedenti. Tali dati sono stati quin-
di esclusi dall’analisi longitudinale e catalogati solo per i progetti dell’a.s. 2004-2005,
unicamente allo scopo di approfondire il rapporto tra tipologia di intervento e focus del
| 122 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
progetto all’interno di un sottocampione più omogeneo di elementi. Sono stati esclusi
da quest’analisi anche i progetti dell’a.s. 2001-2002, nei quali risulta meno congruente
la compilazione di queste sezioni della scheda-formulario, rischiando così di rendere
più difficoltosa l’analisi piuttosto che arricchirne i risultati. In verità non solo queste
informazioni sono di norma assenti per i progetti dell’a.s. 2008-2009, rendendo così
impossibile quantificare con chiarezza il numero di destinatari e di personale docente
coinvolto (e, in svariati casi, anche l’entità in termini di ore e durata nel corso dell’an-
no di questo coinvolgimento), ma anche per i progetti degli anni scolastici precedenti
queste sezioni della scheda-formulario sono spesso compilate solo parzialmente o in
modo errato; ad esempio, indicando solo il numero di classi coinvolte senza indicare gli
alunni, oppure usando in modo incongruente le indicazioni del tipo di azioni di inter-
vento (inserendo sotto «azione A» anche attività che non riguardano l’uso veicolare
della lingua minoritaria per l’insegnamento delle discipline curricolari), oppure infine
indicando un numero di ore di attività senza chiarire se si tratti di ore settimanali o tota-
li, ore per classe o ore complessive per progetto. Di conseguenza non è sempre possi-
bile capire l’entità dell’intervento proposto; a questo si aggiunge che spesso non viene
dichiarato il numero di ore di attività in cui è realmente coinvolta la lingua, né se il pro-
getto riguarda unicamente elementi folcloristici ignorando quasi totalmente il codice
minoritario sia come oggetto che come veicolo d’insegnamento.
Queste osservazioni, discusse all’interno del gruppo di valutazione durante la fase
preparatoria della catalogazione dei progetti, hanno confermato la necessità di concen-
trarsi sulle finalità e le intenzionalità dei proponenti, integrando le informazioni sinteti-
che della scheda-formulario con un’attenta e approfondita analisi delle descrizioni com-
pilate dagli insegnanti, e ampliando di conseguenza la componente descrittiva e qualita-
tiva dei dati; d’altro canto, a causa dell’incongruenza di informazioni sopra descritta, si
è dovuta escludere la possibilità di un’analisi quantitativa inferenziale sull’estensione e
l’entità dei progetti in termini di numero di destinatari e ore di attività effettivi.
Suddivisione del lavoro e fasi di sviluppo: in linea preliminare, come detto, si è pro-
ceduto ad un’analisi collettiva di un piccolo campione esemplificativo di proposte, trami-
te il quale testare e calibrare i criteri di valutazione in modo da renderli omogenei per tutti
i membri del gruppo e ridurre al minimo possibili errori di misurazione dipendenti dal-
l’operatore. Tramite poi una serie di incontri preliminari, la griglia di valutazione iniziale
è stata rielaborata, riconfigurata e adattata al corpus di dati rilevato, fino ad arrivare ad
una scheda di catalogazione univoca e ritenuta efficace all’estrazione del maggior nume-
ro di informazioni possibili; si è quindi testata la validità della scheda di catalogazione,
integrando collettivamente una serie di descrittori (quanto più standardizzati possibile) su
caratteristiche specifiche dei singoli progetti utili a completare il quadro valutativo. Il
compito di catalogare i progetti è stato ripartito tra i quattro membri del gruppo, distribui-
ti in base all’anno scolastico e alle regioni in modo da permettere ad ognuno di avere un
quadro completo delle proposte presentate in un determinato anno da una specifica area
o lingua minoritaria; precedenza è stata data ai progetti dell’a.s. 2004-2005, sui quali è
Analisi dei Progetti | 123 |
stata effettuata un’analisi preliminare (in virtù della catalogazione, per questi progetti,
anche delle informazioni relative alle «azioni» di intervento e al personale).
Ogni scheda veniva inviata appena terminata la compilazione, sottoposta ad una
serie di test automatici per verificarne la correttezza e l’integrità e infine archiviata in
attesa dell’inserimento nel database; in seguito, appena completata la catalogazione ed
archiviazione dei progetti di un determinato anno scolastico, si è proceduto all’informa-
tizzazione automatica dei dati, con un’ulteriore serie di verifiche manuali sulla loro
integrità; in tal modo si è potuto arrivare alle analisi statistiche sui sottocampioni rela-
tivi ai singoli anni scolastici, in vista della successiva fase di analisi e confronto longi-
tudinale tra le tre annate considerate.
Scheda di catalogazione e valutazione
La scheda di catalogazione finale utilizzata su tutto il corpus è suddivisa in 8 sezio-
ni (più una serie di identificativi della scheda di catalogazione), descritte di seguito nel
dettaglio.
0. Dati di immissione
In questa sezione vengono inseriti la data di compilazione della scheda e la sigla del-
l’operatore, in modo da rendere rintracciabile il flusso di lavoro di ogni singola scheda
di catalogazione immessa nel database.
1. Anagrafica
Sezione con i dati anagrafici dell’istituto proponente.
Sezione con i dati anagrafici dell’istituto proponente.
Titolo Note
1.1 Titolo del progetto Titolo integrale del progetto
1.2 Codice Istituto Codice Meccanografico dell’istituto proponente
1.3 Tipo di scuola Scuola d’infanzia, scuola primaria etc.
1.4 Località Comune
1.5 Provincia
1.6 Regione
1.7 Anno scolastico
1.8 Lingua minoritaria Denominazione riportata nella scheda-formulario
Veniva qui indicato il numero di anni consecutivi in cui l’istituto proponente
1.9 Continuità del progetto
ha ricevuto finanziamenti per progetti riguardanti la lingua minoritaria.
Tabella 24: Anagrafica
| 124 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
2. Dati sintetici: azioni
Dati sulle «azioni» di intervento, catalogate solo per i progetti dell’a.s. 2004-2005
(ripresi direttamente dalla scheda-formulario).
Titolo Note
2.1 Azione A: classi coinvolte
2.2 Azione A: totale alunni
2.3 Azione A: discipline coinvolte In particolare, con la distinzione tra discipline umanistiche (italia-
no, storia, lingue straniere etc.) e discipline scientifiche (matema-
tica, scienze etc.).
2.4 Azione B: totale ore indicate
2.5 Azione B: disciplina introdotta Denominazione fornita nella tab. B della scheda-formulario
2.6. Azione C: totale alunni
2.7. Azione C: totale ore indicate
2.8. Costo complessivo Totale del bilancio riportato nella scheda-formulario
2.9. Finanziamento ottenuto
Tabella 25: Azioni
3. Dati sintetici: personale
Dati presenti nella scheda-formulario fino all’a.s. 2004-2005 sul personale docente
interno ed esterno coinvolto (catalogati solo per i progetti dell’a.s. 2004-2005).
Titolo Note
3.1. Risorse professionali Numero complessivo personale docente interno coinvolto
3.1.1 Di cui, con specializzazione (Secondo le indicazioni riportate in tabella)
3.2 Docenti esterni a contratto Num. complessivo personale docente esterno a contratto
3.2.1 Di cui, con specializzazione (Secondo le indicazioni riportate in tabella)
3.3 Percentuale docenti specializzati
3.4 Docenti in formazione Dati presi dalla scheda-formulario
3.5 Progetto di formazione Se presente, sintesi della descrizione sui progetti di formazione dei
docenti interni coinvolti
Tabella 26: Personale
Analisi dei Progetti | 125 |
4. Destinatari del progetto
Indicazioni sul tipo di destinatari coinvolti, nello specifico con l’indicazione dei
livelli scolastici e delle classi pienamente coinvolte nel progetto, insieme all’indicazio-
ne della partecipazione degli adulti.
5. Classificazione del progetto
Classificazione del progetto in base alle finalità e al focus della proposta. In parti-
colare in questa sezione vengono interpretati gli obiettivi e le scelte dei proponenti, l’at-
tenzione della proposta verso aspetti in generale culturali, folcloristici o simbolici della
minoranza o su aspetti specificamente legati alla lingua, alla sua diffusione e promozio-
ne, e alla trasmissione intergenerazionale. Questo tipo di valutazione si è ottenuto
osservando in modo congiunto le scelte in termini di azioni concrete di intervento
(distinguendo tra attività con uso veicolare della lingua minoritaria effettivo, insegna-
mento formale con approccio globale o con approccio normativo, attività opzionali o
extracurricolari incentrate su elementi culturali o tradizionali della comunità), i desti-
natari coinvolti (dando maggior importanza, per la trasmissione intergenerazionale
della lingua minoritaria, al coinvolgimento dei bambini delle scuole dell’infanzia e dei
primi anni della scuola primaria), la continuità del progetto e la sua cooperazione col
tessuto sociale locale, con la comunità e con altre istituzioni coinvolte nella tutela della
lingua minoritaria.
Una tale classificazione è stata raggiunta tramite l’assegnazione di punteggi alle sot-
tovoci di seguito riportate, tale da avere una distribuzione di 10 punti in totale tra tutte
le sottovoci, che rappresentasse la distribuzione di risorse effettive e di attenzione verso
i diversi aspetti della proposta. Ad esempio, progetti totalmente incentrati sull’uso vei-
colare della lingua minoritaria ottenevano 10 punti in questa sottovoce (e di conseguen-
za 10 punti in «Focus su lingua»), progetti contenenti sia l’insegnamento formale della
lingua che la promozione di attività di rievocazione culturale e folcloristica in egual
misura ottenevano 5 punti in «Insegnamento della lingua» e altri 5 in «Focus su folclo-
re» e così via. Occorre osservare che la voce 5.1.3. fa spesso riferimento non all’uso
continuativo della lingua minoritaria durante attività didattiche di natura diversa o
extrascolastiche, ma alla possibilità di utilizzo sporadico della lingua durante attività di
tipo culturale o ricreativo (come recite scolastiche, spettacoli teatrali etc.).
Quest’osservazione è emersa in fase di catalogazione, durante la quale è stato possibi-
le notare come le informazioni relative al reale coinvolgimento della lingua in queste
attività siano spesso scarse o reticenti, quando non confermino apertamente l’uso
estemporaneo del codice minoritario, ed è stata verificata anche in fase di analisi, con
la frequente correlazione di questa variabile con le altre riguardanti il Focus su elemen-
ti culturali.
| 126 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
5.1. Focus su lingua
Titolo Note
5.1.1 Insegnamento DELLA lingua Insegnamento formale della lingua minoritaria
5.1.2 Insegnamento NELLA lingua Insegnamento delle discipline curricolari con uso veicolare della
lingua minoritaria
5.1.2.1 Discipline coinvolte Discipline insegnate tramite la lingua minoritaria
5.1.3 Altre attività con uso della Attività (di solito in orario extracurricolare) che coinvolgono occa-
lingua minoritaria sionalmente l’uso della lingua minoritaria in contesti comunicativi
Tabella 27: Focus sulla lingua
5.2. Focus su cultura
Titolo Note
5.2.1 Letteratura e poesia
5.2.2 Danze popolari, musica, Progetti con focus su questo aspetto hanno ancora presente una
canto certa componente linguistica
5.2.3 Folclore Qui, invece, la componente linguistica è presente solo indirettamente
5.2.4 Storia, rievocazione culturale Focus su alcuni elementi culturali, sulla storia della comunità e sulla
specificità locale, a scopi specificamente ideologico-identitari
Tabella 28: Focus sulla cultura
6. Impatto e diffusione
I progetti sono stati valutati anche in base al loro potenziale impatto sulla comunità,
sulla sua percezione della lingua e della cultura minoritaria e sulla reale implementa-
zione di forme di tutela valide e durature. Quest’impatto, ovviamente, dipende anche
dalle capacità dell’iniziativa proposta di autopromuoversi, di estendersi sul territorio o
diffondere i propri risultati, di riuscire a mantenere la necessaria continuità nel tempo e
produrre risultati duraturi. In questa sezione della scheda sono quindi presenti 13 para-
metri su impatto, continuità e diffusione del progetto; per ognuno di questi, l’operatore
doveva indicare se il parametro specifico era totalmente assente nel progetto (inseren-
do il valore 0 nella scheda), se era presente almeno in misura minima (valore 1) o se
era presente e particolarmente consistente o di importanza sostanziale nella proposta
(valore 2). Ad esempio, progetti totalmente incentrati sull’uso veicolare della lingua
minoritaria e l’integrazione di attività ed insegnamento del codice minoritario fin dalla
scuola primaria possono ricevere il valore massimo nel parametro «Implementazione
concreta della competenza linguistica».
Analisi dei Progetti | 127 |
Titolo Note
6.1.1 Progetti di formazione del presenza nel progetto di iniziative per la formazione del personale
personale docente;
collaborazioni con enti locali, manifestazioni culturali affermate, asso-
6.1.2 Intervento nella realtà locale
ciazioni culturali, coinvolgimento attivo e concreto della comunità;
diffusione dei risultati del progetto tramite pubblicazione sul Web,
6.2.1 Diffusione tramite media
sulla stampa locale, su canali televisivi o radiofonici;
6.2.2 Progetti in rete con scuole creazione di una rete tra scuole presenti all’interno della stessa
nella stessa area area;
6.2.3 Progetti in rete con scuole creazione di una rete con scuole di altre aree o con progetti che
in altre aree o con altre lingue coinvolgono lingue minoritarie diverse;
minoritarie
6.3.1 Implementazione concreta attenzione ed efficacia del progetto proposto alla reale implemen-
della competenza linguistica tazione della competenza linguistica nella nuova generazione;
6.3.2 Lingua minoritaria considerata nella descrizione del progetto, la lingua è presentata come mero
come mero arricchimento culturale elemento di arricchimento culturale per gli alunni, come una cono-
scenza aggiuntiva da integrare;
6.3.3 Obiettivi di interesse il progetto mira ad ottenere risultati non strettamente connessi alla
extrascolastico formazione scolastica (partecipazione a concorsi, creazione di
eventi culturali esterni alle iniziative scolastiche, altre iniziative
legate al territorio);
6.3.4 Creazione di opportunità tra gli obiettivi dichiarati dai proponenti, c’è anche quello di
di lavoro aumentare le possibilità per i destinatari di ottenere opportunità di
lavoro in virtù delle nuove competenze linguistiche acquisite gra-
zie al progetto di intervento;
6.4.1 Capitalizzazione di beni nel piano finanziario, sono previste spese per l’acquisto di beni
materiali duraturi materiali duraturi connesse alla realizzazione del progetto (crea-
zione di una biblioteca, archivio di documenti audio e video etc.);
6.4.2 Sbocco economico diretto iniziative con possibilità di sbocco economico immediato (vendi-
ta di produzioni artigianali, distribuzione e vendita di materiali
didattici etc.);
6.4.3 Distribuzione sul territorio diffusione del progetto nell’area d’interesse, con presenza in più
sedi e istituti scolastici, collaborazioni ed iniziative distribuite tra
le località occupate dalla comunità alloglotta;
6.4.4 Produzioni culturali durature produzione di materiali didattici, pubblicazioni e archivi docu-
mentali riutilizzabili.
Tabella 29: Impatto e diffusione
7. Scala di valutazione
Dopo aver analizzato nel dettaglio gli aspetti relativi al focus del progetto, alle fina-
lità dei proponenti, all’impatto della proposta sulla comunità, sulla tutela del codice
| 128 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
minoritario e la sua valutazione da parte dei destinatari diretti e indiretti del progetto,
alla diffusione dei risultati, la proposta viene valutata tramite un indice globale di valu-
tazione che ne descriva sinteticamente l’efficacia prevedibile, le potenzialità e l’ade-
guatezza al contesto in cui opera. In questo modo si procede ad una sintesi dei risulta-
ti ottenuti sull’insieme dei parametri precedentemente descritti. Ogni proposta è stata
quindi classificata tramite una scala di valutazione che va da 1 a 4, indicando i proget-
ti ritenuti più efficaci e adatti alla realtà locale con il numero 1. Nello specifico, i valo-
ri attribuiti alla scala sono da interpretare secondo la seguente legenda:
• Progetti di notevole interesse, ritenuti particolarmente efficaci sia in termini di
azioni di intervento concrete che di risultati previsti; le scelte sembrano partico-
larmente adatte alla realtà locale della comunità linguistica in cui il progetto
intende operare, prevedendo quindi effetti positivi in termini di tutela e promo-
zione della lingua minoritaria;
• Progetti con spunti interessanti, sufficientemente efficaci in base alla proposta e
almeno parzialmente adeguati alla realtà locale in cui essa intende operare; si
possono tuttavia osservare alcune incongruenze tra intenzioni e reali attività di
intervento proposte o tra finalità del progetto ed esigenze effettive della comuni-
tà di minoranza;
• Progetti poco efficaci o adatti alla situazione sociolinguistica in cui intendono
operare; le proposte sono piuttosto deboli sotto il punto di vista delle reali azio-
ni di intervento proposte o sotto il punto di vista della conoscenza della realtà
locale della comunità di minoranza;
• Progetti ritenuti scarsamente adatti o inefficaci, a volte non attinenti alla tutela o
promozione della lingua minoritaria o con finalità diverse o inadeguate; le pro-
poste risultano particolarmente deboli sia in relazione alla conoscenza della real-
tà locale sia al tipo di intervento scelto.
8. Descrittori del progetto
Serie aperta di descrittori su caratteristiche specifiche del progetto utili a completa-
re il quadro valutativo:
8.1.1 Utilizzo del metodo CLIL (solo per i progetti 2008)
8.1.2 Progetto interno all’offerta formativa (solo per i progetti 2008)
8.1.3 Progetto in ambito curricolare (solo per i progetti 2008)
8.1.4 Progetto in ambito extracurricolare (solo per i progetti 2008)
8.2.1 Attività di animazione e drammatizzazione
8.2.2 Attività grafico-pittoriche
8.2.3 Recupero di testi letterari in lingua minoritaria
8.2.4 Eventi culturali in lingua minoritaria (spettacoli teatrali, letture pubbliche etc.)
8.2.5 Ricerca in ambito folclorico
8.2.6 Focus su identità culturale
Analisi dei Progetti | 129 |
8.2.7 Interviste ad anziani
8.2.8 Raccolta di lessico tradizionale / popolare
8.3.1 Apprendimento della competenza scritta
8.3.2 Prospettive di elaborazione del codice (tramite produzione di testi orali o scrit-
ti oltre le funzioni solitamente attribuite alla lingua minoritaria in quell’area)
8.3.3 Apprendimento per non madrelingua
8.3.4 Produzione di materiali didattici riutilizzabili
8.4 Altri descrittori
Procedure di analisi
I dati così estratti sono stati archiviati in un database a tabella unica, tramite codifi-
cazione univoca che permettesse un conteggio delle frequenze delle modalità per ognu-
na delle variabili. La conversione e l’inserimento nel software per le analisi statistiche
è avvenuta tramite procedure automatiche controllate, in tal modo eliminando qualsia-
si possibilità di inserimento di errori in questa fase. Ora, l’informatizzazione dei dati ha
permesso l’utilizzo congiunto di tutte le informazioni estratte durante la fase di catalo-
gazione, in modo da poter procedere ad una serie di analisi esplorative progressive:
dopo le prime osservazioni sui dati, sulla distribuzione dei progetti e delle variabili, si
è potuto continuare l’analisi integrando le nuove informazioni ottenute. In particolare i
dati sono stati sottoposti ad una serie di procedure statistiche, di cui si riporta qui una
sintesi, e i cui risultati verranno introdotti gradualmente nella discussione che segue.
• Conteggio del numero di progetti per anno scolastico, regione, provincia, lingua
minoritaria;
• Analisi monovariate sulle variabili relative al Focus (sezione 5) e all’Impatto (sezio-
ne 6) del progetto, distribuite per anno scolastico, regione, lingua minoritaria;
• Serie di test statistici sull’affidabilità dei dati;
• Calcolo delle correlazioni tra variabili su Focus (sezione 5) e variabili sull’Im-
patto (sezione 6);
• Costruzione di uno schema di relazioni tra tutte le variabili «sensibili» del data-
base: sul Focus (sezione 5), sull’Impatto (sezione 6), Continuità del progetto,
Percentuale di finanziamento ottenuto sul costo totale della proposta, Indice di
valutazione globale (sezione 7);
• Analisi esplorative sui progetti dell’a.s. 2004-2005, tramite l’integrazione dei
dati riguardanti le «azioni» di intervento (sezione 2) ed il personale coinvolto
(sezione 3), dati presenti nelle schede-formulario degli anni precedenti all’a.s.
2005-2006;
• Analisi dei componenti principali (factor analysis) sui progetti dell’a.s. 2004-
2005;
• Creazione di indici e valutatori sintetici a partire dai dati archiviati;
• Costruzione di un Indice di Acquisition Planning (IAP);
| 130 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• Analisi delle correlazioni tra gli indici sintetici in relazione all’area, alla lingua
minoritaria, alla percentuale di finanziamento ottenuto, all’indice di valutazione
globale.
Insieme alle analisi statistiche sul database sono state effettuate delle analisi quali-
tative su singoli progetti ritenuti particolarmente interessanti ed esemplificativi e su
progetti ritenuti invece di minore impatto. Nello specifico, ognuno dei collaboratori del
gruppo di valutazione ha selezionato due esempi positivi e due esempi problematici tra
le proposte che ha catalogato, arricchendo quindi l’insieme di informazioni sintetiche
sulla valutazione presenti nel database con ulteriori approfondimenti. Sono stati com-
pilati anche dei commenti sintetici sui progetti presentati da singole regioni particolar-
mente prolifiche in termini di numero di proposte.
Si ponga mente al fatto che, a causa della natura particolare di questa parte dell’ana-
lisi e della discussione, di seguito saranno introdotti elementi apertamente valutativi di
singoli progetti e delle classi nei quali sono raggruppati; ciò non tanto, evidentemente,
per introdurre delle «classifiche» fra i progetti o tanto meno fra le Scuole o minoranze
che li esprimono, ma per aiutare a trovare, nelle diverse situazioni che caratterizzano il
plurilinguismo delle aree minoritarie in Italia, le migliori soluzioni globali e specifiche.
3.3 I progetti: numeri e focus
3.3.1 Distribuzione dei progetti
Per regione
La tabella ed il grafico seguenti mostrano la distribuzione dei progetti finanziati per
i tre anni scolastici presi in considerazione, raggruppati per regione. Il numero di pro-
getti presentati può essere diverso; per esempio, nel 2008-2009 sono stati presentati 210
progetti, così ripartiti per regione: Abruzzo: 1; Basilicata: 5; Calabria: 21; Friuli
Venezia Giulia: 72; Molise: 3; Piemonte: 16; Puglia: 13; Sardegna: 62; Sicilia: 1;
Trentino Alto Adige: 2; Valle d’Aosta: 3; Veneto: 11. Appare evidente l’incremento pro-
gressivo dei progetti nel corso degli anni fino ad arrivare appunto ai 210 progetti pre-
sentati per l’anno scolastico 2008-2009.
Già ad un primo sguardo si nota una forte predominanza numerica dei progetti pre-
sentati da Istituti scolastici del Friuli, a cui si affianca, gradualmente nel tempo, la
Sardegna. Tutte le altre regioni mostrano un’incidenza in termini numerici decisamen-
te più bassa. Ovviamente, questo è dato in larga misura dalla diversa estensione territo-
riale, che nel caso del friulano e del sardo coinvolge l’intera regione, mentre le comu-
nità delle altre lingue minoritarie sono localizzate in aree più circoscritte.
Analisi dei Progetti | 131 |
N. progetti 2001-2002 2004-2005 2008-2009 Totale
Abruzzo 0 1 1 2
Basilicata 3 4 5 12
Calabria 14 12 18 44
Campania 2 2 0 4
Friuli V.G. 49 81 59 189
Molise 8 5 4 17
Piemonte 12 13 14 39
Puglia 10 8 12 30
Sardegna 4 17 56 77
Sicilia 1 1 1 3
Trentino 0 0 2 2
Valle d’Aosta 1 1 2 4
Veneto 0 15 10 25
Totale 104 160 184 448
Tabella 30: Progetti divisi per regione e anno scolastico Grafico 1: Distribuzione dei progetti per regione
Progetti N. % Progetti N. %
UD 153 34,1 PN 20 4,5
CS 32 7,1 SS 20 4,5
CA 28 6,2 CB 17 3,8
BL 24 5,3 TO 17 3,8
CN 22 4,9 FG 15 3,3
Tabella 31: Prime dieci province con maggior numero di progetti catalogati 68.
Vale la pena di osservare che per ‘numero dei progetti’ si intende qui il numero tota-
le dei progetti presentati, non accorpati per reti: per esempio, una rete di progetti friu-
lani contava 14 progetti diversi, che qui sono contati singolarmente. Contando i proget-
ti in rete come uno il totale è molto ridotto, e corrisponde, per il 2000/2002 e
2004/2005, a quello pubblicato in Annali 2006: 133 ss. Si cfr. la tabella seguente, dove
è esplicitato il rapporto fra progetti e reti per il 2001/2002. I punti di domanda indica-
no denominazioni non univoche.
68
Le province della Sardegna rispecchiano la situazione precedente alle ultime variazioni.
| 132 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Tabella 32: Progetti singoli e in rete (2001/2002)
Come si vede dalla tab. 29 e dal grafico connesso, non solo il Friuli mostra un pri-
mato schiacciante nei confronti delle altre regioni (rappresentando ben il 42% del tota-
le dei progetti esaminati), ma vi è, comprensibilmente, un’elevata concentrazione di
proposte nella provincia di Udine, la quale rappresenta da sola il 34% del numero tota-
le di proposte esaminate. Ha probabilmente un peso considerevole su questo risultato il
progetto in rete Sentieri, che coinvolge numerosi istituti scolastici della provincia ed è
presente fin dal primo anno di applicazione della Legge 482, ma il dato è anche un indi-
catore della notevole attenzione alle iniziative del Ministero nell’ambito della tutela
delle lingue minoritarie in quest’area, fin dal primo anno di attuazione – in contrasto
con il minore impatto che ha avuto nelle province di Gorizia e Trieste.
Per lingua minoritaria
Nella tabella e nei grafici seguenti i progetti sono raggruppati in base alla lingua di
minoranza principale dell’area in cui intervengono; di conseguenza le rappresentazioni
non tengono conto dei diversi progetti (numericamente pochi, in realtà) che coinvolgo-
no più codici minoritari. E in effetti, nelle aree plurilingui, qualora vi sia l’intenzione
di promuovere azioni d’intervento per più di un codice, vi è comunque in larga misura
la tendenza a presentare progetti distinti (benché spesso coordinati e nell’impianto
molto simili) per le diverse lingue.
Di seguito sono presentati tre grafici distinti per le tre annate prese in considerazio-
ne: come si può notare i progetti sul friulano mostrano una predominanza numerica già
dal primo anno di attuazione; gradualmente emerge anche la comunità sarda, estenden-
Analisi dei Progetti | 133 |
do sempre più il numero di proposte e arrivando a superare, per l’a.s. 2008-2009, quel-
le incentrate sul friulano. Le altre lingue di minoranza con un numero più o meno con-
sistente di proposte (benché notevolmente inferiore rispetto a friulano e sardo) sono, in
ordine: arbëresh (sono qui conteggiati progetti di tutte le aree e le isole linguistiche
arbëresh), occitano, ladino, sloveno, grico, francoprovenzale.
Grafico 2: Distribuzione dei progetti per lingua minoritaria
È interessante vedere che le denominazioni delle lingue non sempre rispettano i
glossonimi ufficiali. Vi è in particolare una certa ambiguità per il termine “arbëresh”,
per il quale esistono (nelle schede-formulario compilate dalle diverse scuole) numero-
se versioni. La lingua arbëresh non è comunque la sola a ricevere molteplici denomina-
zioni. Ecco una lista dei glossonimi indicati nei progetti:
| 134 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
albanese sardo grecanico cimbro sloveno
albanese molisano sardo campidanese greco plodarisch resiano
arbëresh/arbëreshe sardo logudorese greco bovese saurano friulano
arberesh/arbereshe sardo variante bittese greco di Calabria walser natisonese
arbëreshë lodeino (sardo) griko
harberesh logudorese croato
ladino
occitano franco provenzale ladino cadorino francese
patouà franco-provenzale ladino di Gosaldo
provenzale francoprovenzale ladino veneto
Tabella 33: Glossonimi 1
Come già introdotto sopra, vi sono anche progetti interessati a promuovere iniziati-
ve d’intervento per più lingue tramite una stessa modalità d’azione; anche qui il Friuli
ha una posizione di rilievo: sono proprio i progetti della citata rete Sentieri a proporre
iniziative e progetti plurilingui con notevole sistematicità. Ecco in ogni caso l’elenco
dei progetti che comprendono più di una minoranza:
friulano - resiano - tedesco occitano - francese - franco-provenzale
friulano - sloveno occitano - franco provenzale alpino (patouà)
friulano - sloveno - tedesco
friulano - sloveno - tedesco - varianti locali plodarisch - ladino
friulano - tedesco sardo - friulano
friulano - tedesco - sloveno - resiano
friulano - timavese arbëresh - croato
Tabella 34: Glossonimi 2
Che cosa tutelare: focus su lingua, focus su cultura
Nella catalogazione dei progetti uno dei nodi centrali (e per i quali era richiesto anche
un maggiore sforzo interpretativo ed un’analisi più dettagliata e attenta delle proposte
progettuali) è rappresentato dalla classificazione degli obiettivi primari del progetto; ciò
avviene innanzitutto tramite l’individuazione, all’interno della descrizione del progetto,
di due classi di fenomeni ed aspetti caratterizzanti la minoranza linguistica e del grado
di attenzione ad esse rivolta dai proponenti. In sostanza la classificazione di massima
considera separatamente l’attenzione verso aspetti strettamente connessi alla lingua e
l’attenzione verso aspetti culturali della minoranza, che possono anche coinvolgere solo
Analisi dei Progetti | 135 |
marginalmente o in piccola parte la lingua posta sotto tutela. Una tale prima distinzione
è fondamentale, proprio per verificare la consapevolezza linguistica della comunità
(espressa da suoi rappresentanti autorevoli, ovvero le istituzioni scolastiche) ed eviden-
ziare la centralità della lingua nella costruzione dell’identità del gruppo di minoranza.
D’altro canto, questa distinzione non è sufficiente per indagare a fondo il rapporto tra
consapevolezza linguistica e contesto sociolinguistico di partenza, né dà modo di espri-
mere previsioni attendibili sulla possibile efficacia delle azioni di intervento proposte
nelle singole realtà. Un gradino intermedio verso questa direzione è rappresentato dalle
sottovoci, che permettono di segnalare le strategie di massima scelte dai proponenti e di
procedere ad una classificazione più compatta e dettagliata dei progetti.
Ogni progetto è stato quindi classificato distribuendo 10 punti tra sette sottovoci. Le
prime tre fanno riferimento a strategie di intervento incentrate sulla lingua minoritaria
e sulla sua tutela, e sono:
• Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento;
• Insegnamento formale della lingua minoritaria;
• Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua.
Le seguenti quattro fanno invece riferimento a strategie di intervento concentrate su
aspetti etnico-culturali della minoranza (e solo marginalmente connessi alla lingua):
• Focus sulla tradizione letteraria in lingua minoritaria (poesie, prosa etc.);
• Focus su canti e danze popolari (fenomeni culturali che coinvolgono produzio-
ni in lingua minoritaria);
• Focus su folclore e recupero di tradizioni locali (aspetti culturali non direttamen-
te connessi alla lingua, o che la coinvolgono in modo solamente marginale);
• Focus su rievocazione storica, identità etnica e culturale.
Le sottovoci relative all’attenzione verso la lingua minoritaria sono state valutate in
base al tipo di intervento proposto e al reale coinvolgimento della lingua nel progetto:
tramite l’analisi delle descrizioni del progetto ed il confronto con i dati sintetici riporta-
ti nella scheda-formulario, si procedeva ad assegnare un punteggio alle prime tre sotto-
voci: a) qualora risultassero presenti specifiche attività di insegnamento formale della
lingua minoritaria, tramite corsi strutturati integrati nel piano dell’offerta formativa
(Insegnamento formale della lingua minoritaria); b) se fosse previsto l’uso veicolare
della lingua minoritaria per le discipline curricolari e quali discipline coinvolgesse (Uso
della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento); c) o se vi fosse un
chiaro coinvolgimento della lingua minoritaria, a scopi comunicativi o funzionali (e non
didattici), in attività laboratoriali di varia natura, quali rappresentazioni teatrali, produ-
zioni di filmati, escursioni etc. (Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua).
Sarà opportuno anzitutto osservare che, ai fini della valutazione globale delle pro-
poste, c’è una sorta di gerarchia all’interno delle tre sottovoci 69: l’uso veicolare della
69
Qui e altrove, evidentemente per «gerarchia» (o termini consimili che compariranno più avanti) non va
inteso un giudizio di valore in sé, ma una classificazione funzionale della presenza delle categorie «lingua»
e «cultura» all’interno dei progetti.
| 136 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
lingua minoritaria rappresenta il gradino più alto di una scala di funzionalità assegnate
alla lingua, e l’accettazione da parte della comunità della sua introduzione nell’insegna-
mento scolastico come strumento e non (solo) come oggetto di studio è un importante tra-
guardo nel processo di rivitalizzazione della lingua, oltre ad essere un passaggio general-
mente ritenuto nodale per l’implementazione di strategie di acquisition planning piena-
mente efficaci nell’educazione scolastica. Inoltre, all’interno dell’uso veicolare del codi-
ce minoritario, anche le discipline coinvolte hanno un peso diverso: l’insegnamento di
materie scientifiche (come matematica, fisica e così via) mostra un livello di elaborazio-
ne del codice maggiore rispetto all’uso unicamente per materie umanistiche (come italia-
no o storia). Questo livello di elaborazione è desunto dall’accettazione del codice, da parte
dei proponenti innanzitutto, a svolgere funzioni comunicative (e didattiche) piuttosto
complesse. Riformulando a questo scopo il modello dei «livelli di sviluppo’
(Entwicklungsstufen) elaborato da Kloss (1952, 1987), possiamo quindi assegnare impor-
tanza crescente alle discipline, mettendo al gradino più alto le discipline scientifiche, ad
un grado più basso le discipline umanistiche e all’ultimo gradino le altre discipline.
Anche l’insegnamento formale della lingua minoritaria rappresenta un elemento
chiave – anche se tutt’altro che indiscutibile – nell’introduzione di strategie di tutela ed
implementazione della competenza nella lingua minoritaria nelle nuove generazioni;
questo tipo di intervento è genericamente più accessibile del primo, che richiede già a
priori il riconoscimento di un certo grado di validità funzionale del codice da parte della
comunità. L’insegnamento formale permetterebbe invece anche a lingue con minore
estensione funzionale, o in contesti di minoranza più a rischio, di introdurre delle forme
di educazione linguistica che possono gradualmente condurre ad un miglioramento
delle autorappresentazioni e ad un’eventuale estensione delle funzioni attribuite al codi-
ce minoritario dalla comunità.
All’ultimo gradino vi sono infine le attività con uso della lingua; tuttavia, questa
posizione nella gerarchia è data non tanto dal tipo di attività in sé, quanto dal modo in
cui queste attività vengono utilizzate dai proponenti: in questa categoria rientrano infat-
ti attività tradizionalmente fuori dai curricola scolastici, spesso opzionali e limitate a
piccoli gruppi di destinatari, in cui la lingua minoritaria non ha un ruolo predominante.
In questi casi, nella maggioranza dei progetti non si dà un uso estensivo della lingua
minoritaria per scopi comunicativi all’interno di attività extrascolastiche, tale da per-
mettere un reale arricchimento della competenza linguistica e l’attivazione di un pro-
cesso di acquisizione della lingua minoritaria grazie all’interazione comunicativa con
gli insegnanti o i pari. Tuttavia si può ancora individuare chiaramente la presenza della
lingua minoritaria, benché in misura non estensiva, come codice di comunicazione
interpersonale tra i destinatari e i docenti coinvolti.
Riguardo alle sottovoci relative alla cultura, anch’esse sono ordinate gerarchicamen-
te, in base al grado di coinvolgimento della lingua minoritaria nelle attività proposte:
com’è evidente, progetti incentrati sul recupero della tradizione letteraria locale coin-
volgono inevitabilmente la lingua, mentre questo coinvolgimento sfuma gradualmente
Analisi dei Progetti | 137 |
man mano che l’attenzione si sposta verso elementi culturali della tradizione e del fol-
clore. L’ultima voce, in particolare, fa riferimento ad un’attenzione particolare dei pro-
ponenti verso elementi della tradizione e della storia della comunità volti a metterne in
risalto l’identità, talora in chiave ideologica, con il rischio di trasformare l’uso del codi-
ce minoritario in una specie di «dichiarazione di fede».
Focus del progetto in base alla lingua di minoranza
Per una più corretta interpretazione dei dati di seguito presentati, in particolare per
i quadri descrittivi sintetici di questa sezione, occorre premettere alcune considerazio-
ni. Innanzitutto, come già accennato nella parte di presentazione dell’indagine, bisogna
tener presente che tutte le valutazioni e le analisi qui effettuate non possono pretende-
re di osservare e quantificare i risultati a posteriori dei progetti, quanto piuttosto di
esplorare le proposte e le direttrici delle modalità d’azione e delle aspettative iniziali dei
proponenti, in un’ottica quindi di previsione dei risultati e riflessione sulle scelte pro-
gettuali. Sulla base di questa premessa si può meglio comprendere come sono stati asse-
gnati i punteggi sulle variabili Focus: come ribadito anche nel paragrafo precedente e
nella presentazione della scheda di catalogazione, dopo aver analizzato attentamente la
scheda-formulario e la descrizione dettagliata, per ogni progetto venivano distribuiti 10
punti tra le sette sottovoci (di modo che, sommando i punteggi nelle sottovoci, si otte-
nesse sempre il totale di 10), in modo da rispecchiare nel modo più esatto e calibrato
possibile la distribuzione di risorse (in termini di ore di attività, personale coinvolto,
studenti coinvolti), l’importanza attribuita dai proponenti verso i diversi aspetti rappre-
sentati dalle sottovoci, espressa in modo esplicito o implicito all’interno del testo, le
scelte relative alle modalità d’intervento (tipologia di insegnamento o di attività propo-
sta, facoltatività delle attività, ruolo assegnato alla lingua e alla cultura nel quadro glo-
bale della proposta), l’attenzione al quadro metodologico e le riflessioni metalinguisti-
che evidenziabili dal testo della proposta.
Per chiarire meglio, vengono qui presentati alcuni esempi dell’assegnazione dei
punti alle variabili di Focus. Uno dei progetti croati dell’a.s. 2004-2005 mostra di esse-
re totalmente centrato sull’uso veicolare della lingua minoritaria: non ci sono altre atti-
vità su aspetti culturali della minoranza, vi è un largo coinvolgimento di alunni e quasi
tutte le discipline scolastiche sono insegnate in croato; anche nella presentazione del
progetto, i proponenti mostrano di essere particolarmente sensibili alla valorizzazione
della lingua come strumento e non come oggetto dell’insegnamento, dando minor rilie-
vo all’insegnamento formale del croato o agli aspetti culturali. I 10 punti di Focus per
questo progetto sono quindi tutti concentrati su Uso della lingua minoritaria come lin-
gua veicolare per l’insegnamento, visto che il 100% delle attività proposte e dell’atten-
zione dei proponenti è focalizzata su quest’aspetto.
Un altro progetto, invece, friulano, presentato per l’a.s. 2004-2005, mostra di com-
binare un notevole interesse verso l’uso veicolare della lingua minoritaria, in questo
| 138 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
caso il friulano, (con un numero consistente di classi e discipline coinvolte) con l’atten-
zione verso il recupero delle tradizioni locali; oltre all’introduzione del friulano come
lingua d’insegnamento per parte delle discipline curricolari, sono previste nel progetto
attività didattiche integrative (corsi in orario extracurricolare e visite guidate) interes-
sate ad approfondire la conoscenza del territorio e degli aspetti culturali legati al friu-
lano. Queste attività mostrano di avere un’importanza minore all’interno del progetto
rispetto all’uso veicolare della lingua minoritaria, che rimane il cardine della proposta;
tale osservazione è possibile sia sulla base della distribuzione delle risorse (ore di atti-
vità, docenti coinvolti etc.) che in relazione alle riflessioni metalinguistiche espresse dai
proponenti. I punti di Focus sono stati quindi distribuiti tra le due voci coinvolte (Uso
della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento e Focus su folclore
e recupero delle tradizioni locali), quantificando l’incidenza della prima con 7 punti ed
assegnanto i rimanenti 3 punti alla seconda.
Come si può notare, l’assegnazione di questi punti è strettamente legata alle infor-
mazioni presenti nella proposta: meno informazioni abbiamo sulle singole attività indi-
cate (tipo di attività, numero di alunni e docenti coinvolti, ore di attività), meno riuscia-
mo a determinare con chiarezza e precisione il Focus del progetto (e, di conseguenza,
le successive valutazioni relative alla sua capacità d’impatto ed efficacia nella singola
realtà esaminata). Molto spesso per i progetti dell’a.s. 2008-2009 manca proprio la
parte di informazioni relativa alle risorse impiegate e alla loro distribuzione tra attività
diverse (in qualche misura sempre recuperabile per gli altri a.s. considerati, grazie alle
tabelle relative ad azione A, B e C); in questi casi, occorre procedere ad una più atten-
ta interpretazione del testo della proposta, alla ricerca di indizi che permettano di valu-
tare le finalità ed il focus del progetto.
Bisogna infine tener conto dell’inevitabile bias interpretativo tra un’analisi quanti-
tativa di tipo esplorativo, come quella qui proposta, e le impressioni ricevute dall’os-
servazione estemporanea delle proposte, che da un lato permette di sviluppare delle
riflessioni di massima sulle proposte e sul loro valore ma dall’altro tende a non quanti-
ficare variabili univoche per la valutazione di tutti i progetti. Questo è invece non solo
il compito, ma anche il limite in un certo senso, di un’analisi quantitativa, ovviato in
questo caso da una maggiore attenzione all’interpretazione dei meccanismi e del fun-
zionamento interno dei dati. I quadri sintetici e descrittivi (come quello riportato in tab.
33) sono da leggere in quest’ottica, ovvero considerando non tanto i confronti numeri-
ci diretti, che poco dicono sul progetto in sé (né tantomeno sui suoi risultati effettivi),
quanto piuttosto le relazioni e le convergenze tra le diverse variabili (in questo caso, i
rapporti tra le diverse voci del focus).
Per quanto riguarda il confronto tra le diverse lingue di minoranza, bisogna inoltre
aggiungere che i valori medi rappresentati in tab. 33 risentono fortemente delle ampie
differenze in termini numerici tra lingue poco rappresentate (come ad esempio il croa-
to molisano o le varietà di germanico nord-orientali) e lingue interessate da un’estesa
produzione progettuale (come il friulano o il sardo): mentre i progetti riguardanti le
Analisi dei Progetti | 139 |
prime mostrano valori medi piuttosto estremi o parzialmente incongruenti, l’ampio
spettro progettuale delle seconde porta inevitabilmente ad una sorta di conguaglio tra i
valori alti e bassi delle diverse proposte, attestandosi quindi su posizioni mediane non
sufficientemente rappresentative della situazione sottostante.
Dai dati complessivi divisi per lingua minoritaria, illustrati nel grafico successivo,
emerge di massima una certa proporzione tra attenzione alla lingua e attenzione alla
cultura minoritaria. Ciò nonostante si possono notare distribuzioni diverse dei punteg-
gi tra le sottovoci, come la maggior attenzione all’insegnamento formale della lingua
per i progetti riguardanti il francoprovenzale o il grico; oppure l’attenzione ad aspetti
culturali della minoranza occitana, con una forte componente della tradizione culturale
(canti, danze e così via) e del folclore.
Grafico 3: Focus dei progetti a seconda della lingua minoritaria
Punteggi Medi (a) (b) (c) (d) (e) (f) (g)
Arbëresh 1,00 2,70 1,22 0,64 1,33 1,45 1,66
Croato 2,80 1,60 2,10 0,20 1,70 1,40 0,20
Francese 2,50 4,50 0,00 0,00 0,50 1,50 1,00
Friulano 1,81 1,35 1,80 0,58 1,20 1,74 1,51
Francoprov. 1,00 4,50 1,57 0,43 1,36 0,57 0,57
Grico 0,25 3,69 2,00 0,81 0,69 0,75 1,81
Ladino 1,96 1,25 2,00 0,54 0,88 1,75 1,63
Occitano 1,35 0,89 2,00 0,11 2,14 2,03 1,49
Sardo 1,37 2,55 1,92 0,59 1,13 1,44 1,00
| 140 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Sloveno 1,68 1,68 2,58 0,42 0,68 1,47 1,47
Dial. tedeschi 2,00 3,00 2,00 0,50 0,00 1,00 1,50
Walser 5,00 0,00 1,00 0,00 2,00 2,00 0,00
Legenda:
Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento
Insegnamento formale della lingua minoritaria
Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua
Focus sulla tradizione letteraria in lingua minoritaria
Focus su canti e danze popolari
Focus su folclore e recupero di tradizioni locali
Focus su rievocazione storica, identità etnica e culturale
Tabella 35: Punteggi medi sulle variabili “Focus” (sezione 5) divisi per lingua minoritaria d’interesse
Riguardo al confronto tra le annate (si veda tab. 34), bisogna inoltre ricordare che
per i tre anni scolastici le modalità di presentazione dei progetti sono sostanzialmente
differenti, sia per un diverso approccio da parte degli enti proponenti che per una diver-
sa strutturazione della scheda-formulario sottoposta, oculatamente adattata alle esigen-
ze di volta in volta individuate dal ministero: prima di tutto, occorre ricordare che le
tabelle relative alla tipologia d’intervento («azioni» A, B e C), presenti fino all’a.s.
2004-2005, sono assenti nei progetti dell’a.s. 2008-2009; mentre tali informazioni sono
obbligatorie per le prime due annate (ed inevitabilmente contribuiscono a delineare
meglio le finalità del progetto e ad assegnare i punteggi per le variabili di Focus), esse
sono sistematicamente assenti nei progetti dell’ultima annata (a.s. 2008-2009), affidan-
do perciò la valutazione del Focus agli altri indicatori considerati (spesso espressi
all’interno del testo di descrizione del progetto, in modi non sempre chiari o univoci).
Il confronto tra le tre annate mostra risultati particolarmente interessanti per quanto
riguarda il focus del progetto: come illustrato dai grafici seguenti (Fig. 4a e 4b), si assi-
ste ad un graduale aumento dell’attenzione verso questioni culturali a scapito della con-
centrazione sulla lingua minoritaria e all’adozione di strategie di tutela dirette e concre-
tamente focalizzate sulla sua tutela. In particolare, il grafico a destra mostra con chia-
rezza la netta riduzione di iniziative interessate all’introduzione della lingua minorita-
ria come lingua veicolare a vantaggio non solo dell’insegnamento formale della lingua,
ma anche di attività supplementari, spesso opzionali o poco dirette alla reale implemen-
tazione della competenza linguistica nelle nuove generazioni.
Analisi dei Progetti | 141 |
Grafico 4: Focus dei progetti per anno scolastico
Punteggi Medi (a) (b) (c) (d) (e) (f) (g)
a. s. 2001-2002 2,83 2,33 1,24 0,31 1,38 1,13 0,78
a. s. 2004-2005 1,59 1,63 1,53 0,53 1,12 1,88 1,71
a. s. 2008-2009 0,73 2,05 2,30 0,66 1,23 1,52 1,51
Legenda:
(a) Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l'insegnamento
(b) Insegnamento formale della lingua minoritaria
(c) Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua
(d) Focus sulla tradizione letteraria in lingua minoritaria
(e) Focus su canti e danze popolari
(f) Focus su folclore e recupero di tradizioni locali
(g) Focus su rievocazione storica, identità etnica e culturale
Tabella 36: Punteggi medi sulle variabili «Focus» (sezione 5) divisi per anno scolastico
È questo un dato peculiare, considerando che, in linea teorica, l’introduzione della
lingua minoritaria come lingua veicolare rappresenta un passaggio importante – ancor-
ché non facilmente raggiungibile in tutti i contesti di minoranza – e che, una volta rag-
giunto, dovrebbe portare ad un graduale incremento della diffusione della lingua mino-
ritaria come lingua di interazione. Ci si aspetterebbe di conseguenza il contrario, ossia
una prima fase in cui, per mancanza di mezzi e esperienza (ma anche perché questo si
immagina che la comunità voglia), ci si concentra sull’aspetto identitario e culturale; col
| 142 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
passare del tempo, idealmente, ci si dovrebbe sempre più concentrare su questioni di lin-
gua. In verità non è invece infrequente, e sarà discusso nella sezione relativa all’analisi
dei focus group, che si parta con «ottimismo» nelle proposte del primo anno, ma che
questa partenza si scontri con più di una difficoltà oggettiva (tipicamente la mancanza di
competenze e materiali e l’atteggiamento non sempre favorevole dei genitori nei con-
fronti della lingua in quanto tale); in questi casi un ripiegamento, per così dire, verso
temi culturali e identitari è non solo naturale, ma talora l’unica opzione possibile 70.
Si evidenzia dunque qui, oltre a una caratteristica importante della legge 482/99 che
riprenderemo, il «mimetismo» nei confronti del territorio, un problema con cui più di
una scuola è confrontata: com’è facilmente intuibile, un progetto incentrato su attività
di animazione, laboratori teatrali o altre attività a carattere prevalentemente o quasi
esclusivamente ricreativo richiede un minore sforzo in termini di risorse e formazione
e incontra spesso l’adesione più pronta di ragazzi e genitori. Tuttavia i risultati prodot-
ti – e ciò, come vedremo, è noto alla maggior parte del corpo docente – difficilmente
equiparano quelli dell’introduzione della lingua minoritaria come lingua veicolare per
l’insegnamento delle discipline curricolari. Innanzitutto perché proprio l’uso veicolare
del codice di minoranza permette di modificarne lo status e di produrre atteggiamenti
linguistici positivi; inoltre, proprio la natura di queste attività non garantisce un coin-
volgimento strutturale della lingua minoritaria all’interno dell’iniziativa proposta, che
tende invece ad assumere un ruolo marginale rispetto agli elementi culturali (spesso fol-
cloristici e legati alla tradizione) su cui questo tipo di progetti si concentra. Se questo
tipo di intervento può risultare una scelta obbligata in contesti minoritari particolarmen-
te a rischio (come le isole linguistiche in fase di forte decadenza linguistica), non può
ovviamente avere effetti veramente significativi in contesti in cui la lingua di minoran-
za ha bisogno di estendere il numero di parlanti (tramite strategie di acquisition plan-
ning) e guadagnare nuovi domini d’uso, nel tentativo di raggiungere un qualche equili-
brio nel rapporto diglottico/dilalico con l’italiano.
È importante considerare che, anche se nel seguito della trattazione parleremo di
strategie (e dunque di progetti) potenzialmente migliori o più adatti, questo è valido su
un piano generale, e deve essere preso come una sorta di modello comune cui tendere,
nella linea generale del progetto, che vuole superare le indubbie differenze fra una
minoranza e l’altra nella proposta di attività o linee di tendenza idealmente validi per
ogni situazione – avendo in ciò presente le condizioni reali di indirizzo e intervento del
MIUR. Chiaramente però le diverse situazioni locali fanno sì che, talora, anche attività
o orientamenti che sono qui presentati come poco efficaci siano nei fatti la migliore
strategia particolare, nel luogo in cui si attua, nel tempo presente, alle condizioni che si
presentano, e purché sia transitoria. In ogni caso da questo confronto sembra evidente
un processo comune, che parte dal primo anno di attuazione della Legge 482; se per
l’a.s. 2004-2005 abbiamo ancora una situazione di equilibrio tra le tre strategie che inte-
ressano direttamente la lingua minoritaria, durante l’a.s. 2008-2009 questa tendenza si
accentua producendo un ribaltamento della situazione del 2001-2002.
70
In pochissime realtà ha anche potuto verificarsi una qualche forma di scelta di comodo.
Analisi dei Progetti | 143 |
Correlazioni tra le variabili sul focus del progetto
Tramite adeguate procedure statistiche, è possibile misurare il grado di correlazione
tra i punteggi ottenuti dai progetti nelle singole sottovoci. Gli indici di correlazione sta-
tistica servono a verificare se due o più variabili (risposte a domande diverse, valori
relativi ad aspetti diversi dello stesso soggetto esaminato) sono collegate tra loro in
modo significativo; ovvero, se la corrispondenza o vicinanza di valori tra le variabili
considerate è abbastanza elevata da far pensare che dipendano l’una dall’altra o se,
invece, tali corrispondenze non sono sufficientemente frequenti da permettere di esclu-
dere che si tratti di pura coincidenza.
Ad esempio, ci sarà sicuramente una forte correlazione tra regione e lingua minori-
taria: il friulano sarà sempre associato alla regione Friuli Venezia Giulia, così come il
sardo alla Sardegna e il croato in Molise; il francoprovenzale sarà sempre associato al
Piemonte, alla Valle d’Aosta o alla Puglia e l’occitano quasi sempre al Piemonte (con
l’eccezione di Guardia Piemontese in Calabria); l’arbëresh, invece, mostrerà una corre-
lazione meno forte, distribuendosi tra Basilicata, Calabria, Molise, Puglia e Sicilia. In
questo caso, vi è una correlazione statistica molto forte, non giustificabile come frutto
di casualità. Ovviamente, il calcolo della correlazione statistica ha senso solo in casi
meno ovvi di questo.
I due valori da tener presente nel calcolo delle correlazioni statistiche sono il grado
di significatività e il coefficiente di correlazione. Il grado di significatività permette di
stabilire, in base a dei valori soglia, se la correlazione tra le variabili è attribuibile al caso
(si parla quindi di “errore statistico”) o se è sufficientemente forte da non essere giusti-
ficabile come mera coincidenza; più il valore è basso, maggiore è la significatività. Ad
esempio, se l’indice di significatività (solitamente indicato con p) è inferiore a 0,01 (p <
0,01), questo vuole dire che, statisticamente, vi è una probabilità dell’1% che la correla-
zione tra le variabili considerate sia puramente casuale; vi sono invece 99 possibilità su
100 che le variabili considerate siano collegate tra loro in qualche modo (l’una dipende
dall’altra, o entrambe dipendono da una terza variabile). Per le scienze sociali, la soglia
di errore massima solitamente accettata è del 5%; questo significa che le correlazioni con
grado di significatività maggiore di 0,05 non vengono considerate significative; per
avere una correlazione significativa, quindi, dovremmo avere p < 0,05.
L’altro valore da tenere in considerazione è il coefficiente di correlazione. Vi sono
diversi coefficienti di correlazione, ognuno adeguato a specifiche tipologie di variabili o
di analisi. In questo caso, è stato utilizzato il Tau di Kendall, un coefficiente di correlazio-
ne non parametrico su test non seriali con variabili ordinali (adatto quindi al nostro caso).
Sul piano teorico, i valori del Tau di Kendall possono variare da -1 a +1. I valori negati-
vi fanno riferimento a correlazioni inverse: questo significa che, in presenza di valori
molto elevati nella variabile A, avremo solitamente valori molto bassi per la variabile B.
Questo è esattamente il caso delle variabili di Focus. Proviamo ad esempio a raggrup-
pare le prime tre sottovoci (Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’in-
| 144 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
segnamento, Insegnamento formale della lingua minoritaria e Attività laboratoriali con
uso funzionale della lingua) indicandone la somma con la variabile Focus su lingua, e
le restanti quattro sottovoci con Focus su cultura. Certamente, i valori in queste due
variabili saranno totalmente complementari: per assegnare un punteggio elevato su una
delle due variabili, dovremo obbligatoriamente assegnare un punteggio basso sull’altra;
al crescere di una delle due variabili decresce l’altra (se Focus su lingua ha 10, avremo
per forza 0 per Focus su lingua; se Focus su lingua ha 7, avremo per forza 3 per Focus
su cultura; infine, se avremo 5 per Focus su lingua, avremo 5 anche per Focus su cultu-
ra). In questo caso, quindi, il coefficiente di correlazione sarà molto vicino a -1.
I valori positivi indicano invece una correlazione diretta; il che significa che, per
valori elevati della variabile A, avremo solitamente valori elevati anche nella variabile
B. Ogni variabile ha un coefficiente di correlazione pari a +1 se correlata con se stessa.
Per fare un altro esempio, potremmo dire che l’immagine allo specchio ha una correla-
zione molto vicina a +1 con l’immagine originale; il negativo di una pellicola fotogra-
fica, invece, ha una correlazione molto vicina a -1 con l’immagine originale. Se, infi-
ne, non vi sono correlazioni (ad esempio, se il negativo è bruciato o lo specchio è coper-
to da un telo nero), il valore del coefficiente di correlazione sarà molto vicino allo 0.
Più i valori del coefficiente di correlazione si allontanano dallo 0, più la correlazione
tra le variabili considerate è «stretta»: i valori saranno quindi sempre più simili o quasi
identici se ci si avvicina a +1, e sempre più lontani e quasi opposti se ci si avvicina a -
1. Per poter individuare correlazioni significative tra le variabili, bisogna quindi consi-
derare entrambi questi parametri.
Nella tabella seguente vengono riportati sia i valori del Tau di Kendall (prima riga
di ogni casella) sia le soglie di significatività (seconda riga); in grassetto sono eviden-
ziate le correlazioni più «strette» e significative.
Tau di Kendall/significatività (a) (b) (c) (d) (e) (f) (g)
(a) 1,00 -,87* -,228** -,090* -0,06 -,209** -,327**
. 0,02 0,00 0,03 0,10 0,00 0,00
(b) -,087* 1,00 -,191** ,102* -,204** -,279** -0,02
0,02 . 0,00 0,01 0,00 0,00 0,62
(c) -,228** -,191** 1,00 0,01 0,03 0,01 -,082*
0,00 0,00 . 0,82 0,43 0,77 0,03
(d) -,090* ,102* 0,01 1,00 0,04 -,129** -0,00
0,03 0,01 0,82 . 0,28 0,00 0,99
(e) -0,06 -,204** 0,03 0,04 1,00 ,115** -,193**
0,10 0,00 0,43 0,28 . 0,00 0,00
(f) -,209** -,279** 0,01 -,129 ,115** 1,00 ,142**
0,00 0,00 0,77 0,00 0,00 . 0,00
Analisi dei Progetti | 145 |
(g) -,327** -0,02 -,082* -0,00 -,193** ,142** 1,00
0,00 0,62 0,03 0,99 0,00 0,00 .
Legenda:
Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento
Insegnamento formale della lingua minoritaria
Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua
Focus sulla tradizione letteraria in lingua minoritaria
Focus su canti e danze popolari
Focus su folclore e recupero di tradizioni locali
Focus su rievocazione storica, identità etnica e culturale
Tabella 37: Correlazioni statistiche tra le variabili “Focus” (Tau di Kendall)
Innanzitutto, dato che i punteggi venivano distribuiti in modo da ottenere sempre un
valore totale di 10, è evidente, dal punto di vista matematico, che tutte le sottovoci
hanno una relazione inversa con le altre; bisogna però osservare che vi sono alcune cor-
relazioni inverse più forti di altre e per questo particolarmente significative: tali corre-
lazioni permettono di mostrare come l’attenzione verso uno degli aspetti (linguistici o
culturali) sopra indicati possa essere in diretto contrasto con l’incentivazione di una o
più delle altre sottovoci. Ad esempio il primo dato che emerge dall’analisi della tab. 35
è che vi è una correlazione inversa particolarmente evidente tra Uso della lingua mino-
ritaria come lingua veicolare per l’insegnamento e Focus su rievocazione storica e
identità: ciò significa che progetti incentrati sul primo obiettivo tendono a non avere (o
ad avere in misura molto ridotta) particolare attenzione per la rievocazione storica ed il
recupero di valori identitari; e, viceversa, progetti incentrati sull’identità e la riabilita-
zione storica della minoranza tendono ad ignorare l’uso veicolare della lingua minori-
taria. Vi sono naturalmente eccezioni, con progetti che contengono (in misura diversa)
le due sottovoci; tale correlazione mostra comunque come al crescere del punteggio su
una di queste voci l’altro punteggio tenda a decrescere in maniera piuttosto regolare.
Un’altra correlazione inversa interessante è quella tra Insegnamento formale della
lingua minoritaria contro sia Focus su folclore sia, in misura, minore, Focus su canti e
danze popolari: com’è d’altronde logico, all’aumentare d’importanza e attività didatti-
che sulla lingua, diminuiscono di converso l’attenzione e le attività dedicate alla tra-
smissione degli aspetti culturali e tradizionali. Anche il focus su Uso veicolare della lin-
gua minoritaria mostra una correlazione inversa interessante con Focus su folclore;
oltre a questa, un’altra correlazione di particolare rilievo è quella con Attività laborato-
riali con uso funzionale della lingua minoritaria: questo dimostra come questo tipo di
attività venga di solito utilizzato senza che ciò comporti un’effettiva educazione in lin-
gua. Queste correlazioni sono di per sé particolarmente interessanti, ma mostreranno
risultati ancora più evidenti e stimolanti nel confronto con i valutatori sull’impatto
(sezione 6 della scheda di valutazione).
| 146 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
3.4 Obiettivi del progetto e possibile impatto sulla tutela della lingua minoritaria
Valutazione di impatto, diffusione e continuità del progetto
Come introdotto sopra, i progetti sono stati valutati anche in base al loro potenziale
impatto sulla comunità, sulla sua percezione della lingua e della cultura minoritaria e
sulla reale implementazione di forme di tutela valide e durature. Quest’impatto, ovvia-
mente, dipende anche dalle capacità dell’iniziativa proposta di autopromuoversi, di
estendersi sul territorio o diffondere i propri risultati, di riuscire a mantenere la neces-
saria continuità nel tempo e produrre risultati duraturi. Ogni progetto è stato quindi
valutato in base a 13 parametri, ognuno dei quali riceveva, indipendentemente dagli
altri, un punteggio variabile tra 0 e 2.
Non tutti i parametri rappresentano qualità che possono essere giudicate positive; o
per meglio dire, alcuni parametri (come mostrano anche le correlazioni individuate suc-
cessivamente in fase di analisi dei dati) risultano poco congruenti con altri, che invece
rappresentano indiscutibilmente qualità positive del progetto, ritenute necessarie per la
realizzazione concreta di un intervento di tutela tramite l’insegnamento scolastico effi-
cace e con un impatto positivo sulla rispettiva comunità linguistica. Ad esempio, era
prevedibile già in fase progettuale che il parametro di Lingua minoritaria considerata
come mero arricchimento culturale avesse un valore negativo, proprio in virtù del fatto
che un punteggio alto in questo parametro avrebbe rappresentato l’attribuzione, dai
parte dei proponenti, di funzione esclusivamente accessorie e non di primaria importan-
za; allo stesso modo, era ipotizzabile che il parametro Obiettivi di interesse extrascola-
stico avrebbe potuto in qualche modo contrastare con altri parametri relativi all’impat-
to del progetto nell’insegnamento scolastico e nell’offerta formativa (come ad es.
Progetti di formazione del personale).
Tutti i parametri, in ogni caso, sono stati scelti ed utilizzati in modo da rappresenta-
re qualità o strategie di impatto e diffusione specifiche, in qualche misura utili ad una
migliore efficacia del progetto in termini di tutela della lingua minoritaria, di inciden-
za sulla comunità di riferimento e sui suoi atteggiamenti linguistici, di promozione e
riutilizzo dei risultati, di produzione culturale e didattica.
Dall’analisi dei valori ottenuti su questi 13 parametri è possibile osservare una serie
di correlazioni statisticamente significative, rappresentate nel grafico seguente. I rettan-
goli rappresentano le variabili considerate (sono esclusi dal grafico Creazione di oppor-
tunità di lavoro, Capitalizzazione di beni materiali duraturi e Sbocco economico diret-
to, perché mostrano di non essere collegati agli altri e non sembrano incidere significa-
tivamente sulla struttura di relazioni qui rappresentata). I rettangoli di colore azzurro,
come si può notare, sono quelli maggiormente legati tra loro da una fitta rete di corre-
lazioni; i rettangoli in grigio (i due parametri sulle reti e quello su Obiettivi di interes-
se extrascolastico) sono invece esterni alla struttura centrale della rete, e hanno solo
relazioni incidentali (comunque interessanti) con alcuni dei parametri; il rettangolo in
Analisi dei Progetti | 147 |
rosso, infine (Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale) rap-
presenta un parametro contrapposto alla struttura di relazioni individuata (i rettangoli
in blu), che ha una relazione inversa con gli altri parametri raffigurati: all’aumentare di
Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale, tendono a dimi-
nuire i valori sulle altre variabili. Le linee indicano le correlazioni statistiche tra coppie
di parametri; lo spessore della linea indica la «strettezza» della correlazione: più è alto
il Tau di Kendall (si veda la tabella successiva), più la correlazione sarà rilevante (e la
linea sarà più spessa); ovvero, per valori del Tau più elevati e linee di relazione più
spesse nel grafico, ci sarà una maggiore corrispondenza di valori tra le variabili corre-
late. La linea in rosso rappresenta invece una correlazione inversa, ed è quella che lega
Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale con Implementa-
zione della competenza linguistica: all’aumentare dei valori della prima, i valori della
seconda tenderanno a diminuire.
Come già accennato, e come si può notare osservando il grafico, i parametri raffigu-
rati con rettangoli blu sono all’interno di una fitta rete di correlazioni che li collega
quasi tutti tra loro; ciò significa che vi è la tendenza, nei progetti esaminati, ad avere
valori o molto alti o molto bassi tra tutte le variabili: più la relazione è stretta, più que-
sti parametri tenderanno ad essere entrambi assenti o entrambi presenti, a seconda del
progetto e delle sue capacità d’impatto; per relazioni molto strette, quindi, sono più fre-
quenti situazioni in cui i parametri correlati hanno lo stesso valore o valori vicini (1 e
2 o 0 e 1) piuttosto che valori opposti (0 e 2). Al contrario, per i due parametri Lingua
minoritaria considerata come mero arricchimento culturale e Implementazione della
competenza linguistica è più facile (nel senso di più frequente) che vi siano valori oppo-
sti piuttosto che valori simili.
Riguardo ai valutatori esclusi (Creazione di opportunità di lavoro, Capitalizzazione
di beni materiali duraturi, Sbocco economico diretto), si segnala soltanto che essi
hanno delle correlazioni tra loro, benché non particolarmente forti, ma sono separati
dalla ben più importante struttura di relazioni rappresentata in figura. Come detto, i
parametri che rappresentano una più intensa cooperazione (e che quindi hanno un mag-
gior peso, a livello globale, sulla capacità di impatto e diffusione del progetto) sono
indicati con il colore blu, e sono: Produzione di materiali culturali duraturi, Diffusione
tramite media, Implementazione della competenza linguistica, Progetti di formazione
del personale, Impatto sul territorio, Intervento nella realtà locale. I due parametri
relativi ai progetti in rete (Reti tra scuole della stessa area e Reti con scuole di altre
aree) sono comunque connessi a questa struttura centrale di relazioni, ma sono in
un’area marginale; allo stesso modo, Obiettivi di interesse extrascolastico mostra di
essere in relazione solo con uno dei parametri di forte impatto (Intervento nella realtà
locale). Nella tabella 36 sono indicati i valori del coefficiente di correlazione (secondo
il Tau di Kendall).
| 148 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Figura 1: Rappresentazione delle correlazioni statisticamente significative tra i valutatori sull’impatto
Analizzando più nel dettaglio la figura 1, si può notare una forte correlazione tra
l’interesse del progetto alla Produzione di materiali culturali duraturi e l’attenzione
alla diffusione pubblica dei risultati dei progetti, in particolare tramite l’uso dei media
(Diffusione tramite media; W = 0.474, p < 0.001), nonché tra questi e la distribuzione
del progetto sul territorio (Impatto sul territorio; relazione con Produzione di materia-
li culturali duraturi: W = 0.458, p < 0.001; relazione con Diffusione tramite media: W =
0.401, p < 0.001). Questi tre elementi mostrano di essere strettamente connessi tra
loro: progetti interessati a produrre risultati tangibili e duraturi da presentare alla
comunità e diffondere nella realtà locale tenderanno ad adottare strategie di interven-
to che combinino la produzione di pubblicazioni (raccolte di poesie, libri fotografici,
cd-rom, documentari video etc.) con la loro diffusione tramite i mezzi di comunicazio-
ne locali e, ovviamente, la promozione di iniziative all’interno del territorio, costruen-
do reti di contatti, occasioni di incontro e scambi di informazioni. La variabile Impatto
sul territorio, inoltre, mostra uno stretto legame con quella di Intervento nella realtà
locale (non correlata con Produzione di materiali culturali duraturi e con una relazio-
ne non molto stretta con Diffusione tramite media): la capacità di impatto sul territo-
rio può quindi esprimersi, alternativamente al modo indicato sopra, con un intervento
più deciso e attivo nella realtà locale, attivando una maggiore interazione con la comu-
Analisi dei Progetti | 149 |
nità di parlanti, con gli enti locali, con le scuole vicine o con le altre istituzioni cultu-
rali o formative dell’area.
Tutte queste variabili hanno delle correlazioni di qualche tipo con Progetti di forma-
zione, che, prese singolarmente, non mostrano valori particolarmente elevati: la corre-
lazione con Produzione di materiali culturali duraturi è pari a W = 0.267, p < 0.001; con
Diffusione tramite media abbiamo W = 0.222, p < 0.001; con Impatto sul territorio, ? =
0.232, p < 0.001; infine, con Intervento nella realtà locale, W = 0.217, p < 0.001.
Tuttavia, tali relazioni evidenziano una rete di sinergie piuttosto fitta tra i vari aspetti
relativi all’impatto e alla diffusione del progetto, nella quale la formazione assume cer-
tamente una posizione centrale, un ruolo di non poco conto nella valutazione dell’effi-
cacia e delle potenzialità della proposta.
Infine, la variabile riguardante l’Implementazione della competenza linguistica,
ritenuta particolarmente importante già in fase di preparazione dell’analisi, mostra di
variare proporzionalmente sia con Progetti di formazione del personale (W = 0.303, p
< 0.001) che con la presenza di Produzione di materiali culturali duraturi (W = 0.288,
p < 0.001), oltre a presentare altre correlazioni di intensità minore con Intervento
nella realtà locale (W = 0,181, p < 0.001) e Impatto sul territorio (W = 0,201, p <
0.001).
In particolare, sono proprio le relazioni più forti, quelle tra Formazione, Prodotti
culturali duraturi e Implementazione della competenza linguistica ad evidenziare una
struttura di fattori cooccorrenti utili a intensificare l’efficienza potenziale del proget-
to in termini di promozione della lingua minoritaria all’interno dell’offerta didattica
della scuola: progetti concretamente interessati all’implementazione della competen-
za linguistica ricorrono frequentemente e in maniera intensiva alla formazione del
personale docente (spesso promuovendo iniziative di formazione del personale inter-
no, appoggiandosi in misura minore a docenti esterni) e all’elaborazione di prodotti
culturali riutilizzabili e duraturi con i quali capitalizzare i risultati del progetto, for-
nendo tra l’altro nuovo materiale didattico valido per gli anni successivi. Tutte que-
ste variabili mostrano quindi una fitta rete di sinergie capaci di determinare l’impat-
to e l’efficacia del progetto nella realtà di minoranza, innescando, con la loro presen-
za, meccanismi virtuosi.
| 150 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Interv. Diff. Rete Rete Compet.
Parametri Impatto Formazione Arr. cult.
locale media esterna locale ling.
Progetti di formazione 1,000 ,217** ,222** ,115** ,176** ,303** 0,069
del personale
. 0,000 0,000 0,009 0,000 0,000 0,116
Intervento nella ,217** 1,000 ,208** ,199 ,114* ,181* 0,039
realtà locale
0,000 . 0,000 0,000 0,011 0,000 0,382
Diffusione tramite ,222** ,208** 1,000 ,197** -0,053 ,151** ,097*
media
0,000 0,000 . 0,000 0,236 0,001 0,032
Rete con scuole in ,115** ,199** ,197** 1,000 ,245** ,098* -0,041
altre aree
0,009 0,000 0,000 . 0,000 0,025 0,361
Rete con scuole nella ,176** ,114* -0,053 ,245** 1,000 ,217** -,132**
stessa area
0,000 0,011 0,236 0,000 . 0,000 0,003
Implementazione della ,303** ,181** ,151** ,098* ,217** 1,000 -,263**
competenza linguistica
0,000 0,000 0,001 0,025 0,000 . 0,000
Lingua minoritaria come -0,069 0,039 ,097* -0,041 -,132** -,263** 1,000
mero arricchimento culturale
0,116 0,382 0,032 0,361 0,003 0,000 .
Obiettivi di interesse -0,012 ,288** -0,084 0,074 -0,070 -,104* ,147**
extrascolastico
0,785 0,000 0,066 0,108 0,122 0,019 0,001
Creazione di opportunità 0,047 ,145** 0,072 0,047 -0,042 0,048 -0,054
di lavoro
0,298 0,002 0,120 0,306 0,357 0,282 0,241
Capitalizzazione di beni 0,079 ,104** ,163** 0,009 -0,068 -0,018 -,180**
materiali duraturi
0,081 0,002 0,000 0,847 0,135 0,687 0,000
Sbocco economico -,092* 0,005 -0,088 -0,041 -0,004 -0,048 -,099*
diretto
0,042 0,919 0,059 0,382 0,927 0,282 0,031
Impatto sul territorio ,232** ,353** ,401** ,198** ,123** ,201** -,143**
0,000 0,000 0,000 0,000 0,006 0,000 0,002
Produzione di materiali ,267** ,133** ,474** ,109* 0,046 ,288** 0,004
culturali duraturi
0,000 0,003 0,000 0,016 0,301 0,000 0,933
Tabella 38: Parametri impatto
Analisi dei Progetti | 151 |
Opport. Capit. Sbocco Imp. Prodotti
Parametri Impatto Extrascol.
lavoro beni mat. econ. territorio cult.
Progetti di formazione -0,012 0,047 0,079 -,092* ,232** ,267**
del personale
0,785 0,298 0,081 0,042 0,000 0,000
Intervento nella ,288** ,145** ,140** 0,005 ,353** ,133**
realtà locale
0,000 0,002 0,002 0,919 0,000 0,003
Diffusione tramite -0,084 0,072 ,163** -0,088 ,401** ,474**
media
0,066 0,120 0,000 0,059 0,000 0,000
Rete con scuole in 0,074 0,047 0,009 -0,041 ,198** ,109*
altre aree
0,108 0,306 0,847 0,382 0,000 0,016
Rete con scuole nella -0,070 -0,042 -0,068 -0,004 ,123** 0,046
stessa area
0,122 0,357 0,135 0,927 0,006 0,301
Implementazione della -,104* 0,048 -0,018 -0,048 ,201** ,288
competenza linguistica
0,019 0,282 0,687 0,282 0,000 0,000
Lingua minoritaria come ,147** -0,054 -,180** -,099* -,143** 0,004
mero arricchimento culturale
0,001 0,241 0,000 0,031 0,002 0,933
Obiettivi di interesse 1,000 ,177** 0,088 ,112* -0,047 -,173**
extrascolastico
. 0,000 0,059 0,016 0,308 0,000
Creazione di opportunità ,177** 1,000 ,139** -0,011 ,091* 0,026
di lavoro
0,000 . 0,003 0,815 0,049 0,578
Capitalizzazione di beni 0,088 ,139** 1,000 ,247** ,203** ,149**
materiali duraturi
0,059 0,003 . 0,000 0,000 0,001
Sbocco economico ,112* -0,011 ,247** 1,000 0,001 0,012
diretto
0,016 0,815 0,000 . 0,975 0,789
Impatto sul territorio -0,047 ,091* ,203** 0,001 1,000 ,458**
0,308 0,049 0,000 0,975 . 0,000
Produzione di materiali -,173** 0,026 ,149** 0,012 ,458** 1,000
culturali duraturi
0,000 0,578 0,001 0,789 0,000 .
Tabella 39: Correlazioni statistiche tra le variabili «Impatto» (Tau di Kendall)
| 152 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Ad esse si aggiungono le altre variabili con correlazioni di un qualche peso solo
con alcune componenti del modello (rappresentate in grigio): la variabile Obiettivi di
interesse extrascolastico mostra una possibile deriva meno produttiva di Intervento
nella realtà locale (W = 0.288, p < 0.001), che di regola sembra condurre ad un mag-
giore impatto e una maggiore efficacia del progetto; inoltre, un valutatore particolar-
mente “sensibile” ed interessante come Implementazione della competenza linguistica
mostra una correlazione con Rete con scuole nella stessa area (W = 0.217, p < 0.001),
segnalando quindi l’importanza e l’utilità di queste collaborazioni tra istituti scolasti-
ci. Infine, la variabile Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento cul-
turale presenta una correlazione di segno negativo con Implementazione della compe-
tenza linguistica: all’aumentare della prima, la seconda tende a diminuire (W = -0.263,
p < 0.001); in presenza di progetti interessati alla concreta implementazione della
competenza linguistica da parte dei destinatari, è assente l’interpretazione della lingua
come mero arricchimento culturale. Questi risultati mostrano come alcune delle scel-
te operate in fase progettuale dai proponenti possono cooperare e risultare produttive
in termini di impatto sulla comunità locale e di diffusione dei risultati. In particolare,
la valutazione disgiunta dei 13 parametri permette di esaminare più nel dettaglio come
la proposta intende intervenire e di individuare le caratteristiche del progetto che risul-
tano, in fase di valutazione, più incisive per la buona riuscita dell’iniziativa.
Come è evidente, uno dei primi fattori da noi considerato di centrale importanza già
in fase preliminare è rappresentato dalla reale attenzione dei proponenti verso
l’Implementazione della competenza linguistica, che può dare risultati più duraturi tra-
mite un’educazione linguistica più attenta alle funzionalità comunicative del codice
minoritario e che coinvolga in modo continuativo le nuove generazioni, in particolare i
bambini della scuola dell’infanzia. La cooperazione di questo parametro con gli altri
presenti nella struttura di relazioni descritta sopra mostra un’interazione virtuosa tra
diversi elementi della proposta, utili a migliorare e potenziare il progetto e la sua effi-
cacia nel contesto minoritario. L’elevata sinergia tra Produzione di materiali culturali
duraturi, Diffusione tramite media e Impatto sul territorio sembra evidenziare come
questi tre aspetti cooperino alla produzione di risultati positivi in termini di promozio-
ne e tutela della lingua minoritaria e di diffusione del progetto, sia tramite i mezzi di
comunicazione di massa che tramite un maggior ancoraggio alla realtà locale e al terri-
torio. La produzione culturale, a sua volta, interagisce insieme alla Implementazione
della competenza linguistica e contribuisce ad estendere la validità funzionale del codi-
ce minoritario, generando inoltre atteggiamenti linguistici positivi.
Analisi dei Progetti | 153 |
Grafico 5: Valori medi dei più importanti valutatori di Impatto raggruppati per lingua minoritaria
Nel grafico precedente (Grafico 5: Valori medi dei più importanti valutatori di
Impatto raggruppati per lingua minoritaria) sono rappresentate le medie sui valutato-
ri che, in base al grafico delle correlazioni illustrato sopra, sembrano assumere un ruolo
più importante (in positivo o in negativo) nella determinazione delle caratteristiche del
progetto e delle sue potenzialità di impatto e diffusione nella comunità. Le barre rap-
presentano, da sinistra verso destra, i parametri Implementazione della competenza lin-
guistica, Progetti di formazione del personale, Produzione di materiali culturali dura-
turi, Lingua minoritaria come mero arricchimento culturale e Obiettivi di interesse
extrascolastico. I progetti sono qui raggruppati per lingua minoritaria.
Come si può notare, le proposte riguardanti francoprovenzale, grico e sardo sembra-
no più concentrate sulla Implementazione della competenza linguistica rispetto a quel-
li su occitano, arbëresh e friulano; il sardo, tuttavia, rappresenta anche la lingua mino-
ritaria che più frequentemente viene considerata come mero arricchimento culturale dai
proponenti. Anche qui emerge il problema della compensazione dei valori nel calcolo
della media, che porta a risultati incongruenti soprattutto per raggruppamenti ampi
(come quelli del sardo e del friulano): in altre parole, in presenza di alti numeri di pro-
getti, per loro natura piuttosto eterogenei, i valori di ogni variabile tendono ad appiat-
tirsi su una media, rappresentando la realtà concreta in maniera più complessa. La sem-
plice media dei valori su questi due parametri non riesce infatti a rappresentare chiara-
mente la relazione tra le variabili e la situazione sottostante, in particolare proprio in
riferimento al sardo, che mostra comportamenti anomali e non coerenti con la struttura
di relazioni precedentemente individuata. Si potrebbe ipotizzare che questa incongruen-
za sia frutto di una incoerenza interna di alcuni progetti; difatti, sembra apparire in varie
proposte una sorta di sovraestensione dell’uso veicolare della lingua minoritaria, in par-
| 154 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ticolare per l’ultimo anno scolastico, che non sembra giustificata da una reale conside-
razione del valore strumentale (a scapito di quello simbolico) del sardo da parte dei pro-
ponenti. In altre parole, per alcuni progetti riguardanti il sardo (e in particolare per quel-
li dell’a.s. 2008-2009), sembra vi sia una sorta di effetto di desiderabilità che porta le
scuole a proporre l’introduzione dell’uso veicolare della lingua, senza tuttavia crederci
veramente, ma solo in risposta ad una percepita maggiore approvazione di questo tipo
di interventi; queste scelte si rivelano poi essere una forzatura grazie all’analisi più
approfondita delle proposte, che mostrano invece una considerazione della lingua
minoritaria più come elemento accessorio o in relazione alla sua funzione simbolica,
piuttosto che all’accettazione della sua validità strumentale e comunicativa.
Tali effetti di desiderabilità e condizionamento delle proposte sono d’altronde plau-
sibili, in particolare per l’a.s. 2008-2009, che mostra una maggiore attenzione proprio
a metodi di implementazione del codice minoritario come lingua veicolare e che d’al-
tronde raccoglie i frutti delle esperienze e dei successi (in termini di finanziamenti rice-
vuti) dei precedenti anni.
Ora, sulla base di queste osservazioni, è evidente che questa rappresentazione di sin-
tesi, basata sui valori medi, non ci permette di osservare con chiarezza la tipologia dei
progetti presentati e le autovalutazioni emerse; occorre quindi costruire dei modelli di
rappresentazione più chiari per evidenziare eventuali relazioni tra autorappresentazio-
ne e tipologia di intervento.
Correlazioni tra focus del progetto e valutatori dell’impatto
Oltre a mostrare delle interessanti correlazioni tra loro, i valutatori di impatto
hanno correlazioni di una certa importanza anche con le variabili riguardanti il Focus
del progetto, queste variabili delineano una doppia contrapposizione: la prima tra Uso
della lingua minoritaria come lingua veicolare e Focus su rievocazione storica e iden-
tità e l’altra tra Insegnamento formale della lingua e trasmissione di elementi cultura-
li (Canti e danze popolari, Folclore). Queste stesse variabili mostrano correlazioni
significative coerenti anche con alcuni valutatori di impatto (rappresentate in tab. 8; in
grassetto le relazioni più importanti, mentre in rosso sono evidenziate le relazioni
inverse).
Tau di Kendall/significatività (a) (b) (c) (d) (e) (f) (g)
Progetti di formazione del personale ,172** ,138** -0,071 0,038 -0,005 -,117** -0,039
0,000 0,001 0,079 0,385 0,908 0,004 0,347
Progetti in rete con scuole nell’area ,212** 0,039 -0,046 -0,034 ,139** -0,043 -,136**
0,000 0,342 0,256 0,433 0,001 0,296 0,001
Implementazione competenza ling. ,352** ,319** -0,011 ,128** -,145** -,349** -,282**
0,000 0,000 0,777 0,003 0,000 0,000 0,000
Analisi dei Progetti | 155 |
Lingua come mero arricchimento -,398** -,108** ,154** 0,072 ,150** ,216** ,297**
cult. 0,000 0,009 0,000 0,100 0,000 0,000 0,000
Obiettivi di interesse extrascolastico -,210** -0,025 0,053 ,125** 0,025 ,131** ,157**
0,000 0,547 0,204 0,005 0,557 0,002 0,000
Produzione di mat. culturali ,131** ,155** -0,040 -0,011 -,165** -,104* -,083*
duraturi 0,002 0,000 0,333 0,801 0,000 0,013 0,049
Legenda:
Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento
Insegnamento formale della lingua minoritaria
Attività laboratoriali con uso funzionale della lingua
Focus sulla tradizione letteraria in lingua minoritaria
Focus su canti e danze popolari
Focus su folclore e recupero di tradizioni locali
Focus su rievocazione storica, identità etnica e culturale
Tabella 40: Correlazioni tra variabili sul Focus e parametri di Impatto più importanti (Tau di Kendall)
In particolare i valori di Implementazione della competenza linguistica sono corre-
lati positivamente con il focus su Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare
e, in misura lievemente minore, con Insegnamento formale della lingua; questo para-
metro ha invece correlazione negativa con Focus su folclore, Rievocazione storica e
identità e (in misura ridotta) Focus su canti e danze popolari. I valori di Lingua mino-
ritaria considerata come mero arricchimento culturale mostrano invece un andamento
esattamente opposto. Inoltre, la variabile Uso della lingua minoritaria come lingua vei-
colare è quella che mostra correlazioni più estese e rilevanti con tutti i parametri rela-
tivi all’Impatto più importanti (quelli presenti nella struttura di sinergie produttive evi-
denziata nel paragrafo precedente): l’attenzione verso la lingua minoritaria e la sua
introduzione come lingua veicolare dimostra il riconoscimento, da parte dei proponen-
ti, delle sue capacità funzionali e della sua validità per scopi comunicativi complessi.
Proposte che mostrano questo tipo di disposizione nei confronti della lingua tendono
non solo, come potrebbe essere ovvio, a considerare con maggiore attenzione la reale
implementazione della competenza linguistica nei destinatari, ma integrano nelle pro-
prie strategie di intervento anche altri fattori importanti, come progetti di formazione
del personale o reti di collaborazione con altri istituti scolastici. D’altro canto, è ovvio
che siano proprio progetti che intendono introdurre il codice minoritario come lingua
veicolare a richiedere con maggior forza la formazione del personale docente interno,
in questo modo producendo risultati duraturi che sicuramente faciliteranno lo sviluppo
di questo tipo di interventi negli anni successivi.
Sul versante opposto, invece, la maggiore attenzione verso elementi principalmente
culturali, più spiccatamente legati alla tradizione o al folclore, nonché l’ideologizzazio-
| 156 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ne della storia e dell’identità della minoranza linguistica, rischiano di ancorare codice
minoritario alla sola funzione di richiamo della cultura locale, declinata unicamente al
passato e non ritenuta adeguata al futuro: lo dimostrano le correlazioni positive con il
parametro Lingua minoritaria come mero arricchimento culturale e le correlazioni
negative con Implementazione della competenza linguistica (che evidenziano la scarsa
considerazione del codice sul piano delle sue funzioni comunicative).
Unendo queste correlazioni emerge allora una struttura di variabili contrapposte, che
vede da un lato l’attenzione all’implementazione della competenza linguistica, l’uso
veicolare e l’insegnamento formale all’interno del piano didattico della proposta e, dal
lato opposto, l’attenzione alla rievocazione storica e al valore identitario della lingua,
insieme alla sua considerazione come elemento di mero arricchimento culturale.
Figura 2: Rappresentazione della contrapposizione tra le variabili su Focus e Impatto del progetto
3.5 Impatto e implementazione della competenza linguistica
Attenzione del progetto all’implementazione della competenza linguistica
In fase di catalogazione e valutazione è stato possibile osservare come i progetti più
rivolti verso l’implementazione concreta della competenza linguistica da parte degli
alunni (con percorsi didattici completi e integrati, spesso riguardanti anche l’introduzio-
ne, quando possibile, dell’uso veicolare della lingua minoritaria fin dalla scuola dell’in-
fanzia) fossero particolarmente attenti anche alla formazione del personale docente, indi-
spensabile alla creazione di un’offerta formativa adeguata. Allo stesso tempo, un altro
elemento necessario ad una implementazione efficace delle conoscenze linguistiche è la
continuità del progetto, non di rado raggiunta tramite la produzione di materiali didatti-
ci appropriati e riutilizzabili negli anni successivi. Queste riflessioni e l’osservazione
delle correlazioni tra i valutatori dell’impatto illustrate prima hanno portato alla costru-
zione di un indice, denominato Indice di Acquisition Planning (IAP), con il quale è pos-
sibile valutare i progetti su una scala bipolare di valori rappresentanti l’attenzione e la
potenziale efficacia dell’intervento proposto per l’implementazione della competenza
linguistica e la pianificazione dell’acquisizione linguistica da parte di nuovi parlanti.
È stato chiamato in questo modo proprio perché fa riferimento ad un insieme di fat-
tori correlati con strategie di acquisition planning; lo scopo principale di questo tipo di
pianificazione linguistica è quello di incrementare il numero di parlanti, o meglio di
potenziali utenti della lingua, promuovendone l’uso ed estendendone la funzionalità.
Analisi dei Progetti | 157 |
Riprendendo le riflessioni teoriche di Strubell 1999, occorre tener presente che vi è una
relazione funzionale tra la competenza in una lingua data, il suo uso nella comunicazio-
ne e la predisposizione della comunità ad apprenderla, usarla e trasmetterla alle gene-
razioni successive: una competenza ridotta nella LM porta ad un minor uso di tale codi-
ce per la comunicazione sociale, e di conseguenza ad una riduzione funzionale signifi-
cativa; questa riduzione, oltre alla continua espansione funzionale del codice maggio-
ritario, porta ad una stigmatizzazione del codice minoritario, ritenuto non adatto ad
alcuni ambiti comunicativi. Quando il codice non viene più ritenuto valido neanche per
parlare con i figli, interrompendo così la trasmissione intergenerazionale, il processo di
decadenza linguistica è già in una fase critica, difficilmente recuperabile senza un coin-
volgimento della comunità e l’introduzione di accurate strategie di acquisition planning
rivolte innanzitutto verso le nuove generazioni. Se invece aumenta il numero di perso-
ne competenti nella LM, tende ad aumentare di conseguenza anche l’uso sociale della
lingua; con l’estensione dell’uso e delle funzioni della lingua si diffonde anche una per-
cezione di utilità della lingua; con la crescita di questa percezione di utilità, crescono di
conseguenza anche atteggiamenti linguistici positivi nei confronti della lingua, incenti-
vando inoltre l’interesse verso il suo apprendimento. Si torna così al punto iniziale:
maggiore è l’interesse ad apprendere la lingua minoritaria, maggiori saranno le possi-
bilità di incrementare il numero dei suoi parlanti.
Strategie efficaci per la promozione dell’uso della lingua minoritaria devono tener
conto di questa relazione dinamica tra competenza, uso sociale e percezione dell’uti-
lità della lingua, su cui Strubell costruisce il suo Catherine Wheel Model. D’altronde,
è soprattutto l’uso della lingua in ambiti cruciali come l’insegnamento scolastico e la
produzione culturale (prima di tutto scritta, ma anche orale) ad innescare con maggior
vigore questo circolo virtuoso; ecco quindi che intervengono positivamente sull’ac-
quisition planning l’attenzione verso la reale implementazione della competenza lin-
guistica nei destinatari (soprattutto se questi sono giovanissimi ed in età pre-adole-
scenziale, periodo nel quale l’acquisizione di una lingua è un processo più veloce e di
facile interiorizzazione), la produzione di materiali culturali duraturi (siano essi rac-
colte di poesie, racconti, documentari etc.) la presenza di progetti di formazione del
personale; ha invece effetto opposto, frenando o invertendo la rotta di questo circolo
virtuoso, la considerazione della conoscenza della lingua minoritaria come mero arric-
chimento culturale, che mette di fatto in dubbio la sua reale validità per la comunica-
zione quotidiana.
L’IAP è stato calcolato proprio alla luce di tali considerazioni, tramite la formula
riportata di seguito; esso può assumere valori che vanno da -4 (lingua come mero arric-
chimento culturale, assenza di strategie di acquisition planning efficaci) a +8 (strategie
di acquisition planning valide, con presenza di progetti di formazione e produzioni cul-
turali durature). La formula numerica per il calcolo dell’IAP è schematizzata qui sotto
(vanno ovviamente considerati i punteggi dei relativi parametri):
| 158 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
IAP = (Implementazione della competenza linguistica)2 + Progetti di formazione del perso-
nale + Prodotti culturali duraturi – (Lingua minoritaria come mero arricchimento culturale)2
Indice di Acquisition Planning (IAP) e focus del progetto
L’IAP sintetizza le correlazioni tra le più rilevanti variabili riguardanti l’impatto e ne
eredita, di conseguenza, le relazioni statistiche con altre variabili, come ad esempio quel-
le relative al Focus. Tramite quest’indice, in effetti, tali correlazioni sono rese più evi-
denti, mostrando un andamento graduale piuttosto chiaro tra le medie dei valori sulle
variabili del Focus (rappresentate sull’asse Y del grafico di che segue) raggruppate in
base al punteggio di IAP del progetto (sull’asse X del grafico). Come si può notare,
all’aumentare dell’attenzione della proposta verso l’integrazione della lingua, del suo
insegnamento o del suo uso veicolare durante le ore di lezione, corrispondono valori più
alti dell’IAP. A valori più bassi dell’indice corrisponde una maggiore concentrazione
della proposta verso elementi culturali e verso l’attenzione alla rievocazione storica e al
valore identitario della lingua. È interessante notare i valori estremi dell’indice, quello
negativo e quello positivo: il primo (IAP = -4) può essere raggiunto solo tramite un pre-
ciso ed esclusivo interesse dei proponenti all’utilizzo della lingua come mero simbolo
dell’identità minoritaria, utile solo alla rievocazione storica e culturale; i valori positivi
più elevati, invece (IAP > 4), sembrano raggiungibili solo grazie ad una decisa introdu-
zione della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento scolastico.
Grafico 6: Correlazione tra Indice di Acquisition Planning (IAP) e Focus del progetto
Da queste analisi emerge come l’introduzione di strategie di acquisition planning sia
in parte condizionata dalla situazione sociolinguistica di partenza: in aree in cui il codice
Analisi dei Progetti | 159 |
minoritario ha già una certa validità funzionale ed un accettabile grado di diffusione negli
usi linguistici della comunità, è ovvio aspettarsi che vi sia una maggiore accessibilità ed
accettabilità di proposte di introduzione della lingua minoritaria come lingua veicolare
per l’insegnamento. Al contrario, in condizioni di forte stigmatizzazione del codice mino-
ritario e di sua decadenza funzionale (con processi estremi di decadenza linguistica) o in
termini di domini d’uso, è quasi impensabile per la comunità stessa (e per i proponenti dei
progetti scolastici) introdurre l’uso veicolare della lingua minoritaria; diventa invece più
immediatamente remunerativo – e talora l’unica cosa possibile da fare – assecondare le
tendenze comunitarie, proponendo il codice minoritario come valido prevalentemente per
parlare del passato, delle tradizioni e del folclore locale, elementi questi che diventano i
fattori più rappresentativi della comunità a scapito della lingua minoritaria, considerata un
mero accessorio al patrimonio culturale della comunità alloglotta.
IAP e focus del progetto in base alla lingua minoritaria
E in effetti queste tendenze generali sono poi da rapportare con le singole realtà:
come hanno mostrato anche i focus group, ci sono contesti in cui l’introduzione della
lingua minoritaria come lingua veicolare non sarebbe possibile né produttivo, dato che,
nelle rappresentazioni della comunità, la lingua minoritaria non è considerata adatta
all’insegnamento. Il suo uso veicolare potrebbe quindi provocare reazioni negative, dal
momento che non viene riconosciuta la necessità di tale forma d’intervento (o che si
riconosce l’inadeguatezza della comunità verso l’uso scolastico della lingua). In situa-
zioni simili la strategia più adatta potrebbe essere quella della graduale introduzione
della lingua nell’insegnamento scolastico, affiancando al miglioramento delle compe-
tenze linguistiche dei destinatari la promozione dell’uso del codice minoritario in con-
testi informali e l’estensione delle sua funzioni e dei suoi domini.
In verità ci sono anche progetti in cui la promozione del codice minoritario si affian-
ca – più che collidere – alla riaffermazione dei valori identitari della comunità di mino-
ranza, dei quali la lingua della tradizione è spesso uno degli elementi centrali. La fun-
zione simbolica del codice può, in alcuni casi, essere affiancata da una promozione del
suo uso nella comunità; essa però tende a produrre risultati contrastanti, legando la lin-
gua alla tradizione, al passato, e nei casi più estremi trasformando la scelta di usare la
lingua minoritaria come una sorta di dichiarazione di appartenenza, non sempre condi-
visa soprattutto dalle nuove generazioni.
Come mostra anche il grafico successivo (grafico 7, in cui sono riportati i valori
medi di IAP e Focus per le lingue minoritarie con maggior numero di proposte analiz-
zate), le diverse comunità possono ottenere punteggi positivi sull’indice di Acquisition
Planning anche tramite scelte d’intervento diverse, integrando insegnamento formale e
attività laboratoriali con uso veicolare della lingua minoritaria (per le quali è tuttavia da
verificare l’incidenza reale dell’uso della lingua), ossia interesse per la lingua unito a
interesse per le tradizioni culturali della minoranza. In ogni caso il nodo centrale rima-
| 160 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ne la continuità del progetto nel tempo e la sua capacità di condizionare positivamente
le valutazioni della comunità nei confronti della lingua minoritaria, al punto di render-
la adatta alla trasmissione intergenerazionale e alla comunicazione.
Grafico 7: Valori medi di IAP e Focus del progetto in base alla lingua minoritaria
Dal grafico riportato sopra, ad esempio, emerge chiaramente un elevato grado di
attenzione all’insegnamento formale della lingua per il francoprovenzale, cui corri-
sponde anche un punteggio elevato (considerando che si tratta di un valore medio)
sull’Indice di Acquisition Planning. Valori più bassi, ma comunque piuttosto positivi,
sono quelli ottenuti dall’IAP nel complesso dei progetti riguardanti il ladino, l’arbëresh
ed il sardo, che infatti mostrano, benché in proporzioni diverse, una particolare atten-
zione sia per l’uso veicolare della lingua minoritaria che per il suo insegnamento for-
male; questo in ogni caso non esclude la possibilità di interessarsi degli aspetti cultura-
li della minoranza, del suo folclore o della sua storia; per i progetti relativi a queste lin-
gue minoritarie, tuttavia, tali aspetti sembrano funzionali ad una migliore integrazione
delle attività incentrate sulla lingua.
I risultati presentati nel grafico relativi al friulano mostrano invece un andamento
diverso, con un punteggio di IAP non particolarmente alto e nessuna chiara tendenza
nelle variabili di Focus; questi valori – come si diceva – sono causati innanzitutto dal-
l’elevato numero e dalla varietà di proposte sul friulano: i punteggi medi non riescono
ovviamente a rispecchiare il range di risultati possibili e mostrano quindi valori poco
significativi. Questo discorso non è ovviamente possibile per i progetti sull’occitano (in
totale 38, contro i 166 del friulano); il punteggio più basso di IAP potrebbe allora moti-
varsi con una più alta concentrazione degli obiettivi dei progetti sul folclore e sulla rie-
vocazione storica e identitaria.
Il confronto tra le annate configura grosso modo la situazione già vista sopra per il
Focus del progetto, con una tendenza globale dell’Indice di Acquisition Planning a
Analisi dei Progetti | 161 |
diminuire (pur mantenendo risultati positivi). In particolare, i dati raggruppati per lin-
gua minoritaria (Tabella 41: Valori medi di IAP per lingua minoritaria divisi per
anno.) mostrano un notevole salto di valori di IAP, spesso con un picco positivo
nell’a.s. 2004-2005 ed una forte ridiscesa per l’a.s. 2008-2009 (si vedano ad es. il croa-
to o il francoprovenzale). Il friulano mostra una diminuzione importante nell’Indice di
Acquisition Planning già dal 2004, giustificabile con l’inversione di tendenza rispetto
ai progetti del primo anno, particolarmente concentrati sull’uso veicolare della lingua
minoritaria, alcuni dei quali hanno presumibilmente incontrato resistenza, negli anni
successivi, da parte della comunità. Di fatto, comunque, dal 2004-2005 nessuna delle
comunità mostra una tendenza ad aumentare l’impatto delle strategie di acquisition
planning: l’IAP è sempre in discesa – molto evidente per il croato, il francoprovenzale
e l’arbëresh dal 2004 in poi, meno drastica per il grico, lo sloveno e il sardo. Dal punto
di vista dell’attenzione a strategie di acquisition planning (per come possono essere
considerate tramite l’IAP), il periodo migliore risulta essere, tra quelli considerati, l’a.s.
2004-2005; e non solo per i valori medi più elevati, ma anche per la già avvenuta rica-
librazione delle proposte d’intervento in base alle esperienze degli anni precedenti: nel-
l’a.s. 2001-2002, che tra l’altro mostra, a livello globale, un punteggio sull’IAP più ele-
vato, era ancora troppo presto per poter prevedere con sicurezza gli effetti delle diver-
se tipologie di intervento sulla comunità. Visto poi che la quasi totalità dei proponenti
degli anni precedenti tende a presentare nuovamente progetti negli anni successivi, è
logico pensare che proprio le proposte successive tengano conto (come sembra risulta-
re da questi dati) dei successi e dei fallimenti, dei punti deboli e dei punti forti dei pro-
getti già completati. In tal senso, i progetti dell’a.s. 2004-2005 sembrano rappresentare
un punto ottimale di incontro tra esigenze dei proponenti, esperienze pregresse e imple-
mentazione di strategie di pianificazione efficaci e adatte al contesto.
IAP (media) 2001-2002 2004-2005 2008-2009
Arbëresh 1,92 2,57 0,27
Croato -0,17 4,50 -0,50
Francese 6,00 1,00 0
Friulano 3,39 0,76 0,76
Francoprov. 1,80 5,33 2,67
Grico 3,67 3,50 2,11
Ladino 0 2,00 2,20
Occitano 1,64 1,77 1,00
Sardo 0,75 2,89 2,48
Sloveno 1,29 1,75 0,75
Totale 2,37 1,68 1,45
Tabella 41: Valori medi di IAP per lingua minoritaria divisi per anno
| 162 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Focus, impatto del progetto e destinatari
Ovviamente un ruolo fondamentale per la valutazione dell’efficacia delle strategie
di acquisition planning proposte è dato dai destinatari del progetto stesso: l’introduzio-
ne della lingua minoritaria nell’offerta didattica della scuola produce effetti maggiori se
ad essere coinvolti sono gli alunni di età più giovane; più presto viene introdotta la lin-
gua minoritaria nel curriculum scolastico, più consistente ed efficace sarà l’implemen-
tazione della competenza linguistica. La scuola dell’infanzia rappresenta il nodo prin-
cipale per l’implementazione di strategie di acquisition planning capaci di integrare la
competenza linguistica dei nuovi parlanti e supportare compiutamente la trasmissione
intergenerazionale: escludendo la lingua minoritaria dalla scuola dell’infanzia, o anche
dai primi anni della scuola primaria, si ostacola l’acquisizione del bambino e si produ-
ce una discontinuità nella costruzione della competenza linguistica e nell’identificazio-
ne nel codice minoritario. Dove è quindi presente una trasmissione intergenerazionale
del codice (benché in regressione), è di particolare importanza che le strategie di intro-
duzione dell’alloglossia nell’insegnamento scolastico coinvolgano destinatari in giova-
nissima età, in particolare scuola dell’infanzia e prime classi della scuola primaria.
Per valutare allora il coinvolgimento dei destinatari nei singoli progetti è stato cal-
colato un indice (Indice Destinatari) che tenesse conto sia della diversa importanza dei
vari livelli scolastici coinvolti sia della continuità del progetto in termini di classi con-
secutive coinvolte. L’indice permette di individuare progetti nei quali sono coinvolte
solo una o due classi sparse nella scuola secondaria di primo grado o nelle ultime clas-
si della scuola primaria, progetti che coinvolgono più classi della scuola primaria, pro-
getti che coinvolgono le prime due classi della scuola primaria (più rilevanti visto che
interessano una fase della crescita cognitiva del bambino particolarmente fertile per
l’acquisizione della competenza linguistica), progetti presenti anche nella scuola del-
l’infanzia e tutte le combinazioni possibili che riguardano più livelli di destinatari, fino
a progetti che interessano tutte le classi dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secon-
daria di primo grado.
Nei grafici seguenti (grafico 8 e grafico 9) sono illustrate le variazioni nel Focus e
nell’Impatto del progetto in base al tipo di destinatari coinvolti. Come si può notare per
quanto riguarda il Focus non sembra esservi nessuna chiara correlazione con il tipo di
destinatari coinvolti, a parte il picco su Uso veicolare che compare nei progetti riguar-
danti alunni dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola primaria. Sembra tuttavia esser-
ci una graduale diminuzione dell’attenzione alla rievocazione storica e identitaria man
mano che i progetti coinvolgono un numero di classi maggiore e livelli scolastici più
precoci (scuola dell’infanzia e prime due classi della primaria).
Analisi dei Progetti | 163 |
Grafico 8: Valori medi del Focus del progetto in base ai destinatari
Grafico 9: Valori medi dei principali valutatori di Impatto del progetto in base ai destinatari (con indica-
zione del numero di progetti per categoria, rappresentato dalle barre grigie)
I valutatori dell’Impatto, invece, sembrano mostrare un certo andamento positivo. In
particolare il parametro Implementazione della competenza linguistica tende a cresce-
re con una certa costanza in relazione al tipo di destinatari coinvolti. Diverso è l’anda-
| 164 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
mento delle altre variabili, come ad esempio Progetti di formazione del personale, che
mostra picchi verso l’alto (destinatari coinvolti: «Alunni della scuola Primaria e della
Secondaria di I grado») e verso il basso («Scuola dell’infanzia») variamente motivabi-
li71. Si può trovare al contempo una chiara motivazione per i valori incongruenti alle
categorie «classi III-V della Primaria» e «classi I-II della Primaria»: da un lato infatti il
basso numero di progetti rappresentati nella categoria (rispettivamente 12 e 10) porta
ovviamente ad un maggior condizionamento della media da parte di progetti con valori
particolarmente bassi; dall’altro lato, molto spesso i progetti che coinvolgono solo alcu-
ne classi della scuola primaria tendono ad essere incentrati su attività extrascolastiche,
non di rado opzionali e su aspetti culturali, mostrando inoltre una scarsa continuità pro-
gettuale ed una ridotta efficacia in termini di impatto sulla comunità. D’altronde, anche
il fatto di non ritenere necessario coinvolgere tutti i possibili destinatari, limitando il pro-
getto solo ad alcune classi e ad attività sporadiche e non pienamente integrate nell’offer-
ta formativa dell’istituto, in qualche modo predetermina questo tipo di risultati.
3.6 Tipologia d’intervento e azioni: i progetti dell’a.s. 2004-2005
Dati aggiuntivi per i progetti 2004-2005: le «azioni»
Come anticipato in precedenza, per i progetti dell’a.s. 2004-2005 sono stati raccolti
dei dati aggiuntivi, corrispondenti alla sezione 2 e 3 della scheda di catalogazione.
Questi dati extra fanno riferimento alle «azioni di intervento» e ad alcune informazio-
ni aggiuntive relative al personale docente coinvolto; tutti questi dati erano parte della
scheda-formulario adottata fino all’a.s. 2004-2005. In particolare le «azioni» rappresen-
tano una categorizzazione di massima della tipologia di intervento introdotta dal
Ministero nel 2001 e descritta nella Circolare n. 89/2001 nel seguente modo:
I progetti potranno prevedere l’adesione alle seguenti azioni, in conformità con
quanto previsto dalla Legge n. 482/99:
a. studio delle lingue delle minoranze da utilizzare accanto all’uso della lingua
italiana come strumento per lo svolgimento delle attività didattiche nella scuo-
la dell’infanzia e come strumento di insegnamento delle discipline previste nel
curricolo obbligatorio della scuola di base;
b. studio delle lingue delle minoranze come oggetto specifico di apprendimento
nell’ambito della quota obbligatoria riservata a ciascuna istituzione scolastica
del curricolo della scuola di base;
c. studio delle lingue e delle culture delle minoranze da inserire nell’ampliamen-
to dell’offerta formativa (orario extracurricolare) da offrire anche agli adulti.
71
Si potrebbe pensare ad un’attenzione alla formazione degli insegnanti che cresce con il livello scolasti-
co nel quale questi lavorano; tuttavia non è chiaro il perché della scarsa attenzione alla loro formazione
proprio nei progetti che coinvolgono tutte le classi elementari, e non solo alcune.
Analisi dei Progetti | 165 |
Predomina la presenza di interventi dichiarati di «Azione A», che prevedono l’uso
della lingua minoritaria nell’insegnamento delle discipline curricolari. Spesso questo
tipo d’intervento è accompagnato dalle altre azioni (oltre il 20% con azione B, oltre il
24% con azione C), cambiando anche in parte la natura del progetto. Altro tipo di inter-
vento particolarmente frequente è quello di tipo C: attività formative di vario genere in
orario extracurricolare, con eventuale coinvolgimento degli adulti; le azioni di questo
tipo sono spesso presenti in concomitanza con una delle altre due tipologie d’interven-
to (o con entrambe).
Il grafico 10 mostra la distribuzione dei progetti dell’a.s. 2004-2005 tra le varie
combinazioni possibili di azione A, B e C; sulle barre del grafico le aree di colore più
intenso indicano progetti in cui i diversi tipi di intervento sono presenti singolarmente;
le aree di colore più chiaro, invece, rappresentano progetti in cui il tipo di azione (A, B
o C, in base al colore) è presente insieme ad una delle altre due. Le tre azioni sono ordi-
nate in una scala di complessità ed efficacia crescente: al gradino più basso vi sono
azioni di tipo C, spesso extracurricolari, opzionali o riguardanti in maniera strutturale
gli aspetti della trasmissione della lingua; ad un gradino intermedio le azioni di tipo B,
nelle quali si introduce una forte componente strettamente linguistica tra le finalità prin-
cipali del progetto ma ancora non si arriva all’uso veicolare della lingua minoritaria;
infine, al gradino più alto le azioni di tipo A, attuabili in situazioni in cui alla lingua
minoritaria è già riconosciuta una certa appropriatezza funzionale necessaria al suo uso
veicolare per l’insegnamento delle discipline curricolari.
Azioni N. %
Nessuna 4 2,5
Azione C 28 17,2
Azione B 8 4,9
Azione B+C 8 4,9
Azione A 53 32,5
Azione A+C 24 14,7
Azione A+B
Azione A+B+C
Grafico 10: Azioni di intervento (a.s. 2004-2005)
Come mostrano anche la tabella e il grafico seguenti, le diverse comunità sembrano
prediligere alcune forme d’intervento, benché non in modo univoco. Nel grafico si rap-
presentano la porzione di progetti in cui sono presenti le tre tipologie d’intervento; sono
| 166 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
conteggiate all’interno di ogni porzione di barra anche i progetti con più azioni coin-
volte.
Nessuna Azione C Azione B Azione B+C Azione A Azione A+C Azione A+B Azione A+B+C
Arbëresh 4% 43% 0 9% 9% 22% 0 13%
Friulano 0 14% 5% 1% 38% 13% 21% 7%
Ladino 0 0 0 0 79% 7% 0 14%
Occitano 7% 7% 14% 14% 21% 21% 7% 7%
Sardo 0 12% 0 0 35% 29% 6% 18%
Tabella 42: Tipologie di intervento dei progetti («azioni») raggruppate in base alla lingua minoritaria
(sono riportate le lingue con più alto numero di progetti per l’a.s. 2004-2005)
Come si può vedere confrontando i dati della tabella 42, del grafico 11 della figura
e nelle figure 3 e 4, i progetti riguardanti il ladino coinvolgono sempre azioni d’inter-
vento di tipo A; i progetti sull’arbëresh, invece, mostrano una predominanza di azioni
C, mentre i progetti sul sardo coinvolgono quasi sempre azioni d’intervento A, in buona
parte in sinergia con azioni di tipo B o C. I progetti sull’occitano e sul friulano, invece,
sono piuttosto distribuiti su tutte le possibili combinazioni di intervento, con una certa
concentrazione, soprattutto per quest’ultima lingua, sulle azioni di tipo A.
Grafico 11: Scelta della tipologia di intervento (“azione”) in base alla lingua minoritaria (a.s. 2004-2005)
Analisi dei Progetti | 167 |
Figura 3: Presenza di Azione A in base alla lingua minoritaria (a.s. 2004-2005). (14bis)
Figura 4: Presenza di Azione C in base alla lingua minoritaria (a.s. 2004-2005). (14ter)
Secondo i test di correlazione statistica questa distribuzione di valori non è casuale:
c’è una correlazione significativa tra scelta del tipo di intervento e comunità minorita-
ria. In particolare, il discrimine sembra convergere verso i due poli di Azione C e
Azione A, che mostrano anch’esse degli indici di correlazione significativi rispetto alla
lingua minoritaria.
| 168 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Coefficiente di correlazione Valore Significatività
Phi (correlazione nominale) 0,969 0,000
Coefficiente V di Cramer 0,366 0,000
Num. di casi validi considerati 163
Tabella 43: Correlazione statistica tra tipologia di intervento («azioni») e lingua minoritaria (a.s. 2004-2005)
Correlazione A/lingua min. Valore Significatività Correlazione C/lingua min. Valore Significatività
Phi (correlazione nominale) 0,480 0,000 Phi (correlazione nominale) 0,429 0,002
Coefficiente V di Cramer 0,480 0,000 Coefficiente V di Cramer 0,429 0,002
N. di casi validi considerati 163 N. di casi validi considerati 163
Tabella 44: Correlazione statistica tra azioni di tipo A o C e lingua minoritaria (a.s. 2004-2005)
Ciò significa che ad una presenza di Azione A corrisponde in molti casi una assen-
za di Azione C, e viceversa; in altre parole, le singole comunità tendono a prediligere
una delle due tipologie di intervento. Non esiste invece una correlazione tra lingua
minoritaria e azione B; la scelta è piuttosto chiara e significativa tra due poli opposti di
azioni d’intervento: insegnamento con uso della lingua minoritaria per discipline in ora-
rio curricolare vs. attività opzionali in orario extracurricolare. Anche qui sembra ripro-
dursi un asse bipolare di valori che vede da un lato l’uso della lingua minoritaria come
lingua veicolare (ed il riconoscimento da parte dei proponenti della sua validità come
strumento per l’insegnamento) e dall’altro l’uso accessorio della lingua minoritaria per
convogliare poi elementi della tradizione culturale locale.
Dalle azioni agli obiettivi previsti
Oltre all’ovvia correlazione con le valutazioni sul focus, vi sono anche altre corre-
lazioni meno evidenti con alcune variabili relative all’impatto del progetto su specifici
aspetti di rilievo: a) la presenza di progetti di formazione del personale mirati, utili per
una migliore implementazione delle attività di tutela; b) la reale attenzione all’imple-
mentazione della competenza linguistica nel codice minoritario da parte dei destinatari
del progetto; c) la considerazione dell’introduzione della lingua minoritaria nelle atti-
vità scolastiche come mero arricchimento culturale; d) la presenza di obiettivi extrasco-
lastici nel progetto. Queste correlazioni, osservate per i soli progetti dell’a.s. 2004-
2005, sono utili ad integrare il quadro di osservazioni esposto in precedenza, unendo
anche la classificazione della tipologia di intervento (azioni A, B e C) al diagramma di
relazioni tra variabili osservate.
Analisi dei Progetti | 169 |
Progetti di Implementazione Lingua come mero
Azioni Obiettivi extrascolastici
formazione competenza ling. arricchim. culturale
Nessuna 0,00 0,67 0,00 0,67
Azione C 0,19 0,33 0,56 0,48
Azione B 0,33 0,78 0,22 0,00
Azione B+C 1,13 1,13 0,50 0,13
Azione A 0,48 0,63 0,46 0,24
Azione A+C 0,96 0,65 0,35 0,15
Azione A+B 0,40 0,55 0,30 0,00
Azione A+B+C 1,31 1,13 0,38 0,19
Total 0,60 0,66 0,41 0,22
Tabella 45: Valori medi sugli indicatori di Impatto principali in base al tipo di intervento («azioni») (a.s.
2004-2005)
Figura 5: Relazione tra tipologia d’intervento («azioni») e indicatori di Impatto principali (a.s. 2004-2005)
In particolare, come illustra il grafico in figura 5, i valutatori di Formazione del per-
sonale e Implementazione della competenza linguistica mostrano valori più elevati con
la presenza di interventi con azioni di tipo A e B; curiosamente, soprattutto la
Formazione del personale sembra sensibile alla presenza, affianco a queste due azioni,
di interventi di tipo C di supporto. La considerazione della Lingua minoritaria come
mero arricchimento culturale, massima nei progetti con sola azione C, diminuisce con
l’inserimento di azioni di tipo A e B. Anche la presenza di Obiettivi extrascolastici
mostra lo stesso andamento. Si contrappongono dunque due diverse classi di valori: da
| 170 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
un lato, l’attenzione alla formazione e all’acquisizione delle competenze linguistiche,
dall’altra l’attenzione alla rievocazione storica, la considerazione della lingua come
simbolo identitario o come mero arricchimento culturale. In realtà, le tre classi di varia-
bili hanno una rete di correlazioni tra loro piuttosto fitta.
Il diagramma seguente (fig. 16) è un tentativo di rappresentazione di questi rappor-
ti (lo si confronti col diagramma di relazioni globali in fig. 5): le linee nere rappresen-
tano correlazioni dirette (a valori numerici alti su una variabile corrispondono valori
numerici alti nell’altra; a valori numerici bassi di una, corrispondo valori numerici bassi
dell’altra); le linee rosse rappresentano invece relazioni inverse (quindi, a valori nume-
rici più elevati di una delle variabili corrispondono valori numerici più bassi nell’altra);
lo spessore della linea indica la forza della relazione (quanto la correlazione è stretta e
significativa; più è spessa la linea, più l’indice di correlazione è elevato, mostrando
quindi una più stretta corrispondenza dei valori delle due variabili correlate).
Figura 6: Diagramma delle relazioni tra azioni d’intervento, Focus e Impatto (a.s. 2004-2005)
Sono raggruppati (tramite le linee tratteggiate) gli insiemi di variabili con correla-
zioni più strette, tali da poter essere considerate come gruppi di fattori cooperanti tra
loro: da un lato, il focus su Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare e
Analisi dei Progetti | 171 |
Insegnamento formale della lingua (di colore azzurro), insieme, ovviamente, alle tipo-
logie di intervento corrispondenti (rispettivamente, azione A e azione B); dall’altro, le
sottovoci relative al focus su elementi culturali (Focus su folclore, Canti e danze popo-
lari e Rievocazione storica e identità, di colore verde).
La scelta di azioni di tipo C, come si può notare, ha una forte correlazione inversa
con la scelta di azioni di tipo A, confermando quanto detto nel paragrafo precedente: le
due tipologie di intervento sembrano davvero descrivere un asse polarizzato di scelte e
strategie d’intervento contrapposte. Le relazioni all’interno del gruppo composto da
Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare (per necessità di spazio abbreviato
con “Uso veicolare” nel diagramma), Insegnamento formale della lingua (“Insegna-
mento” nel diagramma) e le rispettive tipologie d’intervento (azione A e azione B)
mostrano come queste due modalità di insegnamento abbiano una funzione comple-
mentare ed un rapporto sinergico, che produce risultati migliori proprio in virtù di un
corretto equilibrio tra queste attività. Tutto questo primo gruppo, che rappresenta una
maggiore attenzione alla lingua minoritaria, si contrappone al gruppo di variabili che
fanno maggiormente riferimento alla tutela e diffusione degli aspetti culturali della
minoranza (Focus su folclore, Canti e danze popolari e Rievocazione storica e identi-
tà, di colore verde); in particolare il focus su Rievocazione storica e identità mostra di
contrapporsi fortemente all’Uso veicolare della lingua minoritaria: le due variabili
sono totalmente separate, e progetti con valori alti in una delle due avranno valori bassi
nell’altra.
Infine, alcune di queste variabili hanno un peso significativo anche su alcuni para-
metri relativi all’Impatto del progetto: sono inseriti nel grafico tre parametri particolar-
mente importanti, ovvero Implementazione della competenza linguistica (per brevità,
“Acquisizione” nel grafico), Progetti di Formazione del personale (“Formazione”) e
Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale (“Arricchimento”).
Andando nel dettaglio, il risultato più evidente è il forte impatto del focus su Uso della
lingua minoritaria come lingua veicolare sulla variabile Implementazione della compe-
tenza linguistica: vi è una correlazione molto stretta tra questi due fattori, che mostra
come progetti che considerino concretamente l’introduzione della lingua minoritaria
come lingua d’insegnamento per altre discipline possano effettivamente contribuire a
determinare una potenziale implementazione della conoscenza linguistica che arricchi-
sca la competenza comunicativa dei destinatari e non rimanga un mero arricchimento
culturale. Non è un caso che tra Implementazione della competenza linguistica e Lingua
minoritaria considerata come mero arricchimento culturale si presenti anche qui una
fortissima correlazione negativa, che segnala con maggiore evidenza la contrapposizio-
ne tra i due diversi modi di interpretare la tutela della lingua minoritaria. Allo stesso
tempo, l’Implementazione della competenza linguistica ha una relazione positiva con
Progetti di formazione del personale, altra variabile di particolare rilievo, anch’essa
influenzata positivamente dalla presenza di punteggi elevati (e quindi di maggiore
attenzione da parte dei proponenti) su Uso della lingua minoritaria come lingue veico-
| 172 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
lare; inoltre, l’intero gruppo di variabili riguardanti una maggiore attenzione verso la
lingua minoritaria (il gruppo all’interno della linea tratteggiata di sinistra) mostra rela-
zioni negative con la variabile Lingua minoritaria considerata come mero arricchimen-
to culturale.
Il gruppo di variabili con maggiore attenzione agli aspetti culturali della minoranza
(il gruppo in verde, all’interno del rettangolo tratteggiato di destra) mostra invece la
situazione inversa: influisce positivamente sulla considerazione della Lingua minorita-
ria come mero arricchimento culturale e negativamente sulla Implementazione della
competenza linguistica.
Il diagramma delle relazioni per i progetti del 2004 evidenzia ancor di più la contrap-
posizione tra variabili riferite a valori legati ai fini della concreta tutela della lingua mino-
ritaria (Uso veicolare della lingua minoritaria e Insegnamento formale della lingua mino-
ritaria, che hanno una correlazione positiva con Implementazione della competenza lin-
guistica e con Progetti di formazione del personale ed una correlazione negativa con
Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale), e variabili che
segnalano maggiore attenzione del progetto a fatti culturali o di rievocazione storica (tutte
le sottovoci del versante cultura, in particolare Rievocazione storica e identità, che sono
correlate positivamente con Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento
culturale e negativamente con Implementazione della competenza linguistica).
3.7 Le autorappresentazioni della minoranza linguistica: i progetti dell’a.s. 2004-
2005
Autorappresentazioni e analisi fattoriale
I numerosi rapporti di interrelazione (statisticamente significativi) tra le diverse
variabili fanno intravvedere una possibile struttura latente di fattori che condizionano sia
le scelte su modalità d’intervento ed estensione del progetto operate dai proponenti, sia
le successive valutazioni sulla natura e sul possibile impatto del progetto effettuate in
fase di catalogazione. La rete di interdipendenze tra scelta dell’azione d’intervento, focus
del progetto su aspetti linguistici o culturali della comunità di minoranza, strategie di
impatto e diffusione dei risultati del progetto e scelta dei destinatari permette di ipotiz-
zare la presenza di fattori scatenanti, radicati nella rappresentazione della propria iden-
tità linguistica quantomeno dei proponenti se non delle rispettive comunità. Se è così,
l’analisi di queste interdipendenze dovrebbe permetterci di estrapolare le motivazioni dei
proponenti e i loro atteggiamenti nei confronti della comunità di minoranza.
Per far ciò è stata utilizzata una procedura di statistica multivariata chiamata «ana-
lisi dei fattori» (factor analysis); più nello specifico il metodo di estrazione utilizzato è
quello della «analisi dei componenti principali», che permette di sintetizzare le correla-
zioni tra un numero elevato di variabili sintetizzandone i valori in un numero ridotto di
Analisi dei Progetti | 173 |
componenti indipendenti. Sono stati utilizzati per questa procedura di data reduction
tutti i parametri di valutazione rilevanti (le sottovoci della sezione Focus, i parametri
relativi all’impatto, la valutazione globale), escludendo le variabili più eterogenee e
discordanti col resto dei dati (Focus su letteratura e poesia, poco significativo; Attività
laboratoriali con uso funzionale della lingua minoritaria, di per sé di difficile interpre-
tazione; Sbocco economico diretto, poco utilizzato in fase di catalogazione). Da que-
st’analisi sono state escluse altre variabili, benché abbiano mostrato una certa correla-
zione, come le variabili sul tipo di azione o l’Indice Destinatari, per motivi strettamen-
te legati alla procedura statistica: queste variabili, infatti, sono categoriali e non posso-
no essere sintetizzate con una procedura di factor analysis.
Comunalità Iniziale Estrazione Comunalità Iniziale Estrazione
Uso veicolare della lingua min. 1,000 0,554 Reti con scuole nella stessa area 1,000 0,192
Insegnam. formale della lingua 1,000 0,593 Implementaz. competenza ling. 1,000 0,756
Focus su canti e danze popolari 1,000 0,396 Ling. come mero arricchim. cult. 1,000 0,489
Focus su folclore 1,000 0,412 Obiettivi extrascolastici 1,000 0,556
Rievocazione storica e identità 1,000 0,727 Creazione di opportunità di lav. 1,000 0,583
Formazione del personale 1,000 0,426 Capitalizzaz. di beni materiali 1,000 0,465
Intervento nella realtà locale 1,000 0,520 Distribuzione sul territorio 1,000 0,644
Diffusione tramite media 1,000 0,479 Prodotti culturali duraturi 1,000 0,566
Reti con scuole in altre aree 1,000 0,327 Scala di valutazione globale 1,000 0,736
Tabella 46: Comunalità tra le variabili inserite nel modello per la factor analysis (a.s. 2004-2005)
La procedura della factor analysis è una procedura statistica multivariata di esplo-
razione dei dati particolarmente complessa: l’algoritmo analizza innanzitutto le
«comunalità», ovvero le corrispondenze statistiche di partenza tra le variabili che sono
state inserite nel modello; successivamente, in base a queste comunalità individuate,
procede al calcolo di un numero ottimale di funzioni matematiche che riescano ad
assorbire e «spiegare» la maggiore quantità possibile di varianza all’interno del
modello. Grazie a questa procedura di estrazione, si individua un numero minimo di
componenti, o fattori, che sintetizzano, in un’unica variabile, le fluttuazioni e le cor-
relazioni individuate tra tutte le variabili inserite nel modello. Si potrebbe paragonare
questa procedura ad una sorta di indagine investigativa in cui le singole variabili e le
loro comunalità sono gli indizi, sulla base dei quali la factor analysis ricostruisce i
«fatti» ed individua le cause primarie, nascoste sotto la superficie dei dati, rappresen-
tate dai fattori.
| 174 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Extraction Sums of Rotation Sums of
Autovalori iniziali
Squared Loadings Squared Loadings
% % % % % %
Fattori Totale Totale Totale
varianza cumulativa varianza cumulativa varianza cumulativa
1 3,977 22,095 22,095 3,977 22,095 22,095 2,922 16,234 16,234
2 2,391 13,286 35,380 2,391 13,286 35,380 2,779 15,438 31,673
3 1,627 9,040 44,420 1,627 9,040 44,420 2,018 11,208 42,881
4 1,423 7,905 52,325 1,423 7,905 52,325 1,700 9,444 52,325
5 1,307 7,263 59,588
6 1,088 6,045 65,633
7 0,993 5,518 71,151
8 0,850 4,721 75,872
9 0,801 4,449 80,322
10 0,644 3,579 83,900
11 0,576 3,197 87,098
12 0,541 3,004 90,102
13 0,441 2,451 92,552
14 0,380 2,108 94,661
15 0,306 1,699 96,360
16 0,263 1,459 97,818
17 0,240 1,333 99,152
18 0,153 0,848 100,000
Tabella 47: Varianza sulle variabili «spiegata» dai fattori e calcolo degli autovalori per l’estrazione
Soluzione iniziale 1 2 3 4
Scala di valutazione globale -0,806 0,266
Implementazione competenza ling. 0,724 -0,448
Intervento nella realtà locale 0,603 0,390
Prodotti culturali duraturi 0,600 0,314 0,316
Formazione del personale 0,598
Distribuzione sul territorio 0,552 0,537
Uso veicolare della lingua min. 0,503 -0,391 -0,353
Lingua come mero arricchim. cult. -0,394 0,502 0,254
Capitalizzazione di beni materiali 0,358 0,481 -0,270
Diffusione tramite media 0,458 0,461
Obiettivi extrascolastici 0,416 -0,534 -0,301
Creazione di opportunità di lavoro 0,411 0,367 -0,515
Analisi dei Progetti | 175 |
Reti con scuole in altre aree 0,324 0,459
Reti con scuole nella stessa area 0,237 0,356
Rievocazione storica e identità -0,365 0,440 0,247 -0,583
Focus su canti e danze popolari 0,569
Focus su folclore -0,294 0,254 0,511
Insegnamento formale della lingua min. 0,272 -0,369 0,371 -0,496
Tabella 48: Punteggi fattoriali iniziali delle variabili sui 4 componenti («fattori») individuati (a.s. 2004-
2005)
Per far emergere con maggiore evidenza i risultati di questa procedura di riduzione
dei dati, occorre sottoporre il modello ad un’ulteriore procedura, chiamata «rotazione»,
tramite la quale il peso dei fattori sulle singole variabili viene ricalcolato fino ad otte-
nere una totale indipendenza dei fattori individuati (che diventano quindi «ortogonali»,
come gli assi X e Y di un piano cartesiano): in questo modo, nessuno dei fattori si
sovrappone agli altri ed ognuno può rappresentare una causa singola dei risultati otte-
nuti nel modello, indipendente ed autonoma.
Grafico 12: Scree Plot degli autovalori ottenuti dai componenti estratti tramite la factor analysis (a.s.
2004-2005)
La procedura di rotazione qui adottata è la procedura Varimax; l’estrazione è stata
limitata a 4 fattori, in base sia all’analisi dello Scree Plot (che mostra un salto signifi-
cativo degli autovalori in prossimità del quarto fattore estratto) sia ai risultati ottenuti
| 176 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
da una serie di prove di estrazione con numero di fattori variabile tra 3 e 6. Alla fine di
tale procedura di estrazione, vengono calcolati i punteggi fattoriali di ogni variabile su
ogni singolo fattore, escludendo quelli con valore troppo basso per poter essere signi-
ficativo. Le singole variabili vengono poi assegnate ad uno dei fattori in base a questi
punteggi, che indicano quanto i componenti individuati riescono ad assorbire e «spie-
gare» la loro varianza.
Soluzione ruotata 1 2 3 4
Distribuzione sul territorio 0,748 0,282
La tabella a sinistra mostra i risultati
Prodotti culturali duraturi 0,742 finali dell’analisi dei fattori sulle 18
Diffusione tramite media 0,646 variabili elencate nella prima colon-
na, tramite estrazione dei componen-
Formazione del personale 0,588 -0,268
ti principali e rotazione Varimax. La
Intervento nella realtà locale 0,559 0,427 prima soluzione, ottenuta tramite il
Reti con scuole in altre aree 0,425 -0,307 principio di Kaiser, individuava 6 fat-
tori. Tuttavia, gli ultimi due mostra-
Reti con scuole nella stessa area 0,376 vano un potenziale predittivo estre-
Implementaz. competenza ling. -0,770 0,336 mamente ridotto e conducevano a
Rievocazione storica e identità 0,761 0,342 particolari difficoltà interpretative.
L’estrazione è stata limitata a 4 fatto-
Uso veicolare della lingua min. 0,735 ri in seguito al confronto della com-
Scala di valutazione globale -0,472 0,692 posizione ed omogeneità dei fattori
Lingua come mero arricchim. cult. 0,615 -0,313 utilizzando varie soluzioni, da 3 a 6
fattori. I valori in tabella (chiamati
Obiettivi extrascolastici 0,735 punteggi fattoriali) indicano quanto i
Creazione di opportunità di lavoro 0,720 componenti individuati riescono ad
assorbire e «spiegare» i valori asse-
Capitalizzazione beni materiali 0,285 0,618
gnati alle singole variabili. Le varia-
Insegnamento formale della lingua -0,251 0,710 bili vengono quindi assegnate al fat-
Focus su canti e danze popolari -0,624 tore per il quale hanno il punteggio
fattoriale più elevato.
Focus sul folclore -0,603
Tabella 49: Punteggi fattoriali finali («ruotati») delle variabili sui 4 componenti, o fattori, individuati (a.s.
2004-2005)
Interpretazione dei fattori
In base alla composizione dei fattori (a quali variabili «spiega» e in che misura),
possiamo cercare di assegnare un significato ai punteggi ad essi assegnati. Partiamo dal
fattore più semplice: il fattore 3. Il fattore 3 «spiega» in misura elevata tre diversi para-
metri sull’impatto che fanno riferimento a finalità del progetto non strettamente colle-
gate alla didattica o alla valorizzazione della lingua minoritaria: Obiettivi extrascolasti-
ci fa riferimento alla presenza di finalità esterne, quali la partecipazione ad un concorso
Analisi dei Progetti | 177 |
nazionale, la collaborazione con un evento folcloristico locale etc.; con Creazione di
opportunità di lavoro, invece, si segnalano quei progetti che inseriscono tra le proprie
finalità quella di fornire ai partecipanti ulteriori competenze utili nel mondo del lavoro;
infine, Capitalizzazione di beni materiali duraturi fa riferimento alla richiesta di finan-
ziamenti per l’acquisto di beni materiali di lunga durata o per la creazione di strutture
permanenti (biblioteche scolastiche, laboratori informatici etc.). Anche in virtù della pre-
dominanza della prima variabile (che ha il punteggio fattoriale più elevato), questa com-
ponente può essere allora interpretato come «Obiettivi esterni all’ambito scolastico».
Il fattore 1, composto di ben 7 variabili, raccoglie quasi tutte le valutazioni relative
all’impatto e alla diffusione del progetto. In particolare, i punteggi positivi più elevati
riguardano l’impatto e la diffusione sul territorio, la creazione di prodotti culturali dura-
turi (quali raccolte di poesie in lingua minoritaria, pubblicazione di libri di testo, film
etc.), la diffusione tramite media, la presenza di progetti di formazione del personale e
l’intervento concreto nella realtà locale (tramite collaborazioni con enti, eventi cultura-
li già presenti etc.). Questo componente fa riferimento quindi alle capacità del proget-
to di estendersi sul territorio e di «lasciare il segno» sulla realtà locale, alla sua conti-
nuità sia nello spazio (sia all’interno che all’esterno della comunità, tramite progetti in
rete con scuole esterne) che nel tempo. Chiameremo quindi questo fattore «Capacità
d’impatto, continuità e diffusione dei risultati del progetto».
I fattori più interessanti, ed anche più difficili da interpretare, sono il fattore 2 e il
fattore 4. In particolare il fattore 2 è particolarmente importante, dato che include anche
la valutazione globale del progetto. Questo significa che è proprio questo fattore a
determinare in maggior misura la valutazione globale dell’efficacia e utilità del proget-
to in base alle potenzialità della proposta, all’adeguatezza della tipologia d’intervento e
al suo possibile impatto nella realtà minoritaria. Ora, il fattore 2 si estende su due dire-
zioni: i punteggi fattoriali negativi (Implementazione della competenza linguistica e
Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento) indicano una
correlazione inversa con il fattore, mentre quelli positivi (Rievocazione storica e iden-
tità e Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale) una correla-
zione diretta. Le variabili caratterizzanti il fattore 2 sono quindi divise ai due poli estre-
mi di una retta, rappresentata in Figura 7, che ha da un lato una maggiore attenzione
all’implementazione della competenza linguistica (con l’introduzione, tra l’altro, del-
l’uso della lingua minoritaria come lingua veicolare) e dall’altro la considerazione della
lingua come mero arricchimento culturale ed una maggiore attenzione ad aspetti cultu-
rali o, infine la concentrazione del progetto sulla rievocazione storica e sull’identità
etnico-culturale della comunità di minoranza.
| 178 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Figura 7: Rappresentazione dell’asse «Lingua come Simbolo / Lingua come Strumento» (Fattore 2) (a.s.
2004-2005)
Lungo quest’asse si distribuiscono i progetti, passando dal polo sinistro, in cui si
concentrano le proposte in cui emerge il valore strumentale della lingua minoritaria, al
polo destro, in cui invece si concentrano le proposte interessate principalmente al suo
valore simbolico e identitario.
La scala di valutazione globale, occorre qui ricordarlo, ha valori numerici più alti
per i progetti ritenuti meno efficaci e con un impatto ridotto sulla comunità, in base
all’analisi di tutti i parametri utilizzati in fase di catalogazione; i progetti ritenuti inve-
ce più efficaci ed adeguati, in virtù dell’ottenimento di punteggi più elevati sui parame-
tri di impatto e diffusione, ottengono valori numeri più bassi. I primi possono quindi
ottenere un punteggio pari a 4, mentre questi ultimi ottengono un punteggio di 1. La
scala di valutazione globale ha una correlazione diretta con il fattore 2, il che significa
che ottiene punteggi più alti man mano che ci si avvicina al polo destro, ovvero man
mano che aumenta l’attenzione al valore simbolico e identitario della lingua (rappresen-
tato dalle due variabili Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento cul-
turale e Rievocazione storica e identità).
Potremmo quindi interpretare il fattore 2 come un fattore che sintetizza le autorap-
presentazioni della comunità (espresse dalle modalità d’intervento scelte/richieste dagli
istituti scolastici proponenti e leggibili «tra le righe» delle descrizioni dei progetti) ed
il modo in cui essa valuta la lingua minoritaria; in particolare, se la comunità ritiene la
lingua valida per essere usata come strumento per l’insegnamento, utile per la trasmis-
sione intergenerazionale, come codice comunicativo, o se il codice di minoranza ha
valore principalmente in virtù del suo passato, del suo valore storico e identitario.
Questo fattore potrebbe quindi essere interpretato come un asse polarizzato «Lingua
come Simbolo / Lingua come Strumento».
Infine, anche il fattore 4 mostra punteggi elevati sia negativi che positivi; in parti-
colare contrapponendo Insegnamento formale della lingua (sul semiasse positivo) a
Focus su canti e danze popolari e Focus sul folclore (sul semiasse negativo).
Analisi dei Progetti | 179 |
Quest’ulteriore dimensione di variazione rappresenta quindi l’obiettivo della proposta
d’intervento fatta dalla scuola, permettendoci di individuare se le finalità del progetto
sono maggiormente concentrate sulla trasmissione del codice linguistico o sulla tra-
smissione delle tradizioni culturali della minoranza. Possiamo quindi denominarlo
come «Trasmissione della lingua / Trasmissione della cultura».
Lingua come Simbolo, lingua come Strumento
Come detto nel precedente paragrafo, questi quattro fattori sono totalmente ortogo-
nali, ovvero indipendenti tra loro. Potremmo quindi trovarci ad avere progetti con pun-
teggi positivi sul fattore 2 e negativi sul fattore 4, oppure positivi su entrambi i fattori,
negativi su entrambi i fattori, o infine negativi sul fattore 2 e positivi sul fattore 4.
Possiamo quindi posizionare i progetti su un piano cartesiano i cui assi sono rappresen-
tati dal fattore 2 (Lingua come Simbolo / Lingua come Strumento) e dal fattore 4
(Trasmissione della Lingua / Trasmissione della Cultura). Come mostra il grafico
seguente (Figura 8), potremmo allora avere situazioni in cui:
1. La lingua minoritaria è considerata mero simbolo identitario, collegata al passa-
to e ai valori tradizionali della comunità; si ritiene quindi indispensabile trasmet-
tere innanzitutto i valori culturali e le tradizioni popolari, piuttosto che insegna-
re la lingua (quadrante in alto a sinistra);
2. La lingua minoritaria è sì considerata simbolo identitario ma, proprio in virtù
della sua centralità nella rappresentazione dell’identità del gruppo, diventa di
vitale importanza mantenerne vive le forme linguistiche, trasmettendole anche
alle nuove generazioni (quadrante in alto a destra);
3. La lingua minoritaria è considerata uno strumento comunicativo, non fattore pre-
valentemente identitario; si considera la lingua valida per l’insegnamento e se ne
sottolinea la funzione comunicativa rispetto a quella simbolica; si ritiene quindi
importante trasmetterne le forme alle generazioni successive (quadrante in basso
a destra);
4. Si sottolinea la funzione comunicativa del codice minoritario, ritenuto altresì
valido per l’uso veicolare nell’insegnamento di altre discipline; nonostante que-
sto, si ritiene più importante trasmettere elementi della tradizione culturale piut-
tosto che insegnare la lingua in maniera formale (quadrante in basso a sinistra).
| 180 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Figura 8: Distribuzione dei progetti sul Fattore 2, «Lingua come Simbolo / Lingua come Strumento» (asse
verticale) e sul Fattore 4, «Trasmissione della Lingua / Trasmissione della Cultura» (asse orizzontale) (a.s.
2004-2005)
Come si può notare, il quarto quadrante è quello più vuoto: i progetti si concentra-
no intorno all’incrocio degli assi, disperdendosi verso gli altri tre quadranti. Il grafico
seguente (figura 9) mostra un confronto sui punteggi massimi e minimi ottenuti dalle
singole lingue minoritarie sui Fattori 2 e 4.
Analisi dei Progetti | 181 |
Figura 9: Punteggi massimi e minimi per lingua minoritaria sul Fattore 2 e sul Fattore 4 (a.s. 2004-2005)
3.8 Autorappresentazioni, impatto e valutazione del progetto
Creazione degli indici
Proprio grazie all’analisi fattoriale effettuata sui progetti 2004-2005 è stato possibi-
le approfondire l’osservazione delle autovalutazioni anche per i progetti delle altre
annate. Così l’analisi specifica sui progetti 2004-2005 ha permesso di creare una serie
di indici con i quali è possibile osservare: a) come gli istituti proponenti (che potrem-
mo considerare come «informatori autorevoli», rappresentanti illustri degli atteggia-
menti linguistici della comunità, tra l’altro coinvolti direttamente nel processo di piani-
ficazione linguistica) si rapportano con la lingua e la cultura minoritaria; b) qual è la
loro valutazione dell’alloglossia, e; c) quale tipo di intervento ritengono più opportuno.
Dunque, sulla base dei fattori individuati tramite l’analisi dei componenti ed esposti in,
sono stati creati tre indici a partire dai punteggi delle variabili coinvolte nei rispettivi
fattori:
1. INDICE DI RAPPRESENTAZIONE DELLA LINGUA (IRL): corrispondente al fattore 2 per
i progetti 2004-2005: sintetizza i punteggi di Implementazione della competenza
linguistica, Focus su uso veicolare della lingua minoritaria, Lingua minoritaria
considerata come mero arricchimento culturale e Focus su rievocazione storica
e identità; i valori positivi rappresentano una tendenza del progetto (e dei propo-
nenti) a considerare la lingua come Strumento, utile per la comunicazione quoti-
diana e valida per l’uso veicolare nell’insegnamento scolastico; la lingua non è
ancorata al passato o a specifici ambiti comunicativi, ma viene considerata adat-
ta (o potenzialmente adeguata) a trattare qualsiasi argomento. I valori negativi
mostrano al contrario una predominanza nel progetto della rappresentazione
| 182 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
della lingua come Simbolo, valore identitario legato alla tradizione, al passato,
alla cultura popolare locale; la lingua, benché non venga necessariamente dichia-
rato, è considerata adeguata a trattare solo gli argomenti tradizionali, la cultura
locale, e la predominanza della sua funzione simbolica potrebbe ostacolarne lo
sviluppo, generando forme di purismo linguistico;
2. INDICE DI TRASMISSIONE DELLA LINGUA VS. TRASMISSIONE DELLA CULTURA
(ITLC): corrispondente al fattore 4 per i progetti 2004-2005: sintetizza i valori di
Focus su insegnamento formale della lingua, Focus su canti e danze popolari e
Focus su folclore; quest’indice rappresenta sostanzialmente quanto l’attenzione
del progetto (e dei proponenti) è concentrata su aspetti linguistici o su aspetti cul-
turali della minoranza; i valori positivi indicano una maggiore concentrazione
sulla trasmissione della lingua, mentre i valori negativi indicano una maggiore
concentrazione sulla trasmissione della cultura minoritaria;
3. INDICE DI PRODUZIONE CULTURALE E FORMAZIONE (IPF): correlato con il fattore 1
per progetti 2004-2005: sintetizza i valori di Produzione di materiali culturali
duraturi, Progetti di formazione del personale e Obiettivi extrascolastici; valori
positivi elevati indicano una maggiore continuità del progetto, almeno a livello
potenziale, grazie alla presenza di progetti di formazione del personale e produ-
zione di materiali didattici o pubblicazioni di altra natura riutilizzabili negli anni
successivi.
I punteggi (numerici) su questi tre indici sono stati calcolati secondo le seguenti for-
mule:
IRL = (Implementazione della competenza linguistica)2 + Uso veicolare della lin-
gua minoritaria – (Lingua minoritaria come mero arricchimento culturale)2 –
Rievocazione storica e identità
ITLC = Insegnamento formale della lingua – Focus sul folclore – Focus su canti e
danze popolari
IPF = (Prodotti culturali duraturi)2 + (Progetti di formazione del personale)2 –
(Obiettivi extrascolastici)2
Un dato particolarmente rilevante che emerge dall’osservazione di questi indici, e
che merita di essere trattato a parte, riguarda la rappresentazione della lingua, ovvero
l’asse precedentemente descritto della Lingua come Simbolo o come Strumento. Come
mostra il grafico seguente (Fig. 10), quest’indice subisce delle forti fluttuazioni nei tre
anni scolastici considerati. Se si osserva il primo grafico a sinistra, si può notare come
la Rappresentazione della lingua, in particolare per i progetti sul friulano e sullo slove-
no, subisca una forte virata da lingua come strumento a lingua come simbolo, passan-
do da valori positivi (anche piuttosto elevati, se si considera anche l’elevato numero di
progetti sul friulano sul quale è calcolato il valore medio del grafico) a valori negativi
Analisi dei Progetti | 183 |
già nel passaggio dal 2001-2002 al 2004-2005. Quest’andamento sembra stabilizzarsi
o mostrare un leggero cambio di rotta, invece, nel confronto con l’a.s. 2008-2009.
I progetti riguardanti altre lingue minoritarie, come croato, francoprovenzale e, sep-
pur con meno vigore il sardo, mostrano invece un andamento diverso, partendo da valo-
ri piuttosto bassi (ma sempre positivi, mostrando un’attenzione maggiore, benché lieve,
per la funzione comunicativa della lingua a scapito di quella simbolica) per l’a.s. 2001-
2002 ed arrivando a valori estremamente elevati e promettenti nell’a.s. 2004-2005; di
colpo, però, i valori dell’indice di Rappresentazione della Lingua tornano a scendere (se
non a precipitare) in corrispondenza dell’ultimo anno scolastico considerato, il 2008-
2009. Come si può notare, comunque, di fatto non vi sono valori in crescita dall’a.s.
2004-2005 in poi (tranne la lieve flessione positiva dei progetti sullo sloveno); non vi è
quindi l’atteso miglioramento negli atteggiamenti linguistici nei confronti del codice
tutelato e nelle autorappresentazioni della comunità, che avrebbero invece rappresenta-
to un importante risultato per una strategia di pianificazione linguistica efficace.
Figura 10: Variazioni nella valutazione della lingua minoritaria nei tre anni scolastici considerati
È l’indice di Rappresentazione della lingua quello che subisce maggiori variazioni
nel confronto tra anni scolastici: dal grafico riportato di seguito (Figura 11) si nota
infatti come la media complessiva dei progetti passi da un valore superiore a 3 per l’a.s.
2001-2002 ad un valore vicino allo 0 per l’a.s. 2004-2005, mentre per il 2008-20009
arriva a punteggi negativi. Gli altri due indici, invece, non sembrano subire modifiche
consistenti nei tre anni considerati.
| 184 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Figura 11: Variazione nei valori medi degli indici nei tre anni scolastici considerati.
Relazione tra fattori, valutazione globale e finanziamento (progetti 2004-2005)
I risultati dell’analisi fattoriale sui progetti dell’a.s. 2004-2005 mostrano ulteriori
punti d’interesse, in particolare in relazione alla valutazione globale del progetto (per
cui cfr. sopra) e alla percentuale di finanziamento ottenuta. Nel grafico riportato qui
sotto (fig. 12) sono rappresentate le correlazioni statisticamente significative tra i fatto-
ri (individuati dalla factor analysis sui progetti 2004-2005), la valutazione globale sulla
proposta e due variabili particolarmente interessanti che riguardano i risultati ottenuti
dal progetto: la percentuale di finanziamento ottenuta e la continuità del progetto (in
termini di anni consecutivi di proposte approvate dal Ministero). Come di consueto, lo
spessore delle frecce indica la forza della relazione, le frecce nere indicano relazioni
dirette (i valori delle due variabili correlate sono simili) mentre le frecce rosse indica-
no relazioni inverse (a valori elevati in una delle due variabili correlate corrispondono
valori bassi nell’altra). All’interno della linea tratteggiata sono messi in evidenza i due
fattori che sembrano avere un peso maggiore sulla valutazione globale del progetto (fat-
tore 1 e fattore 2).
Analisi dei Progetti | 185 |
Figura 12: Relazioni tra azioni d’intervento, componenti principali (dall’analisi fattoriale sui progetti
2004-2005), valutazione globale e finanziamento.
Innanzitutto, si può notare la forte correlazione tra il Fattore 2, rappresentante l’asse
Lingua come Simbolo / Lingua come Strumento, e la valutazione globale: più i valori su
quest’asse si avvicinano al primo polo, indicando progetti che si legano strettamente alla
rappresentazione del valore simbolico della lingua a scapito della sua funzione comunica-
tiva, più il progetto tenderà ad ottenere valutazioni piuttosto “negative” in termini globali,
risultando poco efficace o adeguato alla realtà locale. Occorre ricordare che il Fattore 2 cor-
risponde approssimativamente all’Indice di Rappresentazione della lingua (IRL), calcola-
to sui progetti di tutti e tre gli anni scolastici esaminati (ma con polarità opposte: valori più
alti di IRL rappresentano progetti maggiormente concentrati sul valore strumentale della
lingua minoritaria e tendono ad ottenere valutazioni più positive, con valori vicini a 1, che
rappresenta la valutazione globale migliore in termini di efficacia potenziale del progetto).
Anche il Fattore 1 mostra una correlazione non indifferente con la valutazione glo-
bale, affiancando all’attenzione verso la funzione comunicativa della lingu le capacità
di impatto, diffusione nel territorio e produttività (in termini di materiali culturali e
didattici) tra le cause di maggior rilievo che influiscono positivamente sulla valutazio-
ne globale del progetto. Oltre ad influire sulla valutazione globale, il Fattore 1 (che cor-
risponde approssimativamente all’indice su Impatto, Produzione e Formazione calco-
lato per i progetti di tutti gli anni scolastici esaminati) ha un peso determinante anche
sulla Continuità del progetto: proposte con un buon impatto sul territorio, che interven-
gono nella realtà locale tramite progetti duraturi di formazione del personale, produzio-
ne culturale, diffusione tramite media locali o reti di collaborazioni tra istituti scolasti-
| 186 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ci tendono a durare più a lungo nel tempo e a promuovere nel corso degli anni propo-
ste qualitativamente valide, che continueranno a ricevere finanziamenti.
Bisogna aggiungere, benché sia da ritenere scontato, che la valutazione globale
influisce in modo sostanziale e imprescindibile sulle due variabili riguardanti i risulta-
ti ottenuti dal progetto: la continuità e la percentuale di finanziamento. In questo senso,
la maggiore attenzione alla funzione strumentale della lingua e la promozione di moda-
lità d’intervento con un più coerente e continuo impatto sulla comunità tendono ad
essere premiate con una maggiore continuità nel tempo dei progetti e con percentuali
di finanziamento più elevate.
Se si considerano solo i progetti dell’a.s. 2004-2005, possiamo determinare, grazie ai
punteggi fattoriali già descritti, le variabili che hanno maggiore influenza sulla valutazio-
ne globale del progetto e, di conseguenza, sui risultati effettivi ottenuti dal progetto (per-
centuale di finanziamento e continuità del progetto). In base a queste riflessioni quindi le
variabili che hanno influenza positiva sono, in ordine di importanza:
I. Implementazione della competenza linguistica;
II. Distribuzione sul territorio;
III. Produzione di materiali culturali duraturi;
IV. Uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento;
V. Diffusione tramite i media;
VI. Progetti di formazione del personale;
VII. Intervento nella realtà locale;
VIII. Reti con scuole in altre aree;
IX. Reti con scuole della stessa area.
Anche da queste analisi dunque la proprietà che ha maggior peso sulle capacità del
progetto di rappresentare una soluzione efficace, di avere un impatto determinante sulla
comunità e sui suoi atteggiamenti linguistici e di produrre una dinamica positiva nel
processo di rivitalizzazione della lingua minoritaria, risulta essere l’Implementazione
della competenza linguistica: l’intenzione attiva e concreta di trasmettere la lingua, non
mero elemento accessorio o simbolico, ma vero mezzo di comunicazione vivo e vitale,
alle nuove generazioni è l’elemento centrale per il raggiungimento di risultati ottimali
in termini di promozione del codice minoritario; al contrario, invece, la considerazione
della lingua come mero elemento di distinzione etnica, accessorio culturale utile a riaf-
fermare una diversità legata al passato, stendardo del processo di costruzione di
un’identità locale chiusa ed isolata (rappresentato dalle variabili Rievocazione storica e
identità e Lingua minoritaria considerata come mero arricchimento culturale) rappre-
senta un ostacolo al raggiungimento di risultati positivi, di promozione della lingua alle
nuove generazioni, di rivitalizzazione tramite un atteggiamento di apertura nei confron-
ti del contesto plurilingue attuale in cui la minoranza si trova a vivere.
Si contrappongono allora due concezioni della tutela delle minoranze: una legata
all’utilizzo e alla diffusione della lingua come mezzo comunicativo, conscia della situa-
Analisi dei Progetti | 187 |
zione di plurilinguismo ed operativamente più attiva, tramite la promozione di proget-
ti di formazione del personale, di interventi nella realtà locale, di ancoraggio al territo-
rio, tramite collaborazioni con altre scuole o con altri enti, oppure tramite la produzio-
ne di materiali culturali di lunga durata o la diffusione dei risultati del progetto con
l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa – volta, per dirlo in una parola, verso il
futuro; un’altra opposta, ancorata al passato, concentrata sulla costruzione di un’iden-
tità nazionale in piccolo, tramite la quale cerca di difendere le diversità culturali, innan-
zitutto, e quelle linguistiche solo in second’ordine. All’interno di questi opposti, ovvia-
mente, vi è una serie di sfumature, che deve tra l’altro confrontarsi anche con una serie
di situazioni sociolinguistiche di partenza tra le più varie.
Valutazione globale e finanziamento ottenuto
Dall’analisi dei progetti dell’a.s. 2004-2005, quindi, risulta che i due fattori princi-
pali da tenere in considerazione per valutare l’efficacia e l’orientamento complessivo
del progetto sono il fattore 1 (costituito principalmente dalle variabili Distribuzione sul
territorio, Produzione di materiali culturali duraturi e Progetti di formazione del per-
sonale) ed il fattore 2 (Rappresentazione della lingua, ovvero «Lingua come strumen-
to vs. Lingua come simbolo»). Questi due fattori sono strettamente correlati con la
valutazione globale del progetto, che a sua volta mostra una correlazione con la percen-
tuale di finanziamento ottenuto. In sostanza, quindi, i progetti più finanziati (in termini
percentuali rispetto al costo complessivo della proposta iniziale) sono quelli che
mostrano una maggiore attenzione alla funzione comunicativa della lingua ed un’atten-
zione al territorio, alla diffusione dei risultati del progetto e alla continuità.
Questa correlazione è particolarmente stretta per i progetti del 2004-2005: e mentre
la correlazione tra questi fattori, nella forma degli indici di Rappresentazione della lin-
gua (IRL) e Produzione e formazione (IPF), e la valutazione globale rimane costante
per tutti gli anni considerati (benché rappresentata da rapporti di proporzione piuttosto
diversi), lo stesso avviene solo in parte per la correlazione tra quest’ultima e la percen-
tuale di finanziamento. Si osserva inoltre una correlazione crescente fra gli indici e la
percentuale di finanziamento dei progetti per gli anni 2001-2002 e 2004-2005; in que-
sta prima fase i progetti sembrano focalizzarsi sempre più su strategie e scelte maggior-
mente adatte alla situazione locale, concentrandosi su insegnamento formale della lin-
gua o affiancando le attività sul codice minoritario ad attività culturali in base alle espe-
rienze precedenti e alle richieste sorte nel corso dei primi anni da parte della comunità.
Ovviamente, se vi sono flessioni negative in alcuni indici, esse sono determinate non
da fattori dipendenti dall’efficacia della valutazione dei progetti, quanto da occasiona-
li inversioni di tendenza operate da singole scuole proponenti.
In una seconda fase, dall’a.s. 2004-2005 in poi, sembra esserci una sorta di stabiliz-
zazione dei risultati (si veda in particolare l’indice di Produzione e Formazione, l’uni-
co che rappresenti concretamente questa tendenza avvalorando, col suo esempio, l’ana-
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lisi qui proposta); ovvero, una volta raggiunto un livello qualitativo piuttosto elevato,
sembra verificarsi un graduale adeguamento tra le aspettative connesse alle decisioni di
finanziamento e sostegno del progetto e le proposte presentate. Sempre in virtù del bias
interpretativo tra un’indagine quantitativa e l’osservazione estemporanea dei progetti in
un singolo anno (già esposto nel paragrafo «Focus del progetto in base alla lingua di
minoranza»), in questa seconda fase, nonostante vi possa essere una percezione di un
miglioramento qualitativo delle proposte, sembra piuttosto crearsi una sorta di ricali-
brazione delle stesse che, pur non ottenendo punteggi elevati a livello numerico sui
parametri qui considerati, ricevono tuttavia valutazioni positive in virtù di loro qualità
intrinseche che le rendono più adatte ai mutati contesti, alle specifiche realtà conside-
rate e nell’insieme più efficaci in virtù anche dei risultati previsti e delle esperienze
accumulate nella valutazione dei progetti degli anni precedenti.
Va anche considerato, come apparirà evidente dalla discussione dei focus group, che
negli anni le aspettative dei fruitori delle proposte, e in particolare dei genitori, sembra-
no cambiate: ad una prima fase in cui l’entusiasmo per la novità si traduceva in interes-
se per la lingua in quanto tale, subentra poi una sorta di «ripiegamento» su istanze più
propriamente folclorico-culturali, di più immediata comprensione e di minore impegno
percepito. Se quindi vi possono essere nell’ultimo anno scolastico (a.s. 2008-2009) delle
flessioni più o meno sensibili negli indici considerati, esse sono dovute ad una serie com-
binata di fattori macrostrutturali indipendenti dalla valutazione e dall’effettivo finanzia-
mento ottenuto dai progetti. Su questo punto, occorre osservare in linea preliminare che
i progetti presentati per l’a.s. 2008-2009 fanno riferimento alla circolare del 2007 con
indicazioni con le quali si cercava tuttavia di ovviare alle difficoltà purtroppo presenti
nel quadro della progettualità scolastica finanziata negli anni precedenti e di contribuire
in modo deciso ad un netto miglioramento della qualità didattica e delle potenzialità di
tutela dei progetti (ad esempio, con la proposta di introdurre metodi veicolari, inseriti
come opzione anche nella scheda-formulario, della cui importanza tutte le scuole propo-
nenti hanno avuto immediata percezione). È dal 2008, con la ricomposizione del Gruppo
di studio e la svolta determinata dalle circolari ministeriali, che viene reimpostata, dal-
l’alto, la politica relativa alla tutela scolastica delle lingue minoritarie, riportando l’ac-
cento sull’insegnamento delle lingue e nelle lingue, rivalutando l’opera dei docenti inter-
ni e considerando con maggiore spirito critico le spese legate ai progetti; ma gli eventua-
li risultati non sono ancora percepibili dalla presente inchiesta.
Tra i fattori determinanti relativi all’a.s. 2008-2009 occorre segnalare, come accennato
e come si ritroverà nei gruppi, una generale tendenza a concentrarsi sulla trasmissione della
cultura minoritaria rispetto alla didattica legata alla lingua; dato che la percentuale di pro-
getti finanziati è stata piuttosto alta, questa generale tendenza dei progetti ha ovviamente
determinato anche un corrispondente mutamento dei progetti finanziati. Oltre a questo, c’è
da aggiungere che, come segnalato anche precedentemente, si sono presentati casi di pro-
getti in cui, nonostante venisse proposto l’uso veicolare della lingua minoritaria, è risulta-
to evidente che tale proposta corrispondesse più ad un tentativo di soddisfare le aspettati-
Analisi dei Progetti | 189 |
ve del ricevente piuttosto che ad una reale necessità ed attenzione del progetto verso tale
forma di intervento: si potrebbe parlare in un certo senso di «falsi positivi», che rispecchia-
no in qualche modo il tentativo di mimetizzare progetti scolastici di altra natura richiaman-
do ad una serie di valori e parole-chiave percepite dai proponenti come sensibili ed effica-
ci, valide innanzitutto per ottenere finanziamenti. In questo discorso si può introdurre
anche un ulteriore esempio per l’a.s. 2008-2009: sono presenti in varie occasioni progetti
che segnalano di utilizzare il metodo CLIL senza tuttavia proporre attività di insegnamen-
to con uso della lingua minoritaria. Questa condizione paradossale è un segnale evidente
di come la percezione da parte dei proponenti di criteri di valutazione univoci possa por-
tare ad una distorsione della realtà rappresentata dalle proposte, che non rispettano piena-
mente le esigenze e le aspettative della comunità in cui dovrebbero operare.
Ovviamente, essendo la valutazione dei progetti basata su chiari criteri di analisi e pre-
visione dei risultati e delle finalità ultime delle proposte, sono proprio questi progetti quel-
li che più frequentemente sono stati esclusi dal finanziamento o hanno ricevuto percen-
tuali di finanziamento più basse. Ciò giustifica a priori la riscontrata idiosincratica incon-
gruenza tra percentuale di finanziamento e indici. Da una visione comparativa dei tre anni
considerati si può notare come questi valori subiscano una variazione nel corso del tempo;
innanzitutto, l’indice di Rappresentazione della lingua sembra subire un capovolgimen-
to, dato ovviamente da un riadattamento dei contenuti delle proposte o da un cambio di
orientamento da parte dei proponenti, partendo da valori positivi nel primo anno a valori
piuttosto bassi nell’ultimo. D’altronde, questo risultato potrebbe esser frutto di un’inizia-
le inadeguatezza di proposte incentrate sull’introduzione della lingua veicolare nell’inse-
gnamento in contesti in cui gli atteggiamenti linguistici verso la lingua minoritaria anco-
ra non permettono di vedere positivamente un intervento di tale portata. Se il codice di
minoranza non ha ancora raggiunto, nelle autorappresentazioni della comunità e negli usi
linguistici dei suoi parlanti, una sufficiente ampiezza funzionale, la sua introduzione nel-
l’insegnamento scolastico potrebbe essere percepita come una forzatura, nonché un osta-
colo verso l’ottenimento di competenze linguistiche ritenute più importanti: quelle della
lingua di maggioranza e, affianco ad essa, dell’inglese.
3.9 Analisi qualitative ed osservazioni sui progetti catalogati
In questa sezione vengono raccolte analisi specifiche di singoli casi ritenuti di par-
ticolare rilievo o interesse, per le loro caratteristiche – positive, ma anche per talune
negative. È parso in effetti opportuno – e coerente con l’impianto generale del proget-
to, che affianca le metodologie acciocché l’una illumini l’altra – integrare le informa-
zioni quantitative esposte in precedenza con osservazioni qualitative che permettessero
di cogliere più da vicino la realtà analizzata, così da rendere non solo più trasparente il
lavoro di catalogazione effettuato ma anche più comprensibili e «spendibili» i risultati
dell’analisi quantitativa.
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Sono perciò qui discusse osservazioni su singoli progetti, o gruppi di progetti realiz-
zati tramite accordi di rete tra più istituzioni scolastiche. Naturalmente le considerazio-
ni che faremo di seguito sono da intendere come supporto ed esemplificazione del lavo-
ro svolto sui materiali di partenza per valutarne i contenuti, gli obiettivi e le capacità di
impatto sulla comunità, nell’ottica di quella sorta di «valutazione non valutativa» cui si
accennava sopra.
Le reti «Sentieri»
La rete Sentieri, tuttora uno dei progetti più attivi ed estesi in ambito scolastico
riguardanti la Legge 482, mostra già un notevole vigore a livello di numero di propo-
ste nell’a.s. 2001-2002, primo anno di applicazione della nuova forma di tutela. Le
scuole partecipanti all’accordo di rete (tra le quali sono presenti gli istituti comprensi-
vi di Tarcento, Paluzza, Ampezzo e i circoli didattici di Moggio Udinese e Tarvisio,
oltre ad altri istituti scolastici dell’area) presentano numerosi progetti già a partire dal
primo anno. La rete comprende 11 istituti appartenenti alle minoranze «friulana, resia-
na, slovena, tedesca, ladina, plodarisch, saurana e timavese» (per il friulano sono prese
in considerazione anche alcune sue varianti locali, in particolare della Carnia). Per con-
cretizzare le comuni finalità si sono concordati i criteri di utilizzo dei finanziamenti
assegnati per i seguenti interventi:
• Aggiornamento docenti
• Utilizzo di insegnanti madrelingua
• Utilizzo di esperti esterni
• Documentazione delle attività svolte
• Incontri, scambi di esperienze tra le classi e i docenti
• Produzione di materiali trasferibili
• Messa in rete sul sito «www.retesentieri.org» di percorsi educativo didattici specifici.
• Acquisto di materiali
La scuola capofila è quella di Tarvisio. I progetti del primo anno sono purtroppo pre-
sentati in maniera non molto chiara, spesso adattando la scheda formulario alle esigen-
ze specifiche delle proposte e non chiarendo puntualmente le classi coinvolte o se i sin-
goli progetti siano estesi a più istituti. Solo il paese di San Pietro al Natisone presenta
ben sei progetti, alcuni dei quali con spunti interessanti. In generale i progetti sono più
focalizzati sulla cultura, anche se in molti c’è, almeno a livello di proposta, l’intenzio-
ne di far apprendere la competenza scritta; tuttavia nei progetti delle singole sedi non è
chiaro quale tipo di collegamento si vuole trovare con le altre scuole della rete.
L’implementazione concreta dell’uso della lingua minoritaria nella comunità non sem-
bra, almeno nel primo anno di attuazione, uno degli obiettivi principali considerati dai
proponenti. Ma già dall’a.s. 2004-2005, comunque, la qualità dei progetti migliora
decisamente, e questi si spostano più verso l’area linguistica; vengono inoltre esposte
Analisi dei Progetti | 191 |
con maggiore chiarezza le linee-guida della rete e il ruolo dei singoli interventi propo-
sti dai diversi istituti coinvolti. La rete si estende, rimanendo comunque concentrata
nell’area di Udine.
È particolarmente interessante qui mettere a confronto l’immagine della rete che si
ricava dall’analisi delle domande di finanziamento e quella presente nel vissuto
soprattutto degli insegnanti (ma anche dei dirigenti scolastici), per come emerge dai
colloqui e dai gruppi. Vista dall’osservatorio delle scuole locali, in effetti, la valutazio-
ne della rete Sentieri è molto positiva: lavorare in rete, in quella rete, è un buon modo
per ottimizzare i tempi di attuazione e la logistica dei progetti: gestiti da un’unica sede,
liberano le altre dal lavoro amministrativo e lasciano più spazio per concentrarsi sulla
didattica.
E tuttavia il pregio maggiore della rete risiede altrove: in mancanza di un reale coor-
dinamento centrale (o di una direzione) della scuola del Friuli, in particolare montano
– come per esempio accade con quella ladina, una rete così estesa e capillare fa sì che
i progetti possano essere portati avanti in maniera uniforme, dando agli insegnanti la
sensazione di essere in un certo senso aiutati e protetti: la rete Sentieri rafforza senti-
mento di identità territoriale delle scuole coinvolte, dando loro il senso e la coscienza
di lavorare insieme e nel contempo spostando verso l’alto (e dunque versi l’uniformità
e la «naturalità» delle decisioni pedagogiche prese) il processo decisionale. La rete è
insomma, pur con problemi di autorevolezza della sede (la scuola di Tarvisio è una
sorta di prima inter pares, non un vero organo sovrastante di coordinamento) un tenta-
tivo di surrogato di una sorta di «provveditorato generale delle scuole carniche».
«Le piccole stelle del Carro Minore» e la susseguente rete «Lullabies»
Un’altra rete particolarmente longeva è la rete «Lullabies», attiva fino all’a.s. 2008-
2009 che nel primo anno di applicazione compariva in versione ristretta sotto il nome
di «Le piccole stelle del Carro Minore». Questa rete nell’a.s. 2001-2002 comprendeva
sei progetti sulle seguenti minoranze linguistiche: walser, friulano, albanese e grico, per
un totale di 6 istituti, dei quali il capofila è la direzione didattica di Codroipo. Il corpo
del progetto è diviso in 4 sub-progetti, uno per ciascuna area linguistica, e pur in una
certa eterogeneità dei contenuti si rileva un tema comune, quello dell’ambiente.
L’introduzione ci offre una cornice generale, delineando attività, obiettivi comuni e
«condizioni» per far parte della rete: quanto tali disposizioni vengano rispettate, nelle
realtà locali, è tuttavia una questione piuttosto controversa. I progetti sembrano infatti
completamente indipendenti dal corpo comune della rete. Di seguito gli obiettivi con-
divisi, espressi nell’introduzione:
• Mettere in rete i docenti e le scuole per lo scambio del Piano di offerta formati-
va dei piani di studio e delle programmazioni metodologico-didattiche previste
nelle attività di educazione linguistica. È previsto un forum telematico di discus-
sione tra docenti.
| 192 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• Favorire circolazione e scambio dei lavori prodotti dagli alunni (ipertesti, ricer-
che, storie cooperative), possibilmente redatti in «lingua nazionale», L2 (lingua
straniera) e LM (lingua di minoranza).
• La circolazione di progetti, schede di lavoro, descrizioni metodologiche e didattiche.
• Il coinvolgimento degli organi di informazione locale.
• Creare occasioni per la formazione dei docenti. Qui però l’unica attività concre-
tamente proposta è il Seminario per dirigenti e docenti che si terrà presso la
minoranza grica della Puglia.
• La progettazione comune di segmenti dell’attività inerenti lo studio e l’utilizza-
zione della lingua delle minoranze.
• Consentire la massima libertà di progettazione di ciascuna scuola.
• La scelta di effettuare esperienze di educazione plurilingue, applicando il meto-
do contrastivo. L’intento della rete «Le piccole stelle del Carro Minore» era quel-
lo di creare uno scambio di comunicazioni tra le differenti comunità linguistiche,
che mettesse in comune i percorsi pedagogici e disciplinari e le competenze rag-
giunte.
L’organizzazione della rete si fonda sulla seguente struttura:
• La scuola capofila raccoglie la documentazione, avvia le domande e gestisce le
risorse assegnate alla rete.
• Esiste un gruppo di coordinamento nazionale, formato dai dirigenti scolastici
delle scuole partecipanti e da almeno un docente di riferimento per ogni ordine
di scuola.
• Ci si avvale della collaborazione di Università e di associazioni nazionali ed
internazionali.
I vincoli espressi sono relativi agli obiettivi sopra definiti:
• Far circolare le produzioni didattiche.
• Scambiare i materiali in LM.
• Partecipare alla formazione/riflessione comune sugli sviluppi della sperimenta-
zione.
In realtà questa «volontà di interscambio» non appare, dai progetti dei primi anni, pie-
namente evidente e sviluppata: ogni progetto applica a propria discrezione le tre tipologie
di intervento proposte dal Ministero (le «azioni» A, B e C) e non sembra esserci una chia-
ra comunione di intenti a livello didattico. Un unico progetto, quello di Castrignano de’
Greci, sembra realmente improntato verso l’insegnamento della lingua minoritaria, e
comprende corsi per ragazzi e per adulti; anche il progetto di Frascineto contiene degli
spunti interessanti (un congruo numero di ore dedicate alla lingua di minoranza, scambi
con l’Albania), mentre i restanti quattro progetti non si focalizzano sulla lingua quanto
piuttosto sulla cultura. Analizzando però i tre progetti friulani della rete «Le piccole stel-
Analisi dei Progetti | 193 |
le del Carro Minore» emergono alcune caratteristiche comuni, che vedremo fra poco esse-
re caratteristiche in generale dei progatti presentati dal Friuli: innanzitutto, in due proget-
ti su tre, c’è un forte richiamo al multiculturalismo, nell’accezione «plurilinguista» sug-
gerita dalle linee generali della rete. In secondo luogo è evidenziato l’utilizzo dell’auspi-
cato metodo contrastivo, che prevede anche un confronto con la lingua italiana (la dire-
zione didattica di Codroipo propone un confronto anche con l’inglese, le scuole medie di
Codroipo estendono il metodo a tedesco, francese e inglese).
Merita però di essere analizzata la scelta di costituire una rete tra comunità molto
distanti tra loro, non solo a livello geografico ma anche linguistico; in verità quello che
maggiormente potrebbe accomunare le quattro comunità è la situazione sociolinguistica,
che mostra alcuni aspetti comuni: si tratta di aree piuttosto ristrette, linguisticamente iso-
late, che subiscono ancor di più la pressione della lingua dominante (aspetto che facilita
processi di sostituzione e morte di lingua). Con una maggiore integrazione, a livello di
proposta didattica come di collaborazione attiva tra le diverse comunità, questo tipo di
accordi di rete potrebbe rappresentare un momento di confronto interessante per le allo-
glossie più deboli ed isolate; tuttavia la presenza di realtà così eterogenee e di distanze –
anche geografiche – così elevate potrebbe porre qualche problema di effettiva collabora-
zione e fattitività al di là delle buone intenzioni iniziali: ma torneremo su questo proble-
ma, sia in sede di discussione dei focus group, sia di considerazioni finali.
Negli anni successivi il progetto cambia nome in «Lullabies», continuando la colla-
borazione tra istituti scolastici di aree diverse e coinvolgendo man mano sempre più
scuole, che si appoggiano alla rete per promuovere iniziative in cooperazione con le
altre. Il progetto si interessa sempre più a strategie di cooperative learning e al confron-
to tra le singole comunità di minoranza coinvolte, ma anche con le diverse lingue euro-
pee, aprendosi ad una prospettiva più internazionale. Tra gli obiettivi si inserisce anche
quello della creazione di un archivio multimediale di materiali riguardanti la lingua e la
cultura delle minoranze; sono privilegiate attività di animazione e drammatizzazione e
ad attività grafico-pittoriche, mentre aspetti culturali, in particolare della tradizione let-
teraria, delle leggende e della trasmissione orale, si integrano, nei progetti più recenti,
con l’introduzione dell’insegnamento della lingua minoritaria, sulla quale rimane foca-
lizzata l’attenzione di tutto il progetto di rete.
Progetti dell’a.s. 2004-2005 a confronto: un carotaggio su Piemonte e Friuli-
Venezia Giulia
Per l’a.s. 2004-2005 è stato possibile raggruppare i progetti di alcune Regioni che
mostrassero una certa compattezza nel tipo di proposta o nelle autorappresentazioni
della lingua minoritaria. Particolarmente interessante, innanzitutto per il numero di pro-
poste presentate, è l’analisi dei progetti provenienti dalla regione del Friuli-Venezia
Giulia, sia per la presenza di progetti in rete di notevole interesse (come la rete
«Sentieri») che per la notevole varietà di obiettivi e finalità proposte. Prima di questa,
| 194 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
verrà presentata l’analisi dei progetti della regione Piemonte, che mostrano anch’essi
numerosi aspetti interessanti per la discussione e risultano particolarmente utili nel con-
fronto con i progetti friulani.
Piemonte: Cultura
Nella maggior parte dei progetti risulta centrale il recupero delle «radici culturali»,
e che cosa s’intenda per «radici culturali» è evidentemente ragione d’interesse. Qualche
indizio sulla natura delle rappresentazioni della lingua e della minoranza che soggiac-
ciono al sintagma ce lo fornisce già solo la sua immediata scomposizione: come cer-
cheremo di mostrare, le «radici» esprimono un richiamo identitario, e la «cultura» –
lungi dall’essere un generico contenitore – esprime i referenti di tale radicamento.
L’operazione si svolge in questo modo: si attiva anzitutto una prima connessione tra i
termini ‘cultura’ e ‘tradizione’, e le tradizioni vengono poi declinate lungo due assi, uno
temporale (dicacronico: non ci sono più tradizioni, usi e costumi di una volta) e l’altro
spaziale (diatopico: noi abbiamo tradizioni e usi diversi dai nostri vicini). Fra i due assi
c’è ovviamente una forte relazione, che crea un legame tra presente e passato e tra qui
e altrove; e lo scivolamento dalla ‘cultura’ alle ‘tradizioni’ è genericamente indice di un
interesse diacronico o localistico. Poi si punta l’interesse sull’uno o sull’altro; tale inter-
pretazione in chiave diacronica è più volte confermata da espliciti riferimenti:
• «Guardare indietro per andare avanti» (Titolo del progetto, Dronero 2004).
• «far riaffiorare la conoscenza del passato» seguito dall’affermazione «recupera-
re le tradizioni, la cultura locale» (Obiettivo del progetto, Dronero 2001).
• «studio e ricerca delle tradizioni culturali, sociale e economiche della vita del
passato nel nostro ambiente di alta montagna, per recuperare in chiave positiva i
valori ancora presenti» e «recuperare un passato spesso considerato superato e da
dimenticare» (Obiettivi del progetto, Venasca 2004).
• «C’era una volta…. Aspetti del passato da preservare per il futuro» (titolo del
progetto, Venasca 2004).
Come si accennava, le tradizioni sono motivo di radicamento anche sul piano diato-
pico, e il territorio assume in questi termini un ruolo fondamentale. Ma, se un generico
richiamo al territorio e alla sua storia è rintracciabile in numerosi progetti delle più sva-
riate regioni (e verificabile statisticamente), è possibile individuare, in Piemonte, una
declinazione particolare del termine, in termine spiccatamente localistico. Il territorio
diviene allora spesso, nell’ambito dei progetti, sinonimo di ambiente naturale (di que-
sto ambiente naturale): nel progetto di Dronero 2004 il fiume diventa simbolo del-
l’identità locale e le altre culture vi si dispongono allegoricamente intorno.
Un’altra caratteristica importante del territorio legata all’asse diatopico sembra esse-
re l’architettura:
• Studio sull’aspetto architettonico delle borgate delle case (baite), delle chiese e
delle cappelle (Venasca 2004).
Analisi dei Progetti | 195 |
• «osservazione e studio dei materiali, delle tipologie edilizie, ed urbanistiche e la
realizzazione di modellini di casa in pietra e in legno» (Stroppo 2001).
Le visite guidate, raramente segnalate, sono generalmente rivolte alla conoscenza
dell’ambiente naturale, degli stilli architettonici o dei musei etnografici (o di cultura
materiale). Le tradizioni (ovvero la cultura) vengono così delimitate nel rapporto con il
tempo e con il territorio. Lungo questi due assi si dispongono attività molto concrete,
legate al passato e al luogo, capaci di definire la cultura locale e dunque suscettibili di
attivare radicamento identitario. Senza ulteriori specificazioni, quando si parla di tradi-
zioni s’intendono attività connesse con: (a) canti e balli occitani, (b) musei etnografici,
(c) antiche borgate, (d) antichi mestieri, (e) feste rituali. Queste categorie si trovano con
sorprendente frequenza nella maggior parte dei progetti.
• «musica, danza, feste rituali, antichi mestieri, sono le colonne portanti della sto-
ria delle Valli (Luserna 2001).
• «musica, danze, piatti tipici, leggende, personaggi particolari, architettura rurale,
feste, costumi, storie tramandate oralmente.» (Dronero 2001).
Il Piemonte, a causa dell’influenza protestante, può attivare anche la particolarità
religiosa nella definizione dell’identità e delle attività proposte:
• «Conoscenza linguistica per le terminologie sulla religiosità; Conoscere impor-
tanti fenomeni storici che hanno interessato la valle: valdismo, protestantesimo.
Conoscere ed apprezzare le espressioni di profonda spiritualità delle generazioni
precedenti, nell’ambito religioso ed artistico», «13 h di religione cattolica; un
esperto di «fenomeni religiosi della valle» (Boves 2004).
• «L’acqua e la fede religiosa» (sotto tema di un progetto sul fiume, Dronero
2004).
• Richiami alla forte componente protestante (Villar Perosa 2004).
• Richiamo alla presenza protestante per caratterizzare l’omogeneità del territorio
(Villar Perosa 2001).
Una considerazione a parte meritano i cosiddetti «saperi incorporati». I riferimenti
al «saper fare», nei progetti, sono numerosi e riferiti principalmente alle attività musi-
cali ed agli antichi mestieri. Si va da generici richiami alla «manualità», fino ad attivi-
tà strutturate con assunzione di specialisti e formazione dei docenti:
• «laboratorio su alcune semplici lavorazioni specifiche», «Abilità e manualità
caratteristica di un mestiere» (Dronero 2004).
• Lavorazione della canapa (Dronero 2004).
• Costruzione di strumenti musicali (Peveragno 2004).
• «attività del merletto a fuselli (tombolo) per migliorare e affinare le loro capaci-
tà manuali, affinché quest’arte non si perda nel tempo» (Venasca 2004).
• Costruzione di giochi e strumenti musicali (Perosa Argentina 2001).
| 196 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• La musica nella cultura occitana (1.700.000 lire) 15 ore. Con un etnomusicologo
e un costruttore di ghironde, storico della musica occitana (formazione docenti,
Pinerolo 2001).
• «artigianato (realizzazione di oggetti in legno con l’utilizzo di tecniche lavorati-
ve e strumenti tipici della tradizione locale)» (Stroppo 2001).
Nella maggior parte dei progetti la cultura risulta essere un complesso veicolo iden-
titario, declinato in termini di radicamento sul territorio e di recupero di un passato che
lentamente, ma inesorabilmente, declina.
• «senso di appartenenza alla comunità locale» (Dronero 2004).
• rafforzare identità come individuo che vive in un determinato territorio. (Perosa
2004).
• «Riscoprire radici culturali e consapevolezza di appartenere ad una minoranza
linguistica» (Venasca 2004).
• «rafforzare l’identità locale occitana in tutte le componenti della comunità valli-
giana» (Venasca 2001).
Queste poche suggestioni dovrebbero dare la misura di quanto identità e cultura ven-
gano costantemente associate, all’interno dei progetti; in generale però, nel numero dei
progetti italiani esaminati, in questo complesso rapporto rientrano anche i riferimenti al
multiculturalismo e alla pluralità di lingue dell’Unione Europea: il richiamo all’UE rap-
presenta un segno di apertura all’interculturalità, che però talora sembra nascondere un
tentativo di richiamarsi ad un’autorità transnazionale che permetta di superare la reto-
rica del conflitto regionale tra minoranza e maggioranza, rappresentata dall’italiano. In
Piemonte c’è un solo accenno all’UE, nel progetto Boves 2004:
• «ruolo delle minoranze linguistiche nella formazione del cittadino europeo»,
«recupero delle radici sarà correlato al senso di appartenenza ad una comunità
più ampia», «Analisi della legislazione comunitaria sulla tutela delle minoran-
ze linguistiche: ricerca condotta dagli alunni (o con gli alunni) mediante inter-
net».
I riferimenti sono senz’altro pochi, ma l’enfasi sulla legislazione comunitaria in
materia di minoranze sembra sottendere una certa tensione verso il superamento della
sfera nazionale attraverso il richiamo ad un’autorità transnazionale. Nella maggior
parte degli altri progetti piemontesi, il recupero delle «radici culturali» è visto (anche)
in funzione di un’apertura multiculturale. L’intento di tale slancio è precisato dalle
brevi sintesi storiche che incorniciano alcuni progetti: la contemporaneità viene letta
attraverso una serie di coppie dicotomiche che oppongono: (a) passato/presente, (b)
cultura occitana/contesto multiculturale, (c) chiusura delle valli/immigrazione.
Analisi dei Progetti | 197 |
Piemonte: Lingua
La lingua più diffusa, nei progetti piemontesi, è l’occitano. Anche in questo caso, non
è affatto scontato domandarsi «che cosa» sia la lingua occitana. Nella maggior parte dei
progetti risulta esplicita la consapevolezza di aver a che fare con «varianti locali»:
• «Favorire uso dell’occitano anche con chi usa altre forme del restante territorio
occitano», «lettura in varianti locali e standard» (Boves 2004).
• «Presa di coscienza dell’esistenza di varianti locali» (Dronero 2, 2004).
• «Documentare le varianti fonetiche, lessicali e linguistiche nell’ambito delle
valli» (Sanfront 2004).
Il riconoscimento delle «varianti locali» non sembra però scalfire la convinzione che
siano – appunto – varianti di un’unica lingua: l’occitano. È però necessario rendere con-
sapevoli i bambini del fatto che la lingua che parlano – o che si vorrebbe insegnare loro
– ha tutta una serie di differenti varianti «fonetiche lessicali e linguistiche». Alcuni pro-
getti ci danno un quadro dello «stato di salute» della lingua. La maggior parte dei rife-
rimenti ci descrivono:
• una lingua esclusivamente orale;
• una lingua utilizzata in ambito familiare;
• una lingua in declino, da mantenere «viva», da riqualificare come «lingua di
comunicazione e di cultura»;
Date queste premesse non stupisce che le iniziative rivolte all’acquisizione di una
competenza scritta siano poco numerose. Gli accenni – rarissimi - che vi si fanno ten-
dono sempre ad esplicitare il sistema di trascrizione impiegato: «si ascolteranno i suoni
della lingua e se ne proporrà la scrittura secondo la grafia de l’«Escolo dòou Po»
(Perosa 2004).
Nei pochi casi in cui obiettivi vanno oltre un generico «apprendimento della lin-
gua», viene solitamente enfatizzata la necessità di riattivarne l’uso per le comunicazio-
ni interpersonali (ad esempio tra gli alunni, anche in ambiti scolastici, ma informali).
Altra attività caratterizzante è l’impiego della lingua per la conoscenza del territorio, e
sono ovviamente presenti (come in tutte le regioni) attività quali la raccolta di fiabe,
proverbi, poesie, filastrocche e altri etnotesti standardizzati. Soltanto in un progetto
(Dronero 2, 2004), la lingua si applica a «temi di attualità». Tra le principali cause di
declino è spesso indicato un crollo del prestigio linguistico, da imputarsi all’opera delle
istituzioni scolastiche: «La lingua è diffusa soprattutto in ambito familiare e, in conse-
guenza degli anni in cui la lingua ha subito forti repressioni e condizionamenti, [i ragaz-
zi? / i genitori?] sono reticenti ad un uso a livello scolastico» (Stroppo 2001).
La presenza di altre «culture» e, dunque di altre «lingue», suggerisce differenti solu-
zioni, tutte legate al confronto:
• «Comparazione con lingue neolatine, europee non neolatine, extraeuropee» (es.
Dronero 2 2004).
| 198 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• «favorire uso dell’occitano anche con chi usa altre forme del restante territorio
occitano» (es. Dronero 2004).
• «Uso di tabelle a doppia entrata per confrontare francese-inglese-patouà-italia-
no» (Villar Perosa 2004).
Questo confronto con le altre lingue/culture viene interpretato sul piano linguistico
in termini di opportunità; viceversa, in termini culturali/identitari, le altre culture ven-
gono utilizzate come termine di paragone per sottolineare la necessità di un recupero
della tradizione.
L’apprendimento della lingua non parrebbe in ogni caso subordinato al recupero
delle tradizioni culturali; al contrario, molte attività sono dichiarate come volte ad
incentivare l’utilizzo effettivo della lingua. Questo utilizzo deve però andare in senso
identitario: come cultura, tradizioni, territorio, anche la lingua è uno degli attori che
concorre a definire e delimitare l’identità degli occitani: per esempio, non a caso l’uti-
lizzo della lingua è sovente applicato all’analisi dell’ambiente naturale. La lingua, di
per se stessa, non presenta alcuna attrattiva: non avrebbe alcun senso apprenderla, se
dovesse essere staccata dal contesto territoriale/identitario; e va in questa direzione l’as-
senza totale di qualunque programma di insegnamento opzionale della lingua, o di atti-
vità alternative per i non parlanti (che vedremo invece attivati spesso in Friuli).
Va infine segnalata un’attività caratteristica, che è comune solo ad alcune altre
regioni:l’utilizzo di internet per stabilire contatti tra le comunità di parlanti (e non tra
le scuole) e lo scambio di e-mail nella lingua di minoranza; questa attività non era pre-
sente nei progetti 2001, e costituisce forse l’unica differenza di rilievo tra i progetti del
2001 e le altre annate. Si parla dunque di:
• «utilizzare internet e l’e-mail per sperimentare dal vivo le abilità di comunicazio-
ne» (Luserna 1, 2004).
• «uso di internet attivando la corrispondenza con scuole di minoranza», avendo
come obiettivo quello di «entrare a far parte di una rete di scuole occitane che
sperimenta attività in lingua e di scambio di esperienze tra insegnanti e alunni,
produzione di materiali comuni, incontri» (Luserna 2, 2004).
Piemonte: Formazione
La formazione degli insegnanti, che in molte regioni costituisce un importante capi-
tolo, nei progetti piemontesi viene quasi completamente trascurata, in particolar modo
sul versante linguistico.
• A Luserna (2004) e Val Pellice, la formazione consiste nella «acquisizione di tec-
niche di animazione in lingua occitana (10 ore). Corso di formazione di conteurs.
Approccio all’arte del racconto (10 ore)». Questo in aggiunta ad un corso orga-
nizzato dallo Sportello Linguistico della Comunità Montana Val Pellice sulla
toponomastica locale; da evidenziare l’analisi che riportiamo integralmente di
seguito: «per un completo apprendimento della lingua minoritaria sarebbe neces-
Analisi dei Progetti | 199 |
sario poter programmare dei corsi con Docenti specializzati che però a tutt’oggi
non esistono e non è previsto un corso di formazione presso l’Università –
Scienze della formazione». Segue una critica generica ai metodi d’applicazione
della legge 482.
• A Perosa (2004): 12 docenti in formazione, da scheda formulario. Corso di 10 ore
organizzato dalla Comunità Montana e da «associazioni del territorio», su «evo-
luzione e grammatica della lingua occitana». Rivolto a insegnanti, esperti e uten-
ti esterni.
• A Villar Perosa (2001): «formazione per il personale scolastico che «deve esse-
re in grado di comprendere la lingua per consentirne l’utilizzo. 30 ore annuali,
docenti madrelingua».
• A Perosa Argentina (2001): la Regione Piemonte organizza «Cultura, lingue
romanze, tradizioni tra Piemonte, Delfinato e Provenza». Associazioni culturali
locali organizzano «corsi di formazione e approfondimento. Si legge: «riteniamo
che tali iniziative siano idonee per la formazione degli insegnanti».
• Dronero (2001): 8-10 incontri per un totale di 20 ore. Corso di aggiornamento
per insegnanti. Si legge: «Il corso sarà tenuto da esperti delle varie correnti di
pensiero», «il corso verterà sui vari aspetti del territorio delle Valli Occitane: sto-
rico, geografico, antropologico, economico, linguistico».
• A Pinerolo (2001): Corso 1) Grafia, struttura morfologica e sintattica della lingua
occitana. 10 ore. Tenuto da docenti madrelingua della scuola. Interverranno
esperti dell’associazione per la conservazione e difesa della lingua occitana «La
valaddo» di Pragelato. (350.000 lire) Corso 2): la musica nella cultura occitana
(1.700.000 lire) 15 ore. Con un etnomusicologo e un costruttore di ghironde, sto-
rico della musica occitana.
Questi sono tutti i riferimenti alla formazione degli insegnanti presenti nei progetti.
La formazione è affidata esclusivamente ad istituti locali, oppure all’iniziativa delle
scuole che si affidano spesso e volentieri a madrelingua o generici «specialisti». Le atti-
vità formative più strutturate (e costose) sono rivolte ad aspetti culturali, anziché lin-
guistici. Un’eccezione è costituita dal piano di formazione presentato all’interno del-
l’unico progetto in rete, Cuneo, che è riassunto di seguito: il corso prevede incontri di
due ore con cadenza bisettimanale, dall’ottobre 2001 all’aprile 2002, per un totale (ipo-
tizziamo) di 18 lezioni. Gli argomenti prevedono, oltre ad una ricca esposizione di alcu-
ni aspetti culturali (dalla storia locale alla letteratura trobadorica e alla musica popola-
re), anche numerosi aspetti relativi alla lingua (nel programma sono indicate lezioni con
«Cenni di geografia linguistica e di sociolinguistica» nonché esempi di insegnamento
bilingue e di insegnamento in lingua occitana); vi è anche una notevole attenzione
all’aspetto della scrittura in occitano».
| 200 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
I progetti del Friuli-Venezia Giulia
Paragonare progetti riferiti a lingue differenti e ad aree geografiche distanti può
risultare un utile approccio per far emergere le peculiarità di ciascuna regione.
Proporremo quindi continui riferimenti alla regione Piemonte, certi che tale confronto
evidenzierà differenze (e somiglianze) stimolanti, e possibili spunti interpretativi. Per
cominciare, un’annotazione: i progetti del Friuli sono numericamente superiori a quel-
li del Piemonte; per esempio nel 2004 abbiamo 83 progetti analizzati per il Friuli, a
fronte di soli 14 per il Piemonte. La mole numerica favorisce una maggior eterogenei-
tà dei progetti e favorisce effettivamente la presenza di eccezioni di prestigio, ma anche
aumenta il rischio di proposte decisamente sotto la media.
Friuli-Venezia Giulia: Cultura
Partiamo dalle analisi sul Piemonte. Notavamo, in quel contesto, una certa sovrap-
posizione tra i termini cultura e tradizioni; e le tradizioni, è bene ricordarlo, venivano
fatte coincidere con canti e balli occitani, musei etnografici, antiche borgate, antichi
mestieri, feste rituali e così via. Alcune categorie come architettura, religione, saperi
incorporati, emergevano poi come categorie «emiche», estrapolate per induzione dai
progetti. Infine si delineavano due assi fondamentali, capaci di fornire coordinate
sostanziali per l’identità: lo spazio - nell’accezione di territorio/ambiente naturale - ed
il tempo - inteso come esplicito riferimento al passato accompagnato da un senso di per-
dita. Tradizione, territorio, passato, costituivano diverse sfaccettature di un’unica pro-
blematica: quella identitaria.
Prendiamo ora in considerazione il Friuli, cercando di stabilire il grado di sovrappo-
nibilità delle categorie e la presenza o assenza delle pratiche sopra delineate.
Innanzitutto, in Friuli il rapporto cultura ? tradizioni è decisamente più problematico. È
vero sotto l’etichetta tradizioni, rientrano costantemente elementi quali: fiabe, perso-
naggi mitologici (ad esempio lo sbilf, folletto dei boschi caratteristico della regione),
filastrocche, proverbi, giochi, danze, costumi e così via; tuttavia:
• Il canto e la musica, pur citati con buona frequenza, non rivestono l’importanza
centrale che assumono in Piemonte.
• Gli antichi mestieri vengono menzionati solo sporadicamente.
• La categoria «saperi incorporati» perde qualsiasi rilevanza: solo in due progetti
la manualità riveste una qualche (minima) importanza (per esempio a
Comeglians, dove si costruiscono strumenti legati ad antichi mestieri).
• L’architettura perde il valore identitario che le viene attribuito in Piemonte. Gli
scarsi accenni che vi si fanno non rimandano a concetti quali l’«architettura tra-
dizionale friulana».
Come in Piemonte, la categoria tradizioni, pur così delimitata, diviene spesso sino-
nimo di cultura, che però, in Friuli, si applica anche ad un altro insieme di referenti,
marcatamente distinto da quello sopra delineato:
Analisi dei Progetti | 201 |
• Le opere letterarie, considerate «cultura», vengono distinte dalle tradizioni. Ad
esempio a San Daniele si distinguono «usi, abitudini ecc. da conoscere anche
mediante la testimonianza di nonni e genitori» dal «patrimonio culturale [di cui]
fanno parte le produzioni in lingua scritta friulana».
• A Udine (2), si pone l’attenzione sul «patrimonio culturale» costituito dalla musi-
ca con «rilevanza regionale».
• Gli scavi archeologici sono parte del patrimonio culturale (es. Campoformido,
«visita agli scavi neolitici di Pozzuolo»).
• Le città sono meta di visite guidate. Ad esempio a Cividale del Friuli si propone
di «condurre una ricerca storica e toponomastica sulle vie della città», di «cono-
scere ed essere in grado di individuare monumenti significativi».
• A Gemona del Friuli la conoscenza delle «realtà monumentali significative sto-
ricamente» mira a rendere gli alunni «orgogliosi di un’identità storica e cultura-
le». Il progetto intende realizzare una piccola «guida» con spigolature e curiosi-
tà su luoghi di importanza artistica, culturale e storica del territorio della Bassa
Friulana Orientale.
In sintesi dunque, cultura è:
• sinonimo di tradizioni, alla stregua del Piemonte.
• ma ambito fortemente differenziale rispetto a quello folclorico, che comprende –
fra gli altri elementi – alta letteratura, musica colta, città e monumenti storica-
mente significativi, architetture di grande rilevanza artistica, scavi archeologici.
Per chiarire l’opposizione cultura = tradizione delineata da questa seconda accezio-
ne, è opportuno approfondire l’impiego di un altro termine: storia. Ovviamente la sto-
ria, intesa come sequenza di eventi cronologicamente strutturati, è materia di studio
anche nei progetti piemontesi; ma le tradizioni, in Piemonte, non fanno parte della sto-
ria: sono piuttosto legate al passato. Il passato emerge come un periodo, indefinitamen-
te lontano, nel quale le tradizioni erano ancora «vive»; e, significativamente, lo spar-
tiacque tra passato e presente viene spesso a coincidere con l’attuale «contesto multi-
culturale», frutto dell’immigrazione. Ora, questa associazione fra tradizioni e passato è
in Friuli pressoché inesistente: il senso di perdita, di declino, emerge in una davvero
piccola dei progetti72. La storia, nell’accezione che qui andiamo delineando, non evoca
una sensazione di perdita; puttosto, immortala opere e monumenti del passato, nell’at-
tuale patrimonio culturale. Così, ad esempio:
• Ad Aquileia, i bambini sono invitati ad indagare la storia, ovvero «l’evoluzione
economica e sociale, le trasformazioni del paesaggio e degli insegnamenti, i
cambiamenti del costume», non le tradizioni.
• A Campoformido si studia «la cultura storica che sorregge la lingua».
72
Non che non ci sia nel vissuto degli abitanti, particolarmente in pianura, come si vedrà dall’analisi dei
gruppi; tuttavia non è registrato come molla scatenante per la presentazione dei progetti.
| 202 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• A Cividale del Friuli viene intrapresa «una ricerca storica dei protagonisti della
cultura di Cividale del Friuli».
• A S. Daniele si persegue un «ampliamento delle conoscenze dal punto di vista
storico, architettonico e artistico di San Daniele e di Udine».
Anche il rapporto ambiente = territorio merita un approfondimento. Abbiamo visto,
in Piemonte, quanto il connubio passato/territorio/tradizioni costituisse una cornice
costante per le politiche identitarie. L’ambiente naturale diviene – nei progetti occitani
analizzati – parte fondamentale dell’appartenenza territoriale, e l’appartenenza territo-
riale è declinata come articolazione non eludibile dell’identità occitana. In Friuli la
situazione è piuttosto differente: innanzitutto lo studio del territorio, per quanto centra-
le in molti progetti, non raggiunge la diffusione pervasiva riscontrata in Piemonte.
Inoltre, sebbene la lettura dell’ambiente naturale costituisca uno degli ambiti prediletti
per l’esercizio delle competenze linguistiche e le tradizioni siano in qualche modo
ancorate a particolari territori – ad esempio attraverso le pratiche gastronomiche – in
questi casi la componente identitaria non viene quasi mai esplicitata. Si propongono al
contrario letture antropologiche, linguistiche, persino legate allo «sviluppo sostenibile»
(ad esempio a San Daniele 2, dove si approfondiscono i temi dell’Agenda 21, il noto
programma ONU sull’ambiente).
In Friuli 35 progetti su 83 affrontano tematiche esplicitamente connesse con l’iden-
tità locale e l’apertura al multiculturalismo. La percentuale è decisamente inferiore
rispetto al Piemonte, dove pressoché tutti i progetti propongono accenni relativi al recu-
pero delle radici, anche se molti subordinano – nelle intenzioni – tale recupero all’aper-
tura verso l’altro. I progetti friulani in cui il riferimento al recupero delle radici cultu-
rali rimane fine a sé stesso sono relativamente pochi:
• Pagnacco: «Promuovere la cultura locale come ricerca d’identità legata al terri-
torio»; tra i bisogni si elencano «empowerment, promozione di sé. Vedere rico-
nosciuta la propria modalità di comunicazione nell’ambito scolastico e consegui-
re un rafforzamento della propria identità».
• A Pasian tra i bisogni figura «la ricerca delle proprie radici».
• A Tolmezzo già il titolo del progetto è piuttosto significativo: «Radici per cresce-
re: l’importanza della scolarizzazione nella lingua del cuore» (il termine «lingua
del cuore» rimanda a quello, più utilizzato, «lingua materna». Tale espressione
era completamente assente nei progetti piemontesi).
• A Meduno si elenca tra gli obiettivi: «Acquisire consapevolezza delle proprie origini».
Tuttavia mella quasi totalità dei progetti, quando si fa un riferimento al recupero
delle radici culturali – o al declino della lingua, con la conseguente necessaria attività
di «rivitalizzazione» – lo si motiva in quanto premessa alla «apertura verso l’altro»:
• A Travesio si afferma la necessità di «individuare legami tra diverse culture met-
tendo a confronto i testi della tradizione friulana con quelli di altri paesi».
Analisi dei Progetti | 203 |
• A Basiliano bisogna: «prendere coscienza della propria realtà e confrontarla con
culture diverse».
• A Faedis lo studio di lingua e cultura di minoranza serve a «veicolare il senso di
appartenenza e il rispetto del diverso».
• A Palazzolo l’obiettivo è «avviare gli alunni alla consapevolezza della propria
identità etnica, culturale e linguistica per favorire le capacità di comprensione
accoglienza e scambio con identità etniche, culturali e linguistiche diverse dalle
loro».
• A S. Daniele (2) l’obiettivo del recupero di lingua e cultura è «concorrere alla
formazione di una coscienza interculturale abituando gli alunni a valutare le
diversità, nelle sue varie forme, come elementi di ricchezza».
• A S.Giorgio: «essere consapevoli della propria cultura per aprirsi a culture via
via più distanti sul territorio».
In sintesi: nella maggior parte dei progetti non vi è alcun riferimento alle «radici cul-
turali» o al multiculturalismo (quasi 50 su 83). Spesso il recupero delle radici culturali
è una premessa all’apertura verso «l’altro». Molo raramente il focus sull’identità cultu-
rale è fine a sé stesso. Per comprendere per quale ragione alcuni progetti propongano
un recupero delle radici finalizzato all’apertura interculturale, riportiamo di seguito
alcune citazioni:
• Zoppola: «Necessità di favorire lo sviluppo di un’educazione plurilinguistica e di
far tesoro delle culture originarie per potersi poi aprire a culture diverse. La scuo-
la è infatti frequentata da un numero crescente di alunni provenienti da paesi stra-
nieri, e da anni viene portato avanti un progetto di intercultura».
• Udine: «L’identità della persona è segnata dalla scoperta di sé e del proprio
ambiente, dalla conoscenza della propria lingua e della propria cultura. La lin-
gua, strettamente legata alla cultura, è veicolo di conoscenza e di dialogo, ma
anche strumento caratterizzante di espressione del proprio sentire e del proprio
essere, immerso in una realtà che si apre al mondo, alle altre lingue e alle altre
culture. Favorire la propria identità culturale, quale elemento di crescita e di sicu-
rezza, anche per facilitare il dialogo e il confronto con altre culture e altri popo-
li. Attraverso la lingua, guidare gli alunni di origine friulana alla riscoperta delle
proprie radici, e gli alunni di altra provenienza alla scoperta della cultura del
luogo in cui vivono. Acquisire la consapevolezza della dignità e del valore di
ogni cultura. La conoscenza della lingua e della cultura locale arricchiscono la
completezza del sapere».
Senza però voler ora proporre indebite generalizzazioni a partire da queste poche
considerazioni, è tuttavia possibile che l’apertura al multiculturalismo dipenda da una
consistente presenza di alunni stranieri o «non friulanofoni» nelle scuole che propon-
gono tali progetti.
| 204 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• Nella scuola bilingue (friulano/sloveno) di Gorizia si afferma: «Promuovere
l’educazione plurilinguistica significa incoraggiare attivamente l’insegnamento e
l’apprendimento di una gamma sempre più ampia di varietà linguistiche favoren-
do l’apertura ai nuovi linguaggi che saranno introdotti con l’allargamento della
comunità europea, le capacità comunicative dei bambini e la comprensione reci-
proca, quindi l’educazione alla pace».
• A Duino, scuola slovena: «Favorire la convivenza democratica degli abitanti del
territorio attraverso la comunicazione plurilingue». «Migliorare la consapevolez-
za ed il rispetto delle altrui culture e tradizioni» «Migliorare il rapporto tra i cit-
tadini». «Avviare la popolazione scolastica della zona alla conoscenza dello slo-
veno. «necessità degli alunni di comunicare in sloveno con gruppi di coetanei
appartenenti alla minoranza; gli alunni vivono sullo stesso territorio, frequenta-
no le stesse scuole, ma in gruppi chiusi che comunicano poco tra loro».
È poi interessante notare quanto i riferimenti all’identità nazionale italiana, inesi-
stenti in Piemonte, siano praticamente assenti anche in Friuli. Solo due le eccezioni:
• A Udine, un’analisi del «Natale in Friuli» dovrebbe «richiamare alcuni valori
umani e religiosi che contribuiscono a formare l’identità del popolo italiano».
• A Gemona del Friuli, presso l’ISIS «Raimondo D’Aronco» (un liceo, dunque
escluso dai finanziamenti), si propone il progetto «costituzione repubblicana in
Marilenghe» consistente – appunto – in una traduzione della costituzione italia-
na in lingua minoritaria.
Friuli Venezia Giulia: Lingua
La rappresentazione del friulano che emerge dai progetti è, naturalmente, specchio
della situazione sociolinguistica propria di ciascuna scuola. In questo senso è notevole
che, diversamente da quanto accede in Piemonte, dove l’immagine restituita dai proget-
ti è latamente omogenea, in Friuli si notano differenze significative di scopo e conce-
zione della lingua tra le diverse domande di finanziamento. Ora, purtroppo nella mag-
gior parte dei casi non è possibile conoscere la competenza linguistica degli alunni cui
sono rivolte le attività proposte, o la loro volontà di partecipare alle attività, o il tasso
di gradimento delle stesse; tuttavia un’idea la si può avere considerando in controluce
qualche caratteristica rilevante: è per esempio frequente un rimando – più o meno espli-
cito – all’opzionalità delle attività in lingua, e rispetto a tale variabile, è possibile distin-
guere i progetti in quattro categorie:
• progetti con attività di lingua e cultura a scelta, solo per parlanti.
• progetti con attività differenziate per friulanofoni e non friulanofoni (attività su
cultura obbligatorie, attività in lingua a scelta per parlanti).
• progetti con attività su lingua e cultura per tutti.
• progetti con attività su cultura per tutti.
Analisi dei Progetti | 205 |
La consistenza delle categorie 3 e 4 può essere verificata mediante le schede di cata-
logazione. Per le categorie 1 e 2, le informazioni vengono esplicitate sporadicamente,
ma si possono desumere da alcune variabili (non ultima il tipo di azione). Il quadro che
ne deriva è il seguente:
• 23 progetti prevedono attività per i soli friulanofoni. La scelta di tali attività è a
discrezione della famiglia.
• Di questi 23, 4 prevedono attività differenziate (non a scelta) rivolte anche ai non
friulanofoni.
• 2 progetti prevedono attività differenziate per friulanofoni e non friulanofoni
(senza possibilità di scelta).
• Tutti i rimanenti 58 progetti prevedono attività comuni per friulanofoni e non
friulanofoni (o quantomeno non specificano la presenza di attività a scelta o dif-
ferenziate).
Questi dati vanno letti con cautela. I formulari, infatti, non richiedevano di specifi-
care se le attività fossero o meno opzionali. Anche la presenza di attività differenziate
per parlanti e non parlanti non veniva espressamente richiesta, e tutto ciò induce proba-
bilmente ad una sottostima delle attività opzionali e di quelle differenziate. Se i dati fos-
sero completi sarebbe interessante indagare possibili relazioni tra l’apertura all’altro e
l’opzionalità della lingua: riportiamo però di seguito le percentuali di adesione alle atti-
vità in lingua, che spesso sono state ricavate da un confronto tra l’azione B (general-
mente riservata ai parlanti) e l’azione A (per tutti). Questi dati, ancorché parziali, ci
danno almeno una indicazione: con l’aumentare dell’età, l’adesione alle attività in lin-
gua diminuisce drasticamente:
Infanzia Elementari Medie Totale
Lignano Sabbiadoro 48% 27% 10% 25%
Pordenone 13% (INF + EL)
Campoformido 100% 93% 96%
Cividale (1) 80% 65% 72%
Duino (sloveno) 91%
Udine (1) 65% 53% 58%
S. Daniele (2) 46% (INF + EL)
Tabella 50: Adesioni alle attività in lingua (progetti del Friuli-Venezia Giulia)
Come si accennava sopra, poi, la maggior parte dei progetti della Regione Piemonte
evidenzia la consapevolezza dell’esistenza di «varianti locali» dell’Occitano, e sono in
essi presenti attività specificamente rivolte alla presa di coscienza di tali differenze. In
| 206 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Friuli non si fa alcun cenno alle varianti locali, e le eccezioni si contano sulle dita di
una mano:
• A Montereale compaiono le categorie «dialetto» e «vernacolare»: «si cercherà di
rendere vive quelle espressioni dialettali, talvolta cadute in disuso, che possono
considerarsi come uno “specchio del modo di sentire, percepire e rielaborare la
realtà”». Si dà poi la «possibilità di utilizzare il vernacolare 73 a scuola, in fami-
glia», favorendo il «confronto tra vernacolari diversi, visto il vasto bacino di pro-
venienza degli alunni». Ci si sforza di «valorizzare il dialetto come uno strumen-
to per avvicinare i bambini alla cultura locale».
• A S. Giorgio l’obiettivo è «promuovere l’uso della lingua minoritaria partendo
dall’oralità (variante locale)»; ora, «partendo dalla presenza non trascurabile di
bambini che usano la lingua friulana per comunicare, sia correntemente sia solo
nel contesto familiare e di bambini che, pur non esprimendosi in friulano, lo
assorbono dai discorsi degli adulti espressi in tale lingua, si è compiuta un’osser-
vazione dal carattere strettamente linguistico dalla quale è emersa la volontà di
alcuni bambini di esprimersi in friulano o di ricorrere con curiosità allo stesso per
rafforzare espressioni gergali, per raccontare barzellette, per usarla quasi come
lingua di “svago”, prestandosi a proprietà lessicali maggiormente colorite.
Manca spesso in questi bambini la precisione e una corretta contestualizzazione
delle espressioni e dei vocaboli usati».
L’opposizione variante locale-lingua è dunque di secondaria importanza. Emerge
piuttosto una forte contrapposizione formale-informale:
• Aquileia: «prendere confidenza con la parlata locale, nella variante parlata, più
incisiva espressiva e colorita, ma anche meno strutturata, meno controllata e più
informale della lingua scritta». «Recupero dell’uso appropriato della lingua friula-
na per la comunicazione di contenuti disciplinari di fronte ad un progressivo impo-
verimento dovuto ad un uso quasi soltanto di carattere colloquiale familiare».
• Pasian: «Valorizzare la lingua della casa anche in ambito scolastico».
Nei progetti piemontesi domina un senso di perdita. Non è a rischio solamente la
dimensione formale dell’utilizzo della LM, ma l’utilizzo stesso tout court. Le «radici cul-
turali», la lingua, vanno recuperate. Anche in piccolo numero di progetti friulani si rin-
traccia un analogo sentimento, connesso ad un’urgenza legata al recupero della lingua:
• A Casarsa si persegue un «aumento della competenza in lingua friulana».
• A Faedis si deve «tutelare e potenziare il friulano».
• A Majano l’obiettivo è il «mantenimento e la diffusione del friulano».
La lingua friulana c’è, va potenziata, mantenuta, diffusa. Ma non recuperata, perché
non è andata persa. Ovviamente tali considerazioni sono suscettibili di variazione
rispetto alle specifiche realtà locali, ma indicano comunque una tendenza molto diffe-
73
Curioso l’uso sostantivo di ‘vernacolare’, non attestato altrimenti in italiano.
Analisi dei Progetti | 207 |
rente rispetto a quella piemontese. Nei progetti piemontesi il senso di perdita guidava
le attività verso un semplice recupero della competenza minima della lingua. laddove
nella maggior parte dei progetti friulani le attività immaginate sono decisamente più
complesse. Di seguito una loro sintesi:
• Ascolto e comprensione di semplici comunicazioni in lingua friulana.
• Utilizzo del friulano nelle relazioni interpersonali.
• Utilizzo del friulano nella lettura del territorio. Ad esempio: ambiente naturale,
ma anche toponomastica, monumenti, siti archeologici, borghi medievali, città,
ville (ovvero «conoscenza storico-artistico-culturale» del territorio).
• Utilizzo del friulano per attività di drammatizzazione.
• Utilizzo del friulano nella lettura di elementi della tradizione (giochi, fiabe, indo-
vinelli, proverbi, racconti degli anziani).
• Comprensione di semplici testi.
• Avvicinamento alla grafia normalizzata, caratteristico di tutti gli approcci allo
scritto (rilevabili dalle schede di catalogazione).
• Introduzione alla grammatica friulana (il termine grammatica è completamente
estraneo ai progetti piemontesi).
• Introduzione di «competenze lessicali e sintattiche».
• Confronto della lingua friulana con l’italiano e con la seconda lingua straniera
(solitamente l’inglese).
• Analisi di testi letterari (Pasolini è tra gli autori più citati).
• Incontri con poeti locali.
Ossrvazioni particolari:
• Quello di Basiliano è l’unico progetto a far riferimento alla presenza di caratteri
bandiera: «Scoperta dei fonemi e grafemi tipici della lingua friulana (gj, cj, ç e z)».
• A S.Daniele (2) è previsto l’utilizzo del «correttore ortografico».
• A Manzano: si progetta la costruzione a più mani di un dizionario delle parole
friulane con spazio dinamico sul sito www.ragazzidelfiume.it per l’inserimento
immediato dei vocaboli conosciuti e l’allestimento di un forum per la discussio-
ne sulla lingua. Questo è anche l’unico esempio concreto e originale di condivi-
sione di materiale.
La giustificazione dei progetti si rifà principalmente alle seguenti motivazioni:
• Apertura verso l’«altro», multiculturalismo: la propria lingua e la propria cultu-
ra sono un punto di partenza necessario per aprirsi alle differenze, alla compren-
sione dell’altro.
• Una variante del multiculturalismo, per come sopra espresso, pone tutte le lingue
e culture insegnate sullo stesso livello. In questi casi il friulano è una lingua tra
le altre (italiano, inglese, ma anche sloveno), funzionale a scopi educativi e al
plurilinguismo.
| 208 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• Motivazioni cognitive (es. Udine: «promuovere e stimolare la flessibilità e
l’apertura mentale attraverso l’apprendimento precoce del codice»).
• L’affinamento o valorizzazione di lingua e cultura friulana è in assoluto la moti-
vazione più diffusa.
• Il recupero dell’identità culturale e della lingua materna è presente in un numero
non trascurabile di progetti.
Friuli Venezia Giulia: Formazione
I corsi di formazione del personale sono in genere organizzati dalle stesse scuole,
che si occupano di contattare gli insegnanti, per maggior parte dei progetti docenti
madrelingua, oppure figure specializzate. Di seguito un esempio tra i tanti:
• Cormons: 2 unità di formazione di 6 ore, articolate in 3 incontri di due ore per
lavori di gruppo con coordinatore esperto di temi: 1) metodologia e valutazione
dei progetti in atto. 2) scrittura normalizzata.
Sono invece 11 gli istituti che hanno scelto di affidare la formazione del proprio per-
sonale all’Università di Udine, oppure a società o istituti specializzati. Questo aspetto ha
sicuramente contribuito a determinare le differenze, in termini di produttività progettua-
le come di sviluppo di iniziative più complesse ed articolate, tra Friuli e Piemonte: il
contributo dell’Università di Udine è evidente già dal primo anno di attuazione della
Legge 482, portando col tempo a migliorare la qualità dei progetti e ad integrare con
maggiore coerenza e sistematicità aspetti linguistici e strategie di acquisition planning
efficaci. La formazione rappresenta un nodo di centrale importanza, in cui le università
hanno un ruolo chiave irrinunciabile per permettere lo sviluppo di progetti formativi
duraturi e concreti. Ecco di seguito le informazioni estratte da ciascuno di tali progetti:
• Gorizia: corsi universitari presso la facoltà di Scienze della formazione
dell’Università di Udine, 120 ore di docenza;
• Tolmezzo (1): agenzia di formazione esterna accreditata presso la Società
Filologica Friulana; 40 ore di corso, cadenza settimanale; incentrata su lingua
friulana, aspetti linguistici (grafia, varianti locali) e culturali (storia, arte, tradi-
zioni popolari);
• Aquileia: metodo della ricerca attraverso la documentazione orale, l’intervista, la
ripresa video, la cultura materiale; personale dell’Istituto regionale per la storia
del Movimento di Liberazione;
• Udine (2): gli insegnanti hanno seguito negli anni precedenti corsi organizzati
dall’Università di Udine e dalla Società Filologica Friulana sulla grafia ufficiale
della lingua friulana e su tematiche inerenti la storia e la cultura locale; per l’a.s.
2008-2009 la formazione è invece incentrata su tematiche prettamente didattiche
con un esperto locale;
• Palazzolo: Consorzio universitario del Friuli e Società Filologica Friulana, rivol-
to a insegnanti e genitori; 20 ore distribuite in un mese. Temi: A) legislazione B)
Analisi dei Progetti | 209 |
Letteratura C) Linguistica e grammatica D) Storia e geografia E) Tradizioni F)
Storia dell’arte G) Laboratorio linguistico e storico;
• San Giorgio di Nogaro: «alcune insegnanti si sono attivate per seguire i corsi di
aggiornamento promossi da Consorzio universitario del Friuli e Società
Filologica Friulana».
Non sempre date fornite informazioni dettagliate riguardo agli argomenti dei corsi.
In molti casi non si va oltre un generico accenno a «lingua e cultura». Alcuni corsi, poi
(ad es. Aquileia), sono completamente estranei agli obiettivi della 482.
Analisi qualitative di tre progetti esemplificativi
Presentiamo qui l’analisi più dettagliata di tre progetti che, per le loro caratteristi-
che, sono ritenuti particolarmente interessanti, non sempre o necessariamente in senso
positivo; i progetti vengono dal Friuli o dalla Sardegna, le due aree più prolifiche nella
presentazione di domande di finanziamento e, ovviamente, quelle in cui è più probabi-
le, data la vastità degli utenti potenziali di riferimento, un’articolazione particolarmen-
te strutturata delle attività.
• Progetto «Aghis... e fûcs» (I.C. di Faedis, a.s. 2004-2005)
• Totale scuole facenti parte della rete: 16 (infanzia: 7; primaria: 8; secondaria: 1)
• Totale alunni coinvolti nel progetto: 1010 (infanzia: 260; primaria: 650; secon-
daria: 100)
• Totale insegnanti coinvolti nel progetto: 90 (di cui specializzati: 50)
• Continuità del progetto: 3 anni.
Scheda formulario
Il progetto «Aghis... e fûcs» viene presentato mediante una lunga sintesi che prece-
de la scheda formulario vera e propria. Tale scelta non è affatto inusuale: un numero
consistente di progetti affida alcune note introduttive ad un documento liberamente
redatto dai dirigenti scolastici. Nel caso specifico la sintesi risulta di particolare utilità,
integrando la scheda formulario con informazioni dettagliate sul progetto, e questa cir-
costanza (ovvero un ruolo integrativo della sintesi a fronte di una scheda formulario già
completa) è piuttosto rara ed apprezzabile. Nei progetti due sono infatti i casi più comu-
ni: o una spiccata inutilità della sintesi, spesso mera riproduzione della scheda, o una
sostituzione della scheda a mezzo della sintesi (con conseguente perdita di dati, a volte
fondamentali). La scheda formulario è invero riprodotta in coda al progetto in formato
quasi integrale (rispetto a quello proposto dalla circolare 65-2004). Mancano i campi
«formazione del personale» (ampiamente trattato nella sintesi) e «piano finanziario»
(questa, invece, una vera e propria lacuna).
| 210 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Attività
«Aghis... e fûcs» si caratterizza per una notevole consonanza tra il tipo di azioni
dichiarate (A, B o C) e le relative attività; caratteristica, questa, invero abbastanza inu-
suale tra i progetti – e molto apprezzabile. È dunque possibile sintetizzare le attività
proposte raggruppandole in base all’azione, avendo cura di distinguere i tre ordini sco-
lastici previsti dal progetto: tutte le attività sono accomunate da un comune percorso,
«Aghis... e fûcs» (acqua e fuoco) appunto. In effetti, la scelta di un ambito tematico che
accomuni tutte le attività è piuttosto comune; spesso, invero, all’interno delle reti, il
«tema» è quasi l’unica caratteristica comune ai particolari progetti di ciascuna scuola
(a fianco ai comuni progetti di formazione). Nel caso qui esaminato le attività comuni
alla rete vengono sviscerate con estrema puntualità.
1. Azione A, infanzia: le attività caratterizzanti l’«azione A» per la scuola dell’infan-
zia si possono evincere dalla sola sintesi del progetto e, pur essendo tutte correlate
all’argomento centrale (il fuoco), si differenziano nei seguenti ambiti tematici: a) frui-
zione e produzione di messaggi; b) corpo, movimento e salute; c) il sé e l’altro; d)
esplorare, conoscere e progettare; e) religione cattolica. La sintesi approfondisce cia-
scuno di questi ambiti con un dattagliato elenco delle attività e delle tematiche che ver-
ranno concretamente affrontate; si afferma esplicitamente che «si prevedono nelle
scuole dell’infanzia interventi di tipo A [quindi in lingua veicolare] per la conduzione
dell’attività didattica». Il monte ore previsto è di circa 50.
2. Azione A, elementare e media: le attività per la scuola primaria e secondaria di
primo grado, accomunate dal «fuoco» come argomento comune, vengono differenziate
per ambito tematico e per materia di riferimento. Le materie in cui avverrà l’insegna-
mento in lingua veicolare sono: lingua, educazioni [?], scienze, arte e immagine, musi-
ca, tecnologia, religione cattolica. L’ammontare complessivo delle ore sarà di circa 50.
Gli ambiti tematici sono i seguenti: ducazione plurilingue (friulano, italiano, lingue
straniere); tecnologie / informatica; arte ed immagine; musica; attività motorie e spor-
tive; convivenza civile; educazione alla cittadinanza ambientale. Tali ambiti vengono
poi declinati in una serie di attività, molte di tipo ludico, o legate alla cultura e al fol-
clore locale. Non mancano però riferimenti allo «sviluppo di capacità di lettura e scrit-
tura, di ascolto e di oralità», o ad attività ed argomenti espressamente curricolari, ad
esempio «la struttura della terra», o «i fenomeni endogeni». L’impressione è che ven-
gano trattati in friulano argomenti del programma attinenti al tema prescelto, il fuoco;
gli argomenti prescelti integrano o ampliano il programma curricolare, oppure aprono
alla tradizione locale.
3. Azione B, elementare e media: l’azione B è prevista solamente per le scuole pri-
marie e per le secondarie di primo grado, per un totale di 15 ore in orario curricolare.
Non è fornita alcuna descrizione rispetto alle attività da compiersi in queste 15 ore, è
presente solo un generico richiamo alla «riflessione sulla lingua». Esplicita è invece
l’intenzione di predisporre valutazioni in itinere, ma svilupperemo in seguito questo
aspetto del progetto.
Analisi dei Progetti | 211 |
4. Azione C, elementare: l’azione di tipo C è prevista solamente per l’Istituto di
Faedis, «per la scuola primaria, nei gruppi misti delle classi prima/seconda e terza/quar-
ta, nella sperimentazione di un orario prolungato su 5 giorni (106 ore)». Nella scheda
formulario sono indicate 30 ore per classe.
Obiettivi
Innanzitutto, la scelta dell’argomento «fuoco» viene così motivata: «si è visto che
trattare questi argomenti fondanti dell’esperienza umana genera costante interesse e
curiosità nel bambino, perché si lega a bisogni profondi di conoscenza. […] Del resto
la presenza del fuoco è costante nell’esperienza culturale e storica della nostra regio-
ne.». Il fuoco è anche il luogo ideale per «osservare tratti conservativi, vivere situazio-
ni di reinvenzione, scoprire che i rituali del fuoco sono presenti in aree interculturali di
grande diffusione». Parole, queste, che – ribadite a più riprese nel progetto - preludono
ad un’apertura verso l’ «altro», piuttosto che ad un mero recupero dell’identità locale.
Di seguito gli obiettivi apertamente esplicitati, adeguatamente calibrati a seconda del-
l’ordine scolastico:
• «saper usare il friulano in situazioni comunicative, in un’ottica di apertura e con-
fronto con le altre lingue».
• «Possedere conoscenze della grafia e della grammatica»
• «Conoscere aspetti del territorio e della cultura e saperli esprimere in lingua friu-
lana»
• «Promuovere sconfinamenti verso altre realtà ambientali ed umane»
Gli «obiettivi specifici» sono invece integralmente orientati verso la lingua, a testi-
monianza di un notevole interesse rispetto a problematiche di acquisition planning. Ci
si propone dunque di:
• Tutelare e potenziare il friulano.
• Avviare alla conoscenza del friulano i bambini che non lo parlano
• Migliorare la padronanza della lingua nei diversi livelli
• Valorizzare il friulano come lingua di comunicazione.
• Utilizzare il friulano in funzione veicolare degli apprendimenti disciplinari
• Approfondire aspetti lessicali e semantici della lingua.
• Cogliere i rapporti tra lingua e avvenimenti sociali, storci, culturali e artistici.
• Avviare ad una «sensibilità plurilinguistica».
• Supportare l’apprendimento della lingua con i mezzi delle nuove tecnologie e gli
strumenti multimediali.
Formazione
La formazione degli insegnanti – come spesso capita all’interno delle reti – è parti-
colarmente curata e privilegia la formazione di insegnanti interni (ben 50 su 90 coinvol-
ti nel progetto). Tali 50 insegnanti risultano specializzati a seguito di corsi di formazio-
| 212 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ne presso l’Università di Udine, l’Osservatorio Linguistico Friulano o mediante «altri
corsi». Il percorso di formazione è previsto anche per il 2004, con 10 incontri per un tota-
le di 30 ore su tematiche afferenti a lingua e cultura friulana, nonché alla didattica del
plurilinguismo. Gli insegnanti coinvolti nel progetto «costituiranno squadre di ricerca»
ed approfondiranno aspetti di lingua e cultura, sotto la supervisione dei docenti specia-
lizzati. I docenti utilizzeranno mezzi telematici per intrattenere contatti con altre realtà
nel campo dello studio delle lingue minoritarie (come Corigliano d’Otranto in provincia
di Lecce) al fine di migliorare la formazione mediante lo scambio d’esperienze.
Valutazione
La valutazione dei progressi degli studenti è spesso un punto critico, all’interno dei
progetti: nella maggior parte dei casi si ammette l’impossibilità di applicare procedi-
menti di rigorosa valutazione, anche a causa della disparità di competenze degli alun-
ni. Il progetto di Faedis dedica un’attenzione particolare al tema, cercando di perfezio-
nare uno strumento per la valutazione, già ideato negli anni precedenti, secondo le linee
del «quadro comune europeo di riferimento per le lingue». La sperimentazione preve-
de la verifica dell’applicabilità all’interno dei percorsi, nonché la trasferibilità ed il pos-
sibile inserimento «nel portfolio prefigurato dalla legge n. 53/2003». Tale strumento
andrebbe applicato alle azioni di tipo B, ed è allegato al progetto. Per le azioni di tipo
A, sono invece previste: osservazioni iniziali e intermedie; schede per l’autovalutazio-
ne dei docenti; griglie per l’osservazione e valutazione degli alunni.
Collaborazioni, produzione di materiali, «disseminazione»
Il capitolo relativo alla produzione e distribuzione dei materiali didattici è partico-
larmente ricco e strettamente intrecciato con la questione delle collaborazioni con altri
enti ed istituti. Nel progetto si specifica che «nel triennio sono stati prodotti materiali
trasferibili presentati nei corsi di aggiornamento» presso l’Università di Udine,
l’Osservatorio Linguistico Friulano, in occasione del Seminario di Corigliano
d’Otranto (2003), o in un non meglio specificato Convegno Internazionale sul Pluri-
linguismo. Più avanti si chiarisce la natura delle produzioni: monografie relative ai più
significativi esempi di percorsi pluridisciplinari e raccolta ragionata dei materiali usati
per la valutazione e documentazione. Il materiale prodotto dagli alunni sarà disponibi-
le in rete agli indirizzi: «www.ragazzidelfiume.it», «www.formicaio.it». È prevista,
oltre alla realizzazione degli immancabili cd-rom, anche la diffusione di un giornalino
di rete.
Le collaborazioni portano nel 2004 ad un notevole incremento della rete, con
l’estensione alle scuole dell’infanzia e primarie del quarto Circolo Didattico di Udine.
A livello nazionale si cerca di rinsaldare il collegamento con la rete di Corigliano
d’Otranto «in un’ottica di formazione e di confronto tra docenti», mentre particolar-
mente originale l’idea di creare un albo delle figure operanti sul territorio nell’ambito
dell’innovazione della tradizione (didattica, teatro, musica, letteratura, espressione ed
Analisi dei Progetti | 213 |
arte), da mettere a disposizione alle scuole che partecipano al progetto. La sintesi
mostra attenzione anche all’aspetto dei i contributi provenienti da enti quali Comuni,
Provincia e Regione Friuli-Venezia Giulia, che hanno negli anni l’insufficiente fondo
ministeriale.
Progetto «Arrexini forti, mata firma» (I.C. di San Giovanni Suergiu, a.s. 2008-2009)
Il progetto dell’Istituto Comprensivo prevede l’impegno di tutti gli ordini di scuola
(infanzia, elementari, medie) e attività anche per gli adulti. La scuola ha immaginato
impegni diversi per ciascuna fascia di età, cha partono da attività principalmente ludi-
che per l’infanzia, fino a ricerche più strutturate per gli alunni delle medie (basate
comunque su azioni concrete, per un percorso che va dal fattuale all’astratto-simboli-
co). Il focus sulla lingua è piuttosto elevato e comprende insegnamento della lingua
(attraverso laboratori) e attività con uso della lingua. Il progetto prevede il coinvolgi-
mento diretto delle famiglie, attività didattiche multidisciplinari, di animazione e dram-
matizzazione. Il progetto prevede anche un corso di aggiornamento – sviluppato attra-
verso conferenze-dibattito con esperti e studiosi della lingua di minoranza – per i
docenti coinvolti nella parte riguardante i corsi per gli adulti. Questi i punti di partico-
lare interesse:
• Il progetto è presentato in maniera piuttosto approfondita, con una introduzione
iniziale sulla situazione storico-geografica della zona, e una spiegazione decisa-
mente esaustiva delle metodologie e tecniche di lavoro;
• prevede corsi extracurricolari di lingua per i genitori e i cittadini interessati;
• ha, tra gli altri obiettivi, quello di creare un archivio di materiali didattici;
• intende operare una diffusione dei materiali prodotti abbastanza capillare.
È inoltre notevole l’attenzione verso la trasmissione intergenerazionale, la metodo-
logia improntata sulla motivazione dell’alunno attraverso tecniche di «role playing», o
ricerca-azione – nel tentativo di portare alla conoscenza della lingua minoritaria attra-
verso percorsi alternativi alla lezione formale e, probabilmente più gradevoli agli occhi
degli alunni. L’obiettivo finale è piuttosto chiaro: dare pari dignità alla lingua di mino-
ranza rispetto all’italiano, anche attraverso un confronto con altre lingue comunitarie;
la scuola dichiara inoltre di voler applicare un «uso sistematico del Sardo» e di voler
raggiungere un «uso del Sardo nel quotidiano».
Gli obiettivi trasversali sono comuni a numerosi progetti delle scuole sarde, ovvero
una rivitalizzazione non solo linguistica ma innanzitutto culturale della zona, legata a
una forte attenzione verso l’identità culturale; l’intento, oltre allo scopo di portare i
ragazzi e gli adulti alla conoscenza della lingua e delle sue strutture sintattiche e gram-
maticali, è quello di creare» una memoria storica del paese attraverso la ricerca, l’ana-
lisi e la trascrizione e la catalogazione di tradizioni orali e scritte. Ed è proprio attraver-
so la creazione di un archivio (cartaceo e telematico) dei materiali didattici e dei lavo-
ri creati degli alunni, che dovrebbe avvenire una prima diffusione di ciò che si è pro-
| 214 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
dotto. A ciò la scuola intende aggiungere «mostre, spettacoli teatrali, incontri-dibattito,
opuscoli, materiale pubblicitario e informativo (manifesti, locandine, volantini)» e la
collaborazione con i mass media locali, per raggiungere una diffusione del progetto
anche in ambiti esterni a quelli scolastici.
Progetti presentati dall’istituto «S. Maria degli Angeli» (Gemona del Friuli, a.s.
2004-2005)
La scuola media paritaria S. Maria degli Angeli ha presentato tre progetti distinti:
a. Laboratorio teatrale
b. Il Friuli castellano
c. Progetto Aquileia
La forma scelta dall’istituto per presentare i progetti ricalca quella adottata da molte
altre scuole; le tre schede formulario sono precedute da una breve sintesi dei progetti,
redatta secondo criteri liberamente stabiliti dai dirigenti di Gemona del Friuli. Segue la
scheda formulario di ciascuno dei tre progetti: e questa scheda, come appare peraltro
anche altrove, non è quella standard proposta dal MIUR, ma presenta tutta una serie di
adattamenti (o meglio di soppressione di punti) di tipo idiosincratico. In particolare
scompaiono la terza pagina della scheda formulario originale e le categorie «risultati»,
«monitoraggio e valutazione», «disseminazione» e «formazione personale». Di segui-
to un quadro della tipologia delle azioni, del numero di alunni, degli insegnanti coin-
volti e dei finanziamenti ricevuti dai tre progetti.
Laboratorio teatrale Friuli castellano Progetto Aquileia
Tipologia di azioni A A A
Numero Alunni 95 56 35
I media 35 35 35
II media 21 21
III media 39
(esperti e personale
Numero insegnanti 7,00 5,00 ausiliario, non
quantificati)
Tabella 51: Dati relativi ai progetti presentati dall’Istituto «S. Maria degli Angeli» (Gemona del Friuli,
a.s. 2004-2005)
a. Laboratorio teatrale: attività
Come di consueto, con «attività» s’intendono le azioni concretamente messe in atto
nell’ambito del progetto; capita tuttavia spesso che i progetti esplicitino gli obiettivi, le
Analisi dei Progetti | 215 |
finalità, senza però specificare quali azioni verranno intraprese per raggiungerli. Il pro-
getto laboratorio teatrale prevede le seguenti attività:
• «presentazione in classe di diversi tipi di scritti» (la cui lingua non viene speci-
ficata) da parte dei docenti. Tali scritti serviranno da spunto per «discussioni e
laboratori di arte espressiva»;
• approfondimento di «argomenti specifici»;
• lettura di «documenti relativi all’evoluzione della lingua»;
• composizione di un testo teatrale «che sarà usato dai ragazzi come saggio del
loro apprendimento della lingua friulana».
Queste le informazioni contenute nella parte di sintesi. Nella scheda formulario sono
menzionate altre attività (e non tutte le precedenti):
• «Impiego dell’esperienza familiare dei ragazzi per stendere una sorta di «crona-
ca familiare» del territorio » (non viene specificato in quale lingua);
• utilizzo degli anziani «come fonte documentaria per drammatizzare alcuni episo-
di della storia del ‘900»;
• istituzione di un laboratorio per la stesura di testi drammaturgici «a più lingue» aven-
ti come tema centrale la storia e la letteratura della lingua friulana (quali siano le lin-
gue non viene specificato; presumibilmente inglese, tedesco, friulano o italiano);
• «attività di studio della lingua orale, al fine di acquisire un metodo espressivo
efficace» (non è detto quale lingua);
• allestimento di «spettacoli aperti all’utenza dell’intorno».
Le discipline coinvolte risultano essere italiano, educazione artistica, educazione
musicale, educazione tecnica, inglese, tedesco. Tutte le attività vengono catalogate sotto
la voce «azione A», ovvero, lo ricordiamo, «utilizzo della lingua di minoranza per l’inse-
gnamento delle discipline previste nell’ambito del curricolo obbligatorio»; basta tuttavia
una rapida occhiata per rendersi conto che in nessuna delle attività sopra elencate si uti-
lizza il friulano come lingua veicolare. Soltanto due delle nove attività elencate prevedo-
no, si immagina, l’utilizzo della lingua friulana (la composizione del testo teatrale e lo stu-
dio della lingua orale) e non come «lingua veicolare per l’insegnamento di discipline pre-
viste nell’ambito del curricolo obbligatorio», bensì come oggetto di insegnamento (azio-
ne B). L’allestimento di spettacoli in lingua può al massimo essere considerato come
«attività in lingua». Per il resto il focus è centrato su cultura locale e territorio.
a. Laboratorio teatrale: obiettivi
Nei progetti obiettivi e attività spesso non vengono distinti; capita così talora che gli
obiettivi – e i buoni propositi – influenzino la lettura di ciò che concretamente s’intende
fare. Gli obiettivi elencati nella sintesi del progetto «Laboratorio teatrale» sono i seguenti:
• «aiutare gli alunni ad apprezzare l’importanza di essere friulani»
• [renderli] «orgogliosi di vivere in un contesto culturale ricco di storia e di tradizione»
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• «usare il friulano senza vergognarsi»
• «comprendere l’origine di certe parole per comporre un semplice scritto usando
la lingua friulana».
Nel progetto vero e proprio non si fa alcun cenno all’apprendimento della lingua;
nella scheda formulario troviamo invece indicati i seguenti obiettivi:
• «riflettere sull’importanza dell’identità locale»
• «Migliorare la conoscenza della lingua friulana orale vista come possibilità viva
d’espressione»
• «mettere a fuoco alcuni problemi/preconcetti nei confronti dell’uso del friulano»
• «elaborare in lingua friulana un testo semplice».
Qui dunque, negli obiettivi della scheda formulario, l’acquisizione di una competen-
za, orale e scritta, del friulano è dunque evidenziata con forza, ma una tale enfasi non
sembra trovare alcun riscontro nelle attività proposte, centrate su aspetti culturali o sul
tentativo di modificare la percezione della lingua da parte degli alunni. Nel complesso
la descrizione, molto vaga e sintetica, degli obiettivi e delle attività lascia intendere ad
una lettura più cursoria un’enfasi sull’insegnamento della lingua che l’analisi più
approfondita sembra escludere.
b. Il Friuli castellano: attività
In questo progetto le attività, definite con maggior chiarezza, non lasciano spazio ad
alcuna ambiguità (e dunque non richiedono estese citazioni per fugare i dubbi). Sono
descritte due fasi. La prima, caratterizzata da un lavoro in forma laboratoriale e da
lezioni formali, prevede: lettura di documenti sull’evoluzione tipologica dei castelli;
realizzazione di pannelli esplicativi; rilettura critica dell’iconografia genealogica friu-
lana. La seconda, da svolgersi (anche) in orario extra-curricolare, prevede dei «sopral-
luoghi» per verificare la diversità tipologica dei castelli. Le materie coinvolte sono: ita-
liano, storia, educazione artistica ed educazione tecnica.
Le attività sono catalogate sotto la dicitura «azione A», pur non avendo nulla a che
fare con tale categoria di azioni. L’enfasi è posta esclusivamente su temi storici o lata-
mente culturali, al massimo classificabili come «azione C». Anche in questo progetto
si conferma la tendenza a classificare come «azione A» qualsiasi attività prevista entro
l’orario curricolare (senza tener presente l’utilizzo della lingua di minoranza come lin-
gua veicolare) e come «azione C» qualsiasi attività prevista per l’orario extra-currico-
lare. Il focus sulla lingua è assolutamente inesistente.
b. Il Friuli castellano: obiettivi
In questo caso gli obiettivi rispecchiano l’assenza di un focus sulla lingua, pur nel
tentativo di sottolineare il legame delle attività proposte con la realtà friulana. Le fina-
lità esplicitate sono: riconoscere l’importanza del legame con il territorio friulano; ren-
Analisi dei Progetti | 217 |
dere gli alunni orgogliosi di un’identità storica e culturale friulana; superare i precon-
cetti relativi all’uso della lingua friulana; conoscere la storia medievale friulana.
Impossibile non citare integralmente l’obiettivo dei «sopralluoghi»: «evitare un atteg-
giamento di reverenziale distanza dai monumenti storici friulani».
Anche ad una prima lettura, il progetto sembra in tutto e per tutto simile ai progetti
che ogni scuola italiana organizza ogni anno per avvicinare gli alunni al territorio.
L’onnipresenza dell’attributo «friulano» non modifica di molto la situazione. L’unica
connessione significativa sembra quella tra prestigio della lingua e «grande tradizione»
della storia friulana (testimoniata dai monumenti).
c. Progetto Aquileia: attività
Il progetto prevede la lettura di documenti relativi all’evoluzione tipologica del sito
archeologico di Aquileia («principale città di epoca romana insistente sul territorio friu-
lano»), la produzione di «pannelli esplicativi», un «sopralluogo» per evidenziare l’uni-
cità e l’importanza del sito «per la realtà friulana e per il più vasto contesto europeo»,
la riproduzione tridimensionale di alcune parti archeologiche. Il progetto, proseguimen-
to dell’analogo finanziato nel 2003, prevede un focus sui mosaici piuttosto che sugli
edifici. Anche in questo caso le attività sono catalogate come «azione A», pur non
essendo presente alcun accenno alla lingua o al suo utilizzo. Trattasi, casomai, di «azio-
ne C». Non emerge poi dal progetto un collegamento diretto tra le valenze storiche del
sito archeologico e la cultura/tradizione/identità friulana (Aquileia è in effetti uno dei
«luoghi mitici» dell’identità friulana). L’affermazione sopracitata (l’importanza del sito
«per la realtà friulana e per il più vasto contesto europeo») sembra deliberatamente
finalizzata a scavalcare il livello nazionale.
c. Progetto Aquileia: obiettivi
In quest’ultimo progetto lo scollamento tra gli obiettivi e le attività proposte si rende
particolarmente evidente. Distinguiamo differenti tipologie di obiettivi: innanzitutto un
richiamo identitario: «riflettere sull’importanza dell’identità locale, anche storicamen-
te»; tale affermazione richiama la connessione più volte rintracciata nei progetti friula-
ni tra identità locale e dimensione storica (cfr. sopra). C’è poi una seconda categoria di
obiettivi legati alla realtà del sito archeologico: conoscere l’evoluzione tipologica della
struttura urbana aquileiese; apprendere alcune tipologie musive; migliorare le cono-
scenze storiche. Due obiettivi latamente «relazionali»: «migliorare le dinamiche di
gruppo», «migliorare l’autostima». Nel complesso il progetto sembra essere collegato
alla tradizione culturale o all’identità friulana solo molto debolmente, e non presenta
alcuna attività correlata all’acquisizione o alla conoscenza della lingua.
Conclusione
Se le riserve avanzate nei confronti dei progetti b) e c) sono evidenti, è opportuno
ricordare i tratti di debolezza del primo progetto, che emergono per contrasto, rispetto
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a standard decisamente più elevati riscontrati in molti altri progetti; per fare qualche
esempio, il progetto Laboratorio teatrale non prevede: l’utilizzo del friulano come lin-
gua veicolare; alcuna attività di formazione per i docenti; l’intervento di insegnanti spe-
cializzati, o madrelingua; collaborazioni con altri istituti; la produzione di materiale
didattico (l’apposita voce del piano finanziario è impropriamente dedicata all’acquisto
di materiale «librario e cartaceo»); la divulgazione di materiale didattico; alcuna diffu-
sione di materiale riguardo all’esperienza svolta, né la diffusione a mezzo di strumenti
multimediali; non specifica il monte ore, né fornisce una lista dettagliata delle attività;
non specifica in quale lingua verranno svolte le attività.
| 219 |
Capitolo quarto
Analisi dei materiali didattici
Come già accennato nella parte introduttiva, abbiamo ricevuto materiali da 43 scuo-
le, intese qui nella loro accezione tecnica di «sedi di Istituto comprensivo o istituzione
equivalente», cui si affianca un pacco inviato dall’Assessorato all’Istruzione della
Regione Valle d’Aosta. Questi si riferiscono alle lingue sarda (20), friulana (11), occi-
tana (3), ladina bellunese (3), albanese (2), slovena (2), francoprovenzale della Valle
d’Aosta (1) e francese (1). Ecco una tabella dei materiali raccolti:
Scuola Lingua Tipo di testo Note
Ururi Albanese Abbecedario Stampa locale
Santa Sofia Albanese Libro di testo (bilingue) Alfabetizzazione
Letteratura, tradizioni
Santa Sofia Albanese Risultati
popolari e territorio
Ururi Albanese Risultati Tradizioni popolari
Luserna San Giovanni Francese Libro (in fotocopia) L2
Raccolta di materiale didattico e
Libri, CD, giochi, giochi per
Regione VDA Francoprov. informativo su lingua e territorio.
computer
A stampa e di alto livello
Staint Pierre Francoprov. Documentazione progetti 482 Varie
Raccolta di materiale didattico e
Libri, CD, giochi, giochi per
Regione VDA Francoprov. informativo su lingua e territorio.
computer
A stampa e di alto livello
Trasaghis Friulano Audiovisivi ufficiali Apprendimento lingua
Trasaghis Friulano Tipologie varie Teatro, cartoons etc.
Vari strumenti didattici sia per
l’insegnamento delle lingue,
Codroipo Friulano Libri di testo
non solo il friulano, sia
per altre materie
Faedis Friulano Libri di testo Regionali e ufficiali
| 220 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Fagagna Friulano Lista libri di testo Regionali e ufficiali
Udine 4 Friulano Lista libri di testo A stampa (Regione e privati)
Paluzza Friulano Risultati Scrittura
Pavia di Udine Friulano Risultati Ambiente e territorio
Tarcento Friulano Risultati
Video e testi a stampa,
Trasaghis Friulano Risultati
racconti, calendari
Udine 4 Friulano Risultati Scienza e storia (veicolare)
Trasghis Friulano Strumenti Spellchecker
Majano Friulano Supporto didattico Cartoon (Pimpa)
CD di programmi radio,
Pavia di Udine Friulano Supporto didattico
teatro - podcast
Pavia di Udine Friulano Testi autoprodotti Matematica veicolare
Maniago Friulano Testi locali a stampa Storia regionale/locale
Majano Friulano X Testo legge 482 in FUR
Cortina d’Ampezzo Ladino Risultati Teatro etc.
Tradizioni popolari e
Domegge Ladino Risultati
lingua dei nonni
Forno di Zoldo Ladino Risultati Scrittura
Robilante Occitano Dizionario A stampa (commerciale)
Robilante Occitano Libri di testo A stampa (Regione)
Stampa di guida
Paesana Occitano Risultati
turistica bilingue
Tradizioni popolari e
Paesana Occitano Risultati
lingua dei nonni
Perosa Argentina Occitano Risultati Dialetto a scuola - A stampa
Paesana Piemontese Gioco a stampa (Regione) Info sul piemontese
Quartu Sant’Elena Sardo Abbecedario autoprodotto
Libri di testo autoprodotto e
Ilbono Sardo fotocopiato per l’apprendimento
della lingua
Libri di testo autoprodotto e
Posada Sardo fotocopiato per l’apprendimento
della lingua
A stampa, locali o didattici,
Villanova Monteleone Sardo Lista libri di testo
molti in ITA o bilingui
Lista testi di grammatica Bibliografia specifica
Perfugas Sardo
e vocabolario per progetto
Lista testi di grammatica Bibliografia specifica
Quartu Sant’Elena Sardo
e vocabolario per progetto
Analisi dei materiali didattici | 221 |
Lista testi di grammatica Bibliografia specifica
Monastir Sardo
e vocabolario (Blasco Ferrer) per progetto
Benetutti Sardo Risultati Tradizioni popolari
Bono Sardo Risultati Tradizioni popolari
Borore Sardo Risultati Tradizioni popolari e territorio
Dizionario dialettale
Dolianova Sardo Risultati
in due volumi
Florinas Sardo Risultati Scrittura e poesia
Ilbono Sardo Risultati Inchiesta sociolinguistica
Lunamatrona Sardo Risultati
Lunamatrona Sardo Risultati CD
Tradizioni popolari e
Ozieri Sardo Risultati
antroponomastica
Tradizioni popolari
Quartu Sant’Elena Sardo Risultati
(fotocopie, cd)
Quartu Sant’Elena Sardo Risultati Giochi e scrittura
Sant’Antioco Sardo Risultati Tradizioni popolari
Siliqua Sardo Risultati Tradizioni popolari
Siniscola Sardo Risultati Tradizioni popolari
Apprendimento lingua
Tortolì Sardo Risultati
+ Inglese
Villasor Sardo Risultati Tradizioni popolari
Dolianova Sardo Testo locale in ITA Tradizioni popolari
Testo teatrale in dialetto locale
Dolianova Sardo
(chiamato lingua dolianovese)
In particole matematica e
Macomer Sardo Varie pubblicazioni a stampa informatica in sardo.
Finanziato con fondi LR 26
Fotocopia della traduzione
Nuragume (IC Borore) Sardo X dello statuto del cons.
Comunale dei bambini
Lista dei libri di testo adotttati,
Duino Aurisino
Sloveno tutti a stampa, ufficiali, dalla
(sc. Italiane)
Slovenia (cioè SLO L2)
San Pietro/Špjetar Sloveno Risultati Varie a stampa
Tarcento Sloveno Risultati Territorio
Tabella 52: Testi inviati
| 222 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
I materiali dunque sono molto pochi, e la loro tipologia non consente in alcun modo
di sottoporli ad analisi didattica o pedagogica: possiamo qui proporre una piccola disa-
mina descrittiva, basata sulle tipologie testuali e sui contenuti.
Ora, la maggior parte dei materiali inviati consiste nei lavori compiuti dagli allievi
durante i progetti sovvenzionati dal MIUR in accordo con la legge 482/99, o in reso-
conti o filmati di attività laboratoriali: 31 scuole ci hanno inviato piccole pubblicazio-
ni locali, fotocopie, file di testo su CD, che includono una varietà spesso interessante di
elaborazioni di vario genere create dai ragazzi con l’aiuto dei loro insegnanti, le quali
però non possono essere considerate come materiali didattici. Proprio per la struttura a
progetto delle attività didattiche in LM supportate dalla Legge, in effetti, non è sul libro
di testo della lezione formale che si basa l’attività a sostegno della LM, ma spesso sul
rapporto interattivo e di gruppo tra allievi, insegnanti e spesso persone esterne alla
scuola; e non è una «verifica» ufficiale che sancisce la conclusione del modulo didatti-
co, ma appunto la realizzazione pratica di un testo autoprodotto, di una raccolta di detti
o di oggetti, uno spettacolo o un CD.
Libri di testo veri e propri sono stati menzionati da 18 delle 44 scuole che hanno spe-
dito i materiali didattici, ma, purtroppo solo 14 di questi ne hanno inviato delle copie;
le altre 4, per motivi economici, si sono limitate ad mandare una lista dei libri di testo
adottati. Si noti inoltre che tra queste 14 scuole che hanno mandato prodotti considera-
bili materiali didattici in senso stretto, 2 hanno proposto esclusivamente testi autopro-
dotti e fotocopiati (non a stampa), due hanno inviato abbecedari di ambito estremamen-
te locale, 3 testi per l’insegnamento di altre materie con LM veicolare stampati in pro-
prio o dalla scuola stessa, e abbiamo in più un testo di francese come L2. Le
A queste due tipologie si sommano: testi locali a stampa su tradizioni popolari, tea-
tro dialettale e storia locale (3), giochi su formato cartaceo (a stampa o autoprodotti, 2),
traduzione di testi giuridici (statuto del Consiglio comunale dei bambini in sardo e tra-
duzione del testo della legge 482 in friulano), un dizionario dialettale a stampa a cura
della scuola. Un dizionario sardo-italiano è anche citato due volte negli elenchi dei libri
di testo non inviati.
Si aggiungano poi prodotti multimediali (CD, videocassette) sulle tradizioni locali
(spesso in LM), cartoni animati (molto presente la Pimpa di Altan in friulano) e un solo
strumento multimediale per l’uso della lingua, cioè una copia di correttore ortografico
per il friulano. In un caso sono stati inviati i formulari ufficiali per la richiesta dei fondi
482/99 al MIUR. Le scuole che hanno inviato libri di testo a stampa (pubblicati da enti
pubblici o da privati) hanno spesso anche aggiunto esempi di libri, riviste, fumetti per
bambini o ragazzi – o eventualmente anche per un pubblico più generale – relativi a
vari argomenti, formati e interessi.
I contenuti dei testi inviati (anche guardando solo a quelli più propriamente classi-
ficabili come «libri di testo», o almeno supporti didattici multimediali) mostrano una
grande eterogeneità: alcuni sono dedicati all’alfabetizzazione in lingua e al suo appren-
Analisi dei materiali didattici | 223 |
dimento, come lingua madre o come L2, altri all’insegnamento di materie quali la sto-
ria, le scienze e la matematica a diversi livelli educativi, con livelli che vanno dalle ele-
mentari (testi a stampa sul modello di quelli corrispondenti in italiano) alle scuole supe-
riori di secondo grado (un solo caso questo, e autoprodotto). Gli elaborati dei ragazzi
puntano invece principalmente sulle tradizioni popolari, il folclore, i proverbi (e questo
tipicamente in Sardegna e presso le comunità albanesi) e sulla (ri)scoperta del territo-
rio (in Friuli e Veneto); dappertutto è diffuso il lavoro di elaborazione e produzione di
testi in LM da parte dei ragazzi.
Queste relazioni dunque, se non sono dei veri e propri materiali didattici, sono però
il risultato concreto del lavoro fatto; il punto è che si differenziano radicalmente nel
contenuto, nella struttura, nell’origine intrinseca – ma specialmente nel vissuto degli
alunni e degli insegnanti – ai libri di testo «ufficiali» delle altre materie. I testi creati
dai ragazzi non sono fatti per essere letti né per essere riutilizzati: nella maggior parte
dei casi il loro scopo è la loro stessa creazione, addirittura quasi indipendentemente dal
loro contenuto (sono lo strumento della scuola «per domesticazione», come verrà chia-
mata nel prossimo capitolo). I libri di testo rappresentano invece lo strumento di una
scuola per straniamento, che chiede allo studente di adattarsi all’offerta formativa: in
altre parole, i lavori dei ragazzi sui progetti sono il risultato di una scuola che crea la
propria cultura (e torneremo su quest’aspetto), laddove il libro di testo istituzionale è lo
strumento di una scuola che tramanda e rielabora istanze culturali già cristallizzate
nella società e definite una volta per tutte.
Emerge anche da un’analisi così necessariamente ristretta una forte diversità fra i
materiali prodotti dalle scuole del nord e del sud (con la Sardegna): al nord, coerente-
mente con una tendenza di fondo che ritroveremo in sede di conclusione e che accor-
da una grande importanza all’amministrazione territoriale e agli enti locali, i materia-
li sono pensati e realizzati sì dalle scuole, ma spesso con un occhio alla loro circola-
zione presso un pubblico più ampio; e la loro produzione è di frequente a cura di real-
tà extrascolastiche: Regioni, Province, case editrici private. Di contro al sud è la scuo-
la il maggiore centro di pubblicazione di materiali: e questi, pur nati in ambito scola-
stico, sono spesso rivolti ad utenze diverse: la comunità adulta, o la Chiesa i le istitu-
zioni locali. Da notare l’attività del Friuli Venezia Giulia, che appoggia e sovvenziona
la realizzazione di testi scolastici per tutte le scuole friulane, che sono resi commercia-
lizzabili: la situazione della minoranza friulana sembra così in certo senso duplice:
considerando i materiali prodotti dalle singole scuole sembra di scorgere una LM che
entra dal basso, per domesticazione; al tempo stesso la Regione prepara sponte sua gli
strumenti per una scuola per straniamento, che forse anticipa possibili richieste future
di ragazzi e insegnanti.
| 225 |
Capitolo quinto
I Gruppi
5.1 La Legge 482/99 e il territorio
Dieci anni di 482: la svolta
Il punto 3. del Progetto (ricordiamone il titolo: «La Scuola: accettazione, valutazio-
ne e aspettative») è dedicato allo studio delle ricadute dei progetti e delle iniziative sco-
lastiche sui diretti interessati, ossia sugli studenti, sugli insegnanti e sui genitori, inda-
gando in loro la percezione dell’adeguatezza delle iniziative, la loro ricezione, il grado
di soddisfazione e le aspettative riguardo al futuro. E questo da un punto di vista il più
possibile interno alla comunità, dacché lo strumento del focus group creativo permette
di indagare le dinamiche profonde dell’agire dei gruppi umani; in un certo senso, è come
se le 11 comunità qui analizzate costituissero un insieme organico di carotaggi, ristretti
in ampiezza ma particolarmente profondi, delle situazioni già oggetto di studio tramite
le ricerche descritte in precedenza. Ogni comunità dunque non rappresenta solo sé stes-
sa ma si fa portavoce di istanze, vissuti, bisogni più vasti che si possono ritrovare in punti
anche molto diversi e distanti dal punto di vista geografico, sociale o culturale.
Partiamo da un interrogativo se si vuole primario, ma di grande rilevanza: la legge
482/99 ha effettivamente cambiato le condizioni di percezione e – quello che qui più conta
– di insegnamento delle lingue di minoranza sul territorio? La risposta ha avuto accenti
diversi a seconda delle diverse situazioni (e si cfr. quello che si è detto sul Q2) ma è una per-
cezione abbastanza unanime nelle comunità di minoranza che il valore della legge stia prima
di tutto nel fatto che essa dà finalmente riconoscimento giuridico applicativo alle minoran-
ze assieme alla possibilità reale, sancita, indiscutibile, di far entrare alcuni dei codici presen-
ti sul territorio negli ambiti pubblici nazionali, primo fra tutti nell’istituzione scolastica e
dunque in qualche modo renderli ufficiali. Per alcuni una vera e propria liberazione:
abbiamo aspettato 60 anni per poter avere la nostra scuola! [S. Sofia (Ins)]; vedere rico-
nosciuta la propria lingua è una liberazione, è la possibilità di esprimere la propria iden-
tità [San Pietro 2 (Gen)].
L’impatto della legge è stato però differente nelle diverse comunità. Per alcune esi-
steva già un importante riconoscimento istituzionale locale, a cui quello della 482/99 si
| 226 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
è eventualmente aggiunto: la comunità ladina e quella mochena in Trentino, quella slo-
vena nella Venezia Giulia, in misura minore il friulano in Friuli. Il riconoscimento e la
tutela della provincia in Trentino (mamma provincia ! [Pergine (Ins)] e della regione in
Valle d’Aosta hanno un impatto tanto pratico quanto emotivo senza dubbio molto più
forte di un qualsiasi tipo di riconoscimento statale italiano 74:
noi siamo sempre stati liberi di usare la nostra lingua a scuola | noi non abbiamo molto
bisogno delle leggi dello Stato quando ci sono quelle della Regione e della Provincia che
sono più avanti… e da molti più anni [Pozza (Gen)]75; la Provincia ci protegge meglio
[(Pergine (Ins)]; noi l’autonomia l’avevamo già, finire nello Stato sarebbe un po’ un tor-
nare indietro [Gignod (Gen)].
L’arrivo della 482/99 è stato invece particolarmente importante per le isole di mino-
ranza dell’Italia meridionale, non protette né de iure né de facto dalle autorità locali e
per le quali l’intervento dello Stato è stato vissuto come fondamentale, rivoluzionario.
La legittimazione statale ha scavalcato le istituzioni locali e regionali e ha imposto un
nuovo rapporto fra la dimensione pubblica nazionale e la LM; e in generale l’essere
riconosciuti, quasi finalmente accettati, da parte della Nazione nel suo complesso è per
queste comunità molto importante, più di quanto non si sia riscontrato in quelle alpine:
e l’arrivo della legge ha coinciso con un nuovo orgoglio, con la caduta di certe barrie-
re, ci hanno tirato fuori di nuovo la voglia di parlare la lingua, senza vergogna [Ururi
(Ins)]; siamo orgogliosi di essere albanesi e molisani, ma prima di tutto siamo di Ururi...
e italiani, certo! [Ururi (Gen)]; certo c’è la comunità montana che collabora e il comu-
ne, ma la provincia poco e la regione niente [S. Sofia (Ins)].
Questo suggello statale, questo riconoscimento ha permesso, spesso per la prima
volta, di introdurre le lingue in ambito scolastico dando la forza dell’ufficialità alla pro-
posta didattica nei confronti di genitori talvolta perplessi o timorosi:
prima non ci si pensava, non era giustificabile coi genitori [Ururi (Ins)].
In Sardegna l’impatto della legge è stato più complesso: la forza di attrazione del-
l’autorità regionale, indubbiamente attiva nei confronti della lingua, almeno in questi
ultimi anni, e quella statale sembrano in equilibrio. È forte il bisogno del riconoscimen-
to o dell’avvallo statale ma al contempo ferma la volontà di agire a livello regionale,
come un corpo unico e coordinato.
74
Anche la percezione dell’attuale riforma, per esempio, è molto attenuata e attutita in quelle zone: ma si,
qui la riforma vedremo come arriverà perché qui abbiamo un filtro [Gignod (Gen)]; bisognerà vedere cosa
dirà il ministero riguardo agli orari… ma poi tanto la Provincia deciderà altrimenti: noi guardiamo alla
Provincia [Fassa (Ins)].
75
L’attuale generazione 2 fassana già ricorda forme (meno istituzionalizzate) di insegnamento di ladino a
scuola.
I Gruppi | 227 |
la Regione faceva già qualcosa per il sardo, ma ora sente davvero di dover prendere la
cosa nelle sue mani e fare meglio | la 482 è uno degli strumenti di rivalorizzazione del
sardo [Settimo (Ins)]76.
Degna di nota per la sua peculiarità, inoltre, la visione della comunità occitana, che
non solo sembra richiedere con forza l’intervento dello Stato, ma al contempo critica la
regione che, a suo dire, non si interessa e non tutela abbastanza la minoranza delle valli
occitane. Ricordiamo che dal punto di vista giuridico la regione Piemonte possiede una
legge che non prevede, è vero, l’ufficializzazione delle lingue a livello amministrativo,
ma concede al contempo fondi più consistenti di quelli della legge 482/99. La reazione
negativa che abbiamo registrato è dovuta probabilmente al fatto che la legislazione
regionale riconosce tra le lingue di minoranza il piemontese che, con i suoi più di 3
milioni di parlanti e la sua forza sociale anche nelle valli alpine originariamente occi-
tane, arriva quasi a monopolizzare la questione della lingua a livello politico locale.
Prevedibilmente, il grado di conoscenza delle legge e la sua per così dire interioriz-
zazione sono diversi nei tre target intervistati. Per il corpo insegnante, ed ovviamente
per i dirigenti scolastici, la legge è uno strumento, talvolta l’unico a disposizione tal-
volta solo uno fra tanti, solitamente ben padroneggiato, nelle mani del dirigente, di un
referente della 482 e di qualche insegnante particolarmente coinvolto. Si tratta di uno
strumento senza dubbio prezioso ma che viene anche percepito come un peso in una
gestione quotidiana dell’attività scolastica sempre più faragginosa e gravosa:
la scuola è un contenitore di tante, troppe cose... anche il mistero chiede troppo, troppa
burocrazia, troppe competenze [...] i progetti sono anche interessanti ma sono anche tre-
centomila, così non si fa bene niente [Pozza (Ins)]; formulare e riformulare la domanda,
stare attenti a tutti i paletti che mette: non sono pochi [Paluzza (Ins)].
In particolare la modalità per la ricerca di fondi, frammentata su diversi canali è one-
rosa da gestire in termini di energie e di tempo: il ministero, le regioni, le province, le
comunità montane hanno esigenze e linguaggi diversi che bisogna padroneggiare e ai
quali bisogna adeguarsi, quasi facendo lo slalom per accontentare tutti e per ottenere
talvolta cifre nettamente inferiori a quelle richieste:
76
Illuminante per mostrare questo tipo di dinamiche la proposta per elaborare il POF del 2009 del Consiglio
di Istituto di Sardara (provincia del Medio Campidano) e che riprendiamo dal giornale on-line Novas di
Sardara (http://novasdisardara.blogspot.com/2009/10/scuola-e-territorio-2.html): «Ricordiamo che la L.R
26/97, all’art. 2 recita: “la Regione assume come beni fondamentali da valorizzare la lingua sarda ricono-
scendone pari dignità rispetto alla lingua italiana-storia, le tradizioni di vita e di lavoro, la produzione let-
teraria scritta e orale, l’espressione artistica e musicale, etc.” Chiediamo che tutto ciò non sia episodico,
che non faccia parte di un qualche progetto o risultato della buona volontà del singolo insegnante, ma che
in qualche maniera lo si istituzionalizzi prescrivendolo a chiare lettere nel POF [...] Due parole a par-
temerita la questione della lingua. In attesa di una decisa e seria politica linguistica da parte della Regione
Sardegna sulla questione della lingua all’interno della scuola, vorremo che nell’effettuazione dei progetti
in lingua sarda che quest’ultima la si trattasse come una lingua normale e non folkoristica e retaggio del
passato. In sardo si può e si deve poter parlare di qualunque argomento. Smettiamola di legare la lingua
alla tradizione ed esclusivamente al mondo agropastorale scomparso perché questo significa solo darle una
| 228 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
senza progetti scritti in un certo modo non hai i finanziamenti [Paluzza (Ins)]; la 482 con-
tribuisce un po’, molto fa la legge regionale 26, che stanzia fondi per la lingua, la cul-
tura, la formazione le visite guidate.... contemporaneamente ci sono i fondi del ministe-
ro per le zone a rischio di dispersione scolastica o di spopolamento... in generale i soldi
volendo ci sono ma bisogna amalgamare le risorse [Settimo (Ins)].
Questa difficoltà riguarda la modalità di reperimento dei fondi in generale; nei
confronti della 482/99 si aggiunge la fatica di chiedere qualcosa che implicitamente
sembra di potere rivendicare come diritto. Si registrano alcune contestazioni alla
richiesta di formulare la domanda in lingua minoritaria, come ad Arzana o ad Ururi,
specialmente là dove la cultura è prevalentemente orale e non vi è uno standard scrit-
to diffuso.
Infine, in controluce, ma comunque palpabile, si è intravista dietro alla presenza
spesso monolitica dei docenti di LM e dei loro sostenitori un altro mondo molto più
conflittuale, di dirigenti che considerano le possibilità offerte dalla legge solo come una
complicazione da gestire a livello di tempo e organico, di conflitti tra insegnanti locali
«che ci tengono» ed insegnanti esterni molto più tiepidi, di ristrettezze economiche che
moltiplicano le ansie e le tensioni:
ti obbligano a lavorare su quello, se io voglio fare un progetto sulla musica non trovo
una lira [Pagnacco (ins)].
Il livello di coinvolgimento personale dei genitori varia: laddove esiste una maggio-
re coscienza etnico-linguistica e vi è un maggiore attivismo politico, magari anche solo
di frange minoritarie, la legge è stata spesso discussa a livello di organi collegiali ed ha
mosso delle richieste che sono partite anche dalle famiglie. A Paesana, alcuni genitori,
molto coinvolti in associazioni culturali occitane, si sono mossi singolarmente ed in
prima persona, per esempio chiedendo la presenza di una maestra occitana alla scuola
materna per salvaguardare il diritto linguistico di un bambino parlante occitano. Nella
scuola bilingue di San Pietro al Natisone alcuni dei genitori erano tra i fondatori della
scuola e avevano partecipato direttamente al passaggio da scuola privata a scuola sta-
tale successivo alla promulgazione di una legge regionale di tutela nel 2001:
è molto importante che lo Stato abbia preso coscienza e si occupi di noi, l’abbiamo volu-
to, con risultati non tutti positivi, ma l’abbiamo scelto [San Pietro 2 (Gen)].
Nei punti di inchiesta dove esistono già altre forme di tutela e una proposta didat-
tica da lungo tempo strutturata i genitori hanno invece mostrato scarsa conoscenza
dello strumento legislativo specifico e delle possibilità che esso offre. Questo non
connotazione negativa di lingua del passato che non assolve più alle funzioni di una lingua normale.
Soprattutto cerchiamo di evitare di fare lezioni di lingua sarda in italiano. Tutte queste cose portano inevi-
tabilmente alla fine di una lingua già abbastanza compromessa. Anche ciò è perfettamente in linea con il
dettato e lo spirito della L. 482/99 che tra le altre cose prevede l’utilizzo delle lingue minoritarie come stru-
mento veicolare per l’insegnamento di altre discipline (art. 4)».
I Gruppi | 229 |
certo perché ci sia scarsa partecipazione nella gestione della scuola, ma perché queste
comunità vengono da lunghi anni di riflessione sociale e politica sul ruolo della LM e,
come abbiamo visto, la novità reale apportata dalla 482/99 è stata per loro minima. Il
sistema scolastico locale è appannaggio della Regione o della Provincia, e tale deve
rimanere:
lo Stato non è un interlocutore, anche se la scuola è … [statale] | no, la scuola non è sta-
tale, è regionale [Gignod (Gen)].
I ragazzi non hanno mai mostrato una conoscenza diretta o un interesse particola-
re per la legge, e questo è abbastanza comprensibile, anche tenuto conto della giova-
ne età degli intervistati: nella scuola italiana primaria e secondaria di primo grado
non vi è normalmente abitudine alla lettura o allo studio di testi di legge; l’unico testo
a volte discusso, e solo nei suoi articoli fondamentali, è la Costituzione Italiana. Più
in generale possiamo affermare in base alle nostre osservazioni che i giovani non
hanno peraltro mostrato una vera e propria coscienza dei propri diritti linguistici, con
l’eccezione parziale di quelli della Val di Fassa e dei ragazzi della scuola bilingue di
San Pietro al Natisone, due casi molto particolari per la situazione sociolinguistica e
politico/amministrativa in cui si trovano. Possiamo immaginare che un ragazzo
dell’Alto Adige (sia della scuola ladina, che di quella italiana o tedesca) sia più
cosciente dei suoi diritti linguistici, ma non abbiamo sufficienti dati per poterlo con-
fermare in quanto, come già accennato nella parte introduttiva alla ricerca, la provin-
cia di Bolzano non ha partecipato all’inchiesta. Al momento attuale, tuttavia la legge
482/99 non fornisce ai ragazzi strumenti di conoscenza e coscienza dei propri diritti
e doveri linguistici.
5.1.1 I finanziamenti e le risorse
I finanziamenti erogati ai sensi della legge 482/99 non contribuiscono quasi mai in
modo significativo a portare avanti i progetti legati alle lingue di minoranza negli isti-
tuti toccati dalla nostra inchiesta qualitativa:
il lavoro sul friulano è finanziato solo in parte (per circa 1/5) dalla 482; il resto dei
finanziamenti provengono [sic] dalla legge regionale |sono bricioline [Pagnacco (Ins)].
Abbiamo incontrato un grandissimo numero di insegnanti che ci hanno raccontato,
spesso con un grande senso di frustrazione, di come da soli o in piccoli team a livello
di classe o di plesso studiano e costruiscono un programma didattico, creano da sé
documenti e materiale, spesso con fotocopie, o comunque in economia, con molta fati-
ca e una buona parte di lavoro volontario, fuori dall’orario scolastico:
| 230 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ci sentiamo insegnanti di frontiera, di strada [San Pietro 1 (Ins)] abbiamo bisogno di
quei soldi per poter lavorare bene e sono pochi, sono sempre le nozze coi fichi secchi
[Ururi (Ins)]; per un’ora di lezione in lingua mochena ho bisogno di tre ore di lavoro a
casa [Pergine (Ins)]; per ogni ora di friulano o di timavese fatte a scuola ce ne sono
almeno 2 fatte a casa per preparare i materiali e prepararsi: è tutto abbastanza nuovo,
stiamo imparando mentre facciamo e non ci sono i materiali, che creiamo noi | tutte le
ore di insegnamento e aggiuntive per la preparazione dei materiali, dei percorsi, la pro-
duzione e la stampa dei materiali, tutto è fatto col volontariato [Paluzza (Ins)].
È quasi sempre necessario integrare e si possono proporre progetti di ampio respiro
solo là dove si sa di poter contare su altre fonti di finanziamento nel caso, assai frequen-
te, di sovvenzionamento solo parziale. Per le comunità che lavorano con maggior sicu-
rezza economica e di status, la 482/99 con i suoi fondi e le modalità didattiche propo-
ste diventa una sorta di valore aggiunto, un riconoscimento che viene dall’esterno,
apprezzato, e che permette di intraprendere altre strade, magari meno battute in prece-
denza, come i corsi aperti i genitori (a Pozza di Fassa), o la produzione di libri e altro
materiale didattico di qualità (a Gignod, nella valle dei Mocheni), o, ancora, di finan-
ziare progetti di contatto con altre comunità meno ricche (gemellaggi tra Fassa e
Sauris). In verità alcuni di questi finanziamenti non sono o non sono più possibili77 ma
sono ancora presenti nella percezione delle possibilità date dalla legge da parte delle
scuole:
con i soldi della 482/99 abbiamo potuto coinvolgere meglio le famiglie degli allievi con
alcuni incontri con esperti che hanno parlato del vantaggio del bilinguismo e motivarli
di più e inoltre abbiamo stampato un bel libro per le prime classi elementari [Pergine
(Ins)].
Anche tralasciando i casi macroscopici di Trentino e Valle d’Aosta in cui la scuola
è di fatto di competenza provinciale la prima e regionale la seconda, in numerosi punti
d’inchiesta la scuola è comunque in grado di attivare risorse locali: la Regione nel caso
del Friuli e della Sardegna oppure i comuni, le comunità montane ma anche banche,
fondazioni, bandi a tema (cittadinanza attiva, interculturalità, integrazione):
la legge regionale 26/96 è quella che ci permette di fare quasi tutto, la 482 contribuisce
piuttosto poco [Settimo (Ins)] 78; da noi vanno a coprire la retribuzione dei docenti e degli
esperti esterni e la produzione di materiale. Il resto lo paghiamo quasi tutto con la legge
regionale 15 del ‘96 [Paluzza (Ins)].
Si noti come, nel caso di Gignod, la dirigente abbia addirittura scelto di rinunciare
ai fondi della 482/99, diversamente da altre scuole dove esiste la minoranza francopro-
77
Dal 2006 non sono più finanziati i gemellaggi, e dal 2007/2008 non sono più finanziati i corsi per gli
adulti.
78
Per un’analisi quantitativa dell’apporto economico alle comunità da parte dello Stato, si rimanda al com-
mento del Q2.
I Gruppi | 231 |
venzale, perché, dice, preferisce attivare altre risorse sul territorio, che afferma di
conoscere meglio [Gignod (Ins)], anche per l’esiguità dei fondi che arrivavano a fron-
te dell’impegno burocratico richiesto.
I fondi provenienti dalla legge sono considerati strategici solo per le comunità che
non godono di altri tipi di sovvenzione: in particolare gli albanofoni, soprattutto ad
Ururi, e a Paesana79:
siamo quattro gatti, non interessiamo a nessuno politicamente | la provincia è debole, la
regione ancora più debole… fanno a gara per chi è peggio [Ururi (Ins)]; certo c’è la
comunità montana che collabora e il comune, ma la provincia poco e la regione niente
[Santa Sofia (Ins)].
In queste comunità l’atteggiamento è spesso molto pragmatico e a volte un po’ disil-
luso: si accettano i fondi che arrivano e con quelli si cerca di costruire il possibile, la base
di partenza, apprezzando soprattutto lo spirito di fondo della legge quello del riconosci-
mento esplicito e della possibilità di introdurre le lingue di minoranza nella progettazio-
ne curricolare ed extra-curricolare, didattica ed organizzativa delle varie attività:
per ora ci accontentiamo, basta che il futuro ci riservi più attenzioni, altrimenti sarà
stato tutto inutile [Ururi (Ins)]; i soldi si trovano, con molta fatica, ma si trovano, vanno
unite le forze e organizzati gli sforzi [Settimo (Ins)]; e comunque stiamo molto meglio
rispetto a prima della legge, ora la lingua ha il suo posto nell’attività scolastica [Santa
Sofia (Ins)].
La legge, di fatto, designa l’istituzione scolastica come agente essenziale per la sal-
vaguardia della lingua, senza fornirle al contempo gli strumenti adeguati per poter esse-
re davvero incisiva nei suoi interventi, aumentando così la sensazione di frustrazione e
di impotenza degli operatori scolastici, che si sentono mandati in prima linea:
ci chiedono di salvare la lingua, ma noi non siamo in grado di fare miracoli e così la lin-
gua va a morire [San Pietro 1 (Ins)]; a cosa serve individuare delle comunità linguisti-
che e dichiarare di volerle tutelare se poi non si finanziano le attività di tutela? [Paluzza
(Ins)].
Inoltre è unanime la percezione che i finanziamenti si vanno riducendo sempre di
più col passare del tempo; molto comune l’esperienza riportata nei gruppi di una con-
cessione di fondi che ammonta alla metà, se non a meno, delle somme richieste per i
progetti presentati. Un tipo di situazione che porta, in casi estremi, anche all’instaurar-
si di circoli viziosi: chiedo il doppio per avere ciò che mi serve, un tipo di comporta-
mento che umilia anche chi lo mette in atto e che non contribuisce certo a creare un rap-
porto di fiducia tra scuola e istituzioni più alte:
79
In generale risultano meno tutelate le isole linguistiche che sentono di mancare di una adeguata rappre-
sentanza a livello provinciale e meno ancora regionale.
| 232 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
sempre più scuole chiedono i finanziamenti e sempre meno viene dato [Pagnacco (Ins)];
è la mensa dei poveri | è la guerra tra poveri [Paesana (Ins)]; tante promesse non man-
tenute [San Pietro 1 (Gen)].
Se da una parte si ha la percezione che sempre più scuole fanno richiesta non fosse
che per comprarsi il toner, il timore di molti, che aumenta il senso di abbandono da
parte dello Stato, è soprattutto che vi sia la volontà, non ancora esplicitata, di chiudere
definitivamente con i finanziamenti o di destinarli a pochi progetti scelti:
stiamo cavalcando un’onda che va a morire, ora resta solo da salvaguardare ciò che è
rimasto [San Pietro 1 (Ins)].
Ora, nella percezione in particolare dei docenti, l’insegnamento delle LM a scuola
ha ancora bisogno di fondi aggiuntivi, è molto lontano da una qualsiasi normalizzazio-
ne in cui la presenza della LM a scuola possa essere considerata di routine, per quanto
una minoranza lo ritenga auspicabile:
dovrebbe diventare normale il parlare sloveno, la legge deve diventare inutile: questo è
il vero traguardo! [San Pietro 1 (Ins)]
Le istituzioni inoltre faticano a mettere a disposizione servizi o istituzioni basiche
per l’instaurarsi di questa routine; non vi sono, salvo le poche eccezioni delle regioni e
province autonome, corsi universitari, classi di concorso, regolamentazioni per l’acces-
so all’insegnamento delle LM:
ci vorrebbe una classe specifica di concorso, come quella dei valdostani o dei ladini, per
avere più chiarezza su chi può e chi non può (insegnare la lingua) [Paluzza (Ins)]; ci si
inventa esperti, ma così si fa anche del male alla lingua [Arzana (Ins)]; abbiamo un
estremo bisogno di corsi universitari: possibile che a Torino non ci sia un insegnamen-
to di occitano attivato?! [Paesana (Ins)]; perché, se passa la legge sull’insegnamento al
liceo, chi sarà abilitato a insegnare? [Pagnacco (Gen)].
I fondi distribuiti dalla legge 482/99, sempre più esigui sempre più incerti, rischia-
no di diventare soldi sprecati, quando non permettono la continuità didattica necessaria
per dare credibilità al lavoro svolto anche di fronte alle famiglie e agli stessi ragazzi,
creando a cascata, anche cadute di prestigio alla LM, come si vedrà meglio in seguito:
sprechi | come un fuoco che non si autoalimenta, con pochi legnetti, un solo fiammifero
o due [Paesana ( Ins)]; lavoro sempre con lo spauracchio di non poter proseguire l’anno
prossimo | abbiamo dovuto abbandonare la nostra piccola produzione editoriale e rinun-
ciare alla creazione di reti [Santa Sofia (Ins)].
I Gruppi | 233 |
I contatti, sia in verticale con istituzioni superiori ed universitarie – soprattutto per
la formazione, ma anche per ottenere materiale didattico e altre consulenze – sia in
orizzontale con altre scuole della propria o di altre lingue di minoranza sono molto
rari, sporadici e in genere difficili, perché non istituzionalizzati e sistematizzati, oltre
che non adeguatamente finanziati. Quello che risulta veramente difficile è stabilire
progetti unitari di grande respiro: lavorare in rete è senza dubbio fruttuoso, amplia
conoscenze, fa progredire le metodologie, ma se non ci sono sostegni materiali i costi
in termini di impegno (e le spese!) per garantire la continuità dell’esperienza in rete
non sono sufficientemente ripagati e allora si abbandona o si continua con progetti
individuali:
avevamo aderito a una rete di scuole per la didattica in sardo, a Tortolì; Ilbona doveva
essere capofila, ma dopo 2 anni faticosi non siamo arrivati ancora a nulla | ci sono costi
materiali e in termini di tempo, un impegno enorme [Arzana (Ins)]; bisogna condividere
le esperienze, mettersi in rete, come fanno tanti altri, noi abbiamo invitato Monte Cilfone
e altre scuole a collaborare, ma è molto difficile [Ururi (Ins)].
Fanno eccezione i casi
• della Valle d’Aosta in cui le scuole che lo desiderano ottengono l’appoggio del
Bureau Régional Ethnolinguistique e soprattutto del Centre d’Etudes
Francoprovençales (in particolare per aiuti dal punto di vista glottodidattico);
• della Val di Fassa le cui scuole lavorano in sinergia con l’Istituto Culturale
Ladino, l’OLFED e da poco anche il Comprensorio Ladino di Fassa80;
• del Friuli in cui sembra piuttosto buono il rapporto con la locale università e in
cui, soprattutto, c’è un’abitudine consolidata di messa in compartecipazione
delle esperienze e delle buone pratiche;
• in misura minore, della comunità albanese di Calabria che sembra avere un buon
rapporto con la locale università.
Bisogna però sottolineare che tali risorse potrebbero forse aprirsi maggiormente,
con reciproco beneficio, come nel caso ladino della val di Fassa, dove esiste un contat-
to e dialogo diretto tra istituzione scolastica e assessorato facente le veci di ministero,
ma in cui il lato negativo della gestione autonoma sta nel fatto che che la valle è da sola,
coi suoi 7 comuni, quando avrebbe nella provincia a fianco risorse maggiori se messe
in condivisione, con un Istituto Pedagogico di Bolzano che potrebbe offrire libri, pub-
blicazioni, formazione, convegni e molto altro. Situazione auspicabile anche per altri
importanti centri di ricerca che di fatto tendono a lavorare isolati, senza un organismo
centrale che possa contribuire a coordinarne gli sforzi e mettere veramente in rete le
buone pratiche e le risorse.
80
L’OLFED è l’Ofize Ladin Formazion e Enrescida Didatica, un organismo composto da 4 insegnanti, di
cui 2 totalmente dedicati. Si regge completamente sul contributo provinciale ed è un ufficio a sé all’inter-
no della scuola.
| 234 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
bisognerebbe essere più lungimiranti e aperti, conoscere veramente quello che fanno
nelle altre comunità: in rete [i.e. web] qualcosa si trova, ma con fatica: ci vorrebbe
un’istituzione superiore, neppure il MIUR lo fa veramente [Paesana (Ins)].
5.1.2 Scuola, territorio, comunità e lingua: la 482/99 nella prospettiva dell’autonomia
scolastica
Verso la fine degli anni ’90 il volto della scuola è profondamente mutato, grazie a
una serie di interventi legislativi in direzione di una maggiore autonomia e di una mag-
giore sinergia tra scuola e tessuto culturale, sociale, economico, ma anche ambientale
in cui essa è immersa81.
IN PRIMO PIANO: LA LEGGE 482/99 E L’AUTONOMIA SCOLASTICA
Il legislatore, riconoscendo la scuola come il punto di sintesi tra la domanda formativa indi-
viduale e le finalità generali del sistema educativo nazionale, accetta la sfida insita nel model-
lo – proposto dall’art. 21 della Legge 59 del 1997 e dal DPR 275 dell’8 marzo 1999 – di una
scuola flessibile, democratica, capace di rispondere, alle domande dei diversi soggetti diret-
tamente o indirettamente coinvolti nel sistema scuola (ossia studenti, genitori, mondo del
lavoro, enti di ricerca e comunità locali), programmando specifici interventi educativi e adot-
tando scelte curricolari coerenti.
In modo particolare gli articoli 4 e 5 della legge 482/99 riflettono come nella progettazione
e nella realizzazione degli interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo svi-
luppo della persona umana si attui l’autonomia stessa delle Istituzioni Scolastiche, in siner-
gia con i diversi contesti culturali, tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei soggetti
coinvolti e della domanda delle famiglie.
Al Dirigente Scolastico viene altresì riconosciuta la capacità manageriale:
a) di ampliare l’offerta formativa promuovendo o aderendo a convenzioni, protocolli e
accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale;
b) di riorganizzare i percorsi didattici – nel rispetto della quota nazionale del curricolo –
attuando compensazioni tra le discipline e le attività previste fino al 15% del monte
orario annuo (poi con il D. 28 dicembre 2005 si eleva al 20% della quota annua, per-
centuale confermata anche dal D. M n. 47 del 13 giugno 2006);
c) di valorizzare il pluralismo culturale e territoriale garantendo, nel contempo, il carat-
tere unitario del sistema d’istruzione.
81
Le tappe principali di questo percorso sono, nell’ordine: 1) il D.P.R. n. 233 del 18 Giugno 1998 a norma
dell’Art. 21 Legge n. 59 del 16.07.97 che istituisce gli istituti comprensivi, favorendo tra le altre cose la
verticalità didattica e, 2) il il DPR 275 dell’8 marzo del 1999, il documento dell’autonomia scolastica, che
trasforma la figura del Preside in un Dirigente Scolastico, il quale può attivare protocolli d’intesa, stringe-
re convenzioni con gli enti territoriali nell’ottica della sinergia orizzontale e verticale. Come conseguenza
al DPR 275 cade la prescrittività dei programmi scolastici.
I Gruppi | 235 |
Nelle diverse comunità sia presso gli insegnanti sia presso i genitori questo momento
di passaggio viene ancora ricordato come cruciale in particolare per le scuole piccole, in
zone disagiate e isolate, come tipicamente si percepiscono le comunità di minoranza:
noi verticalizzati di montagna ce l’abbiamo fatta ! [Gignod (Gen)]
La scuola, insomma, in quegli anni si è aperta all’esterno, a pratiche più flessibili,
alla didattica per laboratori; è spesso divenuta un centro di comunicazione attivo e ha
potuto collegare l’insegnamento delle LM al territorio, contribuendo alla loro vitalità.
la nostra scuola è immersa nel territorio, ha scambi molteplici | uno dei nostri obiettivi
è quello di “educare verso la sostenibilità”, i collegamenti della scuola con il territorio
sono moltissimi, centrali nel nostro POF | e il friulano è strettamente legato a questo ter-
ritorio [Paluzza (Ins)].
La legge 482/99, promulgata nello stesso torno di anni, viene percepita dall’utenza
e dagli operatori scolastici come un’espansione delle possibilità legate alla nuova auto-
nomia:
c’è il 20% del curriculum che possiamo decidere in autonomia [Settimo (Ins)]; con l’au-
tonomia la scuola ha avuto qualche possibilità in più [di insegnare l’albanese] [Ururi
(Ins)]; questa legge [la 482/99] è un portato dell’autonomia scolastica [Gignod (Ins)].
D’altronde nel caso delle comunità di minoranza il rapporto sia col territorio sia con
la scuola è molto intenso. L’ambiente, spesso estremo e isolato, viene interpretato,
anche simbolicamente, in termini di paesaggio, come intrinsecamente proprio e carat-
terizzante. Per queste comunità il loro territorio è sempre un territorio speciale, diverso
e ineffabile: chi viene da fuori non riuscirà mai a capirlo appieno. Il territorio viene
descritto con tratti edenici dagli stessi ragazzi, anche se in loro si intravvede talvolta
l’invidia per territori più facili e immediatamente fruibili:
noi siamo paesi estremi, come le nostre montagne [Paesana (Ins)]; il mare è a Tortolì, ma
la montagna è bella, non c’è inquinamento [Arzana (Rag)]; la montagna è in salita e si
fa fatica ma è bellissima [Pergine (Rag)].
Al tempo stesso, si tratta di un territorio che viene spesso intensamente vissuto,
anche grazie all’attività concreta di associazioni (legate al teatro, alla musica, al ballo,
alla letteratura), gruppi sportivi ed altre istituzioni che si pongono come interlocutori
della scuola. I ragazzi conoscono bene la loro zona, praticano e vivono in libertà le
montagne (camminata, scalate, vita in malga), vivono e partecipano attivamente alla
vita della comunità. La lingua stessa è quasi un prodotto, particolarmente prezioso, di
questo territorio così speciale:
| 236 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
a Ururi ci sono le associazioni per la Carrese (palio annuale), la banda, la squadra di
calcio e quella di ciclismo: tutte hanno nomi albanesi e si parla albanese [Ururi (Rag)];
io sono di qui, sto bene dove sto; sono figlia di contadini, ho vissuto il territorio; è il con-
tadino che difende la terra [Gignod (Ins)]; d’inverno si scia e d’estate si va a cammina-
re | io vado a pescare sui vari torrenti e fiumi [Paluzza: (Rag)]; il ladino e le Dolomiti
sono intrinsecamente legati [Pozza (Gen)].
Di più, un rapporto conflittuale col territorio si è riscontrato proprio nelle comunità in
cui la LM è più debole; in questi casi il territorio, magari ricco, viene sfruttato ma non vis-
suto oppure direttamente rifiutato dai ragazzi che ne vogliono uscire come da una prigione.
sì, perché è tanto bello qui | qui è uno schifo | non costruiscono niente di nuovo | c’è il
cimitero, la chiesa e nient’altro [Settimo (Rag)]; per noi non c’è niente | l’oratorio è solo
per i piccoli | si può solo sciare solo qua vicino | mancano i negozi, il treno, il cinema
[Paesana (Rag)].
Di questo territorio così intensamente vissuto la scuola è spesso un attore protago-
nista, banalmente e concretamente il solo o uno dei pochi presenti sul territorio stesso
e mantiene intatto un certo prestigio:
una scuola sempre aperta, punto di ritrovo, unica aggregazione sul territorio [Santa
Sofia (Ins)]; la nostra scuola grande e capiente come il mare [Ururi (Ins)].
La scuola si fa mediatrice delle istanze e dei valori del territorio (in questo la legge
ha saputo leggere un’esigenza profonda già presente); ma la scuola di valle, la scuola
del piccolo paese è anche una espansione della comunità che si fa tutta insieme comu-
nità educante: molti maestri sono locali, hanno talvolta insegnato ai genitori dei loro
allievi, i rapporti fra insegnanti e genitori sono intensi e spesso precedono l’inserimen-
to dei figli a scuola. La LM in questo contesto entra naturalmente nella scuola che deve
insegnare i valori di tutta la comunità:
qui siamo una famiglia allargata [Santa Sofia (Ins)]; la scuola è una casa grande... gli
insegnanti sarebbero i genitori [Arzana (Rag)]; abbiamo dei figli dei nostri ex alunni, lì
senti di avere lasciato delle impronte [Settimo (Ins)]; nei percorsi didattici a scuola che
riguardano il territorio è naturale utilizzare il friulano [Paluzza (Ins)]; i nonni vanno
spesso a scuola | gli spettacoli di fine anno sono un avvenimento per tutti | la scuola è
come una famiglia [Paluzza (Gen)].
Si può quindi parlare di una scuola ladina, sarda, arbëresh? La domanda è stata posta
esplicitamente in tutti i gruppi di adulti e ha, sorprendentemente, ricevuto quasi sempre
risposte negative, con le solite eccezioni delle scuole della Provincia di Trento e della
Regione Valle d’Aosta.
I Gruppi | 237 |
Vi sono diversi parametri per cui la scuola è legata in misura maggiore o minore al
suo territorio. Il primo è demografico: scuole piccole su territori coesi e ben identifica-
ti ma anche scuole presenti nei singoli paesi o nei capoluoghi di territori poco estesi
come ad esempio quelle di san Pietro al Natisone, Arzana e Ururi, sono scuole forte-
mente assimilate, sentite come appartenenti alle comunità; mentre scuole che raccolgo-
no ragazzi provenienti da realtà diverse e più sparse sul territorio, come Paesana,
Pergine, Pagnacco, sono sentite come meno «proprie». Forte assimilazione si registra
anche dove dirigenza e corpo insegnante sono prevalentemente locali: come in Val di
Fassa o a Santa Sofia. Maggiore è il senso di appartenza alle primarie che non alle
secondarie di primo grado, dove l’elevato turn-over di insegnanti e la provenienza
molto disparata degli stessi sono spesso la regola. Queste scuole però sono espressione
della comunità locale, ‘scuole di villaggio’, declinazioni particolari della scuola italia-
na: talvolta, come ad Arzana, ci sono stati rifiuti anche veementi da parte di fautori del
sardo a scuola all’ipotesi di parlare, per esempio, di una scuola sarda, percepita come
pericolosamente localistica.
Ovviamente dove c’è autonomia scolastica provinciale o regionale la scuola si
distanzia più fortemente dal modello comune. Non sempre si tratta di una scuola meno
italiana culturalmente – per esempio la scuola ladina è trentina soprattutto dal punto di
vista del funzionamento, dell’amministrazione – e non necessariamente avviene una
de-italianizzazione dei suoi contenuti culturali:
la scuola ladina di Fassa è molto ladina, un po’ italiana, ma dipende interamente e con
soddisfazione dalla provincia autonoma di Trento [Pozza (Ins)].
Anche la scuola di Gignod, per esempio, pur con l’inserimento del francese nel pro-
gramma scolastico, è una scuola che rimane fondamentalmente italiana.
siamo sempre una scuola italiana, nei contenuti, nelle materie, nella programmazione
[Gignod (Ins)].
Certo non mancano vissuti più conflittuali. In Sardegna come abbiamo visto nel
primo paragrafo è forte il desiderio di una scuola sarda. Più volte ci è stato comuni-
cato una sorta di disagio per la colonizzazione da parte dello Stato che impone pro-
grammi, testi scolastici, insegnanti del continente. La legge 482/99 è vissuta come la
possibilità di andare al di là del puro lavoro sulla lingua proponendo una lettura nuova
anche della storia, della geografia e dell’arte. Anche la comunità slovena porta, in par-
ticolare sulla storia del ‘900, uno sguardo diverso che vorrebbe, e in parte già vede,
rappresentato nel curriculum scolastico. Tracce infine di questo bisogno di allargare
gli orizzonti di raccontare le cose da punti di vista diversi si sono ritrovate anche a
Pozza di Fassa:
| 238 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
studiare la storia per ottenere il patentino è stata un’esperienza completamente diversa:
un’ottica differente, come mettere degli occhiali che fanno vedere un mondo altro [Fassa
(Ins)].
5.1.3 Domanda e offerta di formazione in LM: il ruolo dei docenti, dei genitori e dei
ragazzi
Il testo stesso della Legge 482/’99 afferma che questa ambisce ad essere uno degli
strumenti dell’autonomia scolastica; questo fatto e la formulazione del testo che non
sancisce un obbligo ma concede una possibilità fa sì che la spinta decisionale rispetto
alla scelta di includere la lingua minoritaria nel progetto didattico delle scuole (e poi
anche il suo trattamento) debba partire dai dirigenti scolastici, o da gruppi di insegnan-
ti motivati all’interno delle singole scuole, previo l’assenso dei genitori.
Nella nostra inchiesta abbiamo avuto modo di vedere situazioni diverse: in qualche
caso abbiamo incontrato dirigenti e coordinatori molto coinvolti, che hanno saputo tra-
scinare con il loro entusiasmo e la loro motivazione nei confronti della LM, insegnan-
ti e famiglie inizialmente più freddi (è il caso ad esempio di Paesana), o che ancora
hanno difficoltà nel coinvolgerli (come a Pagnacco), ma anche casi opposti, per quan-
to più rari, in cui sono stati gli insegnanti, o almeno una parte di essi, a portare avan-
ti i progetti legati alle lingue, nella totale indifferenza, nella migliore delle ipotesi,
della dirigenza. Là dove esiste un preside entusiasta e combattivo, ad ogni modo, la
«salute» della LM, misurata in termini di status della lingua presso i ragazzi, numero
di iniziative portate avanti e positività mostrata anche dalle famiglie, è senz’altro
migliore:
dipende molto dalla dirigenza: prima insegnavo a Porto Cannone e il preside osteggia-
va, dunque non si riusciva a portare avanti i progetti e a introdurre veramente l’arbere-
she nella scuola [Ururi (Ins)].
Molto più raramente, nell’esperienza dei nostri intervistati, la domanda parte diret-
tamente dalle famiglie. Più facilmente invece si racconta di una sinergia tra scuola e
comunità, come nel caso di Ururi, di Santa Sofia, ma anche dei punti di inchiesta sardi,
in cui l’emergere del bisogno della comunità ha coinciso con la volontà della dirigenza
o di un gruppo compatto di insegnanti, per cui si sono attivati progetti in LM.
Questo spostamento dell’asse decisionale verso la base è un punto decisivo per valu-
tare l’impatto della legge. Esso ha prodotto una scuola sostanzialmente mimetica col
territorio che risponde ad una quasi feroce legge della domanda e dell’offerta: là dove
scema o si affievolisce la domanda la proposta didattica diventa di fatto improponibile.
Significativa in questo senso l’esperienza di Pagnacco in cui la domanda di friulano è
diminuita velocemente negli ultimi anni a causa di una recente immigrazione prove-
I Gruppi | 239 |
niente dalla città di Udine, meno friulanofona. Insegnanti anche molto motivati hanno
abbandonato le attività in LM nei tempi recenti perché non arriva più la domanda dal
territorio:
io ho cambiato molto atteggiamento durante gli anni, a me piaceva molto insegnare friu-
lano, ma adesso non ha più senso | bisogna partire dal vissuto | dovrebbe essere la rispo-
sta ad un’esigenza [Pagnacco (Ins)].
Un aspetto molto positivo di questa scuola così mimetica col territorio è la bassissi-
ma conflittualità e la capacità di adattamento fine alle specifiche situazioni sociolingui-
stiche. In nessuna comunità abbiamo registrato forti atteggiamenti di rifiuto e questo
sicuramente non poteva essere scontato in partenza. Gli insegnanti sono dunque stati
degli abili negoziatori e mediatori con le famiglie e con le altre realtà culturali e socia-
li. Inoltre abbiamo sempre riscontrato una notevole capacità di analisi della situazione
della LM e di scelta delle pratiche glottodidattiche adeguate. Ma questo approccio si
scontra con un limite importante: il preside, più ancora i singoli insegnanti, sono in un
certo senso sotto scacco da parte della comunità, con la quale devono in continuazione
contrattare. In quest’ottica vanno letti i progetti volti a fare formazione dei genitori
messi in atto da alcune scuole82 nel tentativo di favorire un confronto più costruttivo. In
tale contesto è ad ogni modo difficile fare proposte innovative o in qualche misura forti,
che pure, se realizzate, avrebbero buone probabilità di successo. Insomma, è una situa-
zione in cui è difficile per l’insegnante rischiare e proporre modelli meno immediata-
mente gratificanti e a lungo termine. A San Pietro al Natisone, per esempio, la scuola
bilingue lavora molto sul coinvolgimento e la presa di coscienza da parte dei genitori.
Si fanno spesso incontri sulle tematiche del bilinguismo, al momento dell’iscrizione il
genitore compila una scheda d’entrata in cui si chiede l’ambiente linguistico in cui vive
il bambino, che cosa parlano i nonni i genitori, i parenti e gli amici e la scuola offre un
agile libretto sul bilinguismo:
bisogna spiegare [ai genitori] il perché di certe scelte, bisogna essere chiari, collabora-
tivi, decisi | non si può mettere in piedi una scuola media senza un programma comune
[San Pietro (Ins)]
A Settimo San Pietro la formazione e la sensibilizzazione dei genitori è passata
anche attraverso un laboratorio pedagogico sulla drammatizzazione volto a metterne in
luce le potenzialità per quanto riguarda l’insegnamento della LM.
Inoltre, e questo è un punto cruciale dal punto di vista del pianificatore linguisti-
co, in questa opera di continua mediazione gli insegnanti hanno come interlocutori
più i genitori che i loro allievi: come si vedrà in seguito molte delle scelte glottodi-
dattiche adottate (recupero dei valori tradizionali, della lingua dei nonni e così via),
sembrano fatte più per compiacere le famiglie che i ragazzi. Ora, veri destinatari del-
82
Dal 2006, lo ricordiamo, non è più possibile.
| 240 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
l’operazione devono essere, e non potrebbe essere altrimenti, i ragazzi, la generazio-
ne 1; senza la loro adesione e collaborazione qualsiasi programma di valorizzazione
rimane sterile.
Probabilmente questo approccio così mimetico è stato fondamentale nei primi anni,
in cui, tra l’altro, la specifica situazione sociolinguistica di alcune minoranze era cono-
sciuta solo in parte. Ma ora gli insegnanti chiedono in maniera abbastanza netta di esse-
re messi in condizione di proporre anche altro, di lavorare ad un’offerta formativa di
più ampio respiro senza bisogno di cercare l’appagamento immediato.
5.1.4 Modelli di scuola
In risposta agli stimoli offerti della legge si sono dunque realizzati diversi modelli
pedagogici che interagiscono in maniera profondamente diversa col territorio al servi-
zio del quale operano. Pur nella diversità superficiale si crede tuttavia di poter ravvisa-
re due fattispecie principali.
Una è quello di una scuola «per domesticazione», che vuole essere quasi un prose-
guimento, un’emanazione della famiglia, che tende a creare un ponte con la cultura
delle famiglie e del territorio in cui è immersa. Il suo proposito è quello di fare del
ragazzo un buon membro della sua comunità. È una scuola con un modello materno
che si trova di solito nelle comunità educanti, quelle in cui gli alunni, i ragazzi, sono
considerati i figli di tutti, di cui insomma l’intero gruppo di adulti si sente responsabi-
le. È una scuola più diffusa nei piccoli centri rurali e al sud, centri distanti gli uni dagli
altri, ma molto compatti al loro interno (qui in paese non ci sono classi sociali [Santa
Sofia (Ins)]), in cui la riproduzione del codice locale o la sua perdita avviene per
«gruppo (di età)»; cioè: o tutti i bambini parlano la lingua locale o non la parla nessu-
no. Questo modello che trova l’accettazione entusiasta delle famiglie nella scuola pri-
maria mostra serie criticità nella secondaria, considerata il trampolino verso un mondo
esterno più complesso, per il quale servono altre competenze che devono essere forni-
te ai ragazzi:
i ragazzi sono controllati da tutti | perché sono figli della comunità, figli di tutti [Ururi
(Ins)]; la scuola è una seconda famiglia, la maestra una seconda mamma | la scuola è
protettiva [Ururi (Gen)].
Come si vedrà nel prossimo capitolo, anche l’accettazione della trasmissione lingui-
stica e il trattamento didattico della LM sono condizionate da questo modello scolasti-
co: in queste scuole per domesticazione si trasmette la lingua di casa e degli affetti, si
crea un’alleanza, se non una vera e propria complicità con i genitori – e molto spesso
anche con i nonni, quando la generazione di mezzo non parla più la lingua. Più facil-
mente, in questo caso, la trasmissione della lingua diventa una trasmissione d’identità,
I Gruppi | 241 |
che deve arrivare anche attraverso lo studio della storia, delle tradizioni, della cultura
locale. In queste scuole è più facile che venga trasmesso il codice locale e che vi siano
più resistenze nei confronti delle varianti standard:
il mio papà è contento perché gli porto a casa delle cose scritte in mocheno che io gli
leggo [Pergine (Rag)]; le famiglie all’inizio sono scettiche, ma quando vedono che i
bambini vengono a casa e chiedono le parole del passato agli anziani, ai nonni, sono
contente [Paluzza (Ins)]; i nonni collaborano con noi nella scuola dell’infanzia [ San
Pietro 1 (Ins)]; prepariamo sempre uno spettacolo di fine anno in sardo per gli anziani
del ricovero e partecipa tutto il paese, tutte le famiglie: è una vera festa per tutti
[Arzana (Ins)].
D’altro canto vi sono anche modalità per l’uso e l’insegnamento delle lingue, che si
adattano bene a questo modello educativo: per esempio l’approccio “una situazione-una
lingua” o “una persona-una lingua”, molto vicine a quello dell’apprendimento in am-
biente familiare, basato sulla relazione, sull’affettività e sulle situazioni comunicative
reali e vicine al bambino. Questo tipo di scuola è sentita come la scuola del paese e
della comunità, è capace di avvicinarsi ad esso o, più frequentemente, ne è già parte
integrante, come per esempio la scuola di Ururi, che è una scuola arbëresh nella misu-
ra in cui è la scuola del paese con la sua forte identità albanese:
l’uso dell’arberesh unisce di più, è la lingua degli affetti, delle radici [Ururi (Gen)] la
nostra scuolina [Pergine (Ins)].
La scuola per domesticazione dà radici, considerate molto importanti in particola-
re per l’equilibrio e la felicità dell’individuo, ma è una scuola che trattiene, che non
lascia andare, che in qualche modo non emancipa i ragazzi. A questo proposito si veda-
no per esempio i commenti al collage creato dai genitori di Paesana, che parlano di una
scuola accudente, calda, che offre maternage (i nonni, la tana, un angolo di casa), ma
al tempo stesso poco emancipante, un po’ chiusa nei confronti del mondo esterno
(l’isola, la montagna vista dall’interno di una casa), che fa un po’ paura (spazio per
correre oltre la luce, viaggio nella notte della ragione, fuori c’è New York) e che però
bisognerà affrontare (il tuo futuro è fuori). In molti altri collages compaiono immagi-
ni infantilizzanti; particolarmente impattante il collage degli insegnanti di Pagnacco in
cui un bambino rappresentato come un bianchissimo agnello al centro dello spazio
viene difeso da un uomo col fucile (il bidello di Plaino, uno tosto, importantissimo per
la scuola).
Dall’altra parte sta il modello di «scuola per straniamento», cioè un’istituzione sco-
lastica forte, centrale, ma non per forza nazionale – può essere infatti anche la scuola
sarda o ladina, ma certo non la scuola del villaggio o della piccolissima comunità – che
si propone con autorevolezza e vuole creare cittadini italiani, sardi o ladini, ma anche
| 242 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
europei o del mondo. È una scuola decisamente più emancipante: ha una funzione
paterna. A questo proposito abbiamo ritrovato una grandissima quantità di simboli nei
lavori di collage, specie dei genitori: immagini di uccelli in volo [Pergine (Gen)], brac-
cia alzate (fa spiccare il volo ai figli | punto di partenza per andare lontano [Ururi
(Gen)]; scarpe e giovani con la valigia (per l’opportunità di camminare nel mondo
[Gignod (Gen)]); borse che rappresentano i bagagli di competenze; porte aperte, mani-
glie [Pagnacco (Gen)]:
gli insegnanti sono persone adulte diverse dai genitori, il primo contatto col mondo
esterno [Paluzza (Gen)].
In questo caso la LM diventa uno strumento in più messo a disposizione del ragaz-
zo che permette di conquistare mondi diversi, oppure aiuta ad avere una maggiore aper-
tura mentale; viene sottolineato il valore del bilinguismo, o del plurilinguismo tout
court, dell’apertura interculturale:
noi abbiamo di partenza una lingua in più [San Pietro 2 (Rag)]; i ragazzi bilingui hanno
una marcia in più [Gignod (Gen)]; noi diamo loro una lingua che li faciliterà poi ad
apprenderne altre e ad andare in Europa [Pergine (Gen)]; (il patois) mi aiuta per il fran-
cese [Gignod (Rag)].
Questo è un tipo di scuola più comune in contesti urbani, o in comunità più grandi
e con lingue regionali o nazionali, ma anche in quelle che sono intrinsecamente pluri-
lingui, come nel caso della comunità ladina83 cioè in comunità che fanno proprie più lin-
gue, in cui l’identità linguistica è plurilingue. Nel caso, ad esempio, del Piano di offer-
ta formativa di Tarvisio – che non abbiamo toccato nella nostra inchiesta qualitativa, ma
che ci è stato più volte menzionato come esempio di buona pratica in Friuli e non solo
– si fa esplicito riferimento alle differenze come opportunità comunicative per far sì che
le lingue possano svolgere un ruolo determinante nella costruzione di un’Europa mul-
tilingue, plurilingue e pluriculturale.
Maggiore in queste scuole anche l’apertura nei confronti dello standard, delle
varianti alte eventualmente insegnate anche in modalità veicolare, un approccio più
osteggiato, come si può immaginare, nel primo caso:
il ladino che viene parlato a casa resta solo un dialetto: la vera lingua ladina è quella
delle trasmissioni televisive (lo standard) [Pozza (Gen)]; c’è bisogno di imparare a scri-
vere e poi lo si riversa sul dialetto [San Pietro 2 (Gen)
Ma ci sono anche scuole che riescono a comprendere e far proprie entrambe le posi-
zioni, come nel caso della scuola di Gignod che si presenta (anche nel sito ufficiale
della scuola, come ricordato da una delle partecipanti) come école corbeille / école pas-
83
Soprattutto quella dell’Alto Adige che al ladino aggiunge la compresenza di italiano e tedesco.
I Gruppi | 243 |
serelle: corbeille, ‘cestino’ perché raccoglie e organizza gli stimoli e le ricchezze del
territorio e passerelle ‘ponte’ perché raccoglie tutta l’utenza di due valli e ne organizza
il passaggio alle scuole secondarie di Aosta. La prima funzione, quella di trait d’union
col territorio, è resa particolarmente necessaria dai recenti sviluppi sociali: Gignod sta
diventando velocemente periferia di Aosta ed è interessata da uno sviluppo urbanistico
percepito come selvaggio e spersonalizzante; la dimensione di villaggio si va perdendo
e la scuola vorrebbe ancora porsi come difesa di valori importanti e di radici da salva-
guardare.
5.1.5 Dieci anni dalla Legge 482/99: di nuovo ad un momento di svolta
La legge è arrivata in un momento particolare, in cui, come ci hanno riportato molti
dei nostri intervistati più coscienti e attivi per quanto riguarda le questioni linguistiche,
nelle comunità meno forti, meno autonome anche culturalmente, si percepiva un vero
senso di perdita identitaria e le LM versavano in cattive acque. La spinta data dall’in-
gresso delle lingue e delle culture minoritarie a scuola, sembra avere dato nuovo impul-
so alle comunità, come già accennato in precedenza.
fino a 10, 15 anni fa la lingua era quasi sparita, non la parlava quasi più nessuno, se
non qualche anziano a casa [Paesana (Gen)]; tutto ha cominciato a girare diversamen-
te, si è risvegliato l’interesse [Ururi (Gen)]; negli ultimi anni le cose sono davvero cam-
biate per le piccole lingue, sono quasi diventate di moda, ci sono tanti fattori, un po’
anche la scuola [San Pietro 1 (Ins)].
Ma va segnalata con molta evidenza anche la sensazione, riportata da numerosi
intervistati, in quasi tutte le comunità e trasversalmente nei target adulti, che anche il
momento attuale sia molto importante per il destino delle LM, che si sia arrivati ad una
sorta di punto critico, di crinale, in cui i passi successivi, le scelte che si faranno, deter-
mineranno davvero la vita o la morte delle lingue e delle culture. Di qui un senso di
forte urgenza e responsabilità soprattutto da parte della componente scolastica e un
appello quasi angosciato da parte dei genitori più sensibili e coinvolti:
momento critico, di passaggio, di possibilità, di un treno che non va perso [Ururi (Ins)];
il momento è cruciale per il destino della scuola e dello sloveno: o ora o mai più [San
Pietro 2 (Gen)]; il patois ora è davvero in pericolo, bisogna intervenire nel modo giusto
o muore, siamo all’ultima possibilità, all’ultima generazione [Gignod (Ins)]; non biso-
gna far morire la nostra lingua, le nostre tradizioni, la nostra cultura! [Pergine (Gen)].
Insomma si percepisce il bisogno di un cambio radicale di marcia per evitare che gli
sforzi fatti risultino inutili, quando non addirittura dannosi. Per molte comunità c’è
forte la percezione che si sia arrivati all’ultima generazione.
| 244 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
5.2 Potenzialità e modalità della scuola nel suo ruolo di agente di tutela e valoriz-
zazione delle comunità oggetto della legge 482/99
La scuola e l’insegnamento della LM: diritto, dovere, opportunità?
Ad un certo punto, al termine di un lungo percorso, nel 1999, la scuola ha aperto le
porte all’insegnamento (più o meno formalizzato, più o meno continuo) della lingua e
della cultura delle minoranze linguistiche storiche. Come si è visto, in quasi tutte le
comunità, a parte quelle con una forte autonomia scolastica, ovvero Valle d’Aosta e
Trentino, la possibilità di portare la LM all’interno delle mura scolastiche è stata vissu-
ta (dai docenti, ma più ancora dai genitori memori delle proprie esperienze scolastiche)
come una liberazione, la fine di una persecuzione odiosa e umiliante. Ma questa opera-
zione ha messo in moto un meccanismo più complesso, ovvero ha ristrutturato il rap-
porto del cittadino con l’Istituzione84 mettendo in campo, un nuovo diritto, il diritto alla
pluralità linguistica e culturale, che si collega alla nuova Europa e ad un cambiamento
radicale del concetto e del ruolo dello Stato-Nazione. I collage abbondano di riferimen-
ti più o meno diretti alla multiculturalità, spesso rappresentata in termini estremamen-
te positivi, moderni e un po’ stereotipi da pubblicità della Benetton, con gruppi di gio-
vani di varie etnie, tutti visibilmente di buon livello sociale, intenti a chiacchierare
comodamente seduti su un bel divano moderno. Tale diritto non viene però percepito,
interpretato allo stesso modo nelle varie comunità e neppure fra i membri della stessa
comunità; in particolare sembrano attivarsi tre modelli di interpretazione e il diritto lin-
guistico può essere concepito come:
a. il diritto di un popolo. In questa visuale l’insegnamento della LM a scuola è il
diritto di un popolo alloglotto all’interno del dominio culturale, linguistico e
sociale di una lingua dominante:
tu sei un cittadino italiano di nazionalità albanese [Ururi (Gen)]; [fino agli anni ‘80]
c’erano da una parte i rossi che dicevano ‘noi siamo una minoranza slovena in Italia’
dall’altra i bianchi che dicevano ‘qui siamo in Italia, se non ti va bene vai con Tito’
[San Pietro 2 (Gen)] 85.
Si tratta di un’impostazione – che gioca sulla novecentesca dialettica tra Stato e
Nazione – nei fatti residuale, anche se può trattarsi di una minoranza agguerrita
e in grado di influenzare il resto della comunità 86. Il rapporto con la scuola e le
84
Usiamo coscientemente questo termine vago perché la controparte della comunità di minoranza è mute-
vole a seconda di contesti e situazioni.
85
Dal contesto risulta piuttosto chiaro che la divisione ‘rossi’ e ‘bianchi’ non voleva significare primaria-
mente una distinzione politica quanto piuttosto una distorsione, una indebita politicizzazione di istanze
altre: non era possibile essere slovenofilo senza essere definito un comunista e viceversa.
86
Si consideri però che le comunità di minoranza in cui si poteva più facilmente attendere che queste prese
di posizione fossero più condivise (minoranza slovena a Trieste e Gorizia, minoranza tedesca in Alto
Adige) sono di fatto rimaste fuori dall’inchiesta in quanto non avvalentisi della legge 482/99.
I Gruppi | 245 |
richieste rivolte sono in questo caso nette e non problematiche: la scuola deve
semplicemente accogliere e dare voce ad una lingua e ad una cultura alternative
e diverse, senza contaminarle. Si accetta senza difficoltà (almeno nei voti) l’in-
serimento di un bilinguismo perfettamente paritario e l’uso dello standard in
quanto si tratta di riconoscere una cultura e soprattutto di una lingua che si vuole
esplicitamente porre come alternativa e paritaria a quella maggioritaria.
b. Il diritto/dovere di una comunità. La scuola è qui chiamata a salvaguardare
(anche attraverso la LM) la specificità, la cultura e la lingua di un determinato
territorio percepito come particolarmente ricco:
[questa è una legge che] sta sostenendo le tradizioni italiane, le più antiche, le più
vecchie! [Paluzza (Gen)]; questi dialetti andrebbero portati nel mondo della cultura
e delle scuole! [Settimo (Gen)]; il sardo non può essere imposto, né appiccicato lì:
l’amore per la lingua passa per l’amore e la conoscenza della nostra terra [Arzana
(Ins)]; sennò il patrimonio rimane isolato qui | tutto questo patrimonio, rapportato
all’esterno, è come se non avessimo nulla [Santa Sofia (Gen)].
La comunità stessa ha il dovere di collaborare con la scuola per questa salvaguar-
dia: società e scuola sono alleati. Questo è l’atteggiamento maggioritario, pur
con varie sfumature, fra le comunità che abbiamo visitato, in particolare presso i
genitori, anche nei casi in cui il corpo docente spingeva maggiormente verso altri
modelli. In questo contesto la lingua è spesso funzionale alla cultura e pertanto
indissolubilmente legata ai valori locali che deve esprimere: si evidenziano note-
voli difficoltà ad accettare lo standard (dove esiste, e dove proposto alle comuni-
tà) e una certa indifferenza nei confronti di lingua e cultura «alte». Il vissuto
doveristico è particolarmente forte nei genitori, che spesso elaborano così anche
sensi di colpa per essere stati la generazione perduta, quella che non ha impara-
to la LM ed ora non è in grado di trasmetterla ai figli.
b. Il diritto di un individuo. La scuola è qui chiamata a tutelare il diritto di un sin-
golo individuo, l’allievo, ad essere riconosciuto e valorizzato, ad avere l’oppor-
tunità di realizzarsi pienamente come persona. Il fuoco torna qui sulla lingua,
ovvero sul diritto dell’individuo a che le istituzioni si rivolgano a lui nella sua
lingua madre. Questa lettura viene spesso attivata nelle comunità numerica-
mente più deboli che, a torto o a ragione, ritengono di non essere più rappresen-
tative della totalità del territorio e talvolta risponde alla scelta di un singolo,
come nel caso del genitore che ha chiesto e ottenuto un insegnante che parlas-
se occitano per il figlio alla scuola d’infanzia. Ma si avrebbe torto a considerar-
la una lettura un po’ elitaria e velleitaria; questa è anche, prevedibilmente, la
lettura dei punti d’inchiesta «urbani», anzi è la sola lettura che risulta accetta-
| 246 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
bile in quel contesto senza stridere con la situazione sociale e linguistica esi-
stente:
bisogna tutelare chi si avvale come chi non si avvale [Pagnacco (Gen)]; ci sono real-
tà che addirittura tutelano il singolo alunno | ma l’Italia è sempre un passo indietro:
Stoccolma: quella è la vera tutela [San Pietro 2 (Gen)].
Altrimenti, nelle realtà urbane o peri-urbane, l’inserimento della lingua minori-
taria rischia di essere vissuto con fastidio e irritazione:
classi ponte e poi il friulano nelle scuole? [Pagnacco (Ins)].
Nel primo caso, al punto a, il singolo è percepito come, almeno idealmente, mono-
lingue (conosce al massimo la lingua dominante per necessità pratiche), è la società in
cui vive ad essere plurilingue. Negli altri casi invece l’individuo è intrinsecamente plu-
rilingue, è una persona complessa (spesso considerata anche più ricca, con una marcia
in più) in cui convivono più di un riferimento
Tale complessità viene talvolta interpretata (in particolare nelle comunità che si dif-
ferenziano dal gruppo maggioritario essenzialmente su basi culturali, come sardi, friu-
lani, francoprovenzali) in maniera prevalentemente diacronica, ovvero come quella di
un individuo capace di conservare, accanto alla cultura dominante del territorio un’al-
tra cultura, anch’essa intimamente propria del territorio, più antica, più pura, più vera.
Oppure si configura (in particolare nelle comunità che mettono l’accento sulla lingua:
albanesi, mocheni, sloveni, in parte anche i ladini) come la condizione di un individuo
che mantiene vive due identità linguistiche e culturali sincronicamente presenti, ovve-
ro che è portatore di un cultura (ma soprattutto di una lingua) radicalmente diverse (pro-
venienti quasi da altrove) rispetto a quella dominante sul territorio.
5.2.1 La scuola come agente di pianificazione linguistica: autonomia e isolamento
Nella loro quotidiana pratica insegnanti, dirigenti, referenti scolastici per la LM ope-
rano di continuo scelte che si configurano di fatto come atti di pianificazione linguisti-
ca: si pensi all’ opportunità di accettare o no lo standard in vigore, di optare per l’inse-
gnamento obbligatorio o facoltativo, di quale cultura rappresentare e insegnare (cultu-
ra materiale, cultura tradizionale, cultura «alta»). I nostri incontri con i docenti sono
stati costellati dal riferimento da parte loro alla necessità di operare in prima persona
tali scelte, cercando di fare per il meglio con gli strumenti e le competenze a propria
disposizione, cosa che talora provoca un fastidioso senso di responsabilità:
non ha senso che insegniamo lo standard, qui i bambini parlano carnico [Paluzza (Ins)];
approcci tipo CLIL vanno meglio per le lingue europee [Pagnacco (Ins)]; [in Sardegna]
I Gruppi | 247 |
non esiste una lingua unica, non esiste una koiné | La politica regionale però propende
per Sa lingua de mesanìa per le forme scritte [Settimo (Ins)]; l’arbëresh è la lingua da
tutelare [anche se] l’arbëresh non può esistere senza riferimento all’albanese, è come
Dante e Manzoni [Santa Sofia (Ins)].
Ma spesso si interpretano tali scelte come pure scelte pedagogiche e didattiche, e
solo raramente abbiamo trovato nelle discussioni coscienza del fatto che esse incidono
anche sul futuro della LM stessa, sulla forma che assumerà e sulle sue possibilità di
sopravvivenza. In realtà, dove tale coscienza traspare, è in negativo, riguarda cioè gli
errori (o supposti tali) nelle scelte didattiche e pedagogiche e la paura dei loro effetti;
si veda per esempio questo scambio di battute nel gruppo di Pagnacco:
c’è quest’errore di considerare il friulano una lingua morta e allora vai coi «lavori dei
nonni» | bisognerebbe valorizzare la lingua attuale | altrimenti è come imparare una lin-
gua straniera e non usarla mai [Pagnacco (Ins)].
Questa assunzione di responsabilità da parte del corpo insegnante è un portato diret-
to della legge stessa che, come si è visto, attribuisce ai dirigenti scolastici, e qualche
volta a singoli insegnanti volonterosi, il compito di prendere decisioni strategiche in
merito all’insegnamento della lingua e ai suoi metodi 87. L’insegnamento della lingua
minoritaria è dunque spesso diventato l’ambito privilegiato del singolo insegnante o di
un gruppo di appassionati e c’è nel corpo docente una rivendicazione forte di questa
autonomia, un senso di indipendenza che si è forgiato, per così dire, in anni di battaglie
appassionate e di faticosa costruzione di un personale approccio all’insegnamento della
LM. Tutto questo lascia ben poco spazio all’intrusione di soggetti estranei, siano essi lo
Stato (indicativa in questo senso l’asserzione più volte ribadita da molte comunità «noi
abbiamo incominciato a lavorare ancor prima del 1999») o le autorità locali:
voglio essere io a scegliere, non voglio imposizioni […] il friulano dovrebbe essere uno
strumento in più nelle nostre mani [Paluzza (Ins)]; basta che lo Stato ci dia l’ora curri-
colare e poi come gestirla lo sappiamo noi [Santa Sofia (Ins)]; i primi anni era davvero
un inventarsi tutto [Santa Sofia (Ins)].
Con altri enti che in qualche modo fanno pianificazione linguistica sul territorio
(comuni che lavorano alla toponomastica bilingue, sportelli linguistici, commissioni
per la normalizzazione della lingua) ci possono talvolta essere conflitti e politiche
mutualmente contraddittorie. Un esempio particolarmente lampante ci è venuto dal
punto d’inchiesta di Gignod (ma che ha portato alla superficie tensioni palpabili in
molte altre comunità) in cui l’istituzione scolastica persegue un insegnamento del fran-
coprovenzale come codice basso, principalmente orale (e considera il francese una spe-
cie di lingua tetto per la variante alta) mentre altre forze (l’Assessorato alla Cultura, il
87
Solo nelle realtà più consolidate e forti c’è una gestione più centralizzata della didattica della LM (per
esempio in Val di Fassa dove la politica scolastica concernente la LM è affidata all’OLFED.
| 248 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Centre d’Etudes Francoprovençales) spingono in direzione di uno standard, che lascia
però piuttosto perplessi molti insegnanti. Si noti anche a quest’ultimo proposito che,
salvo poche eccezioni, il rapporto con gli sportelli linguistici è molto conflittuale e non
mancano le stereotipizzazioni velenose del neolaureato messo lì un po’ in parcheggio e
che si fa saccente portavoce di una lingua sentita come estranea:
ci sarebbe lo sportello linguistico, ma è solo un carrozzone, una porcheria [Arzana
(Ins)]; il comprensorio è una macchina mangiasoldi | un ente politico [Pozza (Gen)].
Che queste rappresentazioni siano fedeli o no, importa poco per i nostri scopi; quel-
lo che è chiaro è il rifiuto da parte dei docenti e dei genitori di concedere autorevolez-
za a tali enti. Maggiore credito viene riconosciuto all’Università, percepita anche come
super partes e libera da condizionamenti provenienti da parti politiche che si sono di
recente impossessate della tematica delle lingue minoritarie: così come libera da con-
dizionamenti si percepisce e si vuole presentare anche la scuola nel suo approccio alla
tutela e valorizzazione delle minoranze:
l’uso del dialetto non dovrebbe essere legato alla politica, ma di fatto si sente questo
nodo [San Pietro 1 (Ins)]; i politici che spingono su questa cosa sono poi quelli che spin-
gono per le classi separate [Pagnacco (Ins)].
All’Università ci si rivolge per ottenere un appoggio autorevole, consigli e consu-
lenze specifiche sugli argomenti più vari (dal modo di trascrivere gli etnotesti raccolti
dai ragazzi al parere sull’uso dello standard) e soprattutto, per la formazione degli inse-
gnanti. La mancanza di appoggio della locale Università è spesso stigmatizzata nelle
varie comunità come un handicap grave: gli albanesi di Ururi, per esempio, invidiano
e vagheggiano l’appoggio che, a loro dire, la comunità arbëresh di Calabria godrebbe
da parte dell’Università di Cosenza; dal canto loro gli occitani sentono come molto
forte quello che etichettano come «tradimento» dell’università di Torino, che non ha
mai attivato un corso di provenzale.
D’altra parte però questa ostentata rivendicazione di autonomia da parte degli inse-
gnanti non riesce a nascondere dubbi, paure e un forte senso di inadeguatezza rispet-
to al compito immane che si prospetta. Nei collages abbondano le immagini di pareti
impervie e verticali, spesso affrontate in solitaria o di difficili equilibrismi: certo in
questa rappresentazione gioca una sorta di visione mitica del compito educativo e dei
suoi paladini, ma il senso di solitudine e l’ansia sono palpabili. Aumenta ulteriormen-
te il senso di ansia la netta percezione, che abbiamo già sottolineata, di essere ad una
svolta cruciale, di avere di fronte l’ultima occasione: qualsiasi errore rischia di essere
fatale.
I Gruppi | 249 |
Al di là della ostentata autonomia, gli insegnanti si rendono ben conto che la scuo-
la non può assumersi in toto il compito di «salvare la lingua» sostituendosi alla fami-
glia, alla società e persino alla politica:
a volte ci sentiamo dei Don Chisciotte! [Paesana (Ins)]; il sardo ha bisogno di un inter-
scambio con la società sennò rimane folclore. [Settimo (Ins)]; la lingua è stata sradica-
ta dal territorio, noi non possiamo fare miracoli San Pietro 1 (Ins)].
Per svolgere bene il suo compito la scuola ha bisogno di un contesto favorevole, così
come di sviluppare sinergie con gli altri attori culturali e sociali del territorio, anche
perché solo un territorio vivace dal punto di vista dell’uso e della tutela della LM dà
senso e garantisce consenso all’insegnamento scolastico della stessa. Sono dunque bene
accetti tutti i legami con le altre istituzioni culturali e sociali del territorio, biblioteche,
musei, comunità montane, piccole realtà industriali purché, beninteso, non pretendano
di dire la loro su quello che si insegna a scuola.
5.2.2 La scuola come agente di pianificazione linguistica: forza e debolezza
Come attore, abbiamo visto più o meno cosciente, di pianificazione linguistica, la
scuola può assolvere, e di fatto nelle varie comunità sta assolvendo, a più di una fun-
zione. Insegnanti e genitori, d’altro canto, hanno spesso opinioni diverse a questo pro-
posito e non sempre la conciliazione risulta agevole. Dedicheremo qui di seguito un
capitolo ad ognuna di queste funzioni, che sono nell’ordine:
• Innalzamento di status della LM;
• Insegnamento della cultura della comunità di minoranza;
• Insegnamento della variante bassa, familiare e locale della LM;
• Insegnamento della variante alta, standard della LM.
1. Una funzione è riconosciuta da tutti, ovvero l’innalzamento del prestigio del codi-
ce di minoranza. Quello che viene insegnato a scuola è, per ciò stesso, qualcosa che la
società ritiene di valore e doveroso tramandare:
forse i bambini non hanno imparato a parlare, ma a rispettare il dialetto sì [San Pietro
1 (Ins)]; se sente che la maestra lo parla anche a scuola, il bambino ha un’altra sensibi-
lità rispetto al patois, lo rispetta di più [Gignod (Ins)]; mia madre non mi lasciava par-
lare sardo, adesso mia figlia fa i compiti di sardo con la nonna [Settimo (Gen)]; la legge
482 è stata importante, ha dato dignità alla nostra lingua, anche se concretamente non
è servita poi molto; è stata un punto di partenza e uno sprone | prima non ci si pensava,
non era giustificabile coi genitori [Ururi (Ins)].
| 250 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
I ragazzi percepiscono molto chiaramente questa volontà di dare prestigio, di valo-
rizzare il codice di minoranza. Lo percepiscono spesso nei propri genitori (cui talvolta
parlano in LM quasi per una concessione, per far loro piacere) e lo percepiscono tal-
volta anche negli insegnanti, nei confronti dei quali non sono alieni dal mettere in opera
meccanismi dal sapore un po’ ricattatorio:
No, in classe non si parla [arbëresh] | ...sì, ci sono alcuni che parlano arbëresh con i pro-
fessori 88 [Santa Sofia (Rag)]); so che all’insegnante fa piacere se parlo sardo, allora a
volte lo faccio apposta, per fargli piacere e fare bella figura [Arzana (Rag)].
Di fatto, il comportamento di genitori e insegnanti nei confronti della LM è cambia-
to radicalmente negli ultimi anni, e sicuramente la legge ha giocato un ruolo importan-
te: non a caso la stessa scuola aperta e proattiva nei confronti del codice di minoranza
tutelato può mantenere atteggiamenti piuttosto rigidi quando si tratta di altri codici, pur
molto presenti sul territorio, ma non soggetti a tutela; a Pergine, ma si tratta solo di un
esempio tra molti altri, i ragazzi registrano ancora un netto rifiuto del dialetto trentino
che pure essi vivono come profondamente proprio:
eh, c’è ben qualcuno che ci sgrida quando ci sente parlar dialetto, io dico sì sì... ma poi
io non smetto mica di parlarla la mia lingua solo perché... [Pergine (Rag)].
La scuola è riuscita ad assolvere a questa funzione di innalzamento della status per
il solo fatto, come abbiamo visto, di avere istituzionalizzato la LM – trattandola, con
tutti i distinguo che vedremo, come materia scolastica. Si tratta però, si badi, di una
funzione in gran parte esaurita, di cui si parla al passato; si percepisce anzi il rischio,
qualora non si riescano a fare passi ulteriori, che la stessa funzione di dare prestigio
venga a mancare e l’insegnamento a scuola si ritorca contro la lingua stessa. Da parte
dei genitori, ma più ancora da parte dei ragazzi, è forte la domanda di fare le cose
seriamente
prenderlo più seriamente | farlo per imparare la lingua [Santa Sofia (Rag)]; se deve esse-
re materia di insegnamento, dovrebbe essere pensata in modo serio e propositivo [Pozza
(Gen)]; si può farlo di più ma bisogna farlo meglio [Pagnacco (Gen)]
in quanto la mancanza di determinazione, il fare tanto per fare 89, è percepito come
svalutante nei confronti della lingua, una implicita ammissione di inferiorità del codi-
ce rispetto ai codici «alti». L’insegnamento della lingua a scuola è stato vissuto da
molte comunità come un’opportunità enorme, e il suo eventuale fallimento è vissuto,
prefigurato, come altrettanto inappellabile e segnerebbe il destino della lingua nella
sua totalità.
88
Ovvero: non si parla arbëresh fra compagni ma con i professori, quelli che si sa che ci tengono, per com-
piacerli.
89
Il che non significa un fare senza passione, ma piuttosto fare senza un vero progetto a lungo termine.
I Gruppi | 251 |
2. Un compito che alla scuola risulta molto facile assolvere (ma che presenta debo-
lezze e possibili ripercussioni negative) è quello di insegnare la cultura della minoran-
za, usando il termine cultura nel suo senso più vasto e generico. Nei fatti spesso (e si
ricordino i progetti analizzati sopra) si tratta di insegnare cultura tradizionale (canti,
balli, proverbi, filastrocche), cultura materiale (attrezzi agricoli tradizionali, antichi
mestieri, antichi giochi, vita domestica) e cultura del territorio (flora e fauna locale; pic-
cola industria locale): in tutti questi casi la LM entra prima di tutto nella nomenclatura
(nomi dei fiori e delle piante, degli antichi attrezzi agricoli che non si usano più90, delle
maschere di carnevale e così via). Qualche volta si prende in considerazione la storia91,
in particolare presso le comunità che percepiscono la propria storia come radicalmente
diversa da quella della cultura dominante; è talora citata anche la storia della lingua (un
suggerimento che spesso viene spontaneamente da ragazzi e genitori):
studiare la storia per ottenere il patentino è stata un’esperienza completamente diversa:
un’ottica differente, come mettere degli occhiali che fanno vedere un mondo altro [Pozza
(Ins)]; [La scuola deve insegnare ai ragazzi a conoscere] il territorio in cui vivono, la sua
storia, che lingue ci sono, perché si usano [San Pietro 2 (Gen)]; [la scuola dovrebbe]
spiegare bene che cosa è il sardo, la sua storia [Settimo (Rag)]92;
ma quasi mai la letteratura (anche là dove questo sarebbe possibile) anche per un
senso di inadeguatezza e impreparazione degli insegnanti, che vorrebbero ma non si
sentono in grado anche per mancanza di strumenti adeguati. Più attenzione si è riscon-
trata nei punti d’inchiesta del sud e in Sardegna:
qui ci sono nati personaggi importanti, sovrani di Napoli, Pasquale Baffi | il
Romanticismo di De Rada, che è il nostro Dante, ma al liceo non si fa | [il problema è
che] non abbiamo un metodo scientifico, studi seri su storia, arte, letteratura [Santa
Sofia (Ins)]; abbiamo un buon patrimonio letterario, bisognerebbe partire dai nostri
poeti [Arzana (Ins)].
Gli insegnanti usano spesso strumentalmente e coscientemente l’approccio alla cul-
tura per avvicinare, in maniera meno conflittuale con i genitori, il tema della lingua. La
cultura è anche la scappatoia, facile – forse fin troppo facile – cui si ricorre nei casi deli-
cati (come nei casi in cui offrire l’opzionalità alla scuola secondaria creerebbe proble-
mi non indifferenti di gestione):
90
Ma forse proprio per questo sembra fondamentale ricordarne almeno i nomi: il lessico di una lingua
diventa una specie di museo virtuale di una società scomparsa.
91
Come nei progetti per il finanziamento, il richiamo alla storia viene fatto di frequente, ma spesso si inten-
de un generico insegnamento delle «cose del passato» (quest’anno facciamo storia, gli antichi mestieri
[Pagnacco (Rag)]) più che l’interpretazione diacronica di avvenimenti.
92
Il cosiddetto «patentino» è il documento ufficiale delle Province di Trento e Bolzano che attesta compe-
tenze linguistiche bilanciate dopo il loro accertamento per esame; può essere di bilinguismo (italiano e
tedesco o italiano e ladino a seconda delle aree) o di trilinguismo (italiano, tedesco e ladino nelle Valli
Badia e Gardena).
| 252 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
si fa passare il friulano attraverso la cultura friulana | permette di salvare capra e cavo-
li [Paluzza (Ins)]; per i genitori è un timore il patois, il patois non va molto lontano | inve-
ce la ricerca sul carnevale loro la vivono come una ricerca sul territorio e morta lì
[Gignod (Ins)].
È infatti questo della cultura (e in particolare della cultura tradizionale, locale) l’ap-
proccio preferito dai genitori: è rassicurante, non troppo impegnativo, non confligge
con l’insegnamento delle lingue straniere più prestigiose. Risponde ad una richiesta
profonda che i genitori rivolgono agli attori culturali e sociali del territorio, quella di
aiutarli a combattere una sottocultura moderna (che trova il suo Moloch nella televisio-
ne) la quale da una parte, ragionando con una logica mercantile e insegnando di fatto il
conformismo, livella tutte le specificità individuali, sociali o culturali, e dall’altra pre-
senta una visione distorta, irreale della vita e del mondo. I genitori, in particolare quel-
li di ragazzi preadolescenti, sono preoccupati dai modelli culturali che influenzano i
loro figli, e questa ansia, questo senso di estraneità (e in parte anche di impotenza)
emergono chiaramente anche dai loro collages, in cui si contrappone spesso un model-
lo giovanile negativo, modaiolo, superficiale e un po’ volgare ad immagini di «come
vorremmo che fossero».
In questo senso l’insegnamento della cultura di minoranza svolge molteplici funzioni:
• insegna il rispetto e valorizza anche quello che non è, o per lo meno non è stato,
economicamente e politicamente vincente:
è una scuola di democrazia | lavora alla crescita civile del territorio [San Pietro 2
(Gen)]; questa omologazione dilagante non mi piace, il friulano va implementato come
momento di confronto tra tutte le culture [Pagnacco (Gen)];
• àncora alla realtà locale e così facendo contrasta una realtà virtuale di cui i ragaz-
zi sembrano talvolta prigionieri:
la TV li ha presi in ostaggio presentando un mondo fantastico | la scuola deve offrire un
modello culturale competitivo alla televisione [Settimo (Gen)]; i bambini sono sempre
più staccati da questa realtà | la TV ha preso il sopravvento |la scuola ridà senso al ter-
ritorio [San Pietro 1 (Ins)];
• insegna l’orgoglio della propria identità come rimedio all’omologazione e alla
perdita del senso di sé:
una identità forte è veicolo di una socializzazione migliore [Pagnacco (Gen)]; [la scuola
deve] salvare le tradizioni locali contro delle realtà nazionali opprimenti [Santa Sofia
(Ins)];
I Gruppi | 253 |
• innalza il prestigio delle tradizioni, del passato, di sistemi valoriali diversi dando
così – nella percezione dei genitori – maggiore autorevolezza al ruolo stesso
della famiglia. È il modello scolastico ‘per domesticazione’ di cui si è già parla-
to in cui la scuola crea un ponte con la cultura delle famiglie:
[la scuola deve] preparare per il futuro, salvando le nostre radici [Paluzza (Gen)]; a volte
crea un patto educativo con i nonni, ridà voce alle tradizioni [San Pietro 1 (Ins)].
Caratteristico in questo senso è anche l’atteggiamento nei confronti dell’inglese e
ovviamente di tutta la cultura che si esprime attraverso tale lingua. Alle immagini di
grande prestigio, modernità e fascino offerte dai ragazzi (all’inglese vengono attribuiti
colori forti e un po’ particolari come il viola, il fucsia e l’arancione, l’inglese è la nuova
500, un tram, un jet privato, un paio di pattini) i genitori rispondono con un ossequio
molto più «di facciata»: colori forti ma senza sfumature (il blu, il rosso) oggetti e stru-
menti stereotipi (aereo, taxi, tazza da tè, chitarra, disco) e un po’ aggressivi (coltello,
martello, mietitrebbia):
questo maledetto inglese | ce lo troviamo dappertutto, è indispensabile, ma è anche inva-
sivo [Gignod (Gen)].
La discussione successiva al gioco proiettivo chiarisce come alla base di questa
latente ostilità ci sia proprio, da parte dei genitori, l’identificazione dell’inglese con
quella cultura globalizzata e quei modelli un po’ commerciali e televisivi così temuti.
Ciò non toglie che, come vedremo, sia proprio l’inglese l’avversario più forte della LM
a scuola, in particolare nella secondaria in cui, a detta degli insegnanti, la pressione da
parte di alcuni genitori a «fare piuttosto più inglese» rimane forte.
Ma la scelta di puntare principalmente sulla cultura (e in particolare su una cultura
declinata in maniera localistica e rivolta al passato) ha delle controindicazioni che
esplodono nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria (per non parlare degli
studi superiori), in cui la collaborazione e l’approvazione dei genitori sembrano
improvvisamente assai difficili da ottenere:
all’infanzia e alla primaria i genitori partecipano volentieri, nella secondaria comincia-
no con l’inglese... [Santa Sofia (Ins)]; il friulano curricolare non a tutti i genitori piace-
rebbe, specialmente alle medie [Pagnacco (Ins)]; all’asilo sì, alle elementari sì, alle
medie non si sa che cosa succede | io insegno all’artistico, nella scuola superiore c’è il
totale e completo rifiuto di ciò che è sardo [Settimo (Ins)]; la media funziona meno per
progetti, il rapporto col territorio è più astratto, lontano [Gignod (Ins)].
Quelli che vengono brutalmente alla luce nel passaggio alla secondaria sono però
problemi che, è necessario ribadirlo, sono presenti in potenza già nel ciclo della prima-
| 254 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ria. La differenza di atteggiamento da parte dei genitori (ma anche da parte dei ragaz-
zi) è dovuta solo ad una diversa percezione del ruolo dei due cicli scolastici. La scuola
primaria, una scuola ancora molto materna, espansione della famiglia, è l’ambiente
ideale in cui sviluppare un approccio educativo locale che però viene poi rifiutato radi-
calmente nella prima scuola veramente adulta ed emancipante, la scuola secondaria di
primo grado. Delle debolezze di questo approccio sono consci tutti, ragazzi, genitori,
insegnanti; certo, sono affermazioni che emergono con difficoltà dai gruppi, in quanto
si tratta di rimettere in questione una situazione gratificante per tutti, ma proprio per
questo sono ancora più significative:
• È un approccio legato al passato che non coinvolge molto profondamente i ragaz-
zi i quali, come accennato, spesso vi acquiescono per affetto verso i genitori e
senso del dovere, con modalità superegoiche 93:
ci sono anche dei film in friulano, anche dei film comici, si potrebbero mostrare | c’è la
nuova Pimpa in friulano |ci sono i fumetti Omenuts, basati su cartoons americani | biso-
gna utilizzare dei canali di comunicazione più efficaci [Pagnacco (Gen)]; mia figlia fa
hip-hop, non danza friulana [Pagnacco (Gen)]; [fatto così] diventa un ammasso di cose
morte, non lo si vive in prima persona | i ragazzi non sono interessati come a una cosa
che riguarderà loro [Santa Sofia (Gen)]; bisogna valorizzare senza museificare, senza
chiudere in vetrina [Settimo (Ins)].
• Questo approccio è particolarmente pericoloso quando applicato alla lingua, che
viene così insegnata come una lingua morta, non più in uso, oppure come una lin-
gua estremamente locale che in tal modo rinuncia alla sua principale funzione
comunicativa e diventa solo riaffermazione simbolica di identità:
bisognerebbe valorizzare la lingua attuale | altrimenti è come imparare una lingua stra-
niera e non usarla mai [Pagnacco (Ins)] non solo lingua dei vecchi, ma anche per man-
dare una mail, trascrivere una ricetta [Paesana (Ins)]; se non posso parlare di filosofia
in occitano, scrivere una lettera d’amore perché la mia ragazza mi ride dietro [è una lin-
gua che non serve] [Paesana (Gen)].
• Ma soprattutto è un approccio non emancipante, che contraddice la funzione
stessa della scuola, che è quella, a detta degli stessi genitori, di formare l’uomo
pubblico, il cittadino e insegnare la cultura alta:
li infantilizzano un po’ col friulano [Pagnacco (Gen)]; ok assimilare la cultura e le tradi-
zioni locali, ma poi bisogna uscire, essere messi in grado di uscire, magari per poi ritor-
nare e riportare… non essere una valle chiusa | [quella ladina] è una cultura fondamen-
93
Questo aspetto del «dovere» di parlare la lingua è molto forte in tutti i ragazzi: persino nei gruppi più
negativi nei confronti della LM i ragazzi hanno poi finito col dire che la lingua deve però essere insegna-
ta a scuola perché non si deve perdere: mah sì, la lingua andrebbe conservata, è la lingua dei sardi è un
patrimonio culturale per noi [Settimo (Rag)].
I Gruppi | 255 |
talmente povera, non ci si può limitare a questo [Pozza (Gen)]94; per i genitori è un timo-
re il patois, il patois non va molto lontano [Gignod (Ins)].
Ci sono però, e vengono menzionate spontaneamente, delle vie di uscita. In primo
luogo sottrarsi al binomio un po’ soffocante di localismo esasperato e recupero del pas-
sato, immaginando un approccio col territorio più moderno (le giornate di Lega
Ambiente, i lavori sulla ‘sostenibilità’ del modello economico sul territorio e così via)
e progressivamente più ampio col crescere dei ragazzi, andare dal micro al macro. Ma
certo si arriva ad un punto in cui si teme che manchino sia le competenze sia gli stru-
menti per un tale approccio, o che la lingua stessa arrivi alla sua frontiera sociolingui-
stica, e non sia più in grado di acquisire domini funzionali nuovi:
bisognerebbe andare dal micro al macro ma più si va avanti... [Gignod (Ins)]; la scuola
deve dare via via sempre più strumenti per andare avanti attrezzati nel mondo, che all’in-
zio è il mio paese, poi sarà Tolmezzo, Udine, Trieste o Bologna…[Paluzza (Gen)].
Un’altra via d’uscita è quella di fare in modo che l’approccio alla cultura sia davve-
ro una porta per fare entrare la lingua nella sua complessità, e non solo una nomencla-
tura desueta. Per farlo è necessario non procedere più per parole ma per testi: ci vuole
la scrittura e la lettura, bisogna far entrare la cultura, anche materiale e locale, attraver-
so i testi in lingua. Un approccio non facile, cui molti si sentono impreparati ma che
trova più favorevoli i punti d’inchiesta che hanno una percezione della propria lingua
come potenzialmente adatta a riempire anche un registro alto95 (ladini; arbëresh; slove-
ni; in parte anche sardi; nei voti, se non nei fatti, occitani).
3. C’è poi una funzione che, a detta di tutti, la scuola non dovrebbe svolgere, ma che
di fatto spesso svolge, quella di contribuire a trasmettere il codice basso, quotidiano,
familiare. Tutti gli intervistati sono d’accordo sul fatto che la scuola non può, non è in
grado di assolvere a tale compito che spetta primariamente alla famiglia:
è la famiglia che deve voler imparare e trasmettere il patois, non la scuola [Gignod
(Ins)]; la tutela della lingua di minoranza è affidata prima di tutto alle famiglie, la scuo-
la si può solo affiancare | è a casa che lo si deve parlare [Pagnacco (Gen)]; il dialetto si
mantiene nelle famiglie [San Pietro 2 (Gen)]; noi facciamo il possibile e l’impossibile,
ma lo scatto vero perché la lingua si parli avviene a casa [Pergine (Ins)].
Ma le sbavature sono tante. Per i genitori è spesso rassicurante delegare in toto alla
scuola l’insegnamento della LM anche a ragione della loro insicurezza linguistica di
parlanti evanescenti; gli insegnanti sentono abbastanza forte la pressione e la delega, in
94
Molto forte, a Pozza di Fassa, anche l’immagine di un bambino ritagliata in modo che i piedi rimanes-
sereo un po’ staccati dal corpo e seguita dalla domanda li faranno camminare?
95
Il che non significa che si tratti delle comunità in cui il codice viene maggiormente usato. A Paluzza, per
fare un esempio, il codice è molto forte, ma in situazione diglottica, specializzato come codice basso.
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particolare nei punti d’inchiesta in cui la LM è percepita maggiormente come a rischio
di estinzione:
non ho nessuna intenzione di usare il dialetto con i figli, il loro approccio con il sardo
deve avvenire con i progetti scolastici [Settimo (Gen)]; [i genitori] delegano alla scuola
l’insegnamento delle due lingue: vogliono che gli insegniamo a parlare e scrivere in ita-
liano corretto e anche a parlare sardo, quando loro a casa non si rivolgono mai ai bam-
bini in lingua 96 [Arzana (Ins)].
Ma queste sono situazioni estreme. In verità alla scuola viene delegato soprattutto il
compito di creare quell’ambiente «dialettofono» che manca talvolta in famiglia o in
paese, quella comunità parlante che all’esterno si è sfilacciata. Ciò ha sicuramente una
funzione primaria, che è quella di evitare per quanto possibile l’abbandono della LM al
momento della scolarizzazione (qualche volta già con la scuola dell’infanzia), un feno-
meno che tutte le comunità denunciano e che è potenzialmente devastante:
i bambini arrivano alla materna al primo anno e già smettono di parlare patois fino alla
terza media [Gignod (Gen)]; avere la scuola di paese è importante, per la socializzazio-
ne ma anche per la tutela della lingua [Paluzza (Gen)]; i ragazzi qui stanno tanto a scuo-
la e fanno gruppo, poi continuano anche alle superiori, a S. Demetrio per esempio, è
importante per la lingua [Santa Sofia (Ins)].
L’importanza dunque di questa componente non deve essere sottovalutata nell’am-
bito di una fruttuosa pianificazione linguistica.
E tuttavia, se non è integrato da altri interventi, questo è un approccio difficile da
sostenere nel lungo periodo, e la scuola secondaria si conferma un nodo critico anche
sotto questo aspetto. Mentre resistono ancora (ma per quanto?) le elementari «di paese»
con insegnanti locali radicati sul territorio, molto spesso non esiste (per mancanza di
allievi) una scuola secondaria di valle e quindi i ragazzi si ritrovano in un ambiente che
non usa la LM. Sono state messe in opera, talvolta, iniziative di tutela: per esempio tutti
i ragazzi proveniente dalla valle del Fèrsina (o Bernstol) sono raggruppati in una stes-
sa sezione – scherzosamente chiamata la sezione mochena – in modo da non dividerli
e garantire ancora l’uso attivo della lingua in un gruppo di pari. Anche così però nelle
classi «mochene» solo la metà dei ragazzi proviene dai paesi della valle del Fèrsina e
la spinta a conformarsi rimane forte, i ragazzi essendo molto sensibili all’approvazione
sociale dei pari: gli stessi ragazzi che ci avevano all’inizio del gruppo coscienziosamen-
te raccontato che il mocheno è una lingua germanica, nel calore della discussione
hanno più volte affermato che mocheno e trentino sono abbastanza simili | noi parlia-
mo solo un po’ più stretto. E dalla discussione è poi anche emerso quanto il trentino
fosse importante per la loro socializzazione primaria. Nella scuola secondaria infine il
corpo insegnante è assai meno omogeneo: molti sono gli elementi provenienti da fuori,
96
Si noti come l’italiano venga insegnato nella sua variante alta (parlare e scrivere in italiano corretto), il
sardo in quella bassa.
I Gruppi | 257 |
il turn over è intenso e tutto questo facilita l’abbandono della LM e l’uso, da parte di
tutti, del codice comune.
4. Infine la scuola nelle aree di minoranza ha il compito di insegnare la variante alta,
di prestigio della LM o una variante alta concorrenziale alla lingua dominante. In
pochissimi casi però le comunità e i docenti operanti sul territorio si sono dichiarati in
grado di portare a termine un tale compito e solo alcuni lo considerano opportuno nella
specifica situazione sociolinguistica in cui si trovano ad operare. Un approccio di que-
sto tipo è messo in atto nei punti d’inchiesta dei ladini e degli sloveni (nel caso della
scuola bilingue) e poi, ma sono casi leggermente diversi, i franco-provenzali col bilin-
guismo italiano-francese e i mocheni che hanno optato per l’insegnamento del tedesco.
Talvolta si è poi percepita una reale disponibilità a procedere in questa direzione, in par-
ticolare nei due punti di inchiesta arbëreshë. In verità si tratta di punti d’inchiesta con
situazioni sociolinguistiche e varianti standard o di prestigio assai diverse fra loro e
diverse percezioni emiche del ruolo di tali lingue. Sarà dunque necessario tentare di
chiarire le diverse posizioni prima di procedere nella riflessione.
4.a. La comunità ladina della val di Fassa ha da alcuni decenni due varianti di stan-
dard, uno standard di valle e uno standard ladino. La politica del Comprensorio Ladino
della Val di Fassa è, come si è ricordato, di procedere per gradi, lasciando la variante
locale alla scuola dell’infanzia (la scolina); introducendo poi il Fassano Standard alle
elementari e il Ladin Dolomitan alla secondaria di primo grado. Il ladino è, prototipi-
camente, una LM priva di lingua tetto, intendendo col termine una lingua di prestigio
cui attingere per i neologismi, per lo sviluppo di strutture grammaticali e sintattiche più
complesse, capace di rassicurare e guidare in un certo senso il parlante meno fluente
nella propria varietà locale97. La creazione del ladino standard doveva rispondere a due
intenti, quello di stabilire una variante alta, di prestigio della lingua e quella di offrire
una protezione nei casi in cui il codice fosse debole. Non è certo compito di una ricer-
ca come la presente, con un solo punto d’inchiesta sul territorio ladino, disquisire sul
successo o no di tale complessa operazione98. Quello però che si può e si deve fare è,
partendo dalla percezione dello standard nel punto d’inchiesta indagato, osservarne i
riverberi sulla scuola e sulle sue scelte e pratiche pedagogiche. A Pozza di Fassa lo stan-
dard è indubbiamente percepito come variante alta credibile, pur con tutti i limiti pre-
vedibili in questi casi: il suo uso nei documenti pubblici è accettato, così come l’inse-
gnamento della lingua (lingua oggetto)99 e, anche se con maggior difficoltà, l’insegna-
mento in lingua (lingua strumento o veicolare), per lo meno per le materie sentite come
più affini, quali storia, arte, biologia. Lo standard (in particolare il fassano standard) è
inoltre la porta d’accesso privilegiata per i non ladinofoni, un potente fattore di integra-
97
Si trovano nella stessa situazione le due più numerose comunità di minoranza italiane, i friulani e i sardi.
98
Cfr. però Dell’Aquila-Iannàccaro 2001, Iannàccaro-Dell’Aquila 2008b.
99
Spesso, come si accennava già sopra, definito «curricolare» dai rispondenti, perché implica l’inserimen-
to della materia all’interno della ore curricolari.
| 258 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
zione a detta degli stessi genitori, ovvero rafforza il ladino nel suo complesso, immet-
tendo e formando nuovi parlanti:
è importante che lo facciano a scuola, da noi in famiglia non potrebbero impararlo per-
ché noi non lo parliamo [Pozza (Gen)].
Più arduo da implementare è il ruolo dello standard come protettore della variante
locale, in particolare presso i parlanti fluenti della stessa che lo percepiscono al contra-
rio come elemento di confusione e incertezza.
Date queste basi la scelta di insegnare lo standard per la scuola è praticamente una
scelta obbligata, pena la perdita di qualsiasi credibilità agli occhi di ragazzi e genitori
(in particolare dei non ladinofoni: lo standard è la variante di integrazione cui essi
hanno accesso):
non vedo perché non dare l’opportunità di imparare il ladino anche a chi viene da fuori
[Pozza (Rag)]; [insegnare lo standard] è l’unica cosa sensata da fare, dovrebbero lavo-
rarci di più | il ladino che viene parlato a casa resta solo un dialetto; la vera lingua ladi-
na sono le varie trasmissioni fatte ad hoc… una commistione tra i tre tipi di ladino
[Pozza (Gen)];
e questo malgrado persistano, nei ladinofoni, reazioni di rifiuto che possono essere
anche abbastanza forti: lo standard è totalmente artificiale | un’imposizione politica.
L’insegnamento dello standard a scuola consegue dunque prevedibilmente risultati
positivi in termini di prestigio: la scuola valorizza la lingua impegnandosi ad insegna-
re la variante alta – ma anche, nel senso inverso, l’insegnamento della variante alta
caratterizza e valorizza la scuola ladina, come una scuola, in nuce, bilingue 100, capace
di garantire vantaggi economici (grazie al famoso patentino e alla condizione di auto-
nomia della Provincia, che viene spesso implicitamente attribuita al proprio riconosci-
mento come minoranza) e sociali di migliore integrazione sul territorio. Tali vantaggi
sono così reali e concreti che non si è esenti dalla tentazione di escludere chi venisse da
fuori:
diciamocelo, che così abbiamo più autonomia a tutti i livelli… | il patentino dà tanti van-
taggi | non trovo giusto che uno dalla Calabria si prenda il patentino… magari lo studia,
ma non sarà mai il ladino “giusto” [Pozza (Gen)]; qui tutti i nostri professori hanno il
patentino, anche [...] che è di origini pugliesi lo ha preso | gli insegnanti sanno tutti il
ladino, con quello hanno più possibilità di avere un posto di lavoro [Pozza (Rag)].
Il punto d’inchiesta di Pozza di Fassa è praticamente l’unico fra quelli da noi inda-
gati in cui non solo non viene rifiutato da parte dei genitori l’insegnamento dello stan-
dard a scuola alla scuola secondaria di primo grado, ma si propone di andare anche
E infatti gli insegnanti ci tengono a rimarcare che i veri modelli sono il romancio nei Grigioni e il ladi-
100
no in Val Gardena, dove [però] c’è il bilinguismo vero.
I Gruppi | 259 |
oltre; purché, sia ben chiaro, si continui a mantenere il legame fra la lingua e il vantag-
gio sociale ed economico che essa garantisce:
la scuola superiore potrebbe preparare i ragazzi ad ottenere il patentino avanzato, o,
meglio ancora, darlo automaticamente con la maturità, se i ragazzi hanno avuto il ladi-
no come materia anche alle superiori | [ma] bisogna fare di più a livello di preparazio-
ne degli insegnanti, usano impropriamente la lingua ladina [Pozza (Gen)].
L’atteggiamento molto più tiepido da parte dei genitori nei confronti del veicolare
non fa che rafforzare questa analisi. Mentre l’insegnamento della lingua è vissuto come
modo per integrare tutti i membri della comunità, per dare a tutti gli stessi vantaggi sul
territorio, l’insegnamento in lingua è vissuto come potenzialmente penalizzante e
discriminante nei confronti dei parlanti non nativi, che verrebbero così privati di bene-
fici e privilegi in particolare nel temuto momento del passaggio ad una scuola più «pub-
blica» ossia al primo ciclo della secondaria quando, tra l’altro, si passa dallo standard
di valle al Ladin Dolomitan, ancora più straniante.
io posso aiutare mia figlia a studiare storia in italiano, col ladino non potrei… |divente-
rebbe antipatico perché imposto | innaturale | bene nella scuola elementare del paese, se
l’insegnante è del posto e si fanno filastrocche, storielle… allora non è una forzatura,
anzi [Pozza (Gen)].
Altre motivazioni, fra l’altro legate ad una sorta di «diminuzione» della materia
insegnata attraverso la LM, verranno analizzate più sotto; qui importa notare che men-
tre l’insegnamento del ladino è potenzialmente unificatore, domesticatore, l‘insegna-
mento in ladino produce divisione e straniamento.
Inoltre, a causa della difficoltà a funzionare anche come protezione del polo lingui-
stico basso, l’insegnamento dello standard a scuola non tutela le varianti locali, anzi è
talvolta fonte di frustrazione per i ragazzi (che scoprono di «parlare male» la propria
lingua); ma soprattutto è fonte di confusione, perché inserisce istanze di polinomia lad-
dove, nel caso del parlante fluente, c’era una norma sicura. Sono soprattutto i ragazzi a
denunciare questa incertezza della norma, che essi attribuiscono a pecche dei singoli
insegnanti ma che hanno sicuramente radici più profonde:
[il prof] fa un miscuglio di moenat, cazet e brach 101… insopportabile! | qualche parola la
dice anche sbagliata | dovrebbero mettere solo il cazet: è quello più giusto! [Pozza
(Rag)].
Ma anche nei genitori ci sono tracce di questo sentimento di incertezza e confusio-
ne: a scuola dicono di insegnare lo standard, ma in realtà la maestra insegna il moe-
nat 102.
101
Le varietà dialettali riconosciute della Valle di Fassa.
102
Che è per giunta variante di basso prestigio in Val di Fassa.
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4.b. L’esperimento della scuola bilingue italiano-sloveno di San Pietro al Natisone è
diverso, così come lo sono le condizioni in cui opera. Nelle Valli del Natisone la comu-
nità è ancora divisa, i ricordi dolorosi ben presenti e solo i ragazzi, a detta dei loro geni-
tori, stanno finalmente guardando avanti:
la separazione è più degli adulti, i bambini si trovano e si capiscono | il vissuto ci ha solo
fatto perdere un sacco di tempo, adesso bisogna guardare avanti [San Pietro 2 (Gen)].
Sociolinguisticamente il natisoniano, da taluni chiamato anche beneciano, da altri
nediško, è un codice in netta recessione. La comunità esce da anni di persecuzione atti-
va (col fascismo) e di malevola indifferenza nel dopoguerra e si trova ora a confrontar-
si con l’espansione di italiano e friulano: questo è l’unico vissuto che sembra mettere
d’accordo tutti:
il dialetto così va a scomparire… noi cosa possiamo fare? [San Pietro 1 (Ins)]; la lingua
è stata sradicata dal territorio [San Pietro 1 (Ins)]; la lingua franca fra i bambini, anche
alle elementari, è l’italiano [San Pietro 2 (Ins)]; forse i genitori da piccoli non hanno
appreso bene il dialetto, considerato penalizzante dai nonni [San Pietro 2 (Ins)].
Lo status del natisoniano è ancora discusso e la comunità si spacca su questo argo-
mento cruciale; per semplificare un argomento assai complesso, una parte della comu-
nità vorrebbe il suo insegnamento, ritenendolo lingua a sé stante, per quanto ovviamen-
te imparentata con lo sloveno; l’altra parte interpreta il natisoniano come dialetto dello
sloveno, per quanto fuori patria. All’interno di questa situazione così delicata l’Istituto
bilingue ha fatto una scelta senza molti compromessi, che sicuramente non ha contri-
buito ad allentare la tensione ancora palpabile nella comunità ma che ha portato anche
degli elementi di reale innovazione nell’approccio della Scuola alla LM. La scuola ha
fatto la scelta di essere, almeno nelle intenzioni anche se non sempre del tutto nei fatti,
una scuola bilingue paritaria tra italiano e sloveno. Lo sloveno standard (lo sloveno di
Slovenia) deve negli intenti sia fungere da variante alta, scritta, di prestigio, sia da pro-
tezione di una variante bassa e, a differenza della Val di Fassa, almeno nel dichiarato si
afferma che riesce a svolgere entrambi i compiti:
c’è bisogno di imparare a scrivere e poi lo si riversa sul dialetto [San Pietro 2 (Gen)];
c’è stato un tentativo di separare il dialetto sloveno dalla lingua standard slovena e que-
sto è artificiale | rimane il problema di ricucire i dialetti locali con la lingua standard
[San Pietro 2 (Gen)].
Ma la sicurezza con cui si afferma il ruolo di protezione della variante bassa da parte
dello standard nasconde una situazione ben più complessa: in particolare presso i ragaz-
zi, la variante bassa è di fatto in netta recessione (e lo standard viene dunque accettato
facilmente perché non va a cozzare contro una norma già ben stabilita) e gli adulti (per
I Gruppi | 261 |
quanto non coscientemente) sembrano quasi rassegnati ad una sua scomparsa. Il rap-
porto della scuola col territorio in generale è meno simbiotico che nel caso di molte
altre minoranze. Non si percepisce e non si presenta come una scuola della minoranza,
ma come una scuola europea con la missione di creare i nuovi cittadini dell’Europa.
Quello che invece la scuola riesce sicuramente ad ottenere col proprio approccio è
un innalzamento netto della LM. Basterà a questo proposito confrontare le risposte al
gioco proiettivo da parte dei ragazzi della scuola secondaria di San Pietro e di quelli
della secondaria bilingue: secondo i primi lo sloveno è un alpino, allegro, un po’ ubria-
cone, l’italiano una lingua aspirazionale ma fredda (una ragazza vestita alla moda, se
la tira, un po’ antipatica) e il friulano una possibile lingua in cui identificarsi (una
ragazza che balla, della nostra età). I secondi hanno visto nello sloveno una ragazza
alta e bionda | gioca a pallavolo |un po’ introversa, hanno dato rappresentazioni molto
conflittuali dell’italiano (uno un po’ cicciottello | un bonaccione ma anche uno snob |
un saccente) e immaginato il friulano come un vecchietto al bar che gioca a morra.
Una prova indiretta della forza del modello pedagogico e linguistico proposto dalla
bilingue viene anche dal fatto (di per sé non per forza positivo ma sicuramente signifi-
cativo) che essa ha reso quasi impossibile l’insegnamento dello sloveno nell’altro
Istituto, ritrovatosi, contro la sua stessa volontà, a giocare il ruolo della «scuola italia-
na» (chi vuole lo sloveno va alla bilingue):
ora alcuni genitori protestano o sono ostili se usiamo il dialetto nelle festine di fine anno
o in altre occasioni, prima non accadeva [San Pietro 1 (Ins)]; la scuola bilingue ci ha
tolto lo sloveno | ci ha tolto l’educazione linguistica, a noi rimane la cultura da portare
avanti, l’identità, le radici… [San Pietro 1 (Ins)].
4.c. Il bilinguismo italiano-francese in Val d’Aosta è invece di antiche tradizioni e
risponde a pressioni che inizialmente avevano a che fare solo in modo tangenziale con
la protezione del francoprovenzale. In un passato non lontanissimo il francese ricopri-
va il polo alto della diglossia, nella funzione che ormai è dell’italiano; di questo c’è
ancora il ricordo nella comunità:
mia nonna parlava solo in patois ma scriveva solo in francese [Gignod (Gen)].
La situazione attuale è però radicalmente diversa e il passato non più recuperabile;
ormai le lingue caratterizzanti il territorio sono due, o al massimo due più una:
l’italiano, il patois e il francese a scuola [Gignod (Ins)]; il francese non lo usiamo, in
verità le lingue sono due | il francese è importante ma non è una lingua naturale | il fran-
cese è una materia [Gignod (Gen)].
La comunità francoprovenzale è in fase di profondo ripensamento: emergono pro-
poste di creare uno standard, di inserire delle ore di francoprovenzale curricolare, ovve-
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ro di seguire una strada simile a quella intrapresa dal ladino, ma al momento dell’in-
chiesta sul campo tali spinte erano vaghe e confuse e l’istituzione scolastica sembrava
opporvi una certa inerzia. La scuola sembra al momento voler continuare lungo una
strada ormai collaudata dal tempo, che consiste essenzialmente nel puntare sul bilingui-
smo alto (o diacrolettia) italiano-francese lasciando poi il polo basso al francoproven-
zale. In questo senso, almeno dal punto di vista emico, il francese non servirebbe nep-
pure come variante alta o di prestigio del francoprovenzale né a proteggere il cammino
della LM nella sua acquisizione di più ampi domini d’uso 103; o per lo meno, assolvereb-
be a queste funzioni solo in via indiretta. La sua funzione principale sarebbe quella di
proteggere l’identità e la specificità valdostane lasciando nel contempo il codice di
minoranza al polo basso della diglossia, lingua del cuore e degli affetti, fuori dalla scuo-
la: il francese non stabilisce una gerarchia funzionale col patois ma gli si affianca in una
funzione prevalentemente identitaria:
il patois e il francese sono l’unica difesa contro la perdita d’identità [Gignod (Ins)].
Nel punto d’inchiesta di Gignod (che pure è un punto di bassa valle e dunque poten-
zialmente difficile per la conservazione del francoprovenzale) dai tre gruppi è venuta la
richiesta esplicita e determinata a non istituzionalizzare il patois, non perché non sia un
patrimonio importante della comunità, ma perché è troppo intimo, privato e prezioso
per adeguarsi ad una dimensione pubblica. È sufficiente, nella percezione dei parteci-
panti al gruppo, che la scuola cessi di osteggiare il patois e lasci che si sviluppi secon-
do le sue proprie modalità. Anche su questo punto, d’altronde, la battaglia, si direbbe
ad ascoltare i ragazzi, non è ancora completamente vinta, in particolare nella seconda-
ria dove ci sono numerosi docenti provenienti da fuori:
sarebbe anche proibito | il professor X ci ha insultato una volta che lo usavamo | i pro-
fessori di fuori si arrabbiano perché credono che diciamo bestemmie o li prendiamo in
giro, ma mica è vero [Gignod (Rag)].
Sono graditi lavori incentrati sulla cultura della LM, ma nulla di più:
[il patois] nella scuola non entra, è un bidello | non entra è un dialetto non una lingua
ufficiale | se ne andrebbe immediatamente [Gignod (Rag)]; non dobbiamo poi arrivare al
patois scritto o al patois comune; l’assessore giustamente dice che ciascuno deve scrive-
re il suo, ma poi a scuola… [Gignod (Ins)]; per me la scuola è italiana, non ha niente a
che vedere con la nostra cultura | sono culture più intime non devono fare parte delle isti-
tuzioni [Gignod (Gen)]; la scuola deve lasciare libere le minoranze e poi eventualmente
lasciarle morire | non mi piace questo voler dirigere [Gignod (Gen)] 104; non è che non si
può insegnare matematica in patois, non si deve [Gignod (Gen)].
103
Si registra nondimeno qualche apertura in questa direzione: faccio confronti tra le due lingue, il france-
se è molto simile al patois mi sembra un modo per dare dignità sia al francese che al patois [Gignod (Ins)].
104
Ma è implicito che il patois non morirebbe perché è percepito come ancora molto vitale.
I Gruppi | 263 |
Fondamentale invece, malgrado le difficoltà e le imperfezioni, è che la scuola man-
tenga ed implementi il bilinguismo col francese, tratto caratterizzante e valorizzante
l’offerta scolastica, e base ideologica dell’autonomia:
attenzione che sennò si rischia di perdere tutto [Gignod (Ins)]; il francese a scuola è
un’opportunità, anche se in casa non si parla francese o patois [Gignod (Gen)].
4.d. I mocheni sono una delle numerose comunità germanofone sparse sull’arco
alpino. La comunità è piccola e, isolata in un territorio non germanofono, sente molto
forte la pressione all’assimilazione, ma al contempo ha anche qualche motivo di rassi-
curazione, in particolare:
• il fatto di appartenere ad un ceppo linguistico numeroso, prestigioso ed economi-
camente potente:
qui siamo pochi ma di là ci sono ottanta milioni di Tedeschi [Pergine (Gen)].
• il fatto di avere una provincia autonoma (la provincia di Trento) che lavora atti-
vamente alla tutela della minoranza. Per confronto, la posizione di altre comuni-
tà germanofone site in regioni o province non autonome o comunque poco pro-
tette viene giudicata assai più precaria:
siamo stati a Sauris perché avevamo un gemellaggio ed è stata una desolazione | lì
abbiamo capito che cosa vuole dire sentirsi del tutto abbandonati [Pergine (Ins)].
Sotto la tutela della Provincia, la comunità ha iniziato da una decina d’anni un cam-
mino di rivalorizzazione della lingua anche attraverso la scuola, e in particolare la scuo-
la secondaria. Mentre nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie della valle si punta
soprattutto su un uso veicolare del mocheno, per la scuola secondaria si è fatta invece
la scelta di istituire una ‘sezione mochena’, che non è frequentata solo da mocheni ma
che tendenzialmente raggruppa tutti ragazzi provenienti dalla valle del Fèrsina in cui si
insegna come prima lingua straniera il tedesco standard (la seconda, molto insegnata, è
l’inglese). La funzione attribuita a questo insegnamento è prevalentemente identitaria e
di prestigio, ma ha anche riverberi sulla protezione della lingua, offrendo modelli les-
sicali (in particolare per i temutissimi neologismi), morfologici, sintattici. Invece non è
possibile (per lo meno al momento) ipotizzare un utilizzo del tedesco nel polo alto della
diglossia, al momento monopolizzata dall’italiano.
La scelta ha sicuramente aumentato il prestigio della lingua – il mocheno diventa
una porta d’accesso ad una cultura forte e potente – ma anche quello della scuola, in cui
la «sezione mochena» incomincia, dopo le prime incertezze, ad essere una sezione
ambita. Ci racconta un genitore non mocheno che all’inizio mio figlio era scontento,
diceva ‘mi non capisco perché, solo perché i mocheni dicono che loro son todeschi, io
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devo fare tedesco a scuola’, ma che ora il ragazzo ne ha capito lo scopo ed è molto sod-
disfatto: il tedesco è importante, è una marcia in più [Pergine (Gen)].
4.e. Alcune comunità poi, anche se di fatto non hanno ancora attivato l’insegnamento
della variante alta della LM a scuola, hanno dato consistenti segnali di apertura in questa
direzione. Particolarmente netto questo messaggio è arrivato dai due punti d’inchiesta
arbëreshë, Ururi e Santa Sofia d’Epiro. Le comunità albanesi d’Italia, in questo molto simi-
li alle comunità germanofone delle Alpi, sono sparse in comuni isolati; ma rispetto a que-
sti ultimi, tuttavia, hanno un più forte senso di coesione, per lo meno su base regionale. I
comuni albanesi del Molise, per esempio, hanno fitti legami di parentela, amicizia, scam-
bi economici e culturali fra di loro. Un ulteriore punto in comune con le comunità germa-
nofone è il fatto di avere come lingua tetto una lingua nazionale d’oltreconfine, anche se
una lingua al momento assai meno prestigiosa in Italia e in Europa rispetto al tedesco:
gli stranieri qui sono soprattutto rumeni o albanesi: loro si vergognano a usare il loro
albanese, noi no [Ururi (Rag)]; l’associazione con gli albanesi d’Albania non mi piace |
sono persone poco serie | ci penalizza un po’ questo fatto | prima per noi era bello dire
che eravamo una minoranza... [Santa Sofia (Gen)].
A differenza poi delle comunità germanofone alto è il prestigio (per lo meno quello
interno) della varietà locale, una lingua che ha avuto nel passato una produzione lette-
raria notevole, considerata alla base dello stesso albanese d’Albania:
è una lingua antica e di cultura [Ururi (Rag)]; noi usiamo l’albanese più vecchio perché
in Albania è cambiato [Santa Sofia (Rag)]; c’è una produzione letteraria importante che
bisognerebbe insegnare a scuola [Santa Sofia (Ins)];
una lingua a tutti gli effetti, tanto che non compaiono nei genitori quei timori sulle
possibilità di commistione con l’italiano che sono forti nei codici più omodiegetici e
con più forti tratti dialettali. Una lingua infine – ed è un tratto assai significativo – che
si può, senza forzature, insegnare anche al liceo:
l’italiano viene parlato bene con l’albanese, ha un po’ più di difficoltà col dialetto [Santa
Sofia (Gen)]; i ragazzi magari lo recuperano dopo | bisogna arrivare alle superiori per
avere un interesse vero | mio figlio fa albanese al liceo [Santa Sofia (Gen)].
Al di là della proclamata (e vissuta) felicità per la fierezza e la libertà nuovamente
conquistate, e della rivendicazione di prestigio per la variante locale, non è difficile
intravvedere dei rapporti talvolta ancora conflittuali con i non arbëreshofoni (i latini)
all’interno del paese e della stessa scuola, conflitti che possono essere così forti da
indurre i ragazzi a chiedere di non imporre la LM come obbligatoria per evitare di tro-
varsi in una situazione scomoda:
I Gruppi | 265 |
non devono metterlo obbligatorio: a molti non gliene frega niente di niente, dicono
che è brutto, che ha dei brutti suoni, che non serve a niente... lo odiano! [Ururi
(Rag)]; non dobbiamo parlare arbëresh durante le ore scolastiche, ci sono dei prof
che ce lo dicono e ci sgridano e hanno ragione: è maleducato, perché non tutti ci
capiscono, soprattutto i prof che vengono da fuori [Ururi (Rag)]; [ho scelto per il col-
lage l’immagine dello skateboard] perché spesso dei ragazzi che fanno skate si parla
male... allo stesso modo anche parlare albanese non è segno di maleducazione [Santa
Sofia (Gen)].
La discussione sullo standard all’interno delle varie comunità è ancora aperta e si
percepisce una certa confusione, informazioni contraddittorie, una coscienza tutto som-
mato abbastanza nebulosa di quello che implica un processo di standardizzazione. In
verità, forse anche a motivo di un’opera di valorizzazione che ha puntato molto sull’an-
tichità e la letterarietà della lingua, l’arbëresh sembra un’entità data a priori, adatta «per
natura» ad essere variante alta e scritta. Di più, risultando tale variante di maggior pre-
stigio rispetto all’albanese di Albania, è spontaneamente da preferirsi per l’instaurarsi
del polo alto della diglossia. Insomma, pare di capire, l’arbëresh c’è, basta insegnarlo.
Che cosa sia poi, l’arbëresh, in quanto lingua comune, quali tratti linguistici abbia, che
tipo di standard esprima non è per nulla chiaro: anzi, non pare essere materia di rifles-
sione. Appare solo qua e là qualche accenno al bisogno di lavorare su questa lingua per
adeguarla ai mutati tempi e alle diverse condizioni del suo utilizzo:
la lingua era praticamente solo orale, è stata codificata e accettata di recente: ora ci
vogliono i testi, moderni e accattivanti [Ururi (Ins)]; Difficile che si faccia di più, perché
non è una lingua standardizzata… difficile l’approccio [Ururi (Gen)].
Eppure la situazione è lungi dall’essere semplice, per i ragazzi tutto questo presti-
gio, che si declina esclusivamente al passato e nei confronti del quale spesso basta l’os-
sequio formale, porta talvolta all’irrilevanza stessa del codice per il vissuto personale:
un tempo i vecchi genitori lo insegnavano ai figli, ora non lo parliamo... anche se lo
apprezziamo | alcuni nonni ci parlano [in arbëresh] perché non si perda la tradizione, noi
rispondiamo in italiano, perché basta capirlo [Santa Sofia (Rag)].
A questo si aggiunga qualche soprendente apertura nei confronti dell’albanese
d’Albania come codice almeno in prospettiva più utile. È notevole poi che nel punto
d’inchiesta di Santa Sofia d’Epiro è risultato molto forte il calabrese, come codice basso
presso i più giovani.
La scuola, in questa situazione così fluida, si muove assai cautamente. Per il
momento ci si limita ad attività extracurricolari che vanno assottigliandosi in maniera
drastica nel passaggio dalla primaria alla secondaria. Ma le pressioni per una maggio-
re istituzionalizzazione (ore curricolari, insegnamento della lingua, insegnamento della
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variante scritta) sono forti, in particolare da parte del corpo insegnante. L’insegnamento
della LM a scuola in maniera istituzionale avrebbe, nei voti della comunità, lo scopo:
• di innalzare il prestigio della lingua ammettendola al rango assai ambito di
«materia scolastica»: darle la dignità di lingua, di materia [Ururi (Gen)]. Si deve
notare a questo proposito che il prestigio accordato alla scuola e alla cultura che
essa trasmette è nei punti d’inchiesta particolarmente alto. Se ne ricava che men-
tre altrove, segnatamente in Trentino, è soprattutto la dimensione pubblica, visi-
bile della lingua che dà prestigio105, in questi due punti è piuttosto valutata posi-
tivamente la sua dimensione istituzionale e letteraria, e la scuola rimane, in par-
ticolare in comuni piccoli e isolati, uno dei principali segni tangibili dello Stato.
• di procedere ad un’alfabetizzazione di massa delle giovani generazioni. In nes-
sun’altra comunità come nei due punti d’inchiesta arbëreshë è stata espressa così
forte, anche nel gruppo dei giovani, la necessità di una scuola che insegni a leg-
gere e scrivere.
lo userei per scrivere poesie o sms... per scherzare lo usiamo già, ma sbagliamo [Ururi
(Rag)]; bisognerebbe poter almeno insegnare a leggere e scrivere [Ururi (Ins)]; abbiamo
imparato a leggere e soprattutto a scrivere: è necessario! [Ururi (Gen)]; all’inizio sem-
brava difficile, soprattutto scrivere, invece era bello [Santa Sofia (Rag)].
Non è facile dire che cosa ci sia alla base di una richiesta così forte ed esplicita. In
parte essa sembra discendere naturalmente dal modo in cui viene percepita la LM stes-
sa: l’arbëresh esiste, è una lingua e non un dialetto, alla stessa stregua del suo «diretto
discendente», l’albanese d’Albania; conseguentemente niente altro può e deve fare la
scuola che insegnarne la lingua e la cultura. Ma entrano in gioco anche altri fattori, in
particolare il bisogno di consegnare nello forma scritta un codice che si percepisce a
rischio di estinzione nella sua forma orale. A questa ricerca appassionata della padro-
nanza dello strumento della scrittura106 non è dunque estraneo un bisogno di cristalliz-
zare, tramandare ai posteri un passato vissuto come non più recuperabile: si valorizza
erigendo monumenti (fatti di marmo, di metallo o di parole) al proprio passato: è così
che si può parlare della monografia dedicata a Pasquale Baffi e del monumento in piaz-
za dedicato all’arrivo degli albanesi come di due operazioni simili: abbiamo fatto delle
cose che rimarranno nel tempo [Santa Sofia (Gen)].
4.f. Nel punto di inchiesta di Paesana, nella Valle del Po, in condizioni sociolingui-
stiche assai differenti, abbiamo recepito istanze almeno in parte simili. Si consideri
prima di tutto che Paesana è sicuramente un punto di inchiesta di particolare interesse
per quanto riguarda l’occitano: in paese il codice è ormai in rapida decadenza, canniba-
lizzato da una rapida avanzata del piemontese e in tutta la Valle del Po il codice sta quasi
scomparendo, anche per lo spopolamento progressivo ed inesorabile dell’alta valle:
105
La lingua dei cartelli di toponomastica bilingui, la lingua burocratica e dell’amministrazione.
106
E si noti, molto di più della scrittura che della lettura.
I Gruppi | 267 |
quando si sente qualcuno parlare occitano non è di qua, oppure è qualche nonnetto
[Paesana (Rag)]; le persone non sanno più cos’è occitano e cos’è piemontese, mischia-
no, confondono [Paesana (Ins)]; qui il vero occitano si parla solo in tre comuni dell’alta
valle [Paesana (Gen)].
Quella di Paesana è quindi una situazione piuttosto estrema, e forse non testimone
di tutta la comunità occitana; d’altra parte la comunità occitana è concentrata in villag-
gi molto piccoli e spopolati in valli in cui non ci sono neppure le scuole primarie. La
situazione di Paesana – pur estrema – è dunque a suo modo rappresentativa delle con-
dizioni reali del territorio e sicuramente dà informazioni preziose sulle dinamiche della
Scuola quando si confronta con la protezione di una LM in seria difficoltà.
L’occitano, come l’albanese, ha una lunga tradizione letteraria percepita (dai trova-
tori medievali a Fréderí Mistral), che continua sino ai giorni nostri, tradizione di cui
almeno una parte della comunità è ancora cosciente:
A questa stregua, allora perché studiare il latino? Anche l’occitano è una grande lingua
di cultura [Paesana (Gen)].
Esiste e resiste, numerosa rispetto alle dimensione della comunità, un’élite intellet-
tuale che fa dell’occitano il proprio medium espressivo. Certo si è lontani dai fasti del
revival sociale e anche politico degli anni ’60 e ’70 ma l’occitanismo rimane capace di
mobilitare risorse anche e soprattutto culturali:
si discuteva molto, c’erano diatribe, polemiche, si faceva politica su queste tematiche |
c’erano associazioni combattive… ora non c’è più nulla [Paesana (Ins)]; io continuo, in
coerenza con le idee del ‘68/’70, quando si è preso coscienza dell’importanza dell’occi-
tano, così come delle altre lingue di minoranza… [Paesana (Gen)].
A questa vitalità della lingua alta si oppone una rapida decadenza e un basso presti-
gio del polo basso, quasi del tutto scomparso, nel punto d’inchiesta di Paesana, dal
repertorio linguistico dei più giovani, anche dal punto di vista affettivo107:
qui si parla italiano piemontese e poi l’occitano che però è una lingua morta! [Paesana
(Rag)].
La minoranza di Paesana ha sempre avuto pochissimo appoggio dalla Regione e
poco dalla Provincia. Gli interventi di tutela sono quindi solo embrionali e devono fare
i conti con una quasi completa mancanza di risorse, ma la scuola ha comunque messo
in atto delle attività di rivitalizzazione, pur sporadiche. I gruppi degli adulti, sia genito-
ri sia insegnanti, hanno raccontato di un approccio scolastico che ritiene di poter pun-
tare soltanto ad una sorta di «riemersione» della coscienza di un patrimonio che sta
sprofondando sotto il livello di coscienza della popolazione:
107
Già la lingua dei nonni è spesso il piemontese.
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ciò che riusciamo a fare, come scuola, è portare a conoscenza, e calare nella realtà,
facendolo conoscere ai bambini 108 [Paesana (Ins)];
un’operazione che riporti alla luce, metta in risalto quanto di occitano ancora c’è
nella società, nella cultura e nella lingua, e che si cerca di implementare attraverso
diverse strategie – oltre a quella, assai comune, di recupero della lingua dei nonni (e tal-
volta dei bisnonni). A tutti sembra essere molto chiaro che non si tratta di un’operazio-
ne di rivitalizzazione del codice ma di pura conservazione museale:
raccolgono delle parole, sul campo, con i nonni o altri parlanti, e le mettono in una teca.
Sono salvate... nella teca [Paesana (Gen)].
Le strategie possono essere:
• sottolineare la presenza del codice nella vita quotidiana e nel linguaggio stesso
dei ragazzi; questo approccio è rassicurante e gratificante in quanto parte dal vis-
suto personale:
noi qualche parola la diciamo in occitano, anche se parliamo piemontese [Paesana
(Rag)]; io ho scoperto di sapere già delle parole | ci sono parole che pensavo fossero pie-
montesi e invece sono occitane ! [Paesana (Rag)].
• lavorare sulla dimensione transnazionale dell’occitano, uscire dalla dimensione
localistica (per forza di cose assai poco attraente) e presentare l’occitano come
una lingua dagli ambiti d’uso potenzialmente vasti e ricchi:
scopriamo il territorio dell’Occitania: la Francia del sud, i Pirenei, le altre valli del
Piemonte… [Paesana (Rag)]; scoprire che l’occitano viene parlato su un’area piuttosto
vasta… per loro [i ragazzi] è positivo: loro lo vivono come dimensione molto locale
[Paesana (Ins)];
fra l’altro l’Occitania, come sottolineano gli insegnanti, è anche un «marchio che
vende bene», anche se solo a livello commerciale:
la musica funziona, si balla, bello avere la cassetta dei Lou Dalfin, magari senza capire
| a livello economico funziona anche bene, per esempio per il lancio di un prodotto
[Paesana (Ins)].
• lavorare sulla dimensione letteraria del codice; un approccio a prima vista astrat-
to e poco coinvolgente, ma cui i ragazzi si sono mostrati tutto sommato piuttosto
sensibili per via del prestigio che ne deriva: non più il dialetto dei poveracci, ma
una lingua vera, abbastanza dissimile dall’italiano perché il possesso del codice
sia una risorsa nei rapporti interpersonali:
Significativa questa immagine dell’occitano come una lingua astratta, priva di corpo cui bisogna ridare
108
consistenza.
I Gruppi | 269 |
• poesie in occitano | traduzione di canzoni, cose moderne, attraenti per loro | abbiamo fatto
20 ore a contratto con una lettrice madrelingua [di origine] francese: è stato molto utile,
abbiamo comparato, i ragazzi si sono divertiti, abbiamo lavorato su un film, «l’uomo che
piantava gli alberi» | i ragazzi stanno costruendo un manuale con la stessa struttura in
occitano, italiano, francese e inglese, un lavoro su guerra, pace e libertà [Paesana (Ins)].
Nel gioco proiettivo dei ragazzi sono comparse immagini fiabesche, irreali (mario-
nette | una bicicletta di legno) ma ricche di fascino ed attrattiva, come una mongolfie-
ra, e indubbiamente legate all’ambito culturale (un libro); stimolati sulle associazioni
con le auto, un importante indicatore del prestigio, hanno a sorpresa e probabilmente
esagerando un poco proposto una Toyota 4x4 e una Mercedes SLK. L’importanza di
queste raffigurazioni emerge anche per contrasto con quelle attribuite al piemontese, un
codice sicuramente più vicino (i nostri nonni) ma assolutamente poco prestigioso e
aspirazionale: un paio di vecchie mutande di lana | una Panda 4x4 vecchia.
In particolare i due ultimi approcci, invece che lavorare a un (forse impossibile al
momento attuale) rafforzamento del polo basso della diglossia, lavorano direttamente sul
prestigio del polo alto con risultati, come si è visto, almeno potenzialmente interessanti.
4.g. L’insegnamento della variante alta del codice non viene invece preso in consi-
derazione (oppure viene espressamente rifiutato) nei punti d’inchiesta delle più nume-
rose minoranze linguistiche tutelate dalla legge: sardi e friulani. In entrambe queste
comunità si lavora da diversi anni a proposte di standard, ed in entrambi i casi si è arri-
vati ad una proposta «ufficiale» cui la società e soprattutto le istituzioni locali dovreb-
bero uniformarsi. Le resistenze allo standard (in verità, a qualsiasi variante sovraloca-
le) sono nondimeno ancora forti, più forti, come prevedibile, nei punti d’inchiesta in cui
il codice basso è ancora molto diffuso anche tra i ragazzi (nel nostro caso i due comu-
ni di montagna Arzana e Paluzza) e dunque rappresenta una norma ben radicata che
entra in conflitto con la nuova norma che si vorrebbe far accettare. Nei due punti d’in-
chiesta montani il problema dello standard non è neppure emerso nella discussione,
come se fosse un elemento di scarso o nessun rilievo, ma questa negazione ha forti trat-
ti di rimozione. A Paluzza lo standard, pur mai nominato, è all’origine, per esempio, del
bisogno continuo di puntualizzare che nel comune e in tutta la Carnia si parla carnico
e non friulano, oppure delle paure che una presenza troppo istituzionale della LM nella
scuola possa portare a dover accettare una variante estranea:
io non mi trovo a leggere il friulano della bassa di adesso 109 | ha più parole friulane che
le nostre [Paluzza (Rag)]; così [ossia usando il friulano solo veicolare] facciamo il nostro
dialetto; altrimenti verrebbe storpiato: per esempio ci direbbero che si dice patatis inve-
ce di cartufulas [Paluzza (Gen)]; noi vogliamo l’arzanese | non tutti parliamo lo stesso
sardo, quindi non è possibile rischiare di insegnare logodurese, barbaricino [Arzana
(Gen)]; Non puoi scriverlo come lo pronunci, ti costringono a scrivere in un certo modo
| così non mi ricorda la mia lingua [Arzana (Gen)].
109
Ovverosia lo standard.
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Nei due punti urbani invece lo standard è una realtà, talvolta osteggiata e spesso vili-
pesa, ma pur sempre qualcosa con cui fare i conti. Le accuse che gli vengono rivolte
sono ben note nell’ambito degli studi della pianificazione linguistica, sarebbe una lin-
gua finta, brutta, un po’ ridicola (emerge marcatamente il problema dei neologismi),
che non appartiene a nessuno, che nessuno dei docenti conosce e quindi a priori da
lasciare fuori dalla scuola:
il friulano è legato alla vita pratica, al lavoro della terra, poi che il Pirona abbia fatto
un vocabolario... | abbiamo sentito dei nomi mai sentiti [Pagnacco (Ins)]; [nel 1999-2000
durante un corso di formazione Matteo Cappai] ci ha spiegato la querelle sulla lingua
sarda, se bisogna usare il logodurese o il campidanese. La politica regionale però pro-
pende per Sa lingua de Mesanìa per le forme scritte. Noi usiamo la variante nostra anche
perché quella sappiamo [Settimo (Ins)].
Però non è una variante irrilevante, tanto che ci si deve fare i conti, foss’anche per
decidere di non insegnarla:
la lingua a scuola è un po’ un problema, perché non c’è una certezza della lingua | il
sardo è diverso da paese a paese, non è una lingua da scuola [Settimo (Gen)].
Queste comunità (ma anche molte altre di cui abbiamo già parlato e che stanno com-
battendo con maggiore o minore successo con l’implementazione di uno standard)
hanno però bisogno di una variante scritta (e in particolare ne ha bisogno la Scuola) non
tanto per scrivere nella propria varietà, bensì per trascriverla:
noi parliamo sardo, sappiamo anche scrivere, cioè lo scriviamo come lo sentiamo, per
esempio nelle interviste ai genitori [Settimo (Ins)]; però scriverlo è difficile, in partico-
lare le cose vecchie che noi adesso trasmettiamo solo oralmente [Paluzza (Gen)]; io
all’università ho lavorato sull’arbëresh, usavo l’IPA, ora c’è una codifica, mi piacereb-
be saperne di più, poterci lavorare ancora [Ururi (Ins)]; ci sarebbe bisogno di formazio-
ne | corsi di grafia per gli insegnanti | non sempre è facile sapere la dizione esatta di alcu-
ne parole; [Gignod (Ins)]; abbiamo provato a raccogliere i suoni, a confrontarli a quel-
li dell’alfabeto sloveno, a scrivere [San Pietro 1 (Ins)].
La situazione si fa ancora più complessa se si considerano anche le operazioni di
corpus e status planning – ovvero l’istituzione di toponomastica bilingue, il patrocinio
a pubblicazioni e traduzioni in lingua, l’istituzione di sportelli linguistici, della modu-
listica bilingue e così via – solitamente messe in opera in funzione di uno specifico
standard. I due punti sardi, pur con accenti e intensità diverse, hanno sottolineato la
necessità e l’opportunità di lavorare per una maggiore visibilità pubblica della LM.
L’identità sarda sembra costruirsi almeno in parte in opposizione all’Italia (bisogna
liberarsi dalla mentalità da colonizzati) e almeno in parte anche in opposizione all’ita-
I Gruppi | 271 |
liano, lingua necessaria all’emancipazione ma anche lingua dello straniero. Il sardo
pubblico è dunque un modo per marcare il territorio come non del tutto o non esclusi-
vamente italiano. Questa variante di sardo pubblico però non deve essere insegnata
nelle scuole perché collide con le varianti locali ancor vive sul territorio e vere porta-
trici del mondo degli affetti e delle tradizioni.
Nei due punti friulani la situazione è risultata diversa: il bisogno di una visibilità, di
segnare una frontiera, è meno intimo, meno forte; questo non significa ovviamente che
questa visibilità non abbia dei riverberi positivi sulla LM, ma non nasce da un bisogno
profondo del parlante di sentirsi e vedersi riconosciuto come diverso:
non siamo come in Trentino 110 dove fanno finta di non saperlo, l’italiano… per me se
vado in posta e l’impiegato non parla friulano o timavese, io passo tranquillamente
all’italiano | noi siamo italiani! Quelli invece sono veri austriaci [Paluzza (Gen)].
Più importante invece l’uso effettivo del codice per segnare l’in-group, la possibili-
tà di parlar friulano liberamente in tutte le occasioni della vita quotidiana, che permet-
te di sentirsi pienamente cittadini all’interno della propria regione e all’interno
dell’Italia. Un friulano pubblico diverso da quello parlato viene dunque più facilemen-
te vissuto
• come una operazione anodina che si guarda con benevolo stupore nei posti in cui
il codice locale è forte:
lo sportello linguistico è uno spreco di soldi… probabilmente pensano che ci sia una
minoranza, ma noi non siamo una minoranza qui! [Paluzza (Gen)]111;
• come un’operazione inutile e fastidiosa là dove il codice non è forte, dacché la
sua visibilità è percepita come solo di facciata:
la richiesta di avere nei vari uffici qualcuno che parli anche il friulano è ridicola, non
c’è nessuno che parli solo il friulano | il cartello bilingue tangenziale vs tangenziâl, non
ha senso, è ridicolo che la regione spenda soldi per queste sciocchezze | chi li legge i libri
in friulano? [Pagnacco (Ins)]112.
In questo contesto la maggior parte degli Istituti scolastici che abbiamo visitato ha
optato per focalizzarsi soprattutto sulla trasmissione della cultura tradizionale: calenda-
ri annuali tematici, laboratori sui giochi e gli antichi mestieri. L’Istituto comprensivo di
Settimo ha avviato da anni una fruttuosa collaborazione con L’arca del Tempo, un
110
Intende qui l’Alto Adige.
111
Non c’è però rifiuto; in verità lo standard (purché sia solo passivo e non entri a scuola) è comunque per-
cepito come una tutela: qui abbiamo l’appoggio dell’Università, in Occitania no, qui c’è accordo sullo
standard, in Occitania no [Paluzza (Gen)].
112
Tutte le verbalizzazioni qui registrate provengono da insegnanti non friulanofoni. Gli insegnanti friula-
nofoni presenti non hanno però replicato, da cui si deduce che non è così facile opporsi apertamente a quel-
la che sembra una presa di posizione assai comune nella comunità di Pagnacco.
| 272 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
«museo non-museo» realizzato con i fondi della Comunità Europea, che ruota attorno
ad un pozzo sacro nuragico e che viene gestito da laureandi della Facoltà di archeolo-
gia di Cagliari. Nei fatti però la lingua è del tutto assente da tutti questi progetti se non
nella funzione nomenclatoria113.
È ora importante porre mente ad una sorta di «rivolgimento di campo»: la scuola di
Paluzza ha fatto la scelta di puntare sull’uso del veicolare, usando come medium lingui-
stico non già lo standard, ma la varietà locale 114. La scuola propone poi numerosi pro-
getti legati alla cultura locale, e anche questi sono principalmente un’occasione per
usare del friulano veicolare. Una scelta in controtendenza, resa possibile dal fatto che
il carnico è ancora molto usato sul territorio, anche dalle giovani generazioni:
per cantare nella corale o tra amici, per le rappresentazioni teatrali, all’università della
terza età, a scuola di danza o nei percorsi didattici a scuola che riguardano il territorio
è naturale usare il friulano [Paluzza (Ins)].
Ora, Paluzza è l’unico punto dell’intera inchiesta in cui i ragazzi non hanno citato
spontaneamente l’italiano tra le lingue presenti sul territorio, e una volta sollecitati sul-
l’argomento hanno risposto che sì l’italiano c’è ma noi qui parliamo friulano sempre:
il friulano è la lingua che parliamo ogni giorno | da noi solo la radio e la televisione par-
lano italiano [Paluzza (Rag)].
In verità questa scelta di fare entrare il codice nella scuola nella sua variante bassa
risulta là naturale anche perché è solo una variante più conscia e riflessa di una tecnica
che la scuola ha sempre usato in Carnia, e di cui si ricordano anche in genitori:
l’uso del friulano c’è sempre stato a scuola, ora è più sistematizzato, più studiato
[Paluzza (Gen)];
le maestre del dopoguerra parlavano spontaneamente carnico in classe, così come alcu-
ni professori alle medie e anche alle superiori115.
Questo tipo di scelta didattica ha, nel contesto specifico, numerosi vantaggi. In par-
ticolare:
• è uno strumento molto flessibile nelle mani del singolo insegnante, che può inse-
rire ore (o momenti) di LM veicolare all’interno delle lezioni, quando lo ritiene
didatticamente più opportuno;
113
I ragazzi di Pagnacco, che stanno studiando un libro sugli antichi mestieri scritto in italiano con in friu-
lano i nomi di attrezzi spesso ormai desueti, commentano: così impariamo parole nuove.
114
In verità usa come veicolare le due LM presenti sul territorio, principalmente il carnico e più marginal-
mente anche il timavese, lingua germanofona del comune di Timau.
115
Questo fatto ci è stato segnalato anche da altre comunità – anche se per lo più rivolto a un passato abba-
stanza lontano; per esempio gli arbëresh: mio figlio che adesso ha 30 anni aveva una maestra che parla-
va proprio albanese in classe | alle elementari negli anni 50 le maestre parlavano in albanese anche se
non lo insegnavano [Santa Sofia (Ins)].
I Gruppi | 273 |
• rafforza un codice di per sé già forte ampliandone gli ambiti d’uso: ovvero tenta
un elevazione di status del codice basso, piuttosto che imporre quello alto;
• non genera incertezza della norma, perché rispetta la variante già conosciuta e
utilizzata;
• non intimorisce i ragazzi, che infatti lo considerano non già una difficoltà in più
quanto piuttosto un modo per avere una scuola più vicina e più amica:
noi confondiamo i verbi italiani con quelli friulani | noi parliamo italiano un po’ scorret-
to… il friulano lo sappiamo meglio, andremmo meglio a scuola [Paluzza (Rag)]; la mate-
matica fatta in friulano è più divertente [Paluzza (Rag)] stiamo sperimentando l’uso del
friulano per l’insegnamento della matematica: i ragazzi lo vivono come un approccio più
spontaneo, più diretto, più facile [Paluzza (Ins)].
La scelta fatta non è però esente da controindicazioni e criticità. La scelta di punta-
re sul codice locale diventa assai difficoltosa nel ciclo delle secondarie dove si ripropo-
ne, qui come altrove, la mancanza di prestigio pubblico della variante bassa, e il conse-
guente atteggiamento di chiusura da parte dei genitori (qui meno forte che altrove, non-
dimeno pressante):
non bisogna teorizzare troppo il friulano | le lingue complicano un po’ il parlare italia-
no [Paluzza (Gen)]; curricolare no, sarebbe la morte, lo odierebbero | niente obblighi,
compiti, grammatiche [Paluzza (Gen)]; sul friulano c’è un po’ di ambivalenza da parte
delle famiglie: tutti lo parlano, ma a scuola, soprattutto alle medie, non tutti lo accetta-
no: ricordano quello che veniva detto a loro, che il friulano può creare delle interferen-
ze e delle difficoltà nell’apprendimento dell’italiano [Paluzza (Ins)];
e la conseguente richiesta di fare sempre meno ore di friulano a mano a mano che si
procede nei cicli scolastici e si abbandona, spesso anche fisicamente, la dimensione
locale per aprirsi al mondo. Inoltre, è proprio nel ciclo della scuola secondaria che molti
progetti rischiano di morire per mancanza di personale locale o di personale formato sul
codice locale116:
In tutte le medie ci sono solo 4 insegnanti locali: chi arriva non conosce la lingua o la
varietà carnica | Ci sono progetti che vanno necessariamente a finire, a morire, se le inse-
gnanti vanno in pensione [Paluzza (Ins)]; bisognerà fare delle richieste esplicite, richie-
dere persone che non sono titolari di ruolo, ma chissà se ce le daranno [Paluzza (Ins)].
4.h. Prima di chiudere con questa parte sull’insegnamento del polo alto della LM,
piuttosto spinosa, vorremmo proporre un’ultima riflessione. Il compito di insegnare la
variante alta, di prestigio, di «raffinare» il codice in uso nel territorio è in un certo senso
insito nella missione stessa dell’istituzione scolastica, per lo meno per come viene
attualmente percepita. Una certa dose di purismo sembra ineliminabile da ogni approc-
116
Nelle comunità più forti, se c’è personale formato nella LM, è formato nello standard.
| 274 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
cio scolastico alla lingua. Tant’è vero che, anche nei casi in cui si rifiuta esplicitamen-
te l’uso o l’insegnamento di varianti standard e si opta per varianti locali o localissime
(magari giustificandole con il fatto che sono più vicine al soggetto parlante) è comun-
que forte la stigmatizzazione di varianti considerate deteriori: lingue depauperate, gri-
gie, imbastardite, contaminate117. E quando la spinta puristica non può, o non vuole,
basarsi sulla norma riconosciuta, su uno standard, spesso assume a criterio di adegua-
tezza l’arcaicità del codice, in una configurazione conosciuta in letteratura per cui puri-
smo e arcaismo procedono spesso di pari passo118. Tipicamente infatti sono le varianti
delle giovani generazioni che vengono stigamatizzate:
io che insegno alle medie ho molte difficoltà con i bambini che parlano continuamente pie-
montese | parlano piemontese, ma non lo parlano bene, è un piemontese scadente, usato
per offendere [Paesana (Ins)]; qui siamo confrontati con situazioni anche gergali senza
forme pure | i ragazzi non parlano il sardo parlano il sardese [Settimo (Ins)]; ci sono i
bilingui ma il loro patois è un po’ meno ricco, un po’ più standard; poi ci sono i patoisant
patoisant e lì allora… | ma sono solo i vecchi [Gignod (Ins)]; ora però è imbastardito | è
un italiano rovinato invece che patois con qualche parola di italiano [Gignod (Ins)].
Gli stessi ragazzi sembrano avere interiorizzato questo pesante giudizio negativo e
lo restituiscono come un dato di fatto incontrovertibile (anche se poi il codice non
manca di prestigio coperto):
è un sardo mischiato | una lingua inventata da noi | per esempio diciamo ‘mi sono pran-
zato’ | mi sono scarisciuto cioè mi sono dimenticato | una parola in sardo e una in italia-
no [Settimo (Rag)]119; gli adulti parlano tutti albanese, noi tra ragazzi parliamo italiano,
anche se capiamo e sappiamo parlare un po’ | noi mischiamo, usiamo qualche parola,
qualche modo di dire, per scherzare [Ururi (Rag)]; noi ragazzi parliamo soprattutto pie-
montese e poi mischiamo [Paesana (Rag)]; intanto dovrebbero insegnare a parlarlo bene,
poi anche a scrivere | noi non è che lo parliamo bene bene [Gignod (Rag)]; noi lo par-
liamo tutto mischiato ma qui impariamo quello vero [Pagnacco (Rag)].
Solo qua e là si emerge la coscienza del fatto che questa svalorizzazione del codice
dei ragazzi è penalizzante e che è necessario un approccio più valorizzante: i ragazzi
magari non parlano occitano puro, ma un dialetto molto vicino all’occitano: allora il
ritorno alla lingua originaria non è impossibile [Paesana (Gen)].
Altrettanto debole nel percepito è anche la lingua dei genitori (la generazione per-
duta che non ha trasmesso la LM ai figli), che hanno spesso profonde insicurezze nei
confronti del codice:
117
Solo nei punti d’inchiesta con diglossia assai ben stabilita (Paluzza, Arzana e in parte anche Gignod) non
compare questo tipo di atteggiamento.
118
Cfr. Thomas 1991, Iannàccaro 2009.
119
I ragazzi lo chiamano anche sardese, italsardo, sardiano ripetendo epiteti probabilmente usati dagli
adulti. Non è una lingua che si usa in casa ma in piazzetta con gli amici.
I Gruppi | 275 |
a me piace l’albanese ma non lo parlo per paura di sbagliare | a casa se non lo parla la
nonna... [Santa Sofia (Gen)]; io lo parlo malissimo, parlo il dialetto sbagliato | ci hanno
inculcato il fatto di parlare l’italiano [Settimo (Gen)]; io non parlo sardo, solo un po’ di
dialetto cagliaritano [Settimo (Ins)]; il padre parla l’occitano vero, il figlio un occitano
depauperato [Paesana (Gen)]; i miei non hanno parlato friulano con me, io lo capisco
ma non lo parlo, lo strombolotto [Pagnacco (Gen)].
La scuola, di conseguenza, svalorizzando i codici di genitori e figli, cerca esplicita-
mente l’aggancio con la lingua dei nonni, l’unica pura e meritevole di essere tramandata.
noi lo abbiamo fatto con i nonni | bisogna saltare una generazione e tornare ai nonni
[Settimo (Ins)]; [la scuola] a volte crea un patto educativo con i nonni [San Pietro 1
(Ins)]; abbiamo tentato di coinvolgere le famiglie, specie i nonni che ancora parlano
davvero dialetto [San Pietro 2 (Ins)].
Non sarà necessario spendere troppe parole per mettere in luce quanto il purismo e
l’arcaismo scolastico siano potenzialmente pericolosi per i codici in recessione.
Aumentano il senso di insicurezza, privano il parlante della competenza sulla sua stes-
sa lingua, ne svalorizzano il codice più intimo e al suo posto gli propongono una lingua
fredda e distante quando non direttamente di una lingua morta. L’inserimento di una
LM a scuola avviene dunque quasi sempre ad un costo, e sarà necessario valutare sem-
pre attentamente se tale costo è giustificato dagli specifici benefici che l’inserimento
del codice nel contesto scolastico è in grado di apportare.
5.2.3 Strategie e stratagemmi: la didattica della LM a scuola
Il metodo, intendendo con questo un insieme predeterminato di strategie glottodidat-
tiche già collaudate, è il grande assente dalla riflessione delle scuole. D’altro canto la
situazione delle singole scuole (e l’insegnamento della LM al loro interno) è spesso
molto lontana dalle condizioni presupposte dai diversi metodi, fossero anche per l’in-
segnamento di lingue minoritarie. Metodi di didattica delle lingue straniere sono stati
citati spontaneamente solo tre volte nel corso della ricerca (e non sempre a proposito)
e anche le sollecitazioni esplicite in questa direzione sono cadute nel vuoto. Sotto que-
sto aspetto vi è un profondo scollamento tra la terminologia (e i presupposti) della legge
e delle varie circolari ministeriali e la pratica didattica concreta nelle scuole.
Ora, nei contesti che abbiamo visitato, il metodo è qualcosa che si costruisce gior-
no per giorno, è un insieme – più o meno organizzato e coerente – di pratiche volte a
cercare di ottenere un traguardo date specifiche circostanze. Spesso nelle comunità si è
rivendicato il fatto che all’inizio ci siamo dovuti inventare tutto. Questo non significa
che tali pratiche siano sempre ottimali, ma certo sono per così dire «fatte su misura»,
incommensurabili a qualsiasi metodologia precostituita. Se dunque non ci sono i meto-
| 276 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
di classici per la didattica di L2, abbondano invece le strategie (qualche volta gli stra-
tagemmi) e la riflessione sulla didattica. Alcune di queste scelte didattiche di più ampio
respiro sul rapporto della comunità di minoranza e la scuola sono già state presentate e
riguardano il focalizzarsi sulla cultura o sulla lingua, la scelta del repertorio da insegna-
re e così via. Nelle pagine che seguono ci si concentrerà invece sulle scelte didattiche
riguardanti specificamente l’insegnamento della LM e sulle motivazioni (talvolta le
costrizioni) alla base di tali scelte.
1. Una opposizione sulla quale ci si è interrogati a lungo nel corso dei gruppi è quel-
la che già pone il testo legislativo fra insegnamento della lingua (spesso chiamato
anche curricolare, ma qui si preferirà chiamarlo formale) e l’insegnamento in lingua
(veicolare). Non si creda che la scelta fra le due possibilità si fondi esclusivamente su
considerazioni glottodidattiche; altre considerazioni, più gestionali se vogliamo ma non
per tanto meno importanti, entrano in gioco e, nello specifico:
a. l’insegnamento formale implica spesso l’inserimento nelle ore curricolari e quin-
di la difficile scelta tra opzionalità e obbligatorietà;
b. l’insegnamento veicolare è spesso preferito per un approccio meno istituziona-
lizzato e in particolare per le attività extracurricolari.
In verità, come è ovvio, entrambi i metodi possono trovare spazio in attività sia cur-
ricolari sia extracurricolari; di fatto però le comunità che chiedono (o che desiderereb-
bero) l’insegnamento formale della lingua tendono ad una istituzionalizzazione della
propria LM in funzione di prestigio, e questo comporta l’inserimento nelle ore currico-
lari; da cui la confusione, anche lessicale, tra insegnamento formale e curricolarità. Allo
stesso modo, le comunità che puntano piuttosto al rafforzamento del polo basso della
diglossia preferiscono non ricorrere all’istituzionalizzazione come sorgente di prestigio:
bisogna stabilire un’ora alla settimana o due, per tutto l’anno |bisogna stabilire il curri-
culum, con un percorso meno improvvisato, più istituzionale [Ururi (Gen)]; se fosse cur-
ricolare avrebbe una considerazione maggiore | è stato un errore non inserire l’arbëresh
come materia curricolare [Santa Sofia (Ins)]; [il sardo] dovrebbe diventare materia sco-
lastica con lo stesso valore delle altre discipline [Settimo (Ins)].
E in effetti la differenza di prestigio scolastico fra le ore curricolari e quelle extracur-
ricolari è assai chiara in tutte le comunità. Solo le ore curricolari hanno la dignità di ore
scolastiche, il resto dell’orario è percepito come intrinsecamente differente; è un’orario
in cui, come ci è stato spesso ricordato dai rispondenti, ci può stare anche ceramica, il
progetto sull’orto a scuola e le gite. Un episodio accaduto nel corso dell’inchiesta sul
campo è particolarmente significativo sotto questo aspetto. Ad Arzana si è svolto un
gruppo pieno di entusiasmo con i docenti della scuola che ci hanno raccontato la loro
fatica, la loro passione e il quotidiano tentativo di trovare vie e strumenti nuovi per la
I Gruppi | 277 |
valorizzazione del sardo a scuola. La stessa immagine ci è stata restituita anche dai geni-
tori che hanno descritto i vari progetti sul sardo (tutti extracurricolari) in cui sono stati
coinvolti i loro figli. Il gruppo dei genitori si è chiuso con una domanda che è stata posta
in tutti i punti d’inchiesta: si è domandato se per il futuro i genitori volessero un incre-
mento della presenza della LM a scuola, un decremento o mantenere la situazione come
quella attuale. La risposta ottenuta molto spontaneamente da un genitore è stata:
vede, per noi è difficile dire se ne vogliamo di più o di meno perché attualmente non si
fa sardo in questa scuola [Arzana (Gen)].
Il rischio maggiore dell’extracurricolarità è proprio quello dell’irrilevanza nei con-
fronti della LM (che non guadagna in prestigio perché non si fa a scuola).
D’altro canto se l’inserimento nelle ore curricolari è un passo importante per il pre-
stigio, è lungi dall’essere sufficiente. Questo lo sanno assai bene le comunità che da più
tempo fanno esperienza di insegnamento di LM a scuola. Il prestigio derivante dall’in-
troduzione della LM nell’orario scolastico curricolare può essere ben effimero se non
adeguatamente supportato da tutto il contesto, per esempio se il tempo dedicato è così
scarso da denunciare la portata principalmente ideologica dell’operazione:
la classica ora in più: il patois come l’ora di religione [Gignod (Ins)]; i ragazzi fanno
presto a fare i calcoli, se l’italiano vale cinque e il ladino vale uno [Pozza (Ins)]; nelle
altre scuole la lingua trattata come curricolare non è incisiva perché i docenti non sono
formati e le ore sono poche [San Pietro 2 (Ins)].
Si consideri inoltre che questo spesso significa per i singoli insegnanti ritrovarsi con
18 classi diverse, nell’impossibilità instaurare rapporti personali e percorsi didattici
significativi. A Pozza di Fassa, in una situazione in linea generale molto pacificata, gli
insegnanti di ladino curricolare erano in effetti forse i più inappagati:
i ragazzi sono troppi, non li conosco neppure tutti bene | in 50 minuti alla settimana non
si riesce a fare niente | io sono quella che vedono una volta alla settimana | vorrei un po’
la mia classina... [Pozza (Ins)].
Eppure la richiesta della classica ora obbligatoria, calata da un’autorità superiore (si
richiede esplicitamente un input più dall’alto) rimane molto forte in numerose comuni-
tà, in particolare nei punti d’inchiesta del sud dove l’autorevolezza della scuola è assai
alta e si presuppone un’accettazione più passiva da parte dei genitori:
ma non tutti i genitori credono che sia un valore, alcuni accettano e basta | comunque
accetterebbero perché qui c’è fiducia nell’istituzione scolastica, ci tengono [Santa Sofia
(Ins)]; dovrebbe essere messo per iscritto: tu fai lezione di lingua e letteratura sarda per
tot ore | manca l’obbligo [Arzana(Ins)].
| 278 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Si noti però come questo bisogno di sostegno da parte di un’autorità superiore sem-
bra essere un accorgimento per supplire alla mancanza di autorevolezza insita nella
scelta del codice che si vorrebbe insegnare (l’arbëresh invece dell’albanese, per esem-
pio o la variante locale al posto dello standard). Tuttavia l’esperienza del ladino mostra
quanti e quali siano le condizioni e i prerequisiti perché l’insegnamento di uno standard
non nazionale abbia successo.
L’inserimento in un contesto extracurricolare, pur assai meno valorizzante, a sua
volta però presenta delle ricadute positive: è un approccio molto amichevole, poco inti-
midente, e che non genera nei ragazzi un rigetto del codice – anzi lo associa a momen-
ti gradevoli, un po’ speciali:
si fa una cosa diversa, un po’ più in pace | cose speciali [Paluzza (Rag)]; è un’ora comu-
nicativa, non sbagli in quello che dici | si parla, si imparano delle cose, ma non c’è il
voto | non c’è tutta la classe [Pagnacco (Rag)].
Questo approccio permette inoltre di aprire le porte della scuola alla comunità allar-
gata, fare entrare nella scuola genitori e nonni, dare alla lingua una visibilità pubblica
che è anche espressione della sua esistenza e vitalità.
quando la proposta è più pubblica, piace molto | i ragazzi di Ostana hanno rappresentato
bambini di 60, 70 anni fa: è stato un successo [Paesana(Ins)]; [è una scuola] aperta… bello
vedere i nonni all’asilo [Paluzza(Ins)]; i genitori erano contenti i nonni anche di più [Gignod
(Ins)]; l’aspetto importante non è solo o tanto quello didattico, il progetto deve servire a
mantenere e presentare al di fuori del territorio la propria cultura [Santa Sofia (Ins)].
2. Ora, tentando di sgomberare il campo da queste considerazioni, importanti e
determinanti ma periferiche alla pratica didattica vera e propria, ci si deve interrogare
anche sul valore puramente pedagogico dei due approcci per come sono vissuti e per-
cepiti sul territorio. La lingua come oggetto di insegnamento guadagna in prestigio,
questo lo si è già visto più volte: diventa una materia come tutte le altre; e per ciò stes-
so la comunità è rassicurata sul fatto che si tratta di cosa meritevole di essere insegna-
ta e tramandata. Per le comunità che spontaneamente tendono a partire dal polo alto del
codice, inoltre, è la soluzione naturale, quasi imposta dalle circostanze: altro non può
essere il ruolo della scuola se non quello di insegnare a leggere e a scrivere.
Si tratta però di un approccio che presuppone l’adozione di una norma120 e un con-
seguente atteggiamento prescrittivo e valutativo, solitamente assai poco apprezzato dai
ragazzi:
c’è già la grammatica italiana che stufa | in friulano è ancora più complicata e noiosa
[Pagnacco (Rag)]; curricolare no, sarebbe la morte, lo odierebbero | niente obblighi,
compiti, grammatiche [Paluzza (Gen)].
120
Una norma non implica per forza uno standard. Anche un insegnamento formale della variante locale
prevede l’instaurarsi di una norma.
I Gruppi | 279 |
Affinché si giustifichi agli occhi dei ragazzi lo sforzo di adeguarsi ad una norma
comunicativa, bisogna che sia socialmente conveniente che il parlante si adegui a que-
sta norma. Per fare un esempio semplice, è sicuramente socialmente conveniente, in
determinate occasioni, parlare, scrivere e leggere in italiano corretto, anche se questo è
piuttosto diverso dalla propria variante locale. Lo standard di una lingua (nella sua ver-
sione scritta e più ancora in quella orale) viene accettato solo se ci sono occasioni in cui
è sociolinguisticamente vantaggioso usarlo. La norma è accettabile ed accettata in fun-
zione del prestigio. Nel caso di ragazzi di 11-13 anni il prestigio riguarda sicuramente
un ambito sociale assai ristretto, ma di cui conoscono perfettamente le regole.
Inoltre, perché l’istituzione di una norma abbia successo bisogna che la competen-
za del corpo docente a svolgere quello specifico compito sia riconosciuta da adulti e
ragazzi – e dagli insegnanti stessi. Ora, in molte comunità, eventualmente anche abba-
stanza avanti nella tutela della LM, questo riconoscimento è lungi dall’essere scontato,
né potrebbe essere altrimenti, considerato che manca quasi sempre, al momento attua-
le, un percorso di studi superiore che certifichi l’acquisizione di tale competenza. È
questo un problema che si fa sempre più grave col procedere dei cicli scolastici:
introduciamo cultura friulana spiegata in friulano, ma non altro, se no non ci sono né
risorse né capacità [Pagnacco (Gen)]; bisogna fare di più a livello di preparazione degli
insegnanti, usano impropriamente la lingua ladina [Pozza (Gen)]; [anche nelle scuole in
cui si insegna] non gli insegnano certo a scrivere il patois, non lo sappiamo fare neppu-
re noi [Gignod (Ins)].
Diversa l’istanza didattica che non si ripropone in verità di insegnare la variante
scritta di una lingua, ma di insegnarne la scrittura, di dare cioè uno strumento per tra-
scrivere la propria variante. Nei parlanti non c’è traccia della coscienza che i due
approcci siano radicalmente diversi, eppure diversi lo sono. In molte comunità quella
che si registra come un’ampia disponibilità al fatto che la scuola insegni a leggere e
scrivere nella LM è in realtà non già la richiesta di avere accesso ad una variante scrit-
ta ma ad una trascrizione della propria variante, al fatto di vedere l’oralità messa per
iscritto, non di possedere un codice lessicale, sintattico, diamesico e comunicativo
diverso quale è appunto la scrittura. Questo atteggiamento è particolarmente interessan-
te nei ragazzi che mentre, in blocco, rifiutano l’ipotesi di dedicare energie a imparare
una grammatica, dimostrano spesso insospettate aperture nei confronti della scrittura
(trascrizione). Né c’è da stupirsi: la scrittura si configura così non come una norma (che
rende difficile ciò che il parlante crede di saper già fare naturalmente) ma come uno
strumento in più – per giunta vagamente «esoterico»: si noti l’accento continuamente
posto sui simboli strani – e di conseguenza assai spendibile in termini di prestigio121:
imparare a scrivere perché quello non lo sappiamo fare | è difficile, ci sono simboli stra-
ni, accenti [Pagnacco (Rag)]122; poche persone scrivono arbëresh, noi lo vorremo, è un
121
Per tali questioni cfr. da ultimo Iannàccaro-Dell’Aquila 2008, Iannàccaro in stampa.
122
Sono gli stessi ragazzi che avevano rifiutato lo studio della lingua come grammatica; vedi supra.
| 280 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
arricchimento | lo userei per scrivere poesie o sms per scherzare, lo usiamo già, ma sba-
gliamo [Ururi (Rag)].
L’approccio alla scrittura come trascrizione incontra poi spesso un’accoglienza favo-
revole da parte degli adulti, in quanto sembra l’acquisizione di uno strumento principe
per tramandare nella sua specificità la propria lingua ai posteri. La trascrizione è uno
strumento fondamentale di quell’opera di raccolta e conservazione della lingua antica
che molte comunità, più o meno coscientemente, si propongono di portare a termine.
3. «Veicolare» è un termine che raggruppa fattispecie così diverse che risulta diffi-
cile parlarne in astratto, senza affrontare le specifiche modalità di erogazione dell’inse-
gnamento. Pure, alcuni punti fermi si possono fissare. L’uso della metodologia veico-
lare è sempre un modo per avvicinare la lingua in maniera meno dogmatica, più vicina
alla variante d’uso: si lavora principalmente sul rafforzamento o sull’aumento degli
ambiti d’uso della LM incrementando così in modo tangenziale anche il suo prestigio,
ancorché solo indirettamente. L’uso del veicolare è dunque da preferirsi in situazioni in
cui il codice è forte almeno in qualche ambito d’uso (ovvero ci si può trovare in situa-
zioni di bilinguismo o di diglossia): negli altri casi si verifica un veicolare «passivo»,
in cui gli alunni sono esposti al codice, parlato dall’insegnante, ma rispondono nella lin-
gua dominante; oppure usano il codice in situazioni molto informali e per fatismi123:
io il friulano a scuola lo uso, la lingua friulana arriva in modo più diretto | se mi parla-
no in friulano io gli rispondo [Pagnacco (Ins)]; parlo arberesh, mi piace, anche a ricrea-
zione e a loro piace, ci sentiamo più uniti [Ururi(Ins)]; avevo un piccolo alla materna con
grandi problemi di adattamento i primi giorni: da quando ho usato il timavese, la lingua
dei suoi nonni, è andata molto meglio | sono lingue più calde, più vicine, accorciano le
distanze [Paluzza (Ins)]; c’è la collega di matematica che le spara in sardo quando è
arrabbiata | parliamo in sardo per fare le battute [Settimo (Ins)].
Quando è usato in situazioni in cui il codice è forte il metodo veicolare dà prestigio
alla lingua e può persino avvicinare più facilmente gli alunni a discipline considerate
ostiche. Ma se l’alunno non ha fiducia nelle proprie competenze in LM la reazione è
diametralmente opposta:
[il ladino] è una lingua simpatica | il ladino è ben bello… poi dipende dagli argomenti
che devi parlare [Pozza (Rag)]; alcune materie sarebbe divertente farle in friulano, la
materia più noiosa può diventare più leggera [Pagnacco (Rag)]; perché loro devono stu-
diare anche la matematica in sloveno: bruttissimo! [San Pietro 1 (Rag)].
La corretta applicazione del metodo veicolare per svolgere in toto alcune delle mate-
rie curricolari (CLIL) è però molto esigente, sia dal punto di vista delle competenze
È la condizione di «parlante evanescente» delineata da Moretti 1999, e particolarmente adatta per la
123
descrizione di queste situazioni linguistiche.
I Gruppi | 281 |
degli alunni sia degli insegnanti: non dimentichiamo che questo significa, per gli alun-
ni e per i genitori, accettare di farsi valutare/che i propri figli siano valutati nella pro-
pria competenza in discipline svolte interamente in LM. L’applicazione del metodo
CLIL è inoltre assai esigente anche nei confronti della LM stessa, il prestigio della
quale deve essere adeguato a sostenere un tale approccio. Questo risulta piuttosto faci-
le nel caso di lingue nazionali (e anche in questo caso non in modo indiscusso: una cosa
è, nell’Europa del 2010, il tedesco, un’altra l’albanese o il croato), assai meno quando
si tratta di standard creati appositamente: i genitori di Pozza di Fassa, per esempio,
hanno espresso valutazioni piuttosto negative all’uso del veicolare, in particolare per
alcune materie, perché di fatto il prestigio attuale del ladino standard non lo supporta:
in scienze finisce che usano parole ridicole, inesistenti: invece di dire nucleo dicono
‘coeur dla tzela’ | le scienze in ladino non hanno senso, non puoi improvvisare | in que-
sto modo avrebbero difficoltà poi al liceo [Pozza (Ins)].
Mancano inoltre sempre, in qualunque situazione da noi approfondita, materiali
didattici adeguati: anche nelle comunità avanzate nella tutela della LM, in cui magari
esistono grammatiche ed eserciziari, mancano però manuali delle varie discipline redat-
ti in LM: ci si arrangia dunque con traduzioni, schede e fotocopie, con grande pregiu-
dizio per il prestigio della materia e della LM. Interessante a questo proposito ascolta-
re le voci che provengono da alunni, docenti e genitori di Pozza di Fassa:
facciamo tutto con quelle brutte fotocopie che poi perdo | sarei disposto a pagare il libro
[Pozza (Rag)]; mi sono tradotta io tutto il sussidiario | anche se poi forse non tocchereb-
be a noi, non abbiamo le competenze [Pozza (Ins)]; si va avanti con schede fatte dagli
insegnanti | non ci sono i libri | è un po’ tutto all’insegna dell’improvvisazione [Pozza
(Gen)]; manca la coerenza tra i discorsi che ci vengono fatti sul ladino a scuola e gli
strumenti che ci sono per insegnarlo | c’è forse qualcosa fino alla terza elementare, poi
l’Istituto fornisce delle fiabe in ladino... [Pozza (Gen)].
Anche il fatto di rifarsi ad una forte lingua nazionale non è sufficiente: la competen-
za degli alunni nelle scuole bilingui (alunni che spesso hanno un bilinguismo in ambi-
to scolastico, non familiare) non è comparabile a quella dei monolingui e di conseguen-
za i materiali didattici prodotti per le scuole monolingui – pensiamo per esempio alla
Slovenia – non sono utilizzabili, se non con profondi riadattamenti:
già alle medie alcuni bambini non ce la fanno a fare alcune materie solo in sloveno | il
materiale didattico dalla Slovenia lo adattiamo noi [San Pietro 2 (Ins)].
4. Le fattispecie effettivamente in uso sul territorio per l’insegnamento della LM
sono dunque delle varianti combinatorie di questi tre parametri:
• formale ~ veicolare
| 282 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
• obbligatorio ~ opzionale
• curricolare ~ extracurricolare.
Per quanto riguarda l’insegnamento formale, abbiamo verificato tre modelli diversi
messi in atto nelle varie scuole:
a.1 Insegnamento formale obbligatorio nelle ore curricolari. È l’esperimento, coronato
da un discreto successo, della Valle di Fassa, della Val d’Aosta, ma solo per il fran-
cese, e della scuola bilingue slovena di San Pietro al Natisone. Nei primi due casi il
possesso del codice di minoranza garantisce sicuri vantaggi sociali ed economici (il
«patentino» di bilinguismo), nel terzo la scelta di insegnare lo sloveno standard, lin-
gua della giovane e dinamica vicina Repubblica Slovena ha sicuramente favorito
l’accettazione da parte dei genitori. Non è, ovviamente un modello facilmente
esportabile ed è potenzialmente distruttivo se applicato in contesti non opportuni.
a.2 Insegnamento formale opzionale nelle ore curricolari. Spesso spaventa le comu-
nità in quanto richiede un’aperta scelta di campo, chiede la disponibilità a corre-
re il rischio di contarsi. Eppure sembra avere un certo successo, per esempio nel
caso della comunità mochena124. La scelta dei mocheni è tuttavia caratterizzata da
due fattori fondamentali che ne determinano le speranze di successo: la scelta
come standard di una forte lingua nazionale e l’istituzione di una «sezione
mochena» che ha permesso di gestire anche i costi del personale docente125.
Senza queste due condizioni la strada sembra effettivamente meno praticabile,
meno ancora a seguito della riforma e del maestro unico alle elementari:
in pratica ora ci dovrebbe essere un’insegnante che parla friulano e una che parla ita-
liano. Ma l’opzione è limitante, la nostra è solo comunicazione orale, per giocare, per
lavorare coi bambini [Paluzza (Ins)].
a.3 Insegnamento formale nelle ore extracurricolari. È una scelta spesso compiuta dai
punti d’inchiesta con LM omodiegetica con una lingua nazionale, per esempio tutti
i due punti d’inchiesta arbëresh. È sicuramente una soluzione poco conflittuale, ma
anche svalutante nei confronti della lingua. Nei genitori, e più ancora nei ragazzi,
la percezione dell’inutilità di tale approccio è molto chiara, a motivo della scarsità
delle ore dedicate e della mancanza totale di una continuità didattica:
non è trattato come una materia | ci sono talmente poche ore, che è talmente poco effi-
cace... [Pagnacco (Gen)]; ogni anno si ricomincia con l’alfabeto | bisognerebbe farlo per
imparare la lingua [Santa Sofia(Rag)].
124
Si tratta però di un esperimento troppo recente per dare delle valutazioni definitive.
125
Un esperimento simile è stato condotto negli anni passati, anche qui con risultati positivi, nell’Istituto
comprensivo di San Pietro al Natisone (San Pietro 1). Si era istituita una sezione slovena con lo sloveno
standard come seconda lingua comunitaria (al posto di tedesco) e 4/6 ore alla settimana di utilizzo veico-
lare (per matematica e scienze). L’esperimento è poi andato a morire per la polarizzazione dell’offerta edu-
cativa conseguente all’istituzione della nuova media bilingue (San Pietro 2).
I Gruppi | 283 |
Anche l’insegnamento veicolare della LM si realizza di fatto in modi molto diversi
a seconda delle modalità concrete di erogazione:
b.1Attraverso l’inserimento della LM in maniera organica per l’insegnamento di
alcune materie curricolari (fra cui l’applicazione dell’assai citato metodo CLIL).
È la scelta operata per esempio dall’Istituto Comprensivo Bilingue di S. Pietro al
Natisone per il ciclo della secondaria. Una scelta forte e difficile, che può addi-
rittura portare all’abbandono da parte di alcune famiglie126 ma che punta ad una
didattica incisiva e ad instaurare una reale competenza nella LM. Di fatto, essen-
doci due scuole secondarie nel Comune questo modello didattico si configura
come opzionale. La parte dell’utenza non interessata si rivolge all’altro Istituto
Comprensivo.
b.2Attraverso il parziale inserimento della LM in compresenza con la lingua domi-
nante. Il comprensorio di Pozza di Fassa, per esempio, offre agli insegnanti la
possibilità di svolgere parte dei programmi in ladino (ottenendo da questo una
sorta di indennizzo economico). La scelta di attivare l’insegnamento veicolare è
dunque affidata al singolo insegnante, che spesso però sente di non avere la
necessaria autorevolezza per proporre l’insegnamento ai genitori. Pur essendo un
approccio meno totalizzante rispetto a b.1, si sono registrate nette posizioni di
rifiuto, nei punti d’inchiesta, all’introduzione di questo metodo.
b.3Attraverso un uso estensivo del code-switching in classe. Spesso i termini «vei-
colare» e «metodo CLIL» utilizzati nei gruppi (e, come si ricorderà, nei progetti
per il finanziamento) fanno riferimento più ad una realtà di questo tipo che a
insegnamenti in lingua strutturati ed organici. Si va dai puri e semplici interven-
ti fatici, per segnare vicinanza ed empatia (le sgridate, tipicamente, si fanno in
LM) fino a eventi comunicativi più complessi, a lezione e in generale durante la
giornata scolastica. Si tratta ovviamente di un approccio volutamente di basso
profilo, non istituzionalizzato (è tutto volontariato), che non incontra l’opposi-
zione dei genitori.
b.4Attraverso l’utilizzo (parziale) della lingua in alcuni progetti e attività extracur-
ricolari. Si noti a questo proposito che spesso progetti non espressamente incen-
trati sulla lingua (e che magari ottengono finanziamenti dalle fonti più disparate)
vengono parzialmente piegati in questa direzione:
avevamo un progetto con l’ARPAS (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
Sardegna) sugli alberi e le culture del mediterraneo e poi abbiamo innestato il progetto
sui nomi delle piante in dialetto [Settimo (Ins)].
5. Per cercare di sistematizzare per quanto possibile il ruolo giocato dalle tre varia-
bili si è approntata una tabella riassuntiva che, accanto ad ogni fattispecie di insegna-
Nell’anno precedente all’inchiesta 5 famiglie che avevano compiuto tutto il ciclo primario alla bilingue
126
hanno chiesto l’iscrizione all’altro Istituto per il ciclo della secondaria.
| 284 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
mento formale (a) o veicolare (b) esplicita l’approccio didattico complessivo (currico-
lare ~ extracurricolare e obbligatorio ~ opzionale), le «condizioni di entrata», ossia le
condizioni minime per il successo di tale approccio127 (in scala di importanza, che può
variare da approccio ad approccio), benefici e criticità riscontrate e – non presenti nella
trattazione precedente ma a nostro parere piuttosto interessanti – le «condizioni di usci-
ta», ossia il tipo di competenza che si può, nel migliore dei casi, prevedere sia l’output
del metodo adottato.
Approccio didattico Condizioni d’entrata Benefici e criticità Condizioni di uscita
a.1 Formale curricolare 1. Codice remunerativo; + Prestigio; eventuale Buona competenza in
obbligatorio 2. Lingua nazionale protezione del polo basso; L2 (tutta la comunità)
(eventualmente anche funzione di integrazione
solo) lingua standard; della comunità
- Polarizzaz. dell’utenza;
approccio didatticamente
poco apprezzato; materiale
didattico al momento
inadeguato
a.2 Formale curricolare 1. lingua standard + Prestigio; eventuale prote- Buona competenza in
opzionale (eventualmente anche zione del polo basso L2 (parte della comunità)
solo) variante scritta; - Approccio didatticamente
2. Codice remunerativo128 poco apprezzato; materiale
didattico al momento
inadeguato
a.3 Formale Variante scritta + Protezione del polo Rudimenti di L2
extracurricolare basso; prestigio (parte della comunità)
- Attività estemporanea,
implicitamente svalutativa
b.1 Veicolare curricolare 1. Lingua standard; + Prestigio; ampliamento Bilinguismo
autonomo129 2. diglossia degli ambiti d’uso; approccio
didattico più vivace; modernità
- potenzialmente discriminante;
polarizza l’utenza; materiale
didattico al momento
inadeguato
b.2 Veicolare curricolare 1. variante scritta; + Approccio didattico più Ampliamento degli
in compresenza 2. diglossia vivace; ampliamento degli ambiti della diglossia
ambiti d’uso; modernità;
- potenzialmente discriminante;
materiale autoprodotto
b.3 Veicolare Dilalia + Empatico; rafforzamento Incremento della competen-
code-switching del polo basso za e del prestigio implicito
- non reale ampliamento della LM (tutta la comunità)
ambiti d’uso
127
Per esempio in a.1 si richiede la presenza di una lingua nazionale o di uno standard accettato affinché
l’approccio abbia buone probabilità di successo.
128
In ordine di priorità inverso rispetto ad a.1.
129
Ossia materie curricolari interamente insegnate in LM con, fondamentale, valutazione in LM.
I Gruppi | 285 |
b.4 Veicolare Dilalia + Bassa conflittualità; Lieve incremento della
extracurricolare reperimento di fondi competenza della LM (parte
extrascolastici; rapporto della comunità) / effetto
col territorio nullo.
- Attività estemporanea,
implicitamente svalutativa
Tabella 53: Approccio didattico
Gli approcci qui considerati non necessariamente devono essere unici, anche all’in-
terno della stessa offerta formativa: le scuole possono – e di fatto capita spesso – alter-
nare approcci di tipo diverso a seconda delle materie e delle circostanze dell’insegna-
mento: nella valutazione globale dell’offerta didattica della scuola nell’ambito dell’in-
segnamento della LM, bisogna considerare se l’insieme di approcci adottato è coeren-
te, e come è messo in opera. Sarà utile un breve confronto: nel punto d’inchiesta di San
Pietro 2 e in quello di Gignod si è riscontrata una scelta abbastanza forte in direzione
dell’approccio a.1 con insegnamento della lingua nazionale che fa da tetto alla LM (slo-
veno o francese), per lo stesso numero di ore dedicate all’insegnamento dell’italiano
(abbiamo un bilinguismo paritario); e tuttavia l’offerta complessiva delle due scuole è
assai diversa (così come diverso è il tipo di bilinguismo praticato e desiderato in seno
alla comunità), dal momento che la prima ha nel contempo attivato un approccio del
tipo b.1, con insegnamento veicolare su alcune materie anche fondanti come matema-
tica, mentre la seconda rifiuta qualsiasi ambito di applicazione del francese:
una cosa è l’alunno bilingue, una cosa la scuola bilingue [Gignod (Ins)]; è difficile lega-
re il francese a contenuti specifici | al liceo classico europeo insegnavano matematica in
francese, una cosa artificiosa una banalizzazione [Gignod (Ins)].
Ne consegue che Gignod punta ad una buona competenza del francese come L2 (e
in efetti sul polo basso della diglossia è presente e voluto il patois francoprovenzale),
mentre il tentativo in atto a San Pietro 2 è quello di instaurare un pieno bilinguismo ita-
liano-sloveno, o al limite una diacrolettia.
5.2.4 La LM a scuola: pratiche di vita quotidiana
Fino ad ora si è discusso di metodi ed approcci come strutture complesse, costruite su
variabili fondanti come l’opposizione formale ~ veicolare. Ma un approccio pedagogico
si costruisce anche su scelte più circostanziate e forse di minore portata, ma che di fatto
danno corpo a quello che altrimenti rimarrebbe solo un’ossatura. Nel corso della nostra
inchiesta abbiamo raccolto innumerevoli testimonianze di questa quotidiana pratica di
implementare nella situazione specifica il metodo astratto. Vorremmo qui commentare e
| 286 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
condividere alcune di queste strategie più minute, per cercare anche di capirne i punti di
forza e di debolezza e le possibilità di successo nelle diverse situazioni scolastiche.
1. Drammatizzazione 130. Un approccio facile, spontaneo – molte sono le tradizioni
popolari di teatro in LM, dalla rigolade in patois in avanti – che garantisce un ritorno
immediato: improvvisamente, quasi per magia, le giovani generazioni sembrano parla-
re in LM: e persino i bambini stranieri immigrati, con grande soddisfazione di tutti, can-
tano nel coro e recitano brevi frasi. La performance teatrale finale ha poi un aspetto
pubblico che coinvolge in maniera positiva l’intera comunità e prevede un lavoro pre-
paratorio nel quale, effettivamente, la lingua (lingua pronunciata si badi, non realmen-
te parlata) ha un ruolo piuttosto importante:
l’aspetto folcloristico, il teatro, è più vistoso, piace [Santa Sofia (Ins)]; gli spettacoli di
fine anno sono un avvenimento per tutti [Paluzza (Ins)].
Deve però essere molto chiaro ai docenti – e spesso lo è, ma non sempre – che il
ricordare a memoria un testo in LM non ha nulla a che vedere con l’acquisizione del
codice, e richiede tra l’altro competenze linguistiche assai inferiori a quelle necessarie
per qualsiasi uso attivo. Non è certo un caso se lo strumento del teatro viene apprezza-
to e proposto in particolare nei punti di inchiesta in cui la LM è in recessione o perce-
pita come tale. Quella teatrale è una lingua che non viene usata, bensì rappresentata 131.
I docenti presentano talvolta la performance teatrale (e il lavoro che la precede) come
una sorta di psicoterapia, un lavoro sulla propria identità e sulle modalità per esprimer-
la: la lingua teatrale è in questi casi vissuta come uno schermo dietro al quale il parlan-
te finalmente osa declamare una lingua che di fatto spesso non usa più:
io lo dico sempre alle colleghe: gridala la tua sardità [Settimo (Ins)]; abbiamo fatto con
loro [con i genitori] un laboratorio pedagogico sulla drammatizzazione [Settimo (Ins)]
D’altro canto il tema delle maschere, del nascondimento e del disvelamento del-
l’identità è richiamato spesso in molti collages. Si tratta di un approccio sicuramente
interessante, ma molto adulto: sono gli adulti che, eventualmente, hanno occultato la
propria identità e abbandonato la lingua e cultura in LM a favore di una maggiore inte-
grazione, e di conseguenza hanno parlato solo italiano ai figli:
dimenticando gli anziani i genitori si sono affrancati [Settimo (Ins)].
Colpisce la differenza di accenti quando sono i ragazzi a raccontare quelle stesse
esperienze teatrali così gradite ai loro genitori e insegnanti. Per quanto non manchino
130
Versioni per così dire logisticamente più snelle della drammatizzazione sono il canto e la recitazione di
testi.
131
È appena necessario ricordare come un cantante d’opera coreano, magari a malapena in grado di ordi-
nare una pizza in Italia, sappia poi cantare tutte le Nozze di Figaro in italiano aulico.
I Gruppi | 287 |
degli aspetti positivi, in particolare il piacere del lavoro di gruppo, prevale però negli
intervistati – che sono, ricordiamolo, dei preadolescenti – spesso il senso di una sottile
vergogna e per una modalità che si considera come infantile e per la tematica (folclori-
ca o tradizionale: balli in costume, rappresentazioni del passato, rappresentazioni di
fiabe o leggende locali) in cui non riescono ad immedesimarsi:
sono sempre gli stessi balli | sempre le stesse poesie, anche quella che abbiamo recitato
oggi, è sempre la stessa [Santa Sofia (Rag)] brutto recitare in sardo!!! [Settimo (Rag)].
Il teatro risulta ovviamente più accettabile nella prima infanzia e in parte alla scuo-
la primaria, in cui minore è il disagio dell’alunno nei confronti della propria figura pub-
blica e più forte la sua attitudine a conformarsi al mondo valoriale degli adulti. La pre-
parazione della «recita» fa naturalmente parte di quella specifica dimensione pedago-
gica e la scelta di preparare una recita in LM avviene dunque in maniera molto più
spontanea.
Una variante interessante, più vivace, messa in atto da alcuni docenti è poi quella di
approfittare di spazio linguistico astratto e codificato che è il teatro (o in generale la
dimensione artistica) per «mettere in scena» la multiculturalità, per rappresentare una
LM moderna accanto ad altre lingue del territorio:
l’hanno scorso ho fatto un bell’esperimento e ho usato il friulano come veicolare: ho
fatto studiare i canti dell’emigrazione, quelli nostri ma anche quelli irlandesi etc., e tutto
durante le ore curricolari! [Pagnacco (Ins)]; facciamo teatro in più lingue contempora-
neamente, cerchiamo di inserire tutte le lingue presenti a scuola, con l’occitano al pari
delle altre [Paesana (Ins)]; uso più lingue per fare accettare il dialetto… per esempio alla
festa di Natale: poesie e canti in italiano, inglese, sloveno di Lubiana, dialetto, arabo…
[San Pietro 1 (Ins)].
2. Contestualizzazione della LM. Si tratta di riportare la LM nella vita quotidiana,
mostrandone la vitalità e il radicamento sul territorio: la scuola si sostituisce quasi alla
famiglia e alla società che spesso hanno estromesso la LM dalla vita delle giovani gene-
razioni, parlando loro principalmente in italiano. Appartengono a questo tipo di approc-
cio i lavori che prevedono interviste ai nonni su antichi mestieri, leggende o storia loca-
le, i lavori su flora e fauna, sulle attività industriali o artigianali locali. Qualche volta vi
si associano anche attività di tipo manuale: per esempio studi sulla creta dei vari fiumi
e preparazione di figurine in creta per il presepe (Paluzza). Un punto molto importante
– ovviamente indicativo di diversi rapporti fra scuola, territorio, lingua e cultura, ma se
ne già parlato in altri punti – è il tentativo, coscientemente messo in atto da alcune
comunità, di evitare la trappola di rivolgere lo sguardo solo al passato, atteggiamento
che veicola l’immagine di una LM ormai estinta, la lingua dei nonni. Positivi alcuni
esperimenti di legare la lingua a tematiche ambientali:
| 288 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
avevamo un progetto con l’ARPAS (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
Sardegna) sugli alberi e le culture del mediterraneo e poi abbiamo innestato il progetto
sui nomi delle piante in dialetto [Settimo (Ins)]; e intanto imparano su temi attuali e
importanti, come l’ambiente…la raccolta differenziata, i rifiuti [Paluzza (Gen)]132; abbia-
mo fatto un progetto con una geologa dell’università e poi studiavamo i nomi delle rocce
in sardo [Arzana (Ins)]; temi di ecologia, di sviluppo sostenibile, di nuovi rapporti da
instaurare col territorio [Gignod (Ins)];
o di lavorare in sinergia con istituzioni sociali e culturali locali di rilievo:
il primo anno c’è stata la realizzazione dell’Arca del Tempo e allora noi per il secondo
anno ci siamo chiesti: ‘ma che lingua si parlava?’ e allora abbiamo iniziato il progetto
sul sardo [Settimo (Ins)]; al museo ladino c’è l’area didattica, con due ragazze prepara-
te e disponibilissime [Pozza (Ins)].
In casi estremi la contestualizzazione cerca di ridare corpo, estensione e realtà ad
una lingua percepita come ormai estranea al territorio. I ragazzi di Paesana hanno par-
lato con entusiasmo di tre brevi incontri con un signore dell’Occitania 133 in cui sono
state forniti loro alcuni rudimenti linguistici per riconoscere l’occitano da altri codici in
compresenza sul territorio:
ci sono parole che pensavo fossero piemontesi e invece sono occitane | l’ho fatto legge-
re anche a mia nonna: ha detto che era contenta, erano le sue parole [Paesana (Rag)].
e nel frattempo si è tracciata una mappa linguistica e culturale dell’Occitania che è ser-
vita a rimettere in causa la percezione estremamente locale che i ragazzi avevano del
codice e regalargli un respiro più ampio, potenzialmente internazionale:
scopriamo il territorio dell’Occitania: la Francia del sud, i Pirenei, le altre valli del
Piemonte… [Paesana (Rag)]; scoprire che l’occitano viene parlato su un’area piuttosto
vasta… per loro è positivo: lo vivono come dimensione molto locale [Paesana (Ins)].
3. Multimedialità e nuove tecnologie. L’uso di tecnologie più o meno nuove e l’ap-
proccio multimediale caratterizzano spesso le proposte didattiche delle diverse scuole:
realizzazione di CD-ROM, siti web, messa in rete delle esperienze. Molto spesso è un
modo per avvicinare i ragazzi alla variante scritta in maniera non doveristica, creando
un contesto naturale e moderno per l’utilizzo del codice. L’efficacia di questi approcci
è ovviamente direttamente proporzionale alla possibilità di coinvolgere i ragazzi in
prima persona nell’uso degli strumenti predetti. È importante poi ricordare che la
modernità del medium di comunicazione non può servire per ovviare ad eventuali con-
tenuti poco moderni e accattivanti per i ragazzi.
132
Cfr. il progetto sull’acqua di Paluzza al sito http://www.muraca.net/acqua/.
133
Territorio cui, evidentemente, ritengono di non appartenere.
I Gruppi | 289 |
4. Manualità, espressione corporea. Un approccio spontaneo, che caratterizza la
scuola dell’infanzia e il ciclo primario: costruzione di giochi «di una volta», lavori con
creta, ceramica, legno, l’orto a scuola, disegnare il calendario da vendere a fine anno.
Occasioni di ritrovo meno istituzionalizzate in cui l’insegnante si rivolge agli alunni in
LM; proprio per questo difficilmente esportabile al ciclo secondario in cui la differen-
za di prestigio fra attività curricolari ed extracurricolari è ormai incolmabile.
5. Riflessione linguistica. Si tratta di un avvicinamento molto adulto, intellettuale e
riflesso alla lingua, non a caso messo in campo spesso nel ciclo secondario: cenni di lin-
guistica storica, comparazioni grammaticali con altre lingue, traduzioni. È una modali-
tà spontaneamente adatta all’utilizzo del polo alto della LM e in grado di dare prestigio
alla lingua:
i ragazzi stanno costruendo un manuale con la stessa struttura in occitano, italiano,
francese e inglese, un lavoro su guerra, pace e libertà [Paesana (Ins)]; io vorrei lavora-
re di più sulla riflessione linguistica, con letture, traduzioni, paragoni tra italiano, ingle-
se, friulano, tedesco [Paluzza (Ins)]; parlo dell’evoluzione del latino e delle lingue
romanze: parlare del sardo e fare confronti è naturale e ai ragazzi interessa molto
[Arzana (Ins)].
È citata spontaneamente anche dai ragazzi come un approccio interessante:
sarebbe bello comparare la grammatica sarda con quella italiana [Arzana (Rag)];
abbiamo tradotto modi di dire e proverbi dal tedesco al ladino, è stato interessante
[Pozza (Rag)]; mi piacerebbe saperne di più sui diversi modi di parlare friulano; vorrei
studiare la storia del friulano [Pagnacco (Rag)].
Questo tipo di approccio presenta però una debolezza di cui è necessario essere ben
coscienti. La lingua così indagata è un oggetto, viene reificata, congelata. La riflessio-
ne metalinguistica è sicuramente un’abilità importante che deve essere stimolata negli
alunni, ma questo tipo di abilità ha poco o nulla a che vedere con la competenza lingui-
stica attiva. Usando questo approccio sarà dunque necessario avere ben chiaro che cosa
si può ottenere (prestigio, coscienza linguistica e identitaria) e che cosa no (competen-
za nell’uso del codice).
6. Valorizzazione della competenza. Si tratta di partire dal vissuto attuale dei ragaz-
zi, valorizzando la loro competenza del codice. Si è già visto come atteggiamenti sva-
lutativi nei confronti del codice utilizzato dai ragazzi non siano infrequenti in ambien-
te scolastico e siano deleteri per un’opera di riappropriazione della LM nella sua inte-
rezza. In particolare là dove il codice è debole è importante che l’alunno non venga
messo nella posizione di essere del tutto estraneo alla LM:
| 290 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
io ho scoperto di sapere già delle parole ! [Paesana (Rag)]; io già lo so, mi piacerebbe
studiarlo [Gignod (Rag)].
5.2.5 L’insegnamento della LM a scuola: gli strumenti
Sul materiale didattico disponibile si è già detto molto nei capitoli precedenti. Si
vogliono qui solo riassumere i punti principali di un problema piuttosto delicato, avver-
tito in misura maggiore o minore in tutti i punti d’inchiesta. Partiamo dalla situazione
concreta: solo nelle comunità più tutelate e più ricche sono disponibili grammatiche e
dizionari pensati per bambini o ragazzi. Molto evoluta sotto questo punto di vista la
situazione in Sardegna, in cui ci sono stati citati numerosi manuali, abbecedari e dizio-
nari pensati esplicitamente per i vari cicli della scuola dell’obbligo134, si tratta però di
manuali percepiti di fatto come troppo ambiziosi e non in linea con la situazione reale
della LM sul territorio e con le condizioni concrete di insegnamento. Di fatto, pur cono-
sciuti e apprezzati dal corpo insegnante, non sono stati utilizzati135:
bello, ma difficile da usare | bisognerebbe parlare soltanto in dialetto | sono tutti stru-
menti poco utilizzabili.
Negli altri casi invece spesso non si tratta di materiale pensato espressamente per un
uso scolastico, ma genericamente indirizzato ad un pubblico infantile o preadolescen-
te. In molte comunità poi ci sono a disposizione solo strumenti per adulti, spesso non
creati per scopi didattici, come il «mitico» dizionario Pirona assai citato spontaneamen-
te in Friuli, un vocabolario tardo-ottocentesco di impianto universitario. La situazione
è solo in parte più semplice in quelle comunità che hanno adottato come lingua tetto
una lingua nazionale: il materiale a disposizione deve comunque essere riadattato alle
competenze degli alunni che non sono quelle di parlanti monolingui, e talora anche rie-
laborato culturalmente (si pensi alla diversità etnolinguistica del materiale proveniente
dall’Albania o dalla Croazia, per esempio).
Quello che di fatto circola nelle scuole è materiale autoprodotto o adattato: fotoco-
pie, traduzioni, fascicoletti rilegati, schede. Difficile al momento presente pensare di
poter fare diversamente, ma si deve essere ben consci che questa è una situazione vis-
suta da genitori e alunni come implicitamente svalutativa del codice, che non assurge
così allo stesso grado di istituzionalizzazione delle altre materie. Se questo non presen-
ta particolari problemi in molte fattispecie concrete di insegnamento della LM che
magari puntano più sul polo basso della diglossia, si pone con forza come problema nel
caso di progetti di insegnamento più ambiziosi, in particolare nel caso di insegnamen-
to formale curricolare obbligatorio o opzionale (a1 e a2) e, più ancora, nel caso di vei-
134
Si citano Pro Domo di Blasco Ferrer, Deo e su mundu, edito da Papins, Ventanas di Andrea de Pleo e
Vobis (vocabolario).
135
‘Adottati’ sarebbe ad ogni modo stato un termine troppo forte, dato il contesto.
I Gruppi | 291 |
colare obbligatorio (b1). In questi casi c’è una contraddizione flagrante fra il tentativo
di elevare ed istituzionalizzare la lingua e l’impressione di precarietà e improvvisazio-
ne che deriva dall’uso dei materiali didattici che i genitori denunciano con veemenza
ma che percepiscono anche gli alunni:
c’è forse qualcosa fino alla terza elementare, poi l’Istituto fornisce delle fiabe in ladino
| ci vorrebbe un sussidiario oltre la terza | manca la coerenza tra i discorsi che ci vengo-
no fatti sul ladino a scuola e gli strumenti che ci sono per insegnarlo [Pozza (Gen)]; [per
il veicolare] non ci sono libri | sono schede fatte dagli insegnanti | è tutto all’insegna del-
l’improvvisazione [Pozza (Gen)].
5.2.6 Il ruolo dei progetti nell’offerta formativa
Nell’interpretazione degli Insegnanti e dei Dirigenti da noi contattati, quasi senza
nessuna eccezione, è la Legge 482/99 stessa che spinge fortemente verso l’insegnamen-
to della lingua e cultura della minoranza secondo la «modalità del progetto didattico»
dal momento che a questa specifica modalità sono legati i finanziamenti. Ora, alcune
caratteristiche intrinseche alla modalità stessa influenzano in positivo o in negativo – a
detta degli insegnanti – l’azione scolastica. Sul versante positivo c’è sicuramente la
flessibilità dello strumento, la sua adattabilità ai diversi contesti in cui opera l’istituzio-
ne scolastica, la possibilità di adattarsi alle richieste e ai bisogni dell’utenza. I progetti
sono spesso assai apprezzati dai genitori, che incontrano così una scuola più aperta, più
in dialogo con loro e con il territorio. Sono però anche emersi tre punti critici, e nello
specifico:
• il fatto che la modalità per progetti è caratteristica di scuole dell’infanzia e ciclo
della primaria, ma molto meno adatta ai tempi e ai programmi della secondaria,
che si conferma ancora una volta il vero nodo nell’approccio scolastico alla LM;
• il minore prestigio delle attività legate ai progetti rispetto alle attività curricolari
vere e proprie. Questo punto viene sollevato in particolare dalle comunità che
vogliono puntare sul polo alto del codice, e di conseguenza sono molto sensibili
a questioni legate al prestigio pubblico. Il progetto di per sé è un ambito meno
istituzionale, i suoi contenuti non provengono da direttive nazionali ma da istan-
te prettamente locali; a questo si aggiunge il fatto che – non sempre e non obbli-
gatoriamente ma spesso – i progetti si svolgono in ore extracurricolari;
• il fatto che l’attuale situazione di finanziamento delle scuole rende i progetti
l’unica vera sorgente di finanziamento aggiuntiva per poter andare al di là delle
attività scolastiche di routine. In particolare nelle comunità in cui il codice è in
condizione di dilalia, ed è dunque socialmente piuttosto debole, il finanziare le
attività per via di progetto toglie di fatto la possibilità di accedere al finanziamen-
to per altre finalità. Quello del progetto sulla LM viene dunque percepito, in par-
| 292 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ticolare dai docenti che non parlano il codice tutelato ma non solo, come un
ricatto per cui l’erogazione di qualche, scarso, fondo è legata allo svolgimento di
attività per la LM:
ci mancano il toner, la carta igenica, altro che il friulano! | il budget per le lingue di
minoranza è cresciuto in maniera esponenziale | ti obbligano a lavorare su quello; se io
voglio fare una progetto sulla musica non trovo una lira | le scuole aderiscono tutte
anche solo per comprarsi il toner [Pagnacco (Ins)].
5.2.7 L’impatto della legge 482/99. Analisi in termini di valorizzazione
In quest’ultima parte si vuole valutare l’impatto della legge 482/99 nella prospettiva
della sua capacità di valorizzare le diverse variabili in gioco: la comunità di minoranza
e la sua LM, gli operatori scolastici e l’istituzione stessa. In parte, la scelta di quest’otti-
ca particolare deriva da considerazioni sociolinguistiche: l’innalzamento del prestigio di
un codice in difficoltà è una delle pratiche fondanti di una buona politica linguistica.
Tuttavia, è principalmente la considerazione della natura della legge e del suo modo di
agire sul territorio che consiglia un approccio di questo tipo. Come ci è stato spesso fatto
notare dalle varie comunità, questa è una legge che non istituisce un obbligo, ma offre
un’opportunità. Proprio di fronte al carattere discrezionale intrinseco alle attività previ-
ste dalla legge una valutazione in termini di valorizzazione si impone: un docente non
sceglierà liberamente di caricarsi di ore aggiuntive se da questo non ne ricava una valo-
rizzazione personale in termini di prestigio o economici; allo stesso modo un genitore
non accoglierà le proposte di attività in LM se queste non si configurano per lui come
un miglioramento qualitativo dell’offerta didattica. Infine, e forse si tratta del punto più
importante, un ragazzo non dedicherà energie ad imparare (o a praticare) una lingua a
scuola se da questo uso non ha un ritorno, un vantaggio, che può essere la possibilità di
integrarsi meglio sul territorio (per esempio nel caso del ladino) o il prestigio personale
(nell’ottica di un bilinguismo esibito come marcia in più) o altro ancora.
a. Il docente di LM tra volontariato e bisogno di sostegno istituzionale
Partiamo da alcuni fatti: abbiamo trovato insegnanti titolari di ruolo nella LM solo
nel punto d’inchiesta di San Pietro 2 e a Pozza di Fassa. In particolare a Pozza di Fassa
il possesso del patentino di ladino offre degli indubbi vantaggi professionali, in quanto
consente di accedere in ruolo molto velocemente136 per poi migrare eventualmente
verso cattedre ritenute più appetibili. Il prestigio della cattedra di ladino in quanto tale
non è infatti alto; con un ora di curricolare alla settimana il docente di LM si trova nella
poco invidiabile situazione del professore di religione: 18 classi, nessun rapporto per-
sonale con gli alunni, scarso prestigio presso i ragazzi:
136
La scuola ladina è una scuola giovanissima, in termini di età media degli insegnanti.
I Gruppi | 293 |
io sono quella che vedono una volta alla settimana [Pozza (Ins)].
Diversa la situazione degli insegnanti di sloveno alla bilingue, in cui il carico di ore
delle due lingue è quasi equivalente e quindi l’insegnante di sloveno (o di materie cur-
ricolari in sloveno) è alla pari con altri docenti di materie fondanti.
In tutti gli altri casi (compreso l’insegnamento di ladino veicolare) si tratta di inse-
gnanti di diverse discipline (spesso umanistiche, artistiche, qualche insegnante di scien-
ze) che dedicano parte del loro tempo e delle loro energie ad attività di valorizzazione
della lingua e cultura della LM, avendone un piccolo ritorno economico solo in pochi
casi (come a Pozza); i vantaggi ad ogni modo di solito non sono considerati adeguato
rispetto all’impegno profuso:
tutte le ore di insegnamento e aggiuntive per la preparazione dei materiali, dei percorsi,
la produzione e la stampa dei materiali… tutto è fatto col volontariato! [Paluzza (Ins)];
alle elementari è già volontariato [Santa Sofia (Ins)]; per esempio il progetto di informa-
tica ha avuto un insegnante distaccato solo per quello: ci vorrebbe lo stesso per il friu-
lano e non basterebbe neanche [Paluzza (Ins)].
Ora, la dimensione volontaria (se non di volontariato, che non è del tutto auspicabi-
le in una struttura scolastica) è ineliminabile – attualmente – dal contesto dell’insegna-
mento della LM: lo stimolo ad insegnare lingua e cultura della minoranza viene spesso
da uno slancio interiore con forti radici nel vissuto di ogni singolo insegnante. Sotto
questo punto di vista, la Legge valorizza l’insegnante come individuo, con la sua storia
personale e sociale, con la sua peculiare e complessa identità che lo rende depositario
di una conoscenza che non si può acquisire altrimenti. In un contesto in cui manca un
percorso formativo comune e certificato infatti la legittimazione sembra venire soprat-
tutto dalla passione e dall’autenticità. Il vero insegnante di LM è sempre l’insegnante
del territorio e non solo perché di fatto questa è la condizione che quasi sempre si rea-
lizza, ma perché appartiene alla cultura intrinseca della LM il poter essere adeguata-
mente insegnata e trasmessa solo dai locali:
le attività opzionali arbëresh come lingua le facciamo noi locali, gli altri insegnanti
fanno le tradizioni, la storia | io sono molto pessimista sul futuro, quando non ci saremo
più noi non so... [Santa Sofia (Ins)]; questa generazione sola è rimasta ma se [gli inse-
gnanti] vengono anche solo da Corigliano... e quelle interne non sono eterne [Santa
Sofia (Gen)]; le insegnanti sono locali e molte parlano la lingua locale, almeno per
ora… [Paluzza (Ins)]137.
Eppure il corpo insegnante sente il bisogno di formazione e di una competenza rico-
nosciuta: frasi come non mi sento preparato | non sono in grado | non sarebbe nelle
mie competenze ricorrono spesso nel corso dei dibattiti. Talvolta sembra che la deter-
minazione degli insegnanti a partire dal polo basso derivi certo da considerazioni e
137
Praticamente mai si fa cenno alla possibilità di ricevere personale docente formato dall’Università.
| 294 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
conoscenza del territorio, ma anche da questo senso di inadeguatezza degli insegnanti
e del sistema nel suo complesso, che è percepito anche dai genitori:
se il patois entrasse di più allora ci sarebbe bisogno di esperti esterni | ci sarebbe biso-
gno di formazione | corsi di grafia per gli insegnanti [Gignod (Ins)]; introduciamo cul-
tura friulana spiegata in friulano, ma non altro, se no non ci sono né risorse né capacità
[Pagnacco (Ins)].
Certo ottenere una buona formazione è costoso in termini di risorse e di impegno;
talvolta è impossibile quando, per i motivi più diversi, manchi del tutto un’offerta for-
mativa adeguata da parte delle Università:
ci sarebbe bisogno di formazione ma non c’è una cattedra di occitano in tutto il piemon-
te [Paesana (Ins)].
Nei primissimi anni il tema della formazione ha avuto ampio spazio e un certo
numero di progetti vi sono stati dedicati; col tempo però sembra essere prevalsa l’ur-
genza di agire e portare risultati concreti; ormai, nei vari punti d’inchiesta, si parla di
formazione solo al passato:
c’è stato un corso metà qui e metà a San Demetrio con Altimari 138, con studiosi molto
preparati che hanno dato input importanti [Santa Sofia (Ins)]; abbiamo fatto un corso nel
1999/2000 con Matteo Cappai 139 che ci ha spiegato la diatriba sulla lingua sarda
[Settimo (Ins)].
La creazione di un percorso più istituzionale e riconosciuto avrebbe anche l’indub-
bio vantaggio di accrescere l’autorevolezza della proposta di insegnamento della LM,
un rinforzo di cui spesso gli insegnanti sentono il bisogno. Molti fattori infatti contri-
buiscono a rendere questa proposta poco autorevole, in particolare il carattere volonta-
rio della proposta stessa che dunque discende da quello che può essere percepito come
l’arbitrio, la velleità o il tornaconto del singolo insegnante. Nei gruppi dei ragazzi è
capitato talvolta di registrare commenti (probabilmente sentiti dai propri genitori)
secondo i quali il professor X farebbe lezioni in LM per fare teatro perché non ha
voglia di lavorare e la professoressa Y per avere l’indennizzo. Se a questo si aggiunge
una percezione (e spesso un’autopercezione) del fatto che quella dell’insegnante di LM
è una competenza da autodidatta, la posizione del docente nei confronti dei genitori
diventa debole e di conseguenza minore la sua disponibilità a sperimentare e proporre
soluzioni innovative.
Il senso di inadeguatezza rispetto al compito può talvolta essere dolorosamente forte
nelle situazioni più difficili, in cui il docente si rimette in questione non solo come inse-
138
Professore di Linguistica a Cosenza, albanologo di fama e attivo e competente sostenitore della causa
arbëresh.
139
Non noto ai ricercatori.
I Gruppi | 295 |
gnante ma anche come parlante. Sono questi i casi in cui più spesso si ricorre all’esper-
to esterno come ad una sorta di taumaturgo, detentore di un sapere ormai perso, ma
anche «medico» della comunità adulta deprivata delle sue radici e della sua lingua più
intima. Queste figure sono spesso assai ambite, piccole star locali del microcosmo sco-
lastico:
si lavora poi con gli esperti, gente spesso meravigliosa, che lo fa per passione | quando
si può, perché io quei due tre esperti che lavorano per noi li avevo anche contattati, ma
avevano già preso altri impegni | ti devi muovere per tempo [Pagnacco (Ins)]; si deve
valutare anche il carisma, non solo se uno ha la laurea | il nostro Emanuele Garau 140 per
esempio è fondamentale per avere l’attenzione dei ragazzi [Settimo (Ins)].
Per quanto riguarda poi la posizione dell’insegnante di LM all’interno dell’oragni-
co scolastico, la situazione è spesso piuttosto pacificata nel ciclo primario, dove un
buon numero di insegnanti sono locali e questo favorisce il crearsi di gruppi di lavoro
e, diremmo, di mutuo sostegno:
siamo lo zoccolo duro delle insegnanti… un gruppo di lavoro collaudato e affiatato,
lavoriamo anche a classi aperte con incontri settimanali [Paluzza (Ins)]; noi siamo le
maestre delle valli, lavoriamo spesso assieme, ci conosciamo tutte [Pergine (Ins)];
molto più conflittuale invece nel ciclo secondario, in cui i docenti provengono da
più lontano e, trattandosi spesso di sedi piuttosto disagiate, sono soggetti ad un ricam-
bio piuttosto veloce. Qui il lavoro dell’insegnante di LM è spesso più solitario e non
mancano tracce, in particolare nei punti d’inchiesta in cui la LM non è forte, di contra-
sti con gli altri colleghi che talvolta mettono i bastoni tra le ruote. La situazione si è
fatta ancora più tesa negli ultimi anni a causa delle fortissime restrizioni nei finanzia-
menti. A questo punto l’eventuale progetto sulla LM più che portare finanziamenti e
risorse a tutta la scuola viene percepito come qualcosa che, sulla base di un’arbitraria
preferenza accordata alla tutela delle minoranze rispetto ad altre tematiche pur nobili,
toglie risorse ad altre materie e ad altri docenti; un ricatto odioso che mette in difficol-
tà il docente di LM stesso rispetto ai colleghi:
ti obbligano a lavorare su quello se io voglio fare una progetto sulla musica non trovo
una lira [Pagnacco (Ins)].
Si può dunque affermare che l’introduzione dello strumento legislativo ha sicura-
mente valorizzato l’insegnante come persona, gli ha concesso la liberta di trasmettere,
comunicare, dei valori profondamente sentiti, gli ha permesso, in un certo senso, di
togliersi la maschera. Non ne ha però valorizzato la figura professionale e lo ha lascia-
to abbastanza esposto agli attacchi e dei colleghi e, soprattutto, dei genitori.
140
Artista locale, esperto di danze sarde.
| 296 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
b. Il ruolo della LM a scuola visto dai genitori: insieme per combattere sottocultu-
ra e omologazione
Si è già discusso a lungo, nel paragrafo dedicato al rapporto tra lingua e cultura, del
fatto che i genitori rivolgono assai raramente alla scuola la richiesta di fornire compe-
tenze linguistiche specifiche ed avanzate, ma che sovente preferiscono un approccio più
incentrato sull’insegnamento della cultura, spesso tradizionale. L’attenzione alla lingua
e alla cultura locali, proprio perché non remunerative / non competitive nel mondo
moderno, sono considerate però come un modello culturale positivo se proposto dalla
scuola. I valori di questo modello sono interpretati in modo diverso, anche a seconda
della sensibilità sociale e politica dei singoli genitori
• vuoi come attaccamento alla tradizione, ai valori di un mondo passato, come
modo per resistere ad una sottocultura puramente mercantile che si incarna nella
televisione.
• vuoi come spirito anticonformista e critico capace di resistere agli attuali model-
li omologanti.
ma nel profondo il loro punto di forza è lo stesso, ovvero il fatto di proporre valori dis-
sonanti rispetto alla società moderna per come viene percepita.
La scuola deve riacquistare il baricentro culturale perché ora è arrivata la TV | la scuo-
la deve sottrare potere alla TV [Settimo (Gen)]; questa omologazione dilagante non mi
piace, il friulano va implementato come momento di confronto tra tutte le culture
[Pagnacco (Gen)].
Ma questa valutazione positiva ha dei limiti, molto chiari e netti. Questo modello di
scuola è accettabile fino alla fine del primo ciclo, ossia fino a quando il compito prin-
cipale della pedagogia scolastica sembra essere, per i genitori, la costruzione della per-
sonalità equilibrata dell’alunno. Ma viene rifiutato drasticamente e con accenti veemen-
ti che spesso lasciano interdetti i docenti stessi nel passaggio alla secondaria, un ciclo
che si interpreta come ormai più rivolto all’acquisizione di competenze culturali, socia-
li e lavorative, pubbliche insomma. Il timore dei genitori che il modello scolastico pro-
posto non sia abbastanza emancipante è palpabile dai loro discorsi, ma più ancora dalle
immagini usate per rappresentare la scuola: la scuola è e deve essere prima di tutto un
paio di scarpe, ovvero uno strumento di movimento: lo strumento principe dell’auto-
nomia dei ragazzi.
I genitori sono disposti ad accettare una presenza meno anodina dell’insegnamento
della LM a scuola solo a determinate condizioni:
• che venga insegnata una variante linguistica di prestigio (sia esso prestigio lette-
rario, sociale, economico);
I Gruppi | 297 |
• che i docenti siano opportunamente formati e che la scuola abbia un progetto glo-
bale sull’insegnamento della LM (non si può improvvisare!);
• che vi sia una continuità didattica nei tre cicli e se possibile anche oltre.
Un’offerta di questo tipo – che di fatto si configura come l’offerta di una scuola
bilingue – è spesso molto valorizzante (ma anche molto polarizzante) per l’utenza141.
Nel corso dell’inchiesta una proposta didattica di questo genere è stata riscontrata solo
a Gignod (per il francese) e a San Pietro 2. Si tratta di modelli scolastici percepiti come
di grande prestigio, in grado davvero di favorire di un individuo più attrezzato e com-
petitivo nei confronti del mondo esterno: le scuole bilingui sono considerate come un
modello alternativo e superiore alla scuola «normale».
Al momento attuale, nella maggior parte delle comunità una tale prospettiva è ad
ogni modo assai lontana dalla realizzazione. Quello che di fatto, agli occhi dei genito-
ri, questa legge ha contribuito a creare è, nello spirito dell’autonomia scolastica, un
maggiore radicamento sul territorio e una maggiore apertura alla società locale.
L’immagine più forte è quella dei nonni che entrano a scuola, che configura una scuo-
la più aperta, meno rigida e dogmatica, soprattutto più attenta alle voci dei genitori. Non
è un caso se le maggiori tensioni si sono sentite proprio là dove invece la politica sco-
lastica nei confronti della LM è più centralizzata e di conseguenza più rigida.
Particolarmente significativo il punto d’inchiesta di Pozza di Fassa in cui il rapporto
con il locale organo OLFED preposto alla didattica del ladino in tutte le scuole della
Valle è assai conflittuale. Da una parte sicuramente la presenza di un organo tecnico
deputato alla didattica della LM rassicura i genitori, dall’altra però essi si percepiscono
come estromessi da una serie di scelte che considerano fondamentali per l’avvenire dei
loro figli:
il ladino lo gestiscono loro | è un organo tecnico di alto livello, ma un po’ chiuso | anche
noi al consiglio d’istituto non sappiamo nulla! [Pozza (Gen)].
La scuola che emerge dall’implementazione della 482 è poi una scuola che apre le
porte anche alla cultura materiale, alla cultura popolare, alle ricchezze del territorio, una
scuola che
lancia un ponte con quella che è la cultura delle famiglie [Pagnacco (Gen)]
141
È qui particolarmente rilevante richiamare le considerazioni di un linguista tedesco, Johannes Kramer,
sul ‘peso’ della standardizzazione linguistica per le comunità che l’intraprendono: «Dal punto di vista per
così dire tecnico si può sviluppare ogni parlata sino allo stadio di una lingua scritta con norme fisse: resta
solo il problema se la comunità linguistica in questione è in grado di sopportare i sacrifici non irrilevanti
che la costituzione di una tale mini-lingua comporta necessariamente. [Spesso poi] manca la coesione geo-
grafica, manca l’unità politica, manca la volontà di compromesso tra le diverse [parti della comunità],
manca soprattutto la volontà della popolazione di fare sacrifici. (Kramer 2000, 38).
| 298 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
e forma dunque individui più integrati nella realtà in cui vivono: si ricorderà a que-
sto proposito come una delle ansie dei genitori derivi da questa loro percezione dei figli
come individui astratti dalla realtà e proiettati in una dimensione fittizia e virtuale:
i bambini dovrebbero andare nelle scuole del loro paese: importante per l’integrazione,
per creare la comunità | c’è sempre tempo per uscire dopo [Paluzza (Gen)].
Però è anche una scuola potenzialmente poco emancipante e poco, troppo poco,
competitiva. Al momento del passaggio alla scuola secondaria gli stessi genitori che
avevano fino a quel momento magnificato la scuola locale, serena, protettrice e rassi-
curante richiedono improvvistamente un cambio di marcia, chiedono che i figli siano
messi in grado di diventare autonomi e gestiscano il mondo moderno nella sua com-
plessità: li faranno camminare?
c. Parlare e studiare la LM: per piacere, per affetto o per opportunità?
Per valutare l’impatto dell’offerta scolastica originata dall’implementazione della
legge sul prestigio della LM è importante prima di tutto fare il punto sulla percezione
attuale della LM presso le giovani generazioni delle varie comunità. Con l’eccezione di
alcuni punti d’inchiesta in cui il codice è molto forte (Pozza di Fassa, Paluzza e
Arzana), generalmente le giovani generazioni sono presentate dagli adulti come aventi
una competenza principalmente passiva142: capiscono ma non parlano, al limite scam-
biano qualche parola coi nonni, per fare loro piacere. Questa immagine ci viene resti-
tuita anche dai ragazzi stessi che affermano:
per vivere qua ti basta l’italiano | il friulano è la lingua che parliamo a casa [Pagnacco
(Rag)]; gli adulti parlano tutti albanese, noi tra ragazzi parliamo italiano, anche se
capiamo e sappiamo parlare un po’ | con i nonni parliamo arbereshe [Ururi (Rag)]; alcu-
ni nonni ci parlano perché non si perda la tradizione, noi rispondiamo in italiano, per-
ché basta capirlo [Santa Sofia (Rag)]; il mocheno lo parli a casa, in paese, quando siamo
tra di noi [Pergine (Rag)].
Alcune comunità inoltre sono triglottiche, con il polo basso occupato da due codici
in concorrenza: piemontese ed occitano a Paesana, calabrese ed arbëresh a Santa Sofia,
friulano e natisoniano a San Pietro. In tutti questi casi il codice regionale è un concor-
rente molto forte al polo basso, in particolare presso le giovani generazioni. I genitori
percepiscono questa concorrenza e spesso reagiscono stigmatizzando il dialetto regio-
nale (si pensi al sardese, all’occitano depauperato) e opponendosi (almeno a parole) al
suo uso in famiglia, benché così facendo ne rafforzino l’uso nel gruppo dei pari:
142
In altri punti d’inchiesta la limitazione, più che la competenza (attiva o passiva) dei ragazzi è rappresen-
tata dagli gli ambiti d’uso che sono assegnati alla LM: mentre i genitori (e più ancora i nonni) parlano la LM
anche in situazioni pubbliche e semiformali (al bar, in farmacia e così via) la nuova generazione lo parla
quasi solo esclusivamente a casa e spesso parla italiano già nel gruppo dei pari (Gignod, Pergine, Ururi).
I Gruppi | 299 |
noi che parliamo albanese con il dialetto ogni tanto facciamo figuracce | a mio figlio gli
dico di non parlare dialetto [Santa Sofia (Gen)].
In questo caso dunque la LM si specializza come lingua familiare, domestica men-
tre il dialetto regionale copre tutte le situazioni pubbliche semiformali: un codice dun-
que vicino e quotidiano, spesso, anche se non sempre, portatore anche di valori affet-
tivi.
Fin qui un rapidissimo schizzo delle situazioni sociolinguistiche riscontrate. La pro-
spettiva che si vuole assumere in questa sede è però quella dei mondi valoriali associa-
ti ai due / tre codici presenti sul territorio. Si ricorderà che nel caso dei gruppi di ragaz-
zi si è chiesto ai partecipanti di realizzare un collage che rappresentasse da una parte il
mondo di emozioni, valori e vissuti legati all’italiano e dall’altro il mondo della (o
delle) LM presenti sul territorio. Dalla discussione di quei lavori e dalla loro analisi si
è cercato di ottenere una visione il più possibile in profondità della percezione attuale
della LM e dei suoi concorrenti. Emergono così tre diverse tipologie dei rapporti valo-
riali dei codici sul territorio:
a. Omologazione. Nella sostanza ci si rifiuta di dividere i due codici (LM e italia-
no), uno essendo percepito come niente di più di una variante di registro dell’al-
tro. Particolarmente significativo il collage dei ragazzi di Settimo, che si sono
rifiutati di operare una separazione nel foglio e hanno mischiato le immagini dei
due codici; impossibile, il più delle volte, distinguere l’italiano dal sardo. Nei
casi più estremi il codice è semplicemente uscito dal vissuto dei ragazzi:
lo parlano solo i nonni, o i bisnonni, non serve a niente… [San Pietro 1 (Rag)].
Questa mancanza di vissuto porta ad una estrema povertà e stereotipizzazione
dell’immagine della lingua: a Paesana per esempio i ragazzi non sono riusciti a
trovare neppure un’immagine che descrivesse l’occitano e si sono rifugiati nei
simboli: la croce d’Occitania, la rosa camuna e un cappello d’alpino.
b. Polarizzazione fra LM e lingua dominante. È una fattispecie assai comune nei
punti d’inchiesta sull’arco alpino. Una delle due parti (sia essa la LM o la lingua
dominante) è rappresentata con tratti fortemente positivi mentre l’altra, specular-
mente, con tratti marcatamente negativi (particolarmente carichi trattandosi di
pre-adolescenti). L’appartenenza ad un universo culturale implica dunque la
presa di distanza dall’altro: si acquista la propria identità per differenziazione.
Per esempio l’immagine del friulano a Paluzza ha tratti molto positivi e quella
dell’italiano negativi (si veda sotto), a Pagnacco la situazione è opposta (con un
friulano piuttosto negativo, la lingua dei vecchi) ma altrettanto polarizzata (ita-
liano con tratti marcatamente positivi).
| 300 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
c. Compresenza di LM, lingua dominante e talvolta lingua regionale, tutte rappre-
sentate con tratti specifici ma sempre piuttosto positivi. Si tratta di una fattispe-
cie piuttosto comune nell’Italia del centro-sud e in Sardegna, in cui l’Italiano
mantiene sempre i tratti positivi della lingua dell’emancipazione e dell’innalza-
mento sociale. Significativo è il collage dei ragazzi di Santa Sofia, in cui un ita-
liano interpretato come base (acqua, aria, elementi neutri ma fondamentali) è
posto al centro con a destra una quotidianità e familiarità rappresentata dal dia-
letto calabrese e a sinistra l’eccezione, il lusso, il tocco in più dell’arbëresh (come
risposta al gioco del ritratto cinese abbiamo ottenuto che l’arbëresh sarebbe una
minigonna perché ci vuole l’occasione per parlare arbëresh). L’identità non si
costruisce qui per presa di distanza, ma per accumulo.
Nei casi di tipo a. il codice di minoranza è praticamente evanescente: non è più
distinguibile dalla lingua dominante o dal codice regionale: sono le situazione di quel-
le lingue percepite come grigie, imbastardite, mischiate, in cui il parlante stesso deprez-
za il codice che usa per comunicare, mentre d’altro canto non riesce a caricare di valo-
ri affettivi neppure il codice dominante143. Il ruolo della scuola in questi contesti è spes-
so solo periferico e consiste specialmente nel favorire l’autocoscienza linguistica e una
visione meno autopunitiva della propria variante.
Nei casi polarizzati il codice degli affetti che si costruisce in opposizione alla lingua
dominante ne è però ben lungi dal sostituirla in tutti i domini d’uso: la dimensione urba-
na, la modernità, la ricchezza, la tecnologia, anche se talora caricati di valori negativi,
stanno spesso, tranne rari casi, dalla parte dell’italiano. Il prestigio coperto di queste
LM è dunque alto, ma molto meno lo è il prestigio pubblico. La loro forza sta nella
capacità di rappresentare il mondo quotidiano con i suoi valori e i suoi affetti, ma pos-
sono spesso presentare problemi a livello di status. La presenza della LM a scuola (oltre
ad essere in questo caso assai apprezzata dai ragazzi perché configura una scuola più
vicina, più simpatica) dovrebbe dunque in questi casi mirare ad innalzare il prestigio
della LM attraverso un graduale ampliamento degli ambiti d’uso, in modo da evitarne
o contrastarne il progressivo restringimento.
Infine i casi di tipo c. hanno invece minori problemi di prestigio, ma spesso hanno
forti concorrenti nel polo basso: forme di italiano regionale o dialetti molto forti come
il calabrese. Essendo raro che le LM abbiano molta forza nel polo alto, questi codici
rischiano dunque di cedere tutte le funzioni comunicative alla concorrente sul polo
basso e assolvere ad una funzione quasi solo identitaria. La LM è un di più, quasi uno
sfizio: non serve a comunicare quanto a differenziarsi, a identificarsi a sentirsi un po’
speciali:
un tempo i vecchi genitori lo insegnavano ai figli, ora non lo parliamo... anche se lo
apprezziamo [Santa Sofia (Rag)].
143
Altrove questa situazione è stata chiamata di schizoglossia (Goebl 1979, Iannàccaro-Dell'Aquila 2006b).
I Gruppi | 301 |
In questi casi la scuola può anche partire dal polo alto (il prestigio della lingua
essendo assodato) con l’intento di ricreare, riattivare una competenza attiva e comuni-
cativa della lingua in ambiti d’uso quotidiano.
Le strategie fin qui evidenziate sono assai diverse a seconda dello status attuale della
LM presso le nuove generazioni. Ma se le strategie sono diverse, ci sono alcune moda-
lità comuni per perseguirle che sono emerse nei gruppi di ragazzi come fondamentali
per un approccio che voglia valorizzare il codice di minoranza:
a. CURRICOLARITÀ. I ragazzi sono molto sensibili alla differenza tra curricolare ed
extracurricolare. Riconoscono immediatamente nel trattamento extracurricolare
un’implicita svalutazione della materia stessa. In molti punti d’inchiesta, quando
la scuola proponeva la LM in ore extracurricolari i ragazzi ci hanno detto che
nella scuola non si faceva nulla sulla LM:
fino alla V elementare abbiamo fatto corsi di albanese, qui solo un corso | adesso non si fa
niente [Santa Sofia (Rag)]; a scuola non si fa nulla, solo alcune manifestazioni, come un
concorso di poesia e racconti [Ururi (Rag)]; il patois non entra a scuola [Gignod (Rag)].
Svalutante è anche il caso in cui la scuola non fornisce l’insegnamento in LM in
prima persona ma delega tutto agli esperti esterni: anche in questo caso i ragaz-
zi lo percepiscono come una presa di distanza fra la scuola in quanto istituzione
e la LM.
b. MATERIALE DIDATTICO. C’è bisogno di materiale didattico ad hoc, come per le
altre materie, e non solo di materiale autoprodotto, che spesso si scrive ma non
si legge. Nel corso degli incontri si era chiesto ai ragazzi di portare un oggetto o
un’immagine che ricordasse loro un momento positivo del loro contatto con la
LM a scuola: ci sono stati portati molti libri, dizionari, tesi di laurea prese in pre-
stito per l’occasione, grammatiche: c’è un forte desiderio di un approccio ufficia-
le, meno precario, meno estemporaneo. In molte comunità libri di testo specifi-
camente scolastici sono sì editi, ma mai adottati perché giudicati dagli insegnan-
ti poco adatti alle reali competenze dei ragazzi.
c. OFFRIRE STRUMENTI. I ragazzi concepiscono l’apprendimento della LM come
l’acquisizione di strumenti nuovi: si rifiuta una prospettiva che si accontenti delle
competenze possedute. In questa prospettiva vanno interpretate le numerose
richieste di «imparare a leggere e a scrivere», ovvero come la richiesta che la LM
a scuola sia trattata come uno strumento, non come un fine in sé:
si potrebbe imparare a scrivere, perché quello non lo sappiamo fare [Pagnacco (Rag)];
poche persone scrivono arbëresh, noi lo vorremo, è un arricchimento | noi lo facciamo
già ma sbagliamo [Ururi (Rag)].
| 302 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Si riconsideri in questa prospettiva anche la scelta di molte scuole di puntare su
una variante locale, localissima: la variante locale è sicuramente importante per
la costruzione identitaria, ma svuota di significato la lingua come strumento di
comunicazione.
d. CONTENUTI MODERNI. Infine, ma ciò deriva naturalmente dal punto precedente, i
ragazzi hanno bisogno di essere rassicurati sul fatto che non stanno imparando la
lingua dei nonni, una lingua inutile, ma stanno dedicando le loro energie ad un
codice moderno, attuale. Nessuno parla una lingua per dovere nei confronti dei
nonni e dei genitori. In questa prospettiva sarà dunque opportuno prestare atten-
zione a evitare qualsiasi tentazione di purismo ed arcaismo.
5.2.8 Rapporti fra i codici e ruolo della Scuola
Proponiamo di seguito una disamina schematica delle situazioni incontrate durante
i gruppi. Deve essere chiaro che questa non vuole costituire una sorta di riassunto né di
conclusione del capitolo, ma semplicemente una prima indicazione su quale potrebbe
essere il ruolo della Scuola nella evoluzione dei rapporti dei codici in compresenza
nelle località indagate. In altre parole viene proposta una situazione iniziale ATTUALE
che i gruppi ci indicano essere PERCEPITA dai parlanti e una di proiezione sul futuro
DESIDERATO che evidenzia la funzione attiva, o talora passiva, che la scuola (indica-
ta col simbolo =) dovrebbe avere per la sua realizzazione.
I Gruppi | 303 |
Paesana
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
ITA PIE (OCC-)
Per come è percepito attualmente, il repertorio vede l’italiano al polo alto, e italiano,
piemontese e relitti di occitano al polo basso, in una sostanziale dilalia che vede l’occi-
tano usato solo dalla generazione degli adulti e degli anziani
DESIDERATO 1 (popolazione normale)
ITA (=FRA*)
ITA PIE =OCC+
* FRA come Wunschsprache
Qui è necessario distinguere fra attivisti e non attivisti: questi ultimi vorrebbero, per
così dire «portare a casa la pelle»: ossia rafforzare almeno la dilalia fra ITA e OCC,
mantenendo la presenza del PIE (invero temuto e detestato, ma riconosciuto come ine-
vitabile)come mesoletto. La scuola dovrebbe rinforzare il =FRA come Lh, almeno nel
suo ruolo simbolico, e sostenere L’OCC a livello basso, nella conversazione ordinaria.
DESIDERATO 2 (attivisti)
ITA =OCC letterario
ITA (=OCC letterario parlato)
La visione degli attivisti è diversa: vorrebbero una diacrolettia con =OCC come Lh e
italiano Lh e LL; sarebbero eventualmente disposti a rinunciare alla presenza effettiva
della variante locale di OCC al polo basso: in prospettiva, questa sarebbe derivata come
variante parlata dell’OCC letterario. Si notino le forti analogie con San Pietro 2.
Gignod
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA FRA$
FPR ITA
Vede l’alternanza di italiano (lingua effettivamente d’uso) e francese (lingua identitaria)
al polo alto, in sostanziale dilalia a più elementi con francoprovenzale e italiano come Ll.
DESIDERATO
ITA =FRA
FPR (ITA)
Si vuole il FRA non solo come lingua identitaria ma anche come lingua tetto per il FPR,
che configuri una diacrolettia (o, in subordine, una diglossia) con FPR e ITA in Ll e ITA
e FRA in Lh. Notare l’assenza del FPR al polo alto: non è necessario che la lingua rico-
| 304 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
pra funzioni amministrative o rappresentative. La scuola però non deve opporsi al FPR
come codice d’uso informale; in più dovrebbe rafforzare il =FRA in posizione Lh, che,
si afferma, servirà da protezione al FPR.
Pergine (Valle dei Mocheni)
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
TNT (ITA) MOC
È una diglossia con ITA in posizione alta e soprattutto trentino e mocheno, ma anche
italiano in basso, dunque con elementi di dilalia.
DESIDERATO
ITA =DEU
* MOC TNT
* DEU (non come variante identitaria ma come modello e lingua tetto)
Vorrebbero una situazione di diglossia con diacrolettia in cui al polo alto si trovano ITA
e DEU, e MOC e TNT come basiletti; è notevole la volontà di non espellere dal reper-
torio il dialetto romanzo dell’area. La scuola dovrebbe soprattutto servire a insegnare e
radicar il =DEU: vorrebbero in effetti che si rafforzasse il MOC anche come lingua
parlata, ma non è compito che chiedono alla scuola
Pozza (Valle di Fassa)
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA (LAD standard fassano)
LAD dialetti (ITA)
La situazione percepita configura prevalentemente una diglossia con diversi dialetti
LAD fassani Ll e ITA Lh; in alcune situazioni può volgersi a diacrolettia con ITA e stan-
dard fassano in posizione H, e talora invece scivolare verso la dialia con ITA H e L e
LAD solo in posizione bassa.
DESIDERATO
=ITA =LAD
LAD
Si tende verso una diacrolettia più netta; si vuole anche rafforzare =LAD in posizione
Ll, ma non lo si chiede direttamente alla scuola: si rafforzerà poi da solo attraverso l’au-
mentato prestigio della lingua o perché i bambini sapranno scrivere lo standard. La
scuola deve insegnare un buon =ITA e un buon =LAD scritto.
I Gruppi | 305 |
Paluzza
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
FUR+
È una diglossia molto classica, con il FUR basiletto, in posizione di particolare forza.
DESIDERATO
=ITA (FUR)
=FUR+
Desiderano una diglossia con =FUR ancora più forte (la scuola ne dovrebbe ampliare
i domini d’uso) e un po’ di FUR come Lh passivo (usato per esempio nelle scrittte, nei
cartelli e in qualche altra occasione simbolica). La scuola deve comunque concentrarsi
sull’insegnamento dell’=ITA.
Pagnacco
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
ITA FUR
Dilalia ITA H e FUR L (residuale per i ragazzi, che partecipano quasi di un monolin-
guismo ITA); ci sono ricordi di diglossia ITA H e FUR L fino a tempi molto recenti.
DESIDERATO
ITA (=FUR)
ITA FUR+
Si vorrebbe anche solo una dilalia un po’ più forte, con presenza di =FUR letterario
appoggiato dalla scuola.
San Pietro 1 (statale non bilingue)
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
ITA (FUR*) (NAT)
* FUR in ascesa per i giovani
La visione attuale indica una dilalia residuale tra ITA come Lh e dialetti sloveni del
Natisone come Ll, con presenza (crescente) del FUR sempre in Ll.
DESIDERATO
ITA
| 306 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
(ITA*) NAT
Si vorrebbe una diglossia ITA – dialetti sloveni (anche solo una dilalia forte secondo i gio-
vani). In particolare le generazioni 2 e 3 non vorrebbero il FUR in posizione di Ll men-
tre i giovani lo danno come acquisito. Non è chiaro invece quale dovrebbe essere il ruolo
della scuola («la [scuola] bilingue ci ha tolto lo sloveno, a noi è rimasta la cultura»).
San Pietro 2 (bilingue)
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA SLN$
ITA NAT- (residuale) FUR (da espungere)
Il repertorio percepito vede presente una dilalia con diacrolettia che ha come cardine
l’ITA, affiancato come acroletto da uno SLO prevalentemente identitario (non normal-
mente usato), e come basiletto da una serie di dialetti natisoniani residuali, con presen-
za, sgradita del FUR.
DESIDERATO IDEOLOGICO
ITA =SLN
NAT (SLN)
Va distinta qui una situazione desiderata futura dichiarata in senso ideologico, da una che
si vedrebbe di fatto come non sfavorevole; la prima prevede una diacrolettia imperniata
sullo SLN, presente in H e L; eventualmente in L potrebbero trovar posto i dialetti territo-
riali della valli, ma si è disposti a rinunciare alle lingue locali in favore di uno SLO stan-
dard parlato che dovrebbe discendere dal suo ampio uso scritto; nessuna presenza del FUR.
La scuola, oltre al rafforzare lo =SLN ha il compito di allontanare il =FUR dal reperto-
rio. La situazione ha punti di contatto con quella desiderata ideologicamente da Paesana.
DESIDERATO DI FATTO
ITA =SLN
ITA (NAT)
Di fatto ci si accontenterebbe anche di una diacrolettia con ITA al due poli e SLN come
acroletto che lo affianca, con eventuale dilalia con i dialetti del territorio. Anche in que-
sto caso però la scuola, oltre al rafforzare lo =SLN ha il compito di allontanare il
=FUR dal repertorio
Ururi
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
I Gruppi | 307 |
ITA ARB
Si percepisce una dilalia ITA H/L, con ARB L; non si avverte la presenza né di uno
SHQ standard né del dialetto territoriale romanzo, il MOL.
DESIDERATO DICHIARATO
=ITA =ARB
ARB ITA
Quello che si dichiara di volere è un bilinguismo monocomunitario, in cui le due lin-
gue abbiano uso paritario in tutti i domini; la scuola dovrebbe rinforzare i due codici
negli ambiti alti, sia dunque =ITA, sia =ARB.
DESIDERATO EFFETTIVO
=ITA (=ARB)
ARB
Il repertorio desiderato effettivo vede altresì una diglossia fra ITA H e ARB L, senza MOL
e con sporadica presenza di ARB scritto. Non si senta la necessità di uno SHQ standard.
La scuola dovrebbe rinforzare i due codici negli ambiti alti, sia dunque =ITA, sia =ARB.
Santa Sofia d’Epiro
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
ITA ARB CAL
Parrebbe una situazione di dilalia in cui il polo alto è dominio dell’ITA, e quello basso
vede, oltre all’ITA, ARB e CAL: ARB è più forte per genitori e insegnanti, CAL lo è
per per studenti. Meglio pensare a due diglossie distinte: genitori ITA/ARB, ragazzi
ITA/CAL, con unica lingua in comune ITA; questa dilalia è equiparabile di fatto alla
dilalia perché ITA è usato anche in famiglia e in contesti informali.
DESIDERATO
ITA =ARB
=ARB ITA (CAL)
Si vorrebbe, come a Ururi, un bilinguismo monocomunitario con, per i ragazzi, presen-
za dilalica del CAL. Scuola deve rafforzare i domini d’uso della LM (ossia dell’=ARB)
e dare occasioni in cui è normale usarlo, in funzione H o L.
Settimo San Pietro
REPERTORIO ATTUALE PERCEPITO
ITA
| 308 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ITA SRD
È una dilalia ITA/SRD con pochi residui di diglossia.
DESIDERATO
ITA ((=)SRD*)
(ITA) =SRD
* SRD: l ascuola deve insegnare a trascriverlo
Si vorrebbe una situazione di diglossia con ITA Lh e SRD Ll, con presenza sporadica
del sardo scritto; metre verrebbe tollerata qualche sbavatura dilalica. La scuola deve
rafforzare i domini d’uso del =SRD, ossia dare occasioni in cui è normale parlare
=SRD; meno importante è l’insegnamento del suo uso scritto, al di là della trascrizio-
ne dell’oralità.
Árzana
ATTUALE PERCEPITO
ITA
(ITA) SRD
Il repertorio è diviso, nella percezione degli adulti e dei ragazzi: i primi vedono una
diglossia fra ITA H e SRD L; i secondi la interpretano come dilalia
DESIDERATO
ITA
=SRD
Vorrebbero una forte diglossia, con =SRD orale piuttosto radicato (e la scuola dovreb-
be operare per rafforzarlo); non è necessario che il SRD sia scritto: eventualmente,
anche qui, basta che si presti a trascrivere l’oralità
Legenda
= lingua che deve essere supportata FRA francese
dalla scuola FUR friulano
$ lingua identitaria anche se non diffusa LAD ladino
sul territorio come lingua parlata MOC mocheno (germanico del Trentino)
Lh lingua alta della diglossia/dilalia MOL dialetti del Molise
Lm lingua intermedia della diglossia/dilalia NAT dialetti slavi della Valle del Natisone
Ll lingua bassa della diglossia/dilalia OCC occitano
ITA italiano PIE dialetti piemontesi
ARB arbëresh SLN sloveno
CAL dialetti calabresi SRD sardo
DEU tedesco standard (Hochdeutsch) SHQ albanese standard
FPR francoprovenzale TNT dialetti del Trentino
| 309 |
Capitolo sesto
La valutazione*
6.1 Cenni metodologici
Parte integrante del Progetto di ricerca è la valutazione esterna delle competenze degli
alunni delle scuole; e la presenza del Punto 4. si basa essenzialmente sulla presupposi-
zione, nota nella letteratura scientifica, che esista un’effettiva differenza di trattamento e
di esposizione linguistica in contesto scolastico fra alunni frequentanti scuole poste in
contesto plurilingue e gli altri. Come sarà però risultato evidente, l’esposizione reale al
plurilinguismo (si badi, in contesto scolastico, ripetiamo, non nel complesso della socie-
tà) è tuttavia molto diversa da comunità a comunità: si pensi anche solo a casi estremi
come la Scuola slovena, bilingue e l’Istituto di Paesana, sostanzialmente ed effettualmen-
te monolingue, con semmai la presenza del piemontese, cosa che non lo distingue da
molti altri della Regione non posti in territorio di minoranza. Una tale situazione obbliga
a contestualizzare fortemente ogni analisi che presupponga realtà compatte al loro inter-
no e comparabili le une con le altre: in altre parole, è difficile dire, poniamo, che «i ladi-
ni vanno male in matematica», e soprattutto che ciò è determinato dal fatto che a scuola
si insegni anche ladino; perché intanto i ladini non hanno tutti la stessa esposizione alla
lingua (nelle province di Trento e Belluno le condizioni sono molto diverse), e poi per-
ché è possibile che nelle scuole ladine non ci sia alcuna presenza del ladino.
La premessa forte è dunque che i dati sono validi solo per la singola classe che è
stata analizzata, alle condizioni di plurilinguismo scolastico cui la classe stessa è stata
esposta, che possono essere anche molto basse; e queste premesse sono evidenti, ma è
bene che siano ricordate per evitare generalizzazioni che possono essere molto perico-
lose. Questo non toglie per nulla valore e scientificità all’indagine: disporre di una valu-
tazione esterna rigorosamente progettata ed escussa, per le scuole che conosciamo
meglio, dal momento che hanno ospitato i focus group, è di un interesse inestimabile.
*
Il capitolo è stato redatto dalla Prof.ssa Lina Grossi responsabile scientifico del Progetto per l’INVALSI;
collaboratrice alla ricerca INVALSI per il Progetto, Federica Fauci. Per la scelta e delle prove e per l’ana-
lisi dei risultati, nel loro insieme e nello specifico disciplinare, l’INVALSI si è avvalso del contributo di
esperti di italiano, matematica, scienze e statistica: Anna Maria Gilberti (Dirigente tecnico USR
Lombardia), coordinatrice del gruppo degli esperti; Laura Angelini, docente di lettere (in servizio presso
USR Lombardia); Anna Riva, docente di matematica (in servizio presso USR Lombardia); Francesca Orsi
e Teresa Manfredi, docenti di scienze e chimica (preso I.I.S. “Perpenti” di Sondrio e I.I.S. “Spinelli” di
Milano); Franco Tornaghi, esercitatore di statistica presso il Dipartimento di Metodi Quantitativi
dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
| 310 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Le indagini dell’INVALSI144, proprio per essere state condotte nelle scuole di cui cono-
sciamo le modalità e le pratiche educative, costituiscono la sponda oggettiva e proble-
matizzante delle dichiarazioni e delle suggestioni emerse dai gruppi. Ciò consente
anche di aggirare in parte il problema visto sopra (ed è in effetti la ragione per cui le
valutazioni costituiscono una sezione organica del progetto): perché, almeno per quel-
le scuole, sappiamo qual è, effettualmente, l’esposizione alla lingua degli studenti.
Poi: come si è ampliamente discusso nei capitoli precedenti e come risulterà chiaro
dalla conclusioni, la situazione sociolinguistica di molte delle lingue in situazione di
minoranza analizzate non si discosta molto da quella dei «dialetti» di altre zone d’Italia,
che sono in situazione di diglossia o di dilalia con l’italiano. È dunque proprio nelle con-
dizioni dell’insegnamento scolastico che va cercata, semmai, una tale differenza: e l’ipo-
tesi di partenza che la presenza di una lingua altra nella comunità influenzi in qualche
modo le competenze e le conoscenze degli alunni è verificabile solo dove effettivamente
la LM ha una posizione diversa rispetto a quella dei dialetti nella pratica effettiva dell’in-
segnamento, o almeno nel rapporto, all’interno della scuola, fra insegnanti e studenti.
Ora, per le condizioni viste al par. xxx, come si ricorderà, si è scelto di paragonare
i risultati ottenuti con quelli nazionali forniti dall’INVALSI, che per la rilevazione
2004-2005 comprendevano anche elaborazioni per regione (macroarea aggregata) e per
provincia. Va tuttavia segnalato che questi risultati, come si legge anche nel rapporto
INVALSI sui dati del 2004-2005, sono da valutare tenendo conto di certi «comporta-
menti opportunistici» che sarebbero stati messi in atto in alcuni Istituti e che hanno, in
quel caso, portato addirittura all’esclusione di determinate realtà territoriali dall’analisi
comparativa dei dati. Il fenomeno, parrebbe, ha interessato anche almeno una delle
scuole indagate per la nostra inchiesta, i cui dati sono stati espunti dall’analisi finale.
Possiamo allora pensare che anche i dati di riferimento per la comparazione, quelli della
rilevazione del 2004, possano in qualche misura risultare «gonfiati», a causa di com-
portamenti opportunistici di singole Scuole siti nelle Province che ci interessano. Ne
consegue che i risultati degli apprendimenti del Progetto, laddove inferiori rispetto alla
media nazionale, vanno letti tenendo conto anche di questa caratteristica. Se invece
sono stati raggiunti i medesimi risultati si potrebbe anche ipotizzare un miglioramento
nel livello di apprendimento degli studenti coinvolti nella rilevazione 2009.
Per l’analisi dei risultati provinciali si è deciso di procedere in modo tale da non dare
luogo a possibili imprecisioni numeriche, seppur ipoteticamente minime, dal punto di
vista quantitativo. Il problema era il seguente: avendo gli esperti disciplinari delle singo-
le materie tolto alcuni item nella rilevazione del 2009 rispetto a quella di 5 anni fa (nella
scuola primaria sono stati tolti 5 item su 28 in Matematica e 6 su 28 in Scienze, nella
Scuola Secondaria sono stati tolti 4 item su 28 sia in Matematica che in Scienze) ed
essendo risultata male stampata 1 delle 30 domande di Italiano per la scuola primaria, la
I testi delle prove utilizzate per la rilevazione degli apprendimenti condotta dall’INVALSI tra il 4 e l’8
144
maggio 2009, sono reperibili al seguente indirizzo internet: www.minoranze-linguistiche-scuola.it. Sul sito,
nello spazio riservato all’INVALSI, alle scuole coinvolte nel Progetto è possibile anche, con password di
accesso riservata, prendere visione dei risultati analitici per singola prova (italiano, matematica e scienze).
La valutazione | 311 |
correttezza del paragone fra i risultati attuali e gli esiti provinciali a disposizioni avreb-
be potuto risentirne. Si è così deciso di non partire dai risultati ufficiali delle province,
ma di ricostruirli tutti partendo dal data base dei risultati della rilevazione del 2004-2005
– fornito dall’INVALSI – ed eliminando in esso i risultati degli item esclusi quest’anno.
Si ha così la certezza che il confronto riguarda esattamente solo gli stessi item.
L’indagine statistica sugli esiti delle rilevazioni degli apprendimenti nelle scuole coin-
volte nel progetto ha preso in esame tutti gli elaborati forniti dalle scuole nelle tre materie
oggetto di indagine. Seguendo le stesse procedure che l’INVALSI utilizza per le sommini-
strazioni delle prove di apprendimento a livello nazionale (con i medesimi criteri di esclu-
sione per i disabili intellettivi e per gli studenti che non comprendono l’italiano o lo com-
prendono con molta difficoltà), si sono ricavati per ogni classe e per ogni materia la media
aritmetica delle risposte corrette, la deviazione standard, il primo quartile, la mediana
(secondo quartile), il terzo quartile, il minimo punteggio realizzato, il massimo punteggio
realizzato e la moda. Le prove somministrate agli studenti, nelle classi e nelle materie sta-
bilite, erano composte da un numero di item a risposta chiusa con quattro possibili risposte:
Classe Materia Numero item Numero Scuole
Italiano 291145 14
IV Primaria Matematica 23 14
Scienze 22 14
Italiano 30 14
I secondaria di Primo Grado Matematica 24 14
Scienze 24 14
Tabella 54: item e scuole
Il numero degli studenti rispondenti per scuola è stato il seguente:
IV Primaria Italiano Matematica Scienze
1 Santa Sofia d’Epiro (CS) 19 19 19
2 Pagnacco (UD) 18 17 17
3 Paluzza (UD) 13 13 13
4 San Pietro al Natisone (UD) 14 14 14
5 Ururi (CB) 14 14 14
6 Paesana (CN) 17 17 17
7 Arzana (OG) 16 16 16
8 Gignod (AO) 10 10 10
9 Fierozzo (TN) 6 6 6
10 Pozza di Fassa (TN) 11 11 11
11 Corigliano d’Otranto (LE) 20 20 20
Gli item di Italiano per la IV Primaria erano 30, ma come si accennava si è dovuto provvedere ad elimi-
145
narne uno relativo alla prima lettura, quello identificato come A14, per un errore di stampa.
| 312 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
12 Acquaviva Collecroce (CB) 3 3 3
13 Montefalcone del Sannio (CB) 11 11 11
14 Settimo San Pietro (CA) 11 12 12
15 TOTALE ALUNNI 183 183 183
Osservando con attenzione i risultati e incrociando i diversi valori di sintesi pare
certo che la somministrazione sia stata generalmente corretta e perciò i risultati siano
affidabili146, con una sola eccezione. Gli studenti tenuti in considerazione per l’elabora-
zione dei dati sono così scesi a 164 sia in Italiano che in Matematica e in Scienze.
I Secondaria di primo Grado Italiano Matematica Scienze
1 Santa Sofia d’Epiro (CS) 20 21 21
2 Pagnacco (UD) 16 16 16
3 Paluzza (UD) 16 18 18
4 San Pietro al Natisone (UD) 13 13 13
5 Ururi (CB) 14 13 13
6 Paesana (CN) 20 19 19
7 Arzana (OG) 19 20 20
8 Gignod (AO) 15 17 17
9 Pergine Valsugana (TN) 21 21 21
10 Pozza di Fassa (TN) 20 21 21
11 Alghero 1 e 3 (SS) 24 23 23
12 Sassari 19 21 21
13 Alghero 2 e Fertilia (SS) 26 26 26
14 Settimo San Pietro (CA) 16 16 19
15 TOTALE ALUNNI 259 265 268
Il numero di risposte ai 152 item è stato in totale 34140, così ripartito:
Livello di scolarità Italiano Matematica Scienze Totale
IV Primaria 5307 4209 4026 13542
I Secondaria di Primo Grado 7770 6360 6432 20562
Totale 13077 10569 10494 34140
146
Come si accennava, ella classe IV primaria di una scuola le prove di Italiano e Scienze hanno avuto risultati simi-
li fra loro. In Italiano, su 29 domande, tutti gli studenti rispondono correttamente a 28 e ne sbagliano 1 (la stessa),
in Scienze tutti gli studenti rispondono correttamente a tutte le domande, tranne uno che ne sbaglia una sola, e in
Matematica solo 7 alunni su 19 non rispondono al 100% delle domande e fra questi uno solo non supera il 90% di
risposte corrette. A livello statistico si è preferito escludere i fascicoli degli studenti di questa scuola dall’universo
nel quale determinare media aritmetica, quartili e moda, al fine di non alterare i valori medi di paragone.
La valutazione | 313 |
6.2 Elaborazione dei dati. Risultati globali
L’analisi dei dati elaborati nell’ambito della ricerca ha fornito, per ciascuna discipli-
na e item per item, le percentuali di risposte corrette restituite nel contesto della rileva-
zione condotta nell’a.s. 2008-2009 per il progetto sulle lingue di minoranza. Tali per-
centuali sono state poste a confronto con quelle disponibili, per ciascun item, a livello
nazionale: se la percentuale è negativa, significa che si è risposto, percentualmente, in
modo peggiore rispetto alla rilevazione precedente.
Ad esempio, relativamente agli item n.1 e 2 di Scienze per la scuola secondaria di I
grado, si legge:
Item - Numero 1 2
% CORRETTE 2004-2005 52,3% 54,1%
% CORRETTE 2008-2009 67,0% 51,7%
Differenza % CORRETTE 14,7% -2,4%
Tabella 55: esempio di lettura delle tabelle
Questo significa che, nel primo item, le risposte corrette nelle 14 scuole partecipanti
sono state maggiori del 14,7% rispetto a quelle corrette riscontrate in Italia nel 2004-2005
fra gli studenti della I secondaria di I grado, mentre nel secondo item s’è verificato il feno-
meno opposto: percentualmente vi è stato un calo del 2,4% delle risposte corrette.
È fondamentale osservare preliminarmente che i risultati globali che saranno indi-
cati qui sotto hanno solo un valore presentatorio; di riscontro, per così dire: come si
ricorderà il campione dell’inchiesta non è statisticamente determinato (né lo poteva o
voleva essere), e le condizioni soprattutto linguistiche, ma anche sociodemografiche e
di insediamento delle comunità presso le quali si trovano le scuole sono talmente varie
che non permettono alcuna omologazione. In altre parole, come è ovvio, non esiste una
condizione ontologica «dell’essere di lingua di minoranza» che possa essere indagata
con prove INVALSI, e i risultati globali sotto mettono insieme realtà quali la periferia
di Cagliari e il villaggio alpino trentino. Nondimeno, la curiosità di vedere i dati nel
loro complesso ci ha spinto a una breve scorsa globale.
Italiano. Scuola primaria
I 29 item proposti per la scuola primaria erano stati classificati dall’INVALSI nel-
l’anno della somministrazione, come indicato nel Quadro di riferimento, secondo 6
tipologie. Nella tabella, a destra di ciascuna di esse, è inserito l’elenco degli item che
appartengono alla specifica tipologia.
| 314 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Comprensione globale A10, A11, A15, B8, B11, B14, B15
Comprensione particolare A1, A3, A4, A6, B1, B4, B5, B7, B9
Morfosintassi A2, A5, B12
Lessico A7, A8, B3, B6
Logica e semantica A9, A13, B10
Ortografia A12, B2, B13
Tabella 56: tipologia di item per la scuola primaria (italiano)
Gli esiti complessivi per le dodici scuole, item per item, sono stati i seguenti:
ITALIANO: IV PRIMARIA
% RISPOSTE % RISPOSTE
ITEM DIFFERENZA
CORRETTE 2004-05 CORRETTE 2008-09
A8 71,7% 58,5% -13,2%
B10 67,2% 55,5% -11,7%
A7 52,6% 42,7% -9,9%
B6 70,5% 62,8% -7,7%
B3 68,4% 62,2% -6,2%
B11 55,5% 50,0% -5,5%
A13 49,5% 45,1% -4,3%
A15 36,1% 32,3% -3,8%
B7 69,0% 65,2% -3,8%
B8 54,6% 51,2% -3,3%
B5 69,2% 67,1% -2,1%
A5 74,0% 72,0% -2,0%
B14 59,0% 57,3% -1,7%
A9 61,6% 60,4% -1,2%
A2 72,5% 71,3% -1,1%
B13 64,1% 63,4% -0,7%
A10 65,4% 65,9% 0,5%
B2 82,2% 82,9% 0,7%
A11 76,0% 78,7% 2,7%
B9 61,2% 64,6% 3,4%
A3 11,8% 15,2% 3,5%
A1 88,8% 93,3% 4,5%
A6 61,1% 65,9% 4,7%
A4 73,2% 78,0% 4,9%
B4 65,6% 71,3% 5,7%
B15 76,6% 82,9% 6,3%
La valutazione | 315 |
B12 82,2% 89,0% 6,8%
A12 73,1% 80,5% 7,4%
B1 75,3% 84,1% 8,9%
Media 65,1% 64,5% -0,6%
Tabella 57: esiti di italiano per la primaria
Grafico 13: esiti di italiano per la primaria
Dal momento che la media di risposte corrette nel 2004-2005 è stata, percentualmen-
te, di 65,1 e l’attuale è di 64,5, si può affermare che non sembrano esserci globalmente
significative differenze negli apprendimenti in Italiano fra gli alunni della IV primaria,
pur con alcuni elementi di attenzione. In effetti circa una metà delle risposte presenta dif-
ferenze di percentuali positive e l’altra metà negative: anche considerando poco signifi-
cative le variazioni che non coinvolgono almeno il 5%, rimangono 5 item che presentano
differenze positive (B1, A12, B12, B15 e B4) e 6 con differenze negative (A8, B10, A7,
B6, B3 e B11). Di questi ultimi, ben 4 su 6 item, nei quali gli studenti delle Minoranze
linguistiche sembrano manifestare maggiori difficoltà, riguardano il ‘Lessico’.
| 316 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Di contro, gli studenti delle scuole delle lingue di minoranza sembrano avere una
capacità maggiore nella comprensione particolare del testo rispetto agli studenti italia-
ni che hanno affrontato gli item 4 anni fa. Per l’interpretazione più puntuale e appro-
fondita dei singoli item, si rimanda in basso allo studio specifico, condotto dall’esperta
di italiano.
Italiano. Scuola secondaria di primo grado
Le tipologie proposte dall’INVALSI per i 30 item di Italiano della scuola seconda-
ria di I grado sono state le quattro seguenti:
Comprensione globale A2, A14, B1, B3, B4, B5
Comprensione particolare A1, A3, A5, A6, A7, A8, A9, A11, B2, B7
Morfologia, sintassi, semantica A4, A12, A13, A16, B8, B10, B11, B13
Lessico A10, A15, B6, B9, B12, B14
Tabella 58: tipologia di item per la secondaria di I grado (italiano)
I risultati ottenuti sono riassunti nello schema di seguito riportato:
ITALIANO: SECONDARIA DI PRIMO GRADO
% RISPOSTE % RISPOSTE
ITEM DIFFERENZA
CORRETTE 2004-05 CORRETTE 2008-09
B14 71,0% 60,2% -10,8%
B13 71,1% 61,4% -9,8%
B12 58,0% 51,7% -6,2%
B11 60,5% 54,8% -5,7%
A13 54,9% 49,8% -5,1%
A3 59,4% 54,4% -5,0%
A6 53,0% 49,4% -3,6%
A1 51,2% 47,9% -3,3%
A8 69,5% 68,7% -0,8%
A2 63,7% 63,3% -0,4%
A7 37,7% 37,8% 0,2%
A14 42,3% 42,5% 0,2%
B9 40,7% 40,9% 0,2%
B2 77,0% 78,0% 1,0%
A9 58,7% 60,2% 1,6%
La valutazione | 317 |
B10 56,3% 57,9% 1,7%
A10 81,2% 83,0% 1,8%
A5 59,7% 61,8% 2,1%
B8 56,0% 58,3% 2,3%
B4 78,2% 81,1% 2,9%
B7 30,7% 33,6% 2,9%
B3 44,8% 47,9% 3,1%
A4 57,0% 60,2% 3,3%
B5 68,9% 73,0% 4,1%
A12 74,9% 79,9% 5,0%
A15 38,9% 44,8% 5,9%
B1 68,6% 74,9% 5,9%
A16 35,7% 42,5% 6,8%
B6 52,1% 59,1% 7,0%
A11 70,1% 78,8% 8,7%
Media 58,1% 58,6% 0,5%
Tabella 59: esiti di italiano per la secondaria di I grado
Grafico 14: esiti di italiano per la secondaria di I grado
| 318 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Anche in questo caso la media nazionale (58,1) e quella delle 14 scuole coinvolte
quest’anno (58,6) sostanzialmente si equivalgono. Trova conferma l’esistenza di un
quinto di item nei quali la differenza fra le percentuali dei risultati corretti è superiore
o uguale al 5% a svantaggio degli studenti delle scuole di lingue di minoranza; 3 di essi
riguardano item di ‘Morfologia, sintassi e semantica’, 2 item di ‘Lessico’ e 1 di
‘Comprensione particolare’. A differenza dei risultati della scuola primaria, c’è da
segnalare che ci sono 2 item che testano il ‘Lessico’ nei quali gli studenti delle 14 scuo-
le presentano una percentuale di risposte superiore rispetto a quelle rilevate su tutto il
territorio nazionale (+5,9% e +7%), mentre per gli ultimi due item, sempre relativi al
Lessico, il miglioramento è irrilevante (+0,2 e +1,8).
È stato poi appositamente elaborata una classificazione in sottocompetenze dei sin-
goli item, per un possibile approfondimento della competenza linguistica. Si è cercato
di evidenziare in modo analitico, con una analisi di secondo livello, la particolare capa-
cità richiesta allo studente in ciascun quesito. Ad esempio, per la comprensione parti-
colare del testo si è evidenziato l’oggetto specifico della consegna: il riconoscimento o
l’individuazione di un’informazione esplicita, di una forma verbale, dell’intenzione
comunicativa dell’autore.
Matematica. Primaria
Sia nella primaria, sia nella secondaria di I grado le tipologie usate per classificare
gli item sono state 3, una delle quali preponderante numericamente. Per la Primaria i 23
item sono stati così suddivisi:
Numero 3, 4, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 22
Geometria 5, 6, 8, 21
Misura e dati 1, 2, 7, 10, 23
Tabella 60: tipologia di item per la scuola primaria (matematica)
I risultati ottenuti, riordinati in base alla differenza percentuale di risposte corrette fra
la somministrazione del 2008-2009 e quella nazionale del 2004-2005 sono i seguenti:
MATEMATICA: IV PRIMARIA
% CORRETTE % CORRETTE
ITEM DIFFERENZA
2004-05 2008-09
17 62,2% 39,0% -23,2%
2 75,1% 54,3% -20,8%
7 61,9% 43,3% -18,6%
8 62,2% 49,4% -12,8%
La valutazione | 319 |
19 49,5% 37,8% -11,7%
22 75,1% 64,0% -11,0%
18 53,5% 42,7% -10,8%
3 78,0% 67,7% -10,3%
6 82,1% 73,2% -8,9%
10 82,1% 75,0% -7,1%
13 58,9% 51,8% -7,1%
1 84,4% 79,3% -5,1%
20 79,9% 76,2% -3,6%
11 73,9% 70,7% -3,2%
9 73,2% 70,1% -3,1%
21 76,0% 73,2% -2,8%
12 83,0% 80,5% -2,5%
15 65,4% 63,4% -2,0%
16 42,1% 40,2% -1,8%
23 84,4% 82,9% -1,5%
4 87,2% 87,8% 0,6%
14 85,2% 92,7% 7,4%
5 72,0% 80,5% 8,5%
Media 71,6% 65,0% -6,6%
Tabella 61: esiti di matematica per la primaria
Grafico 15: esiti di matematica per la primaria
| 320 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
In media fra le due rilevazioni vi è stato un calo complessivo della media aritmeti-
ca delle risposte corrette del 6,6%, e questo non stupisce chi da anni osserva l’andamen-
to degli apprendimenti di Matematica degli studenti italiani. In questo caso, il calo per-
centuale delle risposte riguarda 20 item su 23 e per 8 fra essi si supera addirittura la per-
centuale del 10%, con una punta del 23,2%. Né si può dire che il calo riguarda uno solo
dei settori di indagine: esso è ben ripartito fra ‘Numero’, ‘Geometria’ e ‘Misura e dati’.
Matematica. Secondaria di I grado.
Quanto osservato per la scuola primaria risulta in un certo senso sorprendentemen-
te rovesciato per la prova di Matematica della scuola secondaria di I grado: solo 8 item
su 24 presentano una differenza percentuale negativa fra gli esiti riscontrati quest’anno
nelle scuole con le Minoranze linguistiche e quelli nazionali di quattro anni fa e addi-
rittura solo tre fra essi sono inferiori al -5%, mentre cinque sono superiori al +5%.
Mentre cioè nel 2004-2005 la percentuale media di risposte corrette è stata del 61,6%,
quest’anno le 14 scuole hanno risposto correttamente al 64,1% degli item di
Matematica, con un incremento del 2,5%.
Il quadro completo è il seguente:
Numero 1, 3, 6, 7, 8, 10, 14, 17, 18, 19, 22, 23, 24
Geometria 4, 5, 9, 12, 21
Misura e dati 2, 11, 13, 15, 16, 20
Tabella 62: tipologia di item per la secondaria di I grado (matematica)
Ecco lo schema riassuntivo dei risultati di Matematica per la prima classe della
secondaria di I grado:
MATEMATICA: I SECONDARIA DI PRIMO GRADO
% CORRETTE % CORRETTE
ITEM DIFFERENZA
2004-05 2008-09
8 81,2% 70,9% -10,2%
16 65,7% 58,1% -7,6%
21 68,5% 63,0% -5,4%
22 25,5% 21,9% -3,6
4 81,5% 79,6% -1,9
5 54,7% 53,2% -1,5
10 68,8% 68,3% -0,5
14 65,4% 64,9% -0,5
La valutazione | 321 |
17 51,4% 52,5% 1,0%
23 78,9% 80,0% 1,1%
6 66,4% 67,5% 1,2%
3 78,4% 80,4% 2,0%
2 62,5% 64,5% 2,0%
19 40,0% 42,3% 2,3%
18 61,3% 63,8% 2,5%
11 81,2% 84,2% 3,0%
13 66,1% 69,8% 3,7%
24 66,4 70,2 3,8
9 37,7 41,5 3,8
1 76,3 83,0 6,7
7 47,7 57,7 10,1
15 57,0 72,8 15,8
12 54,6 70,6 16,0
20 41,5 58,1 16,6
Media 61,6 64,1 2,5
Tabella 63: esiti di matematica per la secondaria di I grado
Grafico 16: esiti di matematica per la secondaria di I grado
| 322 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Analizzando singolarmente il contenuto degli item, sembra certo che per la secon-
daria in matematica, laddove i risultati sono più bassi rispetto alla rilevazione preceden-
te, lo sono indipendentemente dalla lingua. Ad esempio l’item 8, che ha realizzato il
10,2% di decremento è costituito solo da numeri e conti sia nella domanda che nelle
possibili risposte. All’opposto, dove l’aspetto linguistico è prevalente si rilevano esiti
migliori (per esempio, nell’item 15, sotto un grafico a barre compare la domanda
«Quanti ragazzi pesano MENO di 45 kg?», e questo realizza quasi il 15% in più rispet-
to a quattro anni fa). Negli item nei quali per rispondere occorre prestare attenzione ad
ogni termine e incrociare opportunamente le informazioni fornite, la differenza di per-
centuale è talvolta positiva e talvolta negativa, seppur di poco. Ad esempio, rispettiva-
mente, gli item 22 (sul tempo di cottura di 250 grammi di spaghetti, conoscendo quel-
lo necessario per 500 grammi) e il 24 (dove è fondamentale prestare attenzione al ‘solo’
della domanda «Quale dei seguenti insiemi è composto solo da numeri primi?») pre-
sentano una differenza percentuale di -3,6% e + 3,8%.
Scienze. Primaria.
Anche per Scienze le tipologie proposte per la classificazione degli item sono state le
medesime quattro, per la Scuola primaria e per la secondaria. La scelta degli esperti che
hanno confezionato il fascicolo degli item è stata in questo caso quella di tenerli uniti
rispetto alle singole tipologie; ad esempio per la primaria l’ordine è stato il seguente:
Elementi di metodo sperimentale 1, 2, 3, 4, 5
Uomo e Ambiente 6, 7, 8, 9, 10, 11
Trasformazioni 12, 13, 14, 15, 16, 17
Viventi/Non viventi 18, 19, 20, 21, 22
Tabella 64: tipologia di item per la scuola primaria (scienze)
I risultati comunque hanno dimostrato che lacune ed eccellenze non sono limitate a
una tipologia, come ben si evidenzia anche solo ‘cromaticamente nel seguente schema:
SCIENZE: IV PRIMARIA
% CORRETTE % CORRETTE
ITEM DIFFERENZA
2004-05 2008-09
3 68,3% 51,8% -16,5%
4 58,9% 46,3% -12,5%
19 75,9% 64,6% -11,2%
13 69,6% 60,4% -9,3%
La valutazione | 323 |
5 59,6% 55,5% -4,1%
20 82,3% 78,7% -3,6%
7 67,5% 64,0% -3,5%
14 82,5% 79,3% -3,3%
9 65,7% 63,4% -2,3%
18 86,8% 84,8% -2,0%
12 69,6% 68,3% -1,3%
10 90,7% 90,9% 0,1%
8 86,2% 87,2% 1,0%
15 85,5% 86,6% 1,1%
1 78,2% 79,3% 1,1%
2 82,2% 83,5% 1,4%
22 77,9% 79,9% 2,0%
21 88,0% 90,9% 2,9%
16 74,3% 77,4% 3,1%
6 82,0% 85,4% 3,4%
17 85,2% 89,6% 4,5%
11 82,6% 93,9% 11,3%
Media 77,2% 75,5% -1,7%
Tabella 65: esiti di scienze per la primaria
Grafico 17: esiti di scienze per la primaria
| 324 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Come si vede, globalmente la differenza fra le prestazioni rilevate nel 2008-2009 e
quelle del 2004-2005 è minima (-1,7%), e il numero di item nei quali l’andamento è
stato peggiore quest’anno è di 11 su 22; il segno meno è perciò dovuto essenzialmente
al peso maggiore dei quattro item 4,3, 19 e 13 rispetto al peso degli item con andamen-
to migliore. Detto questo, sembrerebbe che che per gli studenti delle scuole raggiunte
da questa inchiesta le difficoltà rispetto ai risultati medi degli studenti italiani si con-
centrino maggiormente sugli item che mettono a tema gli ‘elementi di metodo speri-
mentale’ e i la categoria ‘viventi/non viventi’.
Scienze. Secondaria di I grado.
Per quanto riguarda la Scuola secondaria di I grado gli item risultano raggruppati,
secondo le tipologie di riferimento, come indicato nella tabella riportata di seguito.
Elementi di metodo sperimentale 7, 8, 9, 10, 11, 12
Uomo e Ambiente 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19
Trasformazioni 1, 2, 3, 4, 5, 6
Viventi/Non viventi 20, 21, 22, 23, 24
Tabella 66: tipologia di item per la secondaria di I grado (scienze)
I risultati della rilevazione, ordinati secondo le differenze di percentuali, sono stati i
seguenti:
SCIENZE: I SECONDARIA DI PRIMO GRADO
% CORRETTE % CORRETTE
ITEM DIFFERENZA
2004-05 2008-09
2 54,1% 51,7% -2,4%
11 91,3% 90,3% -1,0%
12 77,4% 76,4% -1,0%
20 83,2% 82,4% -0,8%
24 69,8% 69,7% -0,1%
17 89,4% 90,3% 0,8%
6 53,9% 55,8% 1,9%
10 70,7% 72,7% 2,0%
23 74,4% 76,4% 2,0%
15 78,5% 80,9% 2,4%
14 90,7% 93,3% 2,5%
La valutazione | 325 |
5 43,0% 46,8% 3,9%
19 57,9% 61,8% 3,9%
7 83,3% 87,3% 3,9%
22 67,2% 71,2% 4,0%
9 70,8% 74,9% 4,2%
21 63,2% 67,8% 4,6%
4 62,4% 67,0% 4,7%
13 90,8% 95,5% 4,7%
16 80,1% 85,4% 5,3%
8 64,0% 71,9% 7,9%
3 55,1% 64,8% 9,7%
1 52,3% 67,0% 14,7%
18 64,6% 79,4% 14,9%
Media 70,3% 74,2% 3,9%
Tabella 67: esiti di scienze per la secondaria di I grado
Grafico 18: esiti di scienze per la secondaria di I grado
| 326 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
I risultati in Scienze sono sicuramente migliori nella scuola secondaria rispetto a quel-
li della scuola primaria, con una differenza percentuale maggiore del 3,9% e, soprattutto,
realizzando nei singoli item un peggioramento solo in 5 di essi su 24 e, soprattutto, di
grandezza minima. C’è da osservare che la differenza di risultati fra scuola primaria e
scuola secondaria è una costante, molto evidente per Matematica e Scienze e solo accen-
nata per Italiano, e che in tutti i casi è la scuola primaria a risultare con maggiori differen-
ze percentuali negative fra gli esiti della rilevazione di quest’anno per gli alunni delle
Lingue Minoritarie e gli alunni italiani del 2004-2005. Non è però escluso che il fenome-
no andrebbe ridimensionato nella sua quantificazione, soprattutto tenendo in considera-
zione il fatto che, come già anticipato, i risultati nazionali per le scuole primarie non erano
ritenuti completamente affidabili in quanto in alcune regioni i dati erano in netta contro-
tendenza rispetto alle altre rilevazioni nazionali ed internazionali.
6.3 Elaborazione dei dati. Risultati territoriali
I dati per Provincia sono invece sicuramente più comparabili, anche se pur sempre
parzialmente influenzati dalla variabile ‘collocazione urbana/rurale’, che tuttavia nella
maggioranza dei nostri casi si limita a capoluoghi di provincia versus località rurali o
di montagna, ed esclude in ogni caso le grandi aree urbane nelle Province, le Scuole
delle quali non sono state sottoposte a prova.
La IV primaria.
Qui e nel prosieguo di questo capitolo le scuole non sono più nominate singolarmen-
te: fa parte del metodo di lavoro INVALSI garantire l’anonimato (trattandosi di valuta-
zioni) alle scuole coinvolte, per una questione di sensibilità dei dati presentati. Si è per-
ciò provveduto, come di prassi, a identificare ogni Provincia con una lettera convenzio-
nale, e le scuole all’interno della Provincia con un numero progressivo. Con le lettere
maiuscole sono indicate le province di appartenenza (A, B, C, D, E, F, G e H): 3 scuole
sono nella provincia A, 3 nella B, 2 nella F e 1 ciascuna nelle province C, D, E, G e H.
Si propongono di seguito, per ciascuna disciplina, due grafici; nel primo è messa a
confronto la media aritmetica della percentuale di risposte corrette fra le 13 scuole; nel
secondo sono riportate affiancate la media aritmetica della percentuale di risposte cor-
rette e la mediana della percentuale di risposte corrette, sempre scuola per scuola, ma
rendendo possibile anche il paragone fra diverse province.
Per lo stesso motivo sopra esposto, non sono state effettuate elaborazioni sulle sin-
gole realtà linguistiche. Laddove, nell’ambito della provincia, era presente una sola
scuola, l’analisi di quella realtà avrebbe inevitabilmente reso esplicito il risultato otte-
nuto dalla scuola stessa. Di conseguenza, in questa sede vengono resi noti i soli dati
interpretativi complessivi, utili alla rilevazione degli andamenti nelle tre materie ogget-
to di indagine. Ecco i grafici:
La valutazione | 327 |
Grafico 19: italiano, primaria, per provincia e scuola
Grafico 20: italiano, primaria, media e mediana
| 328 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Come si nota, la mediana è quasi sempre di poco superiore alla media aritmetica. e
questo segnala la presenza di almeno il 50% degli studenti, in ciascuna scuola, che
ottiene un punteggio che uguaglia o supera il punteggio indicato dalla media aritmeti-
ca. Come ci si può aspettare, e come è ovvio, il confronto fra le scuole della stessa pro-
vincia mostra risultati differenziati, dal momento che le condizioni linguistiche (in più
di una provincia insistono minoranze diverse) e sociodemografiche pososno essere
molto diverse. Piuttosto si noterà che le 2 scuole della provincia F hanno risultati simi-
li, con un valore lievemente più elevato per la mediana dell’ultima scuola; a parità di
media aritmetica ciò significa che nella seconda scuola della provincia F vi è qualche
studente che ottiene punteggi molto bassi o almeno più bassi di quelli dell’altra scuola
della medesima provincia.
I grafici di Matematica, scuola per scuola, sono i seguenti:
Grafico 21: matematica, primaria, per provincia e scuola
La valutazione | 329 |
Grafico 22: matematica, primaria, media e mediana
In questo caso la situazione, relativamente al rapporto fra media aritmetica e media-
na, è variegata: vi sono scuole in cui è maggiore la prima e altre in cui la situazione è
capovolta. Da segnalare i risultati della prima scuola della provincia A e della scuola
della provincia H, per le quali il fatto che la mediana è inferiore alla media aritmetica
è un ulteriore elemento di preoccupazione, affiancato al basso valore della media arit-
metica.
I grafici di Scienze sono i seguenti:
| 330 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Grafico 23: scienze, primaria, per provincia e scuola
Grafico 24: scienze, primaria, media e mediana
La valutazione | 331 |
Si noterà come nelle due ultime scuole della provincia B i risultati si invertono fra
Matematica e Scienze, mentre fra le tre scuole della provincia A l’andamento della
media aritmetica è simile, ma quello della mediana presenta differenze. Proponiamo qui
il grafico seguente, per rendere possibile un confronto fra le medie aritmetiche ottenu-
te dalle singole scuole primarie nelle tre materie Italiano, Matematica e Scienze:
Grafico 25: confronto fra le medie aritmetiche
In sintesi, questa visualizzazione grafica sembrerebbe smentire una correlazione
diretta tra gli esiti nelle singole materie e la minoranza linguistica di appartenenza a
livello di apprendimento. La lingua minoritaria sembrerebbe, infatti, non influire signi-
ficativamente sull’apprendimento delle discipline oggetto della rilevazione, almeno per
quanto riguarda il campione di alunni presi in esame. Ad esempio, in matematica, in
alcuni casi la media aritmetica è superiore e in altri inferiore, rispetto alla media arit-
metica nelle altre discipline.
La I secondaria di I grado.
Le scuole considerate sono state 14, ed appartengono a 9 province: 3 scuole alla pro-
vincia A, 1 scuola per ciascuna provincia B, C, D, E, F e I, 2 scuole per la provincia G
e 3 scuole per la provincia H. Ecco i due grafici riassuntivi dei risultati della rilevazio-
ne di Italiano nella classe I secondaria di I grado:
| 332 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Grafico 26: italiano, secondaria di I grado, per provincia e scuola
Relativamente al confronto fra le scuole considerate, comprendendo la caratteristi-
ca della provincia di appartenenza, la situazione è la seguente:
Grafico 27: italiano, secondaria di I grado, media e mediana
La valutazione | 333 |
L’elemento più evidente è la disparità di risultati fra le 3 scuole della provincia H.
Da notare, parallelamente, che invece la mediana per le stesse scuole segnala situa-
zioni interne diverse fra loro: nella prima la mediana è superiore alla media aritmeti-
ca, nella seconda si equivalgono e nella terza è di poco inferiore. Nelle 3 scuole della
provincia A invece risulta costante la superiorità della mediana rispetto alla media
aritmetica.
Per Matematica questa è la situazione riscontrata:
Grafico 28: matematica, secondaria di I grado, per provincia e scuola
| 334 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Grafico 29: matematica, secondaria di I grado, media e mediana
Si noti come solo in quattro scuole la mediana supera la media aritmetica; questo
significa che nelle altre dieci vi è la presenza di studenti che alzano la media aritmeti-
ca, ma in esse almeno il 50% degli alunni rispondenti fornisce un numero di risposte
corrette inferiore percentualmente al valore segnalato dalla media aritmetica.
Infine presentiamo i grafici relativi a Scienze nella I secondaria di I grado:
La valutazione | 335 |
Grafico 30: scienze, secondaria di I grado, per provincia e scuola
Grafico 31: scienze, secondaria di I grado, media e mediana
| 336 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Come si vede, l’andamento delle medie aritmetiche è simile a quello delle medie per
Matematica e anche per le mediane vale un discorso simile; ma all’interno di Scienze
non c’è lo stesso andamento di Matematica: in questo caso le mediane tendono a supe-
rare il valore della media aritmetica.
Proponiamo anche per la scuola secondaria di I grado il grafico che renda possibile
la comparazione fra le medie aritmetiche raggiunte dalle singole scuole nelle tre mate-
rie Italiano, Matematica e Scienze.
Grafico 32: confronto fra le medie aritmetiche
6.4 Dati per disciplina e livello di scolarità
Italiano
Partendo dal presupposto teorico che – per essere valido – uno strumento già som-
ministrato deve mantenere inalterate le condizioni di base, per l’italiano è stata ripro-
posta una prova nella sua interezza, composta da due testi, di tipologia diversa, esposi-
tiva il primo, narrativa il secondo. Tale scelta è stata dettata dall’individuazione di alcu-
ne caratteristiche condivise e ritenute fondamentali dal gruppo di lavoro:
• la presenza di un corredo di elaborazione di dati significativi a livello nazionale,
regionale e provinciale;
La valutazione | 337 |
• lo spessore contenutistico e formale dei testi;
• la completezza degli aspetti oggetto di valutazione.
Al fine di acquisire una maggiore e approfondita conoscenza delle competenze lin-
guistiche testate si è poi deciso di formulare un’ulteriore declinazione in sottocompe-
tenze individuando l’ambito generale e la competenza specifica. La doppia etichetta ha
consentito di approfondire e rilevare la corrispondenza tra le competenze rilevate nel-
l’indagine del 2004 e quella presente per capire se: l’esposizione a qualunque livello,
in ambito scolastico, ad un codice diverso dall’italiano costituisce un elemento di faci-
litazione nel processo di apprendimento oppure no, e in quali ambiti specifici, eventual-
mente, una tale variabile potrebbe costituire un elemento significativo di vantaggio o
svantaggio.
La somministrazione delle prove non ha avuto lo scopo di fare una comparazione tra
le classi che partecipano alla rilevazione e che sono unità di analisi indipendente bensì
tra gruppi-classe rispetto alla media generale (con le cautele viste sopra) e in seguito
provinciale; un ulteriore oggetto di analisi, che è sembrato di particolare interesse anche
alla luce delle più recenti rilevazioni internazionali, ha riguardato la percentuale di
risposte omesse.
È dunque importante porre mente alla mappatura degli item, qui di seguito riportata.
CLASSE IV PRIMARIA
MAPPATURA DEGLI ITEM – TESTO ESPOSITIVO “LA VITA DEI POPOLI”
ITEM Tipologia degli ITEM Sottocompetenza
A1 comprensione particolare del testo individuazione di un’informazione
A2 morfosintassi riconoscimento dell’uso della punteggiatura
A3 comprensione particolare del testo riconoscimento dell’intenzione comunicativa
A4 comprensione particolare del testo ricerca di informazioni esplicite
A5 morfosintassi riconoscimento del soggetto nella frase
A6 comprensione particolare del testo ricerca di informazioni esplicite
A7 lessico comprensione lessicale
A8 lessico comprensione lessicale
A9 logica e semantica riconoscimento dell’uso dei connettivi logici
A10 comprensione globale individuazione di un tema del testo
| 338 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
A11 comprensione globale individuazione di un tema del testo
A12 ortografia riconoscimento delle regole ortografiche
A13 logica e semantica riconoscimento della funzione dei connettivi logici
A14 ortografia riconoscimento delle regole ortografiche
A15 comprensione globale riconoscimento del punto di vista dell’autore
MAPPATURA DEGLI ITEM – TESTO NARRATIVO “CE L’HANNO FATTA”
ITEM Tipologia degli ITEM Sottocompetenza
B1 comprensione particolare del testo individuazione di un’inferenza semplice
B2 ortografia riconoscimento delle regole ortografiche
riconoscimento del significato di
B3 lessico
un’espressione in contesto
B4 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni esplicite
B5 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni implicite
riconoscimento del significato di
B6 lessico
parole in contesto
riconoscimento del punto di vista
B7 comprensione particolare del testo
di un personaggio
individuazione delle caratteristiche
B8 comprensione globale
di un personaggio
B9 comprensione particolare del testo individuazione di informazioni nel testo
riconoscimento della funzione dei
B10 logica e semantica
connettivi logici
individuazione del tema del testo
B11 comprensione globale
tramite inferenze
riconoscimento delle parti del discorso:
B12 morfosintassi
alterazione dei nomi
B13 ortografia completamento di frase
B14 comprensione globale individuazione del messaggio del testo
B15 comprensione globale riconoscimento dell’intenzione comunicativa
La valutazione | 339 |
Dalla rilevazione si evince che gli ambiti nei quali gli alunni della scuola primaria
hanno dimostrato di incorrere più facilmente in errore, e di conseguenza sembrano
pesare maggiormente alcuni distrattori, sono:
a. l’ambito morfo-sintattico, con particolare attenzione al riconoscimento delle
forme verbali, dei connettivi logici, del significato lessicale in contesto, dell’ana-
fora pronominale;
b. l’ambito della comprensione globale del testo, dove la difficoltà sembra accen-
tuata, con particolare attenzione al riconoscimento del tema di fondo e del punto
di vista dell’autore;
Di contro, l’ambito nel quale gli alunni della scuola primaria hanno dimostrato un
miglioramento rispetto alla rilevazione a.s. 2004-2005 è la comprensione particolare
del testo, con maggiore attenzione al riconoscimento di un’informazione esplicita.
Sarà anche da notare che la maggiore difficoltà incontrata dagli alunni di fronte agli
item di comprensione globale del testo è risultata in linea con le difficoltà incontrate dai
quindicenni nell’indagine internazionale OCSE-PISA di fronte alle domande aperte a
risposta articolata. Mentre infatti negli item relativi alla comprensione locale/particola-
re l’alunno è in qualche modo guidato a ricercare la risposta nel testo con riferimenti
più o meno espliciti, in quelli relativi alla comprensione globale l’alunno deve fare
un’operazione più vicina all’interpretazione del testo con tutte le possibili relazioni
legate alla sua struttura generale. Ciò implica un coinvolgimento e un’attenzione mag-
giore nella lettura che porta anche ad una competenza di valutazione sia di contenuto
che di forma.
L’approccio al testo, nonostante la differenza di età anagrafica, sembra poter offrire
un interessante spunto per l’individuazione di una linea di tendenza. In particolare,
nella comparazione tra i dati della rilevazione delle scuole con lingua di minoranza e
quelli provinciali e regionali dell’a.s. 2004-2005 emerge che tra le 14 scuole primarie
c’è stata una maggioranza di risultati migliori, pur escludendo una scuola i cui dati sem-
brano poco attendibili per una eccessiva omogeneità di risposte positive. Tra le scuole
secondarie di primo grado i risultati sembrano sostanzialmente in linea con la rilevazio-
ne di riferimento.
| 340 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
CLASSE I SECONDARIA PRIMO GRADO 2008-9
MAPPATURA DEGLI ITEM – TESTO ESPOSITIVO
“UN PO’ DI STORIA DEL SISTEMA DI NUMERAZIONE”
ITEM Tipologia degli ITEM Sottocompetenza
A1 comprensione particolare del testo riconoscimento dell’intenzione comunicativa
A2 comprensione globale riconoscimento della sequenza delle informazioni
A3 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni esplicite
A4 morfologia sintassi semantica riconoscimento della funzione ipotetica del verbo
A5 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni esplicite
A6 comprensione particolare del testo riconoscimento delle forme verbali
A7 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni esplicite
A8 comprensione particolare del testo individuazione di informazioni esplicite
A9 comprensione particolare del testo individuazione di informazioni esplicite
riconoscimento del significato di
A10 lessico
un termine in contesto
A11 comprensione particolare del testo individuazione di informazioni esplicite
A12 morfologia sintassi semantica riconoscimento delle forme verbali
A13 morfologia sintassi semantica riconoscimento della forma implicita del verbo
A14 comprensione globale riconoscimento del tema del testo
individuazione del significato di
A15 lessico
espressione in contesto
A16 morfologia sintassi semantica riconoscimento del soggetto della frase
La valutazione | 341 |
CLASSE I SECONDARIA PRIMO GRADO 2008-9
MAPPATURA DEGLI ITEM – TESTO NARRATIVO
“IL CORVO E LA VOLPE
ITEM Tipologia degli ITEM Sottocompetenza
B1 comprensione globale individuazione dell’idea di fondo
B2 comprensione particolare del testo riconoscimento di informazioni implicite
riconoscimento dello svolgimento temporale
B3 comprensione globale
del racconto
B4 comprensione globale interpretazione del testo
B5 comprensione globale riconoscimento del ruolo dei personaggi
riconoscimento del significato di parole
B6 lessico
in contesto
B7 comprensione particolare del testo formulazione di una semplice inferenza
riconoscimento della funzione dei
B8 morfologia sintassi semantica
connettivi logici
riconoscimento del significato di parole
B9 lessico
in contesto
B10 morfologia sintassi semantica individuazione dei riferimenti pronominali
B11 morfologia sintassi semantica riconoscimento delle forme verbali
riconoscimento del significato di parole
B12 lessico
in contesto
B13 morfologia sintassi semantica riconoscimento delle forme verbali
riconoscimento del significato di parole
B14 lessico
in contesto
Anche per la secondaria gli ambiti nei quali gli alunni hanno dimostrato di incorre-
re più facilmente in errore sono quello lessicale, in particolare relativo al riconoscimen-
to del significato in contesto, e l’ambito morfo-sintattico, con particolare riguardo al
riconoscimento delle forme verbali. Si rileva invece un certo miglioramento nell’ambi-
to della comprensione globale del testo, in particolare nel riconoscimento dell’idea di
fondo.
| 342 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Vediamo ora le comparazioni a livello provinciale, dove in particolare, nella compa-
razione tra i dati della rilevazione delle scuole con lingua di minoranza e quelli provin-
ciali e regionali dell’a.s. 2004-2005, emerge che tra le 14 scuole primarie c’è stata una
maggioranza di risultati migliori, pur escludendo la scuola i cui dati sembrano poco
attendibili per una eccessiva omogeneità di risposte positive. A titolo esemplificativo si
riportano gli esiti comparati di una scuola primaria (prendendo in considerazione le
voci di «media aritmetica e di deviazione standard») dove si rileva facilmente il risul-
tato migliore:
Scuola primaria Italia Provincia Regione
2008-9 (2004-05) (2004-05) (2004-05)
Percentuale Percentuale Percentuale Percentuale
risposte corrette risposte corrette risposte corrette risposte corrette
Media
68,2 65,0 65,4 63,9
Aritmetica
Deviazione
11,2 19,5 18,1 18,0
standard
Tabella 68: comparazione esemplificativa (primaria)
Tra le scuole secondarie di primo grado i risultati sembrano sostanzialmente in linea
con la rilevazione di riferimento. Ecco un alto esempio, per la secondaria di primo
grado:
Scuola secondaria Italia Provincia Regione
I grado 2008-9 (2004-05) (2004-05) (2004-05)
Percentuale Percentuale Percentuale Percentuale
risposte corrette risposte corrette risposte corrette risposte corrette
Media
60,0 58,1 53,5 53,1
Aritmetica
Deviazione
16,4 18,6 18,4 18,3
standard
Tabella 69: comparazione esemplificativa (secondaria di I grado)
La valutazione | 343 |
Laddove, invece, è evidente un esito peggiore rispetto alla precedente rilevazione, il
confronto tra i dati medi delle singole scuole e quelli delle province di appartenenza
mostra talvolta differenze percentuali che a una prima lettura possono sembrare signi-
ficative ma che, in realtà, visti i numeri così esigui della popolazione testata, corrispon-
dono al massimo a 2 o 3 studenti.
Analisi comparata delle risposte omesse. Primaria
Nel confronto tra la percentuale di risposte omesse nel testo espositivo e in quello
narrativo, oggetto di prova nell’a.s. 2004-2005, si rileva un esito peggiore sul testo nar-
rativo, contrariamente alle aspettative, in quanto di solito ritenuto in genere più facile per
gli alunni. Probabilmente ciò è da ascrivere al fatto che il testo narrativo presenta una
componente letteraria più elevata sia a livello contenutistico sia a livello formale (è un
romanzo d’autore). Il testo espositivo si presenta infatti più descrittivo e quindi di più
facile comprensione in quanto consente all’alunno di cogliere più facilmente il signifi-
cato globale e di individuare le connessioni logiche facendo ricorso a minori inferenze.
a.s. 2004-2005 – classe IV primaria – testo espositivo
comprensione comprensione organizzazione
lessico morfosintassi ortografia
particolare globale logica
n. item 4 3 2 2 2 2
% omesse 1,23 2,03 1,83 1,18 1,33 0,99
Tabella 70: omessi sul testo espositivo
a.s. 2004-2005 – classe IV primaria – testo narrativo
comprensione comprensione organizzazione
lessico morfosintassi ortografia
particolare globale logica
n. item 5 4 2 1 1 2
% omesse 2,91 6,02 2,49 12,17 4,78 3,94
Tabella 71: omessi sul testo narrativo
| 344 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Analisi comparata delle risposte omesse. Secondaria di I grado
Anche nella prova degli alunni della scuola secondaria di primo grado si osserva la
stessa rilevazione: il testo narrativo risulta più difficile per la comprensione della let-
tura, nonostante la tipologia di testo (è la favola «Il corvo e la volpe») e quindi la pre-
sunta maggiore familiarità per gli alunni. Una possibile spiegazione si può trovare nel
maggior numero di item riferiti alla comprensione globale, unito ad una formulazione
più complessa sia delle domande sia dei distrattori. Da rilevare, inoltre, la difficoltà
incontrata dagli alunni nel riconoscimento delle forme verbali e nell’individuazione di
alcuni termini lessicali che avrebbero richiesto una riflessione sul significato conte-
stualizzato.
a.s. 2004-2005 – classe 1^ sec. I grado – testo espositivo
comprensione comprensione
lessico morfosintassi
particolare globale
n. item 7 2 2 5
% omesse 1,27 1,09 1,19 1,88
Tabella 72: omessi sul testo espositivo
a.s. 2004-2005 – classe 1^ sec. I grado – testo narrativo
comprensione comprensione
lessico morfosintassi
particolare globale
n. item 2 4 3 5
% omesse 2 2,48 3,29 3,73
Tabella 73: omessi sul testo narativo
La valutazione | 345 |
Come si vede dalla tabella di sintesi (per il dettaglio si fa riferimento ai dati di
comparazione inseriti nel report di analisi statistica), la percentuale delle risposte
omesse, molto evidente nella rilevazione dell’a.s. 2004-2005, risulta irrilevante in
quella attuale.
Esito risposte omesse in rilevazione 2008-2009
IV classe Scuola Primaria
Percentuale
Totale risposte 4755 Rapporto
totale omesse
Risposte omesse 88 0,018507 1,85
Tabella 74: sintesi omessi (primaria)
Esito risposte omesse in rilevazione 2008-2009
I classe Scuola Secondaria primo grado
Percentuale
Totale risposte 7672 Rapporto
totale omesse
Risposte omesse 227 0,029573 2,96
Tabella 75: sintesi omessi (secondaria)
Se poi si osserva la seguente tabella, in cui le scuole sono indicate con la notazione
a lettere e cifre vista sopra, si vede come, tranne che in una scuola, gli alunni hanno
risposto a quasi tutti gli item con picchi del 100%.
| 346 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
SCUOLE PER PROVINCIA N. OMESSE/SCUOLA
A 61
A 1
A 4
B 3
B 2
B 5
F 1
F 0
C 5
D 0
E 3
G 1
H 2
Tabella 76: omessi per scuola (primaria)
Ora la secondaria:
SCUOLE PER PROVINCIA N. OMESSE/SCUOLA
A 3
A 1
A 1
H 2
H 5
H 113
G 9
G 21
B 0
C 14
D 17
E 1
F 0
I 40
Tabella 77: omessi per scuola (secondaria)
La valutazione | 347 |
Anche in questo caso i numeri assoluti non devono trarre in inganno, dato che nel
complesso si può arrivare alle stesse conclusioni di cui sopra. In generale si può ipotiz-
zare che l’uso ormai sempre più diffuso di questa tipologia di prove abbia indotto gli
alunni a ragionare di più sul testo dell’item ricercando la risposta più probabile assu-
mendo, quindi, un atteggiamento più consapevole e responsabile.
Matematica e scienze.
Le prove sono state somministrate in un periodo dell’anno scolastico notoriamente
difficile per le scuole primarie, già impegnate nel SNV (le prove annuali del Servizio
Nazionale di Valutazione) e nelle attività di fine anno scolastico. Per questo motivo si
è scelto di elaborare le prove in modo che potessero essere somministrate in due soli
giorni: un giorno per la prova d’italiano e un giorno per le prove di matematica e di
scienze. Per poter confrontare gli esiti della somministrazione nelle scuole oggetto
dello studio con quelli a livello nazionale, le prove sono state elaborate a partire da
quelle del SNV.
Esaminati i testi delle prove di Matematica e Scienze somministrate, negli anni a
partire dal 2001/2002, dal SNV:
• non si sono evidenziate motivazioni che facessero preferire una prova rispetto ad
un’altra né per le dimensioni né per la difficoltà della stessa o per la significati-
vità dei quesiti;
• tutte le prove erano troppo lunghe per poter essere somministrate nella stessa
giornata.
Si sono prese allora le seguenti decisioni:
• poiché l’esame delle prove d’italiano ha dato chiare indicazioni per scegliere le
prove dell’anno 2004-2005, si sono scelte anche per matematica e scienze le
prove dello stesso anno perché fosse più significativo il confronto con i dati di
riferimento;
• le prove elaborate sono state quindi composte da quesiti delle prove SNV 2004-
2005 scelti secondo i seguenti criteri:
a. la numerosità dei quesiti ridotta rispetto alla prova nazionale per consentire la
somministrazione delle due prove, matematica e scienze, nello stesso giorno;
b. l’eliminazione dei quesiti considerati meno significativi dal punto di vista
scientifico o ambigui nella formulazione della domanda e/o delle risposte o
contenenti termini considerati difficili (vedi tabelle allegate);
c. la garanzia che la mappa dei quesiti selezionati permetta, seppure a grandi
linee, un confronto con gli esiti di riferimento; con attenzione non solo alla
tipologia di item, ma anche ai dati sugli esiti del singolo quesito nella sommi-
nistrazione del SNV e quindi della percentuale di risposte corrette, dell’indi-
ce di discriminazione e del punto biseriale;
| 348 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
d. la modifica dell’ordine dei quesiti in modo da facilitare l’attenzione e la con-
centrazione degli studenti; in particolare la scelta fatta per le prove di scienze
è stata quella di tenere quanto più possibile insieme item dello stesso ambito
(in pochissimi casi sono stati riclassificati in ambiti diversi alcuni quesiti);
e. l’inizio della prova con i quesiti più complessi e termine con quelli meno
impegnativi.
Dalla lettura dei dati si evince principalmente che:
1. I risultati ottenuti sono simili per Matematica e Scienze: peggiori rispetto alla
precedente rilevazione nella scuola primaria e migliori nella secondaria di primo
grado, considerati i dati nazionali.
2. Si osserva, sia in Scienze sia in Matematica, un incremento di risposte positive
in ambiti che riguardano pratiche meno diffuse nelle scuole (es. uso degli isto-
grammi) e questo potrebbe significare che le scuole dopo le prove INVALSI
abbiano introdotto cambiamenti nelle modalità didattiche.
3. Per quanto riguarda i risultati di scienze nella scuola primaria, si può osservare
una certa dispersione dei risultati tra le varie scuole non solo negli item con risul-
tati negativi ma un po’ dappertutto, come peraltro era facile aspettarsi date le con-
dizioni delle comunità in cui è stata somministrata la prova.
4. Se si esaminano i dati per le Scienze per la scuola primaria con riferimento provin-
ciali, l’andamento è migliore. Ad esempio ci sono casi con differenza nettamente
positiva (+ 17% o 10%). In un caso c’è un picco di negatività (-18%) ma qui il dato
non è confrontabile trattandosi di classe che ha partecipato con 3 alunni.
5. Per Matematica, tra gli item della scuola secondaria, quelli che hanno ottenuto
una percentuale media di risposte esatte significativamente diversa da quella cor-
rispondente del 2004-2005, sono:
- Item n. 10 - somma di numeri decimali - con un peggioramento di circa il
10%.
- Item n. 7 - passaggio dalla scrittura in lettere a quella in cifre di numero inte-
ro -migliorato di circa il 10%.
- Item n. 12 – assi di simmetria di quadrilateri – migliorato di circa il 16%.
- Item n. 15 – lettura di un istogramma – migliorato di circa il 16%.
- Item n. 20, migliorato di circa il 16%.
Pur nella difficile interpretazione si possono però fare alcune osservazioni:
• i risultati degli item di matematica, soprattutto della scuola primaria, presentano
una notevole dispersione sia tra item e item nei risultati globali delle scuole, sia
tra scuola e scuola relativamente allo stesso item, sia ancora nella stessa scuola
tra item e item con differenze che non sono né omogenee né concordi con quel-
le delle altre scuole e quindi non sono collegabili ad una eventuale differenza di
difficoltà degli item stessi;
La valutazione | 349 |
• il confronto tra i dati medi delle singole scuole e quelli delle province di appar-
tenenza mostra talvolta differenze percentuali che a una prima lettura possono
sembrare assai significative: ci sono variazioni anche del 10%, 15% o addirittu-
ra del 19% in positivo o in negativo, che però, visti i numeri così esigui della
popolazione testata, a conti fatti corrispondono al più a 2 o 3 studenti. Non sono
quindi variazioni così significative e possono essere del tutto casuali;
• analogamente la stessa cautela va usata nel confrontare le percentuali di risposte
esatte item per item di queste prove con quelle di riferimento: differenze di poche
unità percentuali non hanno quindi alcun significato.
6.5 Nota conclusiva
Come è ormai ampiamente noto, si è ritenuto di comparare i risultati delle singole
Scuole oggetto della ricerca con quelli generali delle Province di cui le Scuole fanno
parte. Questa è anche l’unica opzione che ci possa dare qualche indicazione comparativa,
dal momento che una comparazione tra i dati delle singole scuole e quelli nazionali sareb-
be risultata assolutamente vaga, vista la grande variazione nei risultati da Regione a
Regione, confermata da tutti i rapporti INVALSI degli anni scorsi. Ma anche una compa-
razione tra minoranze sarebbe stata fuorviante: al fattore lingua, in questo caso, si sareb-
bero aggiunti e mescolati fattori demografici ben più significativi come la localizzazione
urbana o rurale della Scuola o quella geografica nel nord o nel sud del Paese, senza che
questi potessero essere individuati e valutati. I dati per Provincia sono invece sicuramen-
te più comparabili, anche se pur sempre parzialmente influenzati dalla variabile ‘colloca-
zione urbana/rurale’, che tuttavia nella maggioranza dei nostri casi si limita a capoluoghi
di provincia versus località rurali o di montagna, ed esclude in ogni caso le grandi aree
urbane nelle Province, le Scuole delle quali non sono state sottoposte a prova.
In conclusione è necessario far cenno ad un dato estremamente generale, che possia-
mo ricavare dalla lettura dei dati: le scuole intervistate per questa inchiesta non hanno
sostanzialmente scostamenti significativi nella correttezza delle prove rispetto a quello
provinciali del 2004; se differenze ci sono, sono piuttosto verso il basso – ma non va
dimenticato che i dati del 2004 di alcune regioni sono probabilmente sovrastimati.
L’interpretazione di questo dato di fatto, ci pare, deve procedere da questo punto fermo:
è probabile che i risultati siano grosso modo coincidenti perché gli studenti delle scuole
di minoranza, nel loro complesso e fatte salve ovviamente singole eccezioni, non sono, in
sostanza, più esposti al plurilinguismo in contesto scolastico rispetto a coloro che abitano
in realtà simili non considerate di minoranza. E questo è di per sé un risultato degno, cre-
diamo, della massima considerazione operativa. Nella fase attuale dell’applicazione della
legge 482/99, il rapporto fra l’individuo di una comunità di minoranza e la sua LM è, pro-
prio sul piano scolastico, da collocarsi principalmente altrove, nello sviluppo dell’atten-
zione identitaria, nella ricerca e considerazione delle proprie radici culturali e societarie.
| 351 |
Capitolo settimo
Conclusioni
Trovare linee comuni nell’apparente grande diversità in cui si trovano le situazioni
di minoranza nell’Italia attuale è sempre stato uno dei Leitmotiv della presente ricerca;
è forse dunque utile richiamare qui brevemente i criteri che ci hanno guidato nell’ac-
corpare e nel classificare le diverse realtà.
1. Anzitutto, dal punto di vista sociolinguistico, praticamente tutte le LM da noi
approfondite si trovano nella condizione di essere dialetto: ossia, nella situazio-
ne di essere percepite come tali, al di là dei nomi che vengono utilizzati per indi-
carle, dagli stessi membri della comunità parlante. Dialetto in questo caso signi-
fica codice intrinsecamente subordinato ad un altro sul territorio, adatto – sem-
pre al di là delle affermazioni di principio – semmai alla conversazione ordina-
ria e probabilmente in lenta decadenza. Tuttavia alcuni di questi «dialetti» trova-
no poi un tetto in lingue nazionali esterne al territorio della Repubblica (france-
se, tedesco, sloveno, croato, catalano, albanese ed eventualmente greco) o in
standard relativamente più forti rispetto alle varietà immediatamente territoriali
(in questa condizione si trova il solo ladino); di contro, l’occitano, il sardo e il
friulano dispongono sì di uno standard ufficiale, ma questo ha poca presa sull’at-
tività reale delle Scuole e dell’Amministrazione Pubblica – il francoprovenzale
poi ne è praticamente privo. A questo paradigma dialettale si sottraggono solo il
francese dei comuni valdesi del Piemonte e lo sloveno dei comuni della Venezia
Giulia e nell’accezione didattica data dalla scuola di San Pietro 2.
Inoltre, proprio l’analisi dei progetti e dei materiali didattici permette di mettere
a fuoco un altro parametro di distinzione: più il focus è su canti e cultura popo-
lare, più è probabile che il codice LM sia percepito, visto (e in certo senso desi-
derato) come dialetto
2. È opportuno distinguere LM regionali da LM locali: nel primo caso, che com-
prende essenzialmente sardo e friulano, abbiamo a che fare con «dialetti locali»
della LM, il che, come è facile comprendere e come è emerso dalla trattazione
precedente, influenza tutta la percezione della lingua e del suo insegnamento;
queste sono considerate come semplici varianti nel caso del friulano – in
| 352 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Sardegna la situazione è più complessa perché da un lato c’è chi nega addirittu-
ra unità al sardo e dall’altro però domina spesso negli insegnanti e nei genitori
un’idea puristica di «dialetto sbagliato». Le LM locali, d’altro canto, si trovano
spesso nella condizione di «isole» alloglotte all’interno di contesi romanzi diver-
si: in questo caso hanno dei competitori diretti per il polo basso della diglossia
appunto nei dialetti romanzi locali (è emblematica in questo caso la posizione
dell’arbëresh di Santa Sofia d’Epiro, assediato dal calabrese).
3. Un’altra distinzione interessante è tra lingue «territoriali» e lingue «personali»:
nel primo caso il territorio entra a essere parte dell’identità, talora allo stesso
livello gerarchico della lingua (è per esempio inconcepibile un patoisant valdo-
stano che parli italiano, ma è perfettamente possibile sentirsi sardi senza parlare
il sardo). Le lingue «personali» sono tipiche delle comunità più frammentate e
che condividono il territorio con altre e che quindi lo sentono come meno esclu-
sivamente proprio; in questi casi elementi fondamentali diventano spesso la sto-
ria o la letteratura: si pensi per esempio al mito di Skanderbeg per gli albanesi
d’Italia o a Mistral per gli occitani.
4. Specificamente linguistica è poi la differenziazione tra repertori di LM diglottici
o dilalici: nel primo caso la lingua è ancora stabilmente parlata nei contesti infor-
mali e non c’è competizione in questo senso con l’italiano, nel secondo caso è
ampiamente possibile, all’interno stesso della comunità, esprimersi in italiano
anche nelle situazioni meno linguisticamente sorvegliate.
5. Un ulteriore parametro distintivo, che si riconosce in particolare dall’analisi dei
progetti e dalla considerazione, ancorché parziale, dei materiali didattici, è quel-
lo fra comunità la cui classe intellettuale e docente è un qualche modo struttura-
ta (o coordinata) e comunità in cui questo non avviene: nel primo caso abbiamo
più probabilmente proposte di reti fra scuole, proposta più abbondante di proget-
ti specificamente linguistici, con impiego di personale interno e produzione di
materiali didattici duraturi (questi ultimi possono addirittura esser etero prodotti
(da agenzie esterne quali Province, Regioni o coordinamenti diversi); caratteri-
stiche queste che si ritrovano in minor misura nelle comunità la cui classe intel-
lettuale è più frammentata localmente.
I cinque parametri possono naturalmente incrociarsi per descrivere un’ampia casi-
stica di situazioni, che vanno dalla lingua di piccola minoranza e di uso esclusivamen-
te locale, minacciata nella sua stessa funzione di codice della conversazione ordinaria
da varietà in concorrenza e i cui parlanti si riducono in maniera molto netta di genera-
zione in generazione, alla grande lingua di cultura internazionale presente come varie-
tà ufficiale e amministrativa sul territorio. In particolare le operazioni di tutela messe in
atto dalle comunità e che possono essere alle comunità suggerite devono tenere conto
di questa molteplice differenziazione: per far solo un esempio, le comunità diglottiche
possono supportare un uso veicolare della lingua nella scuola molto più ampio e più
Conclusioni | 353 |
duraturo (ancorché, come si è visto e si vedrà, limitato alle scuole primarie e talvolta
conflittuale con gli standard scritti regionali); quelle dilaliche sembrano invece neces-
sitare spesso di lezioni formali di lingua.
E con questo entriamo nella considerazione della diversità delle strategie di tutela
messe in atto dalle diverse comunità.
1. Una prima distinzione fondamentale, prevista già dalle schede di valutazione dei
progetti ed effettivamente presente sul territorio, è quelle tra strategie di insegna-
mento formali e strategie di insegnamento veicolari. Come si ricorderà tuttavia e
come si evince dalla considerazione dei progetti, tra questi due poli estremi esi-
ste tutta una serie di pratiche concrete di insegnamento che sfumano per così dire
una tale dicotomia; mentre infatti approcci strettamente veicolari sono possibili
soltanto in quelle realtà in cui la lingua è parlata correntemente dall’intera comu-
nità (e in effetti questa situazione si dà – tra i punti da noi approfonditi – soltan-
to a Paluzza), è piuttosto comune la situazione in cui una forma di LM sia utiliz-
zata a lezione, talora in contesti di code switching o con competenza sbilanciata
tra insegnante e allievi. Queste pratiche permettono approcci all’insegnamento
della LM che partono in qualche modo dal basso.
E in effetti, in più di un caso, quando la LM è forte sul territorio e non si teme
una sua sostituzione con un altro codice in tempi brevi, e contemporaneamente
la società non è ancora pronta per un’introduzione esplicita della LM come lin-
gua ufficiale dell’amministrazione, si possono favorire progetti e pratiche espli-
citamente volti a incrementare la competenza orale del codice come lingua
bassa, normale, colloquiale, in modo da rafforzare la diglossia prima di tentare
di superarla147.
2. Ci sono in effetti «entrate diverse» alla questione della rivitalizzazione della lin-
gua: alcune comunità preferiscono partire dal polo basso della diglossia, ossia dal
parlato quotidiano, dalla forma più schiettamente locale, altre invece prediligono
il polo alto, la lingua standard, la letteratura. Scelgono in genere l’entrata dal
polo basso gli insegnanti delle scuole site in comunità in cui la LM è ancora
sociolinguisticamente piuttosto forte: ciò spesso ha lo scopo di evitare possibili
collisioni tra le competenze ancora attive dei ragazzi o comunque tra l’idea della
lingua locale e identitaria che possono avere i ragazzi e un eventuale standard
esterno, sia esso poco conosciuto linguisticamente sia esso poco accettato dal
punto di vista identitario. Il timore qui è che la norma dello standard collida con
la norma del territorio indebolendola e provocando contrasti identitari.
Di contro sembrano preferire un approccio dall’alto le comunità in cui la LM è
piuttosto debole, intendendo con questo o una varietà poco parlata sul territorio
o una varietà che non gode di un sufficiente prestigio presso la comunità. In que-
sti casi c’è spesso la speranza che l’aumento di prestigio della LM dato dalla sua
presenza a scuola aiuti «a cascata» anche il rafforzamento della lingua parlata: le
147
Cfr. Fishman 1991, Dell’Aquila-Iannàccaro 2004.
| 354 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
comunità non saldissime nella LM hanno bisogno, molto più delle altre, di una
norma e la scuola è percepita chiaramente come il luogo deputato a costituire
questa norma.
Entrambi gli approcci presentano qualche punto problematico: in particolare
basterà accennare alla necessità per coloro partono dal polo basso di introdurre
prima o poi nozioni e comportamenti linguistici tipicamente alti, in modo da
radicare (se è questo ritenuto necessario) l’idea della LM come lingua; di contro,
un approccio esclusivamente dall’alto rischia di lasciare completamente cadere
la varietà locale e il suo legame con il territorio, eventualmente sostituendola con
una variante colloquiale della standard alto.
Vediamo ora una tabella riassuntiva, che riprenda e confronti l’incrocio dei parame-
tri visti sopra: quella che emerge non è già una sorta di «fotografia» delle situazioni di
minoranza in Italia, bensì una griglia attraverso la quale analizzare e localizzare le con-
siderazioni che verranno avanzate nel seguito di questo capitolo.
Sociolinguistici scolastici
1 2 3 4 5 6
Dach Dachlos regionale locale territoriale personale diglossia dilalia veicolare formale H L
FPR
(X) X X X X X X
AO
FRA Ø Ø Ø Ø x Ø Ø x x
OCC x x x x x x
OCC
x x x x x x
CAL
WLS x x x x x
GERM
x x x x x x
TN
GERM
VEN x x x x x x
FVG
LAD
x x x x x x x
TN
LAD
x (x) x x x x
BL
FUR x x x x x x
SLN
x x x x x x x x
UD
SLN
x x x x x x x
VG
SRD x x x x x x
CAT x x x x x x
Conclusioni | 355 |
HRV x x x x x x x
ARB x x x x x x
GRC (x) x x x x x
Tabella 78: Parametri sociolinguistici e scolastici
La situazione, solo apparentemente molto eterogenea, può essere analizzata anche
solo con la discussione della tabella; è tuttavia più interessante proporre una classifica-
zione delle situazioni di minoranza tramite metodologie statistiche quali la cluster ana-
lysis, per la quale le unità sono messe in relazione le une con le altre secondo la distan-
za fra ognuna e le altre per ognuna delle variabili prese in considerazione. L’analisi
restituisce grafici ad albero che mostrano la gerarchia degli accorpamenti fra le unità:
più il nodo di congiunzione fra diversi rami è sulla destra del nostro grafico, più i grup-
pi delineati da questo nodo sono distanti; il grado di precisione della classificazione è,
ovviamente, proporzionale al movimento da destra verso sinistra148.
Grafico 33: Classificazione ad albero 149
148
Perciò, al variare dei metodi matematici di valutazione della distanza e di quelli di aggregazione delle
unità discrete, grafici possono riportar variazioni sugli accorpamenti a sinistra, ma non a destra. Nel nostro
caso mostriamo un grafico esplicativo di sei sperimentali, che al variare del metodo di calcolo hanno resti-
tuito sempre la stessa struttura.
149
Legenda della tabella e del dendrogramma: Dach = codice con lingua tetto; Dachlos = codice senza lingua
tetto; ARB = arbëresh; CAT = catalano; DEU = tedesco standard (Hochdeutsch); FPR = francoprovenzale;
| 356 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Cominciamo dunque ad analizzare il grafico partendo da destra, e vediamo subito
che la situazione del francese è quella che più diverge da tute le altre: come abbiamo
già considerato, si tratta in pratica di una semplice L2 di registro alto normalmente inse-
gnata nelle scuola italiane, e che nelle comunità di minoranza assume anche, eventual-
mente, un valore identitario. Dopo di questo troviamo la divisione fra le «lingue regio-
nali» e gli altri tipi di minoranza: si badi che il ladino bellunese rientra in questa cate-
goria perché lo abbiamo definito non distintivamente diverso dai dialetti veneti alpini
circostanti; a sua volta questo cluster è divisibile in due lingue regionali sociolinguisti-
camente deboli, e cioè sardo e francoprovenzale della Valle d’Aosta, e due più forti,
quella friulana e quella ladina bellunese.
Risalendo il grafico incontriamo poi ladino trentino e occitano, debolmente correla-
ti, e non a caso in questa regione del grafico: hanno la caratteristica di essere comunità
non isolate ma al contempo non compiutamente regionali; in altri termini, sono omo-
genee al loro interno su un territorio relativamente ridotto e privo di compresenze di
altre comunità. La loro distinzione sta nell’avere l’una (il ladino) un’educazione lingui-
stica dichiaratamente formale e puntante al livello alto – ancorché autoreferenziale e
basata su una forte presenza sul territorio, mentre l’altra, più debole, dispone di meto-
di educativi fondamentalmente eteroreferenziali.
Evidentemente meno netti i cluster successivi, verso l’alto del grafico: si può però
agevolmente distinguere un gruppo sloveno, caratterizzato da una lingua standard ester-
na e da un rapporto diglottico/dilalico con i dialetti di tale lingua, un germanico trenti-
no isolato ma istituzionalmente protetto dalla Provincia, e una serie di isole linguisti-
che: potrà sembrare curioso che walser e occitano di Calabria siano vicini, ma tale, se
si riflette, è la loro situazione scolastica e sociolinguistica. L’ultimo gruppo in alto
riflette la situazione delle isole linguistiche in territorio alloglotto.
È a questo proposito utile confrontare questo grafico con i risultati di un’analisi già
accennata in sede di analisi dei progetti, quella che distingueva fra focus diversi nei loro
propositi (grafico 33): emerge così che il grande peso che le comunità di lingua franco-
provenzale, grica e le varie isole germanofone accordano all’insegnamento (formale)
della lingua è probabilmente dovuto alla minore sicurezza che caratterizza il rapporto fra
lingua – eventualmente standard – e popolazione, combinato tuttavia con al volontà di
basare proprio sulla lingua la propria alterità rispetto ai vicini; laddove altre comunità
pure confrontate con simili problemi di trasmissione (tipicamente, per esempio, quella
occitana) possono ritenere ormai compromessa la possibilità di richiamare all’uso lingui-
stico effettivo, e puntano pertanto sui tratti culturali e eventualmente storici.
È poi notevole, e deriva anche dalle considerazioni testé avanzate, un’altra distin-
zione, che in teoria potrebbe essere soggiacente e precedente a tutte queste che abbia-
mo introdotto, ma che nella pratica non ha una rilevanza preponderante ai nostri fini: le
comunità potrebbero considerare la LM come fine, ossia ritenere che la perfetta sua
FRA = francese; FUR = friulano; GERM = germanico; GRC = greco; HRV = croato; LAD = ladino; OCC
= occitano; SLN = sloveno; SRD = sardo; WLS = germanico (walser); CAL = Calabria; FVG = Friuli
Venezia Giulia; PIE = Piemonte; PUG = Puglia; VG = Venezia Giulia.
Conclusioni | 357 |
padronanza – o almeno un livello accettabile di competenza – sia un risultato da rag-
giungere, oppure come mezzo, utilizzandola di fatto come modo normale di comunica-
zione attraverso il quale proporre contenuti culturali e identitari propri della minoran-
za. Non ne parliamo estesamente, nonostante il suo indubbio interesse teorico, perché,
ci pare, nessuna delle comunità scolastiche indagate dalla presente ricerca (eccezioni
potrebbero essere la comunità germanica dell’Alto Adige e quella slovena delle
Province di Trieste e Gorizia) utilizzi la LM come mero mezzo di comunicazione, senza
attribuire agli aspetti specificamente grammaticali un’importanza o un interesse parti-
colare; segno della più o meno insufficiente competenza linguistica soprattutto degli
studenti, ma in più di un caso anche di insegnanti e genitori.
Al di là tuttavia delle differenze tra le minoranze, ovvie, e dei loro possibili raggrup-
pamenti in serie omogenee, meno scontati, è importante rilevare una marcata continui-
tà di temi di fondo che percorre tutto il vissuto sociale e soprattutto scolastico relativo
alla LM. Vale la pena di partire proprio dalle caratteristiche della legge 482/99, perce-
pita dagli operatori come intrinsecamente legata all’autonomia scolastica, anzi stru-
mento di questa autonomia. Questa situazione ha senza dubbio come portato almeno
una caratteristica positiva, molto rilevante: il fatto che, proprio perché la legge prevede
il coinvolgimento in prima persona delle scuole sul territorio, la sua applicazione ha
permesso un adattamento molto sottile alle realtà locali, davvero mimetico rispetto al
territorio. Le soluzioni che sono di volta in volta trovate dalle singole scuole e dalle sin-
gole comunità sono sempre, riteniamo, una sorta di compromesso – talora molto buono
– tra le esigenze di valorizzazione della LM e le condizioni della società nella quale gli
operatori lavorano. Si pensi per esempio al netto decremento di progetti proposti rela-
tivi alla salvaguardia specificamente della lingua avvenuto tra il 2004 e il 2008: tra le
spiegazioni accennate vi era quella di una partenza forse troppo avanzata rispetto alle
condizioni di «approfondimento linguistico» della minoranza, seguita da un ripensa-
mento più in sintonia con le esigenze del territorio.
Ma qui sta anche un elemento di debolezza abbastanza spiccato: proprio il fatto che
il livello decisionale è posto dalla legge piuttosto in basso (i progetti li propongono,
quando non sono in rete, i Dirigenti scolastici al livello più alto, o i responsabili per le
lingue delle singole scuole, o i singoli insegnanti) diminuisce notevolmente l’autore-
volezza e la presa sulla comunità dei progetti stessi. I genitori e la società percepisco-
no molto nettamente questa sorta di dispersione territoriale, organizzativa e tempora-
le dei progetti (la scuola X fa a e contemporaneamente, presso la stessa minoranza e
in condizioni estremamente simili, la scuola Y fa b) e ciò va a deciso detrimento del
prestigio dei progetti stessi. In altre parole, altro è un curriculum scolastico deciso da
un’agenzia centrale come poteva essere quello concepito dal Ministero e diffuso da un
vecchio Provveditorato, altro è l’ora di croato organizzata secondo le modalità e le
idiosincrasie del singolo insegnante che in quel momento si trova a essere in quella
scuola.
| 358 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
Questo porta ad una situazione abbastanza curiosa, ma diremmo generalizzata,
secondo cui paradossalmente gli insegnanti sono in un certo senso nelle mani dei geni-
tori, ossia della comunità adulta che fa riferimento alla scuola. È al gradimento in ulti-
ma analisi dei genitori che si guarda spesso quando si decide di lanciare un progetto:
una loro eventuale passività, o peggio ostilità, si ripercuoterebbe in maniera molto sec-
cante se non dannosa sui rapporti tra la scuola il suo territorio, e in ultima analisi sul-
l’organizzazione della scuola stessa. Da qui, talora, si generano proposte molto poco
ambiziose, o pedagogicamente poco centrate, o esplicitamente rivolte al passato, o in
cui la lingua è chiaramente accessoria alle attività ludiche e così via: l’importante, in
queste occasioni, sembra essere il buon andamento «oliato» e senza contrasti tra la
scuola e la società civile cui fa riferimento. Forse, come già si notava, questo meccani-
smo è in parte responsabile della crescita, negli anni successivi al 2004, di progetti
incentrati sulla cultura più che sulla lingua. Vale la pena anche solo di accennare che
dal punto di vista di una buona pianificazione linguistica che guarda al futuro i destina-
tari finali delle operazioni dovrebbero essere gli studenti e non i genitori.
Certo questo vuole però anche dire che, nella pratica, questo sistema mimetico ha
anche permesso l’ingresso di un «dialetto», ossia di un codice che magari fino a pochis-
simi anni prima era esplicitamente osteggiato dalla generazione di mezzo, nelle aule
scolastiche. La conflittualità delle comunità rispetto ai progetti è stata infatti bassissi-
ma: ci sono stati riportati assai pochi elementi di rifiuto, cosa che a priori non poteva
esser considerata scontata. Tra i pochi punti fissi rispetto ai quali la società non ha
seguito la scuola c’è il momento in cui cessare con il «gioco della minoranza», ossia
con le attività in LM: come già osservato, vanno bene le elementari, ma alle medie si
deve cominciare a studiare sul serio.
Ora, l’impressione è che questo sistema legato al finanziamento di singoli progetti
ha funzionato benissimo come primo intervento d’emergenza sul terreno. Continuerà
a farlo ancora per un po’, ma – almeno su un piano ideale – le comunità sembrano
pronte a un superamento di questa fase. La formula del progetto è servita per abituare
tutti, scuola e società, alla presenza a scuola della LM, ma la direzione dovrebbe esse-
re quella di una normalità di tale presenza, normalità ottenibile anche tramite fonti di
finanziamento diverse che non siano quelle estemporanee di un singolo progetto, e che
non necessariamente dipendano dai fondi sempre più esigui messi a disposizione dalla
Legge 482/99. Sembra delinearsi un modello possibile in cui le comunità sono tese a
incrementare, nella costruzione e valutazione dei progetti, il rapporto con gli altri enti
territoriali come musei, biblioteche, comunità montane, osservatori linguistici e cultu-
rali, enti per la cura del territorio e così via. Questo è vero soprattutto per le minoran-
ze del settentrione; nelle comunità del centro-sud questi rapporti sono per il momento
più deboli.
Altro tratto che accomuna le situazioni indagate e che si evince dalla considerazio-
ne dei gruppi non meno che dei progetti è la forte sensazione iniziale di «sbaraglio» da
parte di insegnanti e dirigenti; con qualche evidente eccezione, in Valle d’Aosta come
Conclusioni | 359 |
in Trentino, come nelle scuole slovene della Venezia Giulia, ma generalmente da tutti
condivisa. Improvvisamente quella che era nel migliore dei casi una varietà per la quale
si stava lottando ma cui era precluso l’accesso al mondo dell’istruzione, diventava
materia a tutti gli effetti secondo il dettato della legge, e comunque lingua nella quale
e per la quale si potevano organizzare attività didattiche, in virtù del regolamento attua-
tivo. Il lavoro, anche questo è un tratto comune, è stato davvero impegnativo e totaliz-
zante: c’era (e c’è spesso ancora, d’altra parte) da inventarsi letteralmente programmi,
testi, valutazioni, modi di insegnamento, materiali e così via. Ogni scuola e ogni comu-
nità ha reagito in maniera diversa e con priorità diverse, e questo contribuisce fortemen-
te all’impressione parecchio eterogenea che si ha del panorama degli insegnamenti di
LM nella Penisola.
Gli insegnanti e i dirigenti hanno fatto fronte a questa difficile situazione; tanto che
adesso, a distanza di dieci anni, si sono create una serie di competenze e di abilità per-
sonali che difficilmente potrebbero essere messe in discussione da eventuali direzioni
centrali uniformatrici. E questo, mentre da un lato testimonia della flessibilità e dell’in-
telligenza con cui si è inventato da zero un insieme di pratiche pedagogiche per l’inse-
gnamento di LM, dall’altro potrebbe rivelarsi un problema nel caso si decidesse di
«prendere in mano» la situazione a livello più alto, instaurando quei programmi comu-
ni e richiedendo quelle competenze condivise utili per la migliore prosecuzione del
lavoro che il MIUR ha svolto in questi anni rispetto alla legge 482/99. La situazione
attuale, confermata anche dal tipo di progetti proposti per l’approvazione, è quella di
una forte autonomia; che da una parte spaventa e fa sentire soli ma dall’altra responsa-
bilizza e infonde entusiasmo: molto difficilmente si sarebbe ora disposti a rimettere in
discussione tutta la fatica fatta – si badi, ciascuno singolarmente e ciascuno nel proprio
per così dire orticello – nei dieci anni passati, in cui si è giunti dal niente alla situazio-
ne attuale, che è comunque un conquista.
I progetti in rete indicano tuttavia che la strada per una maggiore compattezza del-
l’offerta formativa legata alle lingue di minoranza è aperta e utilmente percorribile: la
messa in comune delle proprie esperienze, nel caso di rete far minoranze diverse, ma
più ancora il coordinamento che è sotteso a reti interne ad una stessa lingua di mino-
ranza è sicuramente un punto di arrivo da cui ulteriormente ripartire. Reti molto strut-
turate, in grado di prendere decisioni cogenti per tutti i partecipanti non sono solo un
modo per ottimizzare i tempi, ma diventano un’opportunità per offrire una didattica più
uniforme e coerente sul territorio e per questo percepita come meno arbitraria e vellei-
taria dai genitori, e più appetibile per collaborazioni con altri enti territoriali.
Lo sconcerto non è tuttavia l’unica sensazione non gradevole che testimoniano gli
insegnanti. In più di una situazione domina un notevole senso di precarietà; e questa
dipende da una serie di fattori anche diversi ma che tutto sommato si accentrano intor-
no a un variabile fondamentale: c’è una grossa differenza se la legge 482/99 è l’unica
fonte di finanziamento e l’unico pilastro a cui si agganciano le attività di rivitalizzazio-
ne della LM, oppure se altre entità sono coinvolte in questa operazione, entità che pos-
| 360 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
sono rappresentare una sorta di «rete di sicurezza» che protegga dal progressivo venir
meno dei finanziamenti e più ancora da tagli e cessazioni improvvise. Particolarmente
citati sono in questo rispetto sono la Provincia Autonoma di Trento e la Regione
Autonoma Valle d’Aosta. Quanto alle minoranze che per il lavoro sulla lingua e sulla
cultura possono basarsi soltanto sull’appoggio della 482/99, in loro prevale una sorta di
sindrome da inganno: di fatto la legge non ha creato nuovi posti di lavoro; le nuove ore
e le nuove forme di lezione sono appannaggio o di docenti interni o di esperti esterni
che non vengono poi coinvolti nella normale attività scolastica. Negli anni i fondi tota-
li si sono molto ridotti, e questo ha spesso costretto talora a veri e propri passi indietro,
a riduzioni di ampiezza e ambizione delle attività proposte e immaginate. Non sono
talora i preventivi dei progetti presentati al Ministero a diminuire, quanto la quantità di
offerta formativa prevista per la somma richiesta: una costante diminuzione della per-
centuale finanziata per progetto ha spinto molte realtà a mantenere le stesse richieste
economiche, tagliando sul contenuto.
D’altra parte, anche in questo caso la collaborazione e il senso del dovere della mag-
gior parte degli insegnanti è molto alta: in più di un’occasione è stato chiaro che una
politica volta a finanziare, a parità di risorse, meno progetti, ma più a lungo e più esau-
stivamente sarebbe tollerata delle scuole, disposte ad aspettare il loro turno se sanno che
possono contare su un finanziamento importante e durevole basato su una proposta di
vera qualità. E questo in particolare se, anche in vista di un aumento del prestigio della
lingua presso gli studenti – di cui si è a lungo parlato sopra – questo orientamento si
accompagnasse alla volontà di dare preferenza a progetti che utilizzino principalmente
le risorse umane interne alla scuola. L’«esperto», in sostanza, può servire per interven-
ti puntuali, ma è la scuola che deve farsi carico dell’insegnamento della LM nella sua
totalità, in particolare, quando possibile e quando tollerato dalla società civile, propo-
nendo attività in orario scolastico.
D’altra parte, come già ampiamente argomentato, la formazione del personale inter-
no – e dunque, per quello che qui ci concerne – la sua valorizzazione, assume il valore
di un parametro che si correla positivamente con tutta una serie di caratteristiche desi-
derabili per il buon risultato di una proposta di apprendimento di LM; si ricorderanno
le considerazioni sopra avanzate, quando si concludeva che proprio le relazioni più forti
(ossia tra la formazione degli isnegnamti e il puntare alla produzione di prodotti cultu-
rali duraturi e all’implementazione della competenza linguistica) evidenziano una strut-
tura compatta di fattori utili a intensificare l’efficienza potenziale dell’insegnamento
scolastico della LM all’interno dell’offerta didattica.
La scuola – ossia il luogo istituzionale in cui si trasmette il sapere codificato di una
certa società in modo da preparare cittadini consapevoli e pronti ad affrontare richieste
sempre più complesse, e a un tempo portatori dei valori e del progetto di società che
sono stati inculcati loro – è un momento fondamentale della vita linguistica di una
comunità. Di conseguenza, una delle attività di pianificazione linguistica più delicate
Conclusioni | 361 |
(oltre che più praticate) è la regolamentazione della lingua della scuola. La legge
482/99 entra in modo diretto in questa dinamica. Inoltre, proprio riguardo al fondamen-
tale contesto scolastico, la legge stessa tocca uno dei nodi fondamentali della riflessio-
ne teorica sul language planning: il nesso lingua-cultura, e questo si riflette molto bene
nelle diverse tipologie dei progetti presentati al MIUR.
Ora, il testo normativo prevede che le attività di sostegno alla lingua e quella di recu-
pero culturale siano sostanzialmente coincidenti. Nella maggior parte dei casi, tuttavia,
questo legame, peraltro del tutto naturale, è, per come appare dalla letteratura specifica
ma anche dall’analisi dei progetti e dalle nostre verbalizzazioni degli intervistati, ambi-
guo. In particolare il problema si pone per quanto riguarda il polo «cultura»: qual è,
infatti, la cultura tradizionale espressa da una lingua di minoranza? Spesso, e lo vedia-
mo dalle risposte al Q2, dall’analisi dei progetti e dai gruppi, ciò che si intende come
cultura è la cultura materiale della comunità proiettata sul passato, o la serie degli usi e
costumi «tipici», che tramandano i confini simbolici di appartenenza al gruppo: il ciclo
dell’anno e della vita, il proverbio, il detto sapienziale. Capita così che venga trasmes-
sa, come opera di rivitalizzazione linguistica, la lingua della nonna, della stalla o della
fatica, e questo provoca chiaramente seri problemi di accettazione da parte dei ragazzi.
Solo raramente si punta sulla «cultura di minoranza» come su quella di un territorio
moderno che, in quanto plurilingue e in qualche modo di confine, mantiene un rappor-
to privilegiato con altre culture e con diversi modi di vita – ne abbiamo visto qualche
esempio discutendo di particolari progetti friulani.
Quando il nesso lingua-cultura è impostato in questo modo (quello tradizionale),
spesso il prestigio della varietà oggetto di attenzione, così come il suo uso, si è indebo-
lito. Il caso più tipico, maggiormente citato dalla bibliografia scientifica, è quello del-
l’irlandese, ed è esperienza di molti operatori quella di avere cercato di interessare i
ragazzi alla lingua del proprio villaggio attraverso il recupero culturale delle attività e
dei costumi tradizionali delle generazioni passate e di aver fallito nell’intento. E in
effetti, questo stretto legame fra lingua e cultura tradizionale identifica, nella maggior
parte dei casi, la lingua oggetto di rivitalizzazione con una visione del mondo e un siste-
ma di valori sostanzialmente superato, che, se può riscuotere a livello consapevole sim-
patia e adesione ideologica – anche nei ragazzi –, viene tuttavia spesso rifiutato a livel-
lo inconscio, o, se è accettato, conserva valenze di inferiorità e localismo, configuran-
dosi come essenzialmente statico.
Sembra così che il recupero culturale e quello linguistico soggiacciano a condizioni
differenti e che quindi possa essere più produttivo progettarli e avviarli con metodi e in
momenti diversi. Di fatto, anche a una lingua che viene considerata dai suoi stessi par-
lanti come di minoranza possono e devono essere agganciati valori propositivi e orien-
tati verso una società più complessa, aperta verso l’esterno e la specializzazione tecno-
logica. La lingua target, insomma, deve ricoprirsi di significati positivi e di valenze
innovative e deve essere sentita utile nel mondo del lavoro e dell’economia. Non è suf-
ficiente oggi per una lingua essere legata a valori ideologici e di recupero del passato:
| 362 | Lingue di minoranza e scuola. A dieci anni dalla Legge 482/99 |
ciò le assicura forse una adesione di tipo ideologico o culturale, ma difficilmente garan-
tisce la sua sopravvivenza come codice di comunicazione corrente.
Il riflesso propriamente scolastico di queste considerazioni è che l’«ora di lingua di
minoranza» ovvero l’«ora di cultura locale», se è inserita in un contesto scolastico e for-
mativo «altro» e soprattutto se è svolta come attività extracurricolare e accessoria è, dal
punto di vista della stretta rivitalizzazione linguistica, di risultato assai dubbio, non sod-
disfacendo alle esigenze di trasmissione culturale della comunità e nel contempo dif-
fondendo un’immagine antiquaria e passatista della stessa. Il punto fondamentale sem-
bra essere la differenza che intercorre fra lingua come fine e lingua come mezzo: tra
insegnamento che ha come scopo la conoscenza (più che l’uso, e spesso solo il mante-
nimento) della parlata locale, e un percorso formativo completo che questa parlata uti-
lizza per veicolare informazioni utili, nuove e adatte alla società in cui i discenti si tro-
veranno a vivere. La lingua quindi come strumento normale, al limite quasi invisibile,
dal momento che deve passare come non marcato il fatto che si utilizzi il codice di
minoranza per insegnare, poniamo, la chimica e la matematica.
Come abbiamo visto, nessuna comunità da noi indagata è in questa situazione, né
questo è direttamente e immediatamente proponibile nei contesti di cui ci stiamo occu-
pando; tuttavia sapere che questa potrebbe essere la direzione finale ci dà indicazioni
sul tipo di percorso che nel frattempo può essere compiuto, anche, è ovvio, in circostan-
ze che per il momento sono molto lontane da queste condizioni.
In questo senso può essere utile ripensare al parametro euristico, messo a fuoco in
sede di valutazione dei progetti, dell’Indice di Acquisition Planning (IAP): come si
ricorderà, all’aumentare dell’attenzione della proposta verso l’integrazione della lin-
gua, del suo insegnamento o del suo uso veicolare durante le ore di lezione corrispon-
dono valori più alti dell’IAP – ossia ci si può aspettare che il progetto sia realmente in
grado di incidere sulla realtà linguistica locale. Si notava anche che le diverse strategie
di acquisition planning risentono della situazione sociolinguistica di partenza: in aree
in cui la LM ha già una certa validità funzionale ed un accettabile grado di diffusione
negli usi linguistici della comunità, l’insegnamento può essere condotto utilmente tra-
mite l’uso della lingua minoritaria come lingua veicolare per l’insegnamento. Laddove
invece le condizioni sociolinguistiche della LM siano più precarie è più utile procede-
re con strategie di avvicinamento graduale alla presenza veicolare della lingua. In effet-
ti, in contesti di maggiore stigmatizzazione del codice minoritario, o in presenza di un
processo di language shift più avanzato, con perdita progressiva di ambiti d’uso e fun-
zioni comunicative da parte del codice, questa attenzione all’implementazione della
competenza linguistica nelle nuove generazioni potrebbe tradursi nell’introduzione di
corsi di insegnamento formale della lingua, o in attività laboratoriali o ricreative in cui
i destinatari (alunni o adulti) sono stimolati ed incentivati ad utilizzare la lingua mino-
ritaria in un contesto comunicativo spontaneo.
Conclusioni | 363 |
Di fatto, come emerso molto chiaramente dalla parti precedenti, le scuole utilizzano
due strade: dove è possibile mettere il fuoco direttamente sulla lingua, questa viene in
genere preferita, anche se con più di una eccezione; altrimenti si attiva l’opzione della
rivitalizzazione culturale. Va citata la curiosa situazione della minoranza friulana: mentre
la tendenza generale è quella di occuparsi prevalentemente di istanze culturali – anche
solo perché questa è l’unica opzione percorribile sul territorio – e tuttavia di dichiarare
una quantità di operazioni specificamente rivolte alla lingua, sembrerebbe, a voler consi-
derare le risposte del Q2, che le scuole del Friuli si dedichino alla sola rivitalizzazione cul-
turale, trascurando quella linguistica (50 scuole dichiarano che il focus è spostato verso la
cultura e solo 7 verso la lingua). Considerando invece i progetti spediti al Ministero, i
pochissimi materiali didattici giunti e i focus group, l’impressione che se ne ricava è
molto diversa e punta nella direzione di una grande progettualità linguistica nelle scuole
friulane, giungendo quasi, in alcune realtà come Paluzza e Codroipo, all’uso della lingua
come mezzo normale di comunicazione.
Sembra però di poter intravvedere un rapporto ancora diverso: in molti contesti sco-
lastici di minoranza l’impressione è che la scuola non insegni, non tramandi cultura
(qualunque cosa questo voglia dire nei contesti di cui ci occupiamo), ma piuttosto la
crei, e questo in netto contrasto con il suo ruolo primario che è appunto quello di for-
mare e tramandare. Concretamente il bambino delle scuole primarie che intervista il
proprio nonno per raccogliere proverbi e motti di spirito (cfr. i materiali spediti come
didattici) in un certo senso crea la cultura del luogo, nel senso che la oggettivizza, la
sistematizza e la cataloga – senza per questo tramandarla, perché spesso i materiali che
costituiscono l’esito dei progetti non vengono utilizzati per quelli successivi. Si consi-
deri ancora il caso delle diverse materie da insegnare: in una lezione di italiano o di bio-
logia la funzione dell’insegnante di scuola primaria o secondaria di primo grado è quel-
la di rendere accessibili ai ragazzi nozioni già date e sistematizzate dalla cultura uffi-
ciale 150; di contro in una lezione, poniamo, di arbëresh, per la quale non esistono mate-
riali già consolidati né una serie di nozioni che vengono onninamente considerate
imprescindibili per la materia, la cultura da tramandare viene costruita e negoziata nel
contesto stesso della lezione e con la partecipazione attiva non solo di coloro ai quali la
lezione è rivolta, ma anche della comunità a cui la scuola fa riferimento.
Il che, si badi, non è necessariamente uno svantaggio, o una caratteristica negativa
di per sé: il punto è che se l’insegnamento di/in LM è l’unica materia scolastica in cui
vigono le regole suesposte, la sua differenza rispetto a tutte le altre balza evidente agli
occhi dei ragazzi, e questo si riflette esplicitamente sul prestigio delle materia stessa; di
fatto le ore di LM possono essere interessanti, stimolanti, divertenti, partecipate e così
via, ma non sono «scuola vera». A maggior ragione succede questo se la cultura che si
sta costruendo, a scuola e insieme con i ragazzi, è una cultura che a loro non interessa
in particolar modo, o che sentono come lontana dalla loro vita e esperienza quotidiana.
Allora una scuola in cui la rivitalizzazione della LM è concepita in modo organico,
Questo può essere fatto seguendo tutta una serie di metodi pedagogici diversi che insegnano come svol-
150
gere questa funzione, ma non se svolgerla.
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affiancherebbe a queste situazioni che fanno del suo insegnamento un unicum all’inter-
no del curriculum altri momenti in lingua nazionale, in cui si fanno attività di conoscen-
za e uso del territorio (quelle che con termine tedesco sono conosciute come
Landeskunde). Questo è possibile anche in un regime di progetti, come quello previsto
dalla 482/99: bisognerà abituarsi a considerare e a proporre alle scuole il possibile
finanziamento di tali progetti anche non esplicitamente riferiti alla LM, qualora questi
siano consapevolmente concepiti come apripista per altre attività più centrate sulla rivi-
talizzazione linguistica e culturale.
Più in generale, i gruppi hanno confermato che il rapporto tra lingua e cultura in con-
testo scolastico, per gli scopi di questa inchiesta, è sostanzialmente quello delineato al:
le variabili considerate ai fini dell’analisi dei progetti possono essere estese per confi-
gurare il rapporto globale che le istituzioni scolastiche di minoranza hanno rispetto alla
questione della compresenza di istanze di tutela linguistica e culturale. Ci si può rifare
alla figura 17, che qui è riprodotta nuovamente, per rilevare i principali rapporti tra le
variabili; andrà qui soltanto aggiunto che il tasso di volontarietà da parte di insegnanti
e dirigenti rispetto alla propensione per il polo lingua e per il polo cultura è spesso non
altissimo, perché condizionato dall’ambiente sociale e etnolinguistico nel quale le scuo-
le si trovano ad operare, dalla presenza effettiva in loco di esperti e consulenti diversi
nonché dalla disponibilità dei finanziamenti.
Figura 13: Cluster di parametri
È un dato di fatto che i due modelli esistono: per vocazione, per scelta o per neces-
sità; piuttosto sarà necessario capire come affrontare nel modo migliore possibile le
necessità didattiche che si presentano a seconda del percorso intrapreso. Intanto è bene
partire dall’esistente, valorizzando e non trascurando le scelte fatte in questi anni dagli
operatori nella scuola, e nel contempo conservando le buon pratiche instaurate fino al
momento presente soprattutto nella scuola primaria (e in misura minore dell’infanzia).
Chi punta sulla cultura, così, potrà far tesoro delle iniziative tese a ravvivare l’interes-
se verso il mondo espresso dalla LM, che hanno spesso favorito la presa di coscienza
dei bambini; tuttavia andrà tenuto presente che, come emerge in modo chiaro dall’in-
chiesta e come spesso già segnalato, questo modello didattico si arresta alla soglia delle
scuole secondarie. Sarà così utile introdurre molto gradualmente, pur in un contesto
eminentemente pratico, ludico e volto ad approfondire gli aspetti di cultura materiale e
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di concettualizzazione tradizionale dell’esistenza, elementi sempre più centrati su con-
tenuti più astratti e testuali, per arrivare a farli prevalere già verso la fine del ciclo pri-
mario. Così facendo si prepara la strada ad un insegnamento più formale e meditato di
temi connessi con la LM che potrà essere considerato dalla maggioranza della società
come più appropriato a livelli scolastici superiori.
Partire dalla lingua sottende di contro due realtà soggiacenti anche piuttosto diver-
se: una in cui la LM è lingua parlata almeno dalla maggioranza dei membri della comu-
nità; in questo caso ovviamente è preferibile un approccio veicolare, che alterni pian
piano le varietà locali orali con lo standard scritto, ove presente, in modo da ingenera-
re negli alunni la sensazione che le due varietà non sono necessariamente opposte l’una
all’altra ma che anzi si completano a vicenda in una armonica alternanza di scritto/par-
lato, formale/informale. Un tale repertorio linguistico dovrebbe di preferenza veicolare
contenuti culturali al contempo tipici, identitari e moderni, o almeno alternarli nel svol-
gimento del piano dell’offerta formativa.
Si danno poi situazioni in cui potrebbe essere utile un approccio linguistico che
parta esplicitamente da una varietà molto alta, che venga insegnata esplicitamente
come L2, per quanto con un ampio monte-ore e con costante attenzione da parte della
scuola. Sono in teoria adatte a questo trattamento le LM che godano di una lingua tetto
di cultura e di più o meno alto prestigio internazionale; alcune minoranze stanno già
spontaneamente adottando questo modello didattico (e sono in particolare le comuni-
tà germanofone del Trentino e la scuola bilingue slovena di San Pietro al Natisone),
altre lo potrebbero gradualmente introdurre, con un’applicazione più o meno rigida a
seconda delle lingue coinvolte e delle situazioni sociolinguistiche locali. In tutti que-
sti casi l’attenzione va posta a non lasciare cadere del tutto la varietà locale e parlata
della LM, ma a fare in modo che la lingua standard insegnata ne rappresenti la varian-
te alta, formale e letteraria, e il tetto protettivo; a sua volta tale tetto potrà, se il lavo-
ro educativo viene svolto in maniera linguisticamente ineccepibile, aiutare in modo
naturale la presenza effettiva delle LM locali all’interno della società. Un tale rappor-
to fra LM e la sua lingua tetto può essere raggiunto anche tramite metodologie didat-
tiche di immersione nei casi in cui la LM sia in forte recesso e conosciuta anche solo
parzialmente da solo una parte della popolazione. Gli scopi di ciascuna comunità, in
questo senso, possono essere quelli presentati analiticamente nella sezione relativa ai
repertori, percepiti e desiderati.
Ci sono poi tutta una serie di variabili che influenzano in modo anche piuttosto netto
la percezione di studenti, genitori e insegnanti stessi delle attività scolastiche relative
alla LM e che dunque hanno effetto sulla loro concreta possibilità di incidere nella
società cui sono rivolte. Una prima questione importante è quella relativa alla colloca-
zione delle attività di rivitalizzazione rispetto a quelle curriculari tradizionali: eviden-
temente le possibilità sono due, o dentro l’orario scolastico o fuori dall’orario scolasti-
co; scelgono di preferenza – anche se non in modo assoluto – la prima soluzione gli
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sloveni (non la scuola statale di San Pietro), i ladini e alcune realtà del Friuli montano.
Sul piano puramente teorico, la prima soluzione sarebbe evidentemente da preferire: le
materie poste fuori dell’orario scolastico non sono materie «vere», e il prestigio accor-
dato loro dai ragazzi è decisamene più basso (non è neppure il caso di richiamare quan-
to le dinamiche del prestigio siano fondamentali per determinare l’impegno nei con-
fronti di una materia e le sue possibilità di assimilazione); tuttavia, e questo è un fatto-
re da tenere in conto, la LM nell’orario scolastico toglie necessariamente spazio ad altre
materie che la società civile, se non è abbastanza avanzata nella coscienza della neces-
sità di tutela della lingua, potrebbe ritenere più utili e più desiderabili.
Il problema si pone, come accennato, in ispecie per la scuola secondaria: i genitori
in particolar modo (ma anche qualche insegnante) hanno la preoccupazione che una
presenza «eccessiva» della riflessione sulla LM e sulla cultura ad essa correlata impe-
disca il completamento del programma e di fatto metta i ragazzi in condizione di svan-
taggio rispetto ai loro coetanei che vanno alle scuole «normali». Di fatto la quasi tota-
lità dei progetti che derivano dalla 482/99 sono svolti in orario extracurricolare, e pre-
vedono un rientro a scuola dei ragazzi nel pomeriggio, o in orari diversi; per alcune
realtà questo si può rivelare un vantaggio di tipo sociale, in particolare nelle comunità
molto piccole in cui non ci sono altri centri d’aggregazione giovanile: tuttavia questo
ha poco a che fare con la possibilità effettiva di successo dei programmi scolastici di
sostegno alla LM.
Un’altra variabile di un certo peso è rappresentata dalla figura dell’insegnante di LM:
abbiamo già incontrato una tale questione, che è invero nodale, e possiamo agevolmen-
te rimandare al paragrafo corrispondente; qui varrà solo la pena di richiamare un paio di
osservazioni. Anzitutto, questa è una questione piuttosto sentita dalle scuole, che devo-
no – se non le trovano all’interno – procurarsi le risorse umane per l’insegnamento della
LM, come testimonia anche la valutazione dei progetti: il tasso di personale esterno pre-
posto all’insegnamento di LM è molto alto, e si cerca di rimediare a questo problema,
talora, mediante corsi di formazione. In più le informazioni derivanti del Q2 permetto-
no di relativizzare geograficamente le nostre informazioni: le comunità altrove definite
regionali hanno spesso un numero piuttosto alto di insegnanti di LM interni alla scuola:
c’è spesso nel corpo docente, in particolare alle primarie dove il tesso di mobilità è più
basso, l’insegnante che conosce e usa la LM (a vario livello) e che è disposto a pender-
si carico del suo insegnamento. Evidentemente in questo caso le competenze vanno
acquisite col tempo e con la pratica, in mancanza di un qualsiasi insegnamento formale,
ma nella maggior parte dei casi prima o poi si acquisiscono. Diverso è il caso delle mino-
ranze disperse sul territorio, che, appunto per la minore base demografica su cui posso-
no contare, utilizzano assai di più la risposta dell’«esperto esterno»; in particolare que-
sto sembra essere vero per gli albanesi e particolarmente per i grichi, nelle cui scuole
nessun insegnante interno è utilizzato come docente di LM.
In questi casi, e ce lo confermano le opinioni dei ragazzi, «c’è esperto e esperto»: è
infatti assai apprezzata la lezione (o il breve ciclo di lezioni) dello studioso reale, com-
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petente in senso scientifico di (alcune delle) tematiche di lingua e cultura della mino-
ranza, che spieghi in linguaggio semplice ma rigoroso e schiuda ai ragazzi le porte di
una considerazione forse diversa e più seria della LM; di contro l’intero corso affidato
all’anziano parlante, o all’interessato locale, che racconta come può, scientificamente e
didatticamente, qualcosa sulla lingua o cultura del posto rischia di essere inutile nel
migliore dei casi, e spesso controproducente151.
Un’ultima questione merita poi di essere segnalata, relativa alla continuità dell’in-
segnamento: il personale esterno non partecipa alla vita della scuola in quanto tale, c’è
quest’anno e poi forse non più, e non ha un rapporto duraturo con gli alunni: la docen-
te di italiano, poniamo, che insegna anche albanese, ha occasione di ricordare nozioni
di LM anche nelle ore curricolari, e di raccordare le istanze di ciò che ha insegnato con
la vita intera dell’Istituto, organizzando attività e esperienze; il docente esterno si limi-
ta forzosamente spesso alle sue ore, che risultano dunque ancor di più